Ritratto trascinante di due donne Valeria e

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Ritratto trascinante di due donne Valeria e
SPETTACOLI
Corriere della Sera Domenica 15 Maggio 2016
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L’attrice italiana
Sveva Alviti, prove
di red carpet in attesa
del debutto di «Dalida»
«Ho vissuto per nove mesi nella pelle di Dalida», sono
le parole dell’attrice e modella Sveva Alviti (foto), che
ha interpretato Dalida nell’atteso film francese sulla
vita della diva morta suicida il 3 maggio 1987. Sveva,
31 anni, era a Cannes dove con la regista del film Lisa
Azuelos ha sfilato sul red carpet di Ma Loute di Bruno
Dumont. Con un cast composto tra gli altri da Patrick
Timsit, Vincent Perez e Jean-Paul Rouve, Dalida, uno
dei grandi miti nazionali francesi, di cui nel 2017 si
celebrano i trent’anni dalla morte, è previsto nelle sale
dall’11 gennaio del prossimo anno. Per Sveva Cannes
è stata la prima uscita ufficiale dalla fine delle riprese,
ma il lavoro per interpretare l’artista è iniziato molto
prima: più di sette mesi di studio di lingue (francese e
arabo), canto e ballo. Ha ottenuto la parte
interpretando una versione struggente di «Je suis
malade», grande successo di Dalida. Alla fine della
sua esibizione, Sveva ha detto alla regista: «Je suis
Dalida». Azuelos, commossa, le ha risposto «Je sais»,
scegliendola tra le aspiranti al ruolo da tutto il mondo.
LA QUINZAINE LA PAZZA GIOIA
Ritratto trascinante di due donne
Valeria e Micaela in stato di grazia
Scene drammatiche riservate a Ramazzotti, quelle più farsesche a Bruni Tedeschi
Una commedia coinvolgente, a tratti dolorosa, che accende il tifo nello spettatore
di Paolo Mereghetti
F
orse non c’è altro regista italiano, oggi, che
ami i suoi personaggi
come Paolo Virzì. Li
inventa e li modella
con passione, li fa muovere e li
segue con amore all’interno di
storie create apposta per farne
emergere tutte le caratteristiche. Non necessariamente positive, s’intende, ma sempre
senza un’ombra di cinismo o
di superficialità.
È la prima qualità che colpisce in questo La pazza gioia,
accolto con molti applausi ieri
alla proiezione all’interno del-
La pazza gioia
di Paolo Virzì
la «Quinzaine des réalisateurs»: un film trascinante,
coinvolgente, in alcuni momenti anche doloroso ma
sempre attraversato da una
passione contagiosa (e rara)
per i suoi protagonisti.
Che sono due donne, Beatrice Morandini Valdirana (interpretata da Valeria Bruni Tedeschi) e Donatella Morelli
(Micaela Ramazzotti), la prima
aristocratica e la seconda popolana, entrambe ospiti di una
comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe alle prese con problemi più grandi di loro.
Beatrice è pesantemente bipolare, Donatella ha pulsioni
suicide, di cui ha pagato le
Il regista
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
«Drôle», «émouvante», «un gran bazar de vie»,
«lumineux». Un po’ si schernisce Paolo Virzì, ma non nasconde la felicità di scoprire
che La pazza gioia, a Cannes,
ha un effetto contagioso. Accoglienza calorosa di stampa e
pubblico della Quinzaine des
réalisateurs. Entusiasti i commenti. Altissimo l’interesse internazionale che circonda il
film: uscirà in Francia l’8 giugno (da noi in 400 sale martedì
prossimo), è già stato venduto
in 18 Paesi.
La straniata coppia di «donne sbagliate» — la Beatrice di
Valeria Bruni Tedeschi che qui
gioca in casa (anche in gara
con Ma Loute di Dumont) e la
Donatella di Micaela Ramazzotti — ha davvero colpito al
cuore. «Le attrici sono talmenCANNES
Abbraccio Micaela Ramazzotti, 37 anni, abbraccia Valeria Bruni Tedeschi (51) in una scena del film
conseguenze anche il figlio
(che le è stato tolto per affidarlo a un’altra famiglia). Si troveranno quasi senza volerlo libere da ogni controllo e inizieranno a girovagare, in una ricerca che cementerà la loro
(ancor fragile) amicizia, una
alla ricerca di un mondo che
l’ha espulsa; l’altra per ritrovare l’unico legame che ha veramente contato, quello col figlio.
E per le strade di una Toscana mai oleografica, anche lo
spettatore è invitato ad appassionarsi a queste due simpatiche «matte» (a chi le apostrofa
così, sorpreso dai loro comportamenti, Beatrice risponde
con bella autoironia: «Clinicamente lo siamo!»), a queste
due involontarie ribelli che
stanno pagando sulla loro pelle l’appartenenza a un mondo
avido e conformista o squallidamente egoista e ottuso.
Un viaggio però fatto sempre o quasi con il sorriso perché La pazza gioia è soprattutto una commedia, scritta con
maestria da Virzì assieme a
Francesca Archibugi, ma soprattutto interpretata da una
coppia di attrici in stato di grazia, Valeria Bruni Tedeschi e
Micaela Ramazzotti: alla seconda sono «riservate» le scene più drammatiche, alla prima quelle più farsesche, dove
ha la possibilità di dimostrarsi
grande come forse non era
mai stata, una specie di incrocio tra Franca Valeri e Monica
Vitti (con l’ironia della prima e
l’energia della seconda), capace di inanellare battute ed
espressioni trascinanti e irresistibili. Due attrici straordina-
La trama
 «La pazza
gioia» è diretto
da Paolo Virzì.
