le riserve naturali dello stato: un patrimonio per la conservazione

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le riserve naturali dello stato: un patrimonio per la conservazione
Le Riserve Naturali dello Stato:
un patrimonio per la conservazione della biodiversità
LE RISERVE NATURALI
DELLO STATO: UN
PATRIMONIO PER LA
CONSERVAZIONE
DELLA BIODIVERSITÀ
di Marco Panella*
L’Ufficio per la Biodiversità del Corpo forestale si occupa di gestire le Riserve Naturali
dello Stato. Queste aree, pur ricoprendo soltanto il 3% della superficie nazionale protetta, rappresentano un vanto per il nostro paese e per tutta l’Europa, in quanto, così come
riportato da studi effettuati in loco, sono dimora di specie a rischio estinzione. Ciò che
caratterizza la nostra penisola è la varietà del paesaggio, la conformazione geologica, la
mappa orografica, la presenza del mare, la differenza climatica. Il tutto si concentra in
una superficie relativamente modesta rispetto ad altri paesi. Queste particolari condizioni hanno favorito lo sviluppo di biotipi rari, che, grazie ad un eccellente grado di tutela,
si sono conservati quasi integri nei loro habitat. Il legame profondo tra “dimora” e “ospite” trova conferma nella puntuale elencazione che descrive gli ambienti e le specie, nel
loro vivere simbiotico. Siamo noi i privilegiati fruitori di questo patrimonio verde, una
risorsa riconosciuta ed eletta dalla Comunità Europea come zona di grande interesse.
The Forest Corps Biodiversity Bureau is competent for the management of State Natural
Reserves. Even if these areas cover only a 3% of the total national protected areas, they
are a source of pride for our Country and for the whole Europe, since, as it is said in
researches carried out “in loco” , they are shelters for species faced with the danger of
extinction. Our peninsula is characterized by landscape variety, geological conformation,
mountain system, the presence of the sea and climate variations. Everything is concentrated in a relatively restricted area if compared to other Countries. Those peculiar conditions fostered the development of rare biotypes, are still present, nearly intact, in their
habitat, thanks to an excellent high level of protection. The deep link between “dwelling”
and “guest” is underlined by the detailed listing, which describes habitats and species in
their symbiotic living. We are privileged users of that green patrimony, an acknowledged
resource, chosen as a great interest zone by the European Community.
L
e Riserve Naturali dello Stato gestite dall’Ufficio per la Biodiversità del Corpo forestale dello Stato tutelano un patrimonio naturalistico di eccezionale rilievo costituendo un caposaldo della conservazione della biodiversità nazionale la cui ricchezza trova pochi confron-
*
V.Q.A.F. Funzionario Ufficio Biodiversità del CFS
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ti a livello continentale (Blasi, 2005). Altri articoli hanno già trattato la
storia delle proprietà demaniali (Corrado, 2005) e l’inserimento delle
Riserve Naturali nella rete delle aree protette nazionali (Palmieri, 2006).
L’importanza di queste 130 aree protette si evince dal fatto che molte
riserve rappresentano le aree di maggiore tutela incluse in più vaste aree
protette come parchi nazionali o regionali e che la maggior parte delle
riserve sono state classificate come siti d’importanza comunitaria (in
quanto tali inseriti nella rete di aree protette europee Natura 2000) o di
rango internazionale (ad esempio zone umide Ramsar o riserve dell’UNESCO).
Tuttavia una valutazione dei valori di biodiversità tutelati deve
rispondere a criteri oggettivi e parametri misurabili e confrontabili. In tal
senso un metodo attendibile si riferisce alla percentuale di presenza nelle
Riserve Naturali dello Stato di specie rare, endemiche e di rilevanza conservazionistica attraverso l’analisi degli habitat e delle specie vegetali e
animali a rischio elencate nelle Liste Rosse pubblicate dai vari specialisti
di settore.
Un numero considerevole di habitat e specie minacciate trovano rifugio nelle riserve che, pur costituendo soltanto il 3% della superficie nazionale protetta, ospitano elevate percentuali di elementi naturali a rischio
di conservazione in Italia:
* Di questi in Italia 30 sono d’interesse prioritario di cui 22 nelle Riserve Naturali gestite dal CFS.
** Dal dato nazionale si escludono gli endemismi della Sicilia dove non sono presenti Riserve Naturali del CFS
*** Italia continentale
Tali dati sono di grande importanza soprattutto dal punto di vista
qualitativo trattandosi in molti casi di entità di eccezionale valore scientifico protette anche da Convenzioni internazionali e direttive comunitarie.
Per quanto riguarda gli habitat l’omonima direttiva 92/43/CEE elenca
a livello europeo 164 differenti tipologie meritevoli di conservazione di
cui 46 di ordine prioritario. 126 habitat d’interesse europeo sono presenti in Italia e di questi ben 95 (75%) sono rappresentati nelle Riserve Naturali dello Stato e 22 di questi (su 30 a livello nazionale) sono considerati
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prioritari per la conservazione del patrimonio naturale continentale
(Petrella, 2005).
Una così elevata rappresentatività in relazione all’attuale dimensione
superficiale del demanio statale è dovuta sia alla varietà geografica delle
riserve, distribuite dalla catena alpina alla Calabria, sia all’eccellente
grado di tutela che ha consentito di preservare nelle riserve habitat che
altrove sono andati distrutti.
Gli habitat d’interesse comunitario sono georeferenziati e descritti in
dettaglio in banche-dati europee (Commissione Europea, 2003). Da ciò si
desumono gli ambienti meglio rappresentati nelle riserve naturali dello
Stato.
