Imu ed enti non commerciali - Camera Tributaria di Lecce

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Imu ed enti non commerciali - Camera Tributaria di Lecce
Per la Cassazione1, inoltre, non rientrano tra gli
enti
pubblici
che
possono
beneficiare
dell’esenzione di cui alla lett. i) dell’art. 7 cit. lo
Stato, le regioni, le provincie e i comuni.
Imu ed enti non
commerciali
Maria Suppa, avvocato tributarista, docente e
legale di Anutel (Associazione Nazionale Uffici
Tributi Enti Locali)
L’introduzione dell’Imu sperimentale
ha determinato una rilevante
modifica della regolamentazione
delle esenzioni per gli immobili degli
enti non commerciali. Con le novità
introdotte dall’art. 91bis, del D.L. 24
gennaio 2012, n. 1, conv. con
modificazioni, dalla legge 24 marzo
2012, n. 27, il legislatore ha cercato
di coniugare due diverse esigenze, da
una parte la necessità di risolvere
positivamente la procedura di
infrazione aperta nell’ottobre 2010
dalla Commissione UE nei confronti
dell’Italia e dall’altra l’opportunità
di agevolare gli enti senza scopo di
lucro in ragione dell’importante
funzione sociale ad essi oillegata.
I soggetti beneficiari dell’esenzione
L’art. 7, c 1, lett. i), D.Lgs n. 504/1992, cui
espressamente rinvia l’art. 9, c. 8, D.Lgs n.
23/2011, statuisce l’esenzione dall’Imu per gli
immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, c.
1, lett. c) del Tuir.
L’esenzione è, pertanto, riservata agli enti non
commerciali, mentre le società commerciali sono
sempre escluse dall’esenzione ici, a nulla
rilevando l’eventuale utilizzazione dell’immobile
per scopi socialmente utili.
I requisiti richiesti dalla norma agevolativa:
L’utilizzazione “diretta” dell’immobile
Il beneficio dell’esenzione dall’imposta per gli
immobili posseduti dagli enti non commerciali,
presuppone l’utilizzazione diretta dei predetti
immobili da parte del soggetto passivo d’imposta.
Per il diritto vivente2, infatti, l’art. 7, c. 1, lett. i),
D.Lgs. n. 504/1992, esige, in considerazione
anche della natura derogatoria e quindi di stretta
interpretazione delle norme di esenzione, la
duplice condizione della utilizzazione diretta degli
immobili da parte dell'ente che ne abbia il
"possesso" e dell'esclusiva loro destinazione ad
attività peculiari che non siano produttive di
reddito: occorre, pertanto, per quanto riguarda il
profilo soggettivo, che gli immobili siano
posseduti dall'ente non commerciale, utilizzatore,
cioè che vi sia coincidenza tra ente proprietario (o
titolare di altro diritto reale sul bene, come tale
soggetto passivo d'imposta ai sensi dell’art. 9, c. 1,
D.Lgs n. 23/2011), che rientri nella categoria di
cui al menzionato art. 73, c. 1, lett. c), del Tuir, ed
ente che utilizza l'immobile stesso.
La necessaria coincidenza tra ente rientrante nella
categoria dell’art.73 co.1 lett.c) del TUIR nella
sua veste di proprietario (o titolare di altro diritto
reale sul bene e come tale soggetto passivo
ICI/IMU) ed ente che utilizza l’immobile stesso è,
quindi, requisito pacifico e non più disputabile
(Cass.sent.n.2821/2012 e n. 4502/2012).
Per il diritto vivente, infatti, il beneficio dell'esenzione dall’imposta non consegue al solo fatto che
l'immobile sia destinato esclusivamente ad una
delle attivita' tipizzate svolte con modalità non
commerciali (requisito oggettivo), essendo, altresì,
necessaria l'utilizzazione “diretta” di esso da parte
del soggetto passivo (requisito soggettivo).
1
ex multis, Corte di cass., sent. n. 21382 del 4 ottobre 2006;
Corte di cass., sent. n. 5747 del 16 marzo 2005; Cass., sent. n.