Protagoniste
sono Valeria
Bruni Tedeschi
e Micaela
Ramazzotti, nei
panni di due
donne inserite
in una
comunità di
recupero
psichiatrico. Le
due stringono
una forte
amicizia che le
porterà alla
pazza impresa
di fuggire dalla
comunità alla
ricerca della
felicità
 Il film,
presentato ieri
a Cannes, è
stato girato tra
Livorno,
Viareggio e
Montecatini,
per otto
settimane.
Uscirà nelle
sale mercoledì
rie che una regia «al servizio
di» permette di mostrare in
tutta la loro bravura e amorevolezza. Più proseguono le loro disavventure — alle prese
con madri poco affettive (Anna Galiena per Donatella, Marisa Borini, madre anche nella
vita della Bruni Tedeschi, per
Beatrice) o uomini inetti (Bob
Messini e Bobo Rondelli per
l’aristocratica, Marco Messeri
e Tommaso Ragno per la popolana) — più il film inanella
colpi di scena e diventa romanzesco e romanzato, più le
due protagoniste possono dare l’impressione di essere «frenate», costrette come sono a
fare i conti con il dipanarsi
della storia (dalla comunità le
cercano, i carabinieri portano
Donatella in un Ospedale psichiatrico giudiziario, Beatrice
vuole farla evadere per favorire
l’incontro col figlio).
Ma quello che potrebbe
sembrare un cambio di ottica
registica (che mette meno a
fuoco le sue due eroine e più
gli accadimenti della storia) si
rivela in fondo un passaggio
obbligato per accendere il tifo
nello spettatore e farlo partecipare emotivamente alla loro
avventura.
Che trova così un modo differente ma sempre coinvolgente per amare Beatrice e Donatella, due ritratti femminili
che non si scordano. E che
confermano in Paolo Virzì uno
dei pochi registi italiani capaci
di unire la volontà dell’ottimismo (c’è sempre un po’ di speranza all’interno dei suoi film)
con il pessimismo dell’osservazione.
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Virzì: bisogna aver paura di chi teme la follia

Abbiamo
incontrato
molti
psichiatri e
ci siamo
immersi nel
circo della
salute
mentale in
Italia tra
strutture
pubbliche
e private
te meravigliose che non si sa
decidere se curare o lasciar vivere con il loro male queste
due matte in cui la follia funziona così bene», scrive Le
Monde. «Equilibrio tra humour e realismo, una delle poche recenti commedie italiane
con serie possibilità di successo internazionale», Variety.
Virzì si gode ogni momento
di questa trasferta a Cannes
(condita anche dall’annuncio
del suo prossimo film, il primo che girerà in America, The
Leisure Seeker con Donald Sutherland e Helen Mirren). «Mi
piace che La pazza gioia venga
considerato un elogio dell’imperfezione, ci siamo voluti
mettere dalla parte di due
donne imperfette che non sono due eroine, anzi hanno
combinato anche dei guai, ma
hanno una loro innocenza. E
volevamo sancire il loro diritto
all’euforia». L’aristocratica Beatrice, esuberante e mitomane, «che si crede terapeuta e
forse lo diventa», e la malmostosa Donatella carica di ferite
e illusioni impresse sulla pelle
che proprio a Villa Biondi,
struttura per pazienti psichiatrici, «scopre che qualcuno la
guarda, si accorge di lei». Due
donne agli antipodi, per provenienza sociale, educazione,
frequentazioni ma in comune
hanno «un dolore antico» che
le rende sorelle alla ricerca
della libertà.
«Sono state umiliate, da genitori, amanti, mariti e si prendono per mano, si curano tra
loro», spiega Ramazzotti. E
Bruni Tedeschi a chi cerca paralleli con Thelma e Louise replica con due immagini di
donne a cui si è ispirata: Blanche Dubois, l’eroina di Un
tram chiamato desiderio di
Williams, e la Jasmine (Cate
Blanchett) di Woody Allen.
Il regista l’ha detto più volte,
lo ripete volentieri: senza Micaela e Valeria («due creature
che fanno vibrare la macchina
Insieme
Il regista Paolo
Virzì tra Micaela
Ramazzotti e, a
destra, Valeria
Bruni Tedeschi
da presa») il film non esisterebbe. Sul set l’obiettivo era
sempre pronto a cogliere
sprazzi di improvvisazione a
partire da un copione molto
meditato, scritto a quattro mani con Francesca Archibugi.
«Abbiamo incontrato molti
psichiatri, psicoterapeuti e
operatori che ci hanno preso
per mano per un’immersione
nel grande circo della salute
mentale in Italia tra strutture
pubbliche e private. La follia è
un soggetto che spaventa, ma
grazie al film ho capito che bisogna aver paura di quelli che
ne hanno paura», spiega Virzì.
«Prima di girare pensavamo
potesse essere una terapia per
noi» scherza Micaela, al suo
terzo film diretta dal marito.
«Ma forse ci ha fatti diventare
un po’ più matti».
Stefania Ulivi
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