Quando la scrittura è veloce come il pensiero
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Quando la scrittura è veloce come il pensiero
Quando la RIVISTA DEGLI STENOGRAFI di ANGELO MARIA QUITADAMO Docente, Presidente della Federazione Stenografica Italiana Gabelsberger-Noe e dell’EUSI, Ente Unitario del Segretariato Italiano 50 scrittura è veloce come il pensiero S ono molto contento di essere qui, in questo storico e ricco di tradizioni Circolo Filologico Milanese, per offrire la mia collaborazione allo sviluppo del Convegno sulla scrittura con il tema «Quando la scrittura è veloce come il pensiero», assegnatomi da Paolo A. Paganini, amabile ed entusiasta amico, direttore della «Rivista degli Stenografi» e componente del Consiglio della Fondazione Giulietti, cui esprimo la più viva gratitudine. A lui mi legano molti anni di affetto e di comunanza nel ricordo veronese di Ugo Zucchermaglio, che all’indomani del mio rientro dal Fronte russo mi manifestò tutto l’amore e la comprensione, particolarmente dopo il 25 luglio e l’8 settembre del 1943. Esprimo poi il saluto caro della Federazione stenografica italiana Gabelsberger-Noe che insieme all’Associazione stenografica magistrale italiana Gabelsberger-Noe, presieduta da Paolo A. Paganini, costituisce la casa in cui ha lavorato e vissuto per tanti decenni Francesco Giulietti, presidente onorario di ambedue gli organismi, cui si intitola la Fondazione, promossa dalla moglie Zaira Giunti Giulietti. Francesco Giulietti per tutta la vita si è dedicato con passione alla scrittura ed alle scritture veloci, in ogni posto dove egli ha operato, dall’insegnamento pubblico e privato alla professione di stenografo parlamentare, a quella di stenografo assembleare, a quella di avvocato civilista, allo studio ed alla ricerca, come scrittore e saggista. Nel 1949, come presidente della Federazione stenografica, dette vita al Comitato di col- legamento tra i sistemi stenografici ufficiali, trasformatosi nel 1955 nell’Ente Unitario della Stenografia Italiana – EUSI – ed ora nell’Ente unitario del segretariato italiano, già presieduto da Giovanni Boaga, accademico dei Lincei, ordinario di Geodesia e Fotogrammetria dell’Università La Sapienza di Roma, di cui quest’anno ricorre il Centenario della nascita. Porgo, quindi, il cordiale saluto dell’EUSI – che ho l’onore di presiedere – che svolge una intensa attività nel campo delle scritture veloci, ampliandolo a campi culturali limitrofi, che tra qualche giorno darà il via alla 54ª edizione dei Campionati polivalenti e alla 5ª edizione delle Olimpiadi della multimedialità a Pesaro. La Fondazione Giulietti e la «Rivista degli Stenografi» sostengono vivamente questa attività, nonostante l’attuale situazione degli studi e della scuola ed in generale quella nazionale non siano rosee. A voi tutti un affettuoso saluto e l’augurio che questa odierna lodevole iniziativa sia proficua ed il preludio di altre manifestazioni. Vengo ora più direttamente al contenuto anticipato dal titolo della mia relazione: nell’introduzione della «Storia della Scrittura» con annesso CD ROM, si legge: «Ma prima di arrivare a quel “meraviglioso accozzamento di venti caratteruzzi”, per dirla con Galilei, quanti percorsi tortuosi ed avvincenti furono tentati dall’Uomo per dare forma ai propri pensieri». Il pensiero (dal provenzale pensier) è operazione dell’intelletto, della mente giudicante, «proprio atto della ragione» (Dante), addirittura viene espresso arti- non cinesi della Cina, dimostrano a sufficienza che la già enorme serie delle scritture non è affatto chiusa. Il processo dell’evoluzione della scrittura, iniziatosi con lo studio pittografico-ideografico, proseguito con le scritture sillabiche, si è concluso con la creazione dell’alfabeto. Questa evoluzione però non va