12576 del 21 maggio 2010.
2
ex plurimus, Corte di cass., sez. trib., ord. 18 giugno
2012, n. 10015; Corte di cass., sez. trib., sent. n. 2821
del 24 febbraio 2012; Corte di cass., sez. trib., sent. n.
4502 del 24 febbraio 2012; Corte di cass., sez. trib.,
sent. n. 7385 dell’11 maggio 2012. Tale interpretazione,
costituzionalmente orientata, ha ricevuto l'avallo della
Corte costituzionale già con le ordinanze nn. 429/2006
e 19/2007
Solo al realizzarsi della duplice condizione “soggettiva ed oggettiva” può riconoscersi il diritto all’esenzione (dall’ici, così come dall’imu).
E’ sulla base di tali fondamentali principi che il
Giudice di legittimità ha escluso che gli immobili
posseduti dagli Enti per l’edilizia residenziale
pubblica possano godere dell’esenzione prevista
dall’art.7, 1 co.lett.i) cit..
Per il diritto vivente3, infatti “…Agli immobili degli IACP non spetta mai l'esenzione prevista dal
Decreto Legislativo N. 504 del 1992, articolo 7 ,
comma 1, lettera i) - la quale esige la duplice condizione, insussistente per questa speciale categoria di immobili, dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dell'esclusiva loro destinazione ad attivita' peculiari che non
siano produttive di reddito…”.
Sul tema è recentemente intervenuto il Mef che
nella risoluzione ministeriale n.4 /DF del
04.03.2013, sostiene che nella particolare ipotesi
in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato ad un altro
ente non commerciale per lo svolgimento di una
delle attività meritevoli di cui al c.1 lett.i) dell’art.7 del DLGs n.504/92, possa trovare applicazione l’agevolazione in oggetto, si da esentare dall’IMU come dall’ICI il possessore sebbene non
utilizzatore del detto immobile. Secondo la tesi
ministeriale, poiché a seguito del comodato d’uso
gratuito l’Ente concedente non ritrae alcun reddito
non si realizza una manifestazione di ricchezza e
di capacità economica, che avrebbe al contrario
giustificato un apporto contributivo alla spesa
pubblica e quindi l’imposizione. Tale ottica di valutazione pare trascurare che l’art.7 lett. i) del
D.lgs. n504/92, trova la sua ratio non già nell’evitare la tassazione di una ricchezza non realizzata
ovvero una capacità contributiva inespressa, bensì
è una disposizione di indubbio contenuto e funzione premiale per specifiche attività di particolare rilevanza sociale svolte dagli enti non commerciali
in quegli specifici immobili. E’ quindi una norma
di incentivazione ma rimane pur sempre una agevolazione tributaria e come tale di natura eccezionale e quindi di stretta interpretazione (SU
n.28160/2008). Come detto, il diritto vivente, in
interpretazione costituzionalmente orientata anche
3
ex multis, Corte di Cassazione, S.U., sent. n.28160
26/11/2008; Corte di Cass.sez.trib.sent.n.2202
16/02/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10229
20/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10080
19/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10081
19/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10080
19/06/2012
del
del
del
del
del
del
in considerazione delle ordinanze della Corte
Cost. n.429/2006 e n. 19/2007, ha elaborato la
condizione soggettiva dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di
utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di
pubblico
interesse(cass.ord.n.3843/2013,cass.sent.n.7385/2012). Sulla scorta della interpretazione consolidata del giudice di legittimità non appare per nulla convincente l’argomentare del Mef
che con eccessiva disinvoltura sterilizza la conditio sine qua non della necessaria coincidenza soggettiva tra utilizzatore dell’immobile e soggetto
passivo ICI/IMU. Né pare condivisibile la omologazione soggettiva tra concedente a titolo gratuito
ed effettivo utilizzatore svolgente attività meritoria, atteso che il trasferimento della detenzione
non può certo ritenersi per il concedente come una
forma di esercizio diretto della attività meritoria
istituzionale, anzi la concessione si manifesta in