Tra questi figurano quelli degli ambienti costieri e della vegetazione alofitica e in particolare l’habitat prioritario delle “lagune costiere” e delle
“steppe salate mediterranee (Limonetalia)” (Saline di Cervia, Tarquinia,
Margherita di Savoia, i laghi Pontini, le Sacche di Bellocchio, il lago di
Lesina, ecc.). Gli ambienti delle dune (in particolare l’habitat prioritario
delle “dune a Juniperus sp.”) sono ugualmente ben conservati nelle riserve costiere (alcuni esempi sono Duna Feniglia, Follonica e Cecina sul Mar
Tirreno, Isola di Varano e Foce del Bevano sull’Adriatico, Stornara e
Metaponto sul Mar Ionio) e sono in continuità nell’immediato entroterra
con l’habitat delle “dune con foreste di pini mediterranei”.
Gli ambienti d’acqua dolce d’importanza comunitaria maggiormente
rappresentati nelle riserve dello Stato sono gli habitat dei “fiumi alpini
con vegetazione riparia legnosa a Salix eleagnos” e dei “fiumi alpini con
vegetazione riparia”. Ottimi esempi di questi habitat si trovano nelle
riserve delle Dolomiti bellunesi e a Tarvisio. Nella sola Riserva di Bosco
Fontana si trova l’habitat acquatico rarissimo in Italia dei “fiumi delle
pianure con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho-Batrachion”.
La categoria ambientale dei cespuglieti è rappresentata nei territori
costieri delle riserve soprattutto dall’habitat degli ”arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici” con chiari esempi alle Gole del Raganello sul
Pollino e sul Gargano. Nelle aree montane invece è presente l’habitat
prioritario delle “Boscaglie di Pinus mugo” diffuso nelle riserve delle
Alpi e con un nucleo di grande valore fitogeografico sulle riserve della
Majella. Di rilievo anche la presenza dell’habitat “lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose” sulla Sila.
Le formazioni erbose sono tra le categorie ambientali meglio rappresentate nelle riserve.
L’habitat “Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine” è il più
rappresentato nelle riserve su substrato calcareo delle Alpi venete e friuSILVÆ - Anno V n. 12 -
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lane mentre l’habitat prioritario delle “Formazioni erbose a Nardus, ricche di specie, su substrato siliceo delle zone montane” è ampiamente presente anche sull’Appennino settentrionale (Riserve pistoiesi, Vallombrosa, Casentino, Guadine-Pradaccio) e sulla Sila. Gli habitat prioritari
delle “Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell’Alysso-Sedion
albi” e delle “Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da
cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) caratterizzato da
una stupenda fioritura di orchidee selvatiche” sono rispettivamente gli
habitat naturali e seminaturali più presenti nelle riserve abruzzesi
(Monte Marsicano, Majella, Monte Velino).
Le torbiere sono ambienti per lo più di limitate dimensioni ma di grande valore scientifico. Tra le varie tipologie protette dalla direttiva
92/43/CEE e presenti nelle riserve figurano “Torbiere di transizione e
instabili” (Tarvisio, Orecchiella in provincia di Lucca, ecc.); “Torbiere
basse alcaline” (Laghi di Campotosto e Pantaniello in Abruzzo, AgoraieMoggetto in Liguria). Un habitat particolare e prioritario è quello delle
“Sorgenti petrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion)”
ugualmente rappresentate sulle riserve delle montagne calcaree delle Alpi
e dell’Appennino.
Una tipologia ambientale molto peculiare e delicata particolarmente
tutelata dalla normativa comunitaria è quella delle formazioni rocciose e
delle grotte. Nelle riserve dello Stato sono rappresentati diversi di questi
habitat protetti: i “Ghiaioni calcarei e scisto-calcarei montani e alpini Thlaspietea rotundifolii –“ (Dolomiti Bellunesi, Tarvisio); “Ghiaioni dell’Europa centrale calcarei di collina e montagna” e “Pavimenti calcarei” (habitat prioritari delle riserve abruzzesi). Di eccezionale pregio
naturalistico gli habitat delle “Grotte non ancora sfruttate a livello turistico” (ad esempio il Bus della Genziana in Veneto) e i “Campi di lava e
cavità naturali” (riserva Alto Tirone sul Vesuvio).
Per ovvi motivi legati alla storia e alle funzioni del Corpo forestale
dello Stato gli habitat boschivi sono quelli maggiormente rappresentati
nelle riserve naturali sia in termini di superfici che di biodiversità.
Seguendo i piani altitudinali in ambiente mediterraneo godono di
vasta rappresentanza nelle riserve del CFS le “Foreste di Quercus ilex”
(cenno particolare per il suo isolamento e la sua maturità merita il piccolo nucleo dell’Isola di Montecristo) e le “Pinete mediterranee” con le interessanti formazioni a pino d’Aleppo ad esempio della riserva del Tirone
sul Vesuvio e del Monte Barone sul Gargano. Le pinete costiere per lo più
di origine artificiale e a prevalenza di pino domestico e pino marittimo
presenti nelle riserve litoranee dei tomboli toscani (Cecina, Follonica,
Feniglia), dell’alto adriatico (Punta Marina, Bevano) e dello ionio (Meta-
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ponto, Stornara) sono un’importante protezione dai venti salsi e dall’erosione eolica. In tali boschi sono in atto progetti volti a migliorarne le
funzioni protettive valorizzando anche le potenzialità per la fauna e la
biodiversità (ad esempio tramite la rimozione delle specie vegetali aliene).
Sempre in ambiente mediterraneo è presente nella riserva delle Murge
orientali (Martina Franca) il peculiare habitat d’interesse comunitario
del “Querceto a Quercus trojana”.
Gli habitat dei “Vecchi querceti acidofili delle pianure sabbiose con
Quercus robur” e dei “Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia”
hanno invece nella Foresta Demaniale di Sabaudia il migliore esempio a
livello nazionale. Nella Foresta Umbra è invece rappresentato l’habitat
dei “Boschi di Quercus frainetto”.
Una menzione particolare per rarità e priorità di conservazione meritano gli habitat delle “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus
excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)” e delle “Foreste
miste riparie di grandi fiumi a Quercus robur, Ulmus laevis e Ulmus
minor, Fraxinus excelsior o Fraxinus angustifolia (Ulmenion minoris)”.
