Notiziario on line Anno 2012 - Sito

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Notiziario on line Anno 2012 - Sito
Anno 2012
Notiziario on line
A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
Domani passeggiata antiracket con partenza dal
Palazzo Comunale
16 dicembre 2012 - Si comincia da San Pietro Vernotico,
lunedì 17 Dicembre, partendo dal Palazzo Comunale alle ore
10.30, percorrendo via Stazione e via Brindisi e, insieme ai
rappresentanti istituzionali, entreranno nei negozi anche gli
esponenti nazionali e regionali dell’associazionismo
antiracket. Prenderanno parte all’iniziativa i soci e i dirigenti
dell’Associazione Antiracket sanpietrana “Sviluppo e
Legalità”, il Presidente Ermanno Manca, il Prefetto di
Brindisi Nicola Prete, il Comandante Provinciale dei
Carabinieri colonnello Paris, il Vice Questore vicario, il
Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza
colonnello Mangia e altri esponenti delle forze dell’ordine, il
Sindaco di San Pietro V.co Pasquale Rizzo, il legale
dell’antiracket sanpietrana Avv. Ugo Catamo, il
responsabile regionale della FAI Puglia Renato De
Scisciolo, il dirigente nazionale della FAI e responsabile del
Pon Sicurezza, Dott. Giuseppe Scandurra, già Presidente
nazionale della FAI. Di seguito il calendario delle
passeggiate antiracket in provincia di Brindisi, che si
svolgeranno alla presenza dei dirigenti nazionali e regionali
della Fai, dei Presidenti e dirigenti delle associazioni
antiracket, del Prefetto di Brindisi e dei massimi vertici delle
forze dell’ordine.
17/12/2012:
- Ore 10.30 – San Pietro Vernotico, via Stazione e via
Brindisi
- Ore 17.30 – Mesagne, Piazza Orsini
18/12/2012:
- Ore 10.30 - Francavilla Fontana , Viale Lilla
- Ore 17.00 – San Vito dei Normanni, Corso Leonardo Leo
- Ore 18.00 – Ceglie Messapica, Largo Ospizio
19/12/20012:
- Ore 10.30 – Ostuni, Piazza Italia – Viale Pola
comunicato stampa
associazione antiracket S.Pietro V.co
Nuova Scu, condannato il nucleo di Francavilla
Fontana
14 dicembre 2012 - Con altre tre condanne in primo grado
al termine di un altro scampolo del processo Last Minute, si
chiude un altro capitolo di storia recente della malavita
organizzata e trova conferma (naturalmente si tratta di una
sentenza non definitiva) il ritratto della nuova Scu fatto
dall’ultimo dei pentiti, Ercole Penna. Oggi è stata la volta di
Giancarlo Capobianco, l’imprenditore di Francavilla
Fontana che pare proprio fosse il referente, non formalmente
affiliato, per la città degli Imperiali. Al termine del processo
con rito abbreviato condizionato all’ascolto di alcuni testi,
tra cui anche il collaboratore di giustizia Cosimo Giovanni
Guarini, gli sono stati inflitti otto anni di carcere, conto che
non ha potuto subire modifiche, in virtù della continuazione
con altri reati, perché Zio Carlone, il re dei negozi per
casalinghi, non aveva finora mai subito alcuna condanna.
Cinque anni per Salvatore Capuano, per il quale è stato
escluso il ruolo di capo e promotore, che, però, proprio per
la continuazione, sono in realtà tre anni e otto mesi; dieci
anni per Gaetano Leo, cifra tonda che, in considerazione del
passato (in particolare della sentenza Omnia) si sono ridotti
a due anni. Capobianco (difeso dagli avvocati Michele Fino
e Elvia Belmonte), Leo (difeso dall’avvocato Ladislao
Massari) e Capuano (da Ladislao Massari e Michele Fino)
sono tre delle 28 persone sottoposte a fermo negli ultimi
giorni del 2010 per associazione per delinquere di stampo
mafioso, con un blitz della Squadra mobile di Brindisi. A
incastrarli furono le dichiarazioni di Ercole Penna, detto
“Lino lu biondu” che nel novembre precedente aveva deciso
di schierarsi dalla parte dello stato. Penna aveva rivelato che
Capobianco era il referente Scu per Francavilla e aveva
anche spiegato che negli ultimi tempi le affiliazioni erano
passate di moda. Evitate per scongiurarepentimenti e per
contare su persone formalmente “pulite”, in grado di
foraggiare il sodalizio per canali formalmente leciti. I 28
della nuova Scu sono: Lucio Annis, 42 anni di San Pietro
Vernotico;
Martino Barletta, 39 anni di Villa Castelli;
Angelo Buccarella, 34 anni di Tuturano;
Salvatore
Buccarella, 53 anni di Tuturano;
Antonia Caliandro, 55
anni di Tuturano;
Francesco Campana, 39 anni di
Mesagne;
Sandro Campana, 37 anni di Mesagne;
Giancarlo Capobianco, detto Zio Carlone, 49 anni di
Francavilla Fontana; Salvatore Capuano, 42 anni di
Francavilla Fontana;
Antonio Centonze, 44 anni di
Brindisi. L’elenco prosegue con Domenico D’Agnano, detto
Nerone, 44 anni di San Pietro Vernotico; Ronzino De Nitto,
37 anni di Mesagne; Pasquale D’Errico, detto Mutunati, 68
anni di Latiano; Vito Antonio D’Errico, 44 anni di Torre
Santa Susanna; Antonello Raffaele Gravina, detto Pizzaleo,
44 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto Chicco
Pizzaleo, 53 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto
Gabibbo, 33 anni di Mesagne; Benito Leo, 43 anni di
Brindisi; Gaetano Leo, 47 anni di Francavilla Fontana.
Quindi Cosimo Leto, detto Mimino lu Luengu, 59 anni di
Brindisi; Franco Locorotondo, 38 anni di Mesagne;
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Alessandro Monteforte, 38 anni di San Pietro Vernotico;
Cosimo Nigro, 41 anni di Tuturano; Andrea Pagliara, 28
anni di Mesagne; Massimo Pasimeni, detto Piccolo Dente,
44 anni di Mesagne; Elia Pati, 37 anni di Tuturano; Raffaele
Renna, detto Puffo, 33 anni di San Pietro Vernotico;
Antonio Vitale, detto Marocchino, 44 anni di Mesagne. Di
questi in 7 sono stati condannati in primo grado con rito
abbreviato: 6 anni per Angelo Buccarella, 34enne figlio del
capo storico Salvatore, arrestato col padre qualche settimana
fa nell’ambito di un’inchiesta sulle estorsioni chieste agli
imprenditori del fotovoltaico per foraggiare i nuovi
esponenti Scu. Sei anni anche per Francesco Gravina,
mesagnese di 33 anni. E poi 3 anni e 4 mesi per Lucio
Annis, 42enne, il referente del sodalizio nella zona di San
Pietro Vernotico, Antonio Centonze, brindisino 44enne, e
Cosimo Leto, 59 enne. Pena di 2 anni e 8 mesi per Raffaele
Gravina, 44 anni mesagnese, e per Benito Leo, 43enne di
Brindisi.
Roberta Grassi
"Assicurati col racket". Arrestato: aveva già
incassato 350mila euro
16 ottobre 2012 - “Assicurazione sulla vita per voi e la
vostra famiglia durante questi anni avete fatto tanta fortuna
economicamente e noi vi ammiriamo per questo perché siete
una persona seria e intelligente perciò avete bisogno di noi.
Quindi vi chiediamo di aderire alla nostra assicurazione che
assicura solo persone in gamba e con un piccolo versamento
assicuriamo la tranquillità della vostra famiglia moglie figli.
Entro 24 ore fate il versamento contrariamente sarete
responsabili di ciò che accade a voi e alla vostra famiglia mi
raccomando a non sbagliare strada lo dico per voi”. Quattro
destinatari diversi per lo stesso messaggio intimidatorio che
però non ha intimorito per niente le vittime. È così che
grazie alla denuncia di quattro commercianti francavillesi
alle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri della
compagnia di Francavilla Fontana al comando del capitano
Giuseppe Prudente, insieme agli uomini del Nucleo
operativo e radiomobile guidati dal
tenente Simone
Clemente, hanno potuto arrestare il 24enne di Francavilla,
vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, Alfonso Leo. È
accusato di estorsione pluriaggravata, consumata e tentata,
continuata in concorso con ignoti. Avrebbe estorto denaro
per un totale di 350mila euro. L’ordinanza, che ha chiuso
l’indagine denominata “Il postino” è stata emessa dal
giudice per le indagini preliminari Maurizio Saso, su
richiesta del pubblico ministero Raffaele Casto. Il 24enne è
stato rinchiuso nel carcere di Brindisi in attesa
dell’interrogatorio di garanzia che avverrà nei prossimi
giorni alla presenza del suo legale di fiducia Ladislao
Massari. Sul capo di Alfonso Leo pendono numerosi
precedenti penali: nel 2011 fu arrestato insieme ad altri
complici perché trovato in possesso di oltre un chilo di
sostanza stupefacente, è destinatario del provvedimento di
Daspo, non poteva partecipare a manifestazioni sportive per
essersi reso responsabile di atti di violenza, era stato
ritrasferito in carcere perché sorpreso a chattare con un
detenuto mentre era sottoposto agli arresti domiciliari.
Alfonso Leo, inoltre, è il figlio di Gaetano Leo, uno degli
esponenti a Francavilla Fontana della Scu, mesagnese per
associazione per delinquere di tipo mafioso. La indagini che
hanno portato all’arresto di Leo sono state avviate il 16
aprile del 2010 quando un venditore di capi d’abbigliamento
di Francavilla Fontana, si presentò in caserma per
denunciare di aver ricevuto una lettera minacciosa e a
sfondo estorsivo, accompagnata da due cartucce di fucile
calibro 12. Nello stesso giorno un altro commerciante
(sempre di capi di abbigliamento) sporse la stessa denuncia:
l’uomo riferì di aver trovato a terra, davanti al portone del
garage adiacente la propria abitazione, una busta da lettera
di colore giallo, chiusa con nastro isolante nero e intestata a
lui. La busta conteneva due cartucce di fucile da caccia
calibro 12 di colore arancione e la lettera di cui sopra.
Qualche giorno dopo, e precisamente il 21 aprile del 2010
un imprenditore di arredamenti denunciò in caserma che il
padre aveva trovato davanti al cancello della sua abitazione
di campagna, per terra (dopo essere stata, probabilmente,
attaccata, con nastro adesivo al cancello), una busta da
lettera di colore giallo con su scritto, a macchina, il
cognome del destinario e poi chiusa con nastro isolante di
colore nero. Anche questa conteneva due cartucce per fucile
da caccia calibro 12 accompagnate dalla solita missiva. Il
giorno dopo un altro imprenditore francavillese si presentò
in caserma per denunciare che una settimana prima aveva
anche egli rinvenuto la stessa busta da lettera di colore giallo
chiusa con nastro isolante di colore nero e contenente due
cartucce per fucile da caccia calibro 12 di colore azzurro
accompagnate da una lettera. Il testo era lo stesso per tutte e
quattro le missive, gli importi variavano di volta in volta da
un minimo di 20mila euro a un massimo di 200mila. Dopo
circa due mesi dall’inizio delle indagini, e precisamente il
18 giugno del 2010, il figlio di uno dei denuncianti fu
destinatario di un attentato intimidatorio: la saracinesca della
sua attività fu raggiunta da cinque colpi di arma da fuoco.
Le indagini permisero di accertare che uno dei responsabili
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di questo atto intimidatorio era proprio Alfonso Leo.
Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali i
carabinieri di Francavilla Fontana sono riusciti anche a
dimostrare che il responsabile delle estorsioni ai danni dei
quattro commercianti che avevano sporto denuncia era
sempre Leo. Sarebbe stato egli stesso a vantarsi delle lettere
minacciose nei confronti dei commercianti, durante una
conversazione telefonica. I militari hanno appurato che il
24enne, con l’aiuto di altri complici che però non sono
ancora stati identificati, ha estorto oltre 350mila euro in
denaro
contante.
“L’operazione
denominata
convenzionalmente “il postino” pone un freno tangibile al
fenomeno del racket con la speranza che gli ignoti
commercianti francavillesi che hanno preferito non
denunciare analoghi episodi estorsivi prendano coraggio e si
affidino alle istituzioni preposte – sottolinea il capitano
Prudente – resta il dubbio, infatti, sul ‘numero oscuro’ cioè
su tutte quelle estorsioni cagionate e non denunciate. Non si
esclude che oltre ai pochi denuncianti vi siano molti che
hanno deciso di sottostare al racket, infatti lo stesso Leo in
alcune conversazioni intercettate riferisce “la mettevamo (la
busta contenente la richiesta estorsiva, ndr)) da tutte parti”.
di Paola Bari
Francavilla, esplode una bomba
vicino alla caserma dei vigili del fuoco
8 Ottobre 2012 - Forte esplosione questa notte a Francavilla
in via Cotogno, vicino al civico 3, a pochi metri dalla
caserma del distaccamento dei Vigili del fuoco. Il boato che
ha svegliato i residenti e non solo, attorno alle 2.15. Nessun
dubbio sul fatto che si tratti di un episodio intimidatorio.
Nella palazzina di edilizia popolare del civico 3 abita infatti
Cosimo Canovari, già noto alle forze del’ordine e fratello di
Nicola Canovari, salvatosi miracolosamente nell’attentato in
cui perse la vita il giovanissimo Francesco Ligorio.
L’esplosione ha fortunatamente provocato solo danni a cose:
quattro automobili distrutte, diversi vetri infranti alle
abitazioni vicine.
Attentato nel Brindisino un ordigno esplode
davanti a palazzina
8 Ottobre 2012 - Un ordigno rudimentale di medio
potenziale è stato fatto esplodere la scorsa notte alla
periferia di Francavilla Fontana dinanzi a una palazzina in
cui abitano alcune famiglie oltre a un detenuto ai domiciliari
con moglie e figli che sembrerebbe essere – secondo gli
investigatori – l'obiettivo degli attentatori. Non ci sono feriti.
Tre automobili sono state gravemente danneggiate
dall’esplosione della bomba di fabbricazione artigianale,
fatta con circa un chilo di polvere nera e numerosi bulloni,
secondo quanto è stato accertato dagli artificieri dei
carabinieri. La deflagrazione è avvenuta attorno alle 3: lievi
i danni all’edificio. Gli investigatori, giunti dopo aver
sentito il boato, sul luogo che dista poche centinaia di metri
dalla caserma dell’Arma, non escludono che il messaggio
intimidatorio fosse rivolto proprio a Cosimo Canovari, di 44
anni, agli arresti domiciliari per armi e droga. Sempre in
quella zona, infatti, poco più di una settimana fa era stata
data alle fiamme la Bmw di proprietà dell’uomo, episodio
che, quindi, potrebbe essere collegato agli ultimi fatti.
Racket under 18: “Voleva 50mila euro”
7 ottobre 2012 - “Ora ti sei ingrandito, hai comprato terreni
e ville, se fino a mò hai campato senza problemi ora per
avere la tranquillità devi contribuire”. C’era scritto
pressappoco questo nel messaggio cartaceo recapitato via
posta qualche giorno fa a un imprenditore agricolo di Oria,
ex libero professionista. Un secondo biglietto, sempre
imbucato nella cassetta della posta, poi, ha spiegato che
l’uomo nell’ora e nel giorno convenuto (nel pomeriggio di
sabato 6 ottobre) doveva sborsare cinquantamila euro. Il
tutto contornato da ulteriori minacce “Se non paghi ce la
prenderemo con le tue ville e i tuoi terreni”. L’imprenditore,
però, non si è fatto per nulla intimorire e senza pensarci due
volte si è recato presso la stazione dei carabinieri per
denunciare l’accaduto. È così che un 17enne di Oria è finito
in manette per tentata estorsione, è stato associato nel
carcere minorile di Monteroni, nel Leccese. Fortunatamente
la vittima della tentata estorsione non si è fatta prendere per
nulla dal panico. I carabinieri della stazione di Oria al
comando del maresciallo Roberto Borrello,insieme ai
militari della compagnia di Francavilla guidati dal capitano
Giuseppe Prudente, hanno potuto operare senza grossi
intoppi. L’autore del messaggio intimidatorio, che al
momento – ma si continua ad indagare – pare sia l’unico
artefice della tentata estorsione, aveva studiato tutto in ogni
dettaglio, ma non l’ha fatta franca. Il secondo messaggio
recapitato all’imprenditore oritano indicava che la somma
contante di cinquantamila euro doveva essere depositata in
un’ex stazione di servizio alla periferia del paese nel
pomeriggio di sabato. I carabinieri si sono appostati nella
zona prima ancora che l’estorsore si presentasse. Il 17enne è
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arrivato nei pressi della stazione di servizio in disuso un
paio di ore prima della consegna del denaro. Munito di
cannocchiale si è piazzato in un posto strategico e ha
osservato attentamente la zona per lungo tempo. Ha visto
attraverso il suo cannocchiale l’imprenditore giungere sul
posto e depositare la borsa contente il denaro. Solo dopo
mezz’ora, quando si è accertato di essere rimasto
completamente solo è andato a prendere il denaro. Non
appena si è impossessato della borsa, però, si è ritrovato
circondato dai carabinieri. Il minorenne, che alle spalle ha
piccoli precedenti di varia natura, dopo le formalità di rito è
stato associato presso il centro di prima accoglienza di
Monteroni. Le indagini dei carabinieri ora sono tese a
stabilire se il ragazzo per mettere a segno la tentata
estorsione si è avvalso della collaborazione di qualche
complice o se ha agito completamente da solo.
Tassi del 462 per cento, botte e minacce: se
l'usuraio ha il cognato Scu
1 ottobre 2012 - L’usura e l’estorsione come mezzo per
riciclare soldi sporchi e moltiplicarli vertiginosamente, ma
anche come occasione per sfruttare la vittima, le sue
conoscenze personali, al fine di compiere altre azioni
criminose. Come la rapina che i due protagonisti negativi di
questa storia avrebbero dovuto compiere nella tarda
mattinata di oggi: ma invece di trovarsi con le armi in pugno
nell’ufficio postale di San Pancrazio Salentino, sono
sistemati entrambi in distinte celle di isolamento del carcere
di via Appia a Brindisi. I carabinieri della compagnia di
Francavilla Fontana ed il pm Marco D’Agostino, infatti,
hanno deciso di uscire allo scoperto dopo un solo mese di
indagini, per evitare eventuali, gravi risvolti, sempre in
agguato quando si entra armi in pugno in un luogo affollato
di persone. I fermati sono Angelo Librato, di 32 anni, di
Mesagne, e Gianfranco Mezzolla, 45 anni, di San Pancrazio
Salentino. Al momento, nel corso della imminente udienza
di convalida dei decreti di fermo davanti al giudice delle
indagini preliminari, dovranno cominciare a difendersi da
ipotesi di reato di estorsione ed usura continuate ed
aggravate. E non è affatto detto che la persona spremuta per
due anni, prima che si decidesse a raccontare tutto ai
carabinieri, sia stata l’unica a vivere l’incubo dei prestiticapestro dei due soggetti . Anzi, i carabinieri pensano
l’esatto contrario e le indagini, pur giunte ad una svolta, non
sono affatto chiuse. La vittima, appartenente ad una famiglia
proprietaria di negozi ed egli stesso impegnato in attività
valutarie, era finita nei guai, ma per trovare i soldi necessari
alla fine ha dovuto rivolgersi al mercato dei prestiti in nero,
che ovviamente esige esclusivamente ratei a tassi usurari.
Ben presto i 10mila euro ricevuti dall’imprenditore a
novembre 2010, all’inizio del mese di gennaio 2012 era
diventati molti, molti di più. I carabinieri e il sostituto
procuratore che dirige le indagini condotte dal Nucleo
operativo radiomobile della compagnia di Francavilla
Fontana, come hanno spiegato stamani il capitano Giuseppe
Prudente ed il tenente Simone Clemente, hanno avuto modo
di stimare un interesse effettivamente applicato del 462 per
cento annuo. Ma sino al mese di dicembre 2011, la vittima
era riuscita a trovare e a versare solo 65mila euro. Da quel
momento in poi le persecuzioni sono aumentate. Librato –
effettivamente cognato acquisito di Francesco Campana
avendone suo fratello sposato la sorella, è stato a sua volta
implicato in una operazione antimafia all’inizio degli anni
Duemila, denominata Omnia, e in vicende di droga – è
entrato in gioco anche come violento del gruppo. Nel
maggio scorso pilotò una spedizione punitiva nello studio
della vittima, facendone allontanare altre persone, e poi
sottoponendo l’imprenditore ad un violento pestaggio in cui
il malcapitato riportò anche la frattura di due costole. Gli
autori dell’aggressione si allontanarono con l’Audi 3
dell’imprenditore, prelevata come parte del pagamento del
debito. Ad agosto il fatto che il 28 di quello stesso mese
indusse finalmente la vittima a recarsi dai carabinieri.
Librato lo affrontò in un bar, e gli mostrò una pistola che
teneva infilata nella cintura dei pantaloni, rivelando
all’imprenditore la propria vicinanza familiare al Francesco
Campana, ex superlatitante e capo di un dei due clan
superstiti a Mesagne, quello riconducibile a capi storici
Giuseppe Rogoli e Salvatore Buccarella (l’altro era quello
legato a Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, guidato
dall’attuale pentito Ercole Penna e da Daniele Vicientino).
Ogni parola di Librato veniva sottolineata dal tintinnio della
canna dell’arma battuta sul supporto metallico del tavolino
del locale dove i due erano seduti. Le minacce era diventate
sempre più gravi e pressanti. La vittima avrebbe dovuto
trovare e versare altri 24mila euro in breve tempo,
sollecitata da frasi come “ti mangio il cuore”, oppure dalla
promessa di ingresso degli usurai nella sua abitazione a
bordo di una pala meccanica. L’incubo aveva ormai
coinvolto l’intera famiglia dell’imprenditore. Quando i
carabinieri ed il pm, in seguito alla denuncia ricevuta il 28
agosto, avviarono le intercettazioni, i pedinamenti e la
registrazione video degli incontri, constatarono anche che la
vittima ormai doveva ricorrere alla madre per pochi
spiccioli. E’ questa attività che ha portato gli investigatori a
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scoprire il progetto della rapina. La vittima era stata
costretta ad appoggiare un piano di assalto all’ufficio postale
di San Pancrazio Salentino, dove lavora una conoscente
dello stesso imprenditore, alla quale l’uomo si era rivolto
sempre su pressioni e minacce di Librato e Mezzolla, per
ottenere l’apertura di linee di credito e poter così pagare gli
usurai. La stessa avrebbe dovuto fare da talpa, mentre
Mezzolla era la persona che avrebbe dovuto aprire
dall’interno una porta di accesso secondaria e consentire
l’ingresso del commando armato. A questo punto, il
magistrato ha deciso di procedere con i fermi per evitare il
peggio in un ufficio postale che alle 13,30 dell’1 ottobre (ora
e data prescelte) sarebbe stato affollato di utenti. La storia
non può considerarsi chiusa. Ci sono altre piste da battere,
bisogna ricostruire complicità e giro di affari del gruppo, ed
i suoi effettivi rapporti con la criminalità organizzata. Quello
della tracciabilità dei soldi utilizzati per i prestiti o
incamerati dalla banda, invece, rappresenta un grosso
problema: il danaro veniva consegnato in contanti. Ma si sta
lavorando anche a questo.
di Marcello Orlandini
“Se non paghi io ti levo il cuore”
1 ottobre 2012 - “Io ti levo il cuore o Pà, ti sto avvisando, io
mi mangio il cuore che hai non me ne fotto più un cazzo di
niente”. Per l’assicuratore di Erchie finito in mano agli
strozzini era ormai un registro abituale quello usato da
coloro che lo hanno perseguitato per più di un anno, sol
perché aveva chiesto in un momento di disperazione un
prestito di 10mila euro. Sono arrivati addirittura a urlargli al
telefono che prima o poi gli avrebbero sfondato la porta di
casa con un caterpillar. Hanno sbagliato tutto, dimostrandosi
usurai neppure troppo scafati, ché hanno ridotto così ai
minimi termini la propria vittima da non lasciargli altra
scelta che denunciare ogni cosa. Dalle conversazioni e dalle
ricostruzioni contenute nel decreto di fermo firmato dal pm
Marco D’Agostino e disposto a carico di Gianfranco
Mezzolla, 45 anni di San Pancrazio, e Angelo Librato, 32
anni, di Mesagne, accusati di usura ed estorsione, emergono
dettagli agghiaccianti. “Vi piacciono le discoteche a
Gallipoli” aveva scritto Angelo Librato, il cognato di
Francesco Campana che è inutile specificare chi sia, il
32enne che si faceva vanto delle proprie parentele, per
dimostrare all’uomo che taglieggiava la propria capacità
d’essere ovunque, di conoscere tutti i suoi spostamenti.
Come in una specie di “Grande fratello” ad personam. Tutto
è iniziato nel 2010 con un prestito di 10mila euro richiesto
dall’imprenditore erchiolano. Quell’importo è letteralmente
lievitato fino a quotare 65mila euro nel gennaio 2012, poco
più di un anno dopo. Gli è stato applicato un tasso del 462
per cento e sono poi state chieste anche somme aggiuntive
per 24 mila euro. Gli incontri avvenivano sempre lungo la
complanare per San Pancrazio Salentino, comune nel cui
ufficio postale lavora una amica dell’uomo taglieggiato,
anche lei finita nel mirino: cercavano di convincerla ad
approfittare della propria mansione per ottenere del denaro,
a copertura – dicevano – dei debiti dell’altro. Stavano per
coinvolgerla in una violenta rapina che doveva andare in
scena oggi, alle 13.30. “Se venerdì non mi dai qualcosa te ne
puoi andare da Erchie, te ne puoi andare proprio, non ti
voglio vedere più” diceva Librato appena venti giorni fa. “In
che senso devo andare via?” ha chiesto a quel punto
l’imprenditore. “Che te ne devi andare proprio, te ne devi
andare”. Era stato un continuo di telefonate, messaggi,
intimidazioni. Frasi inquietanti, sentenze che solo a
pronunciarle fanno rabbrividire. Il povero “debitore”
cercava scappatoie, chiedeva aiuto, tempo, indulgenza. I
due, forti della propria posizione, convinti che il fatto d’aver
citato la Scu avesse eliminato anche la minima possibilità di
finire nei guai, continuavano a chiedere, a insistere. Per tutto
il 2011, emerge dall’attività tecnica (intercettazioni
telefoniche e ambientali) a supporto delle indagini, la
vittima era stata costretta a versare una somma mensile di
5mila euro. Per riuscire a farlo aveva dovuto metterci in
mezzo anche il suo mestiere, fino a rischiare il mandato che
la compagnia assicurativa gli aveva conferito per lavorare a
Erchie, nella sua città. A novembre 2010 la richiesta di
prestito, dunque. Il 19 gennaio erano diventati 14mila. Poi,
da allora in poi, gli interessi sarebbero passati dal 20 per
cento al 50 per cento. Questo perché Mezzolla aveva dei
referenti cui dare conto e non lavorava in proprio. Tanto
affermava e su questo resta ancora da compiere
accertamenti: l’inchiesta è al momento affidata alla procura
di Brindisi ma non è escluso che possa passare alla
Direzione distrettuale antimafia di Lecce. L’attività
investigativa è stata condotta dai carabinieri della
compagnia di Francavilla, al comando del capitano
Giuseppe Prudente e del tenente Simone Clemente.
Insomma, alla fine la vittima non è più riuscita a pagare.
Sono iniziate le estorsioni. Il 21 agosto gli fu mostrata una
pistola, fatta tintinnare sulle gambe in ferro di un tavolo. Poi
le botte con una mazza e un tira pugni: “Mi hai preso per il
culo, devi pagare”. In buona sostanza l’imprenditore, prima
di decidere di denunciare tutto ai carabinieri, aveva dato agli
usurai denaro a sufficienza per ripagare il debito e anche il
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fastidio. Non lo lasciavano in pace e non lo avrebbero fatto.
Perché l’usura è un circolo vizioso che non si interrompe
mai. Librato e Mezzolla avevano preparato una rapina alle
Poste di San Pancrazio. Segno che erano ben lontani
dall’accontentarsi dei contanti già incassati. Non sarebbero
stati forse mai paghi, mentre l’erchiolano era sprofondato
nel baratro, aveva perso gli amici oltre a ritrovarsi in un
mare di guai economici. E’ bastato denunciare per
interrompere quel giro vorticoso al terrore che stava per
fagocitarlo. Gli strozzini sono stati sottoposti a fermo,
provvedimento giustificato stavolta non dal pericolo di fuga
ma dalla certezza, acquisita dai carabinieri proprio mediante
l’ascolto delle chiacchierate al telefono, che i due stavano
per entrare in azione ad ora di pranzo in un ufficio postale
pieno zeppo di gente. Sventato l’assalto. Cessato l’incubo.
Almeno un paio di obiettivi centrati in un sol colpo.
di Vito Caccia
Prestavano denaro a tassi usurai e minacciavano
vittime: due arresti
01/10/2012 - Usura ed estorsione continuata, in concorso e
aggravate, sia dal rilevante danno economico, che dall’aver
approfittato dello stato di bisogno della vittima e poiché
erano in danno di attività imprenditoriale Con queste gravi
accuse i militari della Nucleo Operativo e Radiomobile della
Compagnia Carabinieri di Francavilla Fontana hanno
arrestato Gianfranco Mezzolla, 45 anni di San Pancrazio
Salentino e Angelo Librato, 32 anni, residente a Mesagne.
L'operazione è stata condotta alle prime ore dell’alba di
oggi, in esecuzione dei fermi emessi dal Sost. Procuratore
della Repubblica di Brindisi dr. Marco d’Agostino. Sia
Mezzolla che Librato sono pregiudicati. In particolare
quest'ultimo ha avuto precedenti "pesanti" fra cui
associazione per delinquere di stampa mafioso (416 BIS) e
associazione per traffico di sostanza stupefacenti.
L’operazione di polizia, denominata “LAST CASH”, è il
frutto di un’articolata attività di indagine svolta sotto la
direzione della Procura della Repubblica di Brindisi, e
originata dalla denuncia di un imprenditore di Erchie
(Brindisi). Questi a seguito di alcune difficoltà economiche,
ha subito, nel tempo, da entrambi i soggetti, numerosi
episodi estorsivi causati dall’aver ricevuto denaro a interessi
usurari. In particolare i due fermati odierni, in concorso fra
loro, avanzando richieste dirette alle vittime nonché
spalleggiandosi a vicenda in ciascuno degli ulteriori incontri
con esse, agendo in più occasioni distinte, comunque in
esecuzione del medesimo disegno criminoso, si facevano
dare, in corrispettivo di un iniziale prestito di Euro 10.000
corrisposto nel novembre del 2010, interessi usurari pari alla
somma complessiva di Euro 65.000 (alla data del
19.1.2012), corrispondente al tasso di interessi con
capitalizzazione composta del 462% su base annua. Altro
episodio ricostruito nel corso delle indagini è stata la
consegna, ovviamente non spontanea, di una autovettura
Audi A3 di proprietà della vittima. Addirittura, negli ultimi
tempi, si erano fatti promettere le ulteriori somme di Euro
24.000 complessivi (nello specifico Euro 15.000 per il
Librato ed Euro 9.000 per il Mezzolla) arrecando alla
vittima un danno patrimoniale complessivo di rilevante
gravità, tanto da averlo ridotto ormai in uno stato di
profonda prostrazione. Inoltre, sempre a seguito delle
indagini condotte, è emerso come sempre in concorso fra
loro, agendo allo scopo di assicurarsi il profitto o comunque
il prodotto dell’usura e arrecando alla vittima un danno
patrimoniale di rilevante gravità, usavano reiteratamente
violenza e minaccia nei confronti delle vittime del reato allo
scopo di conseguire l’ingiusto profitto della consegna delle
somme poi effettivamente corrisposte e di quelle promesse
successivamente. Prima che intervenissero le indagini dei
Carabinieri sono stati ricostruiti numerosi episodi di
violenza e minaccia: dal maggio 2012 la vittima veniva
picchiata selvaggiamente anche avvalendosi di un bastone in
legno e di un tira pugni, in una occasione per la violenza
delle botte subite, addirittura, subiva la rottura di due
costole. In un episodio specifico di agosto di quest’anno, il
Librato pur di convincerlo della “bontà” delle minacce, gli
mostrava una pistola che occultava nei pantaloni e, dopo
aver vantato la propria parentela con il noto pregiudicato
della Sacra Corona Unita Campana Francesco, la faceva
tintinnare contro i piedi di un tavolo metallico. Addirittura
nei primi giorni di settembre la vittima subiva la minaccia di
una incursione in casa con una pala meccanica, se non
avesse pagato entro il 14 Settembre 2012. Le attività
investigative, supportate da attività tecniche, hanno
permesso di ricostruire gli episodi estorsivi e gli episodi di
usura grazie ad una indagine rapida ed efficacemente svolta:
la denuncia risale al 28 agosto scorso e, nel giro di non più
di un mese, è stato possibile emettere la misura restrittiva
grazie a serrate indagini condotte anche mediante l’ausilio di
pedinamenti effettuati nel corso degli incontri, captazioni,
riprese audio video e riscontri documentali sugli interessi
versati dalla vittima. Episodio allarmante emerso nel corso
delle indagini, inoltre, è che allo scopo di recuperare il
“credito”, che ormai aveva raggiunto cifre astronomiche che
difficilmente la vittima avrebbe potuto coprire, il Librato,
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dopo aver coinvolto una conoscente della vittima al fine di
farle aprire prestiti a copertura delle sue esose richieste
economiche, sfruttando il fatto che la stessa era impiegata
nell’ufficio postale di San Pancrazio Salentino, stavano
pianificando una rapina che si sarebbe dovuta effettuare
proprio in questi giorni. Questo, qualora anche la donna non
avesse prestato la propria collaborazione, avrebbe
determinato un grave rischio all’incolumità pubblica dato
che la rapina era stata pianificata per la data di oggi, quando
vi sarebbe stata alta liquidità in previsione del pagamento
delle pensioni. Addirittura, dopo aver ipotizzato un ruolo di
“spia” della donna, il Librato stava valutando di segare le
inferriate delle finestre per accedervi “di sorpresa” o di
penetrarvi da una porta che un complice, non identificato,
verosimilmente con la partecipazione attiva del Mezzolla
avrebbe dovuto aprire dall’interno. Erano seguiti serrati
sopralluoghi che ha consentito alla P.G. operante e alla
Autorità Giudiziaria che il pactum sceleris andava
sicuramente arrestato, dato che appariva necessario impedire
la commissione di altri reati da parte degli indagati, i quali
hanno dimostrato estrema pericolosità e violenza. I due
fermati, raggiunti nelle rispettive abitazioni, sono stati
tradotti nella casa circondariale di Brindisi a disposizione
della Autorità Giudiziaria e in attesa dell’interrogatorio di
garanzia. Per le vittime sono state già avviate le pratiche
relative all’accesso al Fondo Vittime di Usura con la
preziosa collaborazione della Associazione Antiracket di
Francavilla Fontana. Non si esclude la possibilità che vi
siano altre vittime degli stessi usurai, tutti imprenditori e
commercianti della provincia di Brindisi.
Così le donne amministravano il clan
20 settembre 2012 - Le due donne del clan hanno negato.
Davanti al gip che le ha interrogate in carcere hanno parlato
di crediti rivendicati, di rapporti di parentela, hanno
giustificato quelle conversazioni contenute nell’ordinanza di
custodia cautelare come chiacchiere fatte per affari e per
affari – a loro dire – non si intende nulla di illecito, non
estorsioni agli imprenditori del fotovoltaico per foraggiare i
detenuti, le famiglie, gli associati alla Sacra corona unita.
Vincenza Trenta, 57 anni, compagna di Giovanni
Buccarella, 85 anni, e Antonia Caliandro, 56 anni, la moglie
di Salvatore Buccarella, 53 anni, non si sono avvalse della
facoltà di non rispondere stamani in carcere e hanno risposto
alle domande del giudice per le indagini preliminari Alcide
Maritati. Hanno motivato, accanto agli avvocati Giuseppe
Lanzalone e Domenico Valletta, ogni minimo spostamento
finito nel fascicolo d’inchiesta del pm Alberto Santacatterina
prima e nel provvedimento restrittivo del Tribunale, dopo.
Nessuna associazione per delinquere di stampo mafioso, a
sentire la loro versione. Lo stesso vale per Elia Pati,
brindisino di 37 anni, per Gabriele Giannone, difesi da
Daniela D’Amuri, 38 anni, per Cosimo Nigro, detto Mino,
39 anni, assistito da Gianvito Lillo. Si è avvalso della facoltà
di non rispondere Angelo Buccarella, 34 anni, il figlio di
Salvatore Buccarella, che si è affidato alla difesa di Ladislao
Massari. Domani mattina riprenderanno gli interrogatori di
garanzia e dopo i detenuti (esclusi coloro che erano già
reclusi fuori regione, come Salvatore Buccarella, che
saranno invece sentiti per rogatoria) toccherà a Giovanni
Buccarella, detto “Nino Balla”, l’anziano di famiglia che
secondo l’accusa era attivo nella gestione del sistema di
approvvigionamento del danaro attraverso le estorsioni. Il
“capostipite” è ai domiciliari, nella masseria di Tuturano in
cui, stando alle dichiarazioni del pentito Ercole Penna
venivano organizzati i summit della malavita, perché le sue
condizioni di salute sono già state giudicate mesi addietro
incompatibili con il regime carcerario. Il ruolo delle due
donne arrestate è di primissimo piano. Ed è forse questa una
delle peculiarità della Sacra corona unita in versione
moderna. Le donne parlano di soldi, gestiscono gli affari
come delle manager d’azienda in tailleur. La loro è però
l’azienda di famiglia con “sede legale” in masseria. Sono
perfettamente in grado di recepire gli ordini e di darne
esecuzione, ma sanno pure prendere l’iniziativa. Nella sala
colloqui di un penitenziario deve bastare uno sguardo. Una
mezza parola. Stando alle risultanze dell’inchiesta Antonia
Caliandro, detta “Netta” è colei che riceve le disposizioni
dal marito, Salvatore Buccarella, che è recluso nel carcere di
Secondigliano. E’ lei la persona di riferimento, a lei dà
conto Cosimo Giardino Fai, uno degli affiliati che va a
reperire i soldi sul campo, della raccolta del denaro e della
ripartizione. “Mo ho preso questi mille euro” dice. E poi “ne
ho dati duecento a quello” e trecento a quell’altro. Lo stesso
vale per Vincenza Trenta, accusata in concorso con
Giovanni Buccarella di aver posizionato una bottiglia
incendiaria su una pala meccanica della ditta “New Edil” per
intimidire i titolari e convincerli a farsi “proteggere” dai
danneggiamenti e dai furti dagli “amici”. Ciò sarebbe
accaduto a Tuturano il 7 marzo 2010. Secondo il gip la
donna è “inserita a pieno titolo nell’associazione, tanto da
interloquire sulle strategie e sulla distribuzione dei profitti”.
E proprio lei a dire a Cosimo Giardino Fai “non ci prendere
per il culo, sono sampietrani”, riferendosi alla provenienza
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di aziende che si erano messe a realizzare impianti per la
produzione di energia in quella zona in cui andava in
qualche modo pagato il pedaggio, il “pensierino” da dare ai
detenuti. Se Antonia Caliandro va puntualmente a trovare il
marito e riporta poi in terra patria le direttive, Vincenza
Trenta accompagna il suo uomo nei sopralluoghi compiuti
nelle campagne e “partecipa non solo ai singoli episodi
estorsivi ma a tutta la vita della associazioni. Fa da
mediatrice, come solo le donne sanno fare, per evitare
contrasti. Si occupa personalmente della spartizione degli
importi incassati con metodo mafioso. E’ un personaggio di
rilievo” secondo il gip. Anche questo va interpretato come
un pericolosissimo segnale di evoluzione della Sacra corona
unita che rinasce dalle sue ceneri, lo ritiene anche il
procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta che si è detto
scettico rispetto alla possibilità di sconfiggere mai
definitivamente la malavita organizzata. Le signore non
stanno ai fornelli e basta. Non sono più semplicemente
madri e massaie, ma occupano posizioni di vertice, posizioni
riconosciute dagli altri, tutti uomini. Sono le “sostitute” dei
mariti, se costoro si trovano in cella. Pensano, insomma.
Decidono. Se la Sacra corona unita fosse una multinazionale
a loro spetterebbe l’incarico di amministratore delegato.
L’italiano delle loro conversazioni è stentato, infarcito di
espressioni dialettali. Ma la gestione del territorio è
equilibrata, all’insegna della pax predicata da Francesco
Campana proprio nel corso di un summit alla presenza di
Piccolo dente (Massimo Pasimeni da Mesagne) e di Ercole
Penna che ha poi vuotato il sacco. Lo scopo del gioco è far
soldi per distribuirli per generare consenso, gratitudine e
quindi completa sottomissione. La regola numero uno è non
fare rumore. Niente fucili, non si spara più, se non di rado. E
nell’amministrazione del denaro le donne sono perfette.
di Vito Caccia
Scu e fotovoltaico, gli arrestati
19 settembre 2012 “I Carabinieri del Nucleo
Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi, alle
prime luci dell’alba, hanno dato esecuzione, in questa
provincia nonché in quelle di Napoli, Benevento, Lecce,
Potenza, Vibo Valentia e Pavia (queste ultime interessate
per i 7 destinatari della misura già detenuti), a un’ordinanza
di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip di Lecce su
richiesta della locale Dda., nei confronti di 16 indagati (di
cui 9 liberi, tra essi 2 donne), tutti affiliati o fiancheggiatori
del clan della Sacra Corona Unita “Buccarella”, operante in
questa provincia e in quella di Lecce, responsabili, a vario
titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso,
estorsione, danneggiamento e furto, reati aggravati dal
metodo mafioso.
L’operazione,
convenzionalmente
denominata “Helios”, scaturisce da indagine d’iniziativa del
dipendente Nucleo Investigativo, condotta da dicembre 2009
a giugno 2010, svolta con attività tecniche e suffragata dalle
dichiarazioni di 5 collaboratori di giustizia, che ha
consentito di accertare l’esistenza di un vasto fenomeno
d’estorsione riconducibile al clan “Buccarella” a danno di 7
imprenditori locali e di uno messinese impegnati nei lavori
della realizzazione di impianti eolici o fotovoltaici nei
comuni di Brindisi, S. Pietro Vernotico, Cellino S. Marco e
Torchiarolo. L’attività criminale era finalizzata a recuperare
denaro per il mantenimento dei sodali in libertà e delle
famiglie dei detenuti nonché a garantire il pagamento degli
avvocati. Lo sviluppo di impianti di c.d. energie rinnovabili
ha da subito interessato la criminalità organizzata locale che
ha individuato, nel business dell’energia pulita, una fonte di
facili guadagni. Le indagini hanno preso il via a seguito
dell’arresto in flagranza di 2 estortori, avvenuto il 1° giugno
2010, quando Fai Giardino Cosimo su disposizione di
Buccarella Giovanni, fu sorpreso nel tentativo di incassare
circa 18.000 euro, quale prima rata di una richiesta
estorsiva, ai danni della ditta Eds. Fai, per l’episodio era
stato condannato con rito abbreviato alla pena di anni otto e
mesi sei di reclusione, mentre Buccarella Giovanni alla pena
di anni otto di reclusione ed euro 200 di multa. L’attività ha
delineato il complesso dell’organizzazione e le sue
dinamiche interne, nonché la collaborazione criminale con il
clan della Scu, detto dei “Mesagnesi”, anch’esso operante in
questa provincia; addebitato ai vertici detenuti del clan
“Buccarella” la perdurante direzione del sodalizio e delle
connesse attività criminali; fatto emergere la contiguità, al di
fuori dell’ipotesi di concorso, di più imprese della provincia
fornitrici di materiali da costruzione o servizi, che,
avvantaggiatesi delle attività criminali del clan, assumevano,
poi, la posizione di “debitrici di favori”. Accertate ben 10
estorsioni, tentate o consumate, nei confronti dei citati
imprenditori, mediante la richiesta di pagamento di varie
somme di denaro per continuare i lavori, l’assunzione di
maestranze o custodi, ovvero l’acquisto di materiali o la
fornitura d’opera da ditte imposte. Le ordinanze sono state
eseguite nei confronti di:
1. BUCCARELLA Giovanni, detto Nino Balla, nato a
Brindisi il 27.09.1927, ivi residente c.da Specchia s.n.
(arresti domiciliari);
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2. BUCCARELLA Salvatore, detto Toto Balla, nato a
Brindisi il 04.06.1959, in atto detenuto presso la Casa
Circondariale di Secondigliano;
3. CAMPANA Francesco, nato a Mesagne (BR)
14/01/1973, in atto detenuto;
4. FAI Giardino Cosimo, detto Mimino, nato a Brindisi
frazione di Tuturano il 26.05.1960, ivi residente via Rossini
31, in atto detenuto;
5. BAGORDO Claudio, nato a San Pietro Vernotico il
10.12.1972, residente in Cellino San Marco via Campi nr. 1,
in atto detenuto;
6. BUCCARELLA Angelo, nato a Mesagne il 13.10.1978,
residente in Brindisi frazione di Tuturano via Specchia 92,
in atto detenuto;
7. CALIANDRO Antonia, nata a Latiano il 20.11.1956,
residente in Brindisi frazione di Tuturano strada Specchia
92;
8. D’AGNANO Domenico, nato a Carovigno il 30.10.1968,
residente in San Pietro Vernotico via Mascagni nr. 49, in
atto detenuto;
9. DEMITRI Angelo, nato a S.Pietro Vernotico il
18.10.1974, ivi residente in via Campania nr. 20;
10. GIANNONE Gabriele, nato a Brindisi il 13.01.1974,
residente in Brindisi nella frazione di Tuturano Strada
Colemi nr.25;
11. NIGRO Cosimo, detto Mino, nato a Brindisi il
01.07.1971, ivi residente nella frazione di Tuturano via
Pianoforte nr. 1;
12. PATI Elia, detto Elio, nato a Mesagne il 19.10.1975,
residente in Brindisi via Giuseppe Pelizza da Volpedo 15;
13. RENNA Raffaele, detto u Puffo, nato Mesagne il
20.03.1979, residente in San Pietro Vernotico via Carlo
Alberto nr. 13;
14. STABILE Antonio, nato a Mesagne il 11.09.1975,
residente in San Pietro Vernotico via Piero della Francesca
nr. 31
15. TALO’ Cosimo, nato a San Pietro Vernotico il
23.10.1971, residente in Cellino San Marcoi via P.Micca 52;
16. TRENTA Vincenza, nata a Brindisi il 06.05.1955,
residente in San Pietro Vernotico via Sant’Antonio 112.”
Le indagini si basano anche sulle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia Simone Caforio, Ercole Penna,
Davide Tafuri, Giuseppe Passaseo, e Fabio Fornaro.
L'ultimo latitante Scu del Brindisino dormiva con
la moto nel corridoio.
12 settembre 2012 - Era nascosto in una casa in campagna a
Carosino, Comune del Tarantino al confine con Francavilla
Fontana, si muoveva solo in moto, una Suzuki “Gsx 1000”,
con un casco integrale e non usava il telefono cellulare. Per
gli uomini della Squadra mobile della questura di Brindisi
non è stato facile arrestare, all’alba di oggi, il boss
mesagnese della Scu, Oronzo De Nitto, detto Ronzino, 38
anni, braccio destro del boss Francesco Campana catturato il
23 aprile del 2011. Erano sulle sue tracce da ben 21 mesi, da
quando cioè, fu conclusa l’operazione Last Minute (28
dicembre 2010) che, in seguito alle dichiarazioni del pentito
Ercole Penna alias “Linu lu biondu”, portò all’esecuzione di
28 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 18 nei
confronti di soggetti già detenuti. De Nitto è ritenuto
l’attuale referente per la provincia di Brindisi del clan
Campana. Era destinatario di un’ordinanza di custodia
cautelare per associazione per delinquere di stampo mafioso.
Francesco Campana, 38 anni è stato arrestato nell’aprile del
2011. Poi, nel giugno successivo, è stata la volta del fratello
Antonio, accusato di omicidio. All’appello mancava solo
Ronzino De Nitto. “Nell’area del Brindisino non abbiamo
più latitanti” ha affermato, questa mattina, con una punta di
orgoglio il questore Alfonso Terribile, durante la conferenza
stampa di presentazione delle fasi che hanno portato
all’arresto di De Nitto. All’incontro con i giornalisti erano
presenti i vicequestore Francesco Barnaba e Alberto Somma
(capo della Mobile), il pm della procura di Brindisi
applicato alla Direzione distrettuale antimafia di Lecce,
Alberto Santacatterina, e il pm Antonio De Donno della Dda
di Lecce. L’individuazione del posto dove si nascondeva il
braccio destro di Francesco Campana è stata resa possibile
grazie a un lavoro di collaborazione “lungo e faticoso” tra
gli agenti della squadra mobile e i pm della Direzione
distrettuale antimafia di Lecce. Dall’operazione Last
Minute, in cui De Nitto si rese latitante, ad oggi gli
inquirenti non si sono mai fermati. Una vera e propria
“caccia all’uomo”. “Più un soggetto resta latitante più
acquisisce peso e prestigio ed è più difficile rintracciarlo –
ha precisato il pm Alberto Santacatterina – durante la
latitanza aumentano i proventi derivanti dall’attività illecita
e aumenta la possibilità di non essere scoperto. Non è stato
facile individuare la villetta dove si nascondeva De Nitto”.
Nell’abitazione c’era anche una coppia di coniugi originaria
di Francavilla Fontana, che è stata poi denunciata per
favoreggiamento personale. L’immobile dove si nascondeva
De Nitto era fatiscente, arredato con pochi mobili,
circondato da animali. La moto, il ricercato della Scu, la
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teneva nascosta nel corridoio di casa. Da quando gli agenti
della squadra mobile sono sulle sue tracce la due ruote non è
mai stata vista nel cortile della villetta. Questa notte il blitz.
De Nitto è stato trovato su un materasso: dormiva. I
poliziotti gli hanno messo le manette e nella tarda mattinata
lo hanno trasferito in carcere. Restano ora da chiarire alcuni
punti: da quanto tempo alloggiava in quella masseria al
confine con il brindisino, cosa ha fatto negli ultimi 21 mesi,
se si è macchiato di qualche reato legato al racket delle
estorsioni, a chi era intestata la sua moto, che da un primo
controllo sembrerebbe appartenga a un siciliano, che legame
aveva con i due coniugi trovati nell’abitazione dove si
nascondeva. Inoltre, secondo Penna, De Nitto probabilmente
ha avuto a che fare con il francavillese Nicola Canovari,
ferito in un agguato l’11 novembre scorso, a Francavilla, in
cui rimase ucciso il 18enne Francesco Ligorio, estraneo ai
fatti. Una pista sulla quale stanno lavorando anche i
carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana, che
dopo l’Operazione Last Minute sono riusciti a ricostruire la
rete di affari del presunto capozona Giancarlo Capobianco.
Tutte risposte queste che daranno gli investigatori quando le
indagini saranno ultimate. Nella casa è stata sequestrata una
carabina ad aria compressa con relativi proiettili.
di Paola Bari
Attentato a deposito della Silver Car
12 settembre 2012 - Quattro auto completamente distrutte e
altre quattro danneggiate. È questo il bilancio dell’incendio
che intorno alle due di questa notte si è sviluppato
all’interno di uno dei depositi della Silver Car di Rocco
Argentiero di 56 anni, incensurato, sulla Ceglie MessapicaFrancavilla Fontata, di fronte all’area di servizio Menga
Petroli. Da quanto hanno accertato i carabinieri della
compagnia di San Vito dei Normanni, intervenuti sul posto
insieme ai vigili del fuoco, e ai colleghi della locale
stazione, le fiamme che hanno distrutto i mezzi del
commerciante cegliese di auto usate sono di natura dolosa.