via oggettiva come una forma di non utilizzo. Tra
l’altro, la Corte di Cassazione ha già da tempo affrontato la questione della concessione in uso gratuito escludendo categoricamente la esenzione per
i beni immobili non direttamente utilizzati per lo
scopo istituzionale e ciò indipendentemente dalla
natura gratuita od onerosa con la quale ne risultasse ceduto ad altri l’utilizzo (cass.nn.2132921330/2008, cass.nn.22201-22202-22203). Conclusivamente, la risoluzione ministeriale non offre
alcun nuovo elemento di interpretazione di spessore tale da poter prevedere una inversione di rotta
della cassazione quanto meno nelle ipotesi di concessione gratuita a diverso ente. Merita, invece,
approfondimento la fattispecie della concessione
ad altro ente commerciale appartenente alla stessa
struttura dell’ente concedente per lo svolgimento
di attività meritoria. Anche in questo caso la gratuità della concessione non rileva ma ciò che deve
essere verificato è la immedesimazione tra concedente ed utilizzatore. Se la struttura organizzativa
di detti enti, seppur giuridicamente distinti è la
medesima ben può ritenersi sussistente la utilizzazione diretta del concedente. Come già indicato
dalla Cassazione (n.2821/2012) al fine di ravvisare la utilizzazione diretta necessita dare rilevanza
diretta e specifica al fatto concreto e alle reali connotazioni economiche, piuttosto che al limite della
distinta alla forma giuridica. Quindi nell’ipotesi
in cui si verifichi in fatto ed in diritto che l’ente
utilizzatore sia una articolazione organizzativa
dell’ente concedente, tale peculiarità del rapporto
di legame, sostiene la raffigurazione della utilizzazione diretta seppur per via di altro soggetto, dell’ente concedente e quindi, il diritto di godere del-
la esenzione ex art.7 lett.i) del D.lgs. n.504/92.
Solo per quest’ultima ristretta fattispecie, la risoluzione n.4 DF si manifesta in linea con l’interpretazione consolidata e pacifica dell’ambito applicativo della esenzione per gli enti no profit, mentre
l’allargamento del documento di prassi ai soggetti
non legati appare clamorosamente disallineato rispetto al diritto vivente e non convincente oltre
che non nuovo nelle argomentazioni spese.
La destinazione “di fatto”
Perché
l’immobile
possa
beneficiare
dell’esenzione dall’imposta è necessario che sia
effettivamente ed immediatamente adibito allo
svolgimento di attività istituzionali.
Al riguardo, il diritto vivente4 ha definitivamente
chiarito che quel che rileva, ai fini della ricorrenza
del requisito oggettivo è la destinazione "di fatto"
allo svolgimento di una delle attività previste e
tipizzate.
Per la Cassazione, quindi, l'esenzione spetta anche
se l'effettiva utilizzazione, di cui il contribuente ha
comunque l'onere di fornire la prova, sia in
contrasto con la destinazione catastale, dovendosi
dare prevalenza alla situazione di fatto rispetto
all'accatastamento del bene.
La sussistenza del requisito oggettivo non può
essere desunta esclusivamente sulla base di
documenti che attestino “a priori” il tipo di attività
cui l’immobile è destinato, né può riconoscersi il
diritto all’esenzione nei casi in cui il bene resti
inutilizzato, e sia stata solo manifestata la volontà
di destinarlo alla realizzazione di detti fini.
La Cassazione5 precisa, peraltro, che l’esenzione
spetta esclusivamente se nell’immobile è
realizzata in via diretta e non mediata una delle
attività tipizzate non essendo, quindi, sufficiente
l'esercizio di attività strumentali, di tipo
organizzativo o gestionale.
Il regime probatorio
Con riguardo al regime probatorio dell’esenzione
Imu per gli enti non commerciali, è importante
sottolineare che spetta sempre al contribuente che
4
ex multis, Corte di cass., sez. trib., sent. nn. 22547-2254622545-22543 dell’11 dicembre 2012; Corte di cass., sez. trib.,
ord. n. 17516 del 12 ottobre 2012; Corte di cass., sez. trib.,
sent .n. 4502 del 21 marzo 2012; Corte di cass., sez. trib., ord.
n. 23315 del 9 novembre 2011.