I migliori siti sono le riserve di Bosco Fontana in Lombardia e del Vincheto di Celarda in Veneto dove sono stati condotti con i finanziamenti
comunitari LIFE Natura degli interventi di rinaturalizzazione con metodi e tecniche sperimentali ed innovative.
La “Foresta di Castanea sativa” è presente con una vasta distribuzione geografica dalla Val Grande in Piemonte fino all’Aspromonte.
Sono di valore prioritario le “Foreste di versanti, ghiaioni e valloni
del Tilio-Acerion” distribuite negli ambienti rupestri di 15 riserve naturali con un ottimo esempio all’Orrido di Botri in provincia di Lucca e
nella Valle del Fiume Argentino sul massiccio di Orsomarso (Parco del
Pollino).
Negli ambienti montano mediterranei della Calabria di importanza
prioritaria figura l’habitat delle “Pinete (sub-)mediterranee di pini neri
endemici” con i maestosi esempi nelle riserve della Sila grande (i famosi
Giganti di Fallistro), della Sila piccola e della Foresta Demaniale dell’Aspromonte.
Ben 6 dei 7 habitat a prevalenza di faggio presenti in Italia si trovano
in riserve dello Stato. Al nord prevalgono i “Faggeti dell’Asperulo-Fagetum” e i “Faggeti calcicoli dell’Europa Centrale del CephalantheroFagion” che hanno i loro migliori esempi nelle Foreste venete del Cansiglio o in Toscana a Vallombrosa, al Pian degli Ontani e nelle riserve del
Casentino. Diffusi e prioritari sono nel centro-sud i “Faggeti degli
Appennini con Taxus e Ilex” e i “Faggeti degli Appennini con Abies alba”
con importanti esempi in Molise (Collemeluccio), in Basilicata nel Bosco
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Rubbio, in Calabria al Gariglione sulla Sila e a Marchesale sulle Serre. In
alcuni di questi siti sono in atto interventi selvicolturali per riportare,
laddove necessario, la struttura e la composizione specifica del bosco
nelle condizioni naturali che in parte erano andate perdute dopo i tagli
dell’ultimo dopoguerra.
Tra le foreste montane di conifere delle Alpi le “Foreste di Larix decidua e/o Pinus cembra” hanno buon sviluppo a Somadida e in Val Tovanella mentre le “Foreste acidofile montane e alpine di Picea (VaccinioPiceetea)” sono ben rappresentate in tutte le riserve delle Alpi orientali e
in un’unica stazione appenninica di eccezionale valore naturale nella
riserva di Campolino in Toscana.
Come premesso le Riserve Naturali dello Stato rivestono un ruolo per
la conservazione della biodiversità in Italia che può essere desunto dall’analisi delle specie vegetali e animali a rischio elencate nelle Liste Rosse.
Per quanto riguarda i valori botanici e floristici tutelati sulle 388 specie di piante maggiormente a rischio in Italia (Conti, 1992 e Scoppola,
2005) 76 sono tutelate nelle Riserve per una percentuale intorno al 20%.
A titolo di esempio possono essere citate alcune specie d’interesse conservazionistico. La Campanula morettiana, specie rara ed endemica
delle Alpi orientali, inclusa nella Direttiva 92/43/CEE, presente sulle rupi
dolomitiche verticali nelle Riserve Naturali delle Dolomiti Bellunesi. Adonis distorta specie endemica relitta presente solo in alta quota su pochissimi massicci dell’Appennino centrale (Riserve del Monte Velino e della
Majella). La Woodwardia radicans, una felce bella e rarissima, relitto
dell’era terziaria ormai scomparso su gran parte del suo areale, e presente oggi in Italia solo in pochissime stazioni tra le quali la Riserva della
Valle delle Ferriere in Campania. Altri esempi riguardano anche specie
meno appariscenti ma significative dal punto di vista botanico e importanti nel loro ruolo di «indicatori ambientali». Tra queste Euphorbia
lucida tipica dei boschi planiziari litoranei e sopravvissuta in Italia solo
nella Riserva del Bosco della Mesola, Halopeplis amplexicaulis specie
degli ambienti ipersalini che sopravvive oggi in Italia in un’unica stazione continentale nella riserva di Metaponto in Basilicata; Pinguicola fiorii, pianta endemica dell’Abruzzo presente esclusivamente sulle rupi
delle Riserve Naturali del massiccio della Majella, Trachomitum venetum, specie delle dune costiere ampiamente diffusa fino agli anni ’50 su
tutto l’alto Adriatico e sopravvissuta oggi solo in poche località tra le
quali le Riserve di Bellocchio, di Foce Reno e le Saline di Cervia; Mentha
requienii, rara pianta endemica delle isole del Tirreno la cui sopravvivenza è legata alla conservazione degli ambienti umidi ed in particolare
delle sorgenti presenti nella riserva dell’Isola di Montecristo.
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La conoscenza scientifica, inoltre, di alcuni gruppi vegetali è ancora
incompleta e in tal senso alcune Riserve Naturali Statali rappresentano
dei laboratori privilegiati. Le ricerche multidisciplinari svolte ad esempio
nella Riserva di Sasso Fratino in occasione dei 50 anni della sua istituzione hanno portato alla scoperta di due nuove specie di funghi (Bottacci, 2009).
Dal punto di vista faunistico il valore di queste aree protette è ancor
più significativo e riconosciuto. Nelle Riserve Naturali dello Stato sono
presenti tutte le specie di mammiferi (18) che la Lista Rossa nazionale
(Bulgarini, 1998) classifica a rischio di conservazione nell’Italia continentale, escludendo da tale elenco i pipistrelli (la cui conoscenza degli
areali distributivi è ancora incompleta) e le specie marine.
Tra queste specie di mammiferi alcune sono d’importanza prioritaria
a livello europeo e assumono un particolare valore anche dal punto di
vista simbolico (orso, lupo, lontra) essendo divenuti anche per il grande
pubblico emblemi della conservazione della natura.
Anche per questo motivo il CFS ha sviluppato da anni per la tutela di
alcune specie impegnativi programmi di conservazione.