La dinamica dell’attentato incendiario è stata ripresa dal
sistema di video-sorveglianza di cui è dotato anche questo
desposito periferico e in queste ore i fotogrammi sono al
vaglio degli investigatori. società pare non sia coperta da
assicurazione specifica. Chi ha agito,aveva il preciso scopo
di danneggiare Argentiero, il quale dal canto suo si dichiara
totalmente all’oscuro dei retrioscena che potrebbe avere la
vicenda. Pare abbia dichiarato ai carabinieri di non aver mai
ricevuto minacce o richieste estorsive. Gli uomini del
capitano Ferruccio Nardacci, il comandante della compagnia
di San Vito dei Normanni, si riservano tutte le piste anche se
escluderebbero, da una primissima ricostruzione dei fatti, il
movente legato al racket delle estorsioni. Le auto distrutte
sono tre Mercedes Classe A e B e un fuoristrada Mitsubishi,
quelle danneggiate, invece, sono una Fiat Punto e tre veicoli
commerciali. Tutti automezzi usati. Erano parcheggiati nel
piazzale che si affaccia sulla strada provinciale. I piromani,
quindi, hanno solo scavalcato l’inferriata. Non sono stati
trovati segni di effrazione ai cancelli di ingresso. La
segnalazione di intervento alla sala operativa dei vigili del
fuoco è giunta intorno alle due e mezzo della notte scorsa.
Sul posto si sono portate tre squadre, una proveniente dal
Comando provinciale di Brindisi, le altre due dalle sedi
distaccate di Francavilla Fontana e Ostuni. I pompieri hanno
dovuto lavorare di idranti per diverse ore prima di dichiarare
l’area interessata dall’incendio fuori pericolo. I danni
arrecati sono in corso di quantificazione. La concessionaria
Silver Car è gestita anche dai due figli di Argentiero, Donato
e Italo, che insieme al padre, da anni organizzano la gara
automobilistica “Gimkana Car”, giunta quest’anno alla sua
XXV edizione, che si è tenuta a Ceglie il 2 settembre e a cui
partecipano numerosi piloti locali. Il vincitore quest’anno è
stato il figlio dell’imprenditore, Donato Argentiero. La
manifestazione è seguita da tutta la comunità cegliese e
rappresenta, ormai, un evento atteso. L’imprenditore preso
di mira dai piromani è molto conosciuto in paese, sulla
pagina Facebook che racconta le fasi dell’ultima gara
automobilistica viene descritto come “Il gigante buono”.
di Paola Bari
Brucia l’auto di un idraulico
12 settembre 2012 - Gli incendi auto non si fermano. La
notte scorsa è stata distrutta dalle fiamme una Toyota Yaris
di proprietà di un idraulico che vive al quartiere Sant’Elia.
La vettura era parcheggiata nel cortile del condominio dove
vive l’uomo, all’angolo tra via Leonardo da Vinci e via
Ciardi. Sul posto a spegnere le fiamme si sono portati i vigili
del fuoco e poi una pattuglia della sezione Volanti della
Questura di Brindisi per il sopralluogo di rito. I pompieri
non hanno trovato chiari segni riconducibili al dolo. La
vettura, però, che viene utilizzata anche dalla moglie
dell’uomo, era stata parcheggiata intorno alle 20,30 di ieri
sera e le fiamme si sono generate quattro ore dopo. Quando
il motore era ormai freddo. Non sono state trovate tracce di
liquido infiammabile o segni di effrazione ai finestrini. Il
proprietario della Yaris è stato ascoltato dai poliziotti e
avrebbe dichiarato di non essere mai stato avvicinato da
malviventi e di non avere avuto, di recente, screzi con
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qualcuno. Mistero anche per questo ennesimo incendio che
distrugge auto di privati cittadini.
Spari alla macelleria Bisanti e rissa a casa
08 Settembre 2012 - Sparano quattro colpi di pistola alla
macelleria in piazza Sapri e qualche minuto dopo (o prima)
le forze dell’ordine portano via il fratello del titolare per una
lite con la vicina di casa. Pochi metri di distanza tra la casa
di Francesco Bisanti, 27 anni, e l’esercizio che fa capo al
fratello Antonio, 31 anni. Quattro i colpi sparati da un uomo
con il volto coperto da un casco integrale, testimoniati da
due fori sulla saracinesca della macelleria di via Verona e
altrettanti bossoli a terra. Nessun ferito, ma nemmeno
testimoni.
di Marialuisa Giuliano
L'autopsia: Presta martoriato di colpi. Si indaga
anche su due attentati
07 settembre 2012 - Si è conclusa poche ore fa l’autopsia
sul corpo di Antonio Presta, il 29enne di San Donaci
ammazzato a colpi di arma da fuoco nella tarda serata di
mercoledì scorso nei pressi di un circolo ricreativo in via
Tobagi a San Donaci. Dall’esame autoptico, eseguito dal
medico legale Antonio Carusi, non sarebbero emersi grandi
elementi di novità rispetto alla ricostruzione della dinamica
fatta dagli investigatori subito dopo il delitto. Sarebbero
nove in tutto i colpi esplosi, tre con un fucile caricato a
pallini e sei con un revolver calibro 38. Dopo gli spari i
killer, presumibilmente tre, avrebbero anche infierito
picchiando con il calcio del fucile la vittima, figlio di un ex
collaboratore di giustizia, Gianfranco, che da anni vive in
Emilia Romagna. La salma del 29enne nella mattinata
domani sarà trasferita nell’abitazione della sorella a Cellino
San Marco dove vi resterà fino alle 16,30 di domenica
prossima quando saranno celebrati i funerali presso la chiesa
di San Marco e Santa Caterina. Le indagini intanto
proseguono e sono affidate ai carabinieri del reparto
operativo di Brindisi. Dal punto di vista tecnico si stanno
analizzando le tracce rimaste nell’abitacolo dell’auto
utilizzata dai sicari, una Lancia Delta nuovo modello di
colore bianco e le impronte sulle armi, una delle quali è stata
ritrovata in pezzi, entrambe abbandonate sul luogo del
delitto. L’attività investigativa procede, invece, prendendo
in esame gli ultimi fatti di cronaca avvenuti in zona, tra cui
emergono, a partire dalla notte di Capodanno, anche un paio
di attentati messi a segno proprio a San Donaci. L’uccisione
di Presta viene considerata dagli investigatori una
esecuzione di chiara tipologia mafiosa. Nella notte
immediatamente successiva all’omicidio sono state anche
eseguite due prove stub per accertare l’eventuale presenza di
polvere da sparo sugli abiti o sul corpo di altrettante persone
che avrebbero potuto avere qualche connessione con la
vittima o con la sua famiglia, prove che hanno però dato
esito negativo. Proseguono, inoltre, interrogatori e
perquisizioni a carico di personaggi ritenuti sospetti.
L’assassinio di Antonio Presta ha sconvolto la piccola
comunità di San Donaci, di fatti così non se ne vedevano dai
lontani anni ‘80. L’associazione di promozione sociale Arci
Iabba lancia un appello alla collaborazione da parte di tutte
le parti sociali presenti sul territorio. “Occorre combattere il
tentativo della costruzione di una “egemonia culturale”
criminale che quando non porta violenza e morte, rovina per
sempre giovani vite che si meriterebbero altro destino.
Occorre farlo tessendo la tela di una grande alleanza fra
associazioni, parrocchie, scuole, classe politica, forze
dell’ordine, commercianti e imprenditori, madri, padri e
singoli cittadini per offrire un altro orizzonte a chi, in questo
territorio, si affaccia alla soglia del mondo”. “Continuare
nella costruzione di una comunità responsabile di se stessa,
evitare – dice l’Arci locale – che il paese diventi un parco
giochi d’estate e un manicomio o una casa di riposo a cielo
aperto d’inverno. Fare società, spendere del tempo per
guardarsi intorno, combattere tutte le solitudini. Così, noi
pensiamo, potremo uscire vivi dagli anni ‘80”, si legge in
uno stralcio di una nota inviata agli organi di informazione.
Omicidio del figlio del pentito: nessuno parla
ma in molti hanno visto.
07 settembre 2012 - Ora in paese la gente ha paura. Quegli
spari davanti al club “Le Masse”, dinnanzi ad alcuni
frequentatori ha innalzato il livello di tensione. Il cuore della
gente sandonacese sembra diventato una giungla. Un
esecuzione mafiosa in piena regola. Scene, pur nella
tragedia, degne del miglior gangster movie di Hollywood
quelle a cui è stata costretta ad assistere ieri sera la clientela
del locale circolo privato “Le masse”, scene che sono
purtroppo culminate con l'esecuzione di Antonio Presta
ventinovenne del luogo e figlio del collaboratore di giustizia
Gianfranco Presta. Il proprietario del circolo Antonio
Saracino è rimasto completamente sconvolto per ciò che è
accaduto. «Non so proprio cosa dire...» sono le uniche
parole che riesce a tirare fuori, scuotendo il capo.
Comunque, in paese la gente ha paura, c’è preoccupazione,
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per questi killer che girano armati e forse sono ancora a San
Donaci. Immediati si rincorrono i commenti: l’assessore
all’ambiente Mario Presta, a nome dell’Amministrazione
comunale, non intende rilasciare alcuna dichiarazione «in
quanto - afferma - non autorizzato». Comunque, nelle vesti
di semplice cittadino, sostiene che «a mia memoria, una
cosa del genere non era mai accaduta, sono sconvolto.
Ricordo le auto incendiate, così come avviene in tutti i paesi
del Brindisino, gli attentato incendiari e quanto altro, ma un
omicidio così decisamente no». «I Presta - afferma il
professionista sandonacese - oramai in paese che io sappia,
mancavano da anni. Il Padre Gianfranco lo ricordo solo
vagamente, anzi: se lo dovessi rivedere, certamente non lo
riconoscerei». Una situazione da codice rosso, che qualcuno
già comincia a sollecitare alle istituzioni la composizione
dell’Osservatorio sulla legalità, che è previsto vada a regime
entro la prima metà del 2013, dedicato all’analisi e al
monitoraggio degli atti illeciti collegati alla criminalità
organizzata di stampo mafioso, con la finalità di accrescere
le conoscenze su tali fenomeni e contribuire alla loro
prevenzione, prevede di creare e gestire un portale internet
dedicato che verrà alimentato dai Comuni della provincia,
dalla Questura e dalla Prefettura di Brindisi, dalla Camera di
Commercio, dalle associazioni di categoria e sindacali,
nonché dalle associazioni di volontariato, in particolar
modo, dopo l’attentato alla ditta Caputo, il vivaista cui
arrecarono tantissimi danni. Attualmente il solo comune del
brindisino ad istituirlo è stato Mesagne. A S. Pietro è stato
sollecitato tantissime volte, ma ancora a tutt’oggi non si
muove foglia, nonostante l’ultima auto incendiata è di
qualche giorno addietro. L’avv. Mario Presta, precisa che
«qualche tempo addietro si era iniziato a parlare della
istituzione del’osservatorio, ma quasi certamente
ritorneremo sull’argo mento quanto presto». «La vendetta è
un piatto che va consumato freddo - sostiene ancora l’avv.
Presta - e quasi certamente sarà stata una vendetta, in quanto
il padre era un collaboratore di giustizia. Comunque afferma il professionista sandonacese - saranno i magistrati
che stanno già indagando a portare a galla la verità». Anche
un cittadino immigrato a Firenze e da qualche giorno in
paese A.F. di anni 63 sostiene che «quel che è accaduto in
paese è piuttosto grave, speriamo che non venga soprattutto
sottovalutato e sottaciuto, tenuto conto che i problemi
esistono e che non possono essere risolti da sé». Intanto,
l’associazione antiracket sandonacese, il cui presidente
Oreste Caputo, è irreperibile. F.C. 45 enne del luogo ha fatto
notare che pur avendo a disposizione a Palazzo comunale
una stanza, è chiusa. Da quando è stata consegnata non è
stata mai aperta, e chiede: «È così che si vogliono risolvere i
problemi della criminalità in paese?».
di Giuseppe De Marco
Ricostruita la dinamica dell'agguato a Presta,
trovata l'auto dei killer
06 settembre 2012 - Antonio Presta era seduto vicino al
circolo ricreativo di via Walter Tobagi in compagnia di
alcuni amici, improvvisamente intorno alle 23,15 una Lancia
Delta nuovo modello si è avvicinata davanti alla porta del
locale, dal sedile posteriore è sceso un uomo incappucciato
con in mano un’arma che, dopo aver pronunciato il suo
nome, ha iniziato a sparare nella sua direzione. Presta è
fuggito imboccando via Tunisi, i suoi aguzzini,
presumibilmente in tre, lo hanno inseguito a bordo dell’auto,
dopo averlo raggiunto lo hanno colpito prima alla gamba
destra e poi al torace con una pistola calibro 38 di
fabbricazione estera e un fucile calibro 12 a pallettoni.
Almeno cinque i colpi che hanno raggiunto il 29enne. A fine
esecuzione il fucile è stato spaccato in testa al giovane, già
agonizzante sull’asfalto. È questa, secondo una prima
ricostruzione da parte degli investigatori, la dinamica
dell’omicidio del figlio dell’ex esponente della Scu, poi
collaboratore di giustizia, il 55enne Gianfranco Presta, al
quale era stato revocato il programma di protezione dopo
alcune rapine a cavallo tra Romagna e Marche. Le due armi
sono state lasciate accanto al corpo senza vita di Presta.
L’auto con cui hanno agito i killer è stata trovata poche ore
dopo in contrada Uggio nelle campagne tra Mesagne e San
Donaci, famosa per la chiesetta dove qualche anno fa
avvenivano, a detta di un veggente, apparizioni divine. La
Lancia Delta è risultata naturalmente, di provenienza furtiva.
Gli uomini del Reparto Investigazioni Scientifiche dei
carabinieri hanno cercato impronte e reperti organici ai fini
dell’identificazione dei responsabili dell’agguato che, ieri
sera, ha stroncato la vita al 29enne Antonio Presta, tornato
nel suo paese natale da qualche tempo dopo una lunga
assenza. Il corpo del giovane è rimasto al centro di via
Tunisi fino a quando gli uomini del Ris non hanno eseguito
tutti i rilievi tesi a ricostruire la dinamica dell’omicidio e a
rilevare elementi importanti ai fini delle indagini. Sul posto
sono state trovate tre cartucce calibro 12. Dalla pistola
sarebbero stati invece esplosi almeno sei colpi. Per i rilievi
di rito, sul luogo dell’omicidio si sono portati i carabinieri
della compagnia di Francavilla Fontana, al comando del
capitano Giuseppe Prudente, gli uomini del nucleo operativo
di Francavilla guidati dal tenente Simone Clemente e i
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carabinieri del reparto operativo di Brindisi al comando del
maggiore Alessandro Colella. Per oltre quattro ore gli
investigatori hanno raccolto elementi e testimonianze utili
per l’identificazione degli autori dell’agguato omicida. Nella
stessa notte sono state eseguite numerose perquisizioni a
carico di personaggi ritenuti sospetti, non si esclude che la
svolta nelle indagini arrivi nelle prossime ore. I carabinieri
hanno anche ascoltato in ospedale Pierangelo Giuffreda, il
ragazzo ferito durante la sparatoria. Il 22enne avrebbe
dichiarato di non aver visto nulla, tranne che un uomo
armato e incappucciato. Le indagini da parte degli uomini
dell’Arma sono ancora in corso. Il pubblico ministero di
turno, Giuseppe De Nozza, anch’egli ieri sera sul posto
dell’omicidio, ha affidato l’incarico per l’autopsia sul corpo
di Antonio Presta al medico legale Antonio Carusi, esame
fissato per le 14,30 di domani.
di Paola Bari
Ucciso davanti a un circolo ricreativo il figlio
dell'ex pentito Presta
06 settembre 2012 - Ha tentato di fuggire all’apparizione
dei killer, travolgendo tavolini e sedie davanti al circolo
ricreativo di via Walter Tobagi a San Donaci, dove era
seduto. Ma è stato centrato alla schiena da una fucilata e da
vari colpi di pistola. E’ morto così poco prima della
mezzanotte Antonio Presta, 29 anni, figlio di un personaggio
della vecchia Scu, Gianfranco Presta, 55 anni, che nel 2009
aveva definitivamente perduto il programma di protezione a
causa del coinvolgimento in alcune rapine compiute proprio
assieme al figlio Antonio in località della Riviera
Romagnola. Un’altra persona è rimasta ferita. Antonio
Presta era tornato a San Donaci alcune settimane fa, in
agosto. Forse era l’occasione che qualcuno attendeva per
saldare il conto al padre. Gianfranco Presta si era appellato
alla giustizia amministrativa per evitare la revoca del
programma di protezione, ma il Consiglio di Stato nel
dicembre del 2009 sentenziò che le misure di protezione
“sono onerose per le finanze dello Stato” , ed è “pertanto
legittimo e doveroso, che allorché la condotta del soggetto
protetto (indipendentemente dal contributo collaborativo
fornito, ed addirittura dai pericoli che lo stesso potrebbe
correre) si ponga in condizioni di incompatibilità con le
medesime”, vanificandole allontanandosi dai luoghi dove
viene prestata la tutela senza alcuna comunicazione alla
Commissione centrale o alle forze dell’ordine, “dette misure
vengano fatte cessare”. Indipendentemente dall’azione
penale relativa alla rapina, dunque, l’azione amministrativa
fu giudicata fondata. Gianfranco Presta, il padre dell'ucciso
Il 29 maggio 2009, tuttavia, il giudizio con rito abbreviato
per i due Presta e un complice, Pierpaolo Pellegrino, si era
concluso con un notevole sconto di pena rispetto alle
richieste formulate dalla pubblica accusa al giudice
dell’udienza preliminare. La condanna più alta proprio ad
Antonio Presta, residente a Gabicce Mare: 5 anni e 4 mesi.
Al padre Gianfranco, residente a Ravenna , 4 anni e 4 mesi;
al complice, che era solo in un paio di rapine, 3 anni e 4
mesi. Assolto un quarto soggetto chiamato in causa da
Gianfranco Presta che, proprio per aver fatto i nomi dei
complici, ottenne un notevole sconto di pena. I Presta erano
stati arrestati il 3 marzo 2007 ed erano stati scarcerati
nell’aprile del 2008. Quindi al momento della condanna
erano a piede libero. Ora l’omicidio di Antonio Presta. Va
ricordato che il padre Gianfranco era stato colpito da una
vendetta trasversale già nel 1998, quando il 31 agosto nelle
campagne di Mesagne fu rinvenuto il cadavere della sua
compagna sequestrata qualche tempo prima, Lucia Pagliara.
Sull’agguato di San Donaci indagano i carabinieri del
Nucleo investigativo provinciale e della compagnia di
Francavilla Fontana. Sul posto anche investigatori della
Squadra mobile di Brindisi. Si è appreso che l’altra persona
ferita è un ventenne estraneo ai fatti, e che non è grave.
di Paola Bari
Furto al distributore della sparatoria
14 agosto 2012 - La stazione di servizio Menga Petroli
situata sulla provinciale 75 che collega Cellino San Marco e
San Pietro Vernotico ancora nel mirino dei malviventi.
Dopo il tentativo di rapina sventato dalla polizia dopo una
sparatoria, il 28 luglio scorso, questa notte è stata
saccheggiata dai ladri. Asportate la macchinetta cambiasoldi e una macchinetta per il video poker. Il furto con tutta
probabilità è stato ripreso dalle telecamere e non si esclude
che i responsabili, sarebbero due, vengano rintracciati nelle
prossime ore. L’auto con cui hanno agito è una Fiat Panda
vecchio modello, rubata a Trepuzzi qualche giorno fa, ed è
stata rinvenuta nella tarda mattinata di oggi nelle campagne
di Squinzano. Vicino alla vettura, abbandonate nei campi
c’erano le carcasse delle macchinette asportate. Rabbia e
sconforto per l’imprenditore oritano Francesco Desiato che
ha preso in gestione la stazione di servizio Menga Petroli
all’inizio di quest’anno. In pochi mesi è caduto nella rete dei
malviventi già due volte. Fortunatamente il primo colpo è
stato sventato dagli agenti della squadra Mobile della
questura di Brindisi che avendo intercettato in tempo il
piano criminoso, hanno atteso i malviventi all’interno del
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bar e li hanno arrestati. Il furto di questa notte è stato
perpetrato intorno alle quattro. I ladri hanno sfondato la
vetrata del bar della stazione di servizio con una Fiat Panda
e si sono portati all’interno dell’esercizio commerciale,
hanno preso le macchinette che contenevano monete e dopo
averle
caricate
in
auto
si
sono
dileguati.
Contemporaneamente è scattato l’allarme collegato con la
sala operativa dell’istituto di vigilanza privato che sorveglia
la stazione di servizio. Sul posto poco dopo le guardie
giurate e i carabinieri della locale stazione ma il colpo era
già stato consumato. Le ricerche dei ladri sono partite subito
e nelle campagne di competenza del comune di Squinzano,
alle prime luci dell’alba di oggi è stata rinvenuta l’auto con
cui hanno agito i malviventi e i resti delle macchinette
asportate. Sono seguite perquisizioni a tappeto a carico di
volti noti. La stazione di servizio Menga Petroli questa
mattina ha ripreso a funzionare regolarmente. L’ammontare
dei danni è in corso di quantificazione.
un senese che tra loro non si conoscono, dormivano nelle
loro camere e mai avrebbero immaginato di essere svegliati
per l’incendio delle loro vetture. Le fiamme sono state
domate dai vigili del fuoco, giunti dal comando provinciale
di Brindisi che dopo lo spegnimento dell’incendio hanno
accertato che entrambi i roghi erano di origine dolosa. Ora
tocca ai carabinieri fare chiarezza sul movente. Le due
vittime sono state ascoltate così come è stato ascoltato il
proprietario del bed & breakfast, al momento non sarebbero
emersi indizi utili ai fini delle indagini. Sempre questa notte,
invece, a Mesagne, in via Gramsci, è andato a fuoco un
furgone cassonato di proprietà di un incensurato mesagnese.
Nonostante del fatto siano stati infornati i carabinieri, in
questo caso l’incendio, non dovrebbe essere di natura
dolosa. Ieri sera, intorno alle 11, invece a Brindisi, è stata
incendiata un’auto parcheggiata in via Di Vittorio.
Incendiate pure le auto dei turisti
06/08/2012 - Dopo l'incendio del 17 Agosto che ha distrutto
il capannone del Centro Casalinghi, la zona industriale di
Francavilla Fontana registra un secondo rogo che manda in
fumo un deposito di articoli per la casa. Questa notte,
intorno alle tre, un incendio di vaste dimensioni ha colpito il
capannone "Regalcasa" che si estende su un'area di circa
4000 mq. Sul posto si sono portate diverse squadre dei vigili
del fuoco di Brindisi (compresi mezzi e uomini dei
distaccamenti di Ostuni e Francavilla) di Taranto, Lecce e
Bari e l'incendio è stato domato dopo oltre 4 ore di intenso
lavoro. Sul posto anche i tecnici dell'Arpa che hanno
eseguito rilievi per accertare il livello di inquinamento
ambientale prodotto dal rogo. Sull'episodio indagano i
14 agosto 2012 - Brutta sorpresa all’alba di oggi per due
turisti in vacanza nel Brindisino: le loro auto, una Opel
Corsa e una Mini One sono state date alle fiamme da ignoti
incendiari. Erano parcheggiate in via Moravia a Cellino S.
Marco nei pressi del bed & breakfast dove alloggiano. Sul
caso indagano i carabinieri della locale stazione unitamente
agli uomini del nucleo operativo e radiomobile. L’incendio
alle due vetture è stato appiccato intorno alle cinque di
questa mattina. Ad accorgersi delle fiamme alcuni passanti
che, alla vista di quello che stava accadendo, non hanno
esitato a chiamare i soccorsi. I due proprietari, un torinese e
Incendio distrugge capannone Regalcasa
Carabinieri della Compagnia di Francavilla. E' da verificare
se possa esserci un legame con l'incendio che lo scorso 17
luglio, distrusse il Centro Casalinghi, situato sempre nella
zona industriale di Francavilla.
Furti nelle auto a Campo di Mare
02 agosto 2012 - Non solo non si può più camminare
tranquillamente per strada perché si rischia che il teppistello
di turno ti strappi via la collana in oro dal collo ma non si
può più nemmeno trascorrere qualche ora in riva al mare in
totale relax. Da qualche giorno, infatti, i ladruncoli hanno
preso di mira anche le auto in sosta nei parcheggi adiacenti
le spiagge delle marine di Torre San Gennaro e Campo di
Mare. Tra domenica e lunedì sono state aperte e svuotate tre
vetture. Solo una delle vittime ha sporto regolare denuncia
contro ignoti. Il ragazzo, un giovane barman di San Pietro
Vernotico, L.M., domenica scorsa aveva parcheggiato la sua
Fiat Punto a Campo di Mare nell’area parcheggio adiacente
la spiaggia, zona “Tre fontane”, aveva trascorso la mattinata
insieme ai suoi amici e quando è tornato alla vettura, alle
14,30, ha trovato una brutta sorpresa: lo sportello della sua
auto era stato piegato in due e l’abitacolo era stato
saccheggiato. I ladri si erano portati via l’attrezzatura da
pesca e il “kit” per i cocktail custodito in una valigetta
simile a un porta computer. I malviventi l’avranno
scambiata per un portatile. Oltre al danno materiale il
giovane barman sanpietrano ha subito un danno affettivo “In
quella valigetta c’erano i miei ferri del mestiere, quelli che
mi accompagnano da dieci anni e che mi hanno anche
portato un po’ di fortuna nel campo. Non credo che chi se ne
è impossessato possa mai aver utilizzato uno shaker o un
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coltello che decora la frutta. Quello mi era stato regalato da
un amico che aveva fatto un viaggio all’estero”. Il ragazzo
ha sporto regolare denuncia presso la caserma dei
carabinieri di San Pietro Vernotico ma è stato l’unico.
“Parlando con alcuni amici ho saputo che erano stati
perpetrati altri due furti ai danni di alcune ragazze che
conosco ma poi ho saputo che nessuno ha formalizzato la
denuncia. Questo non va bene, si dovrebbe segnalare tutto”.
Intanto i residenti delle marine di Torre San Gennaro e
Campo di Mare continuano a camminare con la mano al
collo per il timore di ritrovarsi accerchiati da ragazzini che
scippano collane in oro. Anche questi furti si stanno
verificando quasi all’ordine del giorno. Così come i furti in
abitazioni anche durante le ore diurne. Non sempre questi
episodi vengono poi denunciati alle forze dell’ordine perché
nel pensiero comune, quando i ladri ormai hanno
saccheggiato, ha poco senso contattare carabinieri o vigili
urbani ai fini del rinvenimento della refurtiva. Un cospicuo
numero di denunce, però, potrebbero contribuire a
intensificare i controlli e la presenza di uomini in divisa per
le vie delle marine e magari far desistere eventuali
malfattori.
di Paola Bari
Ceglie, furti d’auto a ripetizione
dove nella mattinata in contrada Natalicchio è stata asporta
una Citroen C3. In questo caso ad agire sono stati in due:
mentre il proprietario della vettura stava chiudendo il
cancello di casa dopo aver portato l’auto fuori dal garage
uno dei due ladri lo ha distratto invocando aiuto da qualche
metro di distanza, l’uomo è andato in suo soccorso e il
complice, intanto gli ha portato via la Citroen C3.
Nonostante i due non avessero il volto travisato la vittima di
questo furto non è riuscita a individuarli e identificarli. Più o
meno con le stesse modalità nei giorni precedenti sono state
asportate altre vetture, in contrade diverse.
di Paola Bari
Trovata una delle auto rapinate
2 agosto 2012 - La Peugeot 5008 oggetto della rapina
perpetrata martedì mattina sulla strada provinciale che
collega San Pietro a Torchiarolo ai danni di un 38enne
sanpietrano, è stata ritrovata nel pomeriggio di oggi nelle
campagne di San Pancrazio Salentino, sotto un albero di
ulivo. La vettura è intatta, non ha nessuna ammaccatura,
probabilmente è servita per mettere a segno qualche furto. È
stata sequestrata per essere sottoposta ai rilievi dei Ris
(Reparto Investigazioni Scientifiche) e quando le perizie
saranno ultimate verrà restituita al legittimo proprietario.
Calibra vecchio tipo, il secondo sulla Francavilla – Sava. In
questo caso i rapinatori hanno preso una Volkswagen Polo.
Tre rapine dello stesso genere e con lo stesso modus
operandi in sole ventiquattro ore. Un bilancio più che
preoccupante per chi è costretto a percorrere giornalmente le
provinciali del Brindisino per motivi di lavoro. Da quanto è
stato accertato in fase di denuncia i rapinatori, col volto
travisato da passamontagna, sbucano all’improvviso,
affiancano con la loro vettura l’automobilista preso di mira,
esibiscono l’arma (in tutti e tre i casi pare si sia trattato di un
fucile) e intimano alla vittima di fermarsi. Poi si dileguano
senza prendere altro. Telefono cellulare o denaro contante
non rientrano nel loro bottino. Un colpo che viene messo a
segno in pochissimi minuti che non lascia nemmeno il
tempo di reagire. Gli automobilisti si ritrovano
all’improvviso a piedi sul ciglio della carreggiata in stato di
shock. Le forze dell’ordine alla luce di questi inquietanti
fatti hanno intensificato i controlli delle strade provinciali
del Brindisino e di tutti gli uffici che potrebbero essere presi
di mira dai rapinatori: banche, Poste, grosse attività
commerciali. Allertati anche i colleghi delle province
limitrofe, non si esclude, infatti, che eventuali colpi possano
interessare i comuni del Leccese o del Tarantino.
Furto di camion ed escavatori
2 agosto 2012 – Quattro vetture rubate in pochissimi giorni
sotto gli occhi dei proprietari. Accade a Ceglie Messapica,
in pieno giorno, i ladri agiscono senza l’esibizione di armi,
senza minacce o con il volto scoperto. Approfittano di un
momento di distrazione dell’automobilista e portano via
l’auto in pochissimi istanti. Le zone più colpite le contrade
più periferiche. L’ultimo episodio risale a martedì scorso
Altri automobilisti rapinati del veicolo
1 agosto 2012 - Ancora automobilisti nel mirino dei
malviventi: dopo la rapina di ieri mattina sulla San Pietro
Torchiarolo, all’alba di oggi sono state sottratte altre due
vetture sotto la minaccia di un fucile. Il primo colpo è stato
messo a segno sulla Oria – Sava: è stata sottratta una Opel
1 agosto 2012 - Due autocarri marca Fiat e due macchine
che si occupano della movimentazione della terra. È questo
il bilancio del furto messo a segno la scorsa notte ai danni
dell’impresa meccanica “De Donno Laser” sita in contrada
“Aieni” a San Michele Salentino. I mezzi asportati erano
parcheggiati nel piazzale antistante l’azienda ed erano di
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proprietà dell’impresa edile del posto di Alessandro
Grazielli. I ladri sono entrati forzando il cancello di ingresso
dell’officina meccanica. La struttura non è dotata di sistema
di allarme e nemmeno di telecamere, il furto quindi, è stato
scoperto nella mattinata di oggi quando il proprietario si è
recato in azienda per iniziare l’attività lavorativa. I mezzi
asportati sono coperti da assicurazione. Sul furto indagano i
carabinieri della compagnia di San Vito Dei Normanni al
comando del capitano Ferruccio Nardacci.
Tre incappucciati lo rapinano dell’auto
31 luglio 2012 - Avevano urgentemente bisogno di un’auto,
una qualunque, i tre banditi che all’alba di oggi hanno
bloccato un automobilista sanpietrano di 38 anni e gli hanno
tolto la vettura dopo averlo minacciato con un fucile. Il
mezzo è una Peugeot 5008, non un’auto lussuosa e veloce
ma una monovolume sia pure di fascia medio-alta. È
accaduto sulla strada che collega San Pietro a Torchiarolo e
che immette sulla superstrada per Lecce e Brindisi
frequentata, quindi, non solo da coloro che vogliono
raggiungere i due Comuni ma da pendolari e chi lavora nei
capoluoghi. All’alba di oggi da quella strada, da quanto è
stato accertato dai carabinieri, passava il 38enne
sanpietrano. L’uomo è stato fermato da tre banditi
incappucciati e armati di fucile che dopo averlo minacciato
gli hanno tolto l’auto. Si sono dileguati a tutto gas a bordo di
una Fiat Uno di colore nero. La vittima di questa rapina non
ha potuto fare altro che chiamare i carabinieri e sporgere
regolare denuncia. Le indagini per la ricerca dei malfattori
sono partite subito. Non si esclude, infatti, che la Peugeot
5008 possa servire per commettere qualche azione
criminosa. Sicuramente si tratta di un mezzo più comodo
della vecchia Fiat a due portiere usata dai banditi catturati
alla Squadra mobile l’altro giorno dopo una sparatoria nel
distributore Menga Petroli tra Cellino e San Pietro.
Assaltano il distributore, ma trovano la polizia:
due feriti e tre arresti
28 luglio 2012 - Scene da Far West nel primo pomeriggio di
oggi nella stazione di servizio Menga Petroli di via San
Pietro a Cellino San Marco: tre malviventi, tutti del posto,
incappucciati, vestiti con tuta bianca e guanti e armati di
pistola calibro 765, hanno tentato di mettere a segno una
rapina. Ad attenderli, nel bar, per loro sfortuna, c’erano gli
agenti in borghese della squadra Mobile della Questura di
Brindisi che, dopo un breve conflitto fuoco e un
inseguimento nelle campagne circostanti, li hanno bloccati e
arrestati. Si tratta di: Massimiliano Pagliara di 35 anni,
Luca Goffredo di 32 e Saverio Elia di 32. Questi ultimi due
sono rimasti feriti, il primo a un gluteo e l’altro al polpaccio
sinistro, sfiorato da un proiettile. Guariranno in pochi giorni.
Tutti e tre hanno alle spalle precedenti per reati contro il
patrimonio, sono accusati di tentata rapina aggravata, porto
e detenzione di arma da fuoco, ricettazione, resistenza a
pubblico ufficiale e spari in luogo pubblico. Pensavano si
sarebbe trattato di un gioco da ragazzi. Avevano progettato
tutto nei dettagli. L’orario: intorno alle 14 (il bar della
stazione di servizio esegue orario continuato dalle 6 alle 20);
il modus operandi: travisati con tute, guanti bianchi e
passamontagna avrebbero fatto irruzione nel bar e poi
assaltato la macchinetta automatica che riceve i soldi per il
carburante. Erano armati con due pistole calibro 765 e si
sarebbero fatti consegnare tutti i soldi presenti nelle casse.
Uno di essi avrebbe atteso in macchina col piede pronto
sull’acceleratore. L’auto con cui hanno agito, una Fiat Uno
di colore rosso, era stata rubata a Guagnano il 24 luglio
scorso. Tutto era pronto. Quando i tre cellinesi sono arrivati
davanti al bar, incappucciati e armati, e due di loro sono
scesi dalla Fiat Uno per mettere a segno la rapina, hanno
trovato una brutta sorpresa: la stazione di servizio era invasa
da poliziotti in borghese. Tre erano nel bar, e i rapinatori
hanno esploso alcuni colpi di pistola: un proiettile ha colpito
la panchina presente vicino all’ingresso. Poi sono entrati in
auto per tentare la fuga ma gli agenti hanno sparato contro la
vettura mettendo fuori uso tutti e quattro gli pneumatici. I tre
malviventi hanno continuato a fuggire, con l’auto che
sbandava hanno lasciato l’area della stazione di servizio, si
sono immessi sulla carreggiata in direzione San Pietro,
eseguendo un’ampia e pericolosa curva (per fortuna in quel
momento non passava nessuno), poi si sono portati nella
campagna adiacente, hanno lasciato la vettura e si sono
messi a correre. I poliziotti però erano già alle loro spalle.
Uno dei fuggitivi è caduto vicino all’auto, l’altro qualche
metro dopo e l’altro ancora dopo. Nella fuga si sono liberati
delle pistole in loro possesso lanciandole tra gli alberi di
ulivo. Luca Goffredo e Saverio Elia sono rimasti
leggermente feriti e sono stati trasportati in ospedale da due
ambulanze del 118. Pagliara è rimasto sul posto. Nel
frattempo nel distributore di carburanti Menga Petroli sono
sopraggiunti altri poliziotti e il capo della Squadra Mobile,
Francesco Barnaba, poi gli uomini della polizia scientifica
hanno proceduto con i rilievi per la ricostruzione esatta della
dinamica. L’intera scena è stata ripresa dalle telecamere di
cui è dotato l’impianto di sicurezza del distributore di
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carburanti. Per fortuna oltre ai due malviventi, nessun altro è
rimasto ferito. Per il gestore della stazione di servizio (che
era nel box informazioni) e per la ragazza al lavoro dietro al
bancone del bar, solo tanta paura. I residenti delle villette
che si affacciano sulla provinciale all’altezza della Menga
Petroli, attirati dagli spari si sono precipitati in strada: “Mai
visto qualcosa del genere, gente che fuggiva, che sparava,
auto che correvano. Sembrava di essere in una scena da
film”, hanno commentato. Dopo le formalità di rito i tre
Cellinesi sono stati trasferiti nel carcere di Brindisi. Le due
pistole sono state trovate tra i cespugli e sono state
sequestrate insieme all’auto.
di Paola Bari
credo che non si può nemmeno camminare per strada in
tutta tranquillità”. Sembrerebbe non sia la prima volta che
ragazzini cercano di scippare i passanti. Tutte le donne che
sono andate in soccorso alla vittima del tentativo di scippo
avevano un fatto simile da raccontare: anziane che vengono
scippate per strada, ragazzini che si intrufolano non appena
trovano portoncini o cancelli socchiusi. Qualche giorno fa
uno scippo simile a Cellino San Marco ha portato all’arresto
di un ragazzo del posto. “Ci vorrebbero più controlli, più
gente in divisa che circola per le vie potrebbe, forse,
intimorire i malintenzionati”.
Chiede informazioni e tenta lo scippo
24 luglio 2012 - I piromani non li ferma nemmeno il
maltempo e se la pioggia non permette di appiccare il fuoco
dall’esterno, allora si rompe una finestra e si lancia il liquido
all’interno. E la missione è compiuta. È stata data alle
fiamme in questo modo, nella notte scorsa, la ferramenta di
Viale Aldo Moro di Angelo Andriani. Fortunatamente le
fiamme non sono state vigorose e non hanno, quindi,
distrutto completamente lo stabile. Ma si è rischiato grosso:
il negozio di ferramenta si trova al pian terreno di un
palazzo abitato, la cui facciata in questi giorni è in fase di
ristrutturazione. Sarebbe potuta andare a fuoco l’intera
palazzina. Nessuno, però, si è accorto di nulla, nessuno ha
sentito puzza di bruciato o il classico crepitio di quando
bruciano oggetti. Nulla di nulla. Ad accorgersi dell’incendio
è stato lo stesso proprietario dell’esercizio pubblico questa
mattina quando si è recato alla ferramenta. Immediatamente
ha chiamato il 113. Una pattuglia della squadra mobile della
questura di Brindisi guidata dal vicequestore Francesco
28 luglio 2012 - “Mi hanno strappato la collana dal collo,
un ragazzo con la bicicletta, non è possibile, si è avvicinato
e mi ha messo le mani al collo, per fortuna non è riuscito a
portarla via”. “Si anche ieri un’anziana donna è stata
avvicinata da un ragazzo che con la scusa di ricevere
informazioni le ha strappato la collana dal collo”. La
tranquillità di via Pola a Torre San Gennaro, nel pomeriggio
di oggi, è stata interrotta da un tentativo di furto di una
collanina in oro ai danni di una donna che stava
camminando per strada. Un ragazzino in bicicletta le si è
avvicinato e approfittando del fatto che la donna aveva le
mani occupate da due bottiglie vuote di acqua, ha tentato di
portarle via il prezioso. Lo scippo non è andato a buon fine
solo per puro caso: la catenina è caduta per terra. La donna
non ha ritenuto opportuno chiamare le forze di polizia ma lo
sconcerto è stato tanto. “Non riesco a farmi capace, non ci
Incendiata ferramenta in viale Moro
Barnaba si è portata sul poto. I poliziotti hanno trovato una
bottiglietta molotov intatta appoggiata sulla finestra da cui
era stato appiccato il fuoco. Angelo Andriani ha dichiarato
di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive e di
non avere nemici.
Estorsione ed incendio, un arresto della Squadra
Mobile
24 Luglio 2012 - E’ stato arrestato dagli agenti della
Squadra Mobile della Questura di Brindisi, Sezione
Antiracket, Walter, Leo, già noto alle forze dell'ordine,
classe ’67. Allo stesso, infatti, nella giornata di ieri, è stata
notificata una ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa dal G.I.P. del Tribunale di Brindisi, D.ssa P. LIACI,
su richiesta del P.M. presso la Procura D.ssa S. TOSCANI.
Al LEO vengono imputati i reati di tentata estorsione,
incendio doloso e minacce gravi. I fatti si riferiscono allo
scorso mese di febbraio, allorquando tentava di estorcere
con minaccia una somma di denaro quantificata in circa 500
euro quale pagamento per presunti danni derivanti da un
sinistro stradale verificatosi con la parte offesa. Danni mai
accertati e comunque non esigibili, essendo il suo mezzo,
perivo di copertura assicurativa obbligatoria. Nell’
occasione, il LEO, rivolgendosi alla parte offesa, proferiva
le seguenti parole: “mi devi dare subito i soldi, altrimenti
non sai cosa sono capace di fare, ti brucio il negozio ed il
camion, non ho paura di nessuno!”. Successivamente, nei
primi giorni di maggio, si verificava l’incendio doloso di un
autocarro di proprietà della parte offesa, parcheggiato sulla
pubblica via. L’incendio cagionava altresì danni alla facciata
dello stabile, ed alle finestre di una abitazione. Lo scorso
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mese di giugno, il LEO, dopo essere stato convocato in
Questura, ed aver compreso che vi erano in atto delle
indagini per i fatti sopra indicati, si ripresentava dalla parte
offesa, minacciandola gravemente per costringerla a rendere
false dichiarazioni all’ Autorità Giudiziaria, ovvero ad
eludere le investigazioni a suo carico. In tale contesto, si
esprimeva con le seguenti espressioni: “sono stato
convocato in Questura…mi hanno chiamato…se ti
chiameranno per il riconoscimento, di’ che non mi
conosci…se invece lo farai, ti taglierò la gola a te, tua
moglie, tuo figlio ed anche alla tua nipotina, perché so che
hai una nipotina”. Proseguendo con le espressioni
minacciose, il LEO si assumeva la responsabilità dell’
incendio del camion, dichiarando di averlo fatto proprio
quale ritorsione per la mancata corresponsione di alcuna
somma di denaro da lui richiesta. Sulla base del quadro
investigativo rappresentato, gli Agenti della Squadra Mobile
effettuavano una serie di accertamenti a riscontro delle sue
responsabilità in ordine alle ipotesi di reato formulate,
compendiando gli esiti in una informativa di reato a suo
carico. Nelle more dell’ emissione del provvedimento
restrittivo, l’attività degli investigatori proseguiva
incessante, con una forte azione di controllo del LEO, che
portava, pochi giorni fa, ed esattamente nella giornata del 16
luglio, ad un suo controllo mentre lo stesso percorreva la
strada litoranea a nord, a bordo di un motociclo.
Immediatamente bloccato, se ne constatava la provenienza
furtiva, essendo il mezzo risultato rubato in Brindisi nello
scorso mese di aprile. Conseguentemente, veniva denunciato
per il reato di ricettazione, ed il motociclo restituito al
legittimo proprietario. Il percorso delittuoso seguito dal
LEO Walter, ha avuto infine termine nella giornata di ieri,
con l’esecuzione del provvedimento restrittivo e la relativa
traduzione presso la casa circondariale di Brindisi.
Seminaristi padovani a scuola di antiracket a
Mesagne
12 Luglio 2012 - Un giorno a Mesagne assieme al
presidente dell’associazione antiracket ed antiusura Fabio
Marini per discutere sui temi della legalità e su cosa bisogna
fare per combattere l’estorsione, l’usura e l’illegalità. Un
gruppo di giovani seminaristi di Padova, arrivati a Bari in
treno, sono giunti a Mesagne in bicicletta. Meta del loro
pellegrinaggio Alessano dove è sepolto don Tonino Bello.
Obbligatoria fare tappa a Mesagne, la città di Melissa, dove
nel 2007 è stata fondata l’associazione “Legalità &
Sicurezza”, per unire commercianti, cittadini, imprenditori
per combattere insieme il racket delle estorsioni, l’usura ed
ogni forma di illegalità. Fabio Marini ha accompagnato il
gruppo a visitare i terreni ed i beni confiscati alla Sacra
Corona Unita ed affidati alla cooperativa Libera Terra;
successivamente, presso la bottega di Libera Terra, dove
hanno incontrato i responsabili dell’associazione fondata da
don Luigi Ciotti che hanno fatto omaggio di alcuni prodotti
coltivati sulle terre confiscate. I giovani seminaristi
padovani hanno rivolto numerose domande a Fabio Marini
che ha spiegato la sua esperienza di giovane impegnato
nell’associazione antiracket ed antiusura. “Se sei solo il
racket del “pizzo” può tenerti in pugno - ha detto Marini -.
Se ti organizzi, se hai con te la forza di altri come te, il
racket può perdere il suo potere”. Quindi ha parlato degli
anni difficili di Mesagne, di come la città ha reagito e di
come tuttora sta combattendo questa difficile battaglia al
fianco delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, ed
insieme alla Chiesa, alla scuola, all’associazionismo. Ha
parlato dei recenti attacchi subiti dalla malavita organizzata
nell’intento di farlo tacere, del suo stato d’animo quando la
criminalità ha incendiato la sua automobile parcheggiata
dinanzi alla casa, di quanti sono coloro che si rivolgono
all’associazione per denunciare. “Il primo passo per
sconfiggere l’estorsione – ha spiegato – è uscire
dall’isolamento”. I seminaristi hanno chiesto informazioni
sul fondo di solidarietà delle vittime dell’usura e
dell’estorsione, su quali sono i compiti dell’associazione e
come assistono i cittadini danneggiati. “I commercianti non
devono mai sottovalutare la prima telefonata – ha aggiunto
Fabio Marini – il primo segnale strano, il primo passaggio
dal negozio di persone sospette. Noi consigliamo di mettersi
subito in contatto con le Forze dell’Ordine che possono
avviare le indagini per incastrare gli estorsori senza essere
chiamati direttamente in causa e che bisogna parlarne con i
colleghi per non restare soli e perché aiuta ad essere più
forti”. Oggi il gruppo di seminaristi di Padova proseguirà il
suo percorso e partirà in bicicletta per Alessano, nel cuore
del Salento, città natale di don Tonino Bello, vescovo di
Molfetta, morto nel 1993 a soli 58 anni. I giovani andranno
a pregare sulla tomba di don Tonino, “perché - hanno detto il suo ricordo e la sua testimonianza vivono ancora”.
di Giuseppe Messe
Il Comune di Mesagne parte civile nel processo
"The wall"
12 Luglio 2012 - La città di Mesagne si costituirà parte
civile nel processo che sarà istruito a carico di coloro che
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sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione “The wall”
messa a segno dalla Guardia di Finanza di Brindisi. “Non
faremo sconti a nessuno – ha tuonato il sindaco Franco
Scoditti – chiederemo i danni a tutti quelli che con i loro
mali affari hanno leso l’immagine della nostra città”. Dopo
una giornata di riflessione, durante la quale il primo
cittadino si è informato sull’intera vicenda criminale, ha
esternato la volontà di difendere in qualsiasi sede
l’immagine della sua città. “E’ una decisione che abbiamo
già preso da tempo e ratificata in Consiglio comunale – ha
precisato il sindaco – perché nessuno si può permettere di
infangare con la propria azione il nome di Mesagne”. Un
primo cittadino che in queste ore ha riflettuto molto sulla
frase che sarebbe stata pronunciata da Daniel Kocli verso il
cugino, entrambi facenti parte del sodalizio criminale, cui
avrebbe garantito: “Abbiamo tutta Mesagne nelle nostre
mani”. “E’ una frase inquietante – ha continuato Scoditti –
che è stata pronunciata all’interno di uno scenario
raccapricciante. Posso assicurare, però, che Mesagne è in
mano alla gente onesta, la città è in mano allo Stato.
Nonostante la dimensione che lo spaccio di sostanza
stupefacente aveva assunto nella nostra realtà. L’operazione
della Guardia di Finanza, cui va la nostra gratitudine, è una
dimostrazione del pieno controllo del territorio che hanno le
forze dell’ordine. Lo Stato è vigile. Posso affermare con
certezza che le forze dell’ordine e la magistratura hanno
un’attenzione particolare verso la nostra realtà e riescono a
percepire qualsiasi mutamento che in essa avviene”. Poi,
dopo un attimo di riflessione, ha aggiunto: “Attenzione però.
Non ci dobbiamo cullare né dobbiamo mai abbassare la
guardia. Dobbiamo essere sempre vigili e portare avanti
tutte le iniziative inserite nei percorsi di legalità”. Nella
giornata di oggi il sindaco Franco Scoditti invierà al
comando provinciale della Guardia di Finanza di Brindisi e
alla magistratura antimafia di Lecce una lettera di
gratitudine per il lavoro svolto. Intanto in campo è scesa
anche l’antiracket mesagnese. “Mesagne non è una città
omertosa – ha affermato Fabio Marini, presidente
dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e
sicurezza” – ma i cittadini devono dire con chiarezza da che
parte stanno in questa lotta tra il bene e il male. Se il
cittadino è testimone di un atto delinquenziale o criminale lo
deve denunciare alle forze dell’ordine non può girarsi
dall’altra parte e far finta di nulla. Magari partecipa poi
anche alle iniziative antimafia. Quest’atteggiamento
anomalo ha fatto emergere delle contrarietà. Mesagne ha
bisogno di fatti non di belle parole. Solo con i gesti concreti
il male, in questo caso la criminalità, potrà essere sconfitta.
Ecco perché la collaborazione dei cittadini verso le forze
dell’ordine non deve mai venire meno”. Marini è divenuto
in ambito regionale un esempio dell’antimafia. Proprio per
questi motivi ha subito due vili atti intimidatori. “Mesagne
ha bisogno di un faro sempre acceso su di essa – ha fatto
notare – ecco perché le istituzioni non devono mai fare
mancare alle forze dell’ordine gli strumenti per operare bene
su questo territorio. E mi riferisco agli uomini e ai mezzi
presenti che, a sentire le organizzazioni sindacali, spesso
sono sottodimensionati”.
Vittima usata come bancomat
12 luglio 2012 - E’ in corso dall’alba di questa mattina
un’operazione condotta dagli uomini della Squadra Mobile
di Brindisi. Al momento sono tre i soggetti destinatari del
provvedimento del fermo di indiziato di delitto emesso pm
Valeria Farina Valaori sulla base di attività investigative, in
cui si ipotizzano a carico degli interessati i reati di
estorsione continuata in concorso. Le indagini sono state
condotte dagli uomini della sezione antiracket della Squadra
Mobile, realizzata in brevissimo tempo e senza l’ausilio di
presidi tecnologici, fa sapere una nota della questura.
L’operazione stessa nasce dalla denuncia presentata dal
proprietario di un’autovettura Smart, il quale si è visto
costretto a consegnare la sua auto, utilizzata anche dai suoi
familiari, non potendo più far fronte alle continue, pressanti
e consistenti richieste di denaro da parte del gruppo. In
particolare, la vittima riferiva di aver ricevuto in prima
istanza, la richiesta estorsiva di 12.000 euro che aveva, in
parte, soddisfatto con la consegna della sua autovettura e di
1500 euro in contanti. Malgrado ciò, gli autori
dell’estorsione, noti pluripregiudicati brindisini, non
avevano desistito dal loro intento e avevano posto in essere
azioni violente ed aggressive, tese a ottenere danaro
contante ogni qualvolta ne avessero avuto bisogno,
trasformando la vittima in una sorta di “bancomat” in carne
ed ossa. Uno degli elementi da cui traspare l’arroganza e la
prepotenza degli arrestati è il fatto che il passaggio di
proprietà dell’autovettura imposto, è avvenuto il giorno del
compleanno di una componente del nucleo familiare della
vittima, reale utilizzatrice del mezzo. Al momento uno dei
tre destinatari della misura restrittiva si è sottratto al
provvedimento ed è attivamente ricercato. Ulteriori
particolari saranno forniti nel corso di una conferenza
stampa che si terrà presso la Questura di Brindisi alle ore
10.30 odierne.
