Imu ed enti non commerciali - Camera Tributaria di Lecce
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Imu ed enti non commerciali - Camera Tributaria di Lecce
Per la Cassazione1, inoltre, non rientrano tra gli enti pubblici che possono beneficiare dell’esenzione di cui alla lett. i) dell’art. 7 cit. lo Stato, le regioni, le provincie e i comuni. Imu ed enti non commerciali Maria Suppa, avvocato tributarista, docente e legale di Anutel (Associazione Nazionale Uffici Tributi Enti Locali) L’introduzione dell’Imu sperimentale ha determinato una rilevante modifica della regolamentazione delle esenzioni per gli immobili degli enti non commerciali. Con le novità introdotte dall’art. 91bis, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, il legislatore ha cercato di coniugare due diverse esigenze, da una parte la necessità di risolvere positivamente la procedura di infrazione aperta nell’ottobre 2010 dalla Commissione UE nei confronti dell’Italia e dall’altra l’opportunità di agevolare gli enti senza scopo di lucro in ragione dell’importante funzione sociale ad essi oillegata. I soggetti beneficiari dell’esenzione L’art. 7, c 1, lett. i), D.Lgs n. 504/1992, cui espressamente rinvia l’art. 9, c. 8, D.Lgs n. 23/2011, statuisce l’esenzione dall’Imu per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, c. 1, lett. c) del Tuir. L’esenzione è, pertanto, riservata agli enti non commerciali, mentre le società commerciali sono sempre escluse dall’esenzione ici, a nulla rilevando l’eventuale utilizzazione dell’immobile per scopi socialmente utili. I requisiti richiesti dalla norma agevolativa: L’utilizzazione “diretta” dell’immobile Il beneficio dell’esenzione dall’imposta per gli immobili posseduti dagli enti non commerciali, presuppone l’utilizzazione diretta dei predetti immobili da parte del soggetto passivo d’imposta. Per il diritto vivente2, infatti, l’art. 7, c. 1, lett. i), D.Lgs. n. 504/1992, esige, in considerazione anche della natura derogatoria e quindi di stretta interpretazione delle norme di esenzione, la duplice condizione della utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente che ne abbia il "possesso" e dell'esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito: occorre, pertanto, per quanto riguarda il profilo soggettivo, che gli immobili siano posseduti dall'ente non commerciale, utilizzatore, cioè che vi sia coincidenza tra ente proprietario (o titolare di altro diritto reale sul bene, come tale soggetto passivo d'imposta ai sensi dell’art. 9, c. 1, D.Lgs n. 23/2011), che rientri nella categoria di cui al menzionato art. 73, c. 1, lett. c), del Tuir, ed ente che utilizza l'immobile stesso. La necessaria coincidenza tra ente rientrante nella categoria dell’art.73 co.1 lett.c) del TUIR nella sua veste di proprietario (o titolare di altro diritto reale sul bene e come tale soggetto passivo ICI/IMU) ed ente che utilizza l’immobile stesso è, quindi, requisito pacifico e non più disputabile (Cass.sent.n.2821/2012 e n. 4502/2012). Per il diritto vivente, infatti, il beneficio dell'esenzione dall’imposta non consegue al solo fatto che l'immobile sia destinato esclusivamente ad una delle attivita' tipizzate svolte con modalità non commerciali (requisito oggettivo), essendo, altresì, necessaria l'utilizzazione “diretta” di esso da parte del soggetto passivo (requisito soggettivo). 1 ex multis, Corte di cass., sent. n. 21382 del 4 ottobre 2006; Corte di cass., sent. n. 5747 del 16 marzo 2005; Cass., sent. n. 12576 del 21 maggio 2010. 2 ex plurimus, Corte di cass., sez. trib., ord. 18 giugno 2012, n. 10015; Corte di cass., sez. trib., sent. n. 2821 del 24 febbraio 2012; Corte di cass., sez. trib., sent. n. 4502 del 24 febbraio 2012; Corte di cass., sez. trib., sent. n. 7385 dell’11 maggio 2012. Tale interpretazione, costituzionalmente orientata, ha ricevuto l'avallo della Corte costituzionale già con le ordinanze nn. 429/2006 e 19/2007 Solo al realizzarsi della duplice condizione “soggettiva ed oggettiva” può riconoscersi il diritto all’esenzione (dall’ici, così come dall’imu). E’ sulla base di tali fondamentali principi che il Giudice di legittimità ha escluso che gli immobili posseduti dagli Enti per l’edilizia residenziale pubblica possano godere dell’esenzione prevista dall’art.7, 1 co.lett.i) cit.. Per il diritto vivente3, infatti “…Agli immobili degli IACP non spetta mai l'esenzione prevista dal Decreto Legislativo N. 504 del 1992, articolo 7 , comma 1, lettera i) - la quale esige la duplice condizione, insussistente per questa speciale categoria di immobili, dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dell'esclusiva loro destinazione ad attivita' peculiari che non siano produttive di reddito…”. Sul tema è recentemente intervenuto il Mef che nella risoluzione ministeriale n.4 /DF del 04.03.2013, sostiene che nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato ad un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al c.1 lett.i) dell’art.7 del DLGs n.504/92, possa trovare applicazione l’agevolazione in oggetto, si da esentare dall’IMU come dall’ICI il possessore sebbene non utilizzatore del detto immobile. Secondo la tesi ministeriale, poiché a seguito del comodato d’uso gratuito l’Ente concedente non ritrae alcun reddito non si realizza una manifestazione di ricchezza e di capacità economica, che avrebbe al contrario giustificato un apporto contributivo alla spesa pubblica e quindi l’imposizione. Tale ottica di valutazione pare trascurare che l’art.7 lett. i) del D.lgs. n504/92, trova la sua ratio non già nell’evitare la tassazione di una ricchezza non realizzata ovvero una capacità contributiva inespressa, bensì è una disposizione di indubbio contenuto e funzione premiale per specifiche attività di particolare rilevanza sociale svolte dagli enti non commerciali in quegli specifici immobili. E’ quindi una norma di incentivazione ma rimane pur sempre una agevolazione tributaria e come tale di natura eccezionale e quindi di stretta interpretazione (SU n.28160/2008). Come detto, il diritto vivente, in interpretazione costituzionalmente orientata anche 3 ex multis, Corte di Cassazione, S.U., sent. n.28160 26/11/2008; Corte di Cass.sez.trib.sent.n.2202 16/02/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10229 20/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10080 19/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10081 19/06/2012; Corte di Cass.sez.trib.ord.n.10080 19/06/2012 del del del del del del in considerazione delle ordinanze della Corte Cost. n.429/2006 e n. 19/2007, ha elaborato la condizione soggettiva dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse(cass.ord.n.3843/2013,cass.sent.n.7385/2012). Sulla scorta della interpretazione consolidata del giudice di legittimità non appare per nulla convincente l’argomentare del Mef che con eccessiva disinvoltura sterilizza la conditio sine qua non della necessaria coincidenza soggettiva tra utilizzatore dell’immobile e soggetto passivo ICI/IMU. Né pare condivisibile la omologazione soggettiva tra concedente a titolo gratuito ed effettivo utilizzatore svolgente attività meritoria, atteso che il trasferimento della detenzione non può certo ritenersi per il concedente come una forma di esercizio diretto della attività meritoria istituzionale, anzi la concessione si manifesta in via oggettiva come una forma di non utilizzo. Tra l’altro, la Corte di Cassazione ha già da tempo affrontato la questione della concessione in uso gratuito escludendo categoricamente la esenzione per i beni immobili non direttamente utilizzati per lo scopo istituzionale e ciò indipendentemente dalla natura gratuita od onerosa con la quale ne risultasse ceduto ad altri l’utilizzo (cass.nn.2132921330/2008, cass.nn.22201-22202-22203). Conclusivamente, la risoluzione ministeriale non offre alcun nuovo elemento di interpretazione di spessore tale da poter prevedere una inversione di rotta della cassazione quanto meno nelle ipotesi di concessione gratuita a diverso ente. Merita, invece, approfondimento la fattispecie della concessione ad altro ente commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di attività meritoria. Anche in questo caso la gratuità della concessione non rileva ma ciò che deve essere verificato è la immedesimazione tra concedente ed utilizzatore. Se la struttura organizzativa di detti enti, seppur giuridicamente distinti è la medesima ben può ritenersi sussistente la utilizzazione diretta del concedente. Come già indicato dalla Cassazione (n.2821/2012) al fine di ravvisare la utilizzazione diretta necessita dare rilevanza diretta e specifica al fatto concreto e alle reali connotazioni economiche, piuttosto