L’orso bruno (Ursus arctos) è stato oggetto negli ultimi decenni di sforzi considerevoli al fine di assicurarne la sopravvivenza sia nel settore
delle Alpi orientali (area di Tarvisio) sia nell’Appennino centrale. Per la
minacciata ed isolata popolazione di orso bruno marsicano lo sviluppo di
progetti in parte finanziati dall’Unione Europea ha permesso un notevole miglioramento del livello di conoscenza sulle reale consistenza numerica del plantigrado. Il primo censimento genetico operato sulla specie per
iniziativa del CFS, comprovando che il numero di animali ancora viventi è circa la metà delle cifre ufficiali precedentemente fornite, ha focalizzato l’attenzione sulla criticità della situazione della specie. Oltre alle
azioni di ricerca e monitoraggio i progetti a favore dell’orso hanno comportato interventi attivi, focalizzati nelle riserve abruzzesi dell’Alto Sangro, come ad esempio la messa in sicurezza di aree montane con la chiusura di strade. A ciò si è accompagnata un’incessante attività di educazione e sensibilizzazione soprattutto a livello scolastico e degli agricoltori
ed allevatori locali, i quali sono stati coadiuvati nel mettere a punto tecniche di difesa compatibili con la presenza dell’orso (Potena e altri,
2004).
Un’altra specie che ha ricevuto grande attenzione da parte del CFS è
la lontra (Lutra lutra). Nei confronti di questo mammifero tipico dei
corsi d’acqua gravemente minacciato a livello nazionale, il CFS nella
Riserva Naturale della Valle dell’Orfento sulla Majella ha portato avanti
in modo pionieristico un centro di riproduzione, di ricerca scientifica e di
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educazione finalizzato ad un futuro ripopolamento della specie nell’Italia
centrale (Mattei e altri, 2005).
Il lupo (Canis lupus), superata una fase di profonda crisi che ne faceva
temere l’estinzione è tornato a popolare gran parte delle montagne dell’Appennino. Le riserve del CFS, con particolare riferimento a quelle della
Sila e dell’Abruzzo, hanno avuto il grande merito nei decenni passati di
fornire al lupo un valido rifugio all’interno di territori nei quali veniva
sistematicamente perseguitato. Oggi si registra la presenza di branchi ed
individui anche nelle riserve dell’Appennino settentrionale (Orecchiella,
Abetone, Casentino) e anche a basse altitudini. Il CFS da sempre ha considerato prioritario il fattore scientifico ed educativo per affrontare in modo
razionale i problemi e i conflitti che la presenza del lupo genera sul territorio e per tali ragioni ad esempio ha istituito nella Riserva Naturale di
Popoli-Monte Rotondo in Abruzzo un centro di recupero, studio e didattica dedicata alla specie. Nelle Riserve della Garfagnana invece vengono condotte prevalentemente analisi di tipo veterinario ed epidemiologico.
Tra le specie di mammiferi carnivori meritevoli di menzione presenti
nelle Riserve vi è la lince (Lynx lynx) estinta agli inizi del secolo sulle Alpi
dove tuttavia ha fatto gradualmente ritorno grazie ai programmi di reintroduzione. Oggi è presente stabilmente nella foresta di Tarvisio (dove è
in corso uno specifico progetto LIFE di monitoraggio) e sporadicamente
nelle Riserve del Bellunese. Sempre tra i felidi l’elusivo gatto selvatico
(Felis silvestris) risulta ben distribuito in molte riserve del centro-sud.
L’approfondimento delle conoscenze zoologiche, favorito anche da
nuovi metodi di analisi genetica, ha portato anche in evidenza l’importante ruolo del CFS e delle Riserve Naturali nella conservazione della
lepre italica (Lepus corsicanus), riconosciuta come entità sistematica specifica meritevole della massima tutela e sicuramente presente nelle Riserve della Sila, del Gargano e del Circeo.
Analoga considerazione riguarda il capriolo italico (Capreolus
capreolus italicus). Esso, sebbene poco distinguibile dal suo parente delle
Alpi, ha adattamenti ecologici particolari ed è oggi confinato nell’Italia
centro meridionale in pochi siti come ad esempio le Riserve Statali della
Foresta Umbra sul Gargano e la Valle del fiume Argentino in Calabria.
Quindi il CFS che gestisce queste aree ha un ruolo chiave negli sforzi per
tutelare l’integrità genetica del capriolo italico.
La Lista Rossa dei mammiferi italiani considera e mette in risalto
anche il valore zoologico della Capra di Montecristo (Capra hircus aegagrus). La RiservaNaturale istituita su quest’isola ha permesso la sopravvivenza di un nucleo stabile, oggi intensivamente monitorato, di queste
capre selvatiche discendenti di animali introdotti in tempi antichi.
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L’endemico Camoscio d’Abruzzo (Rupicapra pyrenaica ornata) vive
nelle Riserve Statali del Parco d’Abruzzo (Feudo Intramonti) e grazie
alla conservazione dell’habitat che il CFS ha garantito alle praterie cacuminali è stato con successo reintrodotto sulla Majella (ad esempio nella
Riserva di Fara San Martino-Palombaro).
Lo stambecco delle Alpi (Capra ibex) agli inizi del secolo sopravviveva soltanto con un numero limitato di esemplari nel Parco del Gran Paradiso. Per garantire la conservazione della specie mettendola al riparo
dall’insorgenza di possibili epidemie furono attuati progetti di reintroduzione che hanno portato oggi gli stambecchi ad un buon livello di sicurezza. Il CFS ha partecipato a questo processo con un progetto di reintroduzione iniziato alla fine degli anni ’70 che ha portato alla creazione di un
nucleo stabile e vitale di stambecchi nelle Alpi Tarvisiane. La vitalità
della popolazione di stambecco, che viene monitorata costantemente dal
punto di vista sanitario, ha permesso nel 2007 e nel 2008 di ripopolare il
nucleo di stambecchi del massiccio della Marmolada falcidiato dall’epidemia di rogna sarcoptica.