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S. Pietro, notte di caldo e spari.
11 luglio 2012 - Due colpi di arma da fuoco sono stati
esplosi poco dopo l’una della scorsa notte in via
Sant’Antonio all’altezza dell’incrocio con via Oberdan. La
Fiat Punto di un dipendente di un supermercato, O.G. di
40anni, è stata perforata all’altezza dello sportello posteriore
dal lato destro. Il proprietario, però, se ne è accorto questa
mattina poco prima delle 8 quando stava per prendere l’auto
per andare a lavorare. Sul posto non sono stati trovati
bossoli e quindi per stabilire il tipo di arma e il relativo
calibro delle pallottole si dovranno attendere i risultati degli
esami balistici eseguiti questa mattina dagli uomini del
nucleo investigativo. Forse è stato utilizzata una pistola a
tamburo. La vittima di questo attentato non avrebbe alcun
collegamento con la malavita e non avrebbe mai ricevuto
minacce o richieste estorsive. Si escluderebbero anche
eventuali piste passionali o vendette private. Da un primo
interrogatorio sembrerebbe che il 40enne non abbia nessun
genere di nemici. Saranno ulteriori indagini, però, a stabilire
se la vittima è realmente estranea alla vicenda. Al momento,
l’unico elemento in mano ai militari dell’Arma che potrebbe
delineare una pista da seguire è che la vettura era
parcheggiata davanti la porta di ingresso dell’abitazione di
Cristian Tarantino, il 23enne sanpietrano arrestato
nell’estate del 2010 per estorsione e poi raggiunto da
un’ordinanza di custodia cautelare all’inizio di quest’anno
per associazione per delinquere. Il 23enne al momento si
trova in carcere. Forse qualcuno ha voluto mandargli un
segnale. Nessuno sparo, invece, in via Firenze, nei pressi
della Chiesa di San Giovanni Bosco dove i carabinieri si
sono recati questa mattina per lo stesso genere di
segnalazione di via San’Antonio. Un residente di quella via
ha chiamato il 112 perché ha trovato il lunotto posteriore
della sua Fiat Tipo in frantumi. Inizialmente si è pensato
all’esplosione di colpi di arma da fuoco ma poi la
visualizzazione immediata dei fotogrammi di alcune
telecamere presenti in via Firenze ha permesso di accertare
che in quella strada non c’è stata nessuna sparatoria e che il
lunotto posteriore della Fiat Punto si era frantumato per la
calura. Come ha poi confermato lo stesso proprietario, era
già lesionato. In via Sant’Antonio, invece, non ci sono
telecamere vicino agli ingressi delle abitazioni private e né
la vittima, né i suoi vicini di casa hanno sentito rumori simili
a spari. Questo, almeno, è quanto hanno dichiarato ai
carabinieri. Qualche residente delle vie traverse, invece, ha
raccontato questa mattina di aver sentito degli spari poco
dopo l’una di questa notte.
di Paola Bari
Operazione The wall: 13 arresti per droga ed
armi
10 Luglio 2012 - Il Comando provinciale di Brindisi della
Guardia di Finanza, in collaborazione con la Procura della
Repubblica di Brindisi e la DDA di Lecce, ha arrestato un
banda dedita allo spaccio di droga, porto e detenzione
abusiva di armi. Nel corso della conferenza stampa
denominata “The wall” tenuta questa mattina sono stati
spiegati i dettagli. Sono stati tratti in arresto 13 persone, 8
albanesi (due uomini sono latitanti) e 5 mesagnesi.
L’indagine era iniziata nel febbraio del 2010. Alla
conferenza stampa erano presenti Valeria Farina Valaori pm
della procura di Brindisi, il capo della Dda di Lecce, Cataldo
Motta, il pm della, Alberto Santacatterina, il col. Vincenzo
Mangia, comandante provinciale delle “Fiamme Gialle”, il
comandante del Nucleo di polizia tributaria, maggiore
Gabriele Sebaste. La consegna della droga avveniva davanti
un muro, da cui il nome dell’operazione, di una casa nel
centro storico di Mesagne dove da anni si sono insediati gli
albanesi. Il lavoro degli investigatori si è basato su
intercettazioni telefoniche e ambientali nelle abitazioni ed
auto degli arrestati, sopralluoghi e pedinamenti,
perquisizioni personali e locali. Le indagini hanno
dimostrato l’esistenza di un clan che operava su Mesagne
collegato con un’altra cellula di base a Roma composta da
albanesi che si riforniva di cocaina che successivamente
spacciava nel brindisino e sino a Gallipoli. La droga veniva
prelevata dall’Albania, quindi portata a Roma da dove
veniva smistata da albanesi residenti a Mesagne dove la
sostanza stupefacente veniva distribuita agli spacciatori. Gli
arrestati sono Vilson Kocli alias Vili, di 25 anni, Daniel
Kocli di 28 anni e Marte Kocli di 55, la madre dei due, tutti
albanesi residenti a Mesagne. I fornitori “romani” sono il
24enne Leonardo Tushaj e Erind Jaku di 35 anni (entrambi
latitanti). Luan Cela albanese di 31 anni, Ernest Bodlli alias
Boli di 21 anni, Qamil Bodlli alias Mili di 50 anni, Armando
Uka albanese di 27 anni e Ilir Kocli alias Liri di 24 anni
(cugino di Daniel Kocli). Nikolin Curri è indagato a piede
libero. Sono stati sequestrati beni per un valore totale di 250
mila euro. Sei auto, (due Audi) , una appartenente ad Angelo
Arseni, mesagnese arrestato, un terreno e un’abitazione. Le
altre autovetture appartengono agli albanesi: una Audi A4,
due Mercedes di Daniel Kocli, una Mercedes Classe C di Ilir
Kocli e una Smart di Marte Kocli. I mesagnesi coinvolti
nell’operazione Gianluca Zito di 35 anni, Francesca
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Carrozzo di 24, Roberto Ronzini di 27 anni (marito della
Carrozzo), il 38enne Angelo Arseni, Mario Delle Grottaglie
di 45 mentre Nicola Aresta, alias “l’elettricista”, e Cosimo
Tocci sono indagati a piede libero.
di Giuseppe Messe
Una famiglia nel mirino
25 giugno 2012 - L’episodio di sabato scorso quando ignoti,
hanno aperto il fuoco sull’auto intestata alla madre di
Cosimo Giovanni Guarini alias “Maradona”, (in carcere dal
gennaio 2012 per l’omicidio di Giancarlo Salati) intorno le
23.15 in via Bandello a Mesagne in zona Arco Ferraro, non
è il primo bensì il quarto. Minacce e atti intimidatori verso
la famiglia di Guarini sono iniziati agli inizi del mese di
giugno. “Guarini non è un collaboratore di giustizia – ha
dichiarato questa mattina il vice questore Sabrina Manzone,
dirigente del commissariato di Mesagne , a BrindisiReport.it
– tutto ciò che sta succedendo intorno alla famiglia di
quest’ultimo non è riconducibile a questa ipotesi.
Ovviamente dei fatti è stato avvisato anche il prefetto di
Brindisi”. “Maradona” così come viene chiamato Giovanni
Guarini in ambito malavitoso, non sarebbe dunque un
collaborante, ma c’è qualcuno che ha preso di mira la sua
famiglia, non solo la moglie che vive con le due figlie ma
anche sua madre. Giovanni Guarini è stato arrestato il 27
gennaio scorso per l’omicidio di Giancarlo Salati, il 62enne
mesagnese morto il 17 giugno del 2009, dopo essere stato
barbaramente picchiato e martoriato il giorno prima con un
bastone di ferro (16 i colpi accertati), grazie alle
dichiarazioni del pentito Ercole Penna: in quel caso furono
anche raggiunti da ordinanze di custodia cautelare Massimo
Pasimesi alias “Piccolo dente” – già detenuto – come
mandante, Francesco Gravina alias “Gabibbo” e Vito Stano
come esecutori materiali. Gli episodi – Il primo episodio
intimidatorio verso la famiglia di Giovanni Guarini risale
all’8 giugno scorso, quando, sempre ignoti, hanno sparato
alcuni colpi d’arma fuoco sul portone dell’abitazione della
madre, in via Bandello a Mesagne. In casa in quel momento
si trovava la donna insieme a due figli. Impauriti, i tre, dopo
alcuni minuti, hanno avvertito il locale commissariato di
polizia. Sul posto, quella sera, intervennero alcuni agenti del
commissariato insieme alla dirigente. I colpi d’arma da
fuoco accertati furono due. Il secondo episodio, è avvenuto
quattro giorni dopo. Questa volta, un biglietto intimidatorio
fu recapitato alla moglie di Cosimo Giovanni Guarini, nella
buca delle lettere dell’abitazione dove vive con le figlie.
Secondo allarme per i famigliari di “Maradona”. Anche
questa volta la polizia fu avvertita. A breve di distanza dal
primo e dal secondo episodio minaccioso, arriva il terzo.
Questa volta ad essere presa di mira, è l’autovettura di un
altro figlio della madre di Guarini: le quattro ruote gli
vengono fatte trovare tutte tagliate. Il quarto, in ordine di
tempo, è quello avvenuto sabato 23 giugno. Altri spari
sempre in via Bandello. Sempre di sera, quando c’è poca
gente in giro, erano circa le 23.15, quando dei colpi d’arma
da fuoco vengono avvertiti in quella via, nei pressi
dell’abitazione della mamma di “Maradona”. I colpi d’arma
da fuoco hanno colpito l’autovettura intestata alla madre,
una Fiat Multipla, che era parcheggiata proprio dinanzi la
casa dove risiede. I colpi d’arma da fuoco hanno raggiunto il
lato destro dell’auto, causando la rottura del finestrino
anteriore.
di Maristella DeMichele
Nuova intimidazione a Mesagne. Due colpi di
fucile contro auto
25 Giugno 2012 - Mezzanotte di fuoco a Mesagne a causa
di alcuni malviventi che sono tornati a sparare per incutere
timore. Questa volta l’obiettivo è stato l’auto di una signora,
madre di un individuo arrestato lo scorso maggio
nell’ambito dell’operazione “Die Hard”, in uso alla figlia.
L’auto è stata raggiunta da due colpi di fucile calibro 12 che
hanno mandato in frantumi i finestrini destri. I proprietari
intimoriti hanno chiamato la polizia ma sul posto sono
giunte prima alcune gazzelle dei carabinieri i quali hanno
preso il controllo delle indagini che, al momento, sono
piuttosto articolate. Le stesse, infatti, sono confluite in
quelle ben più ampie della Direzione distrettuale antimafia
di Lecce. La proprietaria dell’auto e i familiari, nella tarda
serata di sabato, erano piuttosto scossi e preoccupati
dall’evento criminale. Il luogo, o meglio la via, è la stessa
dove il 7 maggio scorso furono uditi alcuni colpi di pistola e
dei passi, con ritmo piuttosto veloce, sui terrazzi. All’epoca,
però, non fu individuato nessuno. Una storia in cui c’è, tra le
altre cose, anche una circostanza piuttosto strana. fiatmultipla-2-colpi-di-fuNonostante che nelle varie strade del
rione fossero sedute, fuori dalle abitazioni in cerca di
refrigerio, diverse persone nessuno ha visto nulla. I killer
hanno agito, evidentemente, godendo di un’invisibilità
sovrumana. Oppure la soluzione è molto più semplice
quanto più inquietante e si chiama: omertà. In ogni modo in
aiuto agli investigatori potrebbero giungere le immagini di
qualche telecamera di videosorveglianza.
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Vendetta Scu o gelosie d’affari
19 giugno 2012 - Si è rischiato grosso questa notte in via
Brindisi all’altezza del civico 278, dove era parcheggiata
l’auto dell’ex assessore provinciale al Turismo, Natale
Curia, data alle fiamme da ignoti piromani. La vettura, una
Volkswagen Golf, era parcheggiata tra due villette e a
ridosso di due attività commerciali, una delle quali di
prossima apertura e l’altra adibita alla vendita di vernici.
Solo il tempestivo intervento dei proprietari prima, e dei
vigili del fuoco, poi, ha evitato che i due negozi venissero
completamente invasi dalle fiamme con conseguenze ben
più gravi. All’interno di entrambi, infatti, ci sono prodotti
altamente infiammabili. Sul posto si sono recati i carabinieri
della locale stazione al comando del maresciallo Giuseppe
Pisani per i rilievi di rito. Al momento sembrerebbe che la
pista più avallata sia quella legata alla sua nuova attività
commerciale di Curia. Da qualche mese, infatti, l’ex
assessore provinciale ha avviato un’impresa di onoranze
funebri la cui sede è proprio di fronte all’ospedale Melli in
via Lecce. I militari dell’Arma stanno verificando se Curia
abbia collezionato una serie di inimicizie nella fase di lancio
della sua nuova impresa. L’imprenditore, invece, contattato
telefonicamente esclude che l’attentato incendiario sia
legato alla sua vita lavorativa e sostiene invece che questo
atto criminoso nei suoi confronti possa essere una
conseguenza dell’arresto per estorsione di un ex componente
della Sacra Corona (Domenico D’Agnano detto Nerone)
avvenuto a giugno del 2010 a seguito della sua denuncia alle
forze di polizia. “Non ho nemici, l’unico episodio che dal
mio punto di vista è collegato con questo attentato
incendiario è l’arresto dell’ex membro della Scu. Qualche
mese fa è uscita la sentenza. Per il resto non credo di aver
fatto torti a qualcuno o di avere nemici così agguerriti da
mettere fuoco alla mia vettura”. Gli investigatori, però, con
questa ipotesi ci vanno cauti. Qualche risposta sull’identità
dei piromani potrebbe arrivare nelle prossime ore dopo
l’analisi delle registrazioni del sistema di video sorveglianza
di cui è dotata la tabaccheria presente di fronte al luogo dove
era parcheggiata la vettura di Natale Curia. L’occhio
elettronico pare abbia ripreso per intero la scena ma la
risoluzione dei fotogrammi non sarebbe delle migliori.
Quello che è certo, al momento, è che questa notte in via
Brindisi si sono vissuti veri e propri momenti di panico. Ad
accorgersi delle fiamme sono stati i genitori dell’ex
assessore provinciale che abitano al primo piano dello
stabile vicino cui era parcheggiata la vettura. Sono stati
svegliati intorno alle due e un quarto da uno scoppio e da un
forte odore di bruciato, si sono precipitati sul balcone e
quando hanno visto quello che stava accadendo hanno
subito allertato i figli. Natale Curia e il fratello si sono
immediatamente portati in strada e hanno spostato l’auto in
fiamme dal piccolo spazio in cui era parcheggiata, proprio
per evitare ulteriori danneggiamenti sia alle abitazioni che
alle attività commerciali. Con l’aiuto dei vicini e di altri
commercianti hanno poi cercato di domare l’incendio fino
all’arrivo dei vigili del fuoco giunti dal comando provinciale
di Brindisi. “Ci tengo a ringraziare tutti coloro che si sono
prodigati per aiutarci” ha precisato l’imprenditore. Nel
frattempo quel tratto di via Brindisi si è riempito di gente. Il
bilancio è stato più che negativo. Oltre alla vettura di Curia
e al prospetto dell’abitazione dei suoi genitori, infatti, si è
completamente bruciato il portone di ingresso e il prospetto
di un’attività commerciale di prodotti per la casa e per la
persona che sarebbe dovuta essere inaugurata fra qualche
giorno di proprietà di una ragazza sanpietrana. L’auto di
Curia è stata rimossa questa notte stessa.
di Paola Bari
Brucia paninoteca, cause dubbie
19 giugno 2012 - Fino alla tarda serata di ieri avevano
festeggiato la vittoria degli azzurri contro l’Irlanda del Trap.
Poi hanno chiuso, al termine di una delle prime giornate di
lavoro della stagione estiva. E al mattino, intorno alle 5 le
fiamme, che hanno distrutto tutto. “Ma questo è racket?”,
chiede un ignaro passante al cronista mentre documenta lo
scempio di via Del Mare: un camper da venditori ambulanti
di panini distrutto da un rogo proprio ad un tiro di schioppo
dalla questura. Saranno le indagini avviate dalla Polizia di
Stato a stabilire cosa si nasconda dietro l’incendio che ha
distrutto l’attività condotta da Antimo Miceli. L’unico dato
certo è che i danni sono ingenti e l’attività “Brace e
Fantasie” è seriamente compromessa. Non è chiaro da dove
sia partito l’incendio che nell’arco di pochi minuti, dopo le
5, ha devastato la paninoteca. I vigili del fuoco del comando
provinciale di Brindisi intervenuti per domare le fiamme
non hanno trovato inneschi particolari. I pompieri hanno
anche evitato, col loro intervento che tre bombole di gas,
posizionate dietro il mezzo, potessero esplodere. Pare che
fino ad una mezz’ora prima fosse tutto tranquillo perchè
anche una pattuglia della polizia impiegata in zona era
passata lungo via Del Mare non notando alcun movimento
sospetto. Resta da stabilire l’esatta origine delle fiamme per
poter comprendere se si sia trattato di uno sfortunato
incidente o dietro ci sia la mano del racket delle estorsioni. I
danni ammontano a diverse decine di migliaia di euro.
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Mesagne: A sparare a Pezza Viva è stato un
uomo appiedato
15 Giugno 2012 - Gli investigatori stanno lavorando con
una certa caparbietà sul video che ha ritratto l’atto
intimidatorio portato a segno a Mesagne ai danni
dell’azienda “Pezza Viva”. Lo hanno sezionato fotogramma
per fotogramma, sequenza dopo sequenza. L’hanno avvolto
e riavvolto più volte fino a quando gli occhi hanno iniziato a
bruciare. Sono lì da ore per cercare un elemento, un indizio,
che possa metterli sulla giusta via. Purtroppo la qualità delle
immagini non è delle migliori per non dire pessima. Ha
ritratto la scena ma non ha permesso di individuare l’autore.
Le immagini ingrandite sono sgranate e inservibili.
Immagini che, tuttavia, devono essere migliorate nei
laboratori scientifici della polizia. Perciò ci vorrà ancora del
tempo per cercare il sicario giusto. Anche se, per la verità,
gli investigatori hanno le idee alquanto chiare sull’accaduto
in virtù di quell’approfondita conoscenza del territorio. Oggi
a Mesagne bisogna essere attenti a captare anche i minimi
mutamenti. E in questi mesi mutamenti ne sono avvenuti di
certo poiché i capi clan sono in carcere, grazie alle varie
operazioni di polizia, e i neofiti boss iniziano a scalpitare per
emergere e assumere il comando. Insomma Mesagne è in
una fase delicata. In ogni modo l’atto intimidatorio al
negozio di latticini “Pezza Viva”, di proprietà dei fratelli
Greco di Torre Santa Susanna, dovrebbe essere avvenuto
intorno a mezzanotte. In concomitanza dello sparo dei
secondi fuochi in occasione della festa di S. Antonio la cui
parrocchia dista da via Gualtiero d’Ocra, luogo in cui è
ubicata l’attività commerciale, qualche centinaio di metri. Il
sicario ha atteso l’inizio dei fuochi e poi si è avvicinato alla
vetrina ed ha fatto fuoco. Ecco perché i residenti non hanno
sentito alcuno sparo. Il colpo di fucile è stato coperto da
quello dei fuochi pirotecnici. La sequenza delle immagini,
infatti, dovrebbe aver chiarito che a sparare è stato solo un
uomo che si è avvicinato a piedi alla vetrina ed ha esploso
un solo colpo. Poi è fuggito a piedi e si è dileguato con
l’aiuto di qualche complice. Sull’inquietante vicenda
dell’atto intimidatorio ai danni di “Pezza Viva” è
intervenuto Fabio Marini, presidente dell’associazione
antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza”: “L’atto
intimidatorio è vile e criminale – ha spiegato Marini – Agli
imprenditori rivolgo il consiglio che ho sempre dato a tutti:
denunciate questi aguzzini. Senza se e senza ma. Insomma
senza avere paura di nulla. Solo con la denuncia si può
permettere alle forze dell’ordine di indagare e individuare
questa gente. Bisogna affidarsi con fiducia nelle mani delle
forze dell’ordine che insieme alla magistratura stanno
svolgendo un ottimo lavoro”. Quindi Marini ha precisato:
“Comprendo bene che per ottenere dei risultati ci vuole del
tempo. Però la strada da percorrere è quella, se vogliamo
estirpare questa piaga sociale dal nostro territorio”.
Mesagne contro la mafia ha gli anticorpi della
legalità
14 Giugno 2012 - La comunità e l’Amministrazione
comunale di Mesagne, da tempo, hanno scelto di contrastare
in tutte le forme possibili la riproposizione di qualsiasi atto
criminoso, compreso l’incendio consumatosi domenica
scorsa sui “nostri” terreni confiscati, gestiti dalla tenace
Cooperativa “Libera Terra- Terre di Puglia”. “Fatto grave e
preoccupante per la matrice dolosa che a oggi è confermata
e per la realtà criminosa che ripropone, mai negata o
sottovalutata. – ha spiegato il sindaco Scoditti a nome
dell’intera amministrazione comunale - Sono giorni questi,
per Mesagne, di grande sofferenza che rimandano a una
responsabile e comune riflessione”. La città, in oltre venti
anni d’impegno contro la criminalità, ha comunque
strutturato i necessari anticorpi ed è vigile e presente,
presidiando il territorio. “Lo ha fatto e, accogliendo
l’incitamento di don Luigi Ciotti – ha continuato Scoditti proseguirà a farlo con continuità, mantenendo alto
l’impegno e rinnovando le energie, con condivisione,
ritrovandosi come comunità civile che da tempo ha scelto da
che parte stare, con corresponsabilità, obbligandosi, prima
individualmente e nelle scelte private e poi collettivamente e
nelle scelte pubbliche, ad essere una città onesta e coerente”.
Intanto è già al lavoro il neo segretario del Pd, Alessandro
De Nitto, il quale ha risposto con sdegno all’atto
intimidatorio perpetrato, ancora una volta, ai danni di Libera
cui è stato bruciato una parte di grano. “In un momento
storico, culturale e politico caratterizzato dalla voglia di
cambiamento e dall’impegno concreto dei ragazzi
mesagnesi a rendere il nostro paese un posto migliore in cui
vivere – ha scritto Alessandro De Nitto - “l’oltraggio”
consistito nell’appiccare il fuoco nei campi tolti alle mafie e
restituiti alla società civile è una ferita per l’intera comunità.
Senza voler essere retorici o irresistibilmente idealisti,
questo partito nell’esprimere l’ovvio sostegno ad Alessandro
Leo e ai suoi ragazzi, conferma, ove ve ne fosse bisogno, la
volontà del Pd di sostenerli in ogni loro iniziativa o
necessità, rassicurandoli che mai saranno lasciati soli e in
balia di chi pur dichiarandosi “uomo d’onore” è, in realtà sic venia verbo – vigliacco e nemico della sua stessa terra”.
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Per il Pd come per il grano, anche nella vita vi è un tempo
per tutto. “Un tempo per la semina, e in questo i ragazzi di
Terre di Puglia sono stati eccezionali nel farsi promotori
della legalità in un luogo dove solo ieri si calpestavano i
diritti dei deboli. Ha concluso De Nitto - Un tempo per la
crescita, che deve vederci impegnati tutti nel denunciare
ogni singolo diritto violato”.
Banda Antonino sommersa di condanne
14 giugno 2012 - Oltre un secolo di carcere alla banda di
Sandro Antonino, quella del gruppo che “in due tre mesi ci
siamo mangiati Brindisi, cumpà”. E per la quale “se ci
arrestano e ci mettono dentro, ci devono fare un articolo
curioso: presa la banda Antonino”. Il titolo della nuova
pagina scritta dalla giustizia è: condannata la banda
Antonino a 106 anni e 10 mesi: 19 imputati condannati
complessivamente a 107 anni di carcere, sei gli assolti. Nella
durissima requisitoria finale il pubblico ministero Valeria
Farina Valaori aveva chiesto condanne pari a 163 anni a
carico dei 25 imputati. Si tratta del gruppo catturato
nell’operazione “Terra Bruciata” condotta dalla Squadra
mobile della questura di Brindisi l’1 luglio del 2010, su
indagini che avevano preso in considerazioni episodi
avvenuti tra il 2006 e il 2007 nel capoluogo, che sfociò in 12
arresti e 8 indagati. L’organizzazione che gli investigatori e
la procura descrissero come una banda di ladri, ricettatori,
rapinatori e attentatori in carriera. Una rete di soggetti rea di
aver messo a segno una catena di furti di auto e moto,
seguiti da richieste estorsive, il cosiddetto cavallo di ritorno,
a ritmi molto elevati, senza disdegnare spaccate nei negozi
di mezzo Salento, qualche colpo in trasferta al Nord (una
rapina e due furti in appartamento, a Parma, Fabriano e
Ancona), una serie di furti in appartamento se trovavano
anche le chiavi di casa del proprietario nell’auto rubata da
un membro del gruppo. Di seguito le condanne del tribunale
(presidente Aliffi, a latere Scuzzarella e Testi), nei confronti
degli indagati: 16 anni e 6 mesi (chiesti 20 anni) per Marco
Greco, 15 anni e 4.600 euro di multa per Sandro Antonino (a
fronte dei 15 anni e 3 mesi richiesti), 12 anni e sei mesi (a
fronte dei 16 anni e 6 mesi chiesti) e 4.000 euro di multa per
Cosimo Papa, 11 anni e 3.200 euro di multa (a fronte degli
11 anni e 6 mesi chiesti) per Andrea Pisani, 6 anni e 6 mesi
e 1.300 euro di multa per Ivano Cannalire (chiesti 6 anni).
Poi 6 anni e 6 mesi e 1.300 euro di multa (6 gli anni
richiesti) per Gennaro Giuffrida, 6 anni e sei mesi (nove di
reclusione per reati unificati) e 1500 euro di multa a
Fabrizio Guttagliere (richiesti 6 anni), 6 anni e sei mesi
(nove di reclusione per reati unificati) e 1500 euro di multa
ad Alessandro Morleo (pena richiesta 6 anni), 5 anni e 550
euro di multa per Domenico Muoio (chiesti 8 anni e 8 mesi),
4 anni e 6 mesi e 600 euro di multa (a fronte degli 8 anni
chiesti) per Claudio Palma, 4 anni e 10 mesi e 1000 euro di
multa (a fronte dei 9 anni chiesti) per Giuseppe Palma.
Proseguendo, 2 anni di reclusione e 600 euro di multa, pena
sospesa, per Fulvio Ciccarelli (richiesti 4 anni e 6 mesi), 2
anni e sei mesi (anziché i 4 anni richiesti) per Davide
Tramacere, 2 anni (pena sospesa) e 600 euro di multa (a
fronte dei 4 anni e 6 mesi chiesti) per Antonio Vozza, 2 anni
e 200 euro di multa (a fronte dei 3 anni e 6 mesi chiesti) per
Francesco Ruggero, un anno di reclusione (a fronte dei 2
anni richiesti) per Claudio Cucinelli, 8 mesi pena sospesa (a
fronte di 1 anno e 6 mesi) per Antonio Tramacere, 8 mesi di
reclusione (pena sospesa) per Giancarlo Bagorda (chiesti 2
anni), 8 mesi (pena sospesa a fronte di 1 anno richiesto) per
Davide Marzo. Assolti Danilo Pugliese (fratello del pentito
Marco Pugliese erano stati chiesti 7 anni), Stefano Iacolare
(7 anni richiesti), Gianluca Guerra (erano stati chiesti 3
anni), Fabio Bagnato (1 anno e 6 mesi richiesti), Michele
Patronelli (erano stati chiesti 3 anni e 6 mesi). Per Raffaele
Saponaro (4 anni e 6 mesi richiesti), dovrà essere
riformulato il capo d’imputazione.
L'antiracket allo Stato: Dovete essere più incisivi
13 Giugno 2012 - Gli inquietanti segnali che la criminalità
organizzata ha lanciato in questi giorni a Mesagne non fanno
abbassare la guardia alla società civile e alle associazioni
antiracket e antiusura. E sono loro che, ancora una volta,
sono scese in campo per far sentire la voce e condannare con
sdegno l’episodio criminale che ha coinvolto Libera cui
ignoti piromani hanno incendiato parte del grano biologico a
poche ore dalla trebbiatura. “La politica deve essere
maggiormente incisiva – ha detto Fabio Marini, presidente
dell’associazione antiracket “Legalità e sicurezza” di
Mesagne – Non ci devono essere tentennamenti o riserve.
Davanti a questi episodi bisogna essere uniti. E bene ha fatto
il governatore Vendola a essere duro anche con il Governo
che sull’onda dell’emozione del 19 maggio ha promesso
qualcosa che ancora non si è visto”. Parole dure quelle di
Marini che hanno richiamato le istituzioni alle loro
promesse oltre che ai loro compiti. E a rincarare le
dichiarazioni di Marini ci ha pensato il coordinatore
provinciale delle associazioni antiracket, Ermanno Manca:
“Purtroppo, ancora una volta, a distanza di solo qualche
giorno è necessario e doveroso esprimere la solidarietà e la
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vicinanza anche agli amici e colleghi di Libera e in
particolare a Libera Terra per quanto accaduto al grano
seminato sui terreni confiscati alla Scu”. Ha spiegato il
coordinatore: “Non possiamo pensare che sia stata
autocombustione o distrazione di qualcuno che
maldestramente abbia provocato le fiamme, perché i segnali
in “codice” ci sono e devono essere capiti”. Ed ha, quindi,
fatto un appello alle istituzioni affinché siano sempre deste
su questi episodi: “Non possono essere solo coincidenze e se
non si comprende questo e non si corre subito ai ripari con
risposte dure e decise – ha continuato - rischiamo di tornare
indietro e vanificare ciò che in questi ultimi tempi abbiamo
faticosamente costruito; rischiamo che commercianti e
operatori economici si abbandonino allo sconforto e si
pieghino al ricatto mafioso”. Una preoccupazione che
Manca ha gridato forte più volte nei vari incontri che ha
tenuto anche con i rappresentanti delle istituzioni incaricate
a vigilare sull’ordine pubblico: “Non deve accadere questo
scoramento e perciò lanciamo l’appello forte a contrastare
l’attacco criminoso da qualunque parte provenga. Agli amici
di Libera va tutto il nostro sostegno e l’incitamento a non
mollare mai”. Martina Carpani, dell’Unione degli studenti
della provincia di Brindisi, ha espresso la solidarietà:
“Riteniamo fondamentale continuare la battaglia che
insieme ci siamo prefissati – ha detto - contro ogni tipo
d’illegalità e ingiustizia, praticando dal basso l'antimafia
sociale a partire dai beni confiscati e dall'educazione alla
legalità. E’ necessario sconfiggere ogni comportamento
omertoso e indifferente e farci tutti portatori di questo
messaggio, ricostruendo sulla base dei nostri valori un
percorso di riqualificazione del territorio”. Infine Carmelo
Rollo, presidente di Legacoop Puglia, ha spiegato che è:
“Un gesto che ha il sapore amaro di un’intimidazione
mafiosa. La mafia si combatte con coraggio, impegno e
lavoro «libero», proprio come ci insegnano giorno per
giorno i ragazzi di Libera”.
“Pezza Viva”: fucilate contro vetrata
13 giugno 2012 - Una fucilata sparata dritta contro la vetrata
che finisce in frantumi. Attentato a colpi di fucile ai danni
della rivendita di Mesagne della nota azienda di prodotti
tipici e latticini Masseria “Pezza Viva”. Qualcuno, non è
noto ancora quando ha agito, ha esploso una fucilata
direttamente contro l’ingresso del negozio di via Gualtiero
D’Ocra, distruggendo la vetrata del punto vendita nel centro
messapico. Ad accorgersi dei danni, all’ora di apertura
dell’attività commerciale, uno dei titolari del negozio che ha
sporto denuncia al commissariato di polizia di Mesagne. Gli
agenti guidati dal vice questore aggiunto Sabrina Manzone
si sono recati sul posto, insieme con il personale della
scientifica, per i rilievi del caso. A sparare un fucile da
caccia a pallini. Gli investigatori stanno valutando il calibro
dell’arma che potrebbe essere un 12 o un 16 millimetri e
quando l’attentatore possa essere entrato in azione: se nella
serata precedente dopo le 21.30 – in corrispondenza dei
fuochi pirotecnici sparati per la festa dedicata a
Sant’Antonio da Padova – o se in nottata. Nessun dei
residenti sembrerebbe aver udito esplosioni per cui è
probabile che lo sparo sia avvenuto in corrispondenza dei
fuochi. Strano messaggio nei confronti delle più note
aziende lattiero casearie della provincia con base a Torre
Santa Susanna e diversi punti vendita nei vari comuni del
Brindisino dei fratelli Greco. A scoprire e denunciare il fatto
di primo mattino è stato Cosimo Greco, 45 anni, uno dei
titolari, che non riesce a spiegarsi il gesto, dal momento che
– come spesso accade in questi episodi – nessuno nella
circostanza aveva mai ricevuto minacce o richieste
estorsive. Non è escluso tuttavia che possa trattarsi di un
ritorno del racket. In passato, la stessa azienda (e nello
specifico lo stesso punto vendita) era stata presa di mira
dalla criminalità.
di Antonio Portolano
Libera: nessun cedimento sul fronte della legalità
13 Giugno 2012 - L’azienda agricola “Canali, confiscata
alla criminalità organizzata mesagnese, da sei anni è
divenuta una fiorente attività commerciale grazie al lavoro
che Libera, attraverso la cooperativa sociale di giovani
“Terre di Puglia”, sta facendo. I progetti sono ambiziosi
giacché in quest’azienda è presente una masseria, anch’essa
confiscata, che a breve sarà ristrutturata grazie a un progetto
finanziato dal Pon Sicurezza per la realizzazione di una
masseria didattica. "In attesa dei riscontri necessari e
osservando il doveroso riserbo per il lavoro delle forze
dell'ordine e ringraziando l’impegno delle istituzioni – ha
commentato una nota emessa da Libera, Associazioni, nomi
e numeri contro le mafie - ribadiamo con forza e
determinazione che le fiamme in Puglia come quelle in
Sicilia insieme alle altre forme d’intimidazioni subite negli
ultimi giorni non fermeranno la scelta e l’impegno del
nostro percorso di restituzione alla collettività di quanto le
mafie hanno sottratto con la violenza e la minaccia”. I
responsabili di Libera hanno fatto notare che il loro impegno
per la legalità e la giustizia: “Non subirà alcun cedimento e
queste intimidazioni sono la riprova del positivo che in
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quella terra come nel resto del paese stiamo cercando di
costruire anche grazie alla preziosa opera di magistratura e
forze dell'ordine, dell'associazionismo, del mondo cattolico
e di molte amministrazioni attente”. Per Libera le fiamme di
domenica che hanno bruciato il raccolto di 200 quintali di
grano duro biologico “Senatore Cappelli”: “Non fermeranno
il riscatto della legalità anche perché non si deve cedere alle
eventuali intimidazioni di quanti credono con la violenza di
seminare paura. – hanno chiarito da Libera - A Mesagne da
tempo è stata seminata la speranza e il raccolto continuerà a
essere fruttuoso. Da tempo in questo territorio sono ben
radicati gli anticorpi sociali pronti a rispondere sempre con
attenzione e corresponsabilità a qualsiasi atto intimidatorio.
Coltivare e produrre sui terreni confiscati ai mafiosi e creare
lavoro libero dalle mafie rappresenta il più grande schiaffo
alla criminalità organizzata e a chi la copre”. Libera non ha
gettato la spugna per quest’ennesimo episodio intimidatorio,
tutt’altro. “Noi continueremo in quel territorio - ha concluso
l’associazione antimafia - a coltivare la speranza, la
freschezza di prospettive fondata su lavoro vero, tenace e
concreto".
Maci:”Troppe pressioni estorsive”
12 giugno 2012 - Angelo Maci lancia l’allarme legalità e
chiede maggiore attenzione da parte dello Stato. Lo fa in una
lunga video-intervista rilasciata ad Angelo Perrino, direttore
del sito Affari Italiani. Ma quella del presidente della
Cantina Due Palme non è solo una richiesta di aiuto, bensì
anche un invito agli imprenditori a fare la propria parte, a
non abbassare la testa. «Per tre volte sono stato oggetto di
richieste estorsive giunte per telefono, e per tre volte ho
denunciato tutto alle forze dell’ordine e gli autori delle
minacce sono stati assicurati alla giustizia. Le aziende hanno
bisogno della legalità. Se non c’è legalità, lo sviluppo è
compromesso», ha dichiarato Maci, che poi ha fatto
riferimento a recenti episodi di cronaca: «In questo periodo
stiamo rivivendo brutte situazioni, come gli assalti di bande
armate alle ville in campagna. Io vivo in campagna da 30
anni e non ho mai avuto paura. Oggi ce l’ho e sono
preoccupato». Perché l’imprenditore non vede una ferma
reazione da parte dello Stato. «Cinque mesi fa ho contribuito
a rimandare in galera un delinquente. Era appena uscito dal
carcere dopo 20 anni di detenzione e si era rimesso a fare
estorsioni. Ho fatto presente alle forze dell’ordine e alla
magistratura che vedo delle situazioni diverse, ma nessuno
si è ancora degnato di chiamarmi o interrogarmi. Ha ragione
Ferrarese, a Brindisi e provincia c’è una situazione
pericolosissima. Stiamo vivendo momenti terribili». Ma per
uscirne ci vuole poco, come dimostra la risposta data
all’attentato alla scuola Morvillo-Falcone: «Brindisi per 40
anni ha vissuto di contrabbando. Cinquemila famiglie
vivevano di contrabbando. Ma quando lo Stato, dopo la
morte di suoi due uomini, ha detto basta, il contrabbando è
stato eliminato in poche settimane. Quando lo Stato viene
toccato, reagisce. E oggi bisogna reagire».
di Fabio Mollica
Vendola incontra le associazioni antiracket:
"Sostegno e appoggio"
11 giugno 2012 - “L’appello che, come Regione Puglia,
raccolgo dalle associazioni antiusura e antiracket del
territorio, lo rivolgo direttamente al Ministero degli Interni,
alle Prefetture pugliesi e a tutte le autorità competenti
affinchè si possa avviare una rete di monitoraggio su tutto
quello che sta accadendo sul nostro territorio. Le
associazioni chiedono di non abbassare la guardia e di aprire
gli occhi perché in questo momento non è ammissibile
alcuna distrazione, colpevole distrazione”. Lo ha detto il
Presidente della regione Puglia Nichi Vendola al termine
dell’incontro, svoltosi questa mattina in Presidenza, con
alcuni rappresentanti delle associazioni antiracket e
antiusura della Puglia, tra cui il coordinatore regionale delle
associazioni Renato De Scisciolo e il Presidente
dell’associazione di Mesagne Fabio Marini accompagnato
dal legale dell’antiracket avv. Carmelo Molfetta e dal
coordinatore provinciale Ermanno Manca. “Nelle scorse ore
sono stati dati alle fiamme sette ettari di terreno coltivato a
grano nelle campagne di Libera nel brindisino – ha aggiunto
Vendola – gli attentati a Fabio Marini Presidente
dell’antiracket di Mesagne, l’associazione antiracket e
antiusura di Vieste sul Gargano, con i propri associati
impegnati come testimoni nel processo Medioevo, vive
altrettanto una condizione di assedio con episodi di
gravissima intimidazione come è accaduto con l’incendio
dell’automobile del vicepresidente. Ci sono tanti segnali che
dicono che questo è il momento in cui le organizzazioni
criminali stanno cercando di capitalizzare gli effetti della
crisi economica. Le mafie sono le banche più ricche di
liquidità e più capaci di costruire un circuito creditizio
naturalmente legato alla natura usuraia della loro attività”.
Per Vendola “minimizzare la mafia è sempre un crimine, ma
minimizzare le realtà delle organizzazioni mafiose e dei clan
nel momento in cui queste organizzazioni rischiano di
estendere la propria capacità di controllo del territorio
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proprio perché c’è la crisi economica, sarebbe veramente un
crimine imperdonabile”. “Molti imprenditori di un territorio
cominciano a ribellarsi – ha sottolineato Vendola - si
organizzano per rendere testimonianza nella aule di giustizia
e per rompere il muro dell’omertà. Ma a fronte di tutto
questo, c’è bisogno che lo Stato dia prove di
accompagnamento costante a questa presa di coscienza e a
questa testimonianza”. “Se lo Stato - ha detto il Presidente si comporta con un’attenzione scostante, se cioè un giorno
accende i riflettori e il giorno dopo li spegne, la sensazione è
che chi denuncia si sente abbandonato e questo determina un
effetto domino drammatico”. Dalla spinta al coraggio
dunque si potrebbe passare al “rompete le righe
generalizzato”, un tornare indietro “perchè - secondo
Vendola – potrebbe apparire più conveniente pagare il pizzo
piuttosto che denunciare la malavita. Noi abbiamo fatto
passi avanti, ma se non riusciamo a farne ancora, il rischio è
che si possano fare decine di passi indietro e in questo
momento è impensabile perché siamo tutti a rischio. La crisi
economica – ha ribadito ancora una volta Vendola - è un
terreno di protagonismo straordinario delle mafie”.
di Giuseppe Messe
tarda sera dai Vigili del Fuoco di Brindisi che hanno dovuto
lavorare duramente per avere ragione delle fiamme.
Indagano i carabinieri di Mesagne. L'incendio è di natura
doloso in quanto le fiamme sono state appiccate in più punti.
di Giuseppe Messe
Nota della Redazione
Brucia il grano delle terre confiscate alla Scu
Rapine, intercettati ai colloqui
11 Giugno 2012 - Ieri pomeriggio, poco dopo le ore 18.00,
ignoti hanno appiccato il fuoco al grano che la cooperativa
agricola dei giovani di Libera aveva seminato sui terreni
confiscati alla Sacra Corona Unita in località Canali, sulla
strada provinciale Mesagne-S. Vito a 3 km. da Mesagne.
Sono andati distrutti 7 ettari di grano dei 10 che erano stati
coltivati. Il fuoco, alimentato dal vento, è stato spento a
11 giugno 2012 - La banda delle rapine che da novembre a
febbraio scorso ha funestato i territori del Brindisino e del
Leccese seminando terrore tra commercianti e gestori di
stazioni di servizio, potrebbe essere stata definitivamente
sgominata. Dopo l’arresto di due presunti componenti del
gruppo armato di febbraio scorso (Ciarli Screti di San Pietro
Vernotico e Daniele De Leo di Brindisi), questa notte, su
Purtroppo ancora una volta e a distanza di solo qualche giorno,è
necessario e doveroso esprimere la solidarietà e la vicinanza anche
agli amici e colleghi di Libera ed in particolare a Libera terra per
quanto accaduto al grano seminato sui terreni confiscati alla SCU.
Non possiamo pensare che sia stata autocombustione o distrazione
di qualcuno che maldestramente abbia provocato le fiamme, perché
i segnali in “codice” ci sono e devono essere capiti. Non possono
essere solo coincidenze e se non si comprende questo e non si corre
subito ai ripari con risposte dure e decise, rischiamo di tornare
indietro e vanificare ciò che in questi ultimi tempi abbiamo
faticosamente costruito; rischiamo che commercianti e operatori
economici si abbandonino allo sconforto e si pieghino al ricatto
mafioso: non deve accadere e perciò lanciamo l’appello forte a
contrastare l’attacco criminoso da qualunque parte provenga. Agli
amici di Libera và tutto il nostro sostegno e l’incitamento a non
mollare..mai..
ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari
Alcide Maritati, i carabinieri di Campi Salentina hanno
arrestato il pregiudicato sanpietrano Cosimo Fina, detto “il
biondo”, di 42 anni, il sanpietrano Giuseppe Cazzetta detto
“Pitrizzi” di 32 e il brindisino Vito Simone Ruggiero di 22. I
tre, insieme agli altri due complici, sono sospettati di 12
rapine commesse nei paesi delle province di Brindisi e
Lecce. Di queste 8 sono state perpetrate nel Brindisino. Al
momento sono accusati di “porto di arma alterata” e
“ricettazione di arma e auto oggetto di furto”. L’auto, una
Fiat Uno rubata a Cellino San Marzo e l’arma, un fucile a
canne mozzate rubato a San Michele Salentino, sono state
poste sotto sequestro. A casa di Ciarli Screti, durante una
perquisizione è stata trovata una cartuccia compatibile con il
fucile oggetto di sequestro. I carabinieri di Campi Salentina,
coordinati dal capitano Simone Puglisi, insieme ai colleghi
di Cellino San Marco, hanno messo a posto i tasselli che
hanno portato all’arresto della presunta banda delle rapine,
pian piano e con una serie di investigazioni minuziose e
accurate. Fondamentali sono state le intercettazioni
ambientali in carcere dei due arrestati di febbraio scorso (De
Leo e Screti) delle conversazioni con i loro famigliari. In
queste occasioni, infatti, i due indagati, parlando con le loro
conviventi e sorelle, hanno fatto i nomi degli altri tre
complici. L’operazione che ha portato all’arresto di Fina,
Cazzetta e Ruggiero è stata denominata “Gubbia” in
riferimento al casolare utilizzato come nascondiglio dove la
banda aveva occultato l’arma e l’auto che presumibilmente
ha utilizzato per mettere a segno le rapine. Tutto ha avuto
inizio a novembre scorso quando la strada provinciale che
collega Campi Salentina a Cellino San Marco fu teatro di un
inseguimento tra rapinatori e carabinieri. In quell’occasione
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fu abbandonata nelle campagne una Fiat Croma e i suoi
occupanti si dileguarono nelle campagne circostanti. Nei
mesi successivi la zona fu setacciata e a febbraio i
carabinieri di Campi Salentina trovarono in un casolare
abbandonato una Fiat Uno di colore grigio al cui interno era
occultato un passamontagna, un fucile canne mozze e resti
di un registratore di cassa (gli scontrini presenti all’interno
dell’apparecchio riportavano la ragione sociale di un
supermercato di San Donaci). I militari sorvegliarono il
casolare fino a quando chi aveva nascosto quell’auto non si
fece vivo. Era la sera del 9 febbraio scorso. Intorno alle 19
giunse una Fiat Punto con all’interno cinque individui. I
carabinieri si fiondarono sulla vettura ma riuscirono ad
acciuffarne solo due. Ciarli Screti , bloccato sul posto e
Daniele De Leo, rinvenuto qualche ora dopo nelle campagne
di Squinzano. Gli altri si dileguarono. I due arrestati, durante
le visite in carcere dei loro parenti, le cui conversazioni sono
state intercettate e registrate dai carabinieri, hanno fatto il
nome dei loro tre complici durante i colloqui: “Daniele”, “Il
Biondo” e “Pitrizzi”. “Mi hanno abbandonato… pisciaturi li
ho chiamati, e bastardi… pisciaturi bastardi mi state
abbandonando? Non ce la stavo facendo, quando mi alzavo
così e cadevo”, si legge in uno stralcio di intercettazione
della conversazione tra Daniele De Leo e la sua convivente
Deborah, in cui il ragazzo sta raccontando le fasi della fuga
dopo l’irruzione dei carabinieri. “Simone faceva “alzati che
è finito il fango, alzati, il fango è finito”… “Simò aiutatemi”
dicevo “aiutatemi che non ce la sto facendo” ormai li
avevamo seminati, i carabinieri non ci stavano più. I militari
hanno poi accertato che “Simò” era l’arrestato di oggi Vito
Simone Ruggiero. “I carabinieri stavano già appostati là e ci
stavano aspettando, lui con la macchina (riferito a Ciarli
Screti, ndr) noi siamo scappati a piedi e lui è rimasto nella
macchina e lo hanno preso. Capito? Simone è scappato, ci
eravamo allontanati assai, mi avrebbero potuto aiutare, mi
avrebbero preso ed ero scappato insieme a loro…a quello li
accollano per forza tutte cose perché stava là”. Il dieci
febbraio scorso, Cosimo Fina, sottoposto al regime di
sorveglianza con obbligo di non lasciare il territorio di San
Pietro Vernotico, fu trovato a Casalabate (marina di Lecce)
e arrestato per evasione. Anche lui insieme a Giuseppe
Cazzetta compare nelle intercettazioni ambientali delle
conversazioni in carcere tra Ciarli Screti e una sua parente di
nome Anna. Le indagini da parte dei militari dell’arma non
si sono concluse e non si esclude che nei prossimi giorni
non portino a nuovi arresti. Potrebbe essere, infatti, che la
banda delle rapine sia composta da altri complici. Al
momento, in cinque, si trovano in carcere.
di Paola Bari
stato condannato nel ‘99 in via definitiva per associazione
mafiosa (416 bis) ed era tenuto per legge a comunicare ogni
variazione patrimoniale, nell’arco di 10 anni (articolo30,
legge 646/82, omessa dichiarazione), alle autorità preposte.
Tra il 2007 e il 2008 – secondo quanto accertato dai militari
guidati dal maggiore Gabriele Sebaste – avrebbe acquistato
casa, un Porsche Cayenne ed un Bmw modello X-Five –
senza fornire alcuna documentazioni agli organi preposti. La
casa, da 8 vani, insieme con il garage sarebbero stati
intestati al figlio, secondo gli investigatori in maniera
fittizia, per eludere i controlli. Tentativo andato a vuoto
dopo i controlli dei militari della Tributaria il cui lavoro
investigativo è stato condiviso dal pm Luca Buccheri (che
ha chiesto arresto e sequestri) e dal Gip Paola Liaci (che li
ha disposti).
di Antonio Portolano
Colpi di pistola in via Bandello
Mafia: scattano sigilli e manette
8 giugno 2012 - Abitazione con garage e veicolo
commerciale intestati “fittiziamente” al figlio per eludere la
normativa antimafia, ma riconducibili al padre, per un
valore complessivo pari a circa 200 mila euro. E scattano i
sequestri e le manette da parte dei militari del Nucleo di
Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brindisi, in
applicazione della normativa antimafia, su disposizione
dell’Autorità Giudiziaria. Arrestato il pregiudicato di San
Pietro Vernotico Tonio Marangio, 42 anni. L’uomo è
gravato, tra l’altro, da precedenti penali per associazione di
tipo mafioso, in quanto responsabile, in concorso con altri,
dei reati di trasferimento fraudolento di valori e omessa
comunicazione delle variazioni patrimoniali. Marangio era
08 Giugno 2012 - Due colpi d’arma da fuoco hanno
squarciato il silenzio della notte in via Bandello, rione Arco
Ferraro, a Mesagne, nelle vicinanze dell’abitazione di
Cosimo Giovanni Guarini, soprannominato Maradona,
attualmente in carcere con l’accusa di aver partecipato
all’uccisione del 62enne mesagnese Giancarlo Salati, alias
Menzarecchia”, avvenuta il 17 giugno 2009. In quella
operazione denominata Revenge, condotta dal capo della
direzione distrettuale antimafia di Lecce, Cataldo Motta,
oltre a Cosimo Giovanni Guarini furono arrestati anche
Francesco Gravina, detto Gabibbo, e Vito Stano. Sul posto
sono intervenuti sia gli agenti del locale Commissariato di
polizia che i carabinieri di stanza a Mesagne. Da una attenta
disamina sul posto, non hanno trovato fori prodotti dai colpi
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o bossoli per cui, secondo le Forze dell’Ordine, potrebbe
essere stati due colpi di pistola a salve. Un episodio
inquietante che carabinieri e polizia stanno analizzando per
capire chi può aver sparato ed il movente. In quel momento,
era passata la mezzanotte da pochi minuti, nell’abitazione
casa c’erano la madre, la sorella ed un fratello, oltre ad una
nipotina che dormiva. La sorella Simona testimonia che “era
mezzanotte quando abbiamo sentito provenire dal terrazzo
dei rumori. Subito ci siamo resi conto che erano dei passi
chi qualcuno che si trovava sopra di noi. Abbiamo avuto
paura per cui ci siamo immediatamente barricati all’interno
di una stanza. Dopo pochi secondi i rumori sono terminati
ed ho cercato con molta cautela di spiare fuori al giardino ed
ho notato due individui che stavano passando sul terrazzo
attiguo”. A quel punto Simona ha telefonato al 112 che ha
inviato una pattuglia sul posto. “Ho sentito parlare fuori alla
strada – aggiunge Simona –. In un primo momento ho
preferito restarmene rintanata in casa poi ho intravisto
attraverso alcune fessure della finestra il lampeggiante, mi
sono rincuorata e sono uscita in strada”. Simona ha
raccontato tutto alle Forze dell’Ordine che hanno svegliato
un vicino di casa per poter visionare il filmato di un
impianto video posizionato all’inizio di via Bandello.