che al limite della distinta alla forma giuridica. Quindi nell’ipotesi in cui si verifichi in fatto ed in diritto che l’ente utilizzatore sia una articolazione organizzativa dell’ente concedente, tale peculiarità del rapporto di legame, sostiene la raffigurazione della utilizzazione diretta seppur per via di altro soggetto, dell’ente concedente e quindi, il diritto di godere del- la esenzione ex art.7 lett.i) del D.lgs. n.504/92. Solo per quest’ultima ristretta fattispecie, la risoluzione n.4 DF si manifesta in linea con l’interpretazione consolidata e pacifica dell’ambito applicativo della esenzione per gli enti no profit, mentre l’allargamento del documento di prassi ai soggetti non legati appare clamorosamente disallineato rispetto al diritto vivente e non convincente oltre che non nuovo nelle argomentazioni spese. La destinazione “di fatto” Perché l’immobile possa beneficiare dell’esenzione dall’imposta è necessario che sia effettivamente ed immediatamente adibito allo svolgimento di attività istituzionali. Al riguardo, il diritto vivente4 ha definitivamente chiarito che quel che rileva, ai fini della ricorrenza del requisito oggettivo è la destinazione "di fatto" allo svolgimento di una delle attività previste e tipizzate. Per la Cassazione, quindi, l'esenzione spetta anche se l'effettiva utilizzazione, di cui il contribuente ha comunque l'onere di fornire la prova, sia in contrasto con la destinazione catastale, dovendosi dare prevalenza alla situazione di fatto rispetto all'accatastamento del bene. La sussistenza del requisito oggettivo non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, né può riconoscersi il diritto all’esenzione nei casi in cui il bene resti inutilizzato, e sia stata solo manifestata la volontà di destinarlo alla realizzazione di detti fini. La Cassazione5 precisa, peraltro, che l’esenzione spetta esclusivamente se nell’immobile è realizzata in via diretta e non mediata una delle attività tipizzate non essendo, quindi, sufficiente l'esercizio di attività strumentali, di tipo organizzativo o gestionale. Il regime probatorio Con riguardo al regime probatorio dell’esenzione Imu per gli enti non commerciali, è importante sottolineare che spetta sempre al contribuente che 4 ex multis, Corte di cass., sez. trib., sent. nn. 22547-2254622545-22543 dell’11 dicembre 2012; Corte di cass., sez. trib., ord. n. 17516 del 12 ottobre 2012; Corte di cass., sez. trib., sent .n. 4502 del 21 marzo 2012; Corte di cass., sez. trib., ord. n. 23315 del 9 novembre 2011. 5 Corte di cass., sez. trib., sent. n. 2821 del 24 febbraio 2012. vanta il diritto all’esenzione dall’imposta l’onere di provare e documentare la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma agevolativa. In particolare, la Cassazione ha in più occasioni rilevato che in considerazione del carattere eccezionale della deroga alla norma impositiva - e conseguentemente al principio di eguaglianza contributiva - operata dalla norma di esenzione, è il soggetto che intende avvalersi dello speciale regime derogatorio che deve adempiere all'onere di allegazione e dimostrazione dei relativi fatti che fondano il diritto alla esenzione o agevolazione. Da ciò consegue che la dichiarazione presentata dal contribuente di essere possessore di un immobile ritenuto esente dall'imposta in base a una delle ipotesi indicate dall’art. 7, D.Lgs n. 504/1992, non vale a gravare l'Amministrazione della prova negativa circa l'insussistenza dell'esenzione medesima, restando invece a carico del contribuente, in virtù della regola generale di cui all'art. 2697 Cod. civ., l'onere di provare che l'immobile non sia assoggettabile al tributo. Da ciò consegue per il Giudice di legittimità, che l’avviso di accertamento con il quale l’ente impositore faccia valere la pretesa nei confronti del contribuente non deve contenere la motivazione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento dell’esenzione prevista dalla legge e astrattamente applicabile, perché altrimenti si finirebbe per espandere in misura irragionevole l’obbligo di motivazione gravante sull’Amministrazione, estendendolo alla dimostrazione negativa di situazioni eventuali e astratte. L’onere di motivazione dell’atto impositivo con il quale l’ente vanta una pretesa nei confronti del contribuente, pertanto, è pienamente assolto attraverso la sola