5
Corte di cass., sez. trib., sent. n. 2821 del 24 febbraio 2012.
vanta il diritto all’esenzione dall’imposta l’onere
di provare e documentare la sussistenza dei
requisiti previsti dalla norma agevolativa.
In particolare, la Cassazione ha in più occasioni
rilevato che in considerazione del carattere
eccezionale della deroga alla norma impositiva - e
conseguentemente al principio di eguaglianza
contributiva - operata dalla norma di esenzione, è
il soggetto che intende avvalersi dello speciale
regime derogatorio che deve adempiere all'onere
di allegazione e dimostrazione dei relativi fatti che
fondano il diritto alla esenzione o agevolazione.
Da ciò consegue che la dichiarazione presentata
dal contribuente di essere possessore di un
immobile ritenuto esente dall'imposta in base a
una delle ipotesi indicate dall’art. 7, D.Lgs n.
504/1992, non vale a gravare l'Amministrazione
della prova negativa circa l'insussistenza
dell'esenzione medesima, restando invece a carico
del contribuente, in virtù della regola generale di
cui all'art. 2697 Cod. civ., l'onere di provare che
l'immobile non sia assoggettabile al tributo.
Da ciò consegue per il Giudice di legittimità, che
l’avviso di accertamento con il quale l’ente
impositore faccia valere la pretesa nei confronti
del contribuente non deve contenere la
motivazione delle ragioni giuridiche relative al
mancato riconoscimento dell’esenzione prevista
dalla legge e astrattamente applicabile, perché
altrimenti si finirebbe per espandere in misura
irragionevole l’obbligo di motivazione gravante
sull’Amministrazione,
estendendolo
alla
dimostrazione negativa di situazioni eventuali e
astratte.
L’onere di motivazione dell’atto impositivo con il
quale l’ente vanta una pretesa nei confronti del
contribuente, pertanto, è pienamente assolto
attraverso la sola indicazione dei fatti integrativi
del presupposto di imposta come individuati dalla
norma impositiva.
L’ente, infatti, è tenuto esclusivamente a rendere
note al contribuente le ragioni di fatto e giuridiche,
espressamente
indicate
o
finalisticamente
desumibili dalle norme regolatrici di ciascuna
imposta, che sorreggono (nell’ “an” e nel
“quantum debeatur”) la specifica pretesa fiscale
non anche a motivare il disconoscimento
dell’esenzione dall'imposta.
Le attività svolte con modalità non commerciali
L’art. 7, c. 1, lett. i), D.Lgs. n. 504 /1992 stabiliva
il diritto all’esenzione dall’imposta per gli
immobili posseduti dagli enti non commerciali e
utilizzati per lo svolgimento di attività
assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche,
ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché
delle attività di cui all'art. 16, lett. a) della legge
20 maggio 1985, n. 222, purché le suddette attività
non avessero esclusivamente natura commerciale.
Siffatta previsione normativa aveva inteso
arginare la giurisprudenza di legittimità che aveva
sostanzialmente negato il diritto all’esenzione
dall’imposta agli enti non commerciali che
svolgevano una delle attività tipizzate dietro
corrispettivo, seppure di carattere simbolico e a
prescindere dalla destinazione degli utili
eventualmente ricavati al perseguimento di fini
sociali.
La Cassazione faceva propria la nozione di attività
commerciale di derivazione comunitaria; il diritto
dell’Unione europea, infatti, con riferimento ai
presupposti necessari per escludere la natura
commerciale di un’attività, fa riferimento non
tanto al concetto di scopo di lucro ma piuttosto al
carattere non economico che deve qualificare
l’attività commerciale.
Per la giurisprudenza comunitaria, infatti, è
attività economica quella organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi su
un determinato mercato che sia ricollegabile a un
dato obiettivo inerente l’attitudine a conseguire la
remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo
giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro.