Sull’argomento gli inquirenti mantengono il massimo
riserbo. Da voci che circolano nell’ambiente malavitoso
mesagnese, il grave episodio intimidatorio potrebbe essere
riconducibile ad un presunto pentimento di Cosimo
Giovanni Guarini che, dal carcere dove è rinchiuso, avrebbe
deciso di collaborare con la giustizia. Un’ipotesi tutta da
verificare ma che, se dovesse avere dei riscontri positivi,
potrebbe avere una facile lettura nel senso che qualcuno la
notte scorsa ha voluto far sapere a Maradona che se dovesse
pentirsi e diventare collaboratore di giustizia ci potrebbero
essere ritorsioni verso la sua famiglia.
di Giuseppe Messe
Due colpi di pistola nella notte e passi che
fuggono. Mistero
08 Giugno 2012 - Mistero a Mesagne. Due colpi di arma da
fuoco sono stati uditi la scorsa notte a Mesagne. I cittadini,
intimoriti, hanno richiesto l’intervento dei carabinieri i quali
sono sopragiunti sul posto in pochi minuti. I militari hanno
monitorato la zona senza trovare qualche traccia che possa
far risalire all’autore dell’esplosione di colpi di arma da
fuoco. Le indagini, tuttavia, sono in corso. L’episodio si è
verificato mercoledì notte tra la mezzanotte e l’una in via
Bandello, nel rione Arco Ferraro. Qui alcuni cittadini hanno
sentito alcuni passi sui propri terrazzi e poi l’esplosione di
due colpi, presumibilmente, di pistola. Impauriti da questi
fatti, e ricordando il fragore udito solo poche ore prima
dell’ordigno fatto scoppiare in piazza S. Antonio nei pressi
dell’abitazione di Fabio Marini, hanno telefonato al 112.
L’operatore ha dirottato sul posto una pattuglia di militari in
servizio prevenzione crimine in città. I carabinieri hanno
ascoltato la testimonianza dei residenti e hanno monitorato
in lungo e in largo l’intera zona senza, tuttavia, riuscire a
notare nessun individuo sospetto. Lo stesso controllo è stato
fatto sui lastrici solari dei cittadini. Qui non è stato trovato
nessun bossolo oppure ogiva. Il controllo è stato esteso
anche ai muri, alle tapparelle, ai portoni. Senza riscontrare
nulla. Il monitoraggio è stato effettuato nuovamente durante
la mattinata di ieri per vedere se nella notte era stato
tralasciato qualcosa. Ma non hanno trovato nulla di
anormale. Per questo motivo gli investigatori hanno dedotto
che, probabilmente, si è trattato di qualcuno che ha esploso
dei colpi con una pistola a salve oppure si è trattato di due
petardi. Certo resta il mistero dei passi uditi dai cittadini sui
terrazzi. Ma anche in questo caso potrebbe essere il gesto di
qualche giovane buon tempone che accaldato dalla nottata
ha deciso di vivacizzare il menage dei vicini. Anche perché,
secondo gli investigatori, non è la prima volta che in quella
zona sono stati uditi colpi di arma da fuoco. In ogni modo
non è stato mai rinvenuto nulla che possa confermare la tesi
di qualche atto intimidatorio perpetrato ai danni di qualche
individuo che abita lì vicino.
Bomba carta a Fabio Marini. "Meglio che non
pensi"
8 Giugno 2012 - Ancora paura a Mesagne dove ignoti
individui hanno fatto scoppiare una bomba carta a pochi
metri dall’abitazione di Fabio Marini, presidente
dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità &
Sicurezza” di Mesagne. Sul posto sono intervenuti polizia e
carabinieri che, per la verità, hanno trovato pochi frammenti
dell’ordigno. Gli stessi sono propensi a pensare che si sia
trattato di un grosso petardo la cui deflagrazione, tuttavia, è
stata notevolmente amplificata dal luogo in cui è stato
collocato e sentita a lunga distanza. In ogni modo sulla
vicenda sono state avviate delle indagini da parte della
polizia. In aiuto agli investigatori, purtroppo, non ci sono
immagini di videosorveglianza. Ed anche qui c’è da
riflettere un attimo per comprendere come è possibile che su
un obiettivo ritenuto “sensibile” non siano stati adottati degli
accorgimenti di controllo passivi dopo l’attentato subito
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all’inizio di maggio quando fu appiccato il fuoco alla sua
auto. E provocatoriamente la gente del rione ha detto di
essere disponibile ad autotassarsi per acquistare le
telecamere poiché è impensabile che lo Stato non abbia i
soldi per attivare alcune misure di prevenzione. Come
anacronistiche sembrano le promesse fatte ai parlamentari
brindisini dal ministro Anna Maria Cancellieri circa un
rafforzamento dell’organico delle forze dell’ordine in
provincia di Brindisi. Promesse fatte all’indomani del primo
attentato a Marini. “Non so che pensare – ha dichiarato un
Fabio Marini piuttosto scosso – Ed è meglio che non ci
pensi. Adesso è il momento della riflessione personale per
parlare c’è ancora tempo. Ho fiducia nel lavoro delle forze
dell’ordine”. La vicenda si è verificata intorno alle ore 21 di
mercoledì in largo S. Antonio nell’omonimo rione dove
abita Marini, di professione agente di spettacolo.
L’abitazione è inserita in un complesso immobiliare
composta da numerosi appartamenti. A un tratto il silenzio
della sera è stato squarciato dal rumore di un’esplosione. La
gente si è riversata in strada temendo a una bomba. Altra
gente si è affacciata dalle finestre per constatare la causa di
quel tremendo botto. Il luogo dell’esplosione è stato
identificato a pochi metri dall’abitazione del Marini dove
c’è un passaggio con un arco che immette da largo S.
Antonio in via Alessandro Manzoni. E’ stato lanciato
l’allarme e sul posto sono giunti poliziotti e carabinieri i
quali hanno monitorato la zona senza riuscire a trovare
elementi tali che possano far pensare allo scoppio di una
bomba carta, anche se la deflagrazione è stata piuttosto
forte. Per terra, infatti, non è stato rinvenuto nessun segno di
bruciatura. Solo qualche pezzo dell’oggetto. Sul luogo è
intervenuta anche la polizia scientifica per non lasciare nulla
al caso ed eseguire le analisi in maniera precisa. Perciò gli
investigatori sono propensi a pensare che possa essersi
trattato dello scoppio di un grosso petardo collocato in quel
posto da qualche buontempone. Diverso il pensiero della
gente. E se invece non fosse così? E se il “petardo” fosse
stato collocato con il preciso scopo di intimidire la famiglia
Marini? Fabio Marini è preoccupato per la salute
dell’anziana madre che quando ha udito lo scoppio è rimasta
scioccata. Mercoledì sera sul posto si è portato il sindaco
Franco Scoditti il quale si è voluto sincerare della situazione
della famiglia Marini. Fabio Marini, tuttavia, non era in casa
al momento dell’esplosione ma è subito corso dalla madre
appena gli è giunta la notizia. Può darsi che il Comune
decida di installare, a proprie spese, una telecamera di
videosorveglianza in largo S. Antonio. La prevenzione dei
reati, infatti, è uno degli obiettivi che si è posto
l’amministrazione comunale mesagnese per dare serenità
alla comunità. Intanto è ancora vivo in città l’episodio del
primo atto intimidatorio perpetrato la notte del 4 maggio
quando ignoti individui attesero l’arrivo di Marini. Poi
cosparsero la sua Mercedes, appartenuta all’attore Sergio
Rubini, con del liquido infiammabile e vi diedero fuoco. In
pochi secondi l’auto fu avvolta dalle fiamme. La luce
provocata dall’incendio fu notata da Marini che affacciatosi
alla finestra vide la sua auto a fuoco. Fu lanciato l’allarme e
sul posto arrivarono vigili del fuoco e polizia. L’auto,
naturalmente, fu completamente distrutta. Da allora con una
certa periodicità le auto delle forze dell’ordine hanno come
compito quello di passare davanti all’abitazione del
presidente dell’antiracket per constatare che non ci sono
problemi. Anche mercoledì sera avevano fatto il giro di
routine senza, tuttavia, notare nulla di strano. Ecco perché la
polizia è convinta che il gesto è da attribuire a qualche
ragazzo e non è opera della criminalità organizzata.
Bomba nei pressi dell'abitazione di Marini
08 Giugno 2012 - Ancora attimi di paura l'altro ieri sera,
intorno alle ore 21.00, in largo Sant’Antonio, nelle vicinanze
dell’abitazione di Fabio Marini, presidente della locale
associazione antiracket che la notte del 4 maggio subì un
attentato alla sua auto che fu incendiata e distrutta. Ignoti
hanno fatto esplodere una bomba carta sotto il passaggio che
collega largo Sant’Antonio con via Manzoni. Il botto, molto
forte, ha allarmato i residenti dei numerosi condomini del
quartiere che presi dal panico sono scesi in strada. “Il botto
è stato molto rumoroso e si è sentito a qualche centinaio di
metri”, hanno detto alcune signore che ieri mattina
parlavano dell’accaduto vicino al posto dove è stata fatta
scoppiare la bomba carta. “Quando mi sono affacciato alla
finestra per vedere cosa era accaduto ho visto un luce molto
intensa - spiega Genoveffa -. Subito dopo è arrivata la
polizia ed i carabinieri che sono rimasti a controllare la zona
sino a mezzanotte inoltrata”, aggiunge. Fabio Marini ieri
mattina era visibilmente preoccupato soprattutto per le
condizioni di salute della madre che da quando gli hanno
incendiato l’automobile è sempre sotto tensione e teme che
possa accadere qualcosa di ancora più grave. Il presidente
dell’associazione antiracket ieri mattina era in Municipio per
parlare con il sindaco Franco Scoditti e con il Presidente del
consiglio comunale, Fernando Orsini.
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"Nel 2001 la Scu voleva riorganizzarsi:
summit in carcere"
Nuova esplosione nei pressi di casa di Fabio
Marini, ragazzata o atto intimidatorio?
07 Giugno 2012 - “Volevano riorganizzare la Sacra Corona
Unita nel 2001 e per questo ci fu una specie di riunione del
carcere di Brindisi, dove erano detenuti diversi affiliati: era
necessario fare le cose in maniera più precisa per gestire
meglio gli illeciti”. Il pentito. Il retroscena sul summit
concepito dietro le sbarre e svoltosi presumibilmente
durante le ore d’aria in cortile è stato consegnato dal pentito
Simone Caforio, brindisino, classe 1973, al Tribunale del
capoluogo dinanzi al quale è stato incardinato il processo
sull’associazione di stampo mafioso denominata Scu “sino
al 2005” che la Dda di Lecce ritiene di aver scardinato con il
blitz chiamato “Calypso” del novembre di due anni fa. In
carcere finirono undici persone, tra cui Ercole Penna, che da
lì a qualche settimana avrebbe maturato la scelta di
transitare dalla parte dello Stato diventando – sinora – il
collaboratore più prezioso e credibile per la Direzione
Distrettuale Antimafia tenuto conto della quantità e della
qualità delle dichiarazioni rese, poi confluite in due richieste
di arresto: “Last Minute” alla fine del 2010 e “Die Hard”
nelle scorse settimane, passando dalla ricostruzione
dell’omicidio di Giancarlo Salati, massacrato con un bastone
di legno nella cucina della sua abitazione, a Mesagne. Penna
ha chiuso il conto con la giustizia in abbreviato,
beneficiando dell’attenuante della collaborazione, ed è stato
condannato a otto anni di reclusione.
06 giugno 2012 - Alle 22 di stasera una piccola bomba carta
è esplosa in Largo Sant’Antonio, nei pressi dell’abitazione
di Fabio Marini, presidente della locale associazione
Antiracket. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il
sindaco di Mesagne, Franco Scoditti. Non ci sarebbero
danni, dunque al momento risulta difficile capire se si sia
trattato di ragazzata o se possa invece essere una nuova
intimidazione. La notte tra il 4 e il 5 maggio era stata
incendiata l’auto di Marini.
Spaccata alla Q8 di Torchiarolo
6 giugno 2012 - Due cartoni di sigarette e 300 euro in
contanti. E’ l’ammontare del bottino di un furto messo a
segno intorno alle due del mattino nella stazione di servizio
“Q8”, lungo la strada statale 613, a Torchiarolo. I ladri
hanno forzato l’ingresso della stazione di servizio – gestita
da Adele Pelà -impossessandosi della refurtiva per poi far
perdere le proprie tracce. Indagano per risalire agli autori del
colpo i carabinieri della stazione di Torchiarolo.
di Antonio Portolano
Due banditi al bar: 75 euro
6 giugno 2012 - Assalto notturno al Bar Silver Moon a
Mesagne per il miserrimo bottino di 75 euro oltre gli
spiccioli delle macchinette del locale, valore ancora in
corso di quantificazione. Era circa l’una e trenta della notte
scorsa quando in due – uno dei quali armato di fucile a
canne mozze -, corporatura media, mascherati con
passamontagna irrompono arma in pugno nell’attività
condotta da Cristal Carovigno. E’ stata questa l’ultima
persona rimasta a riordinare il locale in via di chiusura,
quando dopo essere stata minacciata e strattonatadai due
malviventi, è stata costretta a consegnare l’incasso della
serata. Bottino: 75 euro. Non paghi i rapinatori si sono fatti
aprire le cassette delle macchinette da gioco e si fanno
consegnare gli spiccioli contenuti all’interno. La fuga a
bordo di quella che è sembrata una Fiat Stilo di colore scuro.
Indagano per risalire agli autori della rapina i carabinieri
della locale stazione – coordinati dal maresciallo Gabriele
Taurisano – ed i colleghi della compagnia di San Vito dei
Normanni. Secondo quanto riferito dalla vittima agli
investigatori, si trattava di due giovani con tipico accento
locale.
di Antonio Portolano
Incendio danneggia una gelateria
02 Giugno 2012 - E’ di natura dolosa l’incendio che ha
danneggiato la gelateria “Sandrino”, sita in via Dante a
Campomarino. Il proprietario, Alessandro Salerno, è stato
svegliato nel cuore della notte tra mercoledì e giovedì,
avvertito dai vigilanti. Sul luogo sono intervenuti i
carabinieri della stazione di Manduria, guidata dal capitano
Mazzotta. Le fiamme non si sono propagate all’interno del
locale, hanno danneggiato la parte esterna e la porta
d’ingresso. Il rogo è stato contenuto, tanto che i vigili del
fuoco non sono stati neanche costretti a intervenire. La conta
dei danni non è stata ancora portata a termine, ma l’esercizio
commerciale ha ripreso subito l’attività. I militari, giunti sul
luogo, hanno subito effettuato i rilievi del caso. Hanno
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trovato una bottiglietta. Le tracce di liquido infiammabile –
quasi certamente benzina – hanno subito sgombrato il
campo da un dubbio: è il primo episodio su cui indagare in
questa stagione estiva. La natura del rogo, infatti, è dolosa.
Ora i carabinieri stanno procedendo con le indagini e gli
accertamenti, cercando di capire chi possa essere l’autore
del gesto. Alessandro Salerno ha aperto la gelateria un anno
fa. Ma si è già guadagnato “sul campo” il soprannome di “re
dei gelati”. E in effetti ogni sera, l’estate, c’è la coda davanti
al suo bancone, con i villeggianti che attendono
pazientemente coni e coppe. Salerno è proprietario di altre
gelaterie nel Brindisino. Originario di Francavilla, ha deciso
di investire a Campomarino, lido balneare che divide, ex
aequo, con San Pietro il titolo di meta estiva preferita dai
Francavillesi. L’attività della gelateria, quest’anno, è ripresa
il 25 aprile. E’ la prima volta che è teatro di un episodio
simile.
Calmi, decisi, precisi. Un plotone.
Nessuna traccia del commando
2 giugno 2012 - Non erano un branco di lupi. Erano
organizzati in maniera militare. Non è partito un colpo dalle
loro armi, ma non perché avevano paura del conflitto a
fuoco. Erano una quindicina: un plotone, più o meno.
Flessibilità e potenza di fuoco. Dovevano tenere il campo
per tutto il tempo necessario. Sapevano quando rinunciare, e
lo hanno fatto bruciandosi i loro veicoli alle spalle, per
creare un diversivo e un punto di impegno per gli
inseguitori. Tutto casuale? Può darsi. Ma gli investigatori
non possono permettersi una sottovalutazione del genere,
perché gli sconosciuti entrati in azione sulla superstrada
Brindisi – Taranto sembrano appartenere ad una nuova
generazione di rapinatori. Sfortunati con i due furgoni
blindati della Sveviapol tra Latiano ed Oria solo nella fase
conclusiva, quella dell’apertura delle casseforti. Una
questione di tecnica, un punto debole dell’azione che ha
fatto mancare il colpo forse milionario. Ma per il resto,
poche sbavature: informazioni perfette, audacia, superiorità
numerica certamente calcolata attentamente, esecuzione
precisa, fuga veloce. Tute mimetiche, giubbotti
antiproiettile, fucili d’assalto automatici – uno abbandonato
in una carcassa in fiamme – oltre che fucili a pompa.
Sembravano un commando militare. E se qualcuno di loro lo
fosse stato, italiano o straniero? E se si trattasse di un nuovo
genere di rapinatori figli della crisi? In tal caso, se ci fosse
stata una sparatoria l’avrebbero sostenuta senza particolari
stress, abituati a ben altro. Per questo hanno saputo
controllare la situazione per lunghi minuti senza perdere la
testa. Ma sono andati via praticamente a mani vuote, anche
se tra l’attacco e l’arrivo delle radiomobili e delle volanti
sono passati almeno una decina di minuti. O tanti sono
sembrati ai vigilantes sotto tiro. Hanno retto le difese
passive dei due furgoni portavalori, che probabilmente il
commando aveva sottovalutato. Però, da bravi “soldati”,
hanno capito che di fronte a quell’errore doveva ritirarsi in
perfetto ordine. E così è stato.
di Marcello Orlandini
Auto in fiamme al Perrino e S.Angelo
31 maggio 2012 - Due auto distrutte in altrettanti incendi, il
primo di natura accidentale, il secondo di natura
dichiaratamente dolosa. Doppio intervento dei vigili del
fuoco tra la notte e le prime ore del mattino. Il primo in
Corte Sele, al quartiere Perrino, intorno all’una del mattino,
dove i pompieri hanno domato il rogo sviluppatosi,
probabilmente per un corto circuito, a bordo di una Renault
Twingo. Cinque ore più tardi, nuovo allarme alla sala
operativa del 115 e nuovo intervento in via Borromeo al
quartiere
Sant’Angelo dove
le
fiamme hanno
completamente distrutto una Volkswagen Golf con targa
tedesca. L’auto, è stato accertato dal personale delle Volanti
della polizia e dei carabinieri era stata rubata a Collepasso
(Lecce) al legittimo proprietario, tornato nel suo paese
natale per un periodo di vacanza.
di Antonio Portolano
Estorsioni e attentati: 4 condanne a Taranto
30 maggio 2012 - Il gup del Tribunale di Lecce Alcide
Maritati ha condannato con il rito abbreviato quattro persone
coinvolte in una inchiesta della Direzione distrettuale
antimafia accusate di attentati dinamitardi, estorsioni,
detenzione illegale di esplosivo e di armi da fuoco e spaccio
di droga con l’aggravante del metodo mafioso. Al presunto
capo, Nicola Pascali, sono stati inflitti 12 anni e 4 mesi di
reclusione, mentre suo padre Carmelo è stato condannato a 7
anni. Cinque anni e 4 mesi per Massimo Bevilacqua e 5 anni
per Rodolfo Nitti. Gli imputati sono stati assistiti dagli
avvocati Antonio Mancaniello e Luigi Danucci. Il gruppo
Pascali avrebbe tentativo di scalare i vertici della criminalità
locale, imponendo la propria egemonia, con sistemi diretti e
violenti. Un tentativo messo in atto con attentati dinamitardi
e danneggiamenti, colpi d’arma da fuoco ai danni di esercizi
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commerciali per lo più riconducibili a persone appartenenti
alla delinquenza locale, con finalità estorsive.
Auto in fiamme: indagini
30 maggio 2012 - Misterioso raid incendiario nelle prime
ore della mattinata a San Vito dei Normanni devasta l’auto
di un autotrasportatore e del padre convivente. Le fiamme,
intorno alle 3 del mattino, in via Melizia, di chiara origine
dolosa, sono state appiccate con due bottiglie contenenti
liquido infiammabile. Il combustibile è stato versato sul
cofano anteriore della Renault Scenic di Luigi Bruno 33
anni, del posto. Le fiamme hanno coinvolto oltre alla vettura
oggetto delle attenzioni dei piromani anche l’Alfa Romeo
146 del padre della vittima, parcheggiata nelle vicinanze.
Indagini sono in corso da parte dei carabinieri della
Compagnia di San Vito dei Normanni per risalire agli autori
e al movente del gesto.
Il presidente della
europea in prefettura
commissione
antimafia
25/05/2012 - Stamattina, in Prefettura, l’On. Sonia Alfano,
Presidente della Commissione Antimafia Europea (CRIM),
con il Prefetto, il Procuratore della DDA ed il Questore, ha
incontrato le Associazioni Antiracket della Provincia, alle
quali ha illustrato le linee dell’azione avviata, a livello
europeo, per un sempre più incisivo contrasto alla
criminalità organizzata, attraverso l’aggressione ai patrimoni
frutto di attività illecite ed il sostegno concreto a coloro che
denunciano i fenomeni estorsivi ed in particolare
all’associazionismo. Nel contempo l’On. Alfano ha voluto
sottolineare il ruolo dell’associazionismo antiracket
sensibilizzandolo ad una azione sempre più incisiva, in
un’ottica di stretta sinergia con le Forze dell’Ordine e la
Magistratura e nella direzione di un sempre maggiore
coinvolgimento delle rispettive comunità. Nella serata di ieri
l’on.le Sonia Alfano aveva fatto visita alle vittime
dell’attentato di sabato scorso ricoverate nell’Ospedale
Perrino.
Comunicato del Coordinamento antiracket che ha
incontrato il ministro dell’Interno Cancellieri e il
ministro della Giustizia Severino.
22 Maggio 2012 - All’indomani del terribile attentato alla
scuola “Morvillo Falcone” di Brindisi che ha atrocemente
strappato la vita alla giovane e innocente studentessa
Melissa Bassi, rimane alto lo sgomento e l’orrore mentre ci
si stringe al dolore di una famiglia distrutta nel giorno dei
funerali. E rimane alta anche la tensione sulle notizie che
rapide si susseguono e sullo sviluppo delle indagini affidate
alla procura di Lecce, che non esclude nessuna pista
percorribile, nemmeno quella mafiosa. Nella mattinata di eri
si è svolto, presso la Prefettura di Brindisi, il vertice che ha
visto partecipare il ministro della Giustizia Paola Severino,
il ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, il
procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, i vertici delle
forze dell’ordine con il capo della Polizia Antonio
Manganelli, quello dei Carabinieri Leonardo Gallitelli e
quello della Finanza Nino Di Paolo. Con loro il Procuratore
nazionale antimafia Piero Grasso, il Procuratore capo di
Brindisi Marco Di Napoli, il Procuratore capo di Lecce
Cataldo Motta e gli investigatori che si stanno occupando
del caso. Al termine del vertice si è svolto un incontro che
ha focalizzato l’attenzione su un territorio, come quello di
Brindisi, dai risvolti difficili e con un passato criminoso di
rilievo, oltre a considerare il lavoro che le associazioni
antiracket e antimafia svolgono quotidianamente su tutto il
territorio pugliese in cui non mancano sempre nuovi risultati
positivi. Vi hanno preso parte i ministri Severino e
Cancellieri, il presidente dell’Associazione Provinciale
Antiracket Antimafia nonché rappresentante della FAI per la
Puglia Renato De Scisciolo, il presidente dell’Associazione
Antiracket di Mesagne Fabio Marini, vittima nei giorni
scorsi di un attentato che ne ha distrutto l’autovettura, il
responsabile antiracket per la provincia di Brindisi Ermanno
Manca. Durante l’incontro gli intervenuti sono
comunemente convenuti alla necessità di istituire un
incontro tra le associazioni antiracket e antimafia del
territorio con le varie prefetture per trovare una comune
linea d’azione, posizione che ha visto la piena
collaborazione del ministro Severino, con la possibilità di
proteggere ulteriormente le vittime affinché ciò diventi un
naturale incentivo verso la denuncia di atti criminali e dei
propri aguzzini. Altro punto importante dell’incontro è stato
sicuramente la richiesta di una maggiore presenza dello
Stato e un concreto sostegno contro la crisi per gli
imprenditori locali che ogni giorno rischiano di cadere nelle
mani di spietati usurai. Il presidente De Scisciolo esprime la
propria soddisfazione per l’incontro da cui sono emersi
importanti spunti per un’azione sinergica e, a nome di tutta
l’Associazione Provinciale Antiracket Antimafia, rinnova il
proprio cordoglio ai parenti delle vittime dell’attentato di
Brindisi. Il coordinamento regionale associazioni antiracket
e antiusura della Puglia.
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Notiziario on line
A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
L’antiracket converge su Mesagne
18 maggio 2012 - Il 9 maggio si sono riuniti i rappresentanti
delle associazioni antiracket della provincia di Brindisi,
presso la sede dell’Associazione “Legalità e Sicurezza” in
piazza Orsini del Balzo. Erano presenti anche i
rappresentanti delle associazioni antiracket della Puglia, che
hanno voluto esprimere solidarietà e vicinanza al collega e
amico Fabio Marini, per lo spregevole attentato subito, che
prova
l’incisività
dell’operato
sin
qui
svolto
dall’associazione mesagnese e dal suo presidente. Da parte
delle associazioni è stata espressa grande soddisfazione e
compiacimento per l’eccellente e tempestiva operazione
della magistratura e delle forze dell’ordine, che ha portato ai
recenti arresti (Operazione Die Hard) da parte della Polizia
di Stato, dimostrando che non c’era risposta migliore
all’attacco criminale avvenuto i giorni scorsi. Dopo aver
analizzato e discusso la situazione della sicurezza e
dell’ordine pubblico che l’intero territorio provinciale
recentemente sta vivendo, si è compreso che un’arma
insostituibile per combattere i fenomeni criminosi è proprio
quella di organizzare iniziative per divulgare l’invito alla
denuncia. È stato deciso di rinnovare una stretta
collaborazione con la Prefettura, attraverso periodiche
riunioni informative con i vertici delle forze dell’ordine.
Prossimamente avranno luogo altre due iniziative, a cui
parteciperanno tutte le associazioni: domenica 20 maggio
ore 12, carovana antimafia presso la villa comunale di
Mesagne: saluto e solidarietà a Fabio Marino. Saranno
presenti il sindaco Franco Scoditti e Antonio Maruccia. La
Carovana attraverserà il territorio di Brindisi nel
pomeriggio. Martedì 29 maggio invece si terrà sempre a
Mesagne la “giornata della legalità”.
di Ilenia Scrascia
ovviamente
funzionalmente
competente
la
Dda,
associazione mafiosa e narcotraffico, a voler citare i più
importanti.
Last minute, spuntano anche le intercettazioni
Mesagne contro la Scu.
Comune e antiracket chiederanno i danni
16 Maggio 2012 - Quattro anni fa quando nessuno avrebbe
mai immaginato che un uomo del calibro di Ercole Penna,
alias “Lino u’ biondu”, potesse pentirsi, la Dda si era già
messa al lavoro sulla Sacra Corona Unita dei tempi moderni,
partendo dall’osservazione di un gruppo di persone tra
Brindisi, Mesagne e San Pietro Vernotico per arrivare
all’ascolto con richiesta di intercettazioni. Le telefonate. Le
conversazioni telefoniche sono state “scoperte” ieri mattina
per la prima volta, in occasione dell’udienza del processo
con rito abbreviato incardinato davanti al gup Ines Casciaro
del Tribunale di Lecce, chiamato a decidere sulle posizioni
di sette brindisini, tutti arrestati “Last Minute” il 28
dicembre 2010, sulla base dei primissimi verbali firmati da
Penna in veste di “dichiarante”. Il sostituto procuratore della
Direzione Distrettuale Antimafia, Alberto Santacatterina ha
chiesto l’acquisizione di quattro telefonate che risalgono al
2008 ritenendo che si tratti di dialoghi importanti ai fini
dell’affermazione non solo dell’esistenza, o meglio, della
resistenza della Sacra Corona Unita in provincia di Brindisi
ai blitz, ma della partecipazione di alcuni degli imputati
come Lucio Annis di San Pietro e Angelo Buccarella,
originario di Mesagne. Il procedimento penale sinora
rimasto “coperto” dal segreto istruttorio è stato infatti
indicato come “Buccarella più 26”, il che lascia supporre
che le persone finite sotto inchiesta siano appunto ventisette.
E che le indagini abbiano fatto riferimento a reati sui quali è
13 Maggio 2012 - Il Comune di Mesagne si costituirà parte
civile nel processo che sarà istruito in seguito all’operazione
della Dda di Lecce “Die hard”. Si vedrà nelle prossime
settimane chi sarà rinviato a giudizio dei sedici arrestati.
“Come amministrazione comunale – ha spiegato il sindaco
Franco Soditti – daremo seguito alla delibera del Consiglio
comunale n. 91 del 17 dicembre 2010 con la quale è stato,
fra l’altro, deliberato di avvalersi dello strumento della
costituzione di parte civile nei procedimenti penali nei quali
si perseguano delitti che abbiano arrecato danni
all’immagine della città e alla comunità cittadina intera,
conferendo pieno mandato all’organo esecutivo per gli
adempimenti tecnico-giuridici connessi allo scopo”. Anche
l’associazione antiracket “legalità e Sicurezza” di Mesagne
probabilmente si costituirà parte civile. Infatti, all’ordine del
giorno del prossimo incontro del Consiglio direttivo il
presidente, Fabio Marini, ha inserito la costituzione di parte
civile nel processo che dovesse istruirsi contro coloro che
sono stati arrestati nell’operazione “Die Hard” che ha
proprio nel racket delle estorsioni la sua cellula vitale. Vario
il ventaglio di accuse formulate nei confronti dei sedici
individui arrestati dalla polizia su disposizione della Procura
antimafia e vanno dall’associazione per delinquere di
stampo mafioso a estorsione consumata e tentata, dal porto e
detenzione illegale di arma da sparo al danneggiamento
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A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
aggravato e incendio aggravato. Intanto le forze politiche di
centrodestra ha espresso il loro plauso alla polizia. “Le forze
politiche di opposizione unitamente ai loro gruppi consiliari
– è scritto in una nota - esprimono un sentito apprezzamento
e ringraziamento alle forze dell’ordine e alle autorità
inquirenti, per l’ultima importante operazione di contrasto
alla criminalità organizzata denominata “Die Hard ”e messa
in atto con successo in queste ultime ore”. Quindi hanno
aggiunto: “Dopo i ripetuti episodi criminali che in
quest’ultimo periodo hanno turbato la tranquillità della
nostra cittadina, non ultimo l’attentato incendiario ai danni
del presidente dell’associazione Antiracket, Fabio Marini,
l’importante risultato conseguito, testimonia, ancora una
volta, l’impegno costante da parte di chi opera sempre in
prima linea per garantire la sicurezza dei cittadini”. Infine
hanno inviato un invito alle altre forze politiche del
territorio: “Per un’attenzione costante affinché il paese sia
sempre vigile e compatto, nel contrastare efficacemente ogni
forma di criminalità”. Infine il Comune di Mesagne ha
organizzato ed istituzionalizzato per il prossimo 29 maggio
“La giornata della legalità”.
di Tranquillino Cavallo
è l’unica sua attività. L’imprenditore di origini mesagnesi è
a capo di una società fornitrice di videogiochi, ed è proprio
in questa direzione che si stanno spostando le indagini. “Da
un anno a questa parte la gestione delle macchinette è in
mano ad un mio socio, io mi occupo solo di stipulare
contratti. Dunque non capisco: il movente della vendetta da
parte di qualcuno che abbia subito grosse perdite al gioco
non regge, io non c’entro con quel mondo. Anche la
situazione del Manhattan mi sembra parecchio lontana da
queste storie” racconta il trentanovenne. “Parlare del fatto
dell’altra sera ai miei parenti è stato difficile. Non so darmi
spiegazioni. Non ho ricevuto mai minacce, niente”
aggiunge. La Mercedes Classe A di colore grigio del
giovane imprenditore, parcheggiata in via Padre Bernardo,
dove abita, è diventata bersaglio di due spari. Era da poco
passata la mezzanotte quando vicino alla zona 167 della città
sono stati sentiti due colpi, poi la scoperta: nel mirino l’auto
del titolare di uno dei locali più conosciuti del Brindisino. I
carabinieri della stazione di Latiano, coordinati dal
comandante Massimo Ribezzo, stanno indagando
sull’accaduto.
In fiamme due roulotte usate come deposito
Dopo l’attentato
spaventato"
a
Latiano:
“Ora
sono
12 Maggio 2012 - “Sono preoccupato: ho paura di quello
che può ancora succedere. Quello dell’altra sera sembra un
avvertimento”. A parlare è Alessandro Tenore, 39 anni, la
cui auto è stata raggiunta da due colpi di fucile la notte tra
mercoledì e giovedì. Tenore è molto conosciuto nel
Brindisino perché titolare del Cafè Manhattan, ma il bar non
12 Maggio 2012 - Alle fiamme le due roulotte che il
proprietario del “Saloon on the beach” di Pantanagianni,
Alessandro Monna, utilizzava come deposito merci del
locale. A richiedere l’intervento delle forze dell’ordine e dei
vigili del fuoco, ieri mattina, alcuni passanti allarmati dalle
fiamme. Sul dolo ora indagano gli investigatori. La
tranquillità della marina carovignese, ieri è stata scossa
dall’incendio delle due roulotte del rinomato pub. Alcuni
pedoni erano intenti a godersi una passeggiata mattutina sul
bagnasciuga, quando, hanno notato qualcosa che non
andava. Gli è sembrato di vedere fumo e fiamme venire dal
“Saloon on the beach”, il locale a due passi dal mare.
Avvicinandosi alla struttura il rogo ha fugato ogni dubbio.
Ad andare a fuoco erano i mezzi che, parcheggiati
all’interno dello spiazzo del pub e che Alessandro Monna,
proprietario della birrosteria, utilizzava come deposito
merci. Allora i passanti hanno provveduto ad allertare i
vigili del fuoco di Brindisi e la Compagnia dei carabinieri di
San Vito dei Normanni che sono tempestivamente
sopraggiunti sul posto, e poi il carovignese titolare
dell’attività. Dai primi sopralluoghi svolti sul campo è
risultata lampante la matrice dolosa dell’incendio. I mezzi
erano cosparsi di una sostanza oleosa, utilizzata dai
piromani del caso, come accelerante. Per far sì che le
roulotte andassero a fuoco davvero e che il rogo non si
limitasse ad un semplice danneggiamento
Spari contro auto di imprenditore
10 maggio 2012 - Lavorare sereni e senza ulteriori pensieri
oltre a quelli legati, purtroppo, alla crisi che sta tormentando
la vita di ogni lavoratore? Non si può. Qui in provincia di
Brindisi, a volte non si può più. Questa volta, ad essere
preso di mira è stato Alessandro Tenore, 39enne, titolare del
Caffè Manhattan in Piazza Umberto I a Latiano. La scorsa
notte, passata da poco la mezza, alcuni colpi d’arma da
fuoco – due si presume – hanno colpito l’auto di Tenore,
una Mercedes Classe A di colore grigio, in via Padre
Bernardo. Sull’accaduto stanno indagando i carabinieri della
stazione di Latiano, con al comando il maresciallo Massimo
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Ribezzo. Dopo gli episodi malavitosi delle ultime settimane
tra Mesagne e Brindisi e gli arresti fatti proprio ieri da parte
della Dda di Lecce, in sinergia con la questura di Brindisi e
il commissariato di Mesagne, che ha sgominato parte –
nuova e vecchia – della Scu, l’attenzione si sposta a
pochissimi chilometri, a Latiano. Un attentato ai danni di
Alessandro Tenore, di 39 anni, originario di Mesagne ma
residente a Latiano. La vittima è stata oggetto di un episodio
che ancora una volta lascia a bocca aperta un’interà città ( e
non solo). Dalle prime indiscrezioni – intorno all’una della
notte scorsa, in via Padre Bernardo, alla periferia est della
città, nei pressi della zona 167, sono stati due i colpi d’arma
da fuoco – uditi – e poi ritrovati sulla Mercedes Classe A,
appartenente a Tenore. Alessandro Tenore è titolare
(insieme ad un altro socio) del Caffè Manhattan a Latiano,
sito nella centralissima piazza Umberto I, locale molto noto
in tutta la provincia di Brindisi. Inoltre, l’imprenditore, è
titolare della ditta Automatic Service di Alessandro Tenore
Sas – ingrosso di videogiochi e macchinette da gioco e
manutenzione delle stesse – e in più è socio del locale “Jois
Coffee & Drink” che si trova a pochi passi dall’altro locale,
in via Roma – si tratta di una caffetteria, punto scommesse
sportive, slot machine, poker on-line, scuola di esercitazione
con tornei annessi in Poker room live di Texas Hold’em.
Oltre, alle diverse attività svolte da Alessandro Tenore, il
39enne è conosciuto e molto noto, per la sua onestà e umiltà.
L’episodio della scorsa notte, ha lasciato anche
l’imprenditore senza parole che nel pomeriggio di oggi
andrà a depositare la denuncia presso la stazione dei
carabinieri di Latiano. Intanto, le indagini, per poter risalire
all’autore/i del gesto sono in mano ai militari guidati dal
maresciallo Ribezzo, che ovviamente, non sta escludendo
nessuna pista. Intanto, una cosa è certa: più delle comparsate
politiche servono monitoraggio, e di sicurezza fatta di
uomini che indossino una divisa. La provincia di Brindisi, si
sta ritrovando di fronte ad una pressione del racket delle
estorsioni. L’operazione denominata “Die Hard” dalla Dda
di Lecce, di poco più di 24 ore fa, è stato uno scossone per
tutti: per coloro che hanno tirato un sospiro di sollievo e
altri, invece, che hanno dovuto stringere i denti. Non si può
rinunciare alla tranquillità, alla serenità, non si può e non si
deve rinunciare ad una vita normale.
di Maristella De Michele
Il sindaco Scoditti incontra il prefetto e
l'antiracket
10 Maggio 2012 - Una agenda piena di impegni quella di
ieri del sindaco Franco Scoditti che nel pomeriggio ha
incontrato a Brindisi il prefetto, Nicola Prete, per poi verso
stasera partecipare all’incontro dell’antiracket di Mesagne.
Nel corso del vertice in prefettura Scoditti ha chiesto più
attenzione sul territorio e ha fornito a nome
dell’amministrazione la disponibilità a collaborare con
magistratura e forze dell’ordine. Il prefetto Prete ha
assicurato che l’attenzione sulla città è sempre alta
nonostante la carenza di uomini e mezzi. Il prefetto ha
confermato al sindaco l’impegno del ministro Cancellieri a
venire a Brindisi sia a mantenere l’impegno che ha preso
con l’onorevole Mantovano in merito alla proposta di
migliorare la razionalizzazione del personale. Inoltre il
prefetto ha ribadito che l’operazione “Die Hard” è la
dimostrazione che sul territorio l’attenzione è sempre alta.
Ieri pomeriggio si è svolto a Mesagne un incontro regionale
dei responsabili delle associazioni antiracket e antiusura di
Puglia. Un incontro spontaneo nato dall’esigenza di
esprimere la solidarietà a Fabio Marini, presidente
dell’antiracket mesagnese, che alcuni giorni fa è rimasto
vittima di un atto intimidatorio portato a segno da ignoti
individui che gli hanno bruciato l’auto. Un gesto inconsulto
che ha scatenato l’ira dei cittadini che si sono stretti intorno
al Marini. “Siamo venuti a Mesagne per far sentire vicino a
Fabio il calore umano dell’antiracket – ha detto Renato
Desciciolo, presidente dell’antiracket di Bari e delegato
nazionale della Fai – L’usura e il racket si possono
sconfiggere solo denunciando questa gente. Certo non nego
che il clima che si respira un po’ in tutta la Puglia è piuttosto
grave. Abbiamo molte segnalazioni di pizzo ma poche
denunce. Ecco il mio invito è che le segnalazioni diventino
denunce”. Quindi Descisciolo ha fatto un esempio reale
degli accadimenti: “Se un commerciante paga il pizzo – ha
spiegato - di fatto si è creato un socio nella sua attività. E
con questo modo di fare questa gente entra a far parte di
molte attività commerciali”. Infine Fabio Marini ha messo in
evidenza il lavoro che stanno svolgendo le forze dell’ordine
sul territorio per individuare i malviventi e poi ha lanciato
un invito ai commercianti: “Non pagate ma denunciate i
vostri aguzzini”.
Operazione "Die Hard" della polizia a Mesagne e
nel brindisino. 16 arresti tra cui i mandanti e i
sicari di Fabio Marini
09 Maggio 2012 - Blitz della polizia a Mesagne e altri centri
del brindisino. 16 le persone tratte in arresto nell’operazione
denominata “Die Hard”. L’operazione, ancora una volta, è
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condotta dalla Dda di Lecce. I reati contestati vanno da
associazione per delinquere di stampo mafioso a estorsione
consumata e tentata, porto e detenzione illegale di arma da
sparo, danneggiamento aggravato, incendio aggravato. A
mettere in campo circa 100 uomini è la Squadra mobile di
Brindisi e il commissariato di Mesagne. In queste ore unità
di polizia, anche con il supporto cinofilo, stanno eseguendo
una serie di perquisizioni domiciliari. Tra gli arrestati vi
sarebbero anche i mandanti e gli esecutori dell'atto
intimidatorio perpetrato ai danni di Fabio Marini, presidente
dell'antiracket di Mesagne. Tra le ordinanze di custodia
cautelare vi sarebbe quella di Massimo Pasimeni, già in
carcere, Francesco Gravina alias Gabibbo, Antonio
Centonze e Vito Stano. Ulteriori informazioni saranno
fornite nelle prossime ore.
di Tranquillino Cavallo
Racket, vertice a Roma. Prime misure
8 maggio 2012 - Si è svolto nel pomeriggio, presso il
Viminale, l’incontro tra la delegazione di parlamentari e il
Presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese
con il Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri.
L’incontro, richiesto nei giorni scorsi dopo una serie di gravi
atti criminosi ai danni di imprenditori e cittadini in tutta la
provincia e, per ultimo, il gravissimo attentato ai danni del
Presidente dell’Associazione antiracket di Mesagne, Fabio
Marini, ha consentito alla delegazione brindisina di
rappresentare al Ministro le preoccupazioni di un intero
territorio: “Una provincia – spiega il senatore Salvatore
Tomaselli – che subisce una recrudescenza di criminalità
che rischia di indebolire le conquiste di legalità e di
convivenza civile, conseguite negli ultimi anni grazie
all’impegno delle forze dell’ordine e alla vigilanza di
istituzioni locali e forze sociali”. Il Ministro, nell’ascoltare il
grido di dolore dei senatori Giuseppe Caforio, Michele
Saccomanno e Salvatore Tomaselli, degli onorevoli Alfredo
Mantovano, Luciano Sardelli e Luigi Vitali, oltre che del
presidente Ferrarese, a cominciare dalla necessità di
destinare al territorio più uomini, più risorse e più mezzi, ha
manifestato la piena disponibilità a seguire con grande
attenzione lo stato dell’ordine pubblico nel territorio della
provincia di Brindisi verificando già nei prossimi giorni le
concrete risposte organizzative a quanto proposto dalla
delegazione presente. A conferma di tale impegno, il
ministro Cancellieri ha accolto la richiesta di una sua visita a
Brindisi, che avrà luogo entro il prossimo giugno. Al
termine dell’incontro, svoltosi a Roma presso lo stesso
Ministero agli Interni, il presidente Ferrarese – che aveva
sottolineato la necessità di un’azione straordinaria per il
territorio brindisino alla luce dei recenti e gravissimi fatti di
cronaca, l’ultimo dei quali ha visto vittima il presidente
dell’associazione antiracket di Mesagne – si è detto
soddisfatto: “Intanto, per la immediata risposta avuta dallo
stesso ministro nel convocare la riunione, per la quale è stato
perfetto intermediario l’onorevole Mantovano e poi per
l’esito del colloquio intercorso. Abbiamo chiesto al ministro
Cancellieri un’azione straordinaria per evitare che il
territorio della provincia di Brindisi possa ripiombare negli
anni bui del passato. A tale proposito, sono state valutate
varie possibilità in termini di azioni, tutte molto valide, con
il ministro Cancellieri che, avendo compreso la gravità della
situazione, si è impegnata ad accendere un faro sulla
provincia di Brindisi, attraverso un’attenzione immediata e
particolare”. “L’auspicio – conclude il presidente della
provincia – è che dopo questo incontro si possa giungere ad
una immediata azione di contrasto al fenomeno della
criminalità per restituire tranquillità ai nostri cittadini”.
Soddisfazione, in merito all’esito del vertice, la esprimono
anche l’onorevole Vitali ed il senatore Saccomanno: “Al
Ministro Cancellieri abbiamo rappresentato tutta la nostra
preoccupazione sull’escalation di atti criminali nella nostra
provincia, culminati con l’incendio dell’autovettura del
responsabile dell’associazione antiracket di Mesagne.
Abbiamo evidenziato come nonostante l’impegno delle
forze dell’ordine non si riesca a fronteggiare adeguatamente
la situazione per mancanza di mezzi e di uomini e come sia
necessaria un’azione di maggiore coordinamento e presenza
sul territorio del Prefetto di Brindisi. Il Ministro ha
assicurato l’immediato impegno a razionalizzare l’utilizzo
delle forze di polizia sul territorio creando un maggiore
coordinamento tra le stesse. Si è impegnata altresì ad inviare
a Brindisi suoi collaboratori per organizzare un’adeguata
risposta che ridia sicurezza ai cittadini”. Per domani, intanto,
è fissata a Mesagne (ore 18.30), nella sede dell’associazione
antiracket, in Piazza Orsini del Balzo, l’assemblea di tutte le
associazioni antiracket del territorio regionale: “Dopo
quanto accaduto all’amico e collega Fabio Marini,
intendiamo dare una ferma risposta unitaria, a dimostrazione
dell’unità della grande famiglia dell’antiracket. Per
dimostrare fermezza e ritornare ad essere, come in passato,
il presidio di sicurezza e legalità sul territorio. E per dare il
segno che siamo presenti e uniti contro i criminali, che in
questi ultimi tempi hanno rialzato il tiro in tutto il territorio
provinciale e regionale”. Nella riunione saranno decise
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strategie comuni da mettere in campo per fronteggiare il
nuovo attacco criminale.
di Nicola Quaranta
Mercoledì a Mesagne l'incontro dell'antiracket
provinciale
07 Maggio 2012 - L’ evento criminoso del quale è stato
fatto oggetto l’amico e collega Fabio Marini è
inqualificabile, da condannare subito e pubblicamente.
Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà e vicinanza a
Fabio e sollecitiamo le Istituzioni preposte alla sicurezza di
individuare in tempi brevi, i malfattori responsabili di
quanto accaduto. Noi siamo convinti che è fondamentale
dare la sensazione immediata ai cittadini, che il territorio sia
saldamente in mano allo Stato. L’ordine pubblico e la
sicurezza dei cittadini deve essere mantenuto a quei livelli di
accettabilità, conquistati negli ultimi anni, senza lo spettro
incombente della criminalità. Noi, come Associazioni
Antiracket, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio
di fronte a questi episodi, rivolti a chi si impegna con
passione ad affermare principi di legalità giorno dopo
giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo
sviluppo culturale, sociale ed economico di questo territorio.
Pertanto i rappresentanti delle nove Associazioni Antiracket
del Coordinamento provinciale brindisino (Brindisi,
Mesagne,San Pietro Vernotico, Cellino S.M., Sandonaci,
San Vito N.nni, Latiano, Ceglie M.ca e Francavilla F.na) si
riuniranno mercoledi p.v. proprio a Mesagne, per avviare le
iniziative opportune e necessarie atte a fronteggiare questo
ulteriore nuovo attacco della criminalità.
Associazioni antiracket: fissato vertice
06 maggio 2012 - “L’ evento criminoso del quale è stato
fatto oggetto l’amico e collega Fabio Marini è
inqualificabile, da condannare subito e pubblicamente”.
Reagiscono in coro le associazioni antiracket del
coordinamento provinciale ed esprimono sdegno per
l’attacco lanciato dalla criminalità organizzata all’impresario
Fabio Marini, presidente dell’associazione “Legalità &
sicurezza” di Mesagne. I banditi venerdì notte hanno dato
fuoco alla sua auto, una “Mercedes classe E”, dopo averla
cosparsa di liquido infiammabile. Così il coordinamento
antiracket annuncia un’assemblea comune per mercoledì
prossimo. “Esprimiamo – scrive il coordinamento –
incondizionata solidarietà e vicinanza a Fabio e sollecitiamo
le Istituzioni preposte alla sicurezza di individuare in tempi
brevi, i malfattori responsabili di quanto accaduto. Noi
siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione
immediata ai cittadini, che il territorio sia saldamente in
mano allo Stato”. Quindi il monito: “L’ordine pubblico e la
sicurezza dei cittadini deve essere mantenuto a quei livelli di
accettabilità, conquistati negli ultimi anni, senza lo spettro
incombente della criminalità. Noi, come Associazioni
Antiracket, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio
di fronte a questi episodi, rivolti a chi si impegna con
passione ad affermare principi di legalità giorno dopo
giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo
sviluppo culturale, sociale ed economico di questo
territorio”. Pertanto i rappresentanti delle nove Associazioni
Antiracket del Coordinamento provinciale brindisino
(Brindisi, Mesagne,San Pietro Vernotico, Cellino San
Marco, San Donaci, San Vito dei Normanni, Latiano, Ceglie
Messapica e Francavilla Fontana) si riuniranno mercoledì
prossimo proprio a Mesagne, per avviare le iniziative
opportune e necessarie atte a fronteggiare questo ulteriore
nuovo attacco della criminalità.
Mesi di segnali inequivocabili, poi il colpo
mirando in alto. Per intimidire
5 maggio 2012 - I forti segnali che “qualcuno” stesse
tornando sulla scena mesagnese, erano arrivati. Senza armi
potenti, ma silenziose che hanno destabilizzato la quiete
della città nelle ultime settimane. Ieri intorno alla
mezzanotte, è toccato a lui, l’uomo che cerca da quattro anni
di combattere alla testa di una associazione il fenomeno del
racket sul territorio: Fabio Marini. La sua autovettura, una
Mercedes Classe E, è stata incendiata con liquido
infiammabile – così come confermato dagli investigatori –
proprio in largo S. Antonio, dove vive in una delle palazzine
prospicienti. Nottata e mattinata assai movimentata per
istituzioni, cittadini e forze dell’ordine. Il sistema criminale
è tornato a colpire in alto, a Mesagne. Gli atti intimidatori
per ribadire la chiarissima frase: “Qui comando io”, sono
tornati. L’attentato la notte scorsa, ai danni di Fabio Marini,
presidente dell’associazione Antiracket Legalità e Sicurezza,
non lascia spazio a dubbi o incertezze. La criminalità è
ritornata a farsi sentire. Il lavoro dell’associazione –
sicuramente positivo – ha irritato gli animi di qualcuno.
