Scrivere il Cinema: percorso gratuito di scrittura cinematografica con

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Scrivere il Cinema: percorso gratuito di scrittura cinematografica con
Scrivere il Cinema: percorso gratuito di
scrittura cinematografica con lo script
editor Leonardo Rizzi
“Scrivere il cinema significa tuffarsi nel cuore delle storie e dell’umanità. Solo coltivando una nuova
scrittura, il cinema può diventare un potente mezzo di riflessione attraverso cui un paese può
riconoscersi, riflettere su stesso e costruire i sogni e le aspirazioni per il suo futuro”.
A ribadirlo è Leonardo Rizzi, script editor per numerose produzioni internazionali, attivo nel campo
del cinema, del teatro e dei fumetti, specializzatosi in script development alla National Film and
Television School di Londra, città dove risiede. Sarà lui a condurre tra maggio e giugno, nei
Cineporti di Bari, Foggia e Lecce il percorso interamente gratuito dedicato alla sceneggiatura,
“Scrivere il cinema”, fatto di tre serie di incontri di scrittura in programma al Cineporto di Bari
tra il 14 maggio e il 12 giugno e di due cicli di conferenze sulla narrazione cinematografica nei
tre Cineporti pugliesi, tra l’11 maggio e il 15 giugno.
I tre percorsi di scrittura al Cineporto di Bari sono rivolti a partecipanti di tutte le età e di diversa
esperienza nel campo della sceneggiatura cinematografica. Tutte le informazioni sulle modalità di
partecipazione si possono consultare sulla pagina web di Scrivere il Cinema.
Il primo percorso di scrittura, in programma il 14 e 15 maggio s’intitola “Leggere il cinema –
Analisi e valutazione delle sceneggiature” e guiderà i partecipanti a scandagliare il
funzionamento di una storia, analizzandone la premessa, la struttura di base e gli archi dei
personaggi, offrendo i primi strumenti per fornire un feedback pragmatico e costruttivo. È destinato
a 20 partecipanti tra produttori e operatori del settore cinematografico e audiovisivo come story
analyst, organizzatori culturali e di festival, giornalisti.
Termine ultimo per candidarsi è il 30 aprile 2015.
Il secondo percorso di scrittura, in programma dal 3 al 5 giugno, si confronta con“Le
sceneggiature del futuro – Storie non lineari e nuovi modelli narrativi”. Nei tre giorni
saranno esaminati film narrati su diversi piani temporali, con storie parallele, frammentate o con più
protagonisti, da Se mi lasci ti cancello, Memento, Pulp Fiction, 21 grammi a C’era una volta in
America e C’eravamo tanto amati. Il corso analizza le tecniche drammaturgiche più avanzate
puntando alla creazione di nuove storie innovative ed è destinato a 12 sceneggiatori esperti.
Termine ultimo per candidarsi è il 5 maggio 2015.
Il terzo percorso di scrittura, in programma dall’8 al 12 giugno,“Introduzione alla
sceneggiatura – Come scrivere un cortometraggio”, intende guidare i partecipanti alla ricerca
della propria voce e di una bella storia da raccontare, oltre che fornire loro i principali strumenti per
la scrittura di una sceneggiatura, arrivando a formare un piccolo network di sceneggiatori emergenti
che potranno poi proseguire individualmente la loro esperienza. È destinato a 10 scrittori emergenti
dai 16 anni in su.
Termine ultimo per candidarsi è il 10 maggio 2015.
I due cicli di conferenze s’intitolano: “Cosa sono le storie?” e “Una storia per il cinema in 90 minuti”.
Il primo ciclo “Cosa sono le storie?” è in programma l’11 maggio nel Cineporto di Lecce, il 12
maggio nel Cineporto di Foggia e il 13 maggio nel Cineporto di Bari (tutti alle ore 18). Vi si esplora
l’eterno bisogno di raccontare e ascoltare storie, analizzando le diverse forme drammaturgiche della
narrazione.
Il secondo ciclo “Una storia per il cinema in 90 minuti”, partendo da uno spunto inventato sul
momento, guiderà il pubblico in un brainstorming collettivo di 90 minuti con l’obiettivo di sviluppare
una storia completa per il cinema. È in programma il 19 maggio al Cineporto di Foggia, il 20 maggio
al Cineporto di Bari (entrambi alle ore 18) e il 15 giugno al Cineporto di Lecce (alle ore 17).
I due cicli di conferenze sono aperti a tutti.
