1969.06.05 - Comunità dell`Isolotto

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1969.06.05 - Comunità dell`Isolotto
05.06.69 Prima comunione al Vingone. Documenti vescovi d'Abruzzo. La Spagna
giro di registratore 408 nella prima parte della bobina).
BA032 (al
(Interventi di: Sergio Gomiti, Aldo De Santi,, Luciana Angeloni, Urbano Cipriani, Enzo
Mazzi,Sergio Gomiti, Franco Quercioli, Voci non identificate).
Sergio G.: Prima di ritrovarsi qui insieme siamo andati al Vingone dove il primo gruppo dei nostri
ragazzi ha fatto la prima comunione. Erano trenta questo primo gruppo e domenica prossima ci sarà
un altro gruppo di nostri ragazzi che farà ugualmente la prima comunione lì al Vingone e saranno
un trentacinquina. E' una prima comunione un po' particolare questa, è un prima comunione che i
nostri ragazzi hanno fatto in esilio e non qui nella nostra chiesa come hanno fatto sempre tutti gli
anni. D'altra parte non è da ora che noi siamo in esilio. Sono otto mesi che siamo in esilio, che la
nostra comunità, che la nostra famiglia è chiusa fuori della chiesa. E' certo che quando in una
famiglia succede qualcosa di grave, succede un fatto che in un certo modo colpisce la famiglia si
cerca ai nostri ragazzi di non far risentire di queste cose, si cerca di non far gravare sui ragazzi le
difficoltà che ci sono i una famiglia e noi avremmo voluto, almeno abbiamo fatto il possibile perché
questo fatto non pesasse sopra ai nostri ragazzi. D'altra parte però non è possibile tenere
completamente i figlioli al di fuori della situazione delle famiglie perché i ragazzi respirano l'aria
della famiglia e quindi anche loro certamente hanno sentito la difficoltà di questi momenti anche se
noi si è cercato il più possibile di non fargliela soffrire. Certo stamani s'era lì al Vingone e si
pregava insieme con questi figlioli, con questi ragazzi. Si pensava a questa porta che era chiusa e
noi dovevamo essere là. Non far fare a loro la prima comunione non ci sembrava una cosa
assolutamente da farsi: ne avevano il diritto e quindi insieme coi genitori e con voi si è deciso di
andare insieme lì al Vingone. Soprattutto si è cercato di non far risentire ai ragazzi niente riguardo a
quello che poteva essere la loro preparazione alla prima comunione. Volevamo che come tutti gli
anni i nostri ragazzi non solo fossero preparati, ma che fossero preparati bene. Voi sapete quanto
impegno sempre ci si è messo insieme perché i ragazzi facessero una prima comunione in una
maniera seria e non così tanto per fare, non in maniera superficiale, fondando proprio la loro prima
comunione su questo incontro vivo con un Gesù Cristo vivo, con una Chiesa viva e con tante cose
del mondo di cui Gesù Cristo si è interessato e di cui la Chiesa deve occuparsi. Stamani mattina poi
qualcuno di voi c'era: penso si siano resi conto di come questi ragazzi sono stati preparati veramente
sul serio. Sono ragazzi che maturano, sono ragazzi che hanno avuto la possibilità, anche attraverso
questa nostra esperienza, di raggiungere forse una maturità umana e cristiana molto profonda e
molto importante. Certo non è la prima volta che i nostri ragazzi si trovano in questa situazione.
Anche quando da principio si ritrovarono insieme e decisero di andare in piazza del Duomo, anche
allora trovarono una porta chiusa. Qui siamo sempre di fronte a porte chiuse e noi speriamo che
questa e qualche altra porta si riapra perché veramente questi ragazzi attraverso il Vangelo hanno
capito che cosa è secondo Dio, secondo Gesù Cristo far parte di una famiglia, far parte di una
Comunità. Noi pensiamo che questi nostri ragazzi non debbano essere oltre scandalizzati dai grandi
ai quali non interessa l'unione della famiglia, importa solo il proprio interesse purtroppo, magari le
proprie picche, i punti, le decisioni prese. Ma io credo che in una famiglia, quando si vuol bene ai
ragazzi, sulle decisioni prese siamo sempre pronti a ritornarci sopra centomila volte. E noi speriamo
che chi di dovere ritorni sopra le proprie decisioni e non continui a scandalizzare non solo i nostri
figlioli ma direi tutta la famiglia di Dio, tutta la Chiesa perché questo è uno scandalo che veramente
colpisce tutta quanta la Chiesa, non soltanto qui a Firenze. Questa porta chiusa, la nostra esperienza
interrotta, calpestata, passata di sopra come se nulla fosse stato è chiaro che questa è una cosa che si
presenta di fronte al mondo. E voi lo sapete. Anche a queste sere chi ha visto quella
rappresentazione alla televisione dove ha parlato il cardinale Leger e hanno fatto parlare un vescovo
negro. A un certo momento nel Camerum questo vescovo ha detto: "sì anche noi, qui dalle nostre
parti ci sono delle piccole comunità: sono come delle piccole isolette, isolotto". E ha fatto una bella
risata. "Ma lei , gli domandavano, cosa ne dice di questa sofferenza della Chiesa oggi di fronte a
queste (cose che succedono)"? "Mah! Io veramente mi devo lamentare di una cosa: che ce n'è poche
di queste isolette, isolotto. ce ne vorrebbe moltissime". A un certo momento, vedete, quello che
anche ci dà tanta forza è questa speranza: che la strada è questa e che la Chiesa o prima o poi è
questo il punto da cui dovrà passare. Questo credo che ci dia molta speranza ed è per questo anche
che noi ci siamo preoccupati di questi nostri ragazzi perché ci s'ha proprio la coscienza che le cose,
che i ragazzi hanno maturato, saranno il domani della Chiesa e certamente i nostri ragazzi si
troveranno bene nella Chiesa di domani perché la Chiesa dovrà passare di là. Noi non possiamo ad
un certo momento fermarci. Sì, dobbiamo considerare, dobbiamo compatire, tener di conto anche di
quelli che ha un certo momento non ce la fanno, però giustamente diceva uno ieri sera: non si può
noi perdere il treno e rimanere tutti a piedi. Il treno è questo: noi ci siamo sopra. E' giusto che noi
andiamo verso quella direzione alla quale non solo il Vangelo ma anche la Chiesa in realtà e
realmente ci chiama. Questo è il cammino della Chiesa. Lo ha detto il Concilio, lo dicono i Vescovi.