Una delle entità faunistiche di maggior pregio che le Riserve Statali
hanno il privilegio esclusivo di proteggere è il cervo della Mesola. Si tratta di una popolazione di cervo (Cervus elaphus) autoctona della Val
Padana al contrario di quelle presenti sulle Alpi italiane (derivate prevalentemente da immigrazione spontanea di animali dall’estero) e sugli
Appennini (frutto di reintroduzioni). Da ciò deriva un rilevante valore
genetico (Mattioli, 2007) e naturalistico che richiede considerevoli sforzi
gestionali (in parte supportati da progetti LIFE) per garantire al cervo le
migliori condizioni di vita. Infatti un ambiente boschivo isolato come il
Boscone della Mesola nel Delta del Po è molto vulnerabile a fattori esterni di origine antropica (es. inquinamento delle falde, sovranumero di specie introdotte in passato per scopi venatori come il daino). Le Liste Rosse
inseriscono ben 19 specie di pipistrelli nelle categorie a maggiore rischio
su un totale di 30 presenti in Italia. Sebbene le conoscenze sulla distribuzione di questi mammiferi siano ancora incomplete, i siti di rifugio, svernamento o le aree di alimentazione di 15 tra le specie minacciate sono
state con sicurezza individuate all’interno di Riserve Naturali dello Stato
(79 %). Nell’ambito delle recenti ricerche naturalistiche svolte nell’ambito del Progetto LIFE-Natura “Tutela di siti Natura 2000 gestiti dal Corpo
forestale dello Stato” nelle riserve dell’Alto Adriatico (Nobili, 2008) è
stata ad esempio rivelata un’eccezionale ricchezza di specie di pipistrelli.
In alcune Riserve per favorire la permanenza di questi animali, importanti sia dal punto di vista della tutela della biodiversità sia per la benefica azione da loro esercitata sul controllo delle zanzare e degli insetti danSILVÆ - Anno V n. 12 -
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nosi all’agricoltura, sono stati attuati interventi gestionali e predisposte
strutture apposite. A titolo di esempio la Riserva della Pineta di Ravenna,
grazie a queste iniziative, è stata recentemente colonizzata da Pipistrellus
nathusii, un pipistrello prevalentemente di ambiente forestale classificato
nella categoria delle specie vulnerabili. Sono state condotte ricerche e
azioni di tutela significative anche nelle Riserve del Circeo dove è stata rinvenuta una delle colonie riproduttive più importanti d’Italia (Mastrobuoni, 2005). Per quanto riguarda la tutela dei pipistrelli l’Ufficio per la Biodiversità del CFS ha orientato l’attenzione soprattutto alle specie più prettamente forestali che trovano rifugio e si riproducono nei vecchi alberi
cavi, come ad esempio le due specie di nottole. Questo habitat è divenuto
ormai piuttosto raro e pertanto in molte Riserve, nell’attesa dei tempi
naturali d’invecchiamento delle piante, si adottano tecniche per creare
rifugi artificiali adatti oppure si predispongono speciali nidi artificiali.
Nella Riserva di Pian degli Ontani nell’Appennino pistoiese queste batbox, attive da 15 anni, hanno consentito il primo monitoraggio a lungo termine sulla popolazione di chirotteri forestali (Dondini, 2008).
Nel censimento delle aree importanti per l’avifauna in Italia (Gariboldi, 2000) il 70% delle Riserve Naturali dello Stato rispondono ai criteri
di rappresentatività e di conservazione che ne determinano la classificazione ai sensi della direttiva europea 79/409/CEE che istituisce le Zone di
Protezione Speciale per la protezione degli uccelli. Tra le specie di uccelli di valore naturalistico un ruolo primario ha l’avifauna acquatica.
Come evidenziato nella descrizione degli habitat di interesse comunitario
le zone umide sono un anello importante della rete delle Riserve Statali.
Delle 14 aree protette che possono classificarsi “zone umide” 9 sono riconosciute d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. Va rilevato tuttavia che molte Riserve prevalentemente forestali,
come ad esempio il Bosco della Mesola o la Foresta di Sabaudia, presentano al loro interno ambienti umidi di inestimabile valore naturalistico in
quanto relitti delle grandi paludi andate perdute nelle opere di bonifica
ed antropizzazione delle pianure. Le zone umide propriamente dette sono
costituite da tratti fluviali con i loro bacini di espansione (ad esempio le
Riserve di Foce Reno e di Frattarolo), da lagune salmastre costiere (come
le Sacche di Bellocchio sul Mar Adriatico o i laghi Pontini sul Mar Tirreno), da saline (come Cervia, Tarquinia e Margherita di Savoia) o laghi
interni (come Campotosto).
Le zone umide gestite dal CFS sono importanti sia come aree di nidificazione sia come luoghi di sosta degli uccelli durante le migrazioni e per
lo svernamento. I censimenti effettuati annualmente dal personale CFS e
dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (Baccetti, 2002) rilevano
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che alcune aree rivestono per i contingenti migratori un ruolo chiave a
livello continentale. Le Riserve della Puglia (Frattarolo, Salina di Margherita di Savoia, Lesina, Varano) nel loro insieme danno rifugio mediamente ogni anno a circa 75.000 uccelli acquatici; i laghi Pontini del Circeo nel Lazio a oltre 12.000 presenze annue e altrettanta importanza
hanno le Riserve dell’alto Adriatico (Bellocchio, Cervia, Foce Reno,
ecc.). Alcune Riserve invece, pur non ospitando in termini quantitativi
contingenti numerosi di uccelli come le precedenti, sono siti importanti
sulle rotte migratorie di alcune specie: è il caso del Lago di Campotosto
per il moriglione (Aythya ferina) o della Salina di Tarquinia per il gabbiano corallino (Larus mediterraneus).
Per quanto riguarda le specie di uccelli nidificanti, su 88 specie classificate nelle varie categorie a rischio in Italia nel Libro Rosso degli animali d’Italia, ben 61 (percentuale del 69,3%) si riproducono all’interno
delle Riserve.