Si è trattato di una scelta legislativa che, come
anticipato in premessa, ha comportato l’apertura di
un procedimento di infrazione da parte della
Commissione Europea e la conseguente necessità
di un nuovo intervento normativo.
Con il citato art. 91bis del D.L n. 1/2012 è stato
inserito nell’art. 7, c. 1, lett. i), D.Lgs n. 504/1992,
l’inciso con “modalità non commerciali” al fine di
delimitare l’ambito di applicazione dell’esenzione
con riguardo all’utilizzo dell’immobile e sono
state disciplinate ai commi 2 e 3, due diverse
ipotesi di utilizzazione mista (commerciale e non
commerciale) non essendo, quindi, più necessaria
ai fini dell’esenzione, la “destinazione esclusiva”
dell’immobile.
In particolare, l’art. 91bis, c. 2 cit. stabilisce che
qualora l’immobile abbia una utilizzazione mista,
l'esenzione si applica solo alla frazione di unità
nella quale si svolge l'attività di natura non
commerciale,
se
identificabile
attraverso
l'individuazione degli immobili o porzioni di
immobili adibiti esclusivamente a tale attività.
Alla restante parte dell'unità immobiliare, in
quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale
permanente, si applicheranno le disposizioni dei c.
41, 42 e 44, art. 2 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262,
convertito con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2006, n. 286.
Nei casi in cui, invece, tale individuazione non sia
possibile, l’esenzione dall’Imu si applica in
proporzione all’utilizzazione non commerciale
quale risulta da apposita dichiarazione (art. 91bis,
c. 3).
Lo stesso comma 3 affidava a un decreto del
Ministero dell’economia e delle finanze da
emanarsi ai sensi dell’art. 17, c. 3, legge 17 agosto
1988, n. 400, le procedure e le modalità relative
alla predetta dichiarazione, nonché la definizione
delle modalità e delle procedure relative
all’individuazione del rapporto proporzionale.
Con il parere n. 7658 del 27 settembre 2012, il
Consiglio di Stato ha bocciato la bozza di
regolamento presentata dal Ministero per eccesso
di potere, poiché oltre ad indicare i criteri per
l’individuazione del rapporto proporzionale nel
caso di utilizzazione mista dell’immobile,
individuava anche i requisiti generali e di settore
per qualificare le attività di cui all’art. 7, c. 1, lett.
i) cit. come svolte con modalità non commerciali.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto dette ultime
specificazioni
non comprese nel potere
regolamentare attribuito dal legislatore al
Ministero.
Successivamente, l’art. 9, c. 6 del D.L n. 174 del
10 ottobre 20126 ha integrato la norma primaria,
assegnando al regolamento anche il compito di
stabilire “i requisiti, generali e di settore”, per
qualificare le attività di cui all’art. 7, c. 1, lett. i)
del D.Lgs n. 504/1992, come svolte con modalità
non commerciali. In attuazione di tale modifica, il
Ministero dell’economia e delle finanze ha
trasmesso un nuovo schema di regolamento sul
quale il Consiglio di Stato ha espresso parere
favorevole ma con l’obbligo di adeguare le
disposizioni ai principi UE, valorizzando nel testo
del regolamento il concetto di attività economica
inteso in senso comunitario.
Il regolamento
Il regolamento (D.M. 19 novembre 2012, n. 200)
affronta due problemi:
- il primo, stabilire a quali condizioni si possa
ritenere che l’attività venga svolta con modalità
non commerciale;
6
Conv. con mod. legge n. 213 del 7 dicembre 2012. In
sede di conversione del D.L. n. 174/2012, il legislatore
ha escluso le fondazioni bancarie dal novero dei soggetti che possono beneficiare dell’esenzione dall’Imu.
-il secondo, regolare la fattispecie di utilizzazione
mista (commerciale e non commerciale) dei locali
utilizzati dagli enti non commerciali.
