Arti marziali: discipline di combattimento, discipline di movimento

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Arti marziali: discipline di combattimento, discipline di movimento
Arti marziali: discipline di combattimento, discipline di
movimento, discipline di longevità.
All. Mentore Siesto
16/09/2008
Introduzione.
Nell’immaginario collettivo, le arti marziali vengono generalmente associate a
spettacolari dimostrazioni di forza e agilità fuori dal comune. Una quantità di film ha
contribuito ad associare al praticante di arti marziali la figura di un guerriero invincibile,
sempre pronto a utilizzare le sue devastanti “armi” per una qualche causa, buona o meno.
Se si supera questo impatto iniziale si comprende, invece, che le arti marziali
presentano risvolti molto più importanti di quello del confronto con uno o più eventuali
assalitori, divenendo volta per volta metodo pratico di salute fisica e mentale, metodo di
miglioramento personale e nei rapporti con il prossimo, via di perfezionamento.
Generalità.
Un’arte marziale è, molto semplicisticamente, un complesso organizzato e definito di
tecniche,
movimenti,
modalità
di
insegnamento
e
allenamento,
e
regole
di
comportamento, tramandata da un Maestro ai suoi allievi.
Prima della grande diffusione di testi e manuali stampati sull’argomento, le arti marziali
e le discipline di combattimento venivano tramandate solo oralmente, per trasmissione
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diretta, dal Maestro all’allievo. Questo ha favorito, tra l’altro, la nascita e il differenziarsi di
più scuole, secondo quel che le preferenze personali e le elaborazioni di ogni Maestro
hanno generato.
Molte sono le arti marziali (AM) di matrice nipponica approdate qui in Europa, e
segnatamente in Italia: dalla prima (storicamente), il Ju Do, all’ormai diffusissimo Karate
Do (nei suoi stili tradizionali Shotokan, Shito, Wado e Goju Ryu, o in altri come il
Kyokushinkai e lo Shidokan), all’Aiki Do e al Ju Jitsu, i loro nomi sono ben noti al grande
pubblico, e spesso la stampa ha segnalato casi di cronaca in cui sono coinvolti praticanti
di queste discipline.
Queste discipline sono tutte caratterizzate dal disporre di un impianto stilistico e di
principi
tecnici, filosofici
e
morali, che
costituiscono
il bagaglio
fondamentale
dell’insegnamento.
Analizziamo brevemente una parte di questa imponente mole di informazioni.
Vorrei precisare che quanto segue esula dall’aspetto sportivo e agonistico: data la
vastità dell’argomento, mi limiterò a studiare in special modo l’argomento dell’arte
marziale cosiddetta “tradizionale”. I rami sportivi delle varie discipline richiedono un
trattamento del tutto a sé stante, per evitare fraintendimenti e superficialità.
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Il bagaglio tecnico (o stile) è il complesso teorico e pratico che definisce il modo in cui
un praticante di una definita AM porta le tecniche apprese. In particolare, nelle AM
giapponesi assume estrema importanza l’uso delle anche e delle gambe.
La respirazione corretta, allo stesso modo, è una conditio sine qua non per l’efficienza
dei movimenti, e lo studio della postura è prerequisito essenziale a una buona pratica.
Un praticante non può dirsi esperto se non ha acquisito valide esperienze in tutti questi
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campi, al di là della conoscenza di una frazione più o meno ampia dello stile.
I principi strategici, filosofici e morali dell’Arte riflettono, fondamentalmente, il
carattere, la conoscenza e la mentalità del Fondatore (Soke) della particolare disciplina.
Così, mentre (per esempio) l’Aiki Do sottolinea l’evasione dall’attacco avversario come
primo aspetto, e il tentativo di armonizzarsi con esso per evitare lo scontro, il Karate Do si
dispone sul versante opposto, con l’idea di terminare lo scontro il più presto possibile per
ridurre i rischi, nell’ipotesi che il combattimento sia ormai divenuto inevitabile.
Le differenze filosofiche tra le diverse scuole di pensiero sono, in realtà, molto sottili, in
quanto i fondatori delle diverse arti marziali ebbero modo di contattarsi tra loro e
scambiare le loro esperienze, giungendo spesso a una fondamentale identità di vedute.
Così si spiega la vicinanza di pensiero tra due grandi come Gichin Funakoshi,
fondatore del Karate Do, e Morihei Ueshiba, fondatore dell’Aiki Do, due arti marziali
apparentemente diversissime tra loro.