Infatti, hanno aspettato che il presidente Marini rientrasse da
un viaggio sul Lago di Garda, per colpirlo. Una camminata
antiracket con i commercianti, e semplici cittadini
mesagnesi, che dicono “No” alla mafia, l’incontro con i
ragazzi delle scuole venerdì assieme a Daniele Marannano
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A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
del comitato siciliano “Addiopizzo” e l’incontro regionale
per la sicurezza di ieri, sono stati gli episodi precedenti
all’attentato della scorsa notte in piazzetta S. Antonio. Fabio
Marini aveva aperto la porta di casa intorno le 23.40, aveva
fatto rientro dopo una cena a Brindisi tra amici e politici, in
chiusura della campagna elettorale. Stando alla ricostruzione
degli inquirenti e ad alcuni commenti sulla scorsa notte ,
Fabio Marini aveva notato, proprio nei pressi della piazzetta,
due uomini sospetti, due volti che non conosceva ma che
hanno destato in lui qualche perplessità. Solo pochi minuti
dopo, dalla finestra della cucina, che si affaccia proprio su
largo S. Antonio, il presidente del comitato antiracket si è
accorto delle fiamme già alte e ha udito uno scoppio.
Affacciatosi, purtroppo, ha constatato che l’auto che andava
in fiamme era proprio la sua. Si è precipitato giù per le
scale, avvertendo anche, negli stessi istanti, forze di polizia
e vigili del fuoco. La Mercedes Classe E – così come
accertato – è stata cosparsa di liquido infiammabile, quasi
certamente benzina. Gli autori, hanno aspettato che Fabio
Marini arrivasse a casa per agire. L’auto è andata quasi
completamente distrutta, e fortunatamente l’arrivo
tempestivo dei vigili del fuoco ha fatto sì che le fiamme non
si propagassero fino ad intaccare le abitazioni. Sul posto
sono anche intervenuti, la dirigente del commissariato di
Mesagne, Sabrina Manzone, il sindaco della città Franco
Scoditti, altri amministratori,
e persone vicine
all’associazione antiracket. “Stiamo vagliando tutte le
ipotesi – ha dichiarato la dirigente del commissariato –
abbiamo una visione complessiva di tutto il lavoro svolto
dalla persona che ha subito quest’atto intimidatorio.
Sicuramente il lavoro svolto da Fabio Marini è stato fatto
bene e a qualcuno questa cosa non è piaciuta. Noi siamo
molto ottimisti,abbiamo già parecchi indizi che possono
portarci a risposte concrete”. Non si può pensare, o avere
l’illusione che gli atti incendiari, delle ultime settimane
(oltre dieci) non siano collegabili alla criminalità locale e
che possano invece essere bravate o gesti non riconducibili a
questo mondo malavitoso. L’attentato ai danni di Fabio
Marini è la dimostrazione che, invece, tutto questo sia uno
schema chiaro e deciso. Perché scegliere di colpire l’uomo
chiave o simbolo della lotta contro queste persone, è segno
di una criminalità organizzata – che non è mai andata via – e
che è ritornata con voce alta. “Nei miei quattro anni di
operato – ha dichiarato Fabio Marini a BrindisiReport.it –
ho sempre cercato di essere vicino ai cittadini vittime del
racket e della criminalità. Cercando, insieme a loro,
soluzioni e soprattutto trovare tanto coraggio. Ho lavorato in
sinergia con le altre associazioni e istituzioni del territorio
affinchè qualcuno potesse rendersi conto che questo è un
territorio forte e che non si lascia abbattere. abbiamo sempre
cercato di avere la situazione sotto controllo”. Tante sono
state, oggi, ma già dalla notte scorsa, le associazione, gli
esponenti politici provinciali, regionali e nazionali, a
manifestare vicinanza e solidarietà al presidente Marini.
Citiamo un messaggio per tutti: “L’Associazione
Provinciale Antiracket di Molfetta e il presidente Renato De
Scisciolo , esprimono tutta la loro solidarietà al presidente
dell’Associazione antiracket Fabio Marini, per il vile
attentato di cui è rimasto vittima nella notte scorsa. È
l’ennesimo episodio criminoso che scuote la comunità
mesagnese”.
di Maristella De Michele
Incendi notturni, c’è già un indagato
5 maggio 2012 - Un episodio dei tanti che nelle ultime
settimane ha rinchiuso la tranquillità in un pugno. Un
ennesimo incendio di auto che però questa volta porta nome
e cognome. Angelo Calia, di 26 anni del posto, è stato
scoperto dalla polizia di Mesagne, quale autore
dell’incendio doloso di una Fiat Tipo, rubata poco prima, lo
scorso 30 aprile in via Federico II Svevo. Grazie alle
telecamere sulla stessa via, l’uomo è stato riconosciuto
perché già nelle liste degli investigatori per altri reati. La
notte del 30 aprile scorso, gli abitanti di via Federico II
Svevo, chiamarono la polizia e i vigili del fuoco per le alte
fiamme che si levavano da un’auto. Nello stesso incendio, le
fiamme intaccarono altre due autovetture che erano
parcheggiate vicino alla Fiat tipo: una Ford Ka e una Fiat
Stilo. Il fatto, in via ipotetica, fu associato alla persona di
Luigi Devicienti, imprenditore e persona già più volte presa
di mira dalla criminalità organizzata locale con attentati, e
che abita proprio sulla stessa via dove quella notte fu
appiccato il fuoco. Ma grazie alle tempestive indagini da
parte dei poliziotti del commissariato di Mesagne, si è
potuto risalire all’autore dell’incendio. Tutto questo, grazie a
due telecamere, che sono posizionate su via Federico II
Svevo. Entrambi i filmati, fanno capire chiaramente tutta la
scena. Un uomo a piedi, spinge la Fiat Tipo (molto
probabilmente rimasta senza benzina) – la stessa che
successivamente è stato poi accertato essere rubata ad un
pensionato di Mesagne in via Molise – per qualche metro
per poi farla fermare, parcheggiandola, tra la Fiat Stilo e la
Ford Ka. Si nota benissimo, attraverso i filmati, che l’uomo
all’interno dell’auto vi getta qualcosa (tipo stoffe e similari)
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e vi dà fuoco. Poi si allontana dall’altra parte della strada.
Pochissimi istanti e la tappezzeria della Tipo s’incendia.
L’uomo ritorna ancora vicino all’auto interessata dalla
fiamme, controlla che tutto stia andando per il meglio, e si
allontana nuovamente. Poco dopo, l’uomo decide di andare
via (si nota anche uno stato di ebbrezza alcolica o da droghe,
si suppone, perché il soggetto barcolla mentre cammina) e
passa proprio sotto la telecamera puntata verso la Fiat Tipo.
Da qui è stato poi semplice associare il volto al nome e
cognome di Angelo Calia, pregiudicato mesagnese di 26
anni, ben conosciuto dalle forze dell’ordine, legato agli
ambienti dello spaccio e sostanze stupefacenti. Che sarà
denunciato all’Autorità giudiziaria competente. Va ricordato
che il 26 luglio scorso. Dopo un incendio sempre in via
Federico II Svevo, che interessò la porta d’ingresso
dell’abitazione di Devicienti, proprio sulla base di
registrazioni delle telecamere di sorveglianza fu possibile
identificare e denunciare gli autori, e tra questi quel Danilo
Calò di 24 anni attualmente sotto custodia della Direzione
distrettuale antimafia, dopo l’abbandono del clan cui
apparteneva e forze anche catalizzatore involontario
dell’ondata di attentati di queste settimane, cui il racket è
stato costretto per non perdere la presa.
di Maristella De Michele
posto polizia e carabinieri. L’episodio è molto grave, ed è
stato preceduto poche sere fa da un incendio di auto a poche
decine di metri dall’abitazione di un imprenditore già
colpito in passato da altri attentati, Luigi Devicienti. Non si
può escludere che si tratti di precisi segnali della criminalità
locale dopo la breve scomparsa di uno degli autori di quegli
episodi, il 24enne Danilo Calò, in realtà sottoposto a
protezione dalla procura distrettuale antimafia di Lecce.
Sempre nei giorni scorsi era stato consumato un attentato,
ma a colpi di pistola, contro una palestra, sempre a
Mesagne, mentre nella reception si trovavano il proprietario
e la fidanzata, rimasti illesi. Stamani alle 11 Fabio marini
incontrerà la stampa presso il commissariato della Polizia di
Stato, quindi alle 12 un incontro a Palazzo di Città con gli
amministratori e il sindaco Franco Scoditti a testimonianza
della solidarietà istituzione che si sta saldando attorno al
presidente del Comitato antiracket locale.
Nota della Redazione
L’ evento criminoso del quale è stato fatto oggetto l’amico e
collega Fabio Marini è inqualificabile, da condannare subito e
pubblicamente. Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà e
sollecitiamo le Istituzioni preposte alla sicurezza, di individuare
in tempi brevi, i malfattori responsabili di quanto accaduto. Noi
siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione
Bomba al presidente antiracket
immediata ai cittadini, che il territorio sia saldamente in mano
allo Stato. L’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini deve
5 maggio 2012 - Attentato a tarda ora all’auto di Fabio
Marini, location manager di produzioni cinematografiche e
presidente del comitato antiracket di Mesagne. Si tratta di un
ordigno esplosivo, la cui deflagrazione è stata innescata da
un detonatore a miccia, secondo quanto si è appreso. Sul
essere mantenuto a quei livelli di accettabilità, conquistati negli
ultimi anni, senza lo spettro incombente della criminalità. Noi,
come Associazione Antiracket, non possiamo permetterci di
rimanere in silenzio di fronte a questi episodi, rivolti a chi si
impegna con passione ad affermare principi di legalità giorno
dopo giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo
sviluppo culturale, sociale ed economico di questo territorio.
Ordigno contro la casa di un vivaista
4 maggio 2012 - Un’esplosione causata in piena notte da un
ordigno di medio potenziale ha investito l’uscio
dell’abitazione della famiglia Carbone a San Donaci, in
contrada Mariana. La famiglia è molto nota in città perché
proprietaria di un’azienda vivaistica nella stessa contrada,
Vivai Caputo S.S. Carbone Rocco e Fabio. Le indagini sono
in mano ai carabinieri del Norm di Francavilla Fontana in
sinergia con la stazione di San Donaci, per risalire agli
autori del gesto criminoso. Erano le 2 circa e in casa tutti
dormivano quando si è verificata la deflagrazione. Rocco
Carbone, il capo famiglia, nonché titolare del vivaio, è
subito uscito fuori dall’abitazione di contrada Mariana, per
capire cosa fosse successo. La porta d’ingresso, in
alluminio, era visibilmente danneggiata e si è accorto che a
pochi metri vi erano i resti di una bomba-carta. Ha subito
avvertito i carabinieri della stazione di San Donaci, che si
sono prontamente portati sul posto. L’ordigno,
successivamente, accertato – così come fanno sapere i
militari del Norm di Francavilla Fontana – era di origine
artigianale. Un gesto mirato. Lo scoppio ha danneggiato
anche due autovetture parcheggiate vicino l’ingresso
dell’abitazione dei Carbone, a causa delle schegge. Le
indagini condotte dal tenente Clemente Simone comandante
del Norm, proseguono a largo raggio, senza tralasciare
nessuna pista – ma non si esclude che il gesto sia collegato
al fenomeno del racket che oramai sta imperversando in
tutto il territorio provinciale.
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Il presidente del comitato antiraket "Addiopizzo"
in visita a Mesagne
dell'Istituto Tecnico Commerciale "E. Ferninando" ed al
pomeriggio la locale associazione antiracket.
03 Maggio 2012 - Venerdì 4 maggio l'associazione
LIBERA e il Comune di Mesagne ospiteranno Daniele
Marannano, presidente del comitato "Addiopizzo",
movimento antimafia siciliano impegnato sul fronte della
lotta al racket delle estorsioni. Nato a Palermo nel 2004, il
comitato “Addiopizzo” ha segnatoil risveglio del capoluogo
siciliano dalla lunga acquiescenza al racket delle estorsioni.
Nella città infatti nessuno, da tempo, parlava più di pizzo,
sebbene i dati della procura confermassero che l'80% dei
commercianti cedesse al ricatto. La mattina del 29 giugno
2004, il centro di Palermo si trovò tappezzato di adesivi
listati a lutto con la scritta: “Un intero popolo che paga il
pizzo è un popolo senza dignità”. L'iniziativa, ideata da
alcuni
ragazzi,
suscitò
grande
curiosità,
oltre
all'interessamento di mass media, forze dell'ordine, Procura
della Repubblica. In particolare, "Addiopizzo" si è
impegnato nella campagna "Contro il pizzo, cambia i
consumi": la campagna si propone il duplice scopo di
stimolare i cittadini ad una responsabilizzazione, mostrando
quale sia il potere dei singoli nel far valere il proprio diritto
di spendere denaro presso esercizi commerciali onesti e
liberi dalla mafia; al contempo, cerca di stimolare gli
imprenditori a prendere le distanze da ambienti mafiosi. Si
tratta della prima esperienza di consumo critico legata
all'estorsione: consumatori che orientano i propri consumi
verso un'economia legale, premiando coloro che si
oppongono al racket. Il presidente di "Addiopizzo", Daniele
Marannano, incontrerà la mattina del 4 maggio gli studenti
Mesagne: ieri altre 2 auto a fuoco. E sono 4 in 48
ore
03 Maggio 2012 - Altra due auto a fuoco a Mesagne. E sono
quattro in quarantotto ore. E’ accaduto nuovamente nella
notte di martedì quando un’auto è andata a fuoco in una via
centralissima della città. Ad accorgersi del fatto sono stati i
residenti che hanno lanciato l’allarme. Sul posto è giunta
una squadra di vigili del fuoco e una volante della polizia.
Dagli accertamenti che sono stati eseguiti subito dopo il
rogo sembrerebbe che le fiamme si sono sprigionate per
autocombustione in seguito a un corto circuito. Dunque,
apparentemente, non vi sarebbe nessun dolo. Altro incendio
alle 13,30 nel centro storico dove un’auto è andata a fuoco
tra la paura della gente. Sono intervenuti i carabinieri e i
vigili del fuoco. Anche qui la causa dovrebbe essere
accidentale poiché non è stato trovato nessun indizio che
possa far pensare al dolo. Intanto inizia a chiarirsi anche
l’incendio delle due auto avvenuto lunedì scorso in via
Federico II Svevo. Secondo i filmati delle telecamere di
videosorveglianza l’auto rubata, una Fiat Tipo, sarebbe stata
spinta a mano nei pressi dell’abitazione dell’imprenditore da
un individuo che avrebbe più volte tentato di rimetterla in
moto senza riuscirci. Poi avrebbe appiccato il fuoco forse
per cancellare le impronte. Questa è la tesi su cui stanno
lavorando gli investigatori. Se sarà davvero così allora sarà
scartata la pista dell’atto intimidatorio perpetrato ai danni
dell’imprenditore Luigi Devicienti. Dunque ancora fiamme
a Mesagne che hanno avvolto due auto in due momenti
differenti della giornata. Il primo episodio si è verificato alle
5,10 in via Epifanio Ferdinando dove una signora aveva
posteggiato la sua Lancia Y10, vecchio tipo. Dopo una
decina di minuti ha sentito il crepitio delle fiamme e ha visto
la sua auto divenuta una torcia. E’ stato lanciato l’allarme e
sul posto è giunta una volante della polizia e i vigili del
fuoco che hanno spento le fiamme. Dai primi accertamenti
sarebbe emersa una causa accidentale dell’incendio dovuta a
un corto circuito. Il motore, infatti, era ancora caldo quando
ha preso fuoco. Un altro episodio si è verificato alle 13,30 in
via Albricci, nei pressi di piazza Commestibili, dove alcuni
signori avevano posteggiato la loro Opel Agila, di proprietà
di C. R., ed erano andati a pranzo in un ristorantino del
centro storico. A un tratto sono stati avvisati che la loro auto
stava prendendo fuoco. Sono stati allertati i vigili del fuoco
di Brindisi che poco dopo sono giunti sul luogo
dell’incendio e l’hanno spento. Anche qui la causa è stata
dichiarata accidentale. Infine sembra chiarirsi l’incendio
della Fiat Tipo, rubata in via Molise poco prima, nei pressi
dell’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti. In alcuni
filmati si è visto un soggetto che ha spinto a piedi l’auto e
successivamente, dopo vari tentativi di metterla in moto,
l’ha abbandonata non prima di avergli dato fuoco per
cancellare le tracce. Alla luce di questo chiarimenti il
sindaco Franco Scoditti ha ritenuto di non andare dal
Prefetto e dal Questore per l’accidentalità di tali eventi ma si
è sentito con le forze dell’ordine locali.
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Emergenza criminalità: Le opposizioni chiedono
la convocazione dell'Osservatorio
Giovedì 03 Maggio - Alla luce degli ultimi fatti di cronaca
le segreterie politiche del centro destra di Mesagne hanno
invitato il sindaco Franco Scoditti a far scendere in campo
l’Osservatorio permanente sulla legalità. “La drammaticità
dei fatti e lo sconcerto che anima la nostra comunità
impongono una seria riflessione, specie alla luce della natura
dei nuovi e recenti fenomeni criminosi che sembrano
operare senza alcuno scrupolo e perciò ancora più
inquietanti e pericolosi. hanno scritto i segretari del Pdl, Mi,
Nip, Ppt, La Destra e Nuovo Psi - Bisogna fermarsi, lavorare
insieme con le istituzioni, attori politici e sociali del nostro
territorio e lavorare in fretta, sostenendo con tutti i mezzi a
nostra diposizione il gravoso compito che incombe sulle
forze dell’ordine”. Su questo punto, già in passato,
l’opposizione si era espressa ritenendo fondamentale una
linea di azione che viaggiasse su un doppio binario,
repressivo e preventivo. “Ed è proprio su quest’ultimo fronte
– hanno continuato i segretari - che esortavamo l’attuale
amministrazione a rendere più operativa e capillare l’azione
dell’Osservatorio sulla legalità, istituzione, vogliamo
ricordarlo, nata con il preciso compito di studiare e
analizzare i fenomeni illegali e criminali e individuare i
settori a maggior rischio d’infiltrazioni criminale oltre che
per diffondere in modo costante, e a più livelli, soprattutto
fra le giovani generazioni, la cultura del lecito, della legalità
e della giustizia”. Le opposizioni hanno ritenuto necessario
chiedere l’immediata convocazione del comitato ristretto
dell’Osservatorio affinché, possa esaminare i più recenti
accadimenti, e predisponga un piano operativo da
sottoporre, a breve, all’intero plenum. “Sul fronte repressivo
– hanno concluso - occorre un’azione forte, concertata,
decisa e generale, ed è pertanto inevitabile fare un’ultima
considerazione e ricordare, a chi oggi, colpito da una sorta
di sindrome di autosufficienza, continua a operare ignorando
le altre forze politiche, che il tema della legalità e della
sicurezza del nostro paese, è un tema che coinvolge tutti,
maggioranza e opposizione, e pertanto occorre la
partecipazione di tutti affinché si realizzi un fronte comune e
non diventi invece l’ennesima occasione per propagandare
se stessi”.
Se la città è oggetto di episodi criminali le
campagne mesagnesi non sono da meno
02 Maggio 2012 - Se la città è oggetto di episodi criminali
le campagne non sono da meno perché continuano a
verificarsi furti di mezzi, attrezzatura agricola e prodotti.
Specialmente di carciofi, prodotto di cui le bande di
delinquenti stanno facendo man bassa. A lanciare l’allarme è
ancora una volta Emanuele Guglielmi, presidente della
locale sezione della Coldiretti cui si rivolgono giornalmente
i soci per avere assistenza. Quanto meno morale. “Voglio
dirlo subito a scanso di equivoci – ha spiegato Guglielmi –le
forze dell’ordine stanno svolgendo a meglio il loro compito.
Però se questi fatti avvengono bisogna chiedersi cosa è che
non funziona nell’ingranaggio. E una volta conosciuta la
causa è facile comprendere come intervenire. Di fatto resta
la certezza che il territorio extra urbano è preda dei criminali
perché non c’è controllo ed è terra di nessuno ”. Dunque non
c’è pace per gli agricoltori che giornalmente sono costretti a
registrare furti alcuni dei quali non sono denunciati poiché la
gente è sfiduciata. “Circa un anno fa il presidente della
Provincia di Brindisi ci aveva promesso che avrebbe istituito
la polizia provinciale per controllare ciò che avviene negli
agri. – ha aggiunto il presidente Guglielmi – La polizia è
stata istituita però i risultati, per quello che vedo sul
territorio di Mesagne, si fanno attendere. Al contrario so
bene che la polizia provinciale ha un controllo stradale degli
agricoltori. Controlla i mezzi e la regolarità dei documenti.
Ed è giusto fare ciò. Ma dovrebbe, anche, prevenire i reati
che giornalmente si verificano sul territorio di Mesagne”.
Secondo Guglielmi ogni razzia dei carciofeti procura ai ladri
circa 15 mila carciofi che hanno un valore commerciale di
600 euro. Questo valore va moltiplicato per i vari campi
depredati e per le varie nottate e si ha un’idea dei danni
causati alle aziende agricole. “Più volte ho spiegato alle
forze dell’ordine che tutti questi carciofi non servono per il
consumo familiare. O meglio solo una parte finiscono sulle
tavole delle famiglie. – ha spiegato - La stragrande
maggioranza va a finire nei magazzini che lavorano in nero
e lo trasferiscono al Nord. Ed è lì che bisogna cercare.
Purtroppo, però, nonostante le tante promesse ricevute
durante gli incontri istituzionali i risultati non sono arrivati.
Alla luce di queste difficoltà è comprensibile che la gente
perda la fiducia, perché è prostrata, e con questo
atteggiamento favorisce l’azione di questi delinquenti che
impavidi spadroneggiano sul territorio”.
Attentato ad Amoruso: ecco le 4 piste
02 Maggio 2012 - Sono frenetiche le indagini sulla vicenda
dell’atto intimidatorio portato a segno ai danni del
brindisino Gianluca Amoruso proprietario a Mesagne della
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palestra “G – Fit Club” in via Romagna dove venerdì sera
un individuo ha esploso due colpi di arma da fuoco
all’interno della struttura. Il tutto ad altezza d’uomo e con la
consapevole certezza che i proiettili potevano trovarsi sulla
traiettoria di qualcuno. Su queste constatazioni e su tante
altre si è svolto ieri mattina presso la Procura della
Repubblica di Brindisi un summit tra gli investigatori e il
sostituto procuratore, Marco D’Agostino, titolare delle
indagini. Gli investigatori non si sono presentati in Procura a
mani vuote, tutt’altro. Tra le mani avevano diverse tracce
che, con un po’ di fortuna ma soprattutto con l’instancabile
collaborazione da parte dei cittadini, potrebbero portare a
risolvere il caso. Ci sono buone speranze che questo prima o
poi possa avvenire. L’analisi dei fatti. Dopo il raid di
venerdì notte e l’avvio delle prime indagini adesso è il
tempo della riflessione investigativa che, nei prossimi
giorni, potrebbe sfociare in alcune azioni e atti. Intanto la
prima riflessione è che non è detto che il killer ha sparato
per uccidere. Se così fosse, alla luce delle tristi precedenti
casistiche, il killer sarebbe entrato nella struttura e avrebbe
sparato al suo obiettivo con la certezza di portare a termine
il compito ricevuto. In ogni modo resta l’efferatezza del
gesto e la cognizione che sulla traiettoria del proiettile, che
peraltro aveva sfiorato l’Amoruso, potesse trovarsi
inconsapevolmente qualche individuo presente all’interno
della palestra. In questo quadro, da brivido, gli investigatori
oltre a trovare il killer vogliono comprendere chi ha ordinato
l’azione e arrestare il mandante. Poi c’è un’altra pista che è
quella del racket. Anche se pochi ci credono gli investigatori
non l’hanno mai tralasciata. Non aver ricevuto richiesta di
denaro, cioè il pizzo, è insignificante poiché in questi casi le
richieste sono giunte anche dopo un po’ di tempo
dall’azione delittuosa. C’è, ancora, la terza pista che è quella
legata alla vita privata del giovane che, per la verità, sembra
essere piuttosto limpida e serena senza nessun grillo per la
testa. Peraltro la ragazza di Amoruso dovrebbe essere una
delle due ragazze presenti nella struttura all’ora
dell’attentato e che è rimasta scioccata. Infine ci potrebbe
essere una quarta pista legata all’attività sportiva del
giovane. E forse questa potrebbe rivelarsi, alla fine, una
delle piste privilegiate. In ogni modo queste vicende hanno
creato in città un certo allarme sociale. Adesso sono davvero
troppi gli episodi delinquenziali che si stanno ripetendo con
un’inarrestabile sequenza. Un’attività messa in campo dalla
malavita che potrebbe delegittimare il ruolo delle istituzioni
e quindi dello Stato. Ecco perché lo Stato ha il dovere di
intervenire con forza e decisione. Con l’intelligence e non
con un’invasione di forze di polizia che la gente ha
etichettato come “passerelle”. Cioè azioni che non servono a
incidere sulla criminalità. Se così non sarà allora a Mesagne
sull’antimafia avrà vinto l’antiStato.
Auto a fuoco nella notte a Mesagne.
Intimidazione a imprenditore?
02 Maggio 2012 - Altra notte di fuoco a Mesagne dove due
auto sono state bruciate. Una di queste è stata rubata poche
ore prima a un mesagnese il quale ieri mattina si è
presentato in Commissariato per denunciarne il furto.
Circostanza strana è che i fatti sono accaduti a una decina di
metri dall’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti il
quale ha subito, nel recente passato, due atti intimidatori. Se
anche questo episodio è da collegare all’imprenditore al
momento non è chiaro poiché gli investigatori stanno
lavorando alacremente per cercare di dare una chiara e
inequivocabile lettura ai fatti. Al momento ci sono solo
ipotesi e congetture nulla di certo. Un aiuto agli investigatori
potrebbe giungere dai fotogrammi di alcune telecamere di
videosorveglianza che sono presenti in zona. Su
quest’ultimo fatto di cronaca stanno indagando gli uomini
del commissario Sabrina Manzone coordinati dal sostituto
procuratore Marco D’Agostino. I fatti si sono verificati
intorno alle 3 di ieri lungo via Federico II Svevo. Qui sono
giunti alcuni individui che hanno posteggiato una Fiat Tipo,
rubata poco prima, e hanno appiccato il fuoco al mezzo.
L’auto ben presto è stata avvolta dalle fiamme che poco
dopo si sono propagate a una Ford Ka che era regolarmente
posteggiata in strada. Lo scoppio dei finestrini ha destato
l’attenzione dei residenti, che a quell’ora dormivano, che
sono saltati dai rispettivi letti e si sono affacciati in strada
assistendo a una scena, purtroppo, di ordinaria follia
criminale. E’ stato lanciato l’allarme e sul posto sono giunti
i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme e messo in
sicurezza la zona. Molta paura hanno avuto alcuni cittadini
che abitano proprio a fianco al rogo che si sono trovati
davanti una parete di fuoco. Sul posto è giunta una volante
del locale commissariato i cui agenti hanno controllato la
zona in cerca di elementi utili alle indagini. Sembrerebbe
certa la natura dolosa del gesto. Incerto se alla base di tale
atto c’è un messaggio trasversale per qualcuno. Le indagini.
Gli investigatori ieri si sono messi a lavoro molto presto
anche se sarebbe meglio dire che non hanno mai smesso di
indagare poiché i vari atti criminali perpetrati in città non gli
hanno lasciato il tempo di prendere un caffè. Ieri mattina
una prima fase delle indagini ha riguardato la visione dei
filmati delle varie telecamere di videosorveglianza presenti
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in zona per cercare di trovare qualche elemento utile. Quello
che è certo che non sarà un’indagine che si potrà chiudere in
pochi giorni. Tra i tanti interrogativi e piste c’è anche quella
che il gesto è da collegare alla presenza in zona
dell’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti già
destinatario nel 2011 di due atti intimidatori. Un’eventualità
che le verifiche che stanno svolgendo gli investigatori,
tuttavia, potrebbero escludere poiché in strada era
posteggiata anche l’auto della moglie dell’imprenditore.
Perciò se i piromani volevano colpire lui potevano farlo in
maniera diretta evitando quella di un messaggio trasversale.
In ogni modo si è nel campo delle ipotesi dove il
condizionale e le riserve sui fatti avvenuti sono d’obbligo.
Infatti, la Fiat Tipo potrebbe essere stata incendiata dopo
aver compiuto qualche azione criminale. Ma anche su queste
ipotesi vi sono delle indagini in corso. Un ventaglio di piste
che lasciano capire come gli investigatori non vogliono
tralasciare nulla. Infine c’è una spiacevole curiosità. La Ford
Ka è di proprietà di un signore che nell’agosto 2011 fu
costretto ad acquistare quest’auto perché la sua fu
danneggiata dallo scoppio della bomba indirizzata a
Devicienti. Oggi anche quest’altra auto è andata distrutta.
entrambi ricoverati in ospedale, il primo in gravissime
condizioni, l’altra malconcia ma per fortuna salva. L’assalto
è stato caratterizzato da diverse fasi ed è stato messo a segno
in più riprese: dal giardino della villetta i coniugi, che
avevano appena brindato per festeggiare la cresima della
nipote, sono stati condotti in un casolare. Prima del
trasferimento avvenuto a bordo di due auto, l’Opel Astra
della vittima e una Volvo Xc 60 rubata qualche giorno fa
dalla concessionaria Adriatica motori, i malfattori hanno
badato bene a rendere inattive le telecamere del sistema di
videosorveglianza dell’abitazione: hanno rubato l’hard disk
e si sono poi recati, tenendo in ostaggio la coppia, in un
posto sperduto ma tuttavia conosciuto, tanto da far
presumere che ad agire sia stata gente del posto. Lì, dopo
averli legati con una corda, hanno chiesto “i soldi”. Solo i
soldi. Non hanno mirato ai gioielli che la donna indossava,
non volevano altro che contanti, stando a quanto hanno detto
in un italiano quasi perfetto. Scialpi, scioccato ha dichiarato
di non averne e che l’unica soluzione sarebbe stata quella di
recarsi a casa dei consuoceri: in tutto il bottino ammonta
500 euro. Durante la breve “trasferta” la 64enne è stata
tenuta prigioniera.
Hanno sparato anche alla moglie
Incendio presso casa di imprenditore
02 Maggio 2012 - Tre colpi di pistola: due indirizzati
all’imprenditore e uno che ha ferito di striscio la moglie. E
una violenza inaudita, incomprensibile proprio perché
eccesiva tanto da dover essere definita “gratuita”. Erano in
tre i banditi che hanno atteso davanti alla soglia della
propria abitazione, sulla strada per Tuturano, l’imprenditore
Cosimo Scialpi, 69 anni e Caterina De Maria, 64 anni,
30 aprile 2012 - Un nuovo avvertimento ai danni
dell’imprenditore Luigi Devicienti o una bravata notturna ad
opera di qualche testa calda? E’ giallo sull’incendio di due
auto nel pieno centro di Mesagne proprio nel cuore della
notte. Una cosa al momento è certa, via Federico II Svevo si
conferma una strada calda del centro cittadino e non per le
temperature raggiunte in seguito alla combustione di due
veicoli. Si tratta di una Fiat Punto ed una Ford Ka. La Punto
era stata rubata poco prima ad un pensionato in via Molise e
portata da un quartiere all’altro, in via Federico II Svevo
dove è stata data alle fiamme con liquido infiammabile. Il
rogo si è poi esteso alla Ford Ka parcheggiata nelle
vicinanze. Sul posto tra le 3 e le 3.30 sono arrivati i vigili
del fuoco del comando provinciale di Brindisi e gli agenti
del commissariato della Polizia di Stato. Gli investigatori
non escludono alcuna ipotesi al momento, dato che il
messaggio malavitoso non avrebbe un destinatario preciso.
La Punto è stata incendiata a qualche decina di metri
dall’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti, patron
della locale squadra di calcio, già fatto oggetto di diversi
attentati come quello del 26 luglio 2011 quando fu
incendiato il portone di casa (sempre lungo la stessa via);
quello del 24 agosto quando una bomba fu piazzata proprio
sull’uscio dell’abitazione rischiando di provocare una strage
in pieno pomeriggio ed infine le lettere intimidatorie condite
con proiettili inviate a mo di auguri di Natale. Da tenere
presente che da alcune settimane il 24enne Danilo Calò,
denunciato dalla polizia, proprio per l’attentato del 26 luglio
2011 a Devicienti, è sotto la protezione della Dia e della
Dda di Lecce. Non è escluso che l’incendio della notte
scorsa possa avere attinenza con questa nuova situazione
che preoccupa la criminalità locale. Sembrava fosse tornato
il sereno in via Federico II Svevo dopo la serie di episodi,
fino alle nuove fiamme di stanotte che fanno salire ancora di
più l’allarme criminalità anche alla luce dei recenti fatti
come quelli delle due pistolettate calibro 9 sparate venerdì
sera contro il portone della palestra “G. Fit Club” condotta
da Gianluca Amoruso. Episodi scollegati che tuttavia sono
all’attenzione delle forze dell’ordine e del sindaco Franco
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Scoditti che nei prossimi giorni potrebbe incontrare il
prefetto Nicola Prete sul tema dell’ordine e della sicurezza
pubblica.
Due colpi di pistola contro una palestra
28 Aprile 2012 – Un grave atto intimidatorio si è verificato
ieri sera a Mesagne dove sono stati sparati due colpi di
pistola calibro 9 contro la porta d'ingresso della palestra "G
Fit Club" di via Romagna di proprietà di Gianluca Amoruso,
di 39 anni, di Brindisi già preparatore atletico della locale
squadra di calcio. E' accaduto in via Romagna, intorno alle
ore 22.00, quando all'interno della palestra si erano attardati
alcuni giovani. Al momento dell'attentato c'era il titolare
assieme alla sua segretaria che al momento degli spari si è
sentita male. Amoruso, invece, non si è perso d'animo ed ha
subito allertato il commissariato di polizia che ha inviato sul
posto un pattuglia. Il proprietario ha dichiarato di non aver
mai ricevuto richieste estorsive. Sembra che una telecamera
abbia ripreso la scena malavitosa e che l'attentatore,
probabilmente a volto scoperto. Ma le immagini sono
sfocate. Ulteriori aggiornamenti saranno forniti nelle
prossime ore.
Mesagne: Auto a fuoco
28 Aprile 2012 - Si è riscaldata la temperatura della città di
Mesagne, e non solo quella meteorologa. La notte scorsa,
infatti, alcuni individui hanno appiccato il fuoco all’auto di
un giovane bancario. L’incendio è stato spento dai vigili del
fuoco chiamati dallo stesso proprietario dell’auto.La
macchina è andata completamente distrutta. Ignoto il
movente poiché il giovane ha dichiarato agli investigatori di
non comprendere le cause di tale gesto giacché è una
persona tranquilla e abitudinaria. Sul posto è giunta una
gazzella dei carabinieri che ha raccolto la testimonianza dei
presenti e avviato le indagini per cercare di comprendere i
motivi da cui è scaturito il gesto. Si indaga a fondo nella vita
personale del giovane. C’è da emettere in evidenza che nel
recente passato il giovane ha subito altri due tentativi di
incendio della sua auto. In quell’occasione, fortunatamente,
è riuscito ad accorgersi in tempo del fattaccio e a spegnere le
fiamme. L’episodio si è verificato intorno alle ore 5 del
mattino di ieri in via Principe di Piemonte, una traversa di
via Roberto Antonucci alias via San Vito. In questa strada
sono giunti alcuni individui che si sono fermati davanti a
una Fiat 500, vecchio tipo regolarmente posteggiata al
civico 97, di proprietà di A. F., di anni 32 di professione
bancario in un istituto di credito salentino, ma in uso al
papà. Famiglia conosciuta e stimata in città. Con grande
cautela hanno smontato il lunotto posteriore dell’auto quindi
si sono introdotti all’interno cospargendo, con ogni
probabilità, i sedili in stoffa con del liquido infiammabile.
Poi vi hanno appiccato il fuoco e sono fuggiti. L’auto in
pochi secondi ha preso fuoco e le fiamme si sono alzate così
alte da lambire la facciata dell’abitazione. Il crepitio ha
svegliato il giovane bancario che si è affacciato e si è
accorto che l’auto era ormai un rogo. Ha telefonato ai vigili
del fuoco che in pochi minuti sono giunti sul posto e hanno
spento l’incendio. Le fiamme, purtroppo, hanno lambito la
facciata
dell’abitazione
annerendola
in
parte.
Fortunatamente nessun danno è stato causato ai residenti.
Gli investigatori hanno escluso che l’atto intimidatorio è a
scopo estorsivo. Piuttosto potrebbe essere legato alla vita
privata del giovane. Anche perché in passato ha subito altri
due atti intimidatori fortunatamente non consumati. Su
questi ultimi due episodi ha indagato la polizia.
CGIL: Lunedì 30 iniziativa su credito, lavoro e
legalità
27/04/2012 - Nell’ambito delle iniziative territoriali
promosse dalla CGIL di Brindisi l’appuntamento di lunedì
30 aprile alle ore 18.00, presso il centro Polivalente Anziani
in via Stazione, sarà a S.Pietro Vernotico, dove si parlerà di
CREDITO, LAVORO e LEGALITA’. All’introduzione ai
lavori, curata dal coordinatore della Camera del Lavoro
comunale, Gianfranco Pesimena, seguiranno gli interventi
programmati del sindaco, avv. P. Rizzo sul tema “ Legalità e
sviluppo, il ruolo degli Enti Locali” e del Segretario
Regionale della FISAC CGIL, Galileo Casone, su “ quale
credito per il territorio” . Le politiche finanziarie e del
credito hanno fortemente influito sulle cause della crisi
economica che attraversa l’Europa. Nei territori del sud
d’Italia, che avevano già problemi atavici legati soprattutto
all’accesso al credito per le imprese e per le famiglie, ciò ha
significato la morte di tante attività e crescita della
disoccupazione. Le conclusioni saranno affidate alla
segretaria generale della CGIL di Brindisi Michela
Almiento. Nel corso dell’iniziativa verrà dato spazio
all’associazione LIBERA per commemorare i 30 anni
dall’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Pio La
torre, prima come sindacalista e poi come esponente del
PCI, si impegnò in prima linea nella lotta alla mafia e contro
la collusione con il potere politico e finanziario. Fu ucciso
dai mandanti mafiosi il 30 aprile del 1982 a Palermo
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insieme al suo autista Rosario Di Salvo. Ricordare chi ha
dato la vita per combattere contro i poteri occulti che
condizionano la vita economica, politica e sociale del nostro
paese è un monito per tutti all’impegno civile e alla
partecipazione attiva senza farsi tentare da scivolamenti
nell’antipolitica, che sarebbe la vera morte della democrazia.
le domande di rito ai proprietari che si sono meravigliati di
quello che è accaduto. L’esercizio commerciale si disloca in
via Galilei e comprende anche l’angolo attiguo a via Alfieri.
La parte anteriore, ossia l’entrata della struttura non è stata
minimamente intaccata a differenza della facciata laterale
composta da tre vetrate.
COMUNICATO STAMPA CGIL
Sandonaci:
panificio
attentato
incendiario
fallito
al
27 Aprile 2012 - Solo un miracolo ha impedito che alcune
bottiglie incendiarie e una tanica di gasolio devastassero il
panificio di Giovanni Greco. Un po’ di fortuna e l’istinto di
un vigilante hanno mandato a monte il piano di qualcuno
che voleva marchiare col fuoco una delle attività
imprenditoriali più antiche del paese. Erano le 22.30 di
mercoledì sera quando un uomo dell’Istituto di Vigilanza
“Security” durante un normale servizio di pattuglia mentre
percorreva via Vittorio Alfieri ha notato sul davanzale delle
vetrine una tanica e delle bottiglie. Avvicinandosi si è
accorto che all’interno di quest’ultime era presente del
liquido infiammabile, del gasolio probabilmente. Una delle
bottiglie era già bruciata e aveva colpito le vetrine della
facciata laterale dell’esercizio e il marciapiede. Le altre
bottiglie, essendosi spenta la fiammella del primo
contenitore ed essendo il gasolio un prodotto che ha bisogno
di un livello alto di autocombustione, non hanno preso
fuoco. Il tentativo di incendio si è fermato lì. Il vigilante ha
avvertito subito la centrale operativa. Gli uomini del
comandante Giancarlo Abbracciavento giunti sul posto
hanno costatato l’accaduto e hanno provveduto a effettuare
Il Commissario Europeo Malmstrom visita le
terre confiscate alla Mafia.
23/04/2012 - È prevista per martedì 24 aprile, a partire dalle
ore 11.00, l'importantissima visita della Delegazione
istituzionale guidata dal Commissario europeo agli Affari
Interni Cecilia Malmstrom alle terre, in agro di Torchiarolo,
confiscate alla Sacra Corona Unita e affidate alla
Cooperativa Libera Terra di Puglia. Il programma prevede,
oltre alla visita ai vigneti confiscati nei pressi della zona
archeologica di Valesio, soprattutto l'illustrazione del
progetto che il Comune di Torchiarolo intende presentare ai
Ministeri competenti al fine di ottenere i fondi necessari alla
ristrutturazione della Villa confiscata in contrada Santa
Barbara e al migliore utilizzo dei beni adiacenti. Ad
accogliere il Commissario europeo Malmstrom e a
partecipare alla presentazione del progetto del Comune di
Torchiarolo ci sarà anche il Governatore della Regione
Puglia Nichi Vendola.
COMUNICATO STAMPA AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI
TORCHIAROLO
Ordigno caricato con schegge di ferro. Sfiorato il
dramma in strada
14 aprile 2012 - E la criminalità colpisce ancora. Questa
volta nella piccola comunità di Cellino San Marco, nei
confronti di un imprenditore di 42 anni, Paolo Quarta,
artigiano del ferro e dell’alluminio che dal 1992 ha un
laboratorio in via Martiri Fosse delle Ardeatine, fratello
dell’assessore alle attività Produttive Gianfranco e padre di
un ragazzo di 24 anni, Giorgio che da qualche anno lavora
insieme a lui. Un grosso ordigno intorno alle 23 di ieri ha
sventrato l’appartamento adiacente al laboratorio artigiano,
lo ha reso inagibile e ha rischiato di arrecare danni ancora
più gravi. Da un primissimo sopralluogo eseguito dagli
esperti, infatti, sembrerebbe che la bomba, creata
artigianalmente non era stata riempita solo di esplosivo ma
anche di frammenti metallici, micidiali, che in seguito
all’esplosione hanno perforato cemento e ferro. Solo per
puro caso in quel momento da via Martiri Fosse delle
Ardeatine non passava nessuno. Il figlio Giorgio aveva
lasciato l’appartamento solo un quarto d’ora prima. Il boato
è stato così forte che è stato udito da tutto il paese e una
ragazza che era nelle vicinanze, a causa del rumore forte e
assordante sprigionato dall’esplosione, è stata trasportata in
ospedale con danni a un timpano. Sul movente di questo
attentato dinamitardo indagano i carabinieri della compagnia
di Brindisi unitamente agli uomini della locale stazione al
comando del maresciallo Giuseppe Milo che già dalla stessa
serata di ieri si sono messi al lavoro sulla vicenda. Paolo
Quarta è incensurato, suo figlio anche, la moglie idem. Una
famiglia per bene che non ha mai avuto a che fare con la
criminalità. In vent’anni di attività l’imprenditore non è mai
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stato destinatario di questo genere di messaggi. Non ha mai
ricevuto minacce o richieste estorsive. “Cado dalle nuvole,
questa è una cosa che non mi sarei mai aspettata, non ho mai
dato fastidio a nessuno e sto bene con tutti. Mi viene il
dubbio che si sia trattato di un errore”. Ha dichiarato il
42enne questa mattina, ancora incredulo di quello che gli era
capitato. Le indagini dei carabinieri, però, non possono non
tener conto della posizione politica del fratello maggiore
dell’artigiano, Gianfranco. Assessore alle Attività
Produttive, che abita a poche centinaia di metri
dall’abitazione presa di mira ieri sera dalla criminalità.
Anche, lui, però, si dichiara ignaro hai fatti: “E’ stato un
vero e proprio shock, non credo che questo attentato possa
essere considerato un avvertimento per me o per la mia
famiglia. Lavoro nell’amministrazione con onestà, stiamo
cercando di accontentare tutti i tipi di cittadini con l’unico
scopo di risollevare le sorti del paese, non credo di aver fatto
torti a qualcuno”. L’appartamento distrutto dalla bomba è da
qualche anno era disabitato. La famiglia Quarta vi ha
risieduto fino a quando non si è trasferita in una casa più
grande in via San Pietro. Era arredato di tutto punto e a
breve vi si sarebbe dovuto trasferire il figlio Giorgio che
intanto lo utilizzava per trascorrere qualche ora in
compagnia degli amici o anche da solo. E proprio ieri sera il
ragazzo è stato nella casa di via Martiri Fosse delle
Ardeatine fino a un quarto d’ora prima dell’attentato
dinamitardo. “Ero già a casa con i miei genitori quando ho
sentito un grosso boato provenire dall’esterno. Abitiamo
lontano dal vecchio appartamento ma il rumore provocato
dallo scoppio si è sentito benissimo. Non avrei mai
immaginato, però, che si trattasse proprio l’appartamento di
mio padre, lo stesso in cui ero stato poco prima”. Alle 23 via
Martiri Fosse delle Ardeatine, la traversa della via San
Donaci che unisce il centro con la periferia e percorribile a
doppio senso di circolazione, è sempre frequentata da gente.
Sia automobilisti che pedoni a passeggio con i cani. È stato
un puro caso che al momento dell’esplosione in quel
momento non c’era nessuno nelle immediate vicinanze. Una
squadra dei vigili del fuoco del comando provinciale di
Brindisi questa mattina è tornata sul posto per un ulteriore
sopralluogo. I carabinieri anche. L’abitazione è inagibile ma
non è in pericolo di crollo. Deve essere ristrutturata. Per
fortuna l’adiacente laboratorio artigiano non ha subito danni
e l’imprenditore può continuare a lavorare. Con quale
serenità, però, è da vedere. Solo qualche giorno fa nella
vicina Torchiarolo ignoti piromani hanno incendiato l’auto
del comandante dei vigili urbani e quella del suo vice.
Naturalmente questo episodio non ha collegamenti con
quello di ieri sera a Cellino ma è un chiaro segnale che nei
paesi della fascia a sud di Brindisi la criminalità sta
prendendo quota in modo scellerato e aggressivo. Entrambi
gli attentati sono stati perpetrati alle 23, un orario in cui la
gente è ancora in giro. I due episodi potrebbero anche essere
visti come attacchi alle istituzioni e alla politica, a meno che
gli investigatori non riescano a trovare un movente
particolare per ognuno di essi. Al momento resta la paura.
di Paola Bari
Bomba al fratello dell’assessore
14 aprile 2012 - Attentato dinamitardo nella tarda serata di
ieri ai danni di un artigiano. Erano circa le 23 quando i vigili
del fuoco del comando provinciale di Brindisi sono stati
chiamati ad intervenire in via Martiri delle Fosse Ardeatine
a Cellino San Marco dai carabinieri della locale stazione.
L’ordigno era appena esploso nei pressi del laboratorio
artigianale di infissi e serramenti di Paolo Quarta, 42 anni,
situato accanto alla sua abitazione. L’onda d’urto della
deflagrazione ha divelto porte e finestre provocando gravi
danni. Ascoltato dagli investigatori l’artigiano ha affermato
di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive in
passato. Quarta è però il fratello di Gianfranco, assessore
comunale alle Attività produttive, e perciò i militari
dell’Arma non possono al momento escludere neppure un
collegamento tra l’attentato e vicende collegate alla politica,
e quindi la pista dell’attentato trasversale.
di Antonio Portolano
Pistola nel lettore dvd: arrestato
11 aprile 2012 - Una Beretta, calibro 7.65, perfettamente
funzionante, dotata di una ventina di proiettili nascosta
all’interno di un comune lettore dvd, opportunamente
modificato al suo interno per contenerla, è stata ritrovata e
sequestrata dagli agenti del commissariato di Mesagne in
un’abitazione di via Torre Santa Susanna. Gli agenti, per
l’accusa di detenzione illegale di arma comune da sparo e
relativo munizionamento e ricettazione della stessa arma, su
disposizione del pm Raffaele Casto, hanno arrestato Antonio
Talliente, 56enne del posto, già noto alle forze dell’ordine
per altri reati. Talliente, esponente della vecchia mala
mesagnese, è anche il suocero di Giovanni Cosimo Guarini
(al secolo Maradona), arrestato (l’ultimo in ordine di tempo,
ndr) il 27 gennaio scorso per l’omicidio di Giancarlo Salati,
62enne di Mesagne, morto, per le ferite riportate, il 17
giugno del 2009. Guarini fu arrestato insieme con altri
personaggi della Scu Massimo Pasimeni (il boss detto
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Piccolo Dente) e di Francesco Gravina (detto Gabibbo) e
Vito Stano. La pistola – trovata in possesso di Talliente – è
stata rubata nel 2002 ad un abitante nella provincia di
Padova. Era nascosta nell’involucro di un lettore di dvd
vuotato del’hardware elettronico, ma non è sfuggita ad una
perquisizione accuratissima. Un ‘arma che scotta: indagini
sono in corso per capire se sia stata utilizzata in azioni
criminose ed in particolare in fatti di sangue. Ufficialmente
la scoperta dell’arma è avvenuta nell’ambito di specifici
servizi mirati alla repressione di reati in genere, da parte
degli agenti del commissariato di Mesagne insieme con la
squadra mobile della questura di Brindisi. Un giro di vite
richiesto dal questore Alfonso Terribile, che ha portato
all’intensificazione del controllo del territorio e l’esecuzione
di diverse perquisizioni domiciliari. Nel corso di queste
operazioni di polizia, sono stati individuati alcuni
pregiudicati mesagnesi che hanno violato alcuni obblighi
impostigli dalle competenti autorità giudiziarie. Ma ci può
essere anche una ragione non rivelata dagli investigatori:
una nuova pista che conduce all’interno della rete della
criminalità organizzata mesagnese non ancora raggiunta
dalle indagini, e a particolari episodi.
Torchiarolo, attacco alla polizia urbana. Bruciate
le auto di comandante e vice
10 aprile 2012 - Può essere considerato un vero e proprio
attacco alle istituzioni l’incendio che poco dopo le 23 di ieri
ha distrutto la Opel Astra di proprietà del comandante dei
vigili urbani di Torchiarolo, Lorenzo Renna, e la Fiat Croma
del vice comandante Antonio Palombo. Entrambe le auto
erano parcheggiate nel cortile del palazzo comunale, distanti
l’una dall’altra. I due dirigenti, mentre le loro vetture
prendevano fuoco, erano impegnati nei festeggiamenti della
festa patronale in onore della Madonna di Galeano. Non
appena informato dell’attentato incendiario il vice
comandante è stato colto da malore e trasportato in ospedale
da un’ambulanza del 118. Insieme ai vigili del fuoco, in via
Cristoforo Colombo, dove hanno sede il municipio e il
comando della Polizia locale, si sono portati i carabinieri
della locale stazione e lo stesso comandante, il maresciallo
Giacomo Poma, per le indagini di rito. Da una prima
ricostruzione dell’accaduto sembrerebbe che l’attentato
incendiario sia legato all’attività lavorativa dei due agenti e
che non sia comunque riconducibile ad attività collegate alla
festa patronale. Nessuno screzio con ambulanti, giostrai e
commercianti e nessuna multa di troppo è stata elevata nella
giornata di ieri. Chi ha agito, però, conosce perfettamente le
abitudini delle due vittime dell’attentato incendiario e
sapeva che nella giornata di oggi le loro auto private
sarebbero rimaste parcheggiate a lungo nel cortile della sede
del Comune. Non si può escludere che si possa essere
trattato anche di una ritorsione per la vigilanza attuata sul
servizio rifiuti. Renna vive a San Pietro Vernotico ma i
piromani hanno voluto colpirlo mentre era in servizio. Nella
zona non ci sono telecamere. Ad accorgersi dell’incendio è
stato uno dei tanti frequentatori della festa che aveva
parcheggiato la propria vettura proprio in via Cristoforo
Colombo a due passi da dove era stato allestito il luna park.