La nidificazione delle specie di pregio naturalistico legate alle zone
umide dipende principalmente dai livelli di tutela degli habitat rispetto al
disturbo derivante dalle attività umane e dall’integrità ambientale rispetto soprattutto all’inquinamento idrico. Molte Riserve offrono in tal senso
condizioni adatte ed alcune rappresentano rifugi riproduttivi di valore
eccezionale. Il fenicottero rosa (Phoenicopterus ruber) ad esempio nella
Salina di Margherita di Savoia d’inverno è presente con circa 6.000 individui ed è stato il primo sito della penisola ad ospitare una colonia che
conta oggi mediamente 300 nidi.
Tra le specie minacciate delle zone umide ipersaline delle saline la sterna
zampenere (Gelochelidon nilotica), il gabbiano roseo (Larus genei), il gabbiano corallino (Larus melanocephalus), il gabbiano comune (Larus ridibundus), il fraticello (Sterna albifrons), il beccapesci (Sterna sandvicensis),
l’avocetta (Recurvirostra avocetta) nidificano nelle Salina di Margherita di
Savoia e di Cervia. La volpoca (Tadorna tadorna) e il cavaliere d’Italia
(Himantopus himantopus) nidificano anche nella Salina di Tarquinia.
Gli ambienti umidi salmastri o d’acqua dolce offrono siti riproduttivi ad
anatre rare come ad esempio la moretta tabaccata (Aythya nyroca) o ad
ardeidi come il tarabuso (Botaurus stellaris) nidificanti entrambi ad esempio al lago di Lesina. Le spiagge tutelate nelle Riserve costiere del Delta del
Po come quelle della Sacca di Gorino permettono la riproduzione di limicoli minacciati come la beccaccia di mare (Haematopus ostralegus).
Nonostante il grande sviluppo costiero nazionale gli ambienti marini
sono raramente abbastanza integri da consentire la presenza delle specie
meno adattabili. Tra queste il gabbiano corso (Larus audouinii) vive e
talvolta si riproduce sull’Isola di Montecristo.
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un patrimonio per la conservazione della biodiversità
Una delle specie di uccelli che ha ricevuto particolare interesse da
parte dell’Ufficio Biodiversità è l’avvoltoio grifone (Gyps fulvus) che
sopravviveva solo in Sardegna e che è stato oggetto a partire dal 1993 di
un intervento di reintroduzione operato nella Riserva Naturale dello
Stato del Monte Velino (Allavena & Panella, 2003). L’operazione, frutto
di una collaborazione internazionale, oggi ha portato alla costituzione di
4 colonie riproduttive con la presenza di circa 150 esemplari e la nidificazione di oltre 20 coppie. Un altro progetto di reintroduzione nella riserva del Monte Velino ha interessato il corvo imperiale (Corvus corax), specie considerata comune in alcune regioni d’Italia ma estinta sulle montagne abruzzesi.
Numerose altre specie di uccelli rapaci vivono nelle Riserve. Tra quelli classificati come minacciati figurano: il nibbio reale (Milvus milvus) che
nidifica nelle Riserve del Molise e della Basilicata e in passato fu oggetto di
un progetto di reintroduzione nella Riserva di Tocchi in Toscana; il falco
lanario (Falco biarmicus) all’Orecchiella e sulle pareti rocciose calde del
Velino e della Majella; il biancone (Circaetos gallicus) specie diffusa nidificante nei boschi termofili specializzata nel cibarsi di serpenti; il falco di
palude (Circus aeruginosus) nidificante nelle zone umide delle Riserve
dell’alto Adriatico. Tra le specie di rapaci classificate vulnerabili è interessante la presenza nelle Riserve forestali del migratore falco pecchiaiolo
(Pernis apivorus) volgarmente detto “adorno” e la cui notorietà è dovuta
al famigerato bracconaggio sullo Stretto di Messina che impegna il Corpo
forestale dello Stato in annuali servizi di prevenzione e repressione.
Gli habitat d’alta quota sono elementi caratterizzanti molte delle
Riserve Naturali dello Stato e ospitano specie di grande valore conservazionistico. Per tale motivo l’Ufficio per la Biodiversità in Abruzzo ha
creato due Centri (Campo Imperatore e Scanno-Frattura) specializzati
proprio nello studio degli habitat e della fauna d’altitudine.
Tra gli uccelli d’alta quota il piviere tortolino (Eudromias morinellus),
specie propria della tundra artica, fino ad un recente passato trovava
negli habitat cacuminali della Majella l’unica stazione riproduttiva nazionale . Ultimamente la specie frequenta l’area solo durante la migrazione.
Merita di essere citata l’aquila reale (Aquila chrysaetos), specie di alto
valore simbolico sebbene non particolarmente a rischio e presente nelle
Riserve alpine e appenniniche. Nelle Riserve alpine sopravvive la pernice bianca (Lagopus mutus), un importante indicatore biologico dei fenomeni connessi ai mutamenti climatici.
Molte specie rare di uccelli legate agli ambienti forestali presenti nelle
Riserve Naturali dello Stato, oltre al loro valore naturalistico, rappresentano importanti indicatori biologici dello stato di maturità e di natu-
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un patrimonio per la conservazione della biodiversità
ralità degli ecosistemi boschivi. Sulle Alpi e sull’Appennino è rilevante in
tal senso la nidificazione di un rapace come l’astore (Accipiter gentilis)
strettamente legato ai boschi d’alto fusto. Tuttavia la specie più minacciata degli ambienti forestali è la colombella (Columba oenas) un uccello
in passato comune ma oggi considerato in stato critico per il suo habitat
riproduttivo legato alle cavità dei grandi alberi. È ancora documentata la
sua presenza nelle foreste delle Riserve del Molise e della Sila.