intesa nel senso genealogico, ma nel senso tecnico, così, per esempio, la scrittura alfabetica viene probabilmente creata ex novo, ma si tenne ben conto delle scritture già esistenti. La storia ulteriore della scrittura consiste in tre fatti essenziali: a) la diramazione delle diverse scritture; b) l’adattamento delle scritture ai diversi linguaggi; c) la trasformazione esteriore dei segni. P er i primi due punti il problema è arduo ed è ancora allo studio una gran parte delle scritture la cui origine è assai discussa, e ancora non si è messo un punto fermo, per comprendere quale sia stato l’adattamento delle scritture ai diversi linguaggi. La trasformazione esteriore dei segni è dovuta a due ragioni, tralasciando altre diverse cause, come il materiale adoperato, che pur ebbero una certa importanza nell’evoluzione esteriore delle lettere: 1) ragioni di carattere estetico e tecnico, come l’incisione delle iscrizioni nel materiale duro, particolarmente marmo. Gli esempi più tipici sono la trasformazione delle lettere semitiche in quelle greche e delle lettere etrusche in quelle latine, le prime di forma assai irregolare, le seconde ortostatiche e simmetriche; ad essi si devono le forme delle maiuscole della stampa moderna dei caratteri moderni; 2) ragioni di carattere pratico: semplificazione delle forme delle lettere, il loro adattamento sempre maggiore alla vita pratica, l’uso della scrittura della vita quotidiana. Ecco il nascere delle innumerevoli forme corsive di tutte le scritture, di tutte le epoche, ma a forza di semplificare, certe scritture frequentemente diventarono più difficili (esempi: la scrittura corsiva pompeiana in confronto alla scrittura lapidaria latina, le scritture arabe in confronto alla scrittura aramaica, le numerose scritture indiane, ecc.) Un altro fattore della trasformazione este- RIVISTA DEGLI STENOGRAFI sticamente con una delle statue sepolcrali della Cappella Medicea, è riflessione, meditazione, proposito, cura in affanno. È espressione di un messaggio, antichissimo quanto l’homo sapiens, che trentamila anni fa, in una oscura caverna appena illuminata da fioco barbaglio di fuoco, ha in mente di tracciare il segno propiziatorio di un cervo o di un bisonte. Da questo sono derivati tanti innumerevoli graffiti, disegni, composizioni scientifiche e letterarie, messaggi scoperti in tutto il mondo. Ancora oggi assistiamo a nuove scoperte, a nuovi rinvenimenti, talvolta inesplicabili per la loro fortuita imprevedibilità. Non è semplice dire con quale immane sforzo il genio umano abbia creato e perfezionato sempre più un modo adatto per la trasmissione del pensiero. Qualche tentativo fu, forse, fatto anche nel periodo preistorico, ma per quanto sembra, tenendo conto dello stato odierno della scienza epigrafica e fino a quando non saranno date prove concrete, furono soltanto le grandi civiltà delle vallate del Nilo, dell’Eufrate, dell’Indo, della Cina e dell’America centrale, che per prime hanno creato, in modo più o meno indipendente, veri e propri sistemi di scrittura. Per quanto riguarda gli altri tentativi più o meno riusciti, sia antichi che recenti, non possiamo sapere se siano autoctoni o in misura maggiore o minore dipendenti da scritture già esistenti prima. Ciò in primo luogo riguarda i vari sistemi di scrittura di popolazioni primitive o delle civiltà non ancora sufficientemente conosciute. Qui vengono in considerazione le scritture dell’Isola di Pasqua, dei Vai, dei Lolo, la scrittura ideografica-sillabica dell’Isola di Uolea (Caroline), ecc. E quante scritture saranno esistite nel più o meno lontano passato, senza che di esse ci sia pervenuta traccia? I ritrovamenti assolutamente casuali del Disco di Festo (la cui scrittura a tutt’oggi sembra ancora un pieno mistero) – Festo, antica città nella