Tutti gli agenti in servizio erano impegnati per le vie del
paese per garantire la buona riuscita dei festeggiamenti e le
sedi del Comune e del comando della Polizia Locale erano
vuote. Nel cortile c’erano diverse vetture e il cancello era
aperto. Per i piromani non è stato difficile raggiungere i loro
obiettivi. Di certo ad agire sono stati in due. Le due auto
prese di mira, infatti, erano parcheggiate molto distanti l’una
dall’altra e in direzioni opposte. Una sola mano avrebbe
impiegato più tempo del dovuto. L’incendio è partito dalla
cavità tra le ruote anteriori e la carrozzeria dove è stato
piazzato uno straccio imbevuto di liquido infiammabile. Le
fiamme si sono propagate in una manciata di secondi ma
sono state notate subito dai passanti. Immediatamente sono
stati allertati i vigili del fuoco, i proprietari e i carabinieri.
Sul posto si è portato anche il primo cittadino Giovanni Del
Coco. Grazie al tempestivo intervento dei soccorsi il danno
è stato limitato alle due auto, ma le stesse sono inutilizzabili.
Per la loro rimozione si è reso necessario l’intervento del
carro attrezzi. Il vice comandante Palombo alla vista della
sua vettura avvolta da lingue di fuoco è stato colto da malore
e per lui si è reso necessario l’intervento dell’ambulanza del
118. È stato trasportato presso l’ospedale Perrino di Brindisi
e le sue condizioni non sarebbero gravi. Un episodio di
questo genere non si era mai verificato nel piccolo comune
di Torchiarolo. Lorenzo Renna è capo della Polizia locale da
quasi due anni e mai, fino a questo momento, è stato al
centro di fatti criminosi: “Sono amareggiato e non mi sarei
mai aspettato un gesto di questo genere. Non ho idea di chi
possa essere stato e di certo questo episodio rappresenta un
vero e proprio attacco alle istituzioni ma io so che sto
lavorando nel giusto e nel rispetto della legge, continuerò a
comportarmi come ho sempre fatto”.
di Paola Bari
nota della Redazione
L’ evento criminoso del quale sono stati fatto oggetto il
Comandante ed il suo Vice della Polizia municipale di
Torchiarolo, è inqualificabile e da condannare subito e
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pubblicamente. Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà
a Lorenzo Renna e Antonio Palombo e sollecitiamo chi è
preposto alla sicurezza, di fare rapidamente luce piena su
quanto accaduto ed assicurare alla Giustizia i malfattori in
tempi brevi; non può essere sottovalutata la gravità del vero e
proprio attacco a rappresentanti istituzionali, che deve
indignare la comunità intera. Noi siamo convinti che è
fondamentale dare la sensazione immediata, ai cittadini, che il
territorio sia saldamente in mano allo Stato e che deve essere
messa in campo una capacità investigativa particolarmente
efficace, per ottenere risultati concreti contro la criminalità. Noi
come associazione antiracket, anche se del vicino Comune di
San Pietro Vernotico, non possiamo permetterci di rimanere in
silenzio di fronte a questi episodi, sapendo che vi è in gioco lo
sviluppo di questo territorio, proprio nel momento in cui si
devono creare le condizioni per l’investimento di risorse in
modo sicuro e creare così, lavoro per i nostri giovani, oltre che
per la crescita culturale, sociale ed economica di questo paese,
senza lo spettro incombente della malavita.
Tentata estorsione mafiosa condannato “Nerone”
05 Aprile 2012 - L’accusa di tentata estorsione mafiosa
mossa due anni fa, al momento dell’arresto, è stata
confermata al termine del dibattimento ed è stata
riconosciuta dal Tribunale: Domenico D’Agnano, 43 anni,
alias Nerone, è stato condannato a cinque anni e quattro
mesi, a fronte dei sei chiesti dal pubblico ministero secondo
cui l’imputato ha provato due volte a chiedere mille euro a
un imprenditore, per favorire la latitanza di Francesco
Campana. La sentenza. Il Collegio presieduto da Stefania
De Angelis ha consegnato il verdetto nel pomeriggio di ieri,
dopo la discussione delle parti: per la Direzione distrettuale
Antimafia di Lecce, il sostituto Alberto Santacatterina, in
origine titolare del fascicolo; per la difesa ha parlato
l’avvocato Elvia Belmonte. Per le motivazioni bisognerà
aspettare novanta giorni e solo allora il pm e il legale
potranno preparare l’appello che sembra scontato posto che
le conclusioni del Tribunale si sono discostate dalle richieste
di entrambi. Il pubblico ministero ha ritenuto sin dall’inizio
come fonti di prova la denuncia sporta dai titolari, padre e
figlio, dell’impresa di San Pietro Vernotico, paese nel quale
D’Agnano risiede (è nativo di Carovigno) e i verbali in cui
sono state raccolte le dichiarazioni rese da tre pentiti
brindisini che, in tempi diversi, hanno riferito delle
affiliazioni di matrice mafiosa e hanno fatto il nome di
“Nerone” parlando di persona legata a Campana. In ordine
cronologico, c’è stato Davide Tafuro, 23 anni, alias Rogna,
nativo di San Pietro Vernotico, poi Giuseppe Passaseo di
Brindisi e infine Ercole Penna di Mesagne, il collaboratore
che sino ad ora ha svelato più carte di quelle che dovevano
restare coperte nelle mani della Sacra Corona Unita.
Marini: “A muso duro contro il racket per una
vita più libera”
05 Aprile 2012 - A muso duro contro il racket per una vita
più libera”. E’ questo il messaggio che martedì pomeriggio i
dirigenti dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e
sicurezza” di Mesagne hanno divulgato alla città. Insieme a
loro il sindaco Franco Scoditti, l’assessore alle Attività
produttive, Luigi Vizzino, l’ex assessore ai Percorsi di
Legalità, Cosimo Faggiano oltre ai rappresentanti delle forze
dell’ordine. I commissari, Francesco Barnaba e Sabrina
Manzone per la polizia, il maresciallo Gabriele Tommaso
Taurisano per i carabinieri e Bartolomeo Fantasia per i vigili
urbani. Tra loro anche tre presidente dei commercianti:
Fabrizio Dipietrangelo, per l’associazione “Piazza
Commestibili”, Cosimo Muri per la Confcommercio e
Mario Nacci per l’Associazione commercianti mesagnesi.
Tra loro anche Mario Sconosciuto, già sindaco della città e
componente dell’antiracket e don Pietro De Punzio, vicario
foraneo. Per oltre due ore i rappresentanti delle istituzioni
hanno consegnato volantini ai commercianti per ricordargli
che il racket è sempre in agguato. I commercianti hanno
apprezzato il messaggio ma hanno chiesto alle istituzioni
che il progetto non resti estemporaneo. “E’ importante –
hanno spiegato in molti – che a questo momento pubblico
segua un incontro privato e riservato sia con i responsabili
dell’antiracket che con le forze dell’ordine”. E’ ritornata,
così, la richiesta di un carabiniere e poliziotto di quartiere.
“Avere un rappresentante delle forze dell’ordine – hanno
aggiunto – che saltuariamente si fa vedere in giro oltre che
fare da deterrente e prevenire alcuni reati è utile perché
ascolta le nostre confidenze”. Dai commercianti è emerso
chiaramente un bisogno di sentire le istituzioni
maggiormente vicine affinché possano diventare degli amici
con cui potersi confidare. “Altrimenti – hanno concluso –
queste manifestazioni non avranno sortito l’effetto sperato e
saranno state solo delle inutili passerelle”. In prima linea per
combattere il racket c’è Fabio Marini, presidente
dell’antiracket di Mesagne: “Oggi è più facile denunciare e
dire no al pizzo – ha confidato – perché c’è una nuova
sensibilità e professionalità di forze dell’ordine e
magistratura e perché c’è una legge che risarcisce tutti i
danni compreso il mancato guadagno. Tutti gli anni a
Pasqua e Natale si ripete il penoso e insopportabile rito delle
estorsioni camuffate da colletta per i carcerati bisognosi che
con i soldi del pizzo potranno godersi le festività”.
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Passeggiata antiracket a Mesagne
02 aprile 2012 - Riparte l’iniziativa dell’associazione
Antiracket e Antiusura della passeggiata “Legalità e
sicurezza”. Il primo appuntamento si terrà martedì 3 aprile a
Mesagne con inizio alle ore 17.30 in Piazza Orsini del
Balzo, dove ha sede l’associazione. Ogni anno in occasione
delle festività pasquali si ripete il rito ingiusto e illegale
della richiesta del pizzo nei confronti di commercianti e
imprenditori. Unica soluzione per interrompere questo
sopruso è la denuncia. Proprio in virtù di questo ogni anno,
l’associazione Antiracket e Antiusura di Mesagne organizza
la passeggiata antiracket, aderendo all’iniziativa “Giornata
Italiana Antiracket” organizzata da Fai – Federazione delle
Associazioni Antiracket e Antiusura Italiana – che si terrà su
tutto il territorio nazionale nel periodo pasquale. La
passeggiata attraverserà tutta la città di Mesagne, dove il
presidente dell’associazione Fabio Marini incontrerà i
commercianti mesagnesi. Parteciperanno all’iniziativa
inoltre i soci dell’associazione, il sindaco di Mesagne,
Franco Scoditti, il presidente del consiglio comunale
Fernando Orsini, autorità provinciali e rappresentanti delle
forze dell’ordine. Scopo dell’associazione è quello di
avvicinare l’associazione, le istituzioni e le forze dell’ordine
a tutti i commercianti e operatori economici del territorio,
sensibilizzandoli alla denuncia.
di Maristella DeMichele
Distrutta la Mercedes di un imprenditore
30 Marzo 2012 - E' sicuramente di origine dolosa l’incendio
che, attorno alla mezzanotte, ha distrutto la Mercedes Cls
320 di colore scuro intestata al brindisino Maurizio Perrone,
di 47 anni, titolare della “Ma.Per - Servizi e lavori per
agricoltura e zootecnia“. Il mezzo era parcheggiato in viale
Medaglie d’oro, nel rione Casale, nei pressi dell’incrocio
con via Duca degli Abruzzi, esattamente di fronte
all’abitazione del proprietario. A pochi metri dal veicolo, i
vigili del fuoco hanno trovato una bottiglietta di plastica da
un litro e mezzo contenente liquido infiammabile. Questo
rinvenimento rende poco credibile l’ipotesi di un
cortocircuito o di un altro evento di natura accidentale.
Dovrebbe essere stato un piromane, insomma, a incendiare
il bolide della casa automobilistica tedesca. La richiesta di
intervento alla centrale operativa del 115 è giunta poco dopo
la mezzanotte. I primi a notare la densa colonna di fumo
nero che si levava dal mezzo sono stati dei carabinieri
impegnati in un’attività di controllo del territorio. A una
manciata di metri dalla Mercedes, si trovavano altre
macchine. Il pericolo che anche queste potessero essere
investite dal rogo era concreto. Decisiva si è rivelata la
tempestività con cui una squadra di pompieri, partita dalla
vicina caserma di via Nicola Brandi, si è portata sul posto.
Giallo sulla notte del fuoco
30 marzo 2012 - Indagini a 360 gradi per i due incendi che
l’altra notte hanno carbonizzato tre vetture parcheggiate in
due traverse di via Alcide De Gasperi. I militari della locale
stazione al comando del maresciallo Giuseppe Pisani nella
mattinata di ieri hanno ascoltato a lungo i tre proprietari. Un
movente potrebbe essere di tipo passionale, mentre uno dei
tre incendi sarebbe stato provocato semplicemente per
depistare le indagini. Questo, almeno, è quanto è emerso
fino a questo momento. Le prime due auto date alle fiamme,
una Fiat Punto e una Ford Focus, sono di proprietà di
Cristian Arconzo 33 anni di San Pietro e di sua moglie.
Erano parcheggiate in via Cardarelli vicino la loro
abitazione. La terza vettura incendiata, una Ford Fiesta,
invece, è di proprietà di Maurizio Piccino, dipendente Inps.
Era parcheggiata in via Turati, a poche centinaia di metri da
via Cardarelli. Questo l’incendio che secondo gli
investigatori potrebbe essere stato appiccato per creare
confusione nelle indagini. Gli uomini di Pisani nella
mattinata di oggi hanno ascoltato tutte e tre le vittime
scavando nella loro sfera privata e lavorativa alla ricerca di
dettagli utili per l’identificazione dei piromani e dei loro
mandanti. Arconzo, conosciutissimo barman sanpietrano, da
qualche mese lavora come operaio presso l’Ilva di Taranto.
La moglie, invece, si occupa dei due figli. Una coppia che
non ha mai fatto parlare di sé. Stesso discorso per la
famiglia di Maurizio Piccinno, dipendente Inps. Nella zona
dei roghi non ci sono telecamere. Nessun prospetto vicino ai
punti in cui erano parcheggiate le auto date alle fiamme è
sorvegliato da occhio elettronico. Solo la collaborazione
delle vittime, quindi, potrà fare luce sulla vicenda. Quello
che è certo, comunque, è che i residenti di via Cardarelli e di
via Filippo Turati questa notte hanno vissuto veri e propri
momenti di terrore. Qualcuno questa mattina sulla sua
bacheca di Facebook ha scritto di aver “visto l’inferno”. I
piromani hanno appiccato il fuoco spaccando il finestrino
posteriore e cospargendo l’interno dei mezzi di liquido
infiammabile. Erano poco più delle due. Il rogo si è
sviluppato in pochissimi istanti. Nella Fiat Punto da qualche
mese era stato installato l’impianto a gas metano, c’è stato il
rischio di esplosione. In pochi minuti la zona interessata
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Anno 2012
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A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
dagli incendi si è riempita di gente terrorizzata. Prima via
Cardarelli e poi la vicina via Turati (sono situate una di
fronte all’altra). Il fumo e le fiamme hanno invaso i prospetti
e si sono insinuate nelle camere che si affacciano sulla
strada. I vigili del fuoco, avvisati quasi subito, sono
intervenuti con due autobotti ma non hanno potuto evitare
che i mezzi andassero distrutti. Fortunatamente il rischio di
esplosione è stato scongiurato e nessuno è rimasto ferito o
intossicato. Le auto sono state rimosse questa notte stessa,
saranno demolite dopo essere state sottoposte a ulteriori
perizie. Resta da capire, ora chi e perché ieri notte ha fatto
vivere ai residenti di via Cardarelli e via Turati l’inferno,
riportandoli con la memoria all’estate del 2008 quando in
poco più di un mese furono distrutti da incendi di natura
dolosa oltre trenta mezzi tra auto e furgoni.
di Paola Bari
Notte di fuoco a S. Pietro V. co
29 marzo 2012 - Notte d’inferno a San Pietro Vernotico
dopo il raid incendiario che ha visto coinvolte e distrutte tre
auto parcheggiate in due vie differenti della città, nel raggio
di circa 300 metri. Nel mirino dei piromani due persone
insospettabili, due lavoratori tranquilli: un operaio ed un
infermiere. E’ l’una circa quando i balordi entrano in azione
con due raid in rapidissima successione. Le prime a bruciare
in via Cardarelli sono le auto di Cristian Accorso, un operaio
che lavora a Taranto per la maggior parte del giorno e non
conosce quasi nessuno in città. Si è rischiato il peggio in
questo caso perchè oltre alla Ford Focus, incendiata
dall’interno, è bruciata completamente la Fiat Punto
dell’uomo che aveva un impianto a metano. I vigili del
fuoco del comando provinciale di Brindisi – intervenuti con
due autobotti – hanno dovuto faticare non poco per
raffreddare il bombolone del gas prima che esplodesse
raggiungendo la temperatura critica. Qualche minuto più
tardi in via Turati prende fuoco la Ford Fiesta di Maurizio
Piccinno, un infermiere, altra persona al di fuori da strani
giri e senza precedenti. Sul posto per ricomporre il
rompicapo i carabinieri della locale stazione e della
compagnia di Brindisi. Dopo quelli della notte, San Pietro
torna così alla ribalta della cronaca per gli incendi. La lunga
scia di fuoco si era fermata a tre giorni fa con l’incendio
della pizzeria Le Dune dei fratelli Giuseppe e Vincenzo
Pascarito. Il 24 febbraio scorso quando in piazza Domenico
Modugno prese misteriosamente fuoco la pizzeria Old Frac
distruggendo buona parte del locale. Sembra quasi essere
ritornati a qualche hanno fa quando dopo una lunga serie di
attentati incendiari, apparentemente sconnessi, tra loro i
carabinieri misero fine all’attività di alcuni gruppi di
malviventi con le operazioni “Fire” e “New Fire” svelando
una serie di estorsioni.
di Antonio Portolano
Omicidi della Mala anni ‘90 in Corte d’Assise
d’Appello
27 Marzo 2012 - Partirà tra due mesi il processo in Corte
d’Assise d’Appello sugli omicidi della Scu, ricostruiti per
mano del pentito Vito Di Emidio, alias Bullone, che proprio
per la sua collaborazione si è salvato dall’ergastolo chiesto
dalla Procura di Brindisi ed è condannato a 27 anni di
reclusione, a fronte di 14 “fatti di sangue” confessati. Il
primo grado. Il carcere a vita è stato inflitto in primo grado
agli altri imputati, tutti accusati dal collaboratore di
giustizia, a cominciare dal cognato Giuseppe Tedesco, alias
capu di bomba (con isolamento diurno per due anni); per
passare all’amico d’infanzia Pasquale Orlando, detto Yo-yo,
per finire con Daniele Giglio, il più giovane (entrambi
isolamento diurno per un anno).Tutti e tre sono stati
riconosciuti colpevoli del duplice omicidio di Giacomo
Casale e Leonzio Roselli. Tedesco è stato condannato anche
come unico responsabile dell’eliminazione di Giuliano
Maglie, detto Naca-naca, i cui resti sono stati trovati anni
dopo la sua scomparsa, a Bar, in Montenegro, sotto 50
centimetri di terra corrispondenti al posto in cui c’era la
cuccia di un cane. Secondo Di Emidio era il giardino della
villa in cui avrebbe vissuto il cognato per un certo periodo di
tempo.
Visita della legalità in contrada santa barbara
27 marzo 2012 - Martedì 27 c.m. sui beni confiscati in
contrada Santa Barbara e Valesio (San Pietro V.co e
Torchiarolo) ci sarà la presenza di ottanta studenti degli
I.I.S.S. “E. De Nicola” e Liceo Scientifico “A. Enstein” di
Piove di Sacco, i quali hanno espresso la volontà durante il
soggiorno di poter conoscere la cultura, le tradizioni, i beni
architettonici, storici ed ambientali del territorio e poter
incontrare i rappresentanti delle istituzioni, delle
associazioni e dei mass-media locali. Libera coinvolgendo le
Istituzioni e le Amministrazioni Comunali di San Pietro
V.co e Torchiarolo, le associazioni locali, la Coop. Servizi
per i beni culturali DEDALOS, la compagnia “Nzumpa
Ninella – Aria Stisa” di Torchiarolo, la cooperativa “il
Binario” di San Donaci ha potuto redigere e proporre il
programma di seguito riportato:
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A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
ore 9,00 accoglienza studenti presso la villa confiscata;
ore 10,00 saluto autorità istituzionali e relazione don raffaele
bruno e intervento di Ermanno Manca dell’ associazione
antiracket “Sviluppo e Legalità”.
Ore 16 incontro in villa con Danilo Lupo direttore
TeleRama..
Nuova Scu, parte il primo processo
27 Marzo 2012 - Le confessioni hanno svelato i segreti
della nuova Scu “sino al novembre 2010” e i “fermi” last
minute all’alba del 29 dicembre successivo hanno portato in
carcere dieci brindisini: da ieri sono tutti sotto processo. Il
primo imbastito come diretta conseguenza dei verbali resi da
Ercole Penna, ormai a tutti gli effetti ex “Lino u biondu”
della mala brindisina, essendo stato ritenuto un pentito
autentico che, per questo, ha già ottenuto l’attenuante della
collaborazione nel giudizio nato dall’inchiesta “Calypso”
che l’ha portato in carcere, spingendolo poi a fare una scelta
di vita. Gli imputati. Sette hanno scelto di essere giudicati in
abbreviato, sulla base del materiale raccolto dal sostituto
procuratore Alberto Santacatterina e depositato al gup di
Lecce: Lucio Annis, 42 anni, nato a San Pietro Vernotico
(l’unico a essere assente alla prima udienza, per rinuncia,
essendo ristretto nel carcere di Agrigento); Angelo
Buccarella, 34, nato a Mesagne; Antonio Centonze, 44, nato
a Brindisi; Antonello Raffaele Gravina, 44, nato a Mesagne;
Francesco Gravina, 33, nato a Mesagne; Benito Leo, 53,
nato a Brindisi, e Cosimo Leto, 59, nato a Brindisi. Tre,
invece, avevano chiesto l’abbreviato che, in caso di
condanna, permette il riconoscimento della riduzione di un
terzo della pena, ma condizionato all’ascolto dei pentiti
indicati dal pm. Il giudice per l’udienza preliminare, Ines
Casciaro, ha rigettato e, di conseguenza, non essendo stata
formulata alcuna richiesta in subordine, affronteranno il
processo ordinario: il dibattimento riguarderà Giancarlo
Capobianco, 49 anni; Salvatore Capuano, 43, e Gaetano
Leo, 47, tutti di Francavilla Fontana. Il collegio difensivo è
composto dagli avvocati: Rosanna Saracino, Laura Beltrami,
Giuseppe Guastella, Gianvito Lillo, Ladislao Massari,
Francesco Cascione, Michele Fino, Franz Pesare, Livio Di
Noi, Anna Cavaliere e Pasquale Annicchiarico.
Incendio in un’altra pizzeria
26 marzo 2012 - Si pensa a una bravata ma non si esclude
l’ipotesi del dolo, quello che è certo, però, è che se i soccorsi
non fossero arrivati in tempo un’altra pizzeria con la
struttura in legno sarebbe stata distrutta dalle fiamme. Si
tratta della pizzeria “Le Dune” dei fratelli Giuseppe e
Vincenzo Pascarito sita in via Stazione a San Pietro
Vernotico. Intorno alle due e un quarto di questa notte è
andata a fuoco una delle pareti in legno che compongo la
sala destinata alle consumazioni ai tavoli. Sul caso indagano
i carabinieri della locale stazione che al momento non
escludono nessuna ipotesi anche perché qualche tempo fa fu
dato fuoco al bar “Le Dune” di Lido Presepe sempre di
proprietà della famiglia Pascarito. Poco meno di un mese fa
un incendio distrusse il bar-pizzeria “Old Frac” di piazza
Domenico Modugno a San Pietro Vernotico. Se dovesse
esserci una mano incendiaria a dare vita a questi roghi si
potrebbe affermare che, in questi tempi, le pizzerie sono il
bersaglio principale dei piromani. I fratelli Giuseppe e
Vincenzo Pascarito, entrambi poco più che ventenni, hanno
rilevato la pizzeria “Le Dune” (ex “Il Ghiottone) due anni
fa. Fino a questa notte non hanno mai subito nessun tipo di
atto criminoso, né furti, né rapine, né attentati incendiari.
Erano appena rincasati quando hanno ricevuto la telefonata
di un vicino: “Correte la pizzeria sta andando a fuoco”. I
due, insieme ai genitori, si sono precipitati in via Stazione
trovando una delle pareti in legno completamente avvolta
dalle fiamme. I vigili del fuoco erano già stati allertati. Il
rogo è stato domato prima che divorasse l’intera saletta
annessa all’esercizio pubblico al cui interno ci sono tavolini,
sedie e un monitor attaccato alla parete. Fortunatamente il
danno è stato limitato. Insieme ai vigili del fuoco in via
Stazione si è portata una pattuglia dei carabinieri che ha
proceduto con le indagini di rito. I proprietari e i loro
genitori sono stati ascoltati a lungo. Sul luogo dell’incendio
non sono state trovate tracce di liquido infiammabile. I
proprietari sostengono che a dare vita a quell’incendio sia
stato un mozzicone di sigaretta lanciato su una catasta di
cartoni appoggiati alla parete in legno, hanno inoltre
dichiarato di non aver ricevuto mai minacce o richieste
estorsive. Spetta ai carabinieri fare luce sulla vicenda.
Oggi a Mesagne, “Sacra Corona Unita: i
camaleonti della criminalità italiana”
23 Marzo 2012 - L'Amministrazione comunale di
Mesagne, su sollecitazione del presidente del Consiglio
Fernando Orsini e attraverso le attività dell'Assessorato ai
Percorsi di Legalità, ha organizzato per oggi alle ore 18 la
presentazione del libro di Mara Chiarelli “Sacra Corona
Unita: i camaleonti della criminalità italiana”.
Nell'auditorium del Castello Normanno-Svevo interverranno
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A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico
oltre all'autrice, il Procuratore della Repubblica Marco
Dinapoli, il vicario foraneo Don Pietro De Punzio e
l'onorevole Cosimo Faggiano, già sindaco ed assessore ai
Percorsi di legalità. Mara Chiarelli, giornalista di cronaca
giudiziaria per il gruppo Repubblica-l'Espresso, ha prestato
il suo acume e l'impegno di un'indagine di alto spessore
storiografico e sociologico alla spinosa questione della
mafia pugliese, spesso sottovalutata tanto – agli esordi –
dagli investigatori, quanto dall'opinione pubblica regionale e
nazionale. L'inchiesta così prodotta, che affronta la Scu dalle
origini a pochissimi mesi addietro, restituisce invece un
quadro drammatico del sodalizio criminale organizzato nel
tacco d'Italia, puntualmente descrivendone episodi
sanguinosi, connivenze, diramazioni sociali. L'iniziativa di
oggi assume un valore simbolico supplementare, tenendosi
nella città che ha dato i natali al boss fondatore della quarta
mafia, Pino Rogoli, e che ha molto operato negli ultimi
quattro lustri per affrancarsi dal rischio del giogo criminale.
trova di fronte all’ospedale Ninetto Melli il cui ingresso è
sorvegliato sempre da una guardia giurata, su una delle vie
più trafficate del paese eppure il bar “Pronto Pronto” finisce
sempre a essere preso di mira da malfattori. È dotato di
sistema di videosorveglianza ma al momento dai
fotogrammi non si evince nulla. Il comandante della locale
stazione dei carabinieri, il maresciallo Giuseppe Pisani, li
avrebbe già visionati senza, però, riuscire a individuare i
responsabili di quel furto. I militari sono stati avvisati nella
notte e si sono precipitati sul posto in pochi minuti ma non
hanno potuto fare altro che constatare il furto. Sulla porta di
ingresso non c’erano grandi segni di effrazione, la serratura
sarebbe stata semplicemente forzata e l’interno del locale
non era a soqquadro. Era solo stato asportato il registratore
di cassa con all’interno pochi spiccioli. I militari hanno
proceduto con i rilievi di rito ma al momento dei malfattori
non c’è nessuna traccia.
di Paola Bari
Ostuni in manette un latitante
Un altro furto al bar
21 marzo 2012 - Nuovamente nel mirino dei ladri il bar
“Pronto Pronto” di Maria Stasi di via Lecce: ignoti nella
notte scorsa si sono intrufolati all’interno dell’esercizio
pubblico, forzando l’ingresso principale, e si sono
impossessati del registratore di cassa. Non hanno toccato né
i pacchi di sigarette ben esposti, né le macchinette per il
videopoker contenenti monete di diverso valore. Da un
primo inventario della titolare sembrerebbe che nemmeno i
biglietti gratta e vinci abbiano fatto gola ai ladruncoli di
questa notte. Poco più di un anno fa lo stesso bar è stato
nuovamente saccheggiato e qualche mese prima anche. Si
21 Marzo 2012 - Questa mattina, gli uomini del
Commissariato di Polizia di Ostuni e Brindisi, hanno
arrestato Domenico Gentile, latitante da tempo e colpito da
vari provvedimenti, che dovrà scontare circa 10 anni di
carcere. L'uomo - personaggio di spicco della malavita
locale e referente di affiliati alla Scu - si trovava presso una
villa di Ostuni, all'interno della quale sono state rinvenute e
sequestrate numerose armi e munizionamento. L’operazione
è scattata all’alba di oggi e si è conclusa a metà mattinata;
sono stati perquisiti vari casolari ed è stata effettuata una
vasta battuta, con l’impiego di circa cinquanta uomini,
nell’ambito della Selva di Fasano.
Il Comune non è parte civile contro usurai:
proteste del centrosinistra
21/03/2012 - Sono trascorsi altri 20 giorni dall’ennesima
richiesta di convocazione di un Consiglio Comunale
sull’Ordine Pubblico a firma dei Consiglieri Comunali
dell’opposizione e ancora oggi né il Sindaco né il Presidente
del Consiglio ha mantenuto fede agli impegni assunti in
conferenza dei capigruppo. In quella sede fu deciso che nel
mese di marzo si sarebbe dovuto tenere un incontro tra i
Consiglieri Comunali, il Prefetto e i Responsabili
Provinciali delle Forze dell’Ordine, subito dopo e in ogni
caso entro il mese di marzo, il Consiglio Comunale su
Ordine Pubblico e Sicurezza. Intanto ieri, presso il Tribunale
di Brindisi è iniziato il processo a carico di 4 presunti usurai
che vede tra le vittime una famiglia di imprenditori cegliesi.
Il 12 Marzo 2012 i Consiglieri Comunali del centrosinistra
chiesero ufficialmente e per iscritto che il Comune di Ceglie
M.ca si costituisse Parte Civile nel processo. Ieri, il Comune
di Ceglie M.ca, all’udienza era assente, quindi è palese che
il Sindaco Caroli e i suoi Consiglieri Comunali di
Maggioranza hanno preferito non costituirsi parte civile nel
processo contro i presunti usurai. Una decisione quella del
Sindaco gravissima, che chiaramente ha dato un segnale
negativo alla città e a tutti i cittadini onesti. A nostro avviso,
cosi come hanno fatto tanti comuni, il Comune di Ceglie
M.ca doveva costituirsi parte civile in ordine ai reati
contestati relativi a fatti commessi nel territorio cittadino,
per ottenere nei confronti degli imputati il risarcimento dei
danni, poiché nel compimento dei reati contestati è stato
provocato allarme sociale, limitazione della libertà fisica e
morale dei cittadini, impedito il libero esercizio delle attività
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economiche e danneggiato il buon nome della città di Ceglie
provocando così danno economico per oggettiva difficoltà
conseguente al mancato introito. In occasione della II
Assemblea Programmatica Nazionale di Anci Giovane,
tenutasi a Taormina il 7/8 maggio 2010, la Consulta ha
proposto a tutti i Comuni italiani di schierarsi politicamente
e con atti amministrativi contro le mafie e ogni illegalità.
Non è accettabile, né condivisibile che il Sindaco e la sua
Maggioranza Pidiellina, senza alcuna giustificazione,
abbiano lasciato da soli i nostri concittadini colpiti da un
fenomeno aberrante qual è l’usura. Riteniamo invece
lodevole la decisione dell’Associazione Antiracket che
senza alcun tentennamento ha deciso di costituirsi parte
civile, restando a fianco delle vittime, anche fisicamente con
la presenza del Presidente Domenico Maggi e di altri soci.
Perchè il Sindaco ha deciso di non costituirsi Parte Civile
nel processo contro i 4 presunti usurai? Come mai da oltre
tre mesi, non si riesce a tenere un Consiglio Comunale per
discutere di Ordine Pubblico,Legalità e Sicurezza? Il
Sindaco e la sua Amministrazione intendono mettere in
campo misure di contrasto alle infiltrazioni della criminalità
organizzata e di sostegno alle vittime del racket e dell’usura
che denunciano ?
I consiglieri comunali
centrosinistra al comune di ceglie messapica
Attentato, a fuoco ingresso videoteca
21 marzo 2012 - Rogo di origine dolosa poco dopo la
mezzanotte al quartiere Commenda ai danni di un negozio di
videogiochi. Atto vandalico di balordi in cerca di emozioni
notturne? O ritorno di fiamma del racket delle estorsioni? E’
mezzanotte circa quando i vigili del fuoco del comando
provinciale di Brindisi sono chiamati ad intervenire in via
Sicilia 76, un incendio sta interessando l’ingresso del
negozio di videogiochi e rivendita di cd Dany Video, di
Daniela Greco. Fiamme di sicura origine dolosa perché
provocate dall’incendio di liquido infiammabile versato
nell’intercapedine tra la saracinesca e la porta d’ingresso.
Per il calore sprigionato dalle fiamme le vetrate si spaccano,
il fumo annerisce le pareti. Fortunatamente l’intervento dei
vigili del fuoco evita che le fiamme possano aggredire
l’interno del locale provocando danni ulteriori. Sul posto
arrivano anche polizia, carabinieri ed i vigilanti della
Sveviapol.
Rapine in città, trovati l'armiere e anche
l'arsenale dei banditi
20 marzo 2012 - A Brindisi le rapine le fanno, ma si
prendono anche i rapinatori e si trovano le armi. Un
equilibrio che negli ultimi tre mesi sembrava spostato verso
la soglia dell’insicurezza per un impennata delle azioni
criminose, non più solo contro negozi e distributori di
carburante, ma anche nelle case con gente tenuta in ostaggio
e terrorizzata. Ma la svolta era scritta in un episodio del 4
marzo, quando dopo una tenace caccia all’uomo la polizia e
i carabinieri riuscirono a prendere i due minorenni che
avevano assaltato il distributore Agip di via Appia, in
periferia. E da quel momento gli indizi sono diventati ben
più di una manciata: dai due ragazzi dal fucile facile,
partono i fili per alcuni assalti a supermercati, negozi, e non
solo distributori. Non è tutto. Dal 4 marzo parte anche la
pista che domenica mattina ha portato la sezione antirapina
della Squadra mobile all’arsenale delle rapine, in un garage
della zona di viale S. Giovanni Bosco. Il garage di
Francesco Caiulo, in via Camillo Monaco, tra la Commenda
e S. Chiara. Un soggetto che mancava dalle cronache dal
giugno del 2006, quando fu catturato qualche giorno dopo la
rapina avvenuta il 17 di quel mese nel negozio “Bottega di
Bacco” al S. Elia. Il bandito fece anche fuoco con una
pistola. Poi più nulla di rilevante. Invece l’armiere della
banda è proprio lui, da vedere anche se qualche volta sia
entrato direttamente in azione. Mentre domenica mattina
l’ispettore Giancarlo Di Nunno ed i suoi uomini gli
perquisivano l’abitazione, Caiulo sembrava tranquillo. Ha
cambiato atteggiamento solo quando gli hanno chiesto di
aprire anche il box. Ha tergiversato, ha chiesto alla polizia di
non sollevare quella saracinesca perché il garage non era il
suo, poi la scoperta di un borsone blu zeppo di armi e
munizioni. Due fucili a pompa, uno dei quali con la canna
segata, due fucili da caccia a canne mozze a calcio
modificato (una doppietta e un sovrapposto entrambi del
calibro 12), una vecchia pistola a tamburo Smith and
Wesson calibro 38 special, lo stesso modello in uno sino a
qualche decennio fa alle polizie metropolitane e federali
Usa, una semiautomatica bifilare Beretta 81 calibro 7,65 e
decine e decine di cartucce per pistola e fucile, e persino un
dissuasore elettrico, quell’apparecchio tascabile che
sprigiona scosse dolorose e stordenti. A Francesco Caiulo
non è restato altro da fare che dichiarare che la roba era solo
sua, e che si limitava a detenerla. Ma da questo momento in
poi, gli investigatori diretti dal vicequestore Francesco
Barnaba sposteranno la loro attenzione sul collegamento tra
le armi rinvenute, una serie di persone sospettate e uno per
uno gli episodi di rapina avvenuti in città dallo scorso mese
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di dicembre. E da quanto ha detto il questore Alfonso
Terribile stamani – rinnovando ai cittadini il messaggio di
avere fiducia nelle forze dell’ordine – non si tratta affatto di
partire da zero. Elemento confermato dallo stesso capo della
Squadra mobile: non solo l’episodio del 4 marzo, ma tante
altre risultanze investigative cominceranno presto a trovare
la giusta collocazione. Per la cronaca, Francesco Caiulo
aveva un lavoro normale: aiutante panettiere. Pensava
sarebbe stato sufficiente a tenere lontani da lui i sospetti.
Invece ora le ombre si allungano sempre più: casa sua è
vicina sia al laboratorio orafo di Franco Zuzzaro che al bar
sala giochi Rosso e Nero, dove dopo i colpi i banditi
svanirono nel nulla.
di Marcello Orlandini
“Nuova mafiosità a San Pietro: in galera cresci”
20 Marzo 2012 - “A San Pietro Vernotico esisteva un
sodalizio criminoso, propaggine della Scu, le cui
caratteristiche tipiche sono rimaste invariate, sebbene in
parte mutati i rituali attraverso i quali si è ammessi a
parteciparvi”: ecco perché il Tribunale di Brindisi ha inflitto
79 anni di reclusione a un gruppo di giovani, il più
“vecchio” dei quali ha da poco raggiunto i trenta anni. Le
motivazioni. I motivi alla base della conclusione del
processo di primo grado, scaturito dall’inchiesta chiamata
“Fire” per il fuoco posto alla base delle intimidazioni a
scopo estorsivo, sono state depositate nei giorni scorsi, a
meno di novanta giorni dalla sentenza, il cui dispositivo è
stato letto il 6 dicembre scorso. E sono racchiuse in quasi
quattrocento pagine, nelle quali sono stati messi a confronto
gli elementi portati in dibattimento dai rappresentanti della
Pubblica accusa, i sostituti Alberto Santacatterina della Dda
di Lecce e Milto Stefano De Nozza, e gli avvocati difensori
degli imputati, Rosanna Saracino, Laura Beltrami,
Francesco Cascione e Ladislao Massari, con il risultato che
il collegio presieduto da Gabriele Perna ha condannato sei
brindisini e ne ha assolti tre, per fatti-reato relativi al 2008.
Le pene. Trenta anni, tanti quanti ne aveva chiesti l’accusa,
sono stati inflitti a Roberto Trenta (che di anni ne ha
compiuti 31 a ottobre); ventidue anni a Crocefisso Geusa,
nipote del primo (a fronte di 22 invocati dal pm); dieci anni
e due mesi a Fabrizio Annis (28 la richiesta dell’accusa);
otto anni e quattro mesi a Fabio Geusa (fratello di
Crocefisso, rispetto ai nove e quattro); sette anni a Michele
Turco (rispetto a sette anni e sei mesi); e un anno e sei mesi
per Adriano Chetta (a fronte di nove anni e otto mesi)
ritenuto non affiliato ma “contiguo al sodalizio”.
Scu, un libro di Mara Chiarelli
18 marzo 2012 - L’amministrazione comunale di Mesagne
ha organizzato per il prossimo 23 marzo alle ore 18 la
presentazione del libro di Mara Chiarelli “Sacra Corona
Unita: i camaleonti della criminalità italiana”.
Nell’Auditorium
del
Castello
Normanno
Svevo
interverranno oltre all’autrice, il procuratore Marco
Dinapoli, il vicario foraneo don Pietro De Punzio e Cosimo
Faggiano, assessore ai Percorsi di legalità. Mara Chiarelli,
giornalista di cronaca giudiziaria per il gruppo Repubblica –
l’Espresso, restituisce invece un quadro drammatico del
sodalizio criminale organizzato in Puglia, descrivendone
episodi sanguinosi, connivenze, diramazioni sociali con il
taglio dell’inchiesta giornalistica ben documentata.
L’iniziativa del 23 marzo assume un valore simbolico
perché si tiene nella città che ha dato i natali al boss
fondatore della quarta mafia, Pino Rogoli, e dove si sono
concentrate negli ultimi due anni importanti indagini di
polizia e carabinieri che hanno dimostrato come i processi di
riorganizzazione della Scu – intesa come fenomeno
salentino – non si siano in realtà mai interrotti.
Mezzo quintale di tritolo in spiaggia
17 marzo 2012 - Tutti pronti per l’uso, con i fori per
l’inserimento dei detonatori già praticati, avvolti in un
vecchio sacco di plastica per concimi con la scritta
“Enichem Agricoltura”. Ma è tutto da accertare se le 253
saponette di tritolo trovate per caso stamani sulla spiaggia di
Torre Rinalda, in territorio di Squinzano, siano stati portati
sul posto da elementi della criminalità locale, o se non
arrivino, invece, diritto dall’Albania, nella corrente senza
fine di droga, armi e clandestini che scorre nuovamente con
grande intensità nel Canale d’Otranto. Una fornitura per
qualche clan albanese insediato in Italia, o un “regalo” per
una delle mafie dell’Italia meridionale da parte di
un’organizzazione criminosa albanese? Oppure il contenuto
di un deposito segreto della Scu, vuotato in gran fretta per
timore della soffiata di un pentito? Con 47 chili di tritolo la
criminalità avrebbe potuto fare molto. Ma sul quel sacco di
plastica addossato ad una duna si sono fermati gli occhi di
un pescatore sportivo, che incuriosito lo ha aperto. E poi,
con il telefonino ha chiamato subito i carabinieri. Dentro il
sacco c’erano decine di blocchetti color creta, con la scritta
“TNT 200 gr.”. Accanto ce n’era un altro. Sono arrivati i
militari della stazione di Squinzano, e poco dopo anche gli
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artificieri dell’Arma, dal comando provinciale di Lecce. Ci
hanno messo un secondo per stabilire che si trattava di
tritolo. Ce n’erano 235 panetti da due etti ciascuno per un
totale di 47 kg di tritolo, conservati in due sacchi di plastica.
Delle indagini si sta occupando da subito la Direzione
distrettuale antimafia.
Incendiata l’auto di una donna
14 marzo 2012 - Rogo di natura dolosa poco dopo la
mezzanotte devasta l’auto di una donna a Torre S.Susanna. I
piromani sono entrati in azione in via Giusti 69,
cospargendo di liquido infiammabile la vettura, parcheggiata
nei pressi dell’abitazione di Alessia Bruffa (nata a Velletri),
34 anni, appiccando poi l’incendio. Sul posto sono arrivati
intorno all’1.30 i vigili del fuoco del distaccamento di
Francavilla Fontana che hanno domato le fiamme già
propagatesi su buona parte del veicolo. Intervento per gli
accertamenti di polizia giudiziaria, invece, dei carabinieri
della stazione di San Pancrazio Salentino, di turno nella
zona. L’auto è stata parzialmente distrutta, divorato dalle
fiamme il vano motore. Nel corso delle rilievi, vigili del
fuoco e carabinieri hanno ritrovato nelle vicinanze una
bottiglia contenente residui di liquido infiammabile
utilizzata dai piromani. Indagini sono in corso per risalire
agli autori e al movente dell’attentato.
Lui va al bar, e gli bruciano l’auto
13 marzo 2012 - Fuoco e paura intorno alle 19 di oggi in via
Fiume a San Pietro Vernotico: la Renault Scenic di un
agricoltore del posto Eugenio Tafuro, cugino del sorvegliato
speciale Cosimo Fina detto “il biondo”, di San Pietro, è stata
distrutta da un incendio. Sulla natura del rogo indagano i
carabinieri della locale stazione giunti sul posto insieme ai
vigili urbani e ai volontari della protezione civile. Le
fiamme sono partite dal faro anteriore destro e non si
esclude che sia stato qualche piromane a cospargerlo di
liquido infiammabile e appiccare il fuoco. Non si esclude
nemmeno la natura accidentale. Al vaglio degli inquirenti ci
sono tutte le ipotesi. Eugenio Tafuro, residente nella zona
167 a San Pietro aveva parcheggiato la sua Scenic in via
Fiume nel pomeriggio di oggi per recarsi al vicino bar per
trascorrere qualche ora in compagnia degli amici. Intorno
alle 19 qualcuno ha fatto irruzione nel locale per
comunicargli che la sua vettura stava andando a fuoco. Ad
accorgersi del rogo pare siano stati alcuni passanti e i
residenti della via attirati in strada dal forte odore di
bruciato. Nessuno, però, ha potuto fare nulla per evitare che
il mezzo andasse completamente distrutto. I volontari della
Protezione civile di San Pietro, intervenuti prontamente in
via Fiume, hanno evitato che le fiamme intaccassero anche
il prospetto dell’abitazione vicino cui era parcheggiata la
Renault Scenic. Fortunatamente gli agenti della polizia
municipale sono riusciti a estrarre la batteria prima che la
stessa venisse divorata dalle fiamme. Via Fiume, una delle
traverse della centralissima via Brindisi e sede di alcune
attività commerciali, è completamente buia. I pali
dell’illuminazione, in quella strada, non sono mai stati
installati. Non è stato facile per i carabinieri stabilire sin da
subito la natura del rogo. E se a causarlo è stato qualche
piromane di certo non ha incontrato grosse difficoltà.
Quando cala la sera sulla strada regna il buio pesto. L’auto è
stata rimossa con il carro attrezzi a disposizione di ulteriori
perizie che se necessarie verranno effettuate nella giornata
di domani.
di Paola Bari
Ultim'ora: rapina nell'Eurospin a Oria
09 Marzo 2012 - Intorno alle 19 di questa sera è stato
assaltato il supermercato Eurospin: il bottino della rapina
ammonta a circa mille euro. Due banditi, a volto coperto e
armati, hanno fatto irruzione nel discount e hanno intimato
alla cassiera di consegnare l'incasso della giornata. Ora i
carabinieri della Stazione di Oria e del Nucleo operativo e
radiomobile della Compagnia di Francavilla Fontana hanno
avviato le indagini finalizzate ad individuare i due individui
travisati, di cui uno armato pistola, che hanno portato a
termine l'assalto all’esercizio commerciale, che si trova sulla
via per Manduria, dileguandosi poi a piedi per le strade
vicine.
Bruciano auto per svaligiare l’Agip
7 marzo 2012 - Due episodi che potrebbero essere collegati
fra di loro. Un incendio doloso ai danni di una Fiat Uno in
via Petrarca a Mesagne e il furto alle slot machine, con
scasso alla stazione di rifornimento Agip in via Brindisi di
Gianfrancesco Semeraro, nella stessa città. Tutto la scorsa
notte intorno alle 3.30. La polizia interviene prima
sull’incendio insieme ai vigili del fuoco di Brindisi e
successivamente insieme ai carabinieri di Mesagne presso
l’Agip. Sono stati già visionati i filmati delle telecamere
presenti nella stazione di rifornimento. Il commissariato
viene avvisato per l’incendio prima, e poi, dopo pochi
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minuti, l’allarme scatta anche per il furto ai danni della
proprietà di Gianfrancesco Semeraro, mesagnese, titolare
della stazione di rifornimento Agip di via Brindisi.
L’incendio è avvenuto intorno le 3.30 della scorsa notte in
via Petrarca. Ad accorgersi delle alte fiamme i residenti
sulla stessa via e gli abitanti del civico 36, dove la Fiat Uno
era parcheggiata. L’incendio si è subito esteso anche all’auto
vicina, una Peugeot 206 di colore nero, che era parcheggiata
prima della Fiat. Un botto fa saltare in aria la Fiat Uno. Sul
posto sono subito intervenuti insieme alla polizia anche i
vigili del fuoco che hanno immediatamente domato le
fiamme. Paura per il vicinato ma fortunatamente tutto si è
risolto in poco tempo. Vicino alle due autovetture, dei
contenitori con all’interno liquido infiammabile: si presume,
dalle prime ricostruzioni fatte, che si tratti di benzina. Non
ci sono sospetti sui proprietari delle due auto, entrambi
anziani, residenti in via Petrarca. Il furto ai danni di
Gianfrancesco Semeraro, è stato fatto quasi in coincidenza
con l’incendio di via Petrarca. Quattro uomini – così come si
è riuscito a vedere dai filmati delle telecamere – a bordo di
un Audi ARS8 (di grossa cilindrata, è risultata agli
accertamenti, condotti dagli investigatori, rubata lo scorso
settembre a Bari ad un noto imprenditore del capoluogo
pugliese) si sono introdotti nella stazione di rifornimento. Si
sono prima assicurati che sul lato sinistro del bar non ci
fosse l’auto del titolare – dove Semeraro è solito
parcheggiare quando arriva – poi hanno fatto retromarcia e
sono andati sulla parte destra, dove c’è l’autolavaggio. In
quel momento, sono scesi in quattro dall‘auto, incappucciati
e tutti vestiti di nero. Uno di loro è corso all’entrata della
stazione di servizio facendo da palo, per bloccare tutte le
auto che eventualmente avessero tentato di entrare per fare
rifornimento. Gli altri tre, sicuramente con spranghe in ferro
e bastoni, hanno rotto la vetrata per accedere alla sala del
bar, dove si trovavano le tre slot machine. Si sono introdotti,
hanno portato fuori le macchinette elettroniche, e le hanno
rotte sul piazzale, estraendo tutto il denaro che vi era
all’interno. I quattro, sono rimasti all’interno della stazione
di rifornimento, così come percepito dai filmati, per una
mezz’oretta. I ladri hanno infine caricato il denaro nell’Audi
ed a velocità altissima sono fuggiti. In quel momento
Gianfrancesco Semeraro, era a pochissimi metri dal
distributore, quando ha visto quest’auto sfrecciare via. Una
volta arrivato sul posto, si è subito accorto di quello che era
successo ed ha avvertito i carabinieri di Mesagne. Una
pattuglia di quest’ultimi, si trovava non a grande distanza
per un normale posto di blocco, si è subito recata dall’uomo.
Hanno ricostruito tutto e quantificato il danno . La vittima
ha successivamente sporto denuncia. “Quell’auto che usciva
dalla mia stazione mi è subito sembrata strana – ha
dichiarato Semeraro a BrindisiReport – appena sono entrato
ho visto per terra le slot ed ho subito intuito che avevano
causato dei danni. Sono sceso dall’auto e avvicinandomi alla
parte antistante al bar ho visto il vetro frantumato e tutte le
macchinette a terra rotte e ovviamente mancava il denaro
che era all’interno. Io sono arrivato intorno alle 3.30, solito
orario per aprire il bar. Sono stati qui all‘incirca una
mezzora i quattro, così come abbiamo potuto vedere dai
filmati visionati, quindi saranno arrivati intorno le 3”. Due
episodi – che per quanto differenti, sembrano poter essere
collegati, proprio per depistare gli investigatori che erano
intervenuti sull’incendio. Gli orari sono quelli, prima
l’incendio e poi lo scasso, o forse qualcun altro ha prima
appiccato il fuoco mentre i quattro scassinavano le slot
machine all’interno del bar dell’Agip in via Brindisi. La via
dove è avvenuto l’incendio si trova al centro della città, una
strada molto interna e distante da via Brindisi, che si trova
proprio all’uscita di Mesagne, di fronte al cimitero. Ora
spetta agli investigatori, grazie ai filmati delle telecamere,
risalire ai quattro e si sospetta anche che gli stessi siano gli
autori di altri furti avvenuti sempre nel Brindisino nelle
ultime settimane per le modalità e mezzi utilizzati.
di Maristella De Michele
Rogo al deposito della “Gulli”
7 Marzo 2012 - E’ di chiara origine dolosa l’incendio che
ieri sera ha danneggiato il portone di un deposito della “It.