Non è questo il caso di analizzare in profondità questi aspetti, fortemente intrecciati tra
loro e che esulano dall'argomento di questa trattazione.
Desidero invece analizzare, con un certo livello di dettaglio, gli effetti sulla salute e
sulla qualità della vita derivanti da una duratura e corretta pratica delle arti marziali, che
rifuggendo da ogni eccesso segua correttamente le direttive dei fondatori.
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Effetti della pratica sulla salute.
Analizziamo gli effetti a lungo termine della pratica delle arti marziali.
Un’arte marziale nasce, ovunque, con intenti compositi: nelle scuole di spada Italiana
del medioevo e rinascimentali si diceva “L’Arte si impara per diletto, scienza e
conservazione della vita”, a sottolineare che una scuola di combattimento non nasce con il
solo scopo di insegnare a combattere, ma anzi e soprattutto come metodo di crescita
personale, fisica e mentale, e come tecnica di conservazione della salute.
La pratica delle arti marziali, nel nostro caso nipponiche, presenta aspetti peculiari dal
punto di vista salutare, importanti anche secondo le visioni della moderna medicina:
Innanzitutto, l’attenzione alla corretta postura. Il praticante cerca, prima nel dojo e
successivamente durante la vita quotidiana, di mantenere un corretto atteggiamento
posturale, correggendo volta per volta e sempre meglio tutti quei vizi dell’atteggiamento
corporeo che derivano dalle abitudini quotidiane: stando in piedi, seduto, o anche
disteso, l’attenzione a una disposizione corretta del corpo si fa via via più naturale e
profonda, con notevoli risultati sullo stato di salute, in particolar modo della bassa
schiena. Un marzialista esperto assume di norma una postura morbida, senza tensioni
o rigidità, che gli conferisce un atteggiamento “nobile” e aperto, affidabile e tranquillo;
La respirazione riveste, come accennato, un ruolo particolarmente importante. Il
praticante porta il respiro al suo livello naturale, consentendo la corretta ossigenazione
e aumentando di molto l’efficienza dei processi energetici del corpo, in tutte le
condizioni. Il corretto studio della respirazione è fondamentale nella pratica delle AM
giapponesi, ma anche in tutte le altre;
Il particolare tipo di allenamento dà la massima importanza alla zona dell’addome, della
schiena, dei glutei e del torace (regione definita core nel linguaggio del body building):
questi grandi gruppi muscolari sono particolarmente importanti per assicurare una
disposizione corretta del corpo nello spazio, la giusta funzionalità cardiorespiratoria e il
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giusto equilibrio nella disposizione degli organi interni.
L’allenamento muscolare nelle AM, inoltre, è sempre volto alla ricerca dell’omogeneo
sviluppo dei vari gruppi, in armonia con tutti i distretti corporei; in questo modo l’uso
della forza fisica è ben regolato e non si creano squilibri tra la forza dei diversi gruppi
muscolari, spesso fonte di problemi di salute oltre che antiestetici.
Altra componente fondamentale della pratica dell’Arte sta nella coordinazione
neuromotoria, necessaria per la corretta esecuzione delle tecniche e dei movimenti,
che siano semplici o complessi, elementari o concatenamenti di tecniche. Un esperto
acquisisce con il tempo una elevata mobilità generale e una grande eleganza di
movimenti anche grazie a questo miglioramento.
Nell’approfondire la propria pratica, tra l’altro, capita spesso che l’esperto seriamente
appassionato di AM si interessi anche alla propria alimentazione, modificando via via il
proprio stile di vita per raggiungere i migliori risultati a lui possibili: in un’ottica di
miglioramento personale e ricerca, al di là dell’aspetto tecnico.
Allo stesso modo, l’uso di farmaci viene spesso rivisto criticamente: l’esperto studia le
proprie risposte alla variazione delle condizioni esterne, riuscendo a ottimizzare l’uso di
sostanze farmaceutiche per problemi particolari e, in più, a limitare le condizioni di rischio.
Tutto questo ha, ovviamente, effetti diretti e di lungo termine sullo stato di salute del
praticante, con risultati spesso eccezionali a riguardo della sua longevità, della resistenza
e resilienza alle malattie, e in generale della qualità della sua vita. Non sono rari gli
esempi di maestri di arti marziali che, a settanta e più anni, dimostrano ancora eccezionali
doti di agilità e forza, e versano in piena salute.