Qualche vescovo non ce la fa. Pazienza! Poi, in seguito, arriverà anche lui e quindi arriveranno tutti
ma la strada è senz'altro questa. D'altra parte noi dobbiamo renderci conto di una cosa: non
possiamo fermarci alle polemiche, alle sciocchezze, alle dicerie: queste sono cose da suocere. Scusate suocere eh! Le suocere si risentono, ma io dico di quelle suocere che bucano quando ci si
mette a sedere sopra! - Non ci si può fermare a queste cose perché realmente su questo tipo di
Chiesa sono fissi gli occhi del mondo. Vogliano o non vogliano. C'è poco da fare: questo è il
cammino, questa è la speranza per cui a un certo momento chi non lo vuol fare è tagliato fuori dalla
storia del mondo e quindi anche dalla storia della Chiesa. Noi questa speranza e questa fiducia ce
l'abbiamo. Quindi continueremo ad andare avanti, continueremo a portare avanti questa nostra linea
senza fermarsi di fronte a quelli che, non potendo o non volendo, spesso anche non volendo, perché
non vogliono capire, vorrebbero che ci si fermasse. Ma il mondo aspetta tanto da noi. Dio aspetta
tanto dalla Chiesa, la Chiesa spetta tanto dagli uomini e noi crediamo che nell'aver preparato i nostri
ragazzi così di aver fatto veramente un enorme servizio alla Chiesa. "Ma il vostro catechismo è
limitato…". Noi abbiamo parlato ai ragazzi di ogni cosa: di Gesù Cristo, della Chiesa, dei
sacramenti, del battesimo, della confessione, dell'eucaristia, di tutto. D'altra parte abbiamo anche
quella esperienza (di catechismo). Dalla Germania ci hanno fatto sapere che il nostro catechismo,
che è stato tradotto in tedesco venti giorni fa, si è esaurito. Forse è l'unico: dicono - ora non ci
insuperbiamo per questo - è l'unico se non altro adopera un linguaggio che è veramente aderente
alle persone a cui si rivolge. Ora lo tradurranno anche in spagnolo, verrà tradotto anche in inglese e
quindi, che volete, a un certo momento non ci si può fermare se qualche persona ha il cervello un
po' piccino e non capisce. Capiranno. D'altra parte non siamo noi a convertire la gente: è Dio che
converte, è Dio che dà la grazia e siccome in Dio ci si crede, in Gesù Cristo ci si crede, si crede che
anche o prima o poi cambierà anche il cervello di chi non lo vuole cambiare.
Aldo D.S. Dal Vangelo di san Marco leggiamo un brano. "E gli conducevano dei bambini perché li
toccasse ma i discepoli sgridavano quelli che li presentavano…e li benedisse imponendo loro le
mani". [Mc. 10, 13-16].
Leggiamo insieme il brano riportato su foglietto dal Vangelo di Luca e Matteo [Si tratta di una lettura corali
di versetti presi dai due evangelisti. Di questo brano non registrato si ha solo la prima parola: "Nacque". Si tratta con ogni probabilità della lettura
del brano evangelico in cui i discepoli discutono chi sarebbe stato tra loro il più grande].
Luciana A.: E' diverso tempo che noi ci troviamo qui davanti. Abbiamo visto e abbiamo potuto
leggere, attraverso dei documenti e attraverso la testimonianza di persone che sono venute qui con
noi, come la nostra non è una lotta isolata. Ci guardano, ci seguono da lontano e molte persone
seguono la nostra stessa lotta per portare avanti la nostra stessa linea che nasce dalle esigenze del
popolo, dalle esigenze più vive e più profonde e più cristiane della gente. Noi abbiamo letto anche
documenti di vescovi e di vescovi stranieri perché abbiamo visto che gli stranieri sono più sensibili
degli italiani a certi problemi, a certe ansie degli uomini. Però abbiamo avuto modo anche di
leggere dei documenti, delle parole di vescovi italiani, di persone che cercano di comprendere, che
sono più disponibili. Abbiamo letto degli scritti di monsignor Pellegrino di Torino a riguardo di
certe situazioni, a riguardo dei sessanta preti che si erano riuniti, a riguardo del movimento di
rinnovamento della Chiesa, eccetera. Oggi leggiamo qualcosa di più che la testimonianza di un
vescovo. Leggiamo brani della lettera pastorale fatta dai vescovi di Abruzzo. Qui non ci troviamo di
fronte a un vescovo, ci troviamo di fronte a un gruppo di vescovi. I vescovi di Abruzzo hanno fatto
una pastorale per la quaresima facendo una analisi della situazione dell'Abruzzo, di una situazione
religiosa e della situazione sociale. Poi è uscito, il 14 giugno [Poiché si tratta di una assemblea del 5 giugno'69 questo
secondo documento non può essere del 14 giugno ma o dei primi di giugno o del mese precedente] un altro documento dei vescovi di
Abruzzo in cui viene affrontato più direttamente l'aspetto sociale, la situazione precaria della
popolazione abruzzese che è costretta a scappare, a lasciare le case per andare a lavorare all'estero,
per trovare lavoro. In Abruzzo, dice, si fanno le strade ma queste strade servono per andare via, non
servono per rimanere qui. Servono per sradicare la nostra gente dal loro ambiente, portarla a vivere
in un ambiente estraneo con delle sofferenze enormi perché non c'è lavoro. Leggiamo soltanto
alcuni accenni della pastorale, uscita prima, per la quaresima in cui c'è una analisi dei vescovi sulla
religiosità del popolo espressa nel modo tradizionale. E' interessante leggere alcuni accenni perché
qui noi ci troviamo a dei nuovi preti, a dei nuovi parroci che per prima cosa hanno voluto riportare
nella cappellina quel tradizionalismo e quel formalismo di preghiere e di gesti che qui un gruppo di
vescovi rifiuta, non accetta più. Dicono i vescovi d'Abruzzo: "L'evangelizzazione del nostro popolo
si riduceva per i bimbi al mese di preparazione alla prima comunione e alla cresima e per gli adulti
ai roboanti panegirici delle feste patronali in genere gonfi di ampollosità e ripieni di vuoto
spirituale. D'altronde i sacerdoti che spesso avevano studiato teologia in corsi posticci e affrettati
non erano in grado di tenere la omelia domenicale o altra forma di catechesi per alimentare le
convinzioni del popolo. I religiosi, poi, erano in prevalenza impegnati nei panegirici di cui sopra.