“Scrivere il cinema” è un progetto di Leonardo Rizzi, organizzato e finanziato da Apulia Film
Commission con risorse europee e rientra nell’attuazione degli interventi a titolarità regionale
“Incremento dei flussi cine turistici tramite attività di promozione, comunicazione e attrazione
troupe cinematografiche – 2014 – Promuovere Cinema (PRO.CINE)”, a valere sulle risorse FESR
Azione 4.1.2.
Per informazioni:
www.apuliafilmcommission.it/scrivere-il-cinema
Piume
Un cortometraggio sulla paternità. Un
cortometraggio sul pregiudizio. Sulla convivenza.
Sul mettersi in gioco. Sul debito, quello morale.
Sono tante le componenti della molteplice sceneggiatura composta e diretta da Adriano Giotti,
toscano di nascita che qui arriva in Puglia per raccontare di Samuele (Matteo Pianezzi), un giovane
padre inkazzato col mondo che si confronta quotidianamente con i suoi fantasmi pur di poter
assicurare al figlio un futuro. Lavora in una di quelle aziende con cui nessuno vorrebbe avere a che
fare, un macello per polli, e per questo è l’unico italiano a stare lì in mezzo, a parte il suo capo. E’
circondato da volti bruni amichevoli che lavorano sodo, ma lui non riesce che a vederli con
diffidenza, trasmettendo anche a suo figlio quell’odio misto a paura che si porta in cuore.
Tuttavia, è un buon padre, e l’affiatamento affettuoso nella relazione tra i due è ciò che più
incredibilmente arricchisce la narrazione di Piume.
Per quanto infatti l’ambiente sembri corroso e
decadente, dove la polvere e lo sporco amplificati dal
sole cocente, sembrano volersi inghiottire anche la
felicità dei momenti tra i due, quella sfera di amore
che avvolge il padre e il figlio risulta intaccabile,
inscalfibile. Non c’è macchina a mano che disturbi,
luce appena filtrata che confonda, non c’è minaccia
che abbia effetto. Quei due insieme sono così forti
e resistenti da perforare il cuore duro del padre,
capace di mettere in discussione se stesso e le sue
assurde convinzioni pur di donare il meglio alla creatura.
Probabilmente questa storia avrebbe avuto la stessa densa efficacia anche tra i pomodori, o tra gli
aranceti. Ma qui i polli non sono animali qualunque: l’accostamento tra le teste (che dovrebbero
essere) pensanti e quelle appese (povere bestie) all’ingiù, ci stimola ad un atteggiamento più umano
e in direzione dell’altro, che talvolta pare meno consistente di quelle batterie chioccianti ed
omogenee.
Questo prodotto ha saputo investire al meglio il
sostegno ricevuto da Apulia Film Commission e
Banca Carime, non solo sul genio creativo di Giotti,
ma anche su una troupe efficace: come gli effetti
visivi e le grafiche (di Mirko de Angelis e Marco
Pianezzi) che piacevolmente ricordano Saul Bass,
così come sulle musiche firmate da Adriano Aponte.
Il connubio ha reso questo prodotto gustabile sin dai
primi secondi e fino all’ultima piuma.
La signora delle dodici notti
Tratto dal libro “Ai margini dell’orrore” dello stesso Giovanni Aloisio che è autore anche della
sceneggiatura e regista, il cortometraggio La signora delle dodici notti si inserisce senz’altro nel
filone psico-thriller.
Sono rintracciabili richiami sia ai lavori tipo The Blair witch
project di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez (qui è un bambino il
protagonista che si mette alla ricerca dell’esistenza di una
possibile strega, trascinandosi inevitabilmente i topoi delle favole
di Grimm), sia alle opere più suggestionanti di Dario Argento,
da Profondo rosso a Phenomena, passando per Suspiria (le
relazioni familiari, l’ambientazione magica del natale, l’esistenza
di figure di transizione tra il mondo reale e quello misterico);
tant’è che a Dario Argento l’autore del film rivolge esplicito
ringraziamento. Sono assenti le soluzioni più gore che spesso
sono utilizzate per sopperire a vuoti di scrittura.
Qui, invece, l’attenzione degli autori si appunta soprattutto sui movimenti di camera, le musiche e la
fotografia che creano il contesto emotivo adatto alla suggestione. Il cortometraggio si propone
anche come momento di passaggio intermedio verso la realizzazione di un lungometraggio e di
questa dimensione di transizione rimane traccia in una certa incompiutezza drammaturgica e in
qualche incertezza nei dialoghi. Il film è stato supportato dall’Apulia Film Commission ed è stato
girato in Puglia.