indicazione dei fatti integrativi del presupposto di imposta come individuati dalla norma impositiva. L’ente, infatti, è tenuto esclusivamente a rendere note al contribuente le ragioni di fatto e giuridiche, espressamente indicate o finalisticamente desumibili dalle norme regolatrici di ciascuna imposta, che sorreggono (nell’ “an” e nel “quantum debeatur”) la specifica pretesa fiscale non anche a motivare il disconoscimento dell’esenzione dall'imposta. Le attività svolte con modalità non commerciali L’art. 7, c. 1, lett. i), D.Lgs. n. 504 /1992 stabiliva il diritto all’esenzione dall’imposta per gli immobili posseduti dagli enti non commerciali e utilizzati per lo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lett. a) della legge 20 maggio 1985, n. 222, purché le suddette attività non avessero esclusivamente natura commerciale. Siffatta previsione normativa aveva inteso arginare la giurisprudenza di legittimità che aveva sostanzialmente negato il diritto all’esenzione dall’imposta agli enti non commerciali che svolgevano una delle attività tipizzate dietro corrispettivo, seppure di carattere simbolico e a prescindere dalla destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali. La Cassazione faceva propria la nozione di attività commerciale di derivazione comunitaria; il diritto dell’Unione europea, infatti, con riferimento ai presupposti necessari per escludere la natura commerciale di un’attività, fa riferimento non tanto al concetto di scopo di lucro ma piuttosto al carattere non economico che deve qualificare l’attività commerciale. Per la giurisprudenza comunitaria, infatti, è attività economica quella organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi su un determinato mercato che sia ricollegabile a un dato obiettivo inerente l’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro. Si è trattato di una scelta legislativa che, come anticipato in premessa, ha comportato l’apertura di un procedimento di infrazione da parte della Commissione Europea e la conseguente necessità di un nuovo intervento normativo. Con il citato art. 91bis del D.L n. 1/2012 è stato inserito nell’art. 7, c. 1, lett. i), D.Lgs n. 504/1992, l’inciso con “modalità non commerciali” al fine di delimitare l’ambito di applicazione dell’esenzione con riguardo all’utilizzo dell’immobile e sono state disciplinate ai commi 2 e 3, due diverse ipotesi di utilizzazione mista (commerciale e non commerciale) non essendo, quindi, più necessaria ai fini dell’esenzione, la “destinazione esclusiva” dell’immobile. In particolare, l’art. 91bis, c. 2 cit. stabilisce che qualora l’immobile abbia una utilizzazione mista, l'esenzione si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l'attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l'individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell'unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicheranno le disposizioni dei c. 41, 42 e 44, art. 2 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Nei casi in cui, invece, tale individuazione non sia possibile, l’esenzione dall’Imu si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale quale risulta da apposita dichiarazione (art. 91bis, c. 3). Lo stesso comma 3 affidava a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da emanarsi ai sensi dell’art. 17, c. 3, legge 17 agosto 1988, n. 400, le procedure e le modalità relative alla predetta dichiarazione, nonché la definizione delle modalità e delle procedure relative all’individuazione del rapporto proporzionale. Con il parere n. 7658 del 27 settembre 2012, il Consiglio di Stato ha bocciato la bozza di regolamento presentata dal Ministero per eccesso di potere, poiché oltre ad indicare i criteri per l’individuazione del rapporto proporzionale nel caso di utilizzazione mista dell’immobile, individuava anche i requisiti generali e di settore per qualificare le attività di cui all’art. 7, c. 1, lett. i) cit. come svolte con modalità non commerciali. Il Consiglio di Stato ha ritenuto dette ultime specificazioni non comprese nel potere regolamentare attribuito dal legislatore al Ministero. Successivamente, l’art. 9, c. 6 del D.L n. 174 del 10 ottobre 20126 ha integrato la norma primaria, assegnando al regolamento anche il compito di stabilire “i requisiti, generali e di settore”, per qualificare le attività di cui