I requisiti per l’individuazione delle attività svolte
con modalità non commerciali
Il D.M. n. 200/2012, individua in primis, i
requisiti generali che ogni Statuto o atto
costitutivo deve contenere perché le attività degli
enti non commerciali possano essere qualificate
come “svolte con modalità non commerciali”.
In particolare, l’art. 3 del regolamento stabilisce:
• il divieto di distribuire, anche in modo indiretto,
a soci, amministratori, collaboratori, utili e avanzi
di gestione, nonché fondi o capitale durante la vita
dell’ente nei confronti di amministratori, soci,
partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che
la destinazione non sia imposta dalla legge,
ovvero non sia effettuata a favore di enti che fanno
parte della medesima struttura e svolgono la stessa
attività o altre attività istituzionali;
• l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili
esclusivamente per lo sviluppo delle attività
funzionali allo scopo istituzionale della solidarietà
sociale;
• l’obbligo di devolvere, in caso di scioglimento
per qualunque causa, il patrimonio dell’ente non
commerciale ad altro ente non profit che svolga
analoga attività, salvo diversa destinazione
imposta dalla legge
L’art. 7 del D.M. in commento impone
l’adeguamento o predisposizione in tal senso degli
statuti e degli atti costitutivi entro il 31 dicembre
2012.
Con la risoluzione n.3/DF del 04/03/2013 il Mef
ha chiarito che la data del 31/12/2012 di cui
all’art.7 cit. non deve considerarsi perentoria.
Trattasi di soluzione interpretativa condivisibile,
fermo restando che l’adeguamento degli statuti e
degli atti costitutivi richiesto dal D.M. rappresenta
condicio sine qua non per poter ottenere
l’esenzione dall’imposta.
Per gli enti ecclesiastici, poi, il Ministero, con la
risoluzione n. 1/DF del 3 dicembre 2012, ha
precisato che “… seppure agli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti non possono essere
richiesti né la predisposizione né l’adeguamento
dello statuto, si ritiene che questi ultimi debbano,
comunque, conformarsi alle disposizioni di cui
all’art. 3 del regolamento n. 200/2012 mediante
una specifica scrittura privata registrata”.
Il successivo art. 4 prevede, poi, ulteriori requisiti
delle attività in ragione della diversa natura delle
stesse.
In particolare, le attività sanitarie e assistenziali è
necessario che siano:
• accreditate e contrattualizzate o convenzionate
con lo Stato, regioni ed enti locali, svolte in
maniera complementare o integrativa rispetto al
servizio pubblico a titolo gratuito, salvo eventuali
importi di partecipazione alla spesa previsti
dall’ordinamento per la copertura del servizio
universale;
• ovvero se non accreditate e contrattualizzate o
convenzionate con lo Stato, regioni ed enti locali è
necessario che siano svolte a titolo gratuito o
dietro il pagamento di corrispettivi di importo
simbolico comunque, non superiore alla metà dei
corrispettivi medi previsti per analoghe attività
svolte con modalità concorrenziali nello stesso
ambito territoriale.
Invero, tale ultimo criterio appare di difficile
applicazione, come, peraltro, rilevato anche dal
Consiglio di Stato, se non altro perché non è facile
individuare i prezzi medi di mercato cui fare
riferimento.
Per le attività didattiche sono previste,
innanzitutto, una serie di condizioni di carattere
strutturale.
L’attività deve, infatti, essere paritaria rispetto a
quella statale, senza alcuna discriminazione in fase
di accettazione degli alunni e nel rispetto degli
obblighi di contrattazione collettiva, di
adeguatezza delle strutture e di pubblicità del
bilancio.
È, altresì, necessario che dette attività siano svolte
a titolo gratuito o con il pagamento di una retta
simbolica tale da coprire solamente una frazione
del costo effettivo del servizio.
Tale ultima previsione si è resa necessaria a
seguito delle osservazioni svolte dal Consiglio di
Stato.
Nella bozza di regolamento, infatti, si era prevista
la “copertura non integrale del costo del servizio”.