parte meridionale di Creta, fiorente centro della civiltà egea di cui restano grandiose testimonianze (palazzo di Festo) –, delle tavolette cuneiformi di Ras Samrah (scrittura completamente decifrata), le scoperte dell’esistenza di scritture di popoli 51 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI 52 riore dei segni nel renderle sempre più corsive, sta nella tendenza di rendere la scrittura sempre più veloce (risparmio di tempo, spazio e fatica, fino al punto di poter seguire il discorso vivo e trascriverlo). Quest’ultimo stadio è stato raggiunto soltanto dalla stenografia moderna, ma già fin dall’epoca antica, oltre al fatto prima accennato di rendere le lettere sempre più corsive, si ebbero diversi tentativi di scrittura abbreviata. Senza entrare in un esame particolare del problema, è utile accennare almeno ai più importanti tentativi che si ebbero nell’antichità, nel Medioevo e nell’evo moderno, di abbreviature grafiche fino a giungere ai sistemi stenografici moderni. Dal «sistema dell’Acropoli» del IV secolo a.C. e dalle altre abbreviature greche fino ai diversi sistemi bizantini, dalle Note tironiane (I secolo a.C.) alle abbreviature latine del Medioevo, ai sistemi geometrici inglesi e particolarmente ai numerosissimi sistemi di stenografia avutisi sin dal 1602, si ebbe un susseguirsi di tentativi più o meno importanti per rendere la scrittura il più veloce possibile. Nel 1884 fu trovata sull’Acropoli di Atene una lapide marmorea del 350 a.C. con una epigrafe greca nella quale si può riconoscere il primo tentativo di consonanti abbreviate. Un altro tentativo si ritrova in alcune tavole frammentarie scoperte a Delfi e attribuite alla fine del secolo medesimo. Svetonio attribuisce al poeta latino Quinto Ennio (239-169 a.C.) l’invenzione delle prime millecento «notae vulgares», ma soltanto Marco Tullio Tirone (nato verso il 103 a.C. ad Arpino), un dotto liberto e segretario di Cicerone, può considerarsi un precursore della tachigrafia latina, nonostante il sistema fosse in seguito assai perfezionato, esso viene comunemente detto «Note tironiane». Queste furono poi perfezionate da Vipsanio Filagrio (liberto di Agrippa), da Aquila (liberto di Mecenate) ambedue della fine del I secolo a.C. e dal filosofo Seneca (4 circa a.C. - 65 d.C.). Le prime riprese stenografiche a noi note sono quelle del discorso, nel Senato romano, di Catone l’Uticense (cong iura di Catilina 63 a.C.), assunzione effettuata per disposizione di Cicerone, secondo Plutarco, e del discorso di Cicerone pro Milone (52 a.C.). Il sistema tachigrafico tironiano rappresenta ogni vocabolo con una nota che è composta in molti casi di due elementi: di un segno principale (radicale) e di un segno ausiliare (desinenza). La nota tironiana ci dà una parola abbreviata con scrittura tachigrafica. La struttura di molte note tironiane ha somiglianza col compendio per contrazione della scrittura comune. Dandoci la desinenza, ci dà come questa la flessione del vocabolo (Schiaparelli). Vi si incontrano però anche «singole lettere» rappresentate da segni tachigrafici. È un sistema abbastanza rapido e occupa poco spazio ma difficile ad apprendersi ed a leggersi, assai incerto, ricco di segni (Schiaparelli). Il più antico esempio conservatoci sono poche note (al momento non ancora decifrate) che precedono il testo in un’epigrafe del 362 d.C. contenente una legge di Giuliano Apostata. P otremmo ancora continuare, ma basta consultare e leggere il meraviglioso testo di Francesco Giulietti «Storia delle scritture veloci» e l’altro di David Diringer «L’alfabeto nella storia della civiltà», ambedue editi da Barbera e Giunti di Firenze. La ripresa del discorso mediante sistemi abbreviativi è denominata con la parola «Stenografia» coniata da John Willis, sacerdote inglese (1575-1627), primo creatore di un sistema stenografico moderno. La stenografia (stretta scrittura) ha vari sinonimi che si adattano ai tempi storici, come brachigrafia (breve scrittura), tachigrafia (celere scrittura); i greci la chiamavano anche semeiografia (scrittura di segni), i romani notae o ars notaria, gli stenografi venivano denominati notarii o cursores. In Inghilterra è ancora in uso l’espressione short-hand o shorthand (corta mano) e phonography (scrittura fonetica) da Isaac Pitman, altro celebre inventore di stenografia. Francesco Saverio (Franz Xaver) Gabelsberger adoperò l’espressione «Redezeichkust» (l’arte di segnare il discorso), ma attualmente il termine più frequente in Germania è Kurzschrift (scrittura breve). Altre espressioni meno frequen- ti sono scrittura sintetica, pasigrafia (scrittura universale), metagrafia, demoticagrafia, stenotachigrafia, ecc. Per la storia della brachigrafia vengono considerati soltanto i sistemi che ebbero qualche influenza sull’evoluzione ulteriore dell’arte. Tentativi anteriori a Tirone non sono che precursori. La storia della brachigrafia comincia quindi con le note tironiane; secondo Mentz, il «pratico» romano creò ciò che era realmente necessario per la stenografia, mentre l’«elleno» teorizzava. Se si considera il corso della storia, notevoli differenze possiamo avvertire tra la stenografia antica e quella moderna e contemporanea. In antico e per tutto il Medioevo ha dominato un solo sistema facente capo alle note tironiane, con qualche varietà relativa alla stenografia greca ed alla stenografia sillabica. Le notizie circa gli autori e i praticanti di questa antica arte sono scarse, e sempre riguardano le circostanze nelle quali essa si manifestò e i personaggi storici dei quali raccolse e conservò orazioni, scritti, lettere e memorie. Inoltre la stenografia si accompagnava e si confondeva spesso con la semplice abbreviazione della scrittura, e talvolta con la crittografia, interessando specialmente per la compilazione dei codici manoscritti e per le annotazioni marginali, sotto il cui aspetto il suo studio appartiene alla paleografia più che alla stenografia vera e propria. N ell’epoca moderna, pur muovendo dall’antica origine, la stenografia ha assunto caratteri propri, moltiplicando i suoi metodi, col distacco dalla scrittura ordinaria (al che ha contribuito la stampa a tipi fissi o tipografia), cercando corrispondenza più naturale e più stretta fra segno e parola. Una moltitudine di autori si è dedicata alla elaborazione di questi nuovi indirizzi e i loro nomi appaiono in tutte le nazioni, dando uno speciale svolgimento alla storia della stenografia. Dalla fine del secolo XIX e progredendo in seguito, la stenografia non è più soltanto l’arte di seguire e raccogliere i discorsi degli oratori; ma, secondo la diffusione della scrittura in altre sedi di studio e di lavoro, allarga il suo compito, estende la sua conoscenza e i suoi vantaggi alle masse, strumento di impiego quotidiano e redditizio, alleandosi ai mezzi meccanografici ed elettronici, che danno incremento all’attività degli individui e dei popoli. Si verifica per la scrittura in generale, e particolarmente per la stenografia, il medesimo fenomeno che si presentò all’avvento delle macchine industriali nel secolo XIX. Al timore che queste danneggiassero la mano d’opera si è sostituito, col tempo, il concetto della maggiore utilizzazione della intelligenza e del lavoro dell’uomo col sussidio della macchina. Cosi anche la stenografia, anziché temere i ritrovati per la registrazione e conservazione meccanica della parola (dittafoni, magnetofoni, macchine per scrivere e stenografare, ora i per- sonal computer, ecc.) trova in essi stimolo al suo divenire, al suo rinnovamento e incremento. I metodi o sistemi stenografici tendono