Da questa catechesi deriva una decadenza generale del tono religioso. Il culto dell'eucaristia era
molto sentito ma quasi sempre l'amore a Gesù sacramentato veniva espresso dall'appariscente e
dalle parate attraverso i tridui di adorazione, le quarantore, le processioni e cose simili. Più che alla
messa sacrificio e mensa si annetteva importanza alla messa parata perché appagava più l'occhio e
la vanità del fedele. Le devozioni private pur tanto sentite come il rosario attorno al focolare o per i
defunti perché prive di radice dottrinale sfociavano in ritualismi falsi che con l'evolversi dei tempi
perdevano la loro incidenza specialmente tra i giovani. Lo spirito organizzativo della Chiesa veniva
soffocato sia dalla volontà dei governi che vedevano in esso una minaccia all'ordine costituito, sia
dalla pigrizia dei sacerdoti e dall'accidia del popolo poco incline ad ogni inquadramento. Da una
Chiesa festaiola e fastosa, fatta in prevalenza per l'anagrafe cristiana, succube dei potenti,
preoccupata a conservare i pochi privilegi e i modesti beni alla Chiesa dell'evangelizzazione, della
liturgia, delle ansie ecumeniche, missionarie e umane il passaggio non è né breve, né semplice. Gli
ultimi tempi hanno operato in Abruzzo su queste nuove linee, ma la via da percorrere è ancora
lunga. La fede vera deve tendere ad eliminare tutte le residue sovrastrutture, sentimentalismo,
ampollosità, convinzioni più o meno statiche, pratiche e devozioni nelle quali la lettera uccide lo
Spirito, forme che rasentano il limite della superstizione".
Queste sono frasi pronunciate dai vescovi di Abruzzo. Quando a noi ci rimproverano perché nella
nostra chiesa non si facevano tutti quei riti, tutti quei rosari, tutte quelle pratiche di pietà e quindi ci
hanno accusato di non essere nella Chiesa, ci hanno accusato di fare delle innovazioni, ci hanno
accusato di fare delle novità contro la regola stabilita dalla gerarchia, eccetera, tutte queste cose,
oggi, i vescovi di Abruzzo le proclamano nei confronti di una situazione che loro non condividono
più. E' importate penso. Questo è un aspetto della pastorale dei vescovi d'Abruzzo che è importante
sottolineare perché se noi avessimo ancora degli scrupoli e delle crisi che si rifanno a questi aspetti
della nostra fede qui abbiamo l'autorità. Non è vero quindi che noi rifiutiamo l'autorità. Abbiamo
una voce che ha una autorità in materia e che dice che tutte queste cose hanno ucciso lo Spirito. Poi
veniamo alla lettera che sempre i Vescovi di Abruzzo hanno scritto ora in giugno che prende in
esame la situazione più direttamente sociale dell'Abruzzo. Si sono sentiti impegnati a dire una
parola proprio in questo senso in favore degli ultimi del popolo d'Abruzzo, di quelli che sono senza
lavoro, di quelli che devono scappare per poter mangiare. Dicono: "Abbiamo comunque il dovere di
valutare anche i problemi suscitati dalle condizioni socio-economiche in cui si svolge la nostra
attività pastorale. Essa talora la condizionano e la limitano. In certe situazioni potrebbero addirittura
vanificarla. Al momento attuale è motivo di ansietà e di pena la precaria condizione dei lavoratori.
Disoccupazione, riduzione di ore lavorative, paventata chiusura o trasferimento di complessi
industriali esigono più che una parola di lamento. Hanno parlato i papi nei documenti che tanta eco
continuano a suscitare nel mondo: Pacem in terris, Mater et Magistra, Populorum Progressio".
Quella Populorum Progressio che noi commentavamo in chiesa e che ci hanno detto che non si
doveva commentare perché in chiesa si commentano solo le encicliche dottrinali. Questa era una
enciclica sociale. "Ha parlato il Concilio. Potremmo noi lasciar credere che la dottrina splende nella
sua irradiante luce ma noi pensiamo a favorirne l'attuazione? Constatato che l'immenso movimento
di scioperi e di manifestazioni operaie e studentesche è l'esplosione di una sofferenza lungamente
sopportata, un vescovo francese faceva notare che la nostra solidarietà con i più oppressi e
diseredati non è sentimentalismo né demagogia ma semplice dovere perché essi sono spesso privati
dei beni, dei valori che fanno un uomo. Constatato che l'immenso movimento di scioperi e di
manifestazioni operaie e studentesche è l'esplosione di una sofferenza lungamente sopportata.." Noi lo abbiamo detto tante volte. A noi ci dicono che siamo ribelli, che facciamo la rivoluzione, che
siamo violenti e mentre noi abbiamo sempre detto che non facciamo altro che mettere in luce la
sofferenza lungamente sopportata da una situazione di oppressione. Questa è una affermazione che
fanno questi vescovi - Dicono: " E' l'esplosione di una sofferenza lungamente sopportata. Un
vescovo francese faceva notare che la nostra solidarietà con i più oppressi e diseredati non è
sentimentalismo né demagogia ma semplice dovere perché essi sono spesso privati dei beni, dei
valori che fanno un uomo". Quindi è riconosciuto che uomo che vive in una situazione di
oppressione, di sottosviluppo non è più un uomo, è in condizioni inumane. "Essi reclamano lavoro e
sicurezza d'impiego: ne hanno diritto. Reclamano una partecipazione attiva all'andamento delle
imprese: ne hanno diritto. Reclamano libertà sindacale: ne hanno diritto. Reclamano, oltre il pane
quotidiano stima e rispetto: ne hanno diritto. I cristiani hanno vissuto gomito a gomito con gli altri
uomini nelle loro associazioni sindacali e nei diversi gruppi. Attraverso l'azione unitaria e reazioni
comunitarie hanno dato la loro testimonianza di credenti in Gesù Cristo salvatore dell'uomo".