Principessa
Martina è una bambina che vive in un mondo fatato: magicamente
aiutata dal nonno, aleggia nel suo sogno di essere una
Principessa, un po’ per gioco un po’ per desiderio e preghiera. Il
suo mondo si sgretola quando la realtà la travolge, con la morte
del nonno, e spegne i sogni che aveva fino a quel momento
coltivato. Il merito di affiancarsi alla crescita della sorella
assecondandone il bisogno di fantasia e la graduale presa di
coscienza della realtà sarà proprio del fratello Luca, che dal suo
canto combatte contro la dura e ingiusta assenza di lavoro.
A fronte di un impianto tecnico ben studiato, nelle inquadrature (fotografia di Paolo Ingusci) e nel
climax musicale (musiche originali di Andrea Bellucci) che rivela un discreto sostegno al progetto,
il cortometraggio di Vito Martinelli paga un tratto immaturo che accusa soprattutto nella
recitazione. Quello spiritoso scambio dialettale tra anziani, l’amorevole personaggio del nonno
(Gianni Ippolito) disegnato così bene che tutti lo avrebbero voluto avere, non fanno che
evidenziare l’incapacità di arginare l’insicurezza attoriale degli altri protagonisti.
Tuttavia, le lacune che la storia, edulcorata ed
eccessivamente colorata dal trucco della piccola
protagonista (Angelica Milillo), sono prontamente
soccorse da uno studio della messa in scena capace:
una nota di particolare rilievo considerato la breve
esperienza del regista. Martinelli, infatti, classe
1989, esordisce proprio con Principessa e il suo
sogno di trottole e maggiordomi, dove il profumo di favola ci rende nostalgici per quella libertà di
sognare che appartiene all’infanzia e che purtroppo siamo coscienti, proprio come lo è il fratello, di
dover prima o poi lasciare andare andare.
L'isola di Lorenzo
Storia di draghi e padroni: il secondo cortometraggio a “zero budget”, scritto e diretto da Enrico
Conte con il patrocinio di Apulia Film Commission e della provincia di Lecce, racconta il
Salento degli anni Sessanta, catturato dalla splendida fotografia di Matteo Amorino e dalle
animazioni di Pietro Schirinzi e Andrea Raho. Storia di servi che servi non sono, storia di sogni:
Lorenzo, il giovanissimo Nicolò De Pascalis, vive nella sua fetta di mondo, proprio come l’Arturo di
Elsa Morante, insieme ai suoi pochi parenti – interpretati dai membri della Compagnia Teatrale
“Calandra” – e ai suoi libri. “Isola” tutt’altro che beata: minacce incombono, al di là del bosco,
rumori disumani in un cielo impastato nella nebbia. Il film è la storia di una fine – di
un’epoca, di un paesaggio – vissuta in maniera assai diversa dai protagonisti: con fare servile e
protettivo dal padre Donato (Gianfranco Protopapa), con rabbia dallo zio Giovanni (Federico
Della Ducata), ma anche con la più disarmante fantasia, quella di Lorenzo. L’ingiustizia, la legge
dei padroni, è così filtrata dalle diverse sensibilità di una stessa famiglia. E poi, c’è la profonda
nostalgia che tesse la trama di tutto il film, nostalgia di una bellezza lontana che si può solo
raccontare, e di una giustizia forse mai conosciuta.
Una favola per adulti, quella raccontata da Conte e dalla
voce narrante che incornicia la pellicola, accompagnata
dalla musica di Giuseppe Lori che amplifica l’atmosfera, in
un continuo dialogo con le immagini; ma anche una favola
contro gli adulti, contro il potere distruttivo delle loro scelte
sagge e il sapore amaro della loro razionalità.
Se il genio di Benigni narrava la potenza trasformatrice della fantasia alle prese con una delle più
grandi tragedie dell’umanità, Conte, nel suo piccolo, restituisce proprio questa idea, l’immagine
della resistenza che solo gli innocenti sanno opporre alla violenza della realtà. A scontrarsi in
questo campo di battaglia, sono l’industria e la natura, il mondo adulto e l’infanzia, il bel tempo che
fu e quello che sarà. Forse, in fondo, l’EcoFestiValPesio 2012 ha voluto sancire proprio questo: la
vittoria di un giovane che, ad occhi chiusi, riesce a guardare la sua terra.