all’art. 7, c. 1, lett. i) del D.Lgs n. 504/1992, come svolte con modalità non commerciali. In attuazione di tale modifica, il Ministero dell’economia e delle finanze ha trasmesso un nuovo schema di regolamento sul quale il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole ma con l’obbligo di adeguare le disposizioni ai principi UE, valorizzando nel testo del regolamento il concetto di attività economica inteso in senso comunitario. Il regolamento Il regolamento (D.M. 19 novembre 2012, n. 200) affronta due problemi: - il primo, stabilire a quali condizioni si possa ritenere che l’attività venga svolta con modalità non commerciale; 6 Conv. con mod. legge n. 213 del 7 dicembre 2012. In sede di conversione del D.L. n. 174/2012, il legislatore ha escluso le fondazioni bancarie dal novero dei soggetti che possono beneficiare dell’esenzione dall’Imu. -il secondo, regolare la fattispecie di utilizzazione mista (commerciale e non commerciale) dei locali utilizzati dagli enti non commerciali. I requisiti per l’individuazione delle attività svolte con modalità non commerciali Il D.M. n. 200/2012, individua in primis, i requisiti generali che ogni Statuto o atto costitutivo deve contenere perché le attività degli enti non commerciali possano essere qualificate come “svolte con modalità non commerciali”. In particolare, l’art. 3 del regolamento stabilisce: • il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, a soci, amministratori, collaboratori, utili e avanzi di gestione, nonché fondi o capitale durante la vita dell’ente nei confronti di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione non sia imposta dalla legge, ovvero non sia effettuata a favore di enti che fanno parte della medesima struttura e svolgono la stessa attività o altre attività istituzionali; • l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali allo scopo istituzionale della solidarietà sociale; • l’obbligo di devolvere, in caso di scioglimento per qualunque causa, il patrimonio dell’ente non commerciale ad altro ente non profit che svolga analoga attività, salvo diversa destinazione imposta dalla legge L’art. 7 del D.M. in commento impone l’adeguamento o predisposizione in tal senso degli statuti e degli atti costitutivi entro il 31 dicembre 2012. Con la risoluzione n.3/DF del 04/03/2013 il Mef ha chiarito che la data del 31/12/2012 di cui all’art.7 cit. non deve considerarsi perentoria. Trattasi di soluzione interpretativa condivisibile, fermo restando che l’adeguamento degli statuti e degli atti costitutivi richiesto dal D.M. rappresenta condicio sine qua non per poter ottenere l’esenzione dall’imposta. Per gli enti ecclesiastici, poi, il Ministero, con la risoluzione n. 1/DF del 3 dicembre 2012, ha precisato che “… seppure agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti non possono essere richiesti né la predisposizione né l’adeguamento dello statuto, si ritiene che questi ultimi debbano, comunque, conformarsi alle disposizioni di cui all’art. 3 del regolamento n. 200/2012 mediante una specifica scrittura privata registrata”. Il successivo art. 4 prevede, poi, ulteriori requisiti delle attività in ragione della diversa natura delle stesse. In particolare, le attività sanitarie e assistenziali è necessario che siano: • accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, regioni ed enti locali, svolte in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico a titolo gratuito, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale; • ovvero se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, regioni ed enti locali è necessario che siano svolte a titolo gratuito o dietro il pagamento di corrispettivi di importo simbolico comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale. Invero, tale ultimo criterio appare di difficile applicazione, come, peraltro, rilevato anche dal Consiglio di Stato, se non altro perché non è facile individuare i prezzi medi di mercato cui fare riferimento. Per le attività didattiche sono previste, innanzitutto, una serie di condizioni di carattere strutturale. L’attività deve, infatti, essere paritaria rispetto a quella statale, senza alcuna discriminazione in fase di accettazione degli alunni e nel rispetto degli obblighi di contrattazione collettiva, di adeguatezza delle strutture e di pubblicità del bilancio. È, altresì, necessario