pure a modificarsi, nell’intento di agevolare l’apprendimento a classi più vaste e meno preparate, senza tuttavia perdere di vista l’aspetto principale della stenografia, quello di stabilire una scrittura, sempre di rapida esecuzione, ma non convenzionale ed empirica, bensì fondata sulla scienza del linguaggio, mirante all’unificazione dei metodi ed al rinnovamento dei mezzi grafici più corrispondenti al crescente dinamismo degli studi e del lavoro. Così scrive Francesco Giulietti nella citata «Storia delle scritture veloci», e com’è attuale la sua disamina nell’attuale situazione della scrittura e della stenografia nel nostro Paese! RIVISTA DEGLI STENOGRAFI L 54 a stenografia, introdotta nella scuola italiana da Giovanni Gentile nel 1923, a mano a mano va scomparendo, eccetto che nelle aule parlamentari ed assembleari, sia pure con innovazioni per la trascrizione con il riconoscimento vocale, con il riconoscimento dei segni stenografici in via di studio. E che cosa dire della scrittura, una volta chiamata «bella scrittura» o «calligrafia», il quale nome è diventato nell’uso comune sinonimo di scrittura personale con quale orrore, quando si pensi che addirittura si devono compiere acrobatiche interpretazioni dei verbali giudiziari o dei referti medici o delle ricette farmacologiche, dovuto questo fatto alla eliminazione dell’insegnamento della calligrafia in ogni ordine scolastico, pur essendo vivo l’insegnamento medesimo nella scuola primaria impartito da insegnanti non adeguatamente preparati. Il riformismo o l’ammodernamento del sistema scolastico, base fondamentale per l’ammodernamento della cultura degli individui, straripa dalla sua concezione apportando colpi di scure in ogni dove (sapete, per esempio, della mortificazione della geografia, quando si tende periodicamente ad incrementare il turismo ed i viaggi?). Una riforma scolastica che non tenga conto di queste cose è falsa, è inattuale, riporta non al passato, che ci offre luminosi esempi: esaminate i documenti tramandatici che, al di là dei loro contenuti, ci offrono meravigliosi momenti di godimento spirituale, impagabili ancor oggi in cui nessuno o pochi riescono a produrne di simili. Ben vengano tutte le modernità in appoggio alla velocità, ma non si avvilisca la cultura con la bruttezza, con l’ignoranza e con il dispregio del passato, nonostante si faccia a gara per restaurare monumenti, tesori dell’arte, pellicole filmiche, ecc. e non si curi la buona scrittura, la ripresa onesta, colta e corretta del pensiero con la stenografia! Ecco perché da Milano deve essere inviato un messaggio chiaro ed esplicito, perché si trovino i rimedi semplici e salutari ai problemi gravi accennati, con l’invito che tutti, nell’ambito delle proprie associazioni ed enti, si facciano portavoce di questa necessità. Formulo, concludendo, l’auspicio che questo messaggio venga raccolto al più presto con la dovuta e rapida attenzione. PAOLO A. PAGANINI Ringraziamo Angelo Quitadamo, che non è soltanto un cultore, un ricercatore, uno studioso della stenografia, ma è anche una delle massime autorità nel campo gabelsbergeriano. Abbiamo apprezzato, volendo brevemente sintetizzare questo Convegno, lo spirito universalistico, classico, sprovincializzato che lo pervade. Così Quitadamo, pur essendo un vessillifero del sistema Gabelsberger-Noe, ha parlato delle scritture veloci con superiore visione delle cose, da Tirone in poi, come vanto ed orgoglio della cultura stenografica in generale. Dò la parola alla professoressa Antonella Stefinlongo, docente di Italianistica all’Università RomaTre, già conosciuta anche dai lettori della «Rivista degli Stenografi» per un dotto pezzo sullo specifico argomento della scrittura, che oggi riprende idealmente, approfondendone l’aspetto relativo al mondo giovanile.