Questo è monsignor Buty vescovo di Blua, La Croix. "Pur consapevoli dei nostri limiti - dicono i
vescovi d'Abruzzo - ma sollecitati da scadenze che si ripresentano drammatiche, vorremmo dilatare
la voce ora supplichevole, ora esasperata di chi attende anche fra noi i segni della effettiva
promozione dell'uomo". Quindi i vescovi che si allineano con tutti coloro che reclamano la effettiva
promozione dell'uomo. "Certamente noi vescovi non abbiamo le risposte pronte per ogni problema
sociale. Il nostro compito è quello di lottare insieme con tutti gli altri uomini, di collaborare con essi
nelle difficoltà, di cercare una soluzione ai problemi che sono completamente nuovi ed estranei a
tutti noi. Con questo spirito ci sentiamo solidali con chi è oppresso dalla paura del domani, con
coloro che si impegnano a favorire il progresso del popolo abruzzese, non paghi di molteplici e pur
necessarie forme di assistenza. Il licenziamento di operai, la riduzione di posti di lavoro, la
previsione di ulteriori ridimensionamenti presso aziende piccole e medie, private o a partecipazione
statale, la precarietà di soluzioni di emergenza che non assicurano lavoro alle leve giovanili
aggravano le tensioni esistenti, fanno prevedere ulteriori e preoccupanti azioni di protesta".
Ecco, io credo che noi in questo linguaggio ci si ritrovi completamente. A noi ci dicono di far
politica quando qui davanti alla chiesa - quello che poi prima facevamo in chiesa - insieme alla
lettura del Vangelo portavamo il problema e il dramma degli uomini. Forse lo diranno anche dei
vescovi abruzzesi che fanno politica, forse daranno di comunisti anche a loro come hanno dato di
comunisti anche a noi. Io credo però che questa gente si debba rendere conto che non è un popolo,
non è un gruppo di gente, non è un gruppo piccolo di persone che finalmente aprono gli occhi di
fronte a queste cose. E quindi quando noi diciamo che qui riuniti celebriamo la nostra messa e
quando qui insieme alla Parola di Dio leggiamo o partecipiamo alla sofferenza e alle scelte degli
uomini più poveri noi veramente partecipiamo veramente non soltanto al Vangelo e a Cristo che ha
scelto i più poveri ma partecipiamo anche alle scelte che la Chiesa fa perché qui è la Chiesa che ha
fatto delle scelte pronunciando chiaramente queste parole. Quindi non è vero che noi siamo contro
la gerarchia o che vogliamo sovvertire chissà che cosa o che noi siamo disubbidienti perché non si
vuole i vescovi o altro. Noi portiamo avanti questo discorso evangelico insieme con tutti coloro che
lo portano avanti, sia la gerarchia più alta, dal papa al più piccolo, noi ci sentiamo partecipi
profondamente di queste scelte fatte in chiesa. Un'altra cosa penso che vada notata. Noi viviamo qui
questa situazione drammatica. E' una situazione di sofferenza. Però è chiaro che se i vescovi di
Abruzzo hanno scritto queste cose non lo hanno scritte perché lo Spirito Santo li ha illuminati
dall'alto secondo certe concezioni. Le hanno scritte perché il popolo, perché la gente, perché noi del
popolo che partecipiamo a queste sofferenze li abbiamo messi in condizione di capire, in condizione
di comprendere, in condizione di esprimersi in questo modo. Ecco l'importanza della nostra lotta,
dell'importanza della nostra forza, della nostra linea che deve continuare ad andare avanti perché è
solo così che la gerarchia della Chiesa può comprendere. Per cui noi stiamo facendo non soltanto un
servizio all'uomo, al più povero, al più debole ma stiamo rendendo veramente un grande servizio
alla gerarchia della Chiesa che solo così potrà comprendere questo grande dramma che la società e
la vita degli uomini di oggi stanno vivendo.
Urbano C.: Non dovrei cominciare ridendo perché, come al solito mi tocca a venire qui a portare
come si può un cumulo di sofferenze. L'altra volta si è parlato della Grecia. Oggi parliamo della
Spagna. Parliamo della Spagna perché domenica pomeriggio c'è stato tra noi un prete spagnolo che
ci ha detto di parlarne e lui non si è potuto fermare per tanti motivi. Brevemente si può cominciare
dicendo che la storia della Spagna è un mistero doloroso che dura da parecchi secoli. Ma la somma
di dolori e di sofferenze degli ultimi quarant'anni è stata così più atroce che nel passato. Nel 1931 in
Spagna c'era un re, Alfonso XIII° di Castiglia. La Spagna anche oggi vede riunita l'estrema
ricchezza e l'estrema miseria come in Europa occidentale non succede. Succede magari in America
Latina, nell'Asia, nell'Africa. Succede anche in Grecia quando si è visto che Onassis regala un
anello da due miliardi e quando ci sono il 35% di analfabeti. Però ecco la Spagna riunisce in sé
queste estremità: estrema ricchezza e estrema miseria. E anche nel '31 era così. Questo re tento di
sistemare le cose con un governo forte, il generale Primo De Rivera, però si acuivano queste
ingiustizie e allora fece fare delle votazioni. Nel '36 ci furono delle votazioni. Il Fronte Popolare, un
insieme di partiti, di organizzazioni che venivano però dalla massa dei contadini e degli operai,
vince queste elezioni e si formò un governo. Il re non se la sentì: si impaurì di questa vittoria e se ne
andò dalla Spagna. Fuggì. Del resto anche noi abbiamo avuto un re che è fuggito nel momento più
tragico in cui il popolo aveva bisogno di avere una dimostrazione di aiuto da lui. Quindi non ci
meraviglia questa cosa. Fuggì. Si formò questo governo repubblicano nato col voto,
democraticamente. Ecco, allora successe un fatto: i grandi proprietari terrieri, i grandi latifondisti,
che ci sono ancora, si coalizzarono, pagarono un generale che stava in Marocco, Francisco Franco.
