Diario di Camilla - Esmeralda Gianni

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Diario di Camilla - Esmeralda Gianni
Diario di Camilla
Mi hanno abbandonato. Proprio così. Loro due se ne sono andati a spasso e io qui, sola,
con questa nonna (che dice, chissà perché, “vieni dalla mamma”). E io piangevo, anzi
ululavo perché quando mi ci metto so farlo bene. Così la nonna mamma ha chiamato al
telefono uno dei due e io non capivo proprio come la voce di Massimiliano potesse uscire
da quel coso bianco. Allora ho urlato ancora di più. La nonna mamma diceva che se non
la smettevo ci buttavano fuori dal condominio, ma sai a me cosa importava. Allora mi ha
messo il guinzaglio e mi ha portato in un posto che lei chiama Brera.
Che tragedia! Prima di tutto c’è un coso che si chiude da solo e che chiamano ascensore.
Fa un baccano del diavolo e una paura che non vi dico. Per forza tremavo come una
foglia! Ma non è bastato: ho dovuto conoscere anche la metropolitana. Per andarci
bisogna scendere sottoterra e a me la faccenda proprio non andava giù. Così la nonna
mamma tirava da una parte e io dall’altra. Ma lei è più forte perché io sono ancora piccola.
Ai cancelli però ho preso la rivincita. Al di là del coso che girava non avevo nessuna
intenzione di andare. Lei aveva timbrato, era passata, e io di qua, impuntata. Aspettavo
solo che mollasse il guinzaglio. Se non l’avesse mollato non poteva districarsi e se
l’avesse mollato col cavolo che mi vedeva più, Io sarei filata a cercare Lalla e Massimiliano
che non camminano mai sottoterra. Invece è intervenuto un tipo tutto nero a sbrogliare la
faccenda. Però ha voluto vedere che ci fosse il biglietto anche per me. Così ho saputo che
sono importante quanto una persona. La nonna comunque lo sapeva già, così anche la
speranza che la picchiassero m’è andata buca.
Mi ha fatto scendere un’altra scala e poi è arrivata una roba lunga che corre come una
matta. Se l’ascensore fa rumore, quest’altro coso sembra un terremoto. Mi ci hanno ficcato
dentro di violenza. Per forza poi ho dato i numeri aggrovigliandomi col guinzaglio attorno
tutti i passeggeri. Qualcuno sorrideva e cercava di accarezzarmi ma stavano talmente
appiccicati che chinarsi non potevano. Chissà perché la gente si mette in scatola. La Lalla
e Massimiliano non lo fanno.
Nel posto, che la nonna chiama Brera, c’era una festa e quando è arrivata tutti i suoi
compagni le sono saltati addosso. Certo la conoscevano bene, la chiamavano Esmé, ma
se le facevano tanta festa era perché c’ero io. Insomma piacevo proprio. Io ero
ovviamente inorgoglita ma anche intimorita. Diamine, troppe emozioni in un giorno solo!
Comunque il posto era degno d’essere studiato anche perché quei budini sugli assi
sparpagliati qua e là mi attiravano proprio. Che non fossero dei dolci me lo faceva
supporre l’odore, ma il colore era talmente attraente! Gialli, rossi, blu, bianchi… e poi si
lasciavano prendere bene con le zampe e potevi spostarli dove volevi. Invece quei ragazzi
si sono messi ad urlare e a ripulirmi. Peccato, il pavimento era diventato veramente
interessante.
Uno crede di fare una bella cosa e invece si prende le sgridate. Come si fa a non
spaventarsi? Certo è difficile capire i due piedi. Perché subito dopo ridevano e dicevano
che avevo fatto un quadro surrealista e cercavano di darmi la colomba. La colomba di
Pasqua, non quella che vola. Avevano portato anche il cioccolato e il vino. La cioccolata
mi piace, il vino no. Ma non mi andava niente. Quei matti mi facevano paura quasi quanto
la metropolitana. Poi sono andati tutti a vedere la tavolozza sulla quale avevo camminato
di più e per un attimo si sono dimenticati di me. E’ stato allora che ho sentito un profumo
interessante sulla tavola. Io sono bravissima nel saltare così sono andata a vedere di che
si trattava. Diamine quella torta era notevole, altro che colomba e cioccolata!