El. Gulli srl”, storica azienda brindisina attiva nel settore
della progettazione e manutenzione di ascensori e scale
mobili, situato in via Giulio Cesare, nel rione Commenda,
nei pressi della casa circondariale. I vigili del fuoco hanno
trovato sul posto, a pochi centimetri di distanza dal portone,
i residui di una bottiglietta contenente liquido infiammabile.
Fabio Fragnelli, di 48 anni, responsabile dell’attività,
sospetta che l’episodio possa essere riconducibile a un raid
vandalico. Al momento, però, non si può escludere che il
gesto rappresenti uno sfregio all’azienda fondata nel 1965
da Franco Gulli, con sede in via Orazio Flacco, a poche
decine di metri dal deposito. La richiesta di intervento è
giunta alla centrale operativa dei vigili del fuoco del
comando provinciale di Brindisi attorno alle 22 e 30. A
chiamare il 115 è stato un residente di via Giulio Cesare,
allarmato dalla densa colonna di fumo nero che si levava dal
deposito. Grazie alla tempestività con cui i pompieri si sono
portati sul posto, il rogo ha annerito la parte inferiore del
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portone, senza intaccare né l’interno dell’immobile né i
cassonetti per la raccolta differenziata posti di fronte alla
struttura. Una volta ultimate le operazioni di spegnimento
delle fiamme, i vigili del fuoco, supportati dai poliziotti
della sezione volanti nel frattempo giunta sul posto, hanno
recuperato il residuo della bottiglietta di cui i piromani si
sono serviti per cospargere il portone di liquido
infiammabile e far divampare successivamente l’incendio.
settimana scorsa – racconta il titolare, Antonio Giumentaro
– mi hanno incendiato un altro gazebo, ma ero convinto
che si trattasse all’azione isolata dei soliti balordi. Non ho
mai ricevuto minacce né richieste estorsive: penso si tratti
anche in questo caso della mano di semplici vandali che
approfittano della scarsa sorveglianza per dare sfogo a
queste ‘bravate’ ”.
Incendio gazebo di bar e un’auto
Mezzanotte di fuoco al Bar del Viale
7 Marzo 2012 - Un attentato incendiario in piena regola,
quello perpetrato ai danni del “Bar del Viale” lunedì notte. Il
primo rogo, appiccato forse con un accendino, si è
sviluppato poco dopo la mezzanotte, l’altro un paio di ore
dopo. Gli ignoti piromani, che hanno provocato danni per
circa 2mila euro, hanno dunque agito in due fasi distinte e
con l’intento di distruggere tutte le costose coperture in tela
plastificata, installate dinanzi l’ingresso del prestigioso
locale sito in viale Lilla, pieno centro cittadino, con estrema
determinazione e sfrontatezza. Sul posto, allertati dai vicini
allarmati dal propagasi delle fiamme, sono giunti i vigili del
fuoco del locale distaccamento. La squadra di pronto
intervento è riuscita a estinguere le lingue di fuoco prima
che lambissero le auto in sosta. Carabinieri e polizia
municipale hanno raccolto le testimonianze di alcuni
passanti per risalire all’identità degli autori del gesto
criminoso, che poteva comportare danni ancora più ingenti
se non fossero intervenuti con tempestività i pompieri.
Determinanti saranno i fotogrammi ripresi da un vicino
impianto di videosorveglianza: al momento il supporto di
memorizzazione è allo studio degli investigatori. “La
6 marzo 2012 - Incendi legati ad azioni criminose tra
Francavilla Fontana e S. Pietro Vernotico. Le fiamme in
entrambi i casi di natura dolosa. Raid incendiario intorno
all’una ai danni del “Bar del Viale” a Francavilla Fontana. I
piromani hanno preso di mira alcuni ombrelloni del bar
condotto da Antonio Giumentaro appiccando le fiamme
probabilmente con una accendino.Non sarebbe la prima
volta che accade, anche sabato scorso si sarebbe verificato
un fatto analogo. Sul posto sono intervenuti i vigili del
fuoco e i carabinieri per i rilievi del caso. A San Pietro
invece, in via Alcide De Gasperi, sempre intorno all’1,
qualcuno dopo aver cosparso di liquido infiammabile la Fiat
500 di un pensionato del luogo, ha tentato di incendiarla. Il
proprietario è riuscito a domare le fiamme prima che
potessero provocare danni gravi avvisando i carabinieri.
Indagini sono in corso da parte dei militari per risalire agli
autori del gesto.
Bomba nella notte all’autosalone
1 marzo 2012 - Attentato dinamitardo notturno ai danni
della concessionaria “Auto Caliandro”, proprio all’uscita di
San Michele Salentino, sulla strada per Francavilla Fontana.
Erano circa le due del mattino quando i bombaroli hanno
preso di mira l’autosalone dell’usato plurimarche di Remo
Caliandro, 35 anni, del posto. I malviventi hanno piazzato
un potente ordigno nei pressi della saracinesca d’ingresso
dell’autosalone e sono scappati. La potente deflagrazione ha
divelto la serranda che è volata a diversi metri di distanza.
L’onda d’urto ha determinato una pioggia di schegge che si
sono abbattute all’interno dell’autosalone danneggiando
cinque o sei vetture parcheggiate all’interno. Fortunatamente
dato l’orario in strada non transitava nessuno e non ci sono
stati altri danni a persone o cose. Nessun problema di
agibilità dello stabile nonostante l’esplosione. Al lavoro per
capire se dietro questo attentato si nasconda il racket delle
estorsioni ci sono i carabinieri della locale stazione e della
compagnia di San Vito dei Normanni guidata dal capitano
Ferruccio Nardacci. In mattinata sul posto si sono recati
anche gli artificieri dell’Arma per i rilievi scientifici del
caso. Come è prassi in questi casi, nessuno pare abbia mai
avanzato richieste di pizzo. Il titolare dell’attività ha escluso
di aver mai ricevuto pressioni da alcuno. La classica tecnica
dell’estorsore: prima ti metto la bomba a uno per spaventare
tutti, poi passo a offrire protezione in cambio di danaro. A S.
Michele Salentino quella del commercio delle auto usate è
una vera e propria industria che rappresenta circa il 60-70
per cento del fatturato delle attività commerciali e artigianali
di questo piccolo centro, che va al voto amministrativo il 6 e
7 di maggio assieme a Brindisi, Fasano ed Erchie. Attorno
agli autosaloni, l’indotto delle officine meccaniche, delle
carrozzerie e degli autoricambi. Un buon posto per il racket.
di Antonio Portolano
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Cresce a Mesagne la cultura della legalità
28 Febbraio 2012 - La città di Mesagne continua il suo
cammino formativo dei Percorsi di Legalità. Il primo
appuntamento per infondere in città la cultura della legalità è
in programma per il prossimo 3 marzo, alle ore 18,30 presso
l'auditorium del Castello Normanno Svevo, nell'ambito del
6° protocollo d'intesa tra il Comune di Mesagne e
l'associazione "Libera-Associazioni nomi e numeri contro le
mafie". Un momento formativo in cui la città incontrerà don
Marcello Cozzi, responsabile regionale di "Libera" per la
Basilicata, per discutere sul tema: "Racket e usura: Affari di
mafia". All'incontro sono state invitate le autorità civili e
militari, oltre alla magistratura, e ai soci della locale
associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza”, ai
membri dell'Osservatorio permanente per la legalità, agli
amministratori e alla cittadinanza di Mesagne. Si proseguirà
con i lavori il 7 marzo. L’appuntamento è per le ore 17
presso la sede del Gal (Gruppo di Azione Locale) al civico 3
di via Albricci, nell'ambito del 6° Protocollo d'intesa del
Comune di Mesagne con "Libera - Associazioni nomi e
numeri contro le mafie". Questa volta il relatore è Pierpaolo
Romani,
ricercatore,
giornalista
e
coordinatore
dell'Associazione "Avviso Pubblico". Durante l’incontro si
avvierà il percorso formativo per amministratori, dirigenti e
dipendenti dell'ente locale sul tema: "Il ruolo degli enti
locali contro le mafie". Il giorno successivo, dalle ore 8.30
alle ore 12.30, Pierpaolo Romani incontrerà gli studenti dei
due istituti d'istruzione secondaria di secondo grado per
parlare di cittadinanza attiva. In particolare le ultime classi
delle sezioni Commerciale e Scientifico dell'Istituto
"Epifanio Ferdinando". Per incidere con i fatti sulla cultura
della legalità l’amministrazione comunale di Mesagne da
alcune settimane si è dotata di un regolamento per
l’assegnazione a terzi dei beni confiscati alla criminalità
organizzata. Il regolamento prevede che la concessione del
bene è finalizzata al suo pieno utilizzo col fine di creare
attività sociali a servizio del territorio, per rafforzare la
cultura della legalità, concretizzare opportunità di sviluppo e
di lavoro anche per combattere disagi sociali, emarginazione
e disoccupazione. “I beni concessi in gestione – ha spiegato
il sindaco Franco Scoditti - dovranno essere, fermi i principi
di pubblicità, di trasparenza e di imparzialità, cui si
conforma il regolamento, inseriti in un apposito elenco che
sarà reso pubblico attraverso la pubblicazione sul sito
istituzionale”.
Furti e rapine: condanne dopo 8 anni
28 febbraio 2012 - Furti, rapine ed estorsioni, soprattutto
al quartiere S. Elia di Brindisi, tra il novembre 2002 e il
febbraio 2004, su cui indagò la Sezione antirapina della
Squadra mobile. I processo si è svolto dinanzi al Tribunale
di Brindisi (presidente Aliffi) con l’accusa rappresentata dal
pm Luca Buccheri, e la sentenza arriva a 8 anni dagli ultimi
fatti contestati. Indagini durante le quali furono effettuati
alcuni arresti in flagranza di reato mentre l’intera attività fu
poi ricostruita in una informativa di reato redatta a carico di
vari soggetti (due dei quali arrestati il 23 settembre scorso
per una catena di furti nelle villette di contrada Torretta a
Mesagne, in seguito ad un intervento del locale
commissariato), mentre altri soggetti furono in seguito
coinvolti anche in operazioni contro lo spaccio di
stupefacenti e in un caso di tentato omicidio. La sentenza,
emessa ieri, è stata tutt’altro che lieve: Giovanni Antico è
stato condannato ad
anni 9 di reclusione; Fabrizio
Campioto, condannato a 7 anni e mezzo di reclusione;
Daniele Melacca, condannato a 6 anni e mezzo; Girolamo
Andrea Diodicibus, condannato a 6 anni e mezzo; Francesco
Coffa, condannato 5 anni di reclusione; Alessandro Polito,
condannato a 3 anni di reclusione; Davide Biasi,
condannato a 2 anni di reclusione.
Ceglie, paese nella morsa dei rapinatori
28 Febbraio 2012 - “Benvenuti a ‘Ceglie Bancomat’. Si
avvisano tutti i ‘fuori legge’, ladri e rapinatori di ogni genere
che sono a loro disposizione tutte le attività commerciali
della città. È garantita una ampia scelta: tabaccherie,
supermercati, distributori di carburanti,
ricevitorie,
minicasinò, sale da gioco e punti snai. E, se non si è ancora
soddisfatti anche le abitazioni private sono pronte ad aprire
le loro porte agli ormai ‘abituali’ avventori”. Sembra quasi
uno scherzo, ma questa è purtroppo la realtà che sta vivendo
la cittadina messapica che, in circa due mesi ha visto
intensificarsi a dismisura, vari eventi criminosi e, in
particolare, le rapine in diverse attività commerciali della
città. In cinque settimane ben cinque rapine: era il bilancio
aggiornato allo scorso 13 gennaio dopo la rapina al
supermercato A&O. Il 17 dicembre 2011 aveva aperto
questo ‘drammatico’ elenco la sala giochi-casinò “Play
Golden Lounge Life”, che dopo appena nove giorni, il 26
dicembre, era stata ancora nel mirino dei rapinatori. Poi la
sera del 30 dicembre fu la volta della rapina al supermercato
Dok. Il 2012 si è aperto con un nuovo evento criminoso il 5
gennaio, in serata, quando alcuni malviventi colpirono la
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tabaccheria ‘Iulicchio’. E venerdì 13 gennaio, con una
‘agghiacciante puntualità’ c’era stata la rapina al
supermercato A&O di via Bottega di Nisco. “Adesso a chi
tocca?”, era l’espressione più ricorrente tra i cittadini di
Ceglie Messapica e, in particolare, tra gli operatori
commerciali, dopo aver appreso la notizia della nuova
rapina. E tutti speravano in un rapido intervento delle
autorità. Ma questo intervento è tardato ad arrivare tanto che
la serie delle rapine, quasi a cadenza fissa, è proseguita
‘tranquillamente’. E il bilancio degli atti criminosi in città si
è aggravato sempre di più: ulteriori quattro rapine in un
mese.
A fuoco autodemolizione a Torre Santa Susanna
25 Febbraio 2012 - Un rogo, di sospetta matrice dolosa, si è
sviluppato
questa
mattina
all'alba,
all'interno
dell'autodemolizione di Maria D'Elia, sulla strada che
collega Torre a Mesagne. I titolari dell'impresa adibita anche
come deposito giudiziario, che abitano di fronte ai locali,
sono stati svegliati attorno alle 5, proprio dalle fiamme e
hanno allertato subito i vigili del fuoco. Sono state distrutte
una ventina di automobili, pronte per essere distrutte.
Indagano i carabinieri, per stabilire l'esatta dinamica
dell'incendio.
Mistero nella notte: spari contro un'auto
25 Febbraio 2012 - Misterioso episodio nella notte: alcuni
colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro
un'autovettura in via Cappuccini. I carabinieri della stazione
di Brindisi hanno attivato le indagini tese all'accertamento
del movente e all'identificazione degli ignoti malfattori che,
nel corso della notte in una via centrale del capoluogo,
hanno esploso alcuni colpi di arma da fuoco all'indirizzo di
una autovettura parcheggiata. Il veicolo è stato sottoposto a
sequestro per gli accertamenti tecnico–scientifici a cura del
personale specializzato del comando provinciale di Brindisi.
Incendio sospetto, brucia bar-pizzeria
24 febbraio 2012 - Completamente distrutto dalle fiamme
l’interno del bar-pizzeria “Old Frac” di Giovanna Leuzzi
presente nei giardinetti pubblici di piazza Domenico
Modugno a San Pietro Vernotico. Da un primo sopralluogo
effettuato dai carabinieri e dai vigili del fuoco sembrerebbe
che l’incendio sia divampato per cause accidentali. Non
sarebbero, infatti, stati trovati segni di effrazione sulle porte
di ingresso o tracce di liquido infiammabile. Saranno
comunque ulteriori indagini a fare luce sulla vicenda, specie
dopo gli episodi degli ultimi giorni che hanno visto finire
nel mirino dei malviventi bar e ricevitorie sanpietrane. Al
momento i locali dell’Old Frac sono completamente
distrutti. I danni sono coperti, in parte, da assicurazione ma
prima che l’attività riprenda a pieno ritmo dovrà passare del
tempo. La proprietaria e i suoi famigliari, gli unici gestori
dell’esercizio pubblico, hanno dichiarato di non aver mai
ricevuto minacce o richieste estorsive e di non avere screzi
con colleghi o clienti. Anche questo sarà da accertare. Il barpizzeria “Old Frac” è stato acquistato da Giovanna Leuzzi
circa un anno fa. Una parte del locale, quella in muratura, è
di proprietà del Comune di San Pietro Vernotico, il resto,
rappresentato da un fabbricato in legno che ospita il bar e la
sala pizzeria, appartiene ai nuovi proprietari. Una famiglia
per bene che non ha legami con la malavita. Il bar, da
quanto hanno accertato gli investigatori, sarebbe stato
acquistato con non poche difficoltà economiche. Anche
questo è un elemento che escluderebbe l’ipotesi del dolo.
Ma è tutto da vedere. Il locale era già diventato un punto di
riferimento per gli avventori dei giardinetti pubblici di
piazza Modugno. La segnalazione dell’incendio è giunta alla
centrale dell’istituto di vigilanza che sorveglia lo stabile
intorno alle 2 di questa notte. Il terminale della centrale
operativa, però, indicava solo la presenza di un guasto
all’impianto elettrico. Sul posto si sono portate
immediatamente le guardie giurate e i proprietari. Al loro
arrivo, però, la struttura in legno era già in fiamme.
Immediatamente sono stati allertati i carabinieri e i vigili del
fuoco. Nessuno ha potuto salvare il bar-pizzeria “Old Frac”.
I pompieri hanno dovuto lavorare di idranti per oltre due
ore. Intanto tutto il quartiere si è riempito di fumo nero.
Quando anche l’ultima fiamma è stata sedata si è proceduto
con il sopralluogo di rito. I periti non hanno trovato tracce di
liquido infiammabile o segni di effrazione e questo fa
pensare che l’incendio sia partito dall’interno causato con
tutta probabilità da un corto circuito. Tutto è al vaglio degli
inquirenti. I carabinieri della locale stazione al comando del
maresciallo Giuseppe Pisani hanno ascoltato i famigliari
delle proprietaria ma al momento non sarebbero emersi
dettagli importanti per avallare l’ipotesi del dolo.
La banda delle sigarette va in Audi A6
23 febbraio 2012 - Venti stecche di sigarette. È questo il
bottino dell’ennesimo furto messo a segno ai danni di bar e
tabaccherie di San Pietro Vernotico. Questa volta nel mirino
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dei malviventi ci è finito il bar del distributore di carburanti
presente sulla circonvallazione intestato a Cinzia De Giorgi.
I ladri hanno agito passando dal retro e scassinando la
serratura. Con tutta probabilità viaggiavano su un’Audi A6
di colore scuro. Non hanno toccato altro se non le venti
stecche di “bionde”, nessuno si è accorto di nulla, il sistema
di video sorveglianza di cui è dotato l’impianto ha ripreso la
scena del colpo ma i carabinieri non hanno ancora preso
visione dei filmati. I militari della stazione di San Pietro
Vernotico, al comando del maresciallo Giuseppe Pisani,
sono giunti sul posto non appena ricevuta la segnalazione
(intorno alle due della notte scorsa) così come gli agenti
dell’istituto di vigilanza cui è collegato il sistema di allarme,
pare che i ladri siano riusciti a fuggire pochissimi minuti
prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Forse questa volta
hanno davvero rischiato di essere beccati. Con tutta
probabilità si tratta della stessa banda che negli ultimi giorni
ha saccheggiato numerosi rivenditori di tabacchi del
Brindisino, del Leccese ma anche del Tarantino. Nella notte
tra sabato e domenica scorsi i malviventi hanno preso
d’assalto il “Bar Stazione” in piazza Falcone portando via
un ingente carico di “bionde”, la notte scorsa è toccato alla
stazione di Servizio IP. Lunedì 13 febbraio, invece, nel
mirino dei malviventi ci è finito il distributore di carburanti
Tamoil di Tuturano. Questa volta, però, gli investigatori
hanno una pista. Pare che qualcuno abbia visto nei pressi del
distributore Ip intorno alle due della notte scorsa un’Audi
A6 di colore scuro che viaggiava a velocità elevata.
Sembrava che stesse fuggendo. Pare inoltre che la stessa
auto sia stata avvistata nelle notti precedenti nelle vie del
capoluogo brindisino. Sarebbe inoltre la stessa vettura
utilizzata nei furti messi a segno nel Leccese e nel
Tarantino. Le forze dell’ordine, al momento, non possono
fare altro che intensificare i controlli notturni.
di Paola Bari
Incendi auto senza fine: altri due
23 febbraio 2012 - Notte di fuochi nel capoluogo e
Torchiarolo con due incendi di dubbia origine che devastano
un furgone e un auto. Il primo rogo a Brindisi nella tarda
serata di ieri distrugge il vano cabina di un Nissan Cabstar,
un mezzo dotato di un braccio meccanico utilizzato per
compiere lavori ad una certa altezza. Sul posto vigili del
fuoco e carabinieri che non hanno ritrovato segni tangibili di
un incendio doloso. Le indagini sono state comunque
avviate per stabilire l’esatta dinamica della devastazione,
avvenuta in via Podgora, una traversa di via Cappuccini: con
la pioggia gli incendi spontanei sono davvero una rarità.
Anche a Torchiarolo i carabinieri non hanno trovato segni
evidenti di innesco del rogo che ha distrutto la Fiat Punto
del 40enne Raffaele Lorfei. L’auto era parcheggiata in via
Mascagni, proprio sotto casa. L’incendio oltre a danneggiare
irrimediabilmente l’auto ha provocato l’annerimento delle
pareti di una abitazione vicina. Anche in questo caso sono
in corso indagini da parte dei militari della locale stazione.
di Antonio Portolano
Ex detenuti nel negozio confiscato
23 febbraio 2012 - L’ex negozio di abbigliamento “Centro
Diffusione Moda” di via Sicilia a Cellino San Marco di
proprietà dell’ex esponente della Scu, Alfredo Penna,
trasformato in centro sociale. Questo almeno è quello che si
propone l’amministrazione Cascione di Cellino San Marco
che proprio ieri ha firmato il protocollo di intesa con la
Provincia di Brindisi per la presentazione del progetto
nell’ambito del “Pon Sicurezza 2007-2013” che prevede
appunto la ristrutturazione di quell’immobile. Si tratta di un
immobile che è finito nei beni comunali diversi anni fa e che
rientra in quelli che secondo il “pacchetto sicurezza”
dovrebbe essere riutilizzato per scopi sociali. Il sindaco di
Cellino San Marco, Francesco Cascione, al momento non si
sbilancia, limitandosi solo a precisare che lo stabile verrà
utilizzato solo ed esclusivamente per fini sociali. Ancora,
quindi è tutto da definire: sia il progetto vero e proprio che
l’ammontare del finanziamento necessario per la
ristrutturazione dello stabile. Quello che è certo è che la
Provincia di Brindisi affiancherà il Comune di Cellino San
Marco nella presentazione del progetto al Ministero
dell’Interno. Nella delibera del 13 febbraio scorso,
approvata all’unanimità, infatti, si legge che tra i servizi
previsti dalla Provincia di Brindisi rientra anche: l’impegno
per il reinserimento lavorativo di soggetti appartenenti a
fasce deboli tra cui ex detenuti, attività di formazione e
reinserimento professionale, attività di orientamento al
lavoro, attività di sostegno alla persona nei vari contesti
della vita in cui la stessa può venirsi a trovare, attività di
mediazione penale minorile, attività di sostegno genitoriale
ai padri detenuti nella casa circondariale di Brindisi.
di Paola Bari
Auto in fiamme su contatore del gas
18 febbraio 2012 - Un’auto in fiamme che si muove lungo
la strada fino a fermarsi contro un’altra e incendiarla con le
lingue di fuoco che arrivano a lambire un contatore ed una
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tubazione del gas. Paura all’alba in via Malta al rione
Cappuccini a Brindisi. Erano le 5 del mattino circa quando
uno scoppio ha seminato il panico tra gli abitanti della zona.
Fuori per strada c’era l’Opel 106 di proprietà di un
agricoltore che è stata completamente distrutta dalle
fiamme. L’incendio ha avvolto anche un’altra auto, una
Opel Astra che ha iniziato a muoversi sino ad avvicinarsi
all’abitazione. Le fiamme hanno lambito il contatore del
gas, ma anche il portone d’ingesso di una casa. Immediato
l’intervento dei vigili del fuoco del comando provinciale di
Brindisi, la prima auto è andata distrutta la seconda invece
bruciata solo la parte posteriore. Gli abitanti della zona
hanno temuto il peggio in quanto le fiamme hanno coinvolto
un contatore del gas, ma i pompieri hanno evitato il peggio.
Non si hanno certezze sulla natura dell’incendio, ma il
dubbio fondato è che l’origine sia dolosa, visto che l’auto
era stata parcheggiata nel pomeriggio di ieri intorno alle 18
ed è andata a fuoco il mattino dopo. Con tutto il freddo della
notte certamente, nessuno crede ad un surriscaldamento o ad
un corto circuito. Sul fatto indagano i carabinieri di Brindisi.
Il proprietario dell’auto un agricoltore non sa spiegarsi cosa
sia accaduto. Mentre la gente del posto ha paura e punta il
dito sulla mancanza del lavoro e sul fatto che ci siano troppi
giovani nullafacenti in giro che per occupare il tempo
delinquono o incendiano le auto di gente tranquilla. La
vittima del rogo è infatti una persona specchiata senza alcun
precedente penale. Ma il racket non fa questi distinguo. Ed è
ora che si riconosca che a Brindisi c’è anche una forte
ripresa delle trame estorsive.
di Antonio Portolano
Il pentito Bullone è tornato in libertà.
16 Febbraio 2012 - “Bullone è tornato in libertà, non è più
ai domiciliari”: le frequenze di radio carcere parlano del
pentito brindisino Vito Di Emidio alla vigilia del processo
d’Appello per gli omicidi che hanno macchiato di sangue il
Salento e le rapine consumate per finanziare il gruppo di
stampo mafioso e lo indicano persona non sottoposta ad
alcuna restrizione, eccezione fatta per gli obblighi imposti
dal regime della sorveglianza. La voce corre tra Brindisi e
Lecce e tale resta dal momento che lo status del pentito, così
come quello di ogni altro collaboratore, è noto solo e
soltanto al Servizio Centrale di Protezione e al giudice
dell’esecuzione.
Imprenditore denuncia:«Costretto dalla banca a
rivolgermi agli usurai»
16 febbraio 2012 - Chiede aiuto agli strozzini per pagare la
Banca. Potrebbe essere la trama di un film invece è la cruda
realtà quella che capitata l'altro giorno ad un giovane
imprenditore della provincia di Brindisi F. M., cliente di un
istituto di credito di Francavilla. «Nonostante la crisi
pressante cerco con il mio lavoro di tirare a campare in
maniera onesta e dignitosa - racconta l’imprenditore a La
Gazzetta - . Da oltre 10 anni ho una azienda che si occupa di
informatica e nonostante tutto tra alti e bassi ho sempre
lavorato sodo e pagato i miei debiti (soprattutto alle banche)
lavorando sempre con lo stesso Istituto bancario del quale la
mia famiglia è cliente da oltre 25 anni». «Da circa un anno aggiunge - per la pressante crisi e per continuare a lavorare
mi servo di tutti quei mezzi e soluzioni (a pagamento) che
gli istituti bancari mettono a disposizioni delle aziende: cioè
fidi, anticipo fatture ecc… Il 31 dicembre scorso sono
scadute due fatture di miei clienti di importo pari a 10.000
euro ciascuno che tre mesi prima avevo portato in banca per
averne anticipo. L’altro giorno mi sono recato in banca per
cercare di trovare una soluzione per queste fatture scadute
con un saldo delle suddette fatture e un rinnovo di anticipo
su altre o altra soluzione (onerosa). Per tutta risposta il
direttore, con fare arrogante e minatorio mi ha svuotato il
conto ordinario (sul quale erano presenti circa 6mila euro in
fido) e li ha spostati sul conto anticipi fatture e mi ha
intimato entro 2 giorni di provvedere al versamento di
14.000 euro per ripianare il conto anticipi». «A nulla sono
valse le mie rimostranze - aggiunge l’imprenditore - avevo
davanti un muro, poiché svuotandomi il conto ordinario mi
sarei ritrovato scoperto per eventuali pagamenti dei giorni
successivi cercando anche un rientro anche rateale dello
scoperto fatture. In più non mi ha permesso di presentare
altre fatture per l’anticipo di cassa. Sicuramente gli strozzini
ti danno più tempo. Mi sono rivolto anche al servizio clienti
dello stesso istituto bancario, il quale mi ha risposto che il
problema dovevo risolverlo con lo stesso direttore». «A che
serve allora un servizio clienti? », si chiede l’imprenditore il
quale, preso dal panico e non sapendo come fare, appare
intenzionato ora a rivolgersi «a qualche “amico degli amici”
per farmi prestare i 14.000 euro che il direttore richiede …e
non so come andrà a finire… sono disperato e chiedo aiuto».
di Vincenzo Sparviero
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Incendiato furgone di piastrellista
15 febbraio 2012 - C’è qualche storia poco chiara, forse,
dietro l’incendio del furgone di un piastrellista di San Pietro
Vernotico, l’ultracinquantenne Vincenzo De Luca. I
malviventi hanno agito poco prima della mezzanotte di
martedì. Dopo aver cosparso il mezzo della Citroen di
liquido infiammabile hanno appiccato il rogo riducendolo
ad un ammasso di lamiere. I danni sono in via di
quantificazione. Indagini sono state aperte per risalire ad
autori e movente del gesto da parte dei carabinieri della
locale stazione, che hanno anche ascoltato la parte lesa ma
senza approdare ancora ad una pista precisa.
di Antonio Portolano
Incendiata auto la notte scorsa a San Pietro
15 Febbraio 2012 - I Carabinieri della locale Stazione,
hanno attivato le indagini tese all'accertamento del movente
e all'identificazione degli ignoti malfattori che, nella serata
di ieri, hanno incendiato un'autovettura dopo averla cosparsa
di liquido infiammabile. Le fiamme, spente dai Vigili del
Fuoco di Brindisi, hanno arrecato danni non ancora
quantificati.
Blitz: tutti gli affari del clan Stranieri
14 febbraio 2012 - Fiumi di droga. E non solo. La lunga
mano del clan anche sulle strisce blu. Comuni, ospedali,
fiere: la gestione dei parcometri era affare loro. Ed un affare
d’oro, sul quale gli inquirenti del Commissariato di
Manduria pare avessero iniziato ad indagare a fondo. Tanto
a fondo che l’organizzazione aveva persino ordito un
attentato dinamitardo ai danni di un poliziotto ritenuto
troppo zelante per i gusti del sodalizio: l’auto dell’agente fu
data alle fiamme. Ma l’attività investigativa non si fermò.
Tutt’altro. Partendo proprio da quell’episodio gli
investigatori hanno fatto piena luce sugli interessi del
gruppo criminale, tirando in ballo in prima persona il boss
numero uno di Manduria: Vincenzo Stranieri. Tutt’altro che
estraneo, per la Dda, all’attività dei suoi adepti. Due i
brindisini finiti in manette: Euprepio Padula (49 anni, di
Francavilla Fontana) e Alessandro D’Amicis (32 anni,
Cisternino). Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba di
oggi, nei Comuni di Manduria e Francavilla Fontana. Gli
agenti della Squadra Mobile di Taranto, unitamente al
personale del Commissariato di Manduria, hanno
provveduto ad eseguire 18 ordinanze di custodia cautelare di
cui 15 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, per i reati di
associazione a delinquere di stampo mafioso, concernenti
armi ed esplosivi, attentati dinamitardi, tentato omicidio,
rapina, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e spari in
luogo pubblico. I provvedimenti, emanati dalla Dda della
Procura di Lecce, hanno colpito al cuore la compagine
delinquenziale facente riferimento al boss Vincenzo
Stranieri, noto esponente di spicco della “Sacra Corona
Unita”, attualmente detenuto in regime di 41 bis.
All’operazione hanno partecipato 90 Agenti di Polizia ed il
Reparto cinofili della Polizia di Stato. L’indagine, ha avuto
inizio nell’ottobre del 2008, proprio a seguito di un attentato
dinamitardo ad un agente di Polizia in servizio presso il
Commissariato di Manduria, con lo scopo come accertato
successivamente, di intimorire gli investigatori che erano
sulle tracce di un grosso traffico di sostanze stupefacenti
messo in atto dal sodalizio criminale facente capo al “capo
storico” di Manduria. Le indagini sarebero andate anche
oltre, sino ad accertare che il “Clan Stranieri” era riuscito
ad infiltrarsi in numerose attività imprenditoriali del
territorio, come la gestione dei parcometri nel Comune di
Fragagnano e delle aere per la sosta a pagamento in
occasione della “Fiera Pessima”, sino ad accaparrarsi il
servizio di parcheggio presso l’ospedale di Manduria. Nel
corso delle operazione di questa mattina sono state rinvenute
e sequestrare in cassa di una degli arrestati (vale a dire Vito
Mazza)
20 cartucce calibro 12. Tra i destinatari
dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonia
Martalò su richiesta del pm Alessio Coccioli, ci sono oltre a
Stranieri la moglie, Paola Malorgio, il genero Alessandro
D’Amicis, il cognato Giovanni Malorgio, il figlio di
quest’ultimo, Nazareno, Pietro Tondo, Vito Mazza e
Giovanni Caniglia. Stranieri, ex braccio destro di Pino
Rogoli (leader della Sacra corona unita), è detenuto da 27
anni, 19 dei quali trascorsi in isolamento. La figlia del
pregiudicato, Anna, si era spesa in questi anni affinchè fosse
revocato il 41 bis al padre, ricoverato spesso nei reparti di
psichiatria delle carceri in cui è stato recluso. Secondo la
Direzione distrettuale antimafia di Lecce, l’ex boss
continuava a dare ordini dal carcere. Ed il gruppo di
Stranieri avrebbe continuato in tutti questi anni ad essere
attivo e presente sul territorio e, in concreto, la potenzialità
organizzativa del gruppo criminale non sarebbe mai venuta
meno. Nel corso delle operazione di questa mattina sono
state rinvenute e sequestrare in cassa di una degli arrestati
(vale a dire Vito Mazza) 20 cartucce calibro 12. Gli
arrestati dopo le formalità di rito sono tutti poi associati alla
locale casa Circondariale. I nomi: Vincenzo Stranieri nato a
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Manduria, di anni 51, attualmente detenuto presso la Casa
Circondariale de L’Aquila; Giovanni Caniglia (41 anni,
Manduria), Stefano Carrozzo (34 anni, Taranto), Alessandro
D’Amicis (32 anni, Cisternino), Giovanni Malorgio (58
anni, Manduria, attualmente detenuto presso la Casa
Circondariale di Taranto), Nazareno Malorgio (35 anni,
Manduria), Paola Malorgio (56 anni, Manduria), Vito
Mazza (34 anni, Manduria), Pietro Micelli (44 anni,
Manduria), Giuseppe Nardelli (47 Anni, Fragagnano),
Euprepio Padula (49 anni, Francavilla Fontana), Pasquale
Scorrano ( 30 anni, Manduria), Biagio SIBILLA (38 anni,
Monteiasi), Pietro Tondo (40 anni, Friedeberg, in Germania,
residente a Manduria), Leonardo Trombacca (32 anni,
Manduria). Agli arresti domiciliari sono finiti: Alessandro
Rizzo (20 anni, Grottaglie), Federico Russo (19 anni,
Grottaglie) e Pasquale Scorrano (33 anni, Manduria).
di Nicola Quaranta
Scu, blitz all’alba tra Taranto e Francavilla
Fontana: 18 arresti
14 febbraio 2012 - Nuovo colpo alla Scu. Alle prime luci
dell’alba, nei comuni di Manduria, in provincia di Taranto, e
di Francavilla Fontana, agenti della Squadra Mobile della
Questura di Taranto, unitamente a colleghi del
Commissariato di Manduria, hanno eseguito 18 ordinanze di
custodia cautelare, di cui 16 in carcere e 2 agli arresti
domiciliari. Sono contestati i reati di associazione a
delinquere di stampo mafioso, relativo al possesso di armi
ed esplosivi, ad attentati dinamitardi, tentato omicidio,
rapina, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e spari in
luogo pubblico. I provvedimenti cautelari sono stati chiesti
dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di
Lecce nei confronti di una organizzazione criminale che fa
riferimento al boss Vincenzo Stranieri, noto esponente di
spicco della Sacra Corona Unita, attualmente detenuto in
regime di 41 bis. All’operazione hanno partecipato 90 agenti
di Polizia ed il Reparto cinofili della Polizia di Stato.
L’operazione è stata denominata “Giano”. Tra i destinatari
dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonia
Martalò su richiesta del pm Alessio Coccioli, ci sono oltre a
Stranieri la moglie, Paola Malorgio, il genero Alessandro
D’Amicis, il cognato Giovanni Malorgio, il figlio di
quest’ultimo, Nazareno, Pietro Tondo, Vito Mazza e
Giovanni Caniglia. Stranieri, ex braccio destro di Pino
Rogoli (leader della Sacra corona unita), è detenuto da 27
anni, 19 dei quali trascorsi in isolamento. La figlia del
pregiudicato, Anna, si era spesa in questi anni affinchè fosse
revocato il 41 bis al padre, ricoverato spesso nei reparti di
psichiatria delle carceri in cui è stato recluso. la Direzione
distrettuale antimafia di Lecce, l’ex boss continuava a dare
ordini dal carcere. Ed il gruppo di Stranieri avrebbe
continuato in tutti questi anni ad essere attivo e presente sul
territorio e, in concreto, la potenzialità organizzativa del
gruppo criminale non sarebbe mai venuta meno.
Preparavano una rapina presi 2 brindisini
11 Febbraio 2012 - Non hanno nulla a che vedere con i
balordi che imperversano a Brindisi da settimane, ma
potrebbero averci messo lo zampino nelle rapine consumate
di recente fra i Comuni del basso Brindisino (Torchiarolo,
Cellino San Marco, San Pietro Vernotico, San Donaci) e del
nord Leccese (Campi Salentino, Trepuzzi, Guagnanno,
Squinzano). Ciarli Screti, operaio di 30 anni residente a San
Pietro Vernotico, e Daniele De Leo, di 31 anni, residente a
Brindisi, sono stati beccati dai carabinieri mentre cercavano
di salire a bordo di una Fiat Uno di colore grigio rubata
pochi giorni fa a Cellino.
Viola il regime dei domiciliari: torna in carcere
Cosimo Fina
11/02/2012 - Ieri pomeriggio, i Carabinieri dalla Stazione di
San Pietro Vernotico, in collaborazione con i militari del
Nucleo Operativo e Radiomobile di Brindisi, hanno tratto in
arresto Cosimo Fina 42enne del luogo. L'operazione è stata
condotta, nel corso di servizio finalizzato al controllo di
soggetti sottoposti a misure di prevenzione e/o detentive
dopo che Fina. sottoposto alla Misura di Prevenzione della
Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel
Comune di residenza, è stato sorpreso per le vie del Comune
di Torchiarolo. Il giorno antecedente, durante un altro
controllo, l'uomo non era stato trovato presso la propria
abitazione durante l’orario di prescrizione. Cosimo Fina, già
condannato con sentenza definitiva per associazione
mafiosa, era stato scarcerato nel mese di agosto 2011 e
sottoposto alla misura della Sorveglianza Speciale di
Pubblica Sicurezza violandone più volte gli obblighi.
L’arrestato dopo le formalità di rito è stato associato alla
casa circondariale di Brindisi.
Lunedì convegno dell'Associazione Antiracket
10/02/2012 - L'Associazione Antiracket Salento Brindisi, in
collaborazione con le A.C.L.I. "San Giovanni Bosco" di
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Brindisi, organizzano una serie di incontri sulle tematiche
inerenti i reati di racket ed usura, in particolare sul ruolo
della politica e delle istituzioni, sulle leggi di accesso ai
fondi risarcitori per le vittime dei reati in questione e sulle
misure di prevenzione. In particolare lunedì 13 febbraio alle
ore 19.00 pressi i locali delle A.C.L.I. "San Giovanni
Bosco" in Viale San Giovanni Bosco, 60 si terrà un incontro
dal tema: "Quale ruolo possibile della politica nella lotta al
contrasto e per la prevezione dei reati di usura e di racket",
relazionerà il legale dell'Associazione Antiracket Salento
Brindisi Avv.Massimo Ciullo.
comunicato stampa
associazione antiracket salento brindisi
Furto in villa e rapina alle poste. Presi tre ragazzi.
Indagato liceale
10 febbraio 2012 - Tre allegri ragazzi: vivi. Anche se hanno
rischiato parecchio. E terribili: tutti e tre. Anzi, tutti e
quattro. Perché anche quello denunciato a piede libero (A.
M., da poco diciottenne), con l’accusa di concorso in furto
aggravato, di fatti e circostanze da chiarire davanti agli
inquirenti ne ha parecchie e forse persino qualcuna in più
rispetto ai suoi, altrettanto giovani, compari di sventura,
finiti in carcere nella serata di ieri ma catturati praticamente
nelle fasi immediatamente successive alla rapina consumata
presso l’agenzia dell’Ufficio postale “Ostuni3”: là dove
qualche minuto prima tre giovanotti, con il volto coperto da
passamontagna ed armati di coltellino, avevano seminato il
panico, mettendo a segno un colpo da circa 3 mila euro.
Criminali incalliti? No, incensurati, di buona famiglia, ma
evidentemente deviati: Mario Greco (20 anni, ostunese),
Roberto Ungaro (21 anni, anch’egli del posto) e Larbi El
Azri (24 anni, quest’ultimo originario del Marocco ma
residente a Ostuni da una ventina d’anni). Sarebbero stati
loro, nella tarda mattinata di ieri, a fare irruzione nella sede
distaccato delle Poste di Ostuni, in via Gaetano Sansone,
alle spalle della centralissima Via Giovanni XXIII. I tre
sono stati catturati nelle campagne tra Ostuni e Ceglie
Messapica, al termine di una rapida attività di indagine ed a
seguito di un rocambolesco inseguimento da parte degli
agenti del Commissariato di Pubblica sicurezza della Città
bianca. Tallonati dalle pattuglie della polizia, i tre giovani, a
bordo di una Fiat Punto (risultata rubata mercoledì scorso,
sempre ad Ostuni) hanno ingaggiato una folle corsa, nel
tentativo di far perdere le loro tracce. Più volte, per nulla
intimoriti dai colpi di pistola sparati in aria dagli agenti che
stavano alle loro calcagna, avrebbero tentato anche di
mandare fuori strada una delle auto della polizia. Ma alla
fine, in preda alla foga da fuga, sono stati loro a perdere il
controllo dell’automezzo, finendo in un dirupo alto quattro
metri e andando a sbattere contro un muretto a secco. Di
fatto il loro capolinea. La loro cattura ha consentito di
ricostruire nei dettagli anche le fasi della rapina: il
marocchino avrebbe arraffato i soldi, Ungaro avrebbe tenuto
a bada gli utenti in coda all’interno dell’Ufficio postale.
Mentre Greco avrebbe fatto da palo e da sfrenato “pilota”, al
volante della Fiat Punto. Per tutti e tre sono scattate le
manette ai polsi, con l’accusa di rapina aggravata e
resistenza a Pubblico ufficiale. E non solo. Saranno chiamati
a rispondere in concorso con uno studente appena 18enne
(A.M., ostunese, frequentante il locale liceo Classico
Calamo) anche di concorso in furto aggravato e ricettazione
aggravata. Nelle prossime ore la dirigenza scolastica, a
prescindere dai risvolti penali che potranno scaturire a
seguito dell’attività investigativa, deciderà se e quali
provvedimenti disciplinari e cautelativi assumere nei
confronti dello studente. Evidenti appaiono le sue
responsabilità. All’interno dell’utilitaria, infatti, ridotta ad
un ammasso di rottami, gli agenti hanno rinvenuto non
soltanto il bottino della rapina con armi e armamentario
vario utilizzato per l’incursione all’agenzia postale, ma
anche la refurtiva, consistente in un Mac di ultima
generazione, un computer portatile e una pen-drive , frutto
di un’incursione che gli stessi, stando all’accusa, avrebbero
compiuto, poco prima di eseguire la rapina, all’interno di
una villa sui colli di Ostuni di proprietà di una coppia di
professionisti del posto. Ed è qui che la storia si complica,
entrando in gioco anche il quarto ragazzino (A. M),
compagno di classe del figlio dei due professionisti vittime
del furto. Sarebbe stato proprio A. M., infatti, frugandogli
tra le tasche del giubbotto, a rubare nei giorni scorsi le
chiavi di casa del giovane, durante l’orario di lezione. Una
volta fuori dalla scuola, A. M. avrebbe quindi consegnato ai
tre compari il mazzo di chiavi (rinvenuto dai poliziotti, in
sede di perquisizione domiciliare, a casa di Mario Greco).
Così gli stessi, senza ricorrere ad effrazione alcuna, sono
riusciti nella mattinata di ieri a penetrare all’interno della
villetta di famiglia del giovane, arraffando i due computer.
Per quale ragione avessero deciso di prendere di mira il
ragazzo non è chiaro, o meglio: sul tema sono tuttora in
corso ulteriori accertamenti ed approfondite indagini.
L’impressione, dunque, confermata nel corso di una
conferenza stampa dal vice questore Francesco Angiuli, è
che dietro alla storia del furto ci sia altro. E non è escluso
che l’irruzione nella villa del giovane possa aver
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rappresentato una sorta di missione punitiva. Domani prime
udienze di convalida, davanti al Gip Paola Liace. Il primo a
comparire sarà Roberto Ungaro (difeso dagli avvocati Mario
e Sergio Laveneziana). A seguire Mario Greco (difeso
dall’avvocato Domenico Tanzarella) e Larbi El Azri (difeso
dagli avvocati Vito Melpignano e Carmen Monopoli).
L’attività investigativa, intanto, prosegue. Gli inquirenti
sono certi che dietro alla giovanissima banda dedita alle
rapine e ai furti ci siano schegge di criminalità ben più
mature, con le quali l’insospettabile gruppetto sarebbe
entrato in contatto, in affari: sporchi e pericolosi.
di Nicola Quaranta
In fiamme auto di disoccupato
10 febbraio 2012 - Notte di fuoco a Cellino San Marco
dove finisce completamente distrutta una Ranault Clio
parcheggiata in via Antonio Gramsci. Erano circa le 2.30 del
mattino quando le fiamme sono divampate misteriosamente
carbonizzando il veicolo di un disoccupato, Stefano
Immorlano, 31enne del posto. Indagini sono in corso da
parte dei carabinieri della locale stazione che non escludono
il dolo. I militari hanno ascoltato anche la parte lesa di
questo attentato incendiario, avvenuto proprio nel corso di
una notte di indagini sulle tracce della banda della Fiat Uno.
di Antonio Portolano
Mezza banda della Uno in trappola
10 febbraio 2012 - Il colpo con tutta probabilità era già
pronto per essere messo a segno ma i carabinieri della
stazione di Cellino San Marco (coadiuvati dagli uomini
della compagnia di Brindisi e dai colleghi di Campi
Salentina) sono riusciti a sventarlo e ad arrestare i presunti e
responsabili. Si tratta del 30enne sanpietrano Ciarli Screti e
31enne brindisino Daniele De Leo entrambi volti già noti
alle forze dell’ordine. I due nel pomeriggio di ieri sono stati
sorpresi nelle campagne cellinesi mentre stavano per
montare, insieme ad altri due complici, su una Fiat Uno al
cui interno c’erano occultati passamontagna e un fucile a
canne mozzate oltre che resti di registratori di cassa. I
militari sono alla ricerca degli altri due complici. La banda,
che con tutta probabilità è la stessa che negli ultimi mesi ha
intimorito i commercianti del Brindisino e del Leccese (la
Fiat Uno pare sia la stessa utilizzata durante le rapine), è
stata scovata grazie a un attento sopralluogo nelle campagne
cellinesi da parte dei carabinieri della stazione di Cellino al
comando del maresciallo Giancarlo Milo e al pronto
intervento degli uomini della compagnia di Brindisi (guidata
dal capitano Cristiano Tomassini). Intorno alle 17,30 di ieri
una pattuglia del 112 stava effettuando un giro di controllo
nelle campagne che circondano la strada provinciale che
collega Cellino San Marco a Campi Salentina (la stessa che
a novembre scorso fu teatro di un inseguimento tra
rapinatori e carabinieri) quando ha notato una Fiat Uno
parcheggiata all’interno di un casolare abbandonato. Un
tempestivo controllo ha permesso di accertare che la vettura
era stata rubata il 6 febbraio scorso nel Brindisino.
All’interno c’erano un fucile a canne mozzate, due
passamontagna e alcuni registratori di cassa. I militari, dopo
aver avvisato i colleghi di Campi Salentina (il casolare si
trova a pochi metri dal confine con il Leccese), si sono
appostati dietro agli alberi in attesa che chi aveva occultato
quella Fiat Uno si facesse vivo. Così è stato. Intorno alle 19
è giunta una Fiat Punto con a bordo quattro individui. Dal
loro atteggiamento è risultato subito chiaro che i quattro
stavano per saltare a bordo della Uno e in quel momento
sono entrati in azione i militari. La banda, naturalmente, si è
data alla fuga. Il primo a essere acciuffato è stato il
sanpietrano Screti, un’ora dopo il suo complice De Leo. Gli
altri due si sono dileguati ma non si esclude che nelle
prossime ore vengano rintracciati.
di Paola Bari
Era il collettore del pizzo sulle “bionde”
09 febbraio 2012 - Su ordine di carcerazione per pene
concorrenti, questa mattina i carabinieri di Fasano hanno
tratto in arresto il 46enne pregiudicato fasanese Giuseppe
Quaranta. L’uomo dovrà scontare una pena di 7 anni e 8
mesi di reclusione per associazione a delinquere di tipo
mafioso. Dopo le formalità di rito è stato trasferito presso il
carcere di via Appia a Brindisi. Sono stati i militari della
stazione dei carabinieri di Fasano stamane ad arrestare
Giuseppe Quaranta per reati risalenti all’anno 1998. I reati a
lui contestati sono associazione per delinquere di tipo
mafioso, contrabbando di sigarette e detenzione clandestina
di armi, tutti commessi 13 anni fa circa in Montenegro e nel
capoluogo pugliese. Giuseppe Quaranta, dopo l’arresto, è
stato condotto nella casa circondariale di Brindisi. Giuseppe
Quaranta alla fine degli anni ’90, si occupava di far entrare
in Italia dal Montenegro, i tabacchi lavorati esteri per poi
smerciarli in Puglia e non solo. Era, nella zona di Fasano e
Ostuni, colui che si occupava della gestione dei proventi
appunto derivanti dal contrabbando delle “bionde” e della
riscossione per conto della Sacra Corona Unita, delle
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tangenti imposte ai contrabbandieri delle zone del Nord
brindisino.
di Mariastella DeMichele
Giovedì il Procuratore Motta incontra la città di
Mesagne
01 Febbraio 2012 - Ci sarà il tanto atteso incontro tra la
città di Mesagne e il Procuratore capo della Dda di Lecce,
Cataldo Motta. L’iniziativa s’inserisce tra quelle promosse
dall’amministrazione comunale di Mesagne per i Percorsi di
legalità. In particolare per il rinnovo della convenzione con
Libera Terra che ha lo scopo di diffondere in diversi strati
della società civile questa imprescindibile cultura di vita.
L’appuntamento è per giovedì alle ore 16,30 nell’auditorium
del castello Normanno-Svevo. Sul ring virtuale del
confronto, oltre a Motta, ci sarà il sindaco Franco Scoditti,
l’assessore ai Percorsi di Legalità, Cosimo Faggiano, e il
procuratore di Brindisi, Marco Di Napoli. “Nell’ambito
delle azioni assunte dall’Amministrazione comunale a
sostegno della promozione della cultura della legalità e di
contrasto dei fenomeni criminosi – ha spiegato il sindaco
Franco Scoditti - si annovera la sottoscrizione della sesta
convenzione di collaborazione con l’associazione “LiberaAssociazioni nomi e numeri contro le mafie””. Contenuto
dell’intesa è l’attuazione di un’articolata proposta di
formazione e informazione destinata a diversi settori che
compongono la comunità. Anche al fine di illustrare e
condividere con l’Osservatorio il cronoprogramma dei
percorsi di formazione e informazione approvati e
d’imminente attuazione il sindaco Scoditti ha convocato
l’Osservatorio permanente per la legalità per giovedì 2
febbraio alle ore 16.30 presso l’auditorium per discutere di
vari argomenti. Tra questi una riflessione del primo cittadino
in ordine ai recenti episodi criminali; l’illustrazione e la
discussione sul programma di legalità per il 2012 e la
costituzione di un gruppo di lavoro per attivazione del
Confidi, Consorzio Fidi. Sarà questo un ottimo strumento
finanziario a disposizione delle aziende che potrà permettere
loro di non incappare nelle maglie dell’usura e del racket.