Poi si allearono e chiesero aiuto all'Italia di Mussolini che gli mandò gli aerei per portare l'esercito
di questo generale dal Marocco in Spagna. E poi dopo chiese aiuto anche alla Germania di Hitler e
Hitler mandò gli aeroplani per bombardare dove c'era da bombardare e tra l'altro fu fatto il primo
esperimento di un bombardamento a tappeto: primo esperimento a tappeto della storia che la storia
della umanità abbia avuto: Guernica un paesino da niente, non c'erano postazioni militari: c'era solo
della gente che non ne voleva sapere di questa controrivoluzione militare che faceva l'interesse dei
grandi latifondisti. Lo stesero tutto al suolo. Ci sono delle fotografie che si trovano nelle riviste
anche oggi: Guernica. E poi i generali tedeschi si fregarono le mani dalla contentezza e dissero: noi
si farà così anche con l'Inghilterra e con tutta l'Europa: vinceremo la guerra. Fece proprio la prova
generale della seconda guerra mondiale l'aviazione tedesca. Poi l'Italia mandò la fanteria, i volontari
e con queste grandissime forze militari, Italia e Germania, il popolo si difese per tre anni. Una
guerra civile come noi sappiamo. Noi abbiamo avuto la guerra civile dall'8 settembre al 25 aprile:
dal '43 al '45 si sa cosa significa Marzabotto, si sa cosa significa le Fosse Ardeatine. Bene, la
Spagna divenne una enorme Marzabotto per tre anni. Morirono due milioni di spagnoli. Le guerre
civili sono guerre senza prigionieri. Lo sappiamo: succedono delle cose brutte da tutte le parti, ma
naturalmente la colpa va data a chi ha scatenato questa guerra civile. Vi dico: era contro il governo
legittimo. Oggi Francisco Franco è ancora al potere. E' andato al potere con questi mezzi e con
questi aiuti proprio per soffocare il popolo, semplicemente, in parole molto povere, per paura di una
riforma agraria minima, vi dico, che eliminasse il latifondo immenso che anche oggi c'è . Due
milioni di morti, tre anni di scannamenti. Però non bastava il carrarmato, non bastava l'aviazione,
non bastavano le armi. Per reggere trent'anni occorre anche un'altra cosa. Machiavelli che è un
grande maestro di politica dice: i popoli si governano con la volpe e col leone. Il leone è la
prepotenza, sono le armi, i colpi di stato, le torture, le denunce, la prigionia, la magistratura quando
si presta ai processi che fa ora in Grecia ma ci vuole anche la volpe. E Machiavelli dice che la volpe
è soprattutto cercare di apparire religiosi perché la religione è un bisogno essenziale soprattutto del
popolo che soffre e se tu riesci a coprirgli tute le angherie col nome di Cristo tu praticamente non
vieni mai sconfitto: ci vuole anche la volpe. Le truppe di Franco marciavano anche col Sacro Cuore
sul petto. Quindi la gente si vedeva martirizzata e martoriata in nome di Gesù Cristo, col Sacro
Cuore sul petto insieme naturalmente al fucile. E' chiaro che poi quando agguantavano qualche
prete lo facevano fuori. Ne sono morti due milioni di spagnoli, è morto un migliaio o due di preti.
Però bisogna dire questo che le truppe che andavano avanti col Sacro Cuore, quando hanno trovato i
preti dalla parte del popolo, nei Paesi Baschi, li hanno fatti fuori. Proprio si dimostra il fatto che si
accetta Gesù Cristo, il prete, il Vescovo solo se ti appoggia. Se non ti appoggia se ne va subito. In
parole povere, se Florit, per ipotesi, si mettesse dalla parte dell'Isolotto, voi credete che avrebbe gli
stessi appoggi che ha avuto ufficialmente dai ricchi e dai potenti? Farebbe la fine sicuramente del
cardinal Lercaro: due giorni di tempo per fare le valigie, dichiararsi ammalato non so come. Questo
con tutta probabilità succederebbe. Il disastro è questo: che questa alleanza, veramente, tra Dio e
Mammona si ritorce contro tutto e contro tutti. Oggi in Spagna ci sono i presidenti dell'Azione
cattolica in galera. Non so, tanto per dire, mi pare che il capo della Democrazia Cristiana spagnola
sia in esilio: Robles mi pare si chiama o se no se è in Spagna deve stare zitto se no va in galera. Ma
mi pare che sia in esilio. A un certo punto tutti si finisce dentro. In questi giorni ci sono le leggi di
emergenza e stanno andando in galera quelli di destra, quelli amici di Franco che l'hanno
appoggiato fino a questo momento. C'è la rivoluzione così, è un mostro tale che poi si ritorce contro
quelli anche che l'hanno voluta per egoismo. Non si salva nessuno e quindi è una pazzia. Ecco
arriviamo a oggi. Dopo trenta anni di questo governo oppressivo, nato dal sangue e dalla ingiustizia,
c'era stato un momento così, di liberalizzazione, un minimo di libertà formale, naturalmente ancora
i sindacati sono clandestini, i partiti non ci sono però si cerca di trovare un successore. Franco è
molto vecchio. E allora si vuole dare un'apparenza di democrazia. Però appena data questa minima
apparenza il popolo e tutti, vi dico compresi quelli che avevano appoggiato fino ad ora, si sono
dimostrati tanto pericolosi che hanno dovuto fare delle leggi di emergenza pochi mesi fa e allora
hanno rischiaffato dentro, come ora vi dicevo, tutti, compresi i loro vecchi amici come succede in
Grecia. Per esempio è stato arrestato - questo non è stato mai un amico di Franco - è stato arrestato
padre Mariano Gamo. Il buon padre è un uomo popolarissimo. Lo leggo qui dalla rivista Sette
