Print Current Page

Transcript

Print Current Page
Le piante? Sono intelligenti,
estremamente
Intervista - Il neurobiologo Stefano Mancuso ci spiega che i vegetali sono più
complessi di quel che pensiamo
/ 27.12.2016
di Ada Cattaneo
Capitano occasioni in cui il concetto di fuori tema perde quella sua connotazione scolastica,
negativa. Si prova quasi sollievo pensando che, per una volta, divagare sarà del tutto lecito. Così è
capitato di recente durante il convegno organizzato a Lugano dall’Associazione Fare Arte nel Nostro
Tempo, che organizza giornate di riflessione su temi di volta in volta diversi, coinvolgendo specialisti
di vari ambiti del sapere, pur mantenendo le arti visive come filo conduttore.
Il giardino è stato l’argomento cardine per questo incontro e numerosi sono stati i relatori, per lo più
di ambito umanistico. Ma chi studia questo spazio, in bilico fra naturale e artificiale, sa bene come il
giardino sia luogo dai mille rimandi e dalle mille sfaccettature, tanto che diventa necessario fare
capo a molte discipline per raccontarne tutti gli aspetti. Se l’intervento di Franco Cardini ha
ripercorso la storia del giardino dall’antichità al Medioevo e l’artista Daniel Buren ha illustrato le
molte occasioni in cui si è trovato a concepire le sue installazioni in legame con la natura, di grande
interesse è stato anche un détour in ambito strettamente scientifico del neurobiologo vegetale
Stefano Mancuso.
Oltre alla sua attività di ricerca svolta fra la Toscana e il Giappone, Mancuso si impegna in numerosi
progetti fuori tema, nella convinzione che l’arte sia uno strumento formidabile per la diffusione delle
più innovative scoperte dalla scienza. Di seguito, alcune domande a cui il neurobiologo ha risposto.
Cos’è la neurobiologia vegetale?
Si tratta di una nuova disciplina scientifica molto recente, nata nel 2005. Ha alla base lo studio delle
piante in quanto esseri dotati di capacità cognitive, perciò utilizza le tecniche tipiche delle
neuroscienze per studiare ciò che avviene in esse. Seppure le piante non abbiano alcun sistema
nervoso, ne hanno però una serie di analoghi: non hanno organi singoli, quindi né cervello, né nervi,
ma tutte le cellule del loro corpo si comportano in maniera molto simile ai neuroni del nostro
cervello. Per capirci, i neuroni hanno una caratteristica unica: produrre e trasportare nel corpo
impulsi elettrici. Nel corpo degli animali solo i neuroni e poche altre cellule sono in grado di fare
questo, mentre nelle piante ogni cellula svolge questo ruolo.
Possiamo quindi parlare di una forma di intelligenza delle piante?
La questione dell’intelligenza riguarda innanzitutto la definizione che ne diamo. Se chiedessimo a
cento ricercatori, ognuno avrebbe una definizione diversa. La più divertente sostiene che
l’intelligenza sia una questione variabile a seconda della persona a cui chiedi di definirla. La
definizione che però viene più ampiamente accettata la descrive come la capacità di risolvere
problemi. Se accettiamo questa spiegazione, allora le piante sono estremamente intelligenti, nel
senso che sono in grado di risolvere problemi anche molto complessi.
Non sembra semplice capire questa forma di intelligenza.
Ogni comportamento delle piante è molto difficile da capire per noi, perché esse sono organismi
talmente diversi dagli animali da essere veri e propri alieni. Potrebbero provenire da un altro
pianeta e sfidare allo stesso modo la nostra capacità di comprensione. Non le capiamo perché sono
completamente diverse da noi animali, pur avendo dei comportamenti simili ai nostri.
Quale utilità può avere la neurobiologia vegetale per noi?
Per prima cosa, esiste un’utilità generale delle piante per sviluppare le nostre tecnologie. Mi spiego:
noi siamo animali e quindi siamo costruiti con un centro di comando che dice agli organi cosa fare.
Su questo modello ancestrale noi costruiamo tutto, anche gli strumenti che riteniamo più moderni.
Un computer, esempio di modernità, è un analogo sintetico del nostro corpo: il processore come
cervello, la scheda audio, la scheda video, la memoria. Tendiamo a replicare ciò che siamo: lo
riteniamo lo schema migliore, ma non è l’unico e neanche il più efficiente. Allora le piante sono una
miniera straordinaria di informazioni cui ispirarsi. La consapevolezza che le piante siano molto
complesse comincia a farsi strada e così anche le prime applicazioni pratiche di questo nuovo
sapere. Oggi studiando le piante si cominciano a riprodurre le loro capacità in maniera sintetica,
tecnologica, quindi applicando un modello diverso.
Lei si impegna molto per portare queste conoscenze in ambito umanistico.
Ritengo che il compito di uno scienziato non si limiti a fare scoperte: la storia della scienza è piena di
scoperte importanti rimaste ignorate. Io penso che si debbano avere delle idee e fare sì che vengano
accettate. Sappiamo bene come oggi sia importante l’aspetto narrativo, quindi tutto ciò che può
veicolare le nuove informazioni è benvenuto, dai libri di divulgazione ai concerti, dal teatro alle
opere di arte contemporanea. Sta succedendo in un progetto per la città di Firenze con l’artista
Carsten Höller, con cui abbiamo molto in comune: lui è arrivato all’arte partendo dalla scienza (ndr:
Höller si è laureato in agraria, per poi svolgere ricerche nell’ambito dell’entomologia; le sue opere
sono spesso basate su processi scientifici) e io ritengo che l’arte sia uno strumento incredibilmente
potente di amplificazione delle scoperte scientifiche.
Nel mio caso si tratta di rendere più consapevoli le persone su cosa siano veramente le piante,
perché se capiamo che esse sono esseri viventi così sofisticati, cominceremo a trattarle in maniera
più rispettosa. E ciò è fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo, poiché la nostra vita è
perfettamente dipendente dalla vita delle piante. Da questo punto di vista la Svizzera ha una
tradizione straordinaria essendo stata la prima e unica nazione a elaborare il concetto di dignità
delle piante: qui venne organizzata a livello governativo una commissione di esperti per elaborare il
concetto di dignità degli esseri viventi arrivando, fra le altre cose, alla conclusione che le piante,
essendo esseri viventi sofisticati, avevano anch’esse la propria dignità.