Un incontro al quale il sindaco Scoditti ha invitato il
Procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta, che
solo alcuni giorni fa, in una conferenza stampa che si è
svolta presso la Questura di Brindisi in occasione
dell’arresto dei presunti killer e mandanti dell’omicidio di
Carlo Salati, ha etichettato la città di Mesagne come una
“schifezza”. Salvo poi, quando in città si è levato un coro
d’indignazione, precisare che il riferimento non è stato
all’intera città ma a quella parte che collabora e spalleggia la
criminalità organizzata. Il procuratore Motta ha accettato
con piacere l’invito rivoltogli dal primo cittadino e giovedì
sarà a Mesagne per dare, ancora una volta, una
testimonianza molto forte di legalità ma soprattutto della
presenza costante dello Stato nei territori a rischio
criminalità. Con il Procuratore Motta ci sarà anche Marco
Di Napoli, Procuratore Capo della Repubblica di Brindisi.
"Mesagne non è ancora libera dalla Scu".
Cronaca di delitti e omertà
27 gennaio 2012 - Con il commento del capo della
Direzione distrettuale antimafia sui livelli di inquinamento
sociale che ristagnano a Mesagne, scorrono le sequenze
dell’uccisione a bastonate di una persona odiata dal boss
della Scu, omicidio radicato in un risentimento personale
antico e commissionato finalmente grazie ad un pretesto
“morale”. Poi anche l’ordine di eliminare i tre killer, perché
non parlassero. Una vera e propria trama da reggia
barbarica, andata in scena in quella che fu la culla della
Sacra corona unita e dove esiste – dice il procuratore della
Dda Cataldo Motta, e la politica locale dovrebbero credergli
– il brodo di coltura di quel virus che tenta sempre di
contaminare l’altra parte della società locale, quella dei non
collusi e degli onesti (in difesa dei quali, in conferenza
stampa, si è levata la voce della dirigente del commissariato,
Sabrina Manzone). Mesagne non è ancora libera, e lo spiega
una delle parti in causa sino a poco tempo fa, il
collaboratore di giustizia Ercole Penna, che assieme a
Daniele Vicientino era alla testa di uno dei due clan locali,
quello che faceva riferimento a Massimo Pasimeni, il
presunto mandante di questa vicenda, e ad Antonio Vitale
(anch’egli da lungo tempo detenuto). “I cittadini devono
capire – aveva esordito Motta – che il primo presidio del
territorio sono loro e non le forze dell’ordine”. E ricorda,
Motta, il precedente arresto di Pasimeni e della moglie
Gioconda Giannuzzo: alle 3 del mattino la gente del rione
era in strada a salutare i due catturati, rassicurando lei che
avrebbero avuto cura del cagnolino e delle piante, e facendo
a lui gli auguri. L’uomo ucciso a bastonate si chiamava
Giancarlo Salati, aveva 62 anni, ed era pregiudicato per reati
contro il patrimonio e sfruttamento della prostituzione. Nei
periodi immediatamente precedenti aveva una relazione con
una 15enne che andava a trovarlo regolarmente – anche se
aveva un fidanzato di qualche anno più anziano di lei – e
che alla fine era rimasta incinta. Ma non di Salati, hanno
detto gli investigatori. Tuttavia la fama del personaggio era
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pessima. Veniva considerato un pedofilo. Era l’occasione
che aspettava Pasimeni, dicono gli inquirenti. Era la storia
che poteva trovare copertura omertosa nel suo epilogo
drammatico. la ragazzina era stata messa incinta da Salati:
“Devo dire che questa voce influiva sulle nostre decisioni
perché queste sono sempre in qualche modo legate alle
sollecitazioni che provengono dalla gente comune che fa
affidamento su di noi. Invero proprio noi del gruppo
mesagnese, capeggiato da me e da Massimo Pasimeni,
siamo molto benvoluti dalla gente di Mesagne che spesso si
rivolge a noi per i motivi più disparati e ha da noi la
disponibilità costante in tutte le occasioni della vita
quotidiana; e noi ne riceviamo in cambio una sorta di
copertura”. “Devo dire però che il consenso è anche
motivato dalla paura che la gente ha della forza di
intimidazione del nostro gruppo. Siamo disponibili nei
confronti della gente anche per i problemi economici per i
quali si rivolge a noi e che siamo pronti a risolvere anche
dando denaro a fondo perduto. Si può dire che nella maggior
parte solidarizzano con noi. Per questo anche il senso di
fastidio e di intolleranza che si era diffuso nei confronti di
Salati era stato preso in considerazione dal nostro gruppo, e
nonostante che quella del rapporto con una ragazzina fosse
una voce non verificata, Pasimeni aveva deciso di uccidere
Salati e me ne aveva dato mandato”. Ercole Penna racconta
che Massimo Pasimeni odiava Salati perché anni prima
aveva avuto una relazione con Gioconda Giannuzzo, che
aveva sfruttato la donna facendola prostituire. Cancellare
Salati significava cancellare quel passato. L’occasione era
buona. Penna chiamò “Gabibbo”, Francesco Gravina, suo
affiliato, e gli disse di mettere insieme il gruppo che doveva
eliminare Salati. Gravina eseguì gli ordini, chiamando prima
“Malombra”, Vito Stano, e poi “Maradona”, Giovanni
Guarini. I tre si recarono a casa di Salati in via Mauro
Capodieci pochi minuti prima delle 15 del 16 giugno 2009.
Salati viene colpito da una pioggia di colpi di bastone, e
forse di tubo metallico. L’autopsia dirà che per cercare
scampo si era girato con la schiena agli aggressori,
riparandosi il capo e la nuca con gli avambracci, uno dei
quali risulterà fratturato. Il medico legale conterà 16 colpi
almeno, alcuni risultati mortali, quelli che causarono
l’ematoma subdurale emisferico sinistro da emorragia
celebrale. Salati resiste sino alle 17 da solo, due lunghe ore
di sofferenza, Lo trovano le due figlie Claudia e Rossana, al
rientro a casa. La vittima era seduta su una sedia,
sanguinante. Racconterà di essere caduta dalla scale. Viene
portata in ospedale, dove morirà alle 7,30 del 17 giugno. Ma
alla figlia Antonella che lo va a trovare in ospedale, Salati
moribondo mostrando tre dita evidentemente voleva
indicare il numero degli aggressori. In lui l’omertà si andava
spegnendo, ma anche la vita. I tre killer lo avevano lasciato
per morto, ma dai giornali apprendono che Giancarlo Salati
era in coma in ospedale, e cominciano a temere che la
vittima possa parlare. E’ lo stesso pensiero che attraversa la
mente di Massimo Pasimeni, che era tornato libero da alcuni
mesi dopo una lunga detenzione, e non voleva rischiare un
ergastolo. In realtà la polizia, pur sospettando un
coinvolgimento di Pasimeni, che peraltro abita a pochi metri
da Salati, viene avvertita del fatto solo dopo la morte di
Salati, e quando va a casa del morto nelle stanze aleggia
odore di disinfettante e detersivi, racconta il vicequestore
Sabrina Manzone. Tutte le prove sono state cancellate dalle
donne delle pulizie, che ammettono di aver eliminato anche
vaste chiazze di sangue: tutto doveva essere pronto e in
ordine per la veglia funebre, spiegano. In seguito, verrà
sottoposto a test del Dna un parente della quindicenne che
aveva una relazione con Salati, ma l’uomo, Antonio Pedone,
ha un alibi di ferro: all’ora dell’aggressione era in un
cantiere edile. Il pentito racconta che Pedone è molto amico
di Pasimeni, che gli ha riferito della situazione, e che il boss
coglie questa occasione per decidere che bisogna fermare
Salati per sempre. Insomma, nell’immaginario collettivo si
deve sapere che “Menza Recchia” (è il soprannome della
vittima), è morto perché aveva abusato di una quindicenne.
Però a Pasimeni non va affatto bene che l’omicidio sia
avvenuto alle 15, e che del commando facesse parte Guarini,
considerato uno che non sapeva tenere la bocca chiusa. Le
cose potevano mettersi male, e il boss chiama Penna,
ordinandogli di provvedere all’eliminazione dei tre assassini
di Giancarlo Salati. Penna però non se la sente, gli sembra
una reazione eccessiva, una esagerazione, e lo dice a
Pasimeni. Litigano, ma niente da fare. L’attuale pentito non
recede. Del resto, la polizia non riesce a trovare notizie. Il
vicinato di Salati è chiuso a riccio, nessuno ha visto . Ma
l’insistenza alla fine premia la polizia e il pm Valeria Farina
Valaori che passa giornate intere in commissariato –
racconta sempre il vicequestore Sabrina Manzone –
ascoltando e riascoltando i potenziali testimoni. Alla fine
Rosetta De Nitto e Cosimo Randino, figlio di una vicina di
casa di Salati, ammettono di aver visto tre persone uscire
dalla casa della vittima e fuggire verso una piazzetta vicina
dove era parcheggiata una Fiat Punto Rossa. Penna dirà che
nel giugno 2009 Gravina girava con una Punto Rossa
acquistata da Franco Locorotondo, un altro affiliato
dell’attuale pentito. Nella fuga, uno dei tre, che impugnava
un bastone lungo un metro, cade a terra.
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Frammenti di indizi raccolti anche da altre indagini dove
non risultavano decisivi, “un lavoro di straordinaria
pazienza” fatto da pm e polizia, dice il procuratore capo di
Brindisi, Marco Dinapoli. Tracce illuminate dalla luce dei
riscontri offerti da Ercole Penna: “Siamo abbastanza
fiduciosi che l’apparato accusatorio regga alle eccezioni
della difesa”. Il dirigente della Squadra mobile, Francesco
Barnaba, racconta come Pasimeni voleva eliminare anche i
tre “ragazzi” di Penna autori della missione in casa di Salati,
temendo che parlassero. Un omicidio, altri tre progettati, le
estorsioni scoperte mentre Pasimeni era libero: così questa
figura importante della Sacra corona unita, che amava farsi
fotografare in circostanze pubbliche assieme ai protagonisti
degli eventi, mostrò quale fosse la pasta di cui era fatto, ha
detto Barnaba. Stamani alle 4 il blitz, coordinato dal
questore Alfonso Terribile. La polizia ha catturato
Francesco Gravina, Vito Stano e Giovanni Cosimo Guarini
su ordinanza del gip Vincenzo Brancato del tribunale di
Lecce, dove ha sede la Dda. Pasimeni era tornato in carcere
per le estorsioni, il pentito Ercole Penna, indagato come
secondo mandante dell’omicidio Salati, non ha ricevuto il
provvedimento perché si è autoaccusato e non sussiste
comunque il pericolo di fuga. L’indagine è stata battezzata
Revenge.
di Marcello Orlandini
Un chilo di tritolo sull’uscio del bar
27 gennaio 2012 - Un chilo di tritolo posizionato sull’uscio
del bar “Marconi”, in pieno centro a San Michele Salentino.
Avvertimento inquietante, quello che la malavita ha
indirizzato ai titolari di una tra le più frequentate caffetterie
del paese. Un pacco bomba che i gestori dell’esercizio
commerciale si sono visti recapitare nel cuore della notte.
All’alba il ritrovamento, ad opera del personale di servizio,
che, insospettito dall’involucro ma non ipotizzando che
potesse trattarsi di un ordigno, ha consegnato il potenziale
esplosivo nelle mani dei militari della locale Stazione dei
carabinieri, che aprendo la scatola, si sono invece resi conto
del quantitativo e del tipo di sostanza esplodente contenuta
all’interno della stessa. I fatti risalgono a qualche giorno fa,
ma sulla vicenda gli inquirenti hanno preferito mantenere il
massimo riserbo. Indagini sono tuttora in corso da parte dei
militari della Compagnia dei carabinieri di San Vito dei
Normanni e dal personale dell’Arma di San Michele
Salentino. I carabinieri sono in attesa di conoscere i risultati
dei test di laboratorio effettuati sul tritolo. Le perizie faranno
chiarezza sul natura del pacco esplosivo (privo comunque di
detonatore) e quindi sulle finalità dei malviventi. L’ipotesi
più probabile, evidentemente, è proprio quella battuta sin dal
principio e con maggiore convinzione dagli inquirenti,
ovvero che la banda abbia agito allo scopo intimidatorio.
Nel mirino della criminalità i titolari di un bar avviato da
tempo in paese ma la cui gestione di recente è passata nelle
mani di nuovi soci. E proprio loro potrebbero essere i
destinatari della grave azione intimidatoria, sebbene
abbiamo dichiarato di non essere stati oggetto di minacce e
di non aver ricevuto alcuna richiesta di denaro. I carabinieri
stanno continuando a visionare le immagini riprese dalle
telecamere degli impianti di videosorveglianza della zona, a
caccia di indizi ed elementi che possano consentire di
risalire agli autori del messaggio di palese stampo
intimidatorio. E non si escludono sviluppi anche a breve. Un
ordigno ad alto potenziale quello sequestrato dal personale
dell’Arma. Da qualche tempo peraltro questo tipo di
esplosivo è in disuso da parte della malavita organizzata.
L’ultimo ritrovamento in provincia, del resto, risale al
novembre del 2010. In quella circostanza vennero rinvenuti
dagli agenti della sezione Volanti della Questura di Brindisi
due chili di tritolo nelle campagne di Brindisi, in contrada
Mascava, zona Autigno.
di Nicola Quaranta
Il gip: «Rilevante allarme sociale»
26 Gennaio 2012 - Più di duecento pagine per tracciare il
ritratto dei protagonisti del “Cinemastore” dietro al quale ci
sarebbe stato un grande magazzino della droga condotto dai
brindisini, diventati fornitori dei leccesi: dodici sono stati
arrestati per la “gravità dei fatti contestati e per il rilevante
allarme sociale” mentre tre sono rimasti a piede libero.
L’ordinanza. La fotografia scattata dalla Direzione
Distrettuale Antimafia di Lecce al gruppo di ragazzi di
Cellino San Marco, Torchiarolo e San Pietro Vernotico è
stata ritenuta corrispondente alla realtà “sino al mese di
giugno 2010” dal giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Lecce, Alcide Maritati, che ha firmato
l’ordinanza di arresto chiesta dal sostituto procuratore
Guglielmo Cataldi il 18 ottobre 2011. La condivisione del
quadro dei gravi indizi e delle esigenze cautelari è arrivata il
17 gennaio scorso, dopo la specificazione dei ruoli, partendo
da chi è stato considerato fornitore stabile del gruppo
salentino alla cui guida ci sarebbero stati i fratelli Giuseppe
e Roberto Nisi, alias “i bandiera”, riusciti a sottrarsi
all’esecuzione delegata agli agenti della Mobile. Il sodalizio,
peraltro qualificato come di stampo mafioso, avrebbe
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trovato come canale di approvvigionamento della cocaina
soprattutto, prima la strada offerta dal defunto Gianluca
Saponaro assieme a Marcello Solazzo, 29 anni, nato a
Campi Salentina ma residente a San Pietro Vernotico, poi
quella indicata da Pierpaolo Ricciato, 39 anni, nato a San
Pietro ma residente a Tuturano; successivamente quella dei
fratelli Daniele e Saverio Rizzo di Cellino San Marco;
quindi la soluzione prospettata da Domenico D’Agnano
originario di Carovigno ma residente a San Pietro, Raffaele
Renna e Cristian Tarantino, entrambi di San Pietro”.
Gli spacciatori del clan Campana
24 gennaio 2012 - “Macchina”, “Bicicletta marrone”,
“Brioche”, “Minuti”, “Secondi”, “Bottigliette di acqua”, e
ancora “scooter”, “camicia”, “robe”, “cavalli”, “pony”, ma
anche “zoccole”. Hanno fatto uso di tutti dei termini più
disparati presenti nel vocabolario i brindisini (Raffaele
Renna, Cristian Tarantino, Domenico D’Agnano, Daniele
Poso, Andrea Marullo, Saverio e Daniele Rizzo) coinvolti
nel sodalizio criminale sgominato all’alba di oggi dagli
uomini della Direzione Investiga Antimafia di Lecce della
squadra mobile di Lecce e Brindisi, per indicare la sostanza
stupefacente da acquistare o cedere agli acquirenti leccesi.
Hanno cercato di camuffare in tutti i modi le loro
conversazioni telefoniche nella speranza di depistare
eventuali controlli ma non ce l’hanno fatta. Chi per tre anni
ha ascoltato ogni singola telefonata sapeva, perfettamente,
che la “macchina” richiesta non era una vettura, che la
brioche non era la merendina. L’ordinanza di custodia
cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari
Alcide Maritati precisa a caratteri quasi cubitali, in più
punti, che il contesto nel quale venivano utilizzati questi
vocaboli e l’interpretazione complessiva del materiale
indiziario raccolto ha portato ad accertare che quei termini
erano utilizzati come sinonimi di “sostanza stupefacente”.
“Sono a Otranto con una zoccola, vuole venirsene con me”,
spiega Jonny Serra in una telefonata del 21 ottobre del 2009
a Cristian Tarantino. Serra si riferisce a un acquirente,
nuovo intenzionato a comprare qualche dose. “Ohu sto
morendo dalla fame…esci con una brioche…perché sto
morendo proprio dalla fame”. Dice invece in una
conversazione telefonica Cristian Tarantino a Raffale Renna
(detto Puffo) quando deve prendere una dose di droga da
cedere a un nuovo acquirente. Lo scambio della droga
avveniva quasi sempre in luoghi pubblici quali bar, pizzerie
o il centro scommesse Snai di San Pietro Vernotico. Nel
corso delle indagini è stato accertato che Renna, Tarantino e
Domenico D’Agnano, in più occasioni hanno rifornito di
sostanza stupefacente del tipo cocaina il gruppo dei fratelli
leccesi Nisi. I tre, inoltre, appartenevano a un gruppo
operativo anche sul territorio di San Pietro Vernotico,
dell’organizzazione mafiosa un tempo nota come Scu e
facente capo a Francesco Campana. Il ruolo che ricoprivano
è stato anche confermato dai collaboratori di giustizia
Giuseppe Passaseo, Ercole Penna e Davide Tafuro. Daniele
Poso, Andrea Marullo, originario di San Pietro Vernotico
ma residente a Sassuolo, invece, avevano il compito,
all’interno del gruppo capeggiato da Renna e D’Agnano, di
recapitare la droga e riscuotere i debiti di quegli acquirenti
che non pagavano alla consegna. Anche queste posizioni
sono documentate con le conversazioni telefoniche
registrate dagli investigatori. Stesso discorso per i fratelli
Daniele e Saverio Serio di Cellino San Marco. Essi
gestivano il traffico sul territorio cellinese. I due, insieme a
Tarantino e Renna sono difesi dall’avvocato Francesco
Cascione.
di Paola Bari
Droga e Scu, i leccesi facevano shopping nel
Brindisino
24 gennaio 2012 - Era la zona sud del Brindisino l’area
dove un gruppo della criminalità organizzata leccese faceva
shopping di cocaina ed hascisc, una delle tante attività
gestite dal clan assieme al contrabbando, le estorsioni, il
gioco d’azzardo, potendo contare su armi, esplosivi ed un
forte potere intimidatorio, sottolinea la Direzione distrettuale
antimafia di Lecce. Il gruppo criminoso era quello
capeggiato da Pasquale “Maurizio” Briganti, leccese
trapiantato a Bolzano, con una solida sponda in carcere
presso il boss detenuto Salvatore Caramuscio. La moglie di
questi, Simona Sallustio, assieme a Briganti, ai coniugi
Giuseppe Nisi e Carmela Merlo, e a Stefano Ciurlia, sono
colpiti da un’ordinanza che prevede anche il 416 bis,
l’associazione di stampo mafioso. Ci sono 62 nomi nella
lista degli indagati, 49 dei quali da arrestare, di questi solo
otto hanno beneficiato dei domiciliari, non pochi erano già
detenuti per altro. L’elenco dei brindisini, tutti del
quadrilatero compreso tra Torchiarolo, S. Pietro Vernotico,
Cellino S. Marco e Tuturano, si ferma a 15, tre dei quali
indagati a piede libero. Le indagini erano partire nel 2009,
sostanzialmente dall’attentato alla videoteca Cinemastore
che poi ha dato il nome all’operazione scattata questa
mattina alle 4 in vari centri, anche nell’Italia Settentrionale,
da parte della squadra mobile di Lecce, che ha condotto
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l’attività investigativa, e della Squadra mobile di Brindisi.
Colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere
Domenico D’Agnano, “Nerone”, 44 anni di S. Pietro, già
detenuto; Stefano Elia, 37 anni, di Torchiarolo; Andrea
Marullo, 28 anni di S. Pietro, residente a Sassuolo; Cosimo
“Mino” Perrone, 29 anni di Torchiarolo, che si trovava ai
domiciliari ed è passato in carcere; Daniele Poso, 26 anni di
S. Pietro, già detenuto; Raffaele Renna, 33 anni di S. Pietro,
già detenuto; Pierpaolo Ricciato, 39 anni di Tuturano, preso
a Pavia dove si trovava per lavoro; Daniele Rizzo di 35 anni,
di Cellino S. Marco; Saverio Rizzo di 46 anni, di S. Pietro;
Marcello Solazzo, 29 anni di S. Pietro; Cristian Tarantino,
24 anni, di S. Pietro, già detenuto. A piede libero, Romolo
Cennamo, 50 anni di S. Pietro; Annalisa De Rinaldis, 46
anni di Torchiarolo, e Salvatore Notarnicola, 31 anni, di
Torchiarolo. I brindisini arrestati rispondono quasi tutti
dell’’articolo 74 del Dpr n. 309/90 che prevede e punisce il
delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di
sostanze stupefacenti. Secondo le ipotesi accusatorie, infatti,
il clan Briganti si approvvigionava di cocaina ed hascisc, in
ordine cronologico, da Gianluca Saponaro poi ammazzato a
Cellino S. Marco, e Marcello Solazzo; poi da Pierpaolo
Ricciato; quindi dai due Rizzo; successivamente presso
D’Agnano, Renna e Tarantino; infine dal barese Vincenzo
Zonno.
di Marello Orlandini
Droga: colpo alla Scu, valanga di arresti.
Coinvolti anche 12 brindisini
24 gennaio 2012 - Agenti della Squadra Mobile di Lecce e
della Questura di Brindisi hanno eseguito a partire dalle
prime luci dell’alba una valanga di ordini di arresto emessi
dal giudice delle indagini preliminari su richiesta della
Direzione distrettuale antimafia di Lecce. 62 gli indagati, 49
dei quali raggiunti da misura cautelare. Sotto scacco sono
finiti presunti affiliati alla Sacra Corona unita che avrebbero
operato nelle province di Lecce e Brindisi. Una dozzina i
brindisini coinvolti, di cui 4 arrestati stamane dalla polizia. I
destinatari del provvedimento, tra i quali anche una donna,
sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di
stampo mafioso finalizzata allo spaccio di sostanze
stupefacenti, tentata estorsione e tentata rapina.
L’operazione, denominata Cinemastore, è scattata dopo tre
anni di indagini, che presero il via nel 2009 in seguito ad un
attentato ad una videoteca di Lecce. L’inchiesta ha
riguardato anche un omicidio, quello di Antonio Giannone.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati tre
chilogrammi di cocaina e due chili di hascisc ed è stata
coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia. Il questore
di Lecce, Vincenzo Carella, l'ha descritta come un "duro
colpo alla Scu". Proprio a proposito dei mancati arresti dei
capi dell'organizzazione, il procuratore capo della Direzione
Distrettuale Antimafia Cataldo Motta ha spiegato che la
polizia è sulle loro tracce.
confronti del patron del Boys Mesagne da tempo nel mirino
della criminalità che vive da mesi sotto stretta sorveglianza
delle forze dell’ordine. Sin da quel 24 agosto scorso, in cui,
alle 14.30 del pomeriggio, qualcuno piazzò un pacco bomba
sulla soglia della sua abitazione di via Federico secondo
Svevo distruggendo parte dell’ingresso e rischiando di
ammazzare con l’onda d’urto qualche passante in strada. Il
portone di casa di Devicienti – la cui sorveglianza è stata
rafforzata e viene garantita non solo dalla polizia ma anche
da carabinieri e guardia di finanza – era stato già incendiato
il 26 luglio e per questo motivo i due piromani finirono in
manette. La lunga scia di attentati, anche in azienda, ai suoi
danni si accompagna anche ad una serie di messaggi
intimidatori. Pare infatti che subito dopo la bomba di agosto
sempre per posta fosse giunta all’indirizzo dell’imprenditore
un’altra lettera anonima, finita anch’essa nelle mani degli
investigatori. Con un messaggio contenente minacce di
morte per tutta la famiglia. Il biglietto recitava pressappoco:
“Uccideremo i tuoi figli, tua moglie, tua madre, le tue
sorelle e poi toccherà a te”. Messaggi di solidarietà
all’imprenditore sono giunti dal sindaco di Mesagne Franco
Scoditti e dall’associazione antiracket che condannano
fermamente i nuovi atti intimidatori balzati agli onori della
cronaca.
Ancora minacce a Devicienti
20 gennaio 2012 - “Buon Natale ed un 2012 di sangue”
sono gli inquietanti auguri inviati qualche settimana fa
all’imprenditore di Mesagne Luigi Devicienti. All’interno
della busta intercettata in un ufficio postale cittadino e finita
nelle mani dei carabinieri della locale stazione, c’erano
anche due proiettili calibro 7.65. Nuove minacce nei
Omicidio Saponaro: torna in carcere Josef
Orofalo
19/01/2012 - Nella giornata di ieri, i Carabinieri del Nucleo
Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi, in
collaborazione con quelli della Stazione di Cellino San
Marco, hanno tratto in arresto, in esecuzione di Ordinanza di
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Custodia Cautelare in Carcere emessa dal G.I.P. del
Tribunale di Brindisi, Antonio Orofalo, 26enne del luogo.
La misura coercitiva è stata emessa sussistendo esigenze di
cautela sociale e concreto pericolo di fuga da parte del
medesimo che, con sentenza emessa a seguito di giudizio
abbreviato in data 22.11.2011 dal G.U.P. del Tribunale di
Brindisi, era stato condannato alla pena di anni 18 di
reclusione poiché ritenuto colpevole di omicidio aggravato
in concorso e porto illegale d’arma da fuoco in concorso. I
fatti risalgono al 19.06.2010, allorquando il suddetto, per
vendicarsi di un “pestaggio” appena patito, unitamente al
fratello Josef, armati di un fucile a canne mozzate, si
metteva alla ricerca del pregiudicato Gianluca Saponaro,
autore delle lesioni. Rintracciatolo alla guida della propria
auto, in Cellino San Marco alla via S.Pietro, ed affiancatolo,
i due esplodevano all’indirizzo del Saponaro un colpo con il
predetto fucile, attingendolo alla testa e cagionandone la
morte. I malfattori dopo l’evento si diedero alla macchia per
circa 5 giorni, presentandosi presso il Comando Provinciale
Carabinieri di Brindisi dove i Carabinieri li interrogarono
con il p.m. Adele Ferraro. Al termine dell’interrogatorio fu
tratto in arresto il solo Orofalo, autoaccusatosi
dell’omicidio. Le indagini scaturite a seguito dell’evento
consentirono inoltre di appurare che il fatto era dovuto ad
una tentata estorsione posta in essere dal Saponaro nei
confronti dei fratelli Orofalo, che era avvenuta partendo da
una richiesta iniziale di 1.000 € per poi giungere alla cifra di
circa 5.000 €. Inoltre i carabinieri hanno accertato che in
auto al momento dei fatti vi era anche un parente dei due
fratelli all’epoca minorenne. Le attività tecniche
consentirono inoltre di mettere in luce il carattere di Antonio
Orofalo, infatti dopo l’atto si atteggia a criminale di livello
palesando anche cinismo per quello aveva fatto. Parlando
dell’omicidio con altre persone afferma di aver fatto un
“piacere ad amici buoni”, nonché si vanta di aver ucciso un
“camorrista” ed infine palesa la disponibilità di armi anzi
“un’armeria”. Dopo le formalità di rito, l’arrestato è stato
associato presso la Casa Circondariale di Brindisi.
Attentato nella notte a Mesagne, ma nessuno
denuncia. E' mistero.
18 Gennaio 2012 - Un forte boato è stato udito nella notte a
cavallo tra sabato e domenica a Mesagne. Nessuno però ha
compreso di cosa possa trattarsi. Da alcune indiscrezioni
ascoltate tra i cittadini sembra che sia stato portato a termine
un atto intimidatorio nei confronti di un personaggio noto
alle forze dell’ordine che non ha presentato nessuna
denuncia per i fatti accaduti. Come dire un regolamento di
conti o quanto meno di chiarimenti tutto interno alla
criminalità autoctona. Sulla vicenda, tuttavia, pur non
essendoci indagini in corso, c’è una particolare allerta da chi
è preposto al controllo del territorio. L’episodio si sarebbe
verificato nella notte tra sabato e domenica e precisamente
nella zona di viale Indipendenza. Precisamente nei pressi di
una traversa. Qui sarebbe stato udito dai cittadini un forte
boato. Qualcuno, temendo un attentato, ha anche allertato i
centralini delle forze dell’ordine che hanno inviato in zona
alcune pattuglie i cui agenti, tuttavia, non hanno riscontrato
nessuna anomalia. E fin qui l’ufficialità dell’evento.
Ufficiosa, invece, è il resto della storia. In particolare
sembra che sia stato portato a termine un atto intimidatorio
dimostrativo ai danni di un personaggio piuttosto noto alle
forze dell’ordine. Alcuni individui gli avrebbero fatto
scoppiare, nei pressi della sua abitazione, un grosso petardo,
verosimilmente una bomba carta di non elevata potenza, allo
scopo di intimidirlo senza causare grossi danni. Come dire
“ti possiamo colpire quando e come vogliamo”. La pseudo
vittima non avrebbe denunciato alle forze dell’ordine
l’episodio ma avrebbe chiesto delucidazioni ad alcuni
“amici”. Nessuno, quindi, ha presentato una denuncia per i
fatti accaduti alle forze dell’ordine mesagnesi che in
mancanza di un atto ufficiale non possono avviare le
indagini per comprendere bene cosa sta accadendo. Sarebbe
interessante, infatti, comprendere il perché di un tale gesto e
in che ambito criminale può collocarsi e leggersi. Dinamiche
che le forze dell’ordine, in ogni modo, conoscono bene
anche se ci si trova in presenza di scenari ed alleanze
mutevoli.
Incendiato un carro funebre
18 gennaio 2012 - L’auto del titolare di una impresa di
pompe funebri distrutta da fiamme di dubbia origine a San
Vito dei Normanni. Sono da poco passate le 23, ieri sera,
quando la Renault Scenic di Roberto Francavilla, 43enne
viene avvolta dalle fiamme in via San Donato. A domarle
arrivano sul posto i vigili del fuoco di Brindisi e i carabinieri
della locale compagnia che indagano per risalire alle cause
reali del rogo e se possa essere connesso al racket delle
estorsioni. L’impresario tuttavia ha escluso di aver mai
ricevuto richieste di danaro o minacce.
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Attentato incendiario contro ristorante
17 gennaio 2012 - Messaggio di fuoco ai danni del
ristorante “Al Rusticone” di Mesagne, fortunatamente senza
gravi conseguenze. Erano circa le 23.30 quando qualcuno
armato con una bottiglia di plastica contenente liquido
infiammabile ha cosparso i pali di sostegno del gazebo
esterno del locale di via Antonio Gramsci appiccando le
fiamme. A quell’ora per strada sembra non ci fosse nessuno
e il ristorante preso di mira era chiuso per ferie dal 9 al 20 di
gennaio. Solo per un caso l’attentato incendiario non ha
prodotto danni particolarmente devastanti dal momento che
alcuni vicini, notando il rogo, si sono precipitati a spegnere
le fiamme richiedendo l’intervento dei carabinieri della
locale stazione. Sul posto i militari, guidati dal maresciallo
Gabriele Taurisano, hanno individuato una bottiglietta
carbonizzata contenente liquido infiammabile, usata
presumibilmente dai malviventi. Alla fine sono rimasti
soltanto anneriti i pali di sostegno del gazebo. I carabinieri –
in collaborazione con la compagnia di San Vito dei
Normanni – indagano intanto sugli autori e sul contenuto del
messaggio di fuoco ai danni del titolare dell’attività,
Antonio Fantasia, 51enne di Mesagne, gestore anche di un
paio di bar in città. Via Gramsci si trova all’estrema
periferia di Mesagne sulla provinciale 45 per Latiano.
di Antonio Portolano
Mesagne è con gli imprenditori e contro il racket
14 Gennaio 2012 - La città di Mesagne è nuovamente
scossa. Gli atti intimidatori che si stanno verificando nelle
ultime settimane non contribuiscono a dare serenità
all’intero tessuto sociale. In particolare al mondo produttivo
che con problematicità sta affrontando una crisi che sta
mettendo in difficoltà anche i grossi colossi commerciali.
Difficoltà delle imprese che se da una parte devono
combattere contro la criminalità, macro micro che sia,
dall’altra si ritrovano “vessati” dallo stesso Stato troppo
burocratizzato che ha il dovere costituzionale di difenderli.
Ecco perché agli imprenditori è giunta la solidarietà degli
amministratori locali. “Intendo esprimere innanzitutto la mia
solidarietà e quella dell’amministrazione comunale sia a
Nicola Urgesi, vittima dell’ultimo atto intimidatorio che
all’intero comparto produttivo e imprenditoriale – ha
spiegato Luigi Vizzino, assessore alle Attività produttive, il
quale ha aggiunto “L’amministrazione comunale ha già
messo in campo diverse iniziative di contrasto all’illegalità e
alla connivenza. Abbiamo dotato la città di un sistema di
videosorveglianza adesso tocca ad altri enti intervenire. Per
l’amministrazione comunale è importante far sentire la
vicinanza al mondo produttivo. Posso assicurare che il
sindaco Scoditti tutti i giorni ha contatti diretti con le
autorità competenti per sincerarsi sulle misure di sicurezza
adottate”. L’assessore Vizzino ha concluso: “respingiamo
con sdegno questo tentativo di aggressione alla città”. Sulla
vicenda è intervenuto anche Fabio Marini, presidente
dell’associazione antiracket: “Ho già espresso direttamente
all’imprenditore Urgesi la mia personale vicinanza e quella
dell’associazione che rappresento. Ho manifestato il nostro
apprezzamento per quello che ha dichiarato “questi attentati
non mi piegheranno” e soprattutto il fatto che se dovessero
chiedere il pizzo denunciare gli estorsori come già ha fatto
in passato. E’ sicuramente questo lo spirito giusto per la
lotta al racket e all’illegalità”. Marini ha lanciato, quindi, un
appello alla vittima: “Voglio dire al signor Urgesi di
continuare a investire a Mesagne. La nostra associazione
sarà al suo fianco insieme a tutte le istituzioni locali e le
forze dell’ordine. Non deve assolutamente scoraggiarsi, anzi
le sue parole coraggiose gli fanno onore. Mi auguro che
presto gli investigatori daranno risposte a questo e ai tanti
eventi criminosi che stanno accadendo nella nostra città”.
Infine Roberto D’ancona, è Consigliere comunale di Sel ma,
soprattutto, è un imprenditore che ogni giorno lotta contro le
difficoltà sociali e finanziari- Il politico ha confessato: “Lo
Stato non si sta rendendo conto che a causa di alcune scelte
politiche operate indirettamente, e suo malgrado, sta
contribuendo verso un risveglio della criminalità”. Parole
forti, dure che D’Ancona, tuttavia, chiarisce subito: “Ciò è
dovuto alla crisi economica che ha messo molte imprese con
le spalle al muro. Realtà produttive che, purtroppo, a causa
della crisi sono costrette a fare ricorso alle banche e, quando
le porte sono chiuse, anche ad altri sistemi grigi che
ovviamente causano una distorsione della legalità. La mia
preoccupazione è che qualcuno è convinto che è giusto fare
così in una situazione politica poco chiara”. Il Consigliere
D’Ancona ha così concluso: “In questo periodo molte
aziende hanno atti di pignoramento anche a causa di crediti
contratti nei confronti dello Stato. Uno Stato che ha perso, a
mio avviso, la sua mission di socialità ed è diventato, di
fatto, un ente finanziario”.
di Tranquillino Cavallo
Un bel colpo alla malavita
11 gennaio 2012 - Dalle ordinanze di custodia cautelare che
hanno inferto un bel colpo alla Scu d’ultima generazione
all’arresto di Francesco Campana. E poi estorsioni in
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flagranza, attentatori presi su provvedimento del giudice. In
queste settimane un focus sulle rapine in abitazione: “Ci
stiamo lavorando e come dico sempre, in questi casi, il
tempo è galantuomo”. Parola di Francesco Barnaba,
vicequestore, capo della Squadra mobile che voltandosi
indietro e analizzando i dodici mesi che sono trascorsi, può
dirsi soddisfatto. Ma non pago. “Ci stiamo lavorando, e non
escludo che fra qualche tempo possano esserci risultati
importanti”. Del resto ha avuto ragione quando sosteneva
che dietro gli attentati dinamitardi alle attività commerciali
c’era la mano di un clan emergente, se di clan si può parlare.
Francesco Campana, dopo una latitanza durata un anno, è
stato arrestato il 23 aprile 2011. Una volta preso, una volta
tornati in cella anche Sandro e Antonio, i due fratelli, ha
iniziato a regnare la quiete, fatti i dovuti scongiuri: “So bene
che la Scu non è vinta – commenta infatti Barnaba – e che ci
sarà sempre una riemersione, seppur parziale, dell’una o
dell’altra frangia. Ma noi siamo qui per avversarla”. Non è
solo criminalità organizzata la materia di interesse della
Squadra mobile. Sulle rapine in gioielleria, collaborando
anche con i commissariati di Ostuni e Mesagne, gli agenti
hanno dato il meglio di sé.
Incendiata esposizione di auto usate
11 gennaio 2012 - Sette vetture carbonizzate, quattro
seriamente danneggiate. Strage di veicoli lungo la
provinciale che collega Torre Santa Susanna ad Oria. Nel
mirino dei piromani l’esposizione di Auto Astrea situato a
circa 500 metri dalla stazione dei carabinieri di Torre Santa
Susanna. I piromani entrano in azione alle 3.45 del mattino,
hanno facile accesso al piazzale scoperto, circondato da una
recinzione metallica. Una ventina le auto parcheggiate
lungo il piazzale e sotto alcuni gazebo. Buona parte delle
vetture brucerà di lì a poco, rapidamente. Superlavoro dei
vigili del fuoco per un paio d’ore: intervengono sul posto
due squadre del distaccamento di Francavilla Fontana ed
una dal comando provinciale di Brindisi insieme con i
carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana guidata
dal tenente Simone Clemente e della locale stazione
coordinata dal luogotenente Francesco Lazzari. Alla fine
delle operazioni di spegnimento i danni sono ingenti e
sfiorano i 100 mila euro nonostante si tratti di auto usate.
Resteranno completamente carbonizzate una Citroen C3,
una Panda nuovo tipo, una Volkswagen Passat, una Smart,
una Lancia Y, una Bmw. Danneggiate anche una Ford
CMax, una Fiat Punto, una Peugeot 207 cabrio. I danni sono
coperti da assicurazione. I carabinieri indagano – sotto la
regia del pm D’Agostino – per risalire agli autori e al
movente dell’attentato (è esclusa già a priori l’idea di un
incendio per cause accidentali). I gestori dell’attività,
Salvatore Bianco 32 anni e Cosimo Vito di 33, entrambi di
Torre Santa Susanna (l’autosalone è intestato alla moglie di
quest’ultimo, Piera Orsini di 36anni), già noti alle forze
dell’ordine, escludono di aver mai ricevuto minacce
estorsive.
di Antonio Portolano
Il questore: “La gente denuncia di più”
10 gennaio 2012 - Arretra la criminalità organizzata e
cresce la fiducia nelle istituzioni e nella Polizia di Stato. E’
un bilancio lusinghiero quello del 2011 per la questura di
Brindisi, che si radica sempre più nel tessuto sociale della
provincia. “Un anno impegnativo – lo definisce il questore
Alfonso Terribile – in cui i risultati sono stati soddisfacenti,
considerata l’enorme mole di lavoro svolto. Non solo in
termini di polizia giudiziaria e sul fronte della repressione,
ma anche per quanto attiene la prevenzione, l’ordine
pubblico, i servizi amministrativi e sociali che spesso non si
vedono ma contribuiscono a rendere tangibile la percezione
della sicurezza “. I brindisini si fidano sempre più e
denunciano. Un effetto importante perché, ad esempio in
termini di furti d’auto, e conseguente richiesta di danaro per
la restituzione della vettura – il cosiddetto fenomeno del
“cavallo di ritorno” – i brindisini non stanno più zitti
pagando il ladro di turno, ma denunciano e le auto vengono
ritrovate: 126 quelle scovate nell’arco di 24ore dal furto e
restituite ai legittimi proprietari nell’arco del 2011.
Arretrano le organizzazioni mafiose dopo gli arresti di peso
effettuati dalla squadra mobile che hanno impedito alla
Sacra Corona Unita di ricostituirsi, facendo fallire gli
obiettivi dei fratelli Campana assicurati alla giustizia,
insieme con altri personaggi finiti nella operazione “Last
Minute” che ha disarticolato la quarta mafia. Colpi
importanti sono stati inferti anche al fenomeno delle
estorsioni e delle rapine in particolare in gioielleria. Quasi
completamente azzerato il problema dei furti di rame, in cui
Brindisi si distingueva in maniera particolare: essere capitale
d’Italia nel furto “dell’oro rosso” reato in cui la Puglia ha
primeggiato strappando la palma al resto delle regioni
italiane. Superlavoro a Restinco – dove sotto la direzione
dell’ufficio di gabinetto della questura di Brindisi sono state
impiegate unità delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri,
guardia di finanza, militari del reggimento San Marco).
Un’aliquota pari alle forze di polizia impiegate sul territorio.
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Intenso anche il lavoro svolto in tema d’immigrazione. A
illustrare i dati dell’attività svolta nel 2011 oltre al questore
Alfonso Terribile, il capo di gabinetto Anna Palmisano, i
dirigenti della Squadra Mobile Francesco Barnaba, della
Digos Vincenzo Zingaro e della sezione volanti Alberto
D’Alessandro.
Pizzo, boss ex detenuto torna in cella
10 gennaio 2012 - Esce dal carcere dopo 18 anni di
detenzione e tenta di estorcere denaro a un imprenditore
edile del suo stesso paese. E torna in cella. Si tratta del
48enne Cosimo Mazzotta, elemento di spicco della Sacra
Corona Unita degli anni Ottanta. Questa volta è accusato di
tentata estorsione e violazione delle prescrizioni imposte dal
provvedimento di sorveglianza speciale. In carcere, 18 anni
fa, ci era finito per associazione per delinquere di stampo
mafioso, estorsione e tentato omicidio. L’ordinanza, a firma
del gip del tribunale di Brindisi Valerio Fracassi, è stata
eseguita nella giornata di oggi dai carabinieri del Nucleo
Operativo e Radiomobile di Brindisi, e venerdì prossimo
Mazzotta, alla presenza del suo legale di fiducia Ladislao
Massari, sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia in cui
sarà chiamato a riferire la sua versione dei fatti. Si è già
dichiarato innocente e totalmente estraneo all’accusa. Da
quanto hanno accertato gli investigatori in fase di indagini,
l’ex esponente della Scu, affiliato al clan Buccarella, nel
mese di settembre scorso, dopo aver avvicinato un
imprenditore edile, che doveva eseguire dei lavori presso
un’azienda cellinese, avrebbe chiesto, in cambio della
consegna di fatture false a copertura del pizzo, somme non
meglio
quantificate
di
denaro,
minacciandolo
implicitamente che nel caso non avesse aderito alla sua
richiesta, avrebbe posto in essere ritorsioni. L’imprenditore
minacciato, sulla cui identità si mantiene lo stretto riserbo,
non ci ha pensato due volte a rivolgersi ai carabinieri
denunciando il suo estortore. Le indagini sono state avviate
subito. Da quanto è stato accertato dagli investigatori,
inoltre, dal momento in cui Mazzotta è tornato in libertà, in
paese si sono verificati danneggiamenti a carico di
commercianti e imprenditori locali. Il 48enne a proposito
delle presunte minacce messe in atto per procurarsi denaro
per vivere, pare che intimorisse le sue vittime facendo leva
sulla propria fama non certo rassicurante derivante dai
precedenti per associazione per delinquere di tipo mafioso.
Questa mattina Cosimo Mazzotta è tornato in carcere. Nel
corso della perquisizione effettuata presso la sua abitazione i
militari hanno rinvenuto documentazione “sospetta” che è
stata sequestrata e che potrebbe fornire ulteriori prove per
eventuali responsabilità.
di Paola Bari
Nota della Redazione
A nome di tutti i soci si esprime vivo plauso per la
brillante operazione contro la criminalità organizzata,
portata a termine dall’Arma. Viva soddisfazione suscita
in noi l’ arresto del malavitoso resosi responsabile di
reati così vili verso la nostra gente; siamo altresì convinti
che questo è un significativo colpo inferto alle
organizzazioni criminali che operano nel nostro
territorio. Si porgono i più vivi complimenti alla
Benemerita che da sempre è presidio di sicurezza e
legalità.
Sicurezza, vertice sindaco-partiti
4 gennaio 2012 - Dopo la bomba della notte di Capodanno e
i diversi colpi a supermercati e altre attività commerciali di
Latiano, stamane si sono riunite tutte le forze politiche per
discutere e concertare la richiesta di nuove misure di
sicurezza per la città. I lavori sono iniziati alle 11
nell’ufficio del sindaco Antonio De Giorgi, con tutti i
capigruppo dei partiti politici e anche Salvatore De Punzio
vittima dell’attentato del 1 gennaio 2012 nonché presidente
del consiglio comunale. Obiettivo unanime riportare serenità
e sicurezza a Latiano. A breve sarà resa nota la data del
consiglio comunale straordinario e monotematico sul tema
dell’ordine pubblico. Linee guida ben precise quelle
espresse nella riunione di oggi a palazzo di città. Unanime il
coro di solidarietà e vicinanza a Salvatore De Punzio e la
sua famiglia per l’atto intimidatorio ricevuto dopo la
mezzanotte dell’1 gennaio scorso. Gli ultimi mesi, con il
concludersi dell’attentato di domenica notte, non sono stati
facili per la cittadinanza latianese: dalle rapine (costanti) alle
bombe. Non c’ è più sicurezza tale da poter assicurare
serenità, hanno affermato molti dei presenti al vertice. Tante
e diverse sono state le proposte avanzate durante la riunione
oggi. Sicuramente si andrà verso il rafforzamento
provvisorio – così come già detto qualche giorno fa dal
sindaco Antonio De Giorgi – delle forze dell’ordine anche
con auto civetta e militari. Si cercherà di realizzare una
sinergia per monitorare la città soprattutto nelle ore critiche
(orario di chiusura delle attività commerciali). Un’altra
proposta fatta, sempre nell’intento di salvaguardare il
cittadino e renderlo partecipe di questo difficile momento, è
stata quella di un consiglio comunale aperto alla
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cittadinanza e con la presenza delle tv locali per capire nello
specifico le reali paure dei cittadini e trovare insieme una
soluzione al problema pressante della sicurezza. “Quello che
voglio far portare di più sotto i riflettori in questo momento
– ha dichiarato il sindaco De Giorgi – è che in questo
momento non ci sono bandiere politiche, ma tutti siamo
uniti per il bene della città di Latiano e l’incolumità dei
latianesi”. Unanime la posizione sul passo da compiere
proprio in questi primi giorni del nuovo anno, da parte
dell’amministrazione comunale di Latiano e di tutte le forze
politiche. Non bisognerà lasciar che le situazioni descritte
passino senza reazioni e magari anche inosservate,
bisognerà agire e comunicare, far sapere che non si vive e
non si vince in questa vita commettendo atti criminali.
Proprio in funzione della comunicazione, nei prossimi giorni
uscirà un manifesto nella città di Latiano – deciso sempre
all’unanimità in riunione questa mattina – di condanna del
grave atto di minaccia ai danni di Salvatore De Punzio.
Proprio quest’ultimo – anch’egli presente nella riunione – ha
dichiarato di aver pensato e ripercorso il 2011 per capire e
trovare una giustificazione (se così può mai essere definita)
all’attentato ricevuto la notte di Capodanno ma senza
trovare risposte. “Non credo di aver mai offeso qualcun o o
fatto qualcosa – ha dichiarato Salvatore De Punzio – al
punto da meritarmi un gesto così grave. Ringrazio tutte le
persone che sono vicine a me e la mia famiglia e tutta
l’amministrazione comunale di Latiano. Tutte le decisioni in
cui mi ritroverò protagonista saranno fatte per il bene della
mia famiglia – ha concluso”. Tanta paura in città ma tanto
coraggio da parte di tutti. Si combatterà con l’intelligenza e
non con la guerra.
di Maristella De Michele
Banche e società di riscossione tributi nel mirino
dell'Antiracket mesagnese
04 Gennaio 2012 - Bilancio di fine anno complessivamente
positivo quello che ha tracciato l’associazione antiracket e
antiusura “Legalità e Sicurezza” di Mesagne nella pubblica
assemblea dei soci che si è svolta giorni fa nella nuova sede
di Piazza Orsini del Balzo. Diversi gli obiettivi centrati nel
2011 altrettanti messi in cantiere per il 2012. Tra questi
spicca un tavolo di concertazione da convocare con gli
istituti di credito e con le società di riscossione tributi la cui
rigidità oggi è un tormentone per numerose aziende locali in
difficoltà finanziaria costrette, alcune volte, a rivolgersi agli
usurai. Infine resta alto l’impegno a sensibilizzare il mondo
produttivo locale per denunciare qualsiasi situazione di
usura o di racket in cui si dovessero trovare coinvolti. Tra le
priorità del nuovo anno, oltre alla presenza costante sul
territorio in tutte quelle iniziative in cui è opportuna o
necessaria la presenza dell’associazione: “Continueremo a
incontrare i partiti e successivamente i consigli pastorali
parrocchiali, le scuole, le associazioni di categoria enti e
istituzioni. – ha spiegato il presidente Fabio Marini che ha
aggiunto “Lo scopo dei vari incontri sarà, oltre a quello di
informare sulle finalità dell’associazione, dei benefici di
legge per chi denuncia il racket e l’usura, anche quello di
incrementare il numero degli iscritti per aumentare la
capacità rappresentativa dell’associazione”. Tra qualche
settimana sarà messo in onda lo spot pubblicitario che ha
come testimonial il giudice Ayala nel quale s’invitano i
telespettatori ad aderire all’associazione e soprattutto a
denunciare il racket e l’usura. Marini, tuttavia, pensa anche
ad altro: “Infatti – ha confermato – E’ necessario sostenere
la costituzione di un fondo di garanzia o confidi strumento
oggi più che mai necessario a dare un po’ di respiro a
commercianti o piccoli imprenditore che hanno difficoltà
per mancanza di garanzia ad accedere al credito bancario.
Ed è proprio il credito bancario l’altro grande problema nel
nostro territorio”. Per ottenere questo risultato Marini sa
bene che deve rafforzare il legame e creare nuove sinergie
tra le varie associazioni di categoria, Camera di commercio,
Confindustria e amministrazione provinciale per aprire un
tavolo tecnico e studiare forme di sostegno reali e concrete
alle piccole e media imprese oltre a mettere in atto una
campagna di sensibilizzazione e informazione sulle
agevolazioni di legge per chi denuncia il racket e l’usura.
“Questo è prioritario. Inoltre continueremo a garantire la
nostra presenza in qualità di parte lesa – ha assicurato il
presidente - costituendoci parte civile, in tutti quei processi
nei quali, per la natura dei reati e per le conseguenze
rivenienti, è opportuna”. Entro il mese di gennaio 2012 sarà
operativo il sito internet dell’Associazione, realizzato dalla
società “Tu Design” di Mesagne. Nel sito sarà possibile
iscriversi alle newsletter, aderire all’associazione, visionare
le notizie e la galleria fotografica.
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