Giorni, una rivista che ha detto bene un po' ma ha detto anche male dell'Isolotto, non è in tutto e per
tutto con noi. Ha detto che il nostro catechismo fa un po' ruggine. Tant'è vero che in Germania è
esaurito. Va bene! Voglio dire che non è una rivista scritta da noi. Se dice queste cose ci si può
credere. Questo padre Gamo aveva fatto nel suo sobborgo operaio di Moratalaz una esperienza
pastorale simile a quella dell'Isolotto di Firenze: la Comunità della casa del popolo di Dio. Questo
padre Gamo è andato in galera. Una commissione di quattro ecclesiastici è andata una decina di
giorni fa - è di febbraio, quindi è roba di alcuni mesi - dall'arcivescovo di Madrid monsignor
Morcillo per pregarlo di intervenire in favore di padre Gamo. Morcillo che è "procurador" cioè è un
deputato messo su da Franco, cioè è falangista proprio ufficialmente. Lui fa parte di questo partito
che domina la Spagna, deputato al Parlamento. E' il dirigente della minoranza integrista dei vescovi
spagnoli. Cioè su ottanta, dice, ci sono diciotto vescovi proprio come lui, messi su dal regime, con
lo scopo unico, vi dicevo prima, di mettere insieme il leone con la volpe e fregare il popolo. I
vescovi sono ottanta e ce ne sono una ventina che naturalmente, a forza di leggere il Vangelo,
devono pure sentire qualcosa. Sono quelli che sono un po' più disponibili così a cercare di
modificare qualche cosa. Ma naturalmente sono anche loro ricattati come vi dico. Abbiamo avuto
l'esempio del cardinal Lercaro. Quando c'è bisogno dell'oppressione non si guarda se si chiama
Enzo o si chiama Giacomo o se sia prete semplice o cardinale. Dunque questo "monsignor Morcillo
ha accettato di mala voglia di intervenire presso il Direttore della Polizia di Sicurezza. Poi ha
dichiarato: ho avuto molte difficoltà per raggiungerlo. La prima volta mi hanno risposto che (il capo
della Polizia) era a messa , la seconda che era in medicazione. Quando la terza volta ci sono riuscito
mi assicurò di non sapere perché padre Gamo era stato arrestato". Io non so niente, non c'ero, se
c'ero dormivo. Pilato. Ma Pilato era un uomo meno disonesto, penso, di quello che noi crediamo.
Perché qui c'è di mezzo anche Caino! Bisogna nominar pure Caino in certe occasioni. Un'altra
coincidenza: il giorno in cui un vescovo, di questi un po' più disponibili, vi dico, al Vangelo, venne
nominato arcivescovo di Toledo e primate di Spagna, padre Gamo, proprio in quel giorno, dirigente
dei preti contestatari - ora noi sappiamo cosa significa prete contestatario: significa Enzo - venne
arrestato. Questo è un esempio. Questo è un giornale invece: Nazione sera…
Enzo M.: Una cosa di padre Gamo va detta!
Urbano C.: Dilla, dilla!
Enzo M.: Questo padre Gamo ha fatto un gesto molto importante. Dovete sapere che i preti spagnoli
che vengono condannati alla galera hanno il privilegio di non fare la galera nelle galere ma di fare la
galera rinchiusi in un monastero, quindi una specie di reclusione tipo monaco invece che fare la
galera nelle prigioni. Hanno questo privilegio. Padre Gamo ha rinunziato a questo privilegio. Ha
detto : io non vado a fare la prigione nel monastero ma voglio stare in galera insieme ai miei fratelli
condannati. E quindi è in galera insieme a tutti gli altri prigionieri politici o di altro tipo. E' un gesto
molto bello questo che mi sembra che dia il senso preciso della personalità di quest'uomo.
Urbano C. [Riprende il suo intervento]: Voi capite che se in Italia venisse un governo forte, perché ora c'è un
po' di confusione, di anarchia, voi capite così che fine farebbe Enzo di sicuro. E allora noi si
starebbe qui a piangere per cui, prima di stare qui a piangere, ora che siamo liberi di parlare,
bisogna parlare come ci ha detto l'altro giorno Ruiz Gonzales che studia a Roma. E' amico di
Gonzalez Ruiz insieme a quell'altro spagnolo (e ci ha detto): "parlate voi perché noi non si può
parlare: Ecco perché siamo qui". Sempre su la Spagna: a Barcellona ci sono duemila fra preti e frati.
Quattrocento di questi preti non solo hanno aperto gli occhi ma anche il cuore e un giorno sentendo
di tutte queste torture che succedono a questi che vengono arrestati, che sono comunisti, sono
dirigenti dell'Azione cattolica, dirigenti dei sindacati che in genere sono o cattolici o comunisti,
sono queste due cose, sono sindacati non permessi e quando li prendono gliene fanno di tutti i
colori, questi quattrocento preti e frati sono andati in corteo dal Prefetto cioè come se a Firenze
Quattrocento preti andassero in via Cavour, alla Prefettura. Ve lo immaginate voi!? In Spagna i
preti sono ricattati educati nei seminari come e peggio che in Italia. Se quattrocento su duemila
arrivano a fare un corteo per andare dal Prefetto bisogna che siano pieni fino agli occhi di passione,
di disperazione per chiedere che la polizia liberi questa gente e smetta di torturare. Vi dico:
sindacalisti, Azione cattolica perché lì a quel punto son tutti comunisti: che tu sia l'Azione cattolica,
il Dirigente centrale, che tu sia marxista leninista è un tutt'uno perché questo va fatto capire ai nostri
che non comprendono la nostra linea e che credono (chissà che)! Siamo tutti nella stessa barca. La
nostra lotta è la loro lotta. Quando noi si vince vincono loro, vincono tutti. Questo è il problema.