Dipendenti dallo stesso habitat sono le varie specie di picchi tra i quali
il grande picchio nero (Dryocopus martius) diffuso nelle faggete del Pollino e della Sila e la cui riproduzione è stata riscoperta dopo decenni nell’Appennino settentrionale, proprio nella faggeta della Riserva Integrale
di Sasso Fratino. Tra i picchi è interessante la presenza del localizzato
picchio dalmatino (Picoides leucotus lilfordi) nelle Riserve dell’Appennino centrale e del raro picchio rosso mezzano (Picoides medius) nella
Foresta Umbra sul Gargano, unico luogo in Italia dove è comune.
Infine il merlo dal collare (Turdus torquatus), specie di turdide comune sull’arco alpino, nidifica sull’Appennino, dove invece è molto raro,
soltanto all’interno o in prossimità di Riserve naturali dello Stato come
ad esempio nel Casentino e sulla Majella.
Le Riserve Naturali dello Stato rivestono un ruolo importante anche
per la conservazione dei rettili e degli anfibi ospitando la maggior parte
delle specie elencate nella Direttiva 92/43/CEE. Alcune presenze meritano tuttavia particolare menzione. Tra i rettili la vipera dell’Orsini (Vipera ursinii), piccolo serpente localizzato in Italia esclusivamente in alta
quota su alcune montagne dell’Appennino centrale e tra queste nelle
Riserve della Majella e del Monte Velino. È l’unico rettile italiano considerato minacciato a livello globale dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.
Tra gli anfibi sono di interesse zoologico e conservazionistico soprattutto le presenze della rana di Lataste (Rana latastei) nella Riserva di
Bosco Fontana e del pelobate fosco (Pelobates fuscus insubricus) rinvenuto nel 2003 nella Riserva del Bosco della Mesola. Si tratta di due specie di
pianura sensibili soprattutto al degrado e all’inquinamento degli ecosistemi acquatici, considerate dalla Lista Rossa nazionale ai massimi livelli di
rischio. Peculiare invece per le implicazioni zoogeografiche è la presenza
del discoglosso sardo (Discoglossus sardus) sull’isola di Montecristo.
Nelle grotte della Riserva di Sasso Fratino è reperibile l’interessante
geotritone italico (Speleomantes italicus).
Tra le Riserve Naturali gestite dal CFS ben 45 comprendono al loro interno corpi idrici permanenti rappresentati da laghi, lagune salmastre, torrenti, fiumi. Il numero di specie di pesci presenti è ancora incompletamente
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Le Riserve Naturali dello Stato:
un patrimonio per la conservazione della biodiversità
conosciuto e probabilmente il valore faunistico di questi bacini è sottostimato. Per colmare le numerose lacune sulle conoscenze degli organismi acquatici con particolare riferimento proprio alle specie di pesci è stato istituito
nell’ambito dell’Ufficio Biodiversità del Corpo forestale dello Stato il “Centro per lo studio e la conservazione degli ecosistemi delle acque interne” con
sede a Fogliano (Latina).
Allo stato attuale delle conoscenze è comunque accertata in alcune
Riserve la presenza di specie d’interesse comunitario tutelate dalla direttiva 92/43/CEE ed inserite nella Lista Rossa nazionale (Zerunian, 2007).
Tra queste una presenza importante è quella della trota marmorata
(Salmo marmorata), specie presente spontaneamente nei corsi d’acqua
del Vincheto di Celarda e dove è attivo un programma di allevamento e di
ripopolamento a scopo di conservazione. Altre presenze rilevanti sono il
nono (Aphanius fasciatus) presente con certezza negli ambienti salini nei
laghi Pontini del Circeo, della salina di Tarquinia e del lago di Lesina, lo
spinarello (Gasterosteus aculeatus) in vari siti tra i quali Lesina e Po di
Volano, lo scazzone (Cottus gobio) nel Vincheto di Celarda e nell’Abetone.
Le ricerche sono in una fase iniziale ma laddove sono state avviate indagini sono emersi dati faunistici importanti come ad esempio nella Riserva di
Bosco Fontana per le specie d’interesse comunitario vairone (Leuciscus
souffia) e cobite (Cobitis taenia). Anche nel Vincheto di Celarda presso
Feltre, nell’ambito dei monitoraggi previsti dal Progetto LIFE, sono emersi dati faunistici interessanti come ad esempio quelli relativi alla presenza
dell’endemica lampreda padana (Lampetra zanandreai).
Il patrimonio faunistico protetto è ancora più notevole qualora infine
si prendano in considerazione anche gli altri gruppi animali, come ad
esempio gli invertebrati, ancora non esaurientemente studiati e censiti.
A tale proposito il CFS istituì nel 1971 per primo in Europa un’area
protetta dedicata alla conservazione di un insetto: si tratta della Riserva
Naturale dello Stato di Grotticelle in Basilicata dedicata alla tutela della
bramea del Vulture (Acanthobramaea europeaea) una rarissima farfalla
notturna appartenente ad una famiglia tropicale ma presente nel nostro
continente solo con una specie strettamente localizzata.
L’Unione Internazionale per la Protezione della Natura ha redatto una
Red List degli invertebrati minacciati nel mondo dalla quale si evince che su
2000 specie considerate a rischio 78 appartengono alla fauna italiana (Cerfolli, 2002). Un terzo di esse è presente nelle aree protette gestite dal Corpo forestale sebbene come percentuale dalle Riserve dello Stato. Tra queste specie
sono di grande rilievo naturalistico alcune specie indicatrici dello stato di salute dei corsi d’acqua come il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes),
minacciato dalla diffusione a scopo commerciale di altre specie di crostacei
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Le Riserve Naturali dello Stato:
un patrimonio per la conservazione della biodiversità
estranee alla fauna nazionale, o la libellula d’interesse comunitario Oxygastra
curtisi. Altre specie di invertebrati sono invece attendibili indicatori dello
stato di naturalità delle foreste come il coleottero cetonide Osmoderma eremita o il cerambicide Rosalia alpina. Altre specie presenti nelle Riserve sono
rappresentative di particolari habitat come la farfalla Parnassius apollo propria delle praterie d’altitudine o l’ortottero carnivoro Saga pedo, specie
minacciata dall’utilizzo delle sostanze chimiche in agricoltura. Inoltre il
Corpo forestale dello Stato, già a partire dagli anni ’70, fu precursore nell’applicazione di una lotta biologica fondata sull’utilizzo delle dinamiche naturali tra popolazioni di prede e di predatori tramite le formiche del gruppo
Formica rufa per la difesa dei rimboschimenti. Alcune presenze invece hanno
un forte interesse zoogeografico: esclusivamente endemica dell’Isola di Montecristo è l’Oxychilus oglasicola, una delle specie di chiocciole più rare al
mondo e classificata vulnerabile; nella riserva del Lago Pantaniello in Abruzzo vi è una delle uniche due stazioni appenniniche di un piccolo crostaceo, il
Gammarus lacustris, sopravvissuto come relitto dell’ultima era glaciale.