Non deve sorprendere la presenza così preponderante di aspetti salutistici in discipline
nate inizialmente per il combattimento e la sopravvivenza in situazioni come una guerra o
un’aggressione da parte di una o più persone. Le arti marziali giapponesi beneficiano
dell’eredità dei rituali medici e delle terapie tradizionali, anche a causa delle continue
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influenze della vicina Cina: questo ha portato componenti di matrice “salutistica” nel
corpus delle singole scuole di arti marziali.
Le tecniche respiratorie e psicofisiche (Taoyin e Qigong) nate in Cina nei secoli
precedenti si sono trasferite, attraverso varie fonti, in Giappone, fondendosi con le
discipline indigene e dando luogo a specifiche correnti di pensiero, entrate poi a far parte
delle arti marziali.
Nelle tradizioni orientali, inoltre, e in particolar modo in quella Cinese e Giapponese, il
combattimento assume spesso un carattere rituale di lotta contro i dèmoni, entità che
possono aggredire gli esseri umani sia a livello spirituale, sia a livello fisico, con malattie e
altre sventure.
Il modo di muoversi.
Nel corso della sua carriera, un marzialista disimpara le cattive abitudini di movimento
e postura acquisite negli anni, a partire dall’infanzia, e re-impara a muovere tutto il proprio
corpo in maniera omogenea e coordinata, in modo da massimizzare l’efficienza di ogni
singolo movimento.
Nelle fasi dinamiche, il movimento che si acquisisce con la pratica delle AM è
efficiente, naturale, fluido e particolarmente elegante: allo stesso modo, in posizione
statica, le tensioni muscolari vengono minimizzate, mantenendo così una postura morbida
e flessibile, agile e pronta a ogni adattamento.
Un praticante esperto di AM difficilmente mostrerà movimenti rigidi, ineleganti o
disarmonici; questo ovviamente presuppone un lavoro di lunga durata e ampio respiro,
praticato correttamente e con grande attenzione ai movimenti, in dettaglio sempre
crescente con il tempo.
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La ricerca, nelle arti marziali (quali che esse siano), è mirata in particolar modo
all’integrazione tra corpo, mente e spirito (tai, ki, shin): il movimento viene fatto generare
da una sorgente ben precisa, in modi definiti una volta per tutte, e nasce sempre da una
precisa intenzione della mente, governata dallo spirito e mediata dal corpo.
Miyamoto Musashi (Takezo Shinmen Musashi, 1584 – 19/5/1645), il Samurai (Ronin)
noto come fondatore della scuola delle due spade (Niten ichi Ryu), asseriva - tra l’altro nel suo Libro dei Cinque Anelli (Gorin no Sho): “La mente e il corpo: nessuno dei due
deve guidare l’altro”, e inoltre: “è necessario colpire veramente”.
Nella prima asserzione Musashi indica che è necessario, per un marzialista serio,
superare la dicotomia tra mente e corpo e lavorare in maniera pienamente integrata: per
raggiungere la massima efficacia e la massima efficienza, il corpo e la mente devono
lavorare in sintonia, diretti verso un unico obiettivo. È necessario, per raggiungere questo
scopo, un duro lavoro.
La frase “è necessario colpire veramente” implica invece il coinvolgimento nella pratica
e nel combattimento, che dev’essere a tutti i livelli. Fisicamente, mentalmente ed
emotivamente, il praticante deve impegnarsi con sincerità nel suo lavoro e – per traslato –
sempre, durante il corso della sua vita.
La ricerca dell’integrazione tra mente, spirito e corpo porta – come accennavamo – a
risultati notevoli nel modo di muoversi di un praticante. Il movimento di un vero esperto è
rilassato, fluido e morbido, senza mai essere “pesante” o disarmonico, agile ma non
brusco. L’eleganza dei movimenti imparati durante i duri allenamenti nel dojo si riflette,
quasi istintivamente, nell’atteggiamento e nei movimenti della vita comune di un vero
esperto di AM.
Un esperto di arti marziali affina inoltre i suoi sensi, al punto tale da riuscire a percepire
rischi e pericoli dove molti altri non arrivano, e sceglie istante per istante il comportamento
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meno rischioso (Soke G. Funakoshi riassumeva questo concetto nel seguente passo:
“Ricorda sempre che, uscito di casa, un milione di nemici ti attende”).