Quella assoluzione che Flery ci ha dato e che il Pubblico Ministero aveva invocato è una
assoluzione a tutti a quelli che hanno la voglia di parlare e il desiderio di esprimersi e di dire tutte le
loro sofferenze. Uno di questi quattrocento è passato domenica sera qui dalle Baracche e ha detto:
continuate! Continuate! Questo è bene che lo sappia don Pietro, don Gabriele e quell'altro
buonuomo lì, il diacono. E l'ha detto a nome dei quattrocento. Voi capite che a questo punto noi si
potrebbe dire: va bene! ci si arrende, si lascia in pace Florit, si vuol dimostrare che non ce l'abbiamo
con Paolo VI°. Si potrebbe far questo e dire: ci si rintana in casa, si farà un po' come si può, chi ci
va in chiesa e chi non ci va, non si farà assemblee, si rinuncia alla linea. Si potrebbe fare tutto
questo ma non si può far più, ora! Non si può fare perché questa gente che ce lo dice è in galera,
non ha più il posto, ha il problema del pane. Noi possiamo dire queste cose e noi più o meno
domani si torna a lavorare e non si perde niente sul momento. E' l'unica maniera per non perderlo
neppure domani. Quindi bisogna dire! E' un dovere morale, c'è poco da fare. Se no veramente noi
siamo di nuovo quegli ipocriti che nel nome di Gesù Cristo ingannano la gente. Si fanno tanti bei
discorsi e non si ha il coraggio di arrivare a un minimo rischio personale. Quindi noi non ci s'ha più
scelta, c'è poco da fare. Questo lo deve capire don Pietro, lo deve capire Florit, bisogna capirlo
soprattutto noi. Cinque preti di Bilbao - questo l'ho sentito io alla radio l'altro giorno - stanno
facendo nell'arcivescovado… Bilbao è nei Paesi Baschi che è quella regione dove durante questa
guerra civile - è la regione nord della Spagna, ci sono le montagne, si difende a che meglio, alle
spalle c'è il mare, si può scappare in Francia - hanno resistito fino all'ultimo, si sono fatti scannare
più di mezzi e i preti con loro perché i preti, che vivono in un quartiere operaio con i minatori, c'è
poco da fare, ci sono stati tanti anni: quando arriva il momento sono con loro. Questa cinquantina di
preti furono fucilati da Franco, da quelle truppe che andavano avanti col Sacro Cuore appuntato sul
petto. Bene, lì in questo paese c'è ancora questa unione fortissima fra i preti e il popolo. Come nella
Spagna non succede in altre parti. In Spagna c'è il Concordato il quale dice: quando tu vuoi fare un
vescovo, dice al papa, questo vescovo deve essere gradito a Franco. Voi capite se dovessero fare a
Firenze con questo concordato vescovo o Enzo o don Stefani, a chi toccherebbe? Ecco che così su
ottanta vescovi bisogna trovarne, racimolarne una ventina si e no, perché sono scelti con questo
criterio, con questo lavoro diplomatico del Vaticano e via, si fanno, non voglio dire parole grosse
perché ho paura e basta, ma insomma si fanno delle cose che non reggono. Veramente Gesù Cristo
io penso che anticiperà la sua venuta in terra perché non regge mica a rimanere lassù! Bisogna che
ritorni di nuovo a dire chiaro quello che riuscì a dire in quei tre anni. Cinque preti di Bilbao stanno
facendo lo sciopero della fame nell'arcivescovado per protesta contro queste repressioni della
polizia perché gli hanno sbattuto dentro tutti questi giovani, i capi dei sindacati, i minatori che
avevano visto nelle fotografie, presi così, come è successo a noi: dieci su diecimila, solo che lì non
si trova un giudice che ti ascolta e via. Si fa la decimazione: uno su dieci fucilato, a chi tocca, tocca.
Per impedire queste cose, sciopero della fame. La polizia è entrata dentro l'arcivescovado, mi
sembra di aver capito alla radio, contro il parere del Vescovo perché a Bilbao - vi ripeto che i
vescovi non sono tutti della stessa linea: Morcillo è un falangista, deputato, fascista in pieno, è
chiaro che è d'accordo con la polizia anche se poi è stato obbligato a fare quell'intervento che poi
non è stato (ascoltato) - questo vescovo non ha dato il permesso. Quindi il concordato impediva alla
polizia di entrare perché dice: se il Vescovo non ti da permesso tu non puoi entrare, come qui in
questa chiesa: non potrebbe entrare la polizia se il parroco non dice: vieni. Come (è successo) a
Parma. E' entrata la polizia perché il parroco della cattedrale ha detto: "Venite"!. Se no i poliziotti
avevano delle grane: andavano in galera loro. Quindi sono entrati dentro saltando il Concordato,
quindi infischiandosene proprio del Vaticano al quale dicono sempre di essere fedeli e hanno
portato questi preti in galera perché stavano facendo lo sciopero della fame. Ecco cosa significa. E
poi l'ultima cosa. Questa la leggo dal giornale: "Madrid, 2 giugno". E' Nazione sera,
quindi…"Occupata da ventisei donne la cattedrale di Madrid". Preparatevi voi suocere! Tanto ve lo
dicevo: la forza veramente è così. C'è un motivo per cui mancano gli uomini: s'erano giustificati. "
“Ventisei donne madri o mogli di detenuti politici spagnoli hanno occupato la cattedrale di
Sant'Isidoro nel vecchi centro di Madrid per protestare contro le condizioni di reclusione dei loro
familiari. In un documento informativo indirizzato all'opinione pubblica esse reclamavano fra l'altro
la compilazione e applicazione di uno statuto speciale relativo ai detenuti politici e sociali e la
nomina di una commissione permanente di giuristi per vigilare sull'applicazione di tale statuto".