Alcune Riserve della Forestale hanno avuto un ruolo primario nella storia
della ricerca sugli invertebrati. Basti pensare ad esempio che gli studi tassonomici intrapresi alla fine dell’800 nella Riserva di Vallombrosa sono testimoniati da ben quattro specie che ne portano la denominazione scientifica: i coleotteri Sphaerosoma vallombrosae, Ptomaphagus vallombrosae e Anommatus
vallombrosae e il crostaceo isopode terrestre Armadillium vallombrosae.
Gli studi tassonomici in corso inoltre non fanno che aumentare il
numero di specie rinvenute nelle Riserve. Recentemente ad esempio nella
Riserva della Valle del Fiume Argentino è stata scoperta una specie endemica di farfalla diurna, il licenide Polyommatus galloi presente in Italia
solo in 4 località in Calabria e Basilicata. Dal Libro Rosso degli animali
invertebrati d’Italia risulta una delle tre specie d’insetti più minacciati.
Nel 2006 una nuova specie di farfalla notturna Perizoma barrassoi (Lepidoptera Geometridae) è invece stata scoperta dagli entomologi nella
Riserva di Fara San Martino ad oltre 2500 metri di altitudine e nello stesso anno nel Vincheto di Celarda veniva scoperta per la prima volta in Italia una specie di dittero opomizide, Geomyza adusta.
Un forte incentivo alle attività di ricerca e tutela degli invertebrati è
derivata dall’istituzione nel 2001 del Centro Nazionale per lo Studio e la
Conservazione della Biodiversità Forestale di Verona-Bosco Fontana
(Mason, 2002). Questo laboratorio si propone il monitoraggio degli invertebrati a scala nazionale partecipando a vari progetti e avvalendosi di
una rete internazionale di oltre 100 tassonomi. In pochi anni il Centro ha
incrementato la checklist nazionale, aggiungendo oltre 300 specie nuove
per l’Italia e anche numerose specie nuove per la scienza.
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Le Riserve Naturali dello Stato:
un patrimonio per la conservazione della biodiversità
L’inventario delle specie animali e vegetali rientra tra gli obiettivi della
Convenzione Internazionale per la Conservazione della Biodiversità e tra
gli impegni in merito al monitoraggio delle specie e degli habitat nei siti
d’importanza comunitaria. A livello nazionale l’Ufficio per la Biodiversità, attraverso il Centro di Bosco Fontana, è stato l’unico organismo
pubblico a lavorare su questa tematica ottenendo dati di eccezionale
importanza scientifica: ad esempio in 6 Riserve Naturali ubicate in Toscana ed Emilia-Romagna sono state reperite 191 specie nuove per la fauna
italiana e 8 nuove per la scienza e nella Riserva di Bosco Fontana 50 specie nuove per la fauna italiana e 3 nuove per la scienza.
Un forte impulso al monitoraggio faunistico nelle Riserve è anche
avvenuto grazie ai progetti LIFE cofinanziati dall’Unione Europea (Campedel, Hardersen, Mason e altri, 2008). Ad esempio in tale ambito al Vincheto di Celarda è stato scoperto per la prima volta in Europa un coleottero scolitide, Monarthrum mali (Fitch), di origine nordamericana. Questo rinvenimento ha anche un’importanza pratica perché la specie è
potenzialmente dannosa alle specie arboree e la sua scoperta precoce
potrebbe aiutare a prevenirne il danno. Nella stessa Riserva nel maggio
del 2008 è stata rilevata la presenza di una rara farfalla, la Lopinga achine, protetta dalla direttiva europea; dal personale specializzato del CFS
è stata descritta una specie di dittero nuova per la scienza, il Sargus harderseni; un altro insetto, il rarissimo mecottero Bittacus hageni, non
veniva segnalato in Italia da 30 anni.
Lo studio degli invertebrati, per l’efficacia di questi organismi come
indicatori, fornisce infine importanti indicazioni sullo stato di salute degli
ecosistemi e sull’andamento dei mutamenti climatici in atto. A tale proposito i monitoraggi in corso in alcune Riserve rivelano già nuove segnalazioni di specie che attestano tendenze verso climi più caldi e secchi.
Anche per quanto concerne gli habitat acquatici gli invertebrati forniscono valide informazioni soprattutto in merito ai livelli di inquinamento
e di naturalità degli habitat. Su tale premessa il Centro di Bosco Fontana
opera da anni un monitoraggio sulla popolazione di libellule che ha ad
esempio portato all’individuazione nella Riserva di una popolazione di
Oxygastra curtisi, una delle libellule più minacciate e rare in Europa e
tutelata dalla Direttiva 92/43/CEE.
Affinché questo prezioso patrimonio continui ad essere sottratto ad
ogni possibile rischio le Riserve Naturali dello Stato vengono gestite dal
Corpo forestale con moderni criteri di conservazione che contemplano
ove necessario interventi di manutenzione o ripristino ambientale, una
costante opera di divulgazione e sensibilizzazione rivolta al pubblico e lo
sviluppo di ricerche e programmi di monitoraggio.
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Le Riserve Naturali dello Stato:
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