Sul punto, però, il Consiglio di Stato aveva ben
rilevato che: “ … Tale criterio appare, nella
sostanza, ricalcare il concetto di servizi che
possono essere finanziati prevalentemente da
genitori e alunni per il quale l’Unione europea
esclude il carattere non economico dell’attività.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, il
carattere non economico dell’istruzione pubblica
non è pregiudicato dal fatto che talora gli alunni o
i genitori siano tenuti a pagare tasse di iscrizione o
scolastiche per contribuire ai costi di gestione del
sistema, mentre va distinta l’ipotesi in cui i servizi
di istruzione sono finanziati prevalentemente da
alunni e genitori o da introito commerciali.”.
Per le attività ricettive, culturali, ricreative e
sportive, infine, lo svolgimento con modalità non
commerciali si realizza se le attività tipizzate sono
svolte a titolo gratuito o dietro il pagamento di un
corrispettivo simbolico o di importo non superiore
alla metà di quello medio previsto per le stesse
attività svolte nello stesso territorio con modalità
commerciali.
I criteri per l’individuazione del rapporto
proporzionale
Il rapporto proporzionale previsto dall’art. 91bis,
c. 3, D.L n. 1/2012 per delimitare il diritto
all’esenzione per gli immobili destinati ad attività
mista (commerciale e non) è specificatamente
disciplinato con nell’art. 5 del D.M. n.
200/2012(molteplici sono, invero, le criticità del
sistema elaborato dal regolamento e le difficoltà
applicative).
In particolare, per le unità immobiliari a
destinazione mista, il rapporto proporzionale è
principalmente determinato in base alla superficie
destinata all’attività commerciale rapportata alla
superficie complessiva dell’immobile.
Per le unità immobiliari indistintamente oggetto di
utilizzazione
mista,
invece,
il
rapporto
proporzionale deve essere determinato tenendo
conto del numero dei soggetti nei confronti dei
quali l’attività viene svolta con modalità
commerciali, rispetto al numero complessivo dei
soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività.
Qualora, poi, l’utilizzazione mista sia limitata a
specifici
periodi
dell’anno,
il
rapporto
proporzionale deve essere determinato con
riferimento ai giorni durante i quali l’immobile è
utilizzato per lo svolgimento delle attività
commerciali.
Le percentuali determinate secondo i criteri
indicati ai commi 2, 3 e 4 del regolamento,
devono essere indicate nella dichiarazione Imu ed
applicate alla rendita catastale dell’immobile così
da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini
della determinazione dell’Imu dovuta dall’ente.
La dichiarzione Imu degli enti non commerciali
Il D.M. 30 ottobre 2012, contenente le istruzioni
relative alla presentazione della dichiarazione Imu
prevede (contrariamente a quanto accadeva per
l’Ici) l’obbligo per gli enti non commerciali di
presentare la dichiarazione per gli immobili esenti.
In particolare, la dichiarazione deve essere
presentata anche per gli immobili il cui possesso e
utilizzo è antecedente al 2012.
Quanto al termine di presentazione della predetta
dichiarazione, il Ministero con la risoluzione n.
1/DF dell'11 gennaio 2013, ha chiarito che: “…
per esigenze di semplificazione degli adempimenti
dei contribuenti e di razionalizzazione degli
strumenti a disposizione degli enti locali
impositori in sede di verifica dell’esatto
adempimento dell’obbligazione tributaria, gli enti
non commerciali non devono presentare la
dichiarazione entro il 4 febbraio 2012 ma
attendere la successiva emanazione del decreto di
approvazione
dell’apposito
modello
di
dichiarazione, che conterrà, altresì, il termine di
presentazione della stessa”.
In sintesi
Per il 2012, l’esenzione Imu spetta solamente agli
immobili destinati esclusivamente alle attività non
profit se svolte con modalità non commerciali da
individuarsi secondo i criteri generali (art. 3) e di
settore (art. 4) fissati dal D.M. n. 220/2012.
A partire dal 2013, invece, l’esenzione dall’Imu si
estende anche agli immobili dove si svolgono
attività miste.