Non chiedono che vengano mandati via di galera, chiedono che in galera stiano secondo le leggi
delle galere che son sempre leggi che Franceschini ci ha spiegato. "Veniva inoltre chiesto che sia
concessa una effettiva ed autentica amnistia ai detenuti politici e che sia riconosciuta legalmente in
loro favore l'applicazione della libertà condizionale finora sempre negata. La polizia è entrata nella
cattedrale e dopo una lunga discussione ha convinto le donne ad allontanarsi promettendogli di non
arrestarle. Gli agenti avrebbero detto di aver avuto l'autorizzazione a entrare nella chiesa
dall'arcivescovo di Madrid monsignor Casimiro Morcillo". Quello che è deputato, falangista e
quindi è più che probabile che gli agenti abbiano detto la verità. "In base al Concordato del 1953,
infatti, la polizia può entrare nelle chiese solo dietro consenso ecclesiastico, salvo casi di assoluta
emergenza. Dopo aver lasciato la chiesa sette donne si sono recate da monsignor Morcillo che non
le ha ricevute". Non le ha ricevute! Questa è coscienza sporca, c'è poco da fare! "Tuttavia un alto
esponente della gerarchia ecclesiastica ha ammesso" - ecco, e queste veramente sono le cose che ci
danno diritto a vomitare qui in pubblico, senza vergognarci, quando si vedono queste cose "Tuttavia un alto esponente della gerarchia ecclesiastica ha promesso che visiterà la prigione di
Caravancer e si intratterrà con i detenuti politici”. Queste sono cose che farebbero venir la voglia di
pigliare questo microfono e spedirlo così direttamente in Spagna su la testa di questo. Chi è? Sono i
farisei famosi a causa dei quali Cristo finì in croce. E non ci fini volontariamente in croce perché
quando lo seppe sudò sangue! Sudò sangue. Voglio dire : non ci è andato così proprio dicendo:
mettetemici. Ce lo hanno proprio voluto mettere. Ecco: i commenti sono superflui. Semplicemente
voglio fare questa considerazione: nel Mediterraneo ci sono tre penisole; una è la Spagna, una è la
Grecia, in mezzo c'è l'Italia. Quello che succede ai greci, quello che succede agli spagnoli, come è
successo in passato, potrebbe succederci. Noi, parlando e difendendo i greci e gli spagnoli,
difendiamo noi stessi. Anche da un punto di vista egoistico questo è un discorso che va fatto.
Voce maschile: Insieme leggiamo dal foglietto il terzo brano che è tolto dagli Atti degli apostoli.
[L lettura comune tolta dagli Atti non è registrata. Alla fine viene letto anche un brano di Vangelo].
Voce maschile: Dal Vangelo di San Luca: i discepoli di Emmaus. "In quel medesimo giorno se ne
andavano verso un villaggio detto Emmaus…e ci spiegava le scritture?" [Luca, 24, 13-32].
Voce femminile: Devo dire una cosa: che domani sera ci si deve trovare tutti lì alla canonica perché
non si deve smettere perché si vede che loro hanno preso troppo possesso con gli altri e allora ci si
deve fare capire anche noi. O ci aiutano a venir con noi o se no che crepino anche loro! Io voglio
seguitare questo qui perché ci sono delle cose ingiuste. Anche stamattina ho visto don Pietro a
braccetto con una persona: mi ha fatto molto male. Con noi si riscalda, non sa che dire e con gli altri
sa tutto che dire. Allora domani tutti insieme, domani l'altro e sempre, tutte le sere. O viene con tutti
o se no va via anche lui. Io volevo dire questo qui: chi è con me (venga) e se non è con me non
venga.
Sergio G.: Domenica mattina allora, come vi dicevo già all'inizio, a un quarto alle nove ci sarà il
secondo gruppo dei nostri ragazzi che fanno la comunione al Vingone. Quei trenta di stamani e
forse una trentacinquina domenica mattina a un quarto alle nove. Non dico con questo venite tutti
là, anzi direi riguardiamoci un po' ad esserci in molti perché la chiesa non è molto grande ed è bene
che i genitori dei ragazzi e i loro parenti abbiano loro per primi la possibilità di stare accanto ai loro
ragazzi. Di questo dobbiamo tutti tenerne conto. Chi desidera venire alle nove ci troviamo lì. Poi
alle dieci e mezzo, ugualmente ci ritroviamo. Tanto ormai è inutile dirselo: ci siamo sempre e, come
diceva giustamente lei, la sera noi desideriamo parlare con questi preti e noi ci andiamo anche se in
questo momento loro chiudono la porta, dicono: non si può, si sa di già e poi gli ultimi dieci minuti
non ne vogliono sapere. Pazienza! Tanto è certo che non è una lotta che è cominciata oggi e non
finirà domani. Abbiamo tanto tempo davanti e il tempo è tutto a favore nostro. Di questo siamo
sicuri. Anche quei vescovi d'Abruzzo cominciano ad essere vicini. Diciamo il Padre nostro.
[La preghiera comune non è registrata].
Franco Q. [Il registratore era stato spento e quindi riacceso a intervento appena iniziato]: …sarà questo. La ragione, i fatti
che hanno portato all'incriminazione di quelle persone per il reato di falso in scrittura privata, cioè
di quelle persone che non potendo firmare loro perché non sanno scrivere o perché erano malate,
uno addirittura non vedeva sono state costrette a farsi firmare da altre persone. Bene, hanno ricevuto
questa incriminazione. Ora noi facciamo un volantino molto semplice in cui proprio scriviamo i
motivi di questa incriminazione per farli conoscere a tutti i cristiani che domenica andranno alle
messe. Quindi io ieri sera ho già parlato con alcuni di altri gruppi di altre comunità cristiane di
Firenze in modo che siano impegnati anche loro in questa azione.
[Termina la riunione e la registrazione del 5 giugno '69. Dal giro 923 alla fine della prima parte la bobina è vuota]