Certo che capire sui due piedi non è facile. Prima mi volevano far mangiare a tutti i costi,
poi quando l’ho fatto si sono messi ad urlare un’altra volta.
!2 marzo
Ho pianto un po’ anche oggi. La nonna Esmé se ne è andata in un ufficio e mi ha lasciato
con un tipo che odora di cane. A me questo signore piace però all’Esmè mi sono abituata
e questo qui non lo conosco. Per consolarmi ho smangiucchiato un libro che aveva una
copertina dura dura. Mi piaceva il rumore che faceva, ma anche il suo odore. Se ho ben
capito si tratta di pergamena. Chissà perché i due piedi non vogliono mangiarla, è così
buona!.
L’Esmè poi mi ha portato in giardino. E’ bellissimo fare cacca e pipì in mezzo all’erba. Poi
ci sono le margherite. Non mi piacciono invece i soffioni. Come ti avvicini quelli diventano
una nuvola e ti si appiccicano al naso e ti fanno starnutire.
12 aprile
la nonna mi ha portato presto in giardino. Non ci si vedeva ancora e tanta voglia di correre
non l’avevo. C’era solo un gatto, bello dritto sul muro. Mi guardava ma non so se aveva
voglia di giocare con me. Comunque l’Esmé mi ha detto che quando ha finito di scrivere
mi porta ancora giù ma questa volta aspetto un bel po’ prima di fare cacca e pipì. Chissà
poi cosa scrive. Lei dice che si chiama tesi. Sta di fatto che non la finisce mai e siccome io
mi sento sola mi sono accucciata sopra un suo piede. Lei mi ci lascia ma come faccio per
mordere un po’ la ciabatta mi dà un calcio. Insomma le fa piacere o no se le resto vicina?
Comunque sono fatti suoi, a me piace.
Pasqua
L’Esmé mi piace sempre di più. Anche l’ascensore. Ormai lo prendo con tutta disinvoltura
anche perché quando ci si va sopra quello scende e poi si va in giardino a giocare. Oggi
sono andata a spasso in bicicletta. Veramente in bicicletta ci andava la nonna, io correvo
come una matta per non perderla perché lei faceva apposta a scappare e io un po’ di
paura l’ho ancora. Se ne va anche questa qui resto senza mamme del tutto.
In cima alla Martesana, proprio dove c’è il ponte e l’argine è alto tre metri e più, l’Esmé si
è fermata per chiacchierare con il signore che puzza di cane. Lui diceva che non era il
caso d’avere paura perché i cani non si buttano nel vuoto. In effetti non ne avevo
l’intenzione. Non so neanche come è andata, però dentro la Martesana ci sono finita
davvero. Allora l’uomo dei cani ha cominciato a urlare, io naturalmente urlavo più di lui
perché, anche se non c’era acqua, tutto quel pantano dove si affondava fino alla pancia
faceva una paura… Insomma provate un po’ voi a camminare dove non si riesce a
camminare. L’uomo dei cani invece urlava perché aveva paura dei topi e io non capivo il
perché dal momento che sembravano gatti e giocarci insieme poteva essere bello. Poi
l’Esmè mi ha chiamato e mi ha fatto andare fino in un posto dove l’uomo dei cani mi ha
raccolto.
La paura mi è passata subito anche perché correre mi piace tanto e poi perché ho giocato
a palla con un bambino. In compenso a casa mi hanno fatto una doccia da ricordare per
un bel po’. Hanno usato persino lo shampoo alla mela verde anche se io avrei preferito
qualcosa di più decente.
Alla sera però c’è stato un banchetto coi fiocchi e io mi sono mangiata i pizzoccheri.
Niente male per la verità. Comunque anche la polenta taragna di Giuseppina è notevole.
Ma quella appartiene ai ricordi di qualche giorno fa.
Adesso hanno telefonato e verranno a riprendermi. Tutto sommato un po’ mi spiace