In tal modo, è sicuro di limitare il rischio di venire colto di sorpresa da eventi spiacevoli
(incidenti o aggressioni): non sono rari gli aneddoti di maestri di arti marziali capaci di
schivare pericoli apparentemente imprevedibili.
La pratica a differenti età.
Mi sembra opportuno, a questo punto della trattazione, differenziare il discorso per le
diverse caratteristiche degli atleti, al variare dell’età.
Difficilmente un Maestro o un Istruttore di provata bravura imporrà un identico ritmo di
lavoro a tutti i praticanti: al contrario, l’addestramento cambierà e si adatterà alle
caratteristiche dell’individuo durante tutto il corso della sua carriera. Anche per questo è
bene, di norma, che ogni praticante si rivolga a corsi specifici per il proprio livello e la
propria età, così da poter accedere a un tipo di allenamento più adatto alla propria
situazione personale.
Nei ragazzi e nei bambini l’agonismo dovrebbe di norma essere considerato come
attività da praticarsi con frequenza molto bassa, decisamente collaterale alla reale pratica.
Mentre l’adulto ha infatti, nella maggioranza dei casi, un corpo completamente
sviluppato, ciò non vale per il ragazzo e il fanciullo, le cui strutture corporee mal
sopportano l’enorme sforzo richiesto dalla competizione e dalla preparazione necessaria.
D’altro canto, l’istinto al confronto è molto forte in bambini e ragazzi, per cui può essere
opportuno vedere caso per caso se la pratica agonistica può essere adatta ai praticanti.
Più nel dettaglio, l’istruttore adatta l’allenamento a queste particolari fasce d’età
puntando
maggiormente
su
aspetti
quali
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respirazione,
postura
e
soprat-tutto
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coordinazione dei movimenti; tutti concetti di importanza fondamentale per il futuro
sviluppo armonioso del fanciullo, che così crescerà senza rischiare paramorfismi dovuti a
errata postura, scarsa pratica fisica e alimentazione eccessiva o inadeguata.
È recente la notizia secondo cui una percentuale già molto elevata e in crescita di
ragazzi mostra sintomi patologici di obesità, dovuti al troppo lungo sedentarismo e ad
abitudini alimentari errate.
È noto a chiunque che bambini e ragazzi sono costretti a passare sempre più tempo
seduti a un banco di scuola o alla scrivania di casa, soggetti a trasportare spesso pesanti
zaini che impongono un notevole peso sulle loro schiene: le difficoltà di tutti i giorni e la
vita cittadina li costringono a un quasi totale distacco dal movimento e dagli esercizi di
agilità che invece sono del tutto naturali nel fanciullo, e anzi indispensabili al suo sviluppo.
Allo stesso modo, l’eccesso di sedentarietà in un corpo in formazione tumultuosa
(quale quello del bambino o dell’adolescente) crea o facilita la nascita di paramorfismi
quali “scapole alate”, valgismo/varismo delle ginocchia, scoliosi, lordosi o cifosi, problemi
alla cervicale e alla regione lombare, obesità e ipomotricità/ipotrofia. Nei casi peggiori è
necessario ricorrere al chirurgo.
Per questo motivo sarebbe cosa ottima portare l’insegnamento delle arti marziali anche
all’interno delle scuole, in modo da diffondere più capillarmente un corretto stile di
movimento: questo fu anche il pensiero che mosse Maestri del calibro di Kano, Itosu,
Nakayama e molti altri verso l’insegnamento nelle scuole delle loro arti marziali, e che nei
periodi moderni ha portato molti Enti e federazioni a cercare un contatto con le scuole
Italiane, proponendo programmi di allenamento specifici.
In età come l’infanzia e l’adolescenza una buona pratica fisica, adatta alla specifica
fascia d’età, è assolutamente indispensabile per dare al soggetto una qualità di vita
superiore. Le arti marziali tradizionali sono da sempre un eccezionale metodo di sviluppo
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armonioso, corretto, funzionale alla buona salute del praticante, qualsiasi sia la sua età.
Allo stesso modo, la pratica delle arti marziali è eccellente per soggetti anziani, una
volta adeguata alle loro particolari condizioni.
L’esercizio fisico praticato tramite le arti marziali è ottimale per aspetti come equilibrio,
forza generale, resistenza, mobilità articolare, coordinazione, i quali risultano fondamentali
nella qualità della vita degli anziani.
