introduzione ai brani di canto gregoriano per il tempo di avven
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introduzione ai brani di canto gregoriano per il tempo di avven
INTRODUZIONE AI BRANI DI CANTO GREGORIANO PER IL TEMPO DI AVVENTO M° Eliseo Sandretti II canto gregoriano è il canto in lingua latina della chiesa cristiana di occidente e si distingue dal canto bizantino, che è il canto in lingua greca, sira, armena, e in seguito, anche russa, delle chiese cristiane d'oriente. Questo canto trae origine dalla fusione di vari elementi stilistici avvenuta nei primi secoli dell'era cristiana, in particolare l'esperienza della musica ebraica, il canto romano, quello gallicano e mozarabico, la teoria musicale greca. Nel canto gregoriano si possono distinguere tre tipi diversi di esecuzione: quella diretta, in cui tutti cantano insieme la melodia, quella responsoriale, in cui un solista propone una melodia alla quale risponde l'assemblea o la schola, quella antifonica, nella quale la schola si divide in due gruppi che si alternano nell'esecuzione. Tradizionalmente si afferma che il canto gregoriano deriva il proprio nome da papa Gregorio I Magno, il cui papato risale agli anno 590 - 604. Giovanni Diacono in un periodo seguente al papato di Gregorio, lo considerò organizzatore e compositore lui stesso di canti. Sulla sua figura nacque anche una serie di leggende che dettero luogo anche a diverse manifestazioni iconografiche. Sembra che a quanti gli chiedessero come egli potesse trovare il tempo per scrivere i suoi sermoni, dati i pesanti impegni derivanti dal pontificato, egli rispondesse che in realtà spesso non preparava niente ed in questi frangenti avesse esperienza di una ispirazione divina che gli permettesse di parlare con particolare efficacia. Da qui nacque la tradizione iconografica che lo vede ritratto nell'atto di scrivere canti mentre una colomba, cioè lo Spirito Santo, lo ispira con il becco vicino all'orecchio. Un'altra leggenda tramanda che 1'antifonale, cioè la prima raccolta di canti gregoriani, fosse legata con una catena d'oro all'altare di S. Pietro, a Roma. Il significato di essa sembra risiedere nella considerazione del legame stretto e prezioso che collega il canto gregoriano alla Chiesa. In realtà l'Antifonale non risale all'epoca di Gregorio Magno, ma è posteriore. Gregoriano era il Sacramentarlo che conteneva tutte le formule del celebrante, quindi per estensione gregoriano era il canto ad esso connesso. Un cenno particolare merita la questione della notazione, cioè della scrittura musicale gregoriana. All'inizio non esisteva alcun sistema di scrittura delle melodie; c'erano solamente i testi e l'andamento melodico veniva tramandato oralmente. In un secondo tempo, quando il repertorio si ingrandì e si fece più complesso si inserirono dei segni, che riproducevano i gesti della mano del direttore come aiuto per la memoria dei cantori; questa notazione era detta chironomica. Poi furono introdotti segni, chiamati neumi, prima in campo aperto, poi su una linea a secco sopra il testo, infine su un sistema di quattro linee che indicarono con più precisione i suoni che componevano le varie melodie. La letteratura musicale gregoriana può essere suddivisa in tre stili principali: lo stile sillabico tipico della salmodia e dei brani più semplici alla portata dell'assemblea, ad ogni sillaba corrisponde generalmente un suono, lo stile semisillabico, on cui per ogni sillaba si hanno due, tre, quattro suoni, lo stile melismatico, derivato dalla musica ebraica, in cui ad ogni sillaba corrispondono molti suoni. Quest'ultimo è lo stile delle esecuzioni affidate alla schola, cioè al coro. Nel canto gregoriano abbiamo varie tipologie di brani; nell'esecuzione di oggi avremo ad esempio delle antifone, degli introiti, degli inni. Le antifone hanno due funzioni: la prima, di tipo musicale, consiste nella introduzione al canto del salmo ad essa connesso;la seconda, di tipo liturgico, consiste nel fatto che l'antifona stessa orienta e rivela il significato del salmo che segue. Il testo delle antifone è tratto dai salmi, dal Vangelo, dalle vite dei santi. Lo stile in genere è sillabico o semisillabico. Gli introiti traggono la loro origine dalla salmodia antifonica e si cantano durante la processione d'ingresso, pertanto sono canti professionali. Gli introiti, per la loro difficoltà, sono riservati all'esecuzione della schola e il loro stile è quello semi-ornato. Il testo in genere è tratto dalla Bibbia. Il salmo successivo all'introito in genere si riduce ad un solo versetto perché la processione d'ingresso non è quasi mai tanto lunga da richiedere l'esecuzione di tutti i versetti del salmo. Solamente nelle cerimonie papali spesso, data la complessità dei riti, si cantano tutti i versetti del salmo. Gli inni sono in stile sillabico. Si tratta di composizioni poetiche in forma strofica provenienti dall'oriente. Essi furono introdotti in Francia da Ilario di Poitiers con scarso successo, e in Italia, con maggior successo, da S. Ambrogio, vescovo di Milano. Il testo ha una struttura metrica e la melodia si ripete uguale ad ogni strofa. Lo stile musicale è quello sillabico o semisillabico. Per concludere proporrei una breve riflessione sulla natura della musica liturgica in programma e sul significato generale che può assumere ogni forma di arte connessa con la dimensione del sacro. Nell'antica Grecia e nel mondo antico la musica fu per la prima volta considerata una forma d'arte. Essa aveva per i Greci una funzione psicagogica, cioè agiva direttamente sulla psiche, sugli stati emotivi. Per questa ragione essa aveva anche in importante influsso sul comportamento; da qui nacque la teoria dell'ethos, cioè l'idea che vari generi di musica inducessero a varie forme di comportamento; ad esempio per indurre i guerrieri alla battaglia occorrevano determinati tipi di musica. Nella filosofia antica la domanda principale riguardante l'estetica era: che cosa è il bello? Da questo punto di vista si originarono le ricerche sui canoni del bello, cioè sulle regole da rispettare affinchè l'arte producesse il bello. Incidentalmente ricordiamo che invece nella filosofia moderna ci si chiede piuttosto che cosa è l'arte, quale è la sua origine e la sua funzione. Questa seconda domanda investe necessariamente una ricerca filosofica sull'essenza dell'uomo stesso. Cassie Longino, in epoca alessandrina, scrisse un trattato, Del bello e del sublime, nel quale si asseriva che il sublime è una forma particolare di bello, il bello con valenza morale. A me sembra che la risposta di Longino al problema del rapporto tra bello e sublime possa essere di un certo interresse e attualità anche relativamente al dibattito attuale sulla musica da inserire nella liturgia. In sintesi ritengo importante riconoscere la pertinenza della categoria del sublime nell'ambito delle forme di arte che hanno a che fare con la dimensione sacra e, soprattutto, con la liturgia.