che dette attività siano svolte a titolo gratuito o con il pagamento di una retta simbolica tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio. Tale ultima previsione si è resa necessaria a seguito delle osservazioni svolte dal Consiglio di Stato. Nella bozza di regolamento, infatti, si era prevista la “copertura non integrale del costo del servizio”. Sul punto, però, il Consiglio di Stato aveva ben rilevato che: “ … Tale criterio appare, nella sostanza, ricalcare il concetto di servizi che possono essere finanziati prevalentemente da genitori e alunni per il quale l’Unione europea esclude il carattere non economico dell’attività. Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, il carattere non economico dell’istruzione pubblica non è pregiudicato dal fatto che talora gli alunni o i genitori siano tenuti a pagare tasse di iscrizione o scolastiche per contribuire ai costi di gestione del sistema, mentre va distinta l’ipotesi in cui i servizi di istruzione sono finanziati prevalentemente da alunni e genitori o da introito commerciali.”. Per le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, infine, lo svolgimento con modalità non commerciali si realizza se le attività tipizzate sono svolte a titolo gratuito o dietro il pagamento di un corrispettivo simbolico o di importo non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività svolte nello stesso territorio con modalità commerciali. I criteri per l’individuazione del rapporto proporzionale Il rapporto proporzionale previsto dall’art. 91bis, c. 3, D.L n. 1/2012 per delimitare il diritto all’esenzione per gli immobili destinati ad attività mista (commerciale e non) è specificatamente disciplinato con nell’art. 5 del D.M. n. 200/2012(molteplici sono, invero, le criticità del sistema elaborato dal regolamento e le difficoltà applicative). In particolare, per le unità immobiliari a destinazione mista, il rapporto proporzionale è principalmente determinato in base alla superficie destinata all’attività commerciale rapportata alla superficie complessiva dell’immobile. Per le unità immobiliari indistintamente oggetto di utilizzazione mista, invece, il rapporto proporzionale deve essere determinato tenendo conto del numero dei soggetti nei confronti dei quali l’attività viene svolta con modalità commerciali, rispetto al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività. Qualora, poi, l’utilizzazione mista sia limitata a specifici periodi dell’anno, il rapporto proporzionale deve essere determinato con riferimento ai giorni durante i quali l’immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività commerciali. Le percentuali determinate secondo i criteri indicati ai commi 2, 3 e 4 del regolamento, devono essere indicate nella dichiarazione Imu ed applicate alla rendita catastale dell’immobile così da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell’Imu dovuta dall’ente. La dichiarzione Imu degli enti non commerciali Il D.M. 30 ottobre 2012, contenente le istruzioni relative alla presentazione della dichiarazione Imu prevede (contrariamente a quanto accadeva per l’Ici) l’obbligo per gli enti non commerciali di presentare la dichiarazione per gli immobili esenti. In particolare, la dichiarazione deve essere presentata anche per gli immobili il cui possesso e utilizzo è antecedente al 2012. Quanto al termine di presentazione della predetta dichiarazione, il Ministero con la risoluzione n. 1/DF dell'11 gennaio 2013, ha chiarito che: “… per esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti e di razionalizzazione degli strumenti a disposizione degli enti locali impositori in sede di verifica dell’esatto adempimento dell’obbligazione tributaria, gli enti non commerciali non devono presentare la dichiarazione entro il 4 febbraio 2012 ma attendere la successiva emanazione del decreto di approvazione dell’apposito modello di dichiarazione, che conterrà, altresì, il termine di presentazione della stessa”. In sintesi Per il 2012, l’esenzione Imu spetta solamente agli immobili destinati esclusivamente alle attività non profit se svolte con modalità non commerciali da individuarsi secondo i criteri generali (art. 3) e di settore (art. 4) fissati dal D.M. n. 220/2012. A partire dal 2013, invece, l’esenzione dall’Imu si estende anche agli immobili dove si svolgono attività miste.