Inoltre, l’attenzione alla respirazione e alla postura possono limitare e ritardare nel
tempo gli effetti di molti dei classici “acciacchi” dovuti all’età, permettendo a soggetti
anziani di rimanere sani e vitali molto più a lungo.
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Conclusioni.
Un sincero praticante di arti marziali, nella fattispecie di un’arte marziale giapponese
tradizionale, ottiene degli indubbi vantaggi nel corso degli anni, a vari livelli.
La sua salute migliora e si stabilizza lungo gli anni: sia per merito dell’allenamento
fisico, sia grazie alla maturazione dovuta alla pratica, l’incidenza delle malattie diminuisce
e la resilienza psicofisica aumenta, consentendo tempi di recupero più brevi e una ripresa
più efficiente.
Lo stato emotivo diviene in media più stabile e maggiormente controllato: il praticante
esperto nutre generalmente un buon livello di autostima, pur non assumendo
atteggiamenti di superbia o di tracotanza nei confronti degli altri, anzi, spesso divenendo
più modesto e più affabile con la pratica.
Mi piace sottolineare qui che molti ragazzi e adolescenti, che vivono in un ambiente
“difficile”, dopo l’ingresso in un buon dojo cambiano lentamente atteggiamento, divenendo
molto più disponibili a un rapporto rispettoso con il loro prossimo.
La qualità della vita di un esperto che segua con sincerità l’arte che pratica è
notevolmente elevata, proprio in virtù dell’integrazione psicofisica richiesta dallo studio
delle arti marziali, e per il continuo interagire dell’Arte con ogni aspetto della vita comune
del praticante.
Queste interazioni, che se sono reali sono anche sottili e mai grossolanamente
“pacchiane”, consentono al praticante di modificare poco per volta il suo stesso approccio
alla vita quotidiana, consentendogli di vivere meglio e più pienamente.
Va detto, a questo punto, che solo pochi esperti possono arrivare a un simile livello.
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Innanzitutto, è necessario un sincero attaccamento all’arte praticata (o alle arti praticate),
che vada oltre l’aspetto estetico o la gratificazione personale.
Serve un grande spirito di sacrificio, poiché l’allenamento, per dare risultati, è duro e
faticoso, non privo di frustranti periodi di stagnazione.
L’allenamento inoltre deve essere sincero e perseguito con la comparte-cipazione del
corpo e dello “spirito”, quell’ineffabile misto di volontà, pensiero, carattere e molto altro
ancora che caratterizza ogni essere umano. Allenarsi in maniera molto “blanda” e
superficiale non genera risultati duraturi né di serio impatto, e di questo il praticante si
rende conto a livello inconscio.
Sia per la buona salute fisica, sia per l’autostima e la fiducia in se stessi, una pratica
trascurata e di basso profilo non può venire giustificata dalle scuse che spesso si usano
per mascherarsi con se stessi o gli altri.
Allo stesso modo, e anzi proprio per questi motivi, sono necessarie grande umiltà e
modestia, e serve uno studio approfondito dell’arte, che vada oltre gli aspetti superficiali:
in questo senso, per esempio, un eccessivo interesse all’agonismo si può considerare un
ostacolo, poiché devia dall’obiettivo finale di un’arte marziale.
Il cammino verso la reale maestria è lungo e faticoso, ma sempre e comunque ricco di
grandi risultati positivi. L’unica cosa che resta da fare è dotarsi di molta pazienza e
percorrerlo con sincerità.
Mentore Siesto
Completato il 18/10/2008
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Arti marziali: discipline di combattimento, discipline di movimento, discipline di longevità
Bibliografia
1. G. Funakoshi - Karate do: il mio stile di vita, Ed. Mediterranee
2. M. Nakayama – Super Karate, Ed. Mediterranee
3. Rinaldo Orlandi: Ju jitsu moderno, ed. Mediterranee
4. M. Nakayama: Karate, Ed. Mondadori
5. G. Tucci: Karate Katas Shotokan – da cintura bianca a cintura nera, Ed. Sperling &
Kupfer
6. G. Tucci: Shiwari, Ed. Mediterranee
7. Kiyoshi Arakaki: La potenza segreta del Karate di Okinawa, Ed. Mediterranee
8. Cesare Barioli vi insegna il Ju Jitsu in 10 lezioni, Ed. De Vecchi
9. William Reed: Ki, Ed. Mediterranee
10.Miyamoto Musashi: Il libro dei cinque anelli (Gorin no Sho), Ed. BUR
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