nel cuore tormentato del sahel

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nel cuore tormentato del sahel
Primo Piano
Corriere del Ticino
Giovedì 21 aGosto 2014
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Niger
nel cuore tormentato del sahel
Circondato dalle milizie jihadiste il Paese africano è presidiato dalle forze internazionali antiterrorismo
Tra prospettive di sviluppo, ricchezze minerarie e la minaccia di una imponente crescita demografica
Tra i tre Paesi più poveri del mondo ma con il più alto tasso di crescita demografica, il Niger avrebbe tutte le carte in regole per essere uno degli angoli d’Africa dimenticati dalla comunità internazionale o citati solo nei bollettini
delle agenzie umanitarie internazionali. Invece basta scrutare con
attenzione oltre i bordi della pista
dell’aeroporto di Niamey per accorgersi che in Niger la presenza
internazionale è discreta ma in
costante crescita. Quattro droni
statunitensi più sei cacciabombardieri Mirage e Rafale e tre droni francesi compiono missioni di
guerra nel vicino Mali e di sorveglianza sul territorio nigerino e
sui Paesi limitrofi, testimonianza
esplicita del ruolo strategico ricoperto dalla ex colonia francese.
paGiNa di
Gianandrea Gaiani
zxy niamey I problemi di sicurezza del
Niger e la presenza della comunità internazionale hanno origine in buona
parte con la guerra libica del 2011 e sono legati ai turbolenti vicini. Il nord del
Mali, nonostante la presenza di forze
africane ed europee, è ancora in parte
controllato dai miliziani islamisti di al
Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI),
di Ansar al-Dine, del Movimento per
l’Unicità del Jihad in Africa Occidentale
(Mujao) e del gruppo al-Morabitum
guidato da Mokhtar Belmokhtar ex leader dell’AQMI dedito soprattutto ad attività malavitose. A questi movimenti si
aggiunge il Movimento Nazionale di
Liberazione dell’Azawad che rappresenta l’indipendentismo tuareg in Mali
e a Kidal ha umiliato nel maggio scorso
l’esercito maliano.
A nord, la regione desertica algerina
vede una forte presenza dell’AQMI
mentre la Libia, in preda alla guerra civile, è caratterizzata nel sud da scontri
tribali e traffici di armi, droga ed esseri
umani. Una delle direttrici del traffico
di immigrati clandestini che dalla Libia
si dirigono via mare verso l’Italia transita proprio dal Niger dove si riuniscono
buona parte dei migranti provenienti
dai Paesi limitrofi grazie alla libertà di
movimento delle persone garantita dagli accordi della Comunità degli Stati
dell’Africa Occidentale.
L’unico confine stabile è quello orientale col Ciad che consente di smistare nel
locale oleodotto il petrolio prodotto in
Niger ed estratto dai cinesi che hanno
in concessione anche una miniera di
uranio. A sud invece il confine con la
Nigeria è divenuto caldo dopo l’escalation delle azioni di Boko Haram la cui
presenza è favorita dall’omogeneità
della popolazione di confine composta
dall’etnia Haussa. Nonostante a Niamey molti esprimano riserve a contrastare Boko Haram, che finora non ha
mai colpito in Niger, il Governo ha aderito alla forza congiunta di reazione rapida antiterrorismo istituita a inizio
agosto con Nigeria, Ciad e Camerun.
Ogni nazione mobiliterà un battaglione
di 700 militari da assegnare a questa
nuova forza che opererà nel nord della
Nigeria e nelle regioni adiacenti dei Paesi confinanti con l’obiettivo di «sradicare» la presenza dei terroristi nella regione di confine come ha detto il ministro della Difesa del Niger, Karidio Mahamadou.
operazioni anti guerriglia
Le molteplici minacce che incombono
sul Niger giustificano la crescente presenza di forze militari internazionali
che affiancano, consigliano e appoggiano le truppe locali. Un centinaio di
uomini delle forze speciali americane
sono ad Arlit, non lontano dai confini
libico e algerino e da quella base avrebbero compiuto raid contro i trafficanti
la missione europea
attiva da due anni a Niamey la missione «eucap sahel Niger» ha assunto un ruolo crescente nell’addestramento delle forze locali e nel
coordinamento degli sforzi internazionali per rafforzare la sicurezza nel
paese. varata dall’unione europea
nell’ambito del piano strategico messo a punto per il sahel che abbina
sviluppo e sicurezza, la missione conta una cinquantina di specialisti che
hanno fornito addestramento specifico a oltre duemila militari e poliziotti
nigerini. Nel prossimo biennio la missione verrà incrementata con altri 8
specialisti consentendo di «ampliare
le attività di formazione e supporto
verso agadez e il nord» ci spiega al
quartier generale di eucap il capo
missione Filip de Ceuninck, esperto
ufficiale di polizia belga reduce delle
missioni in macedonia e Georgia.
«L’obiettivo è portare l’assistenza logistica ad agadez istituendo un’officina attrezzata per la manutenzione
dei mezzi toyota e implementare i
comandi regionali congiunti per i comitati di sicurezza istituiti nelle 8 regioni del paese per gestire le emergenze». Con l’espansione della
presenza militare nelle aree calde di
confine eucap sahel Niger punta «a
migliorare le condizioni operative dei
nigerini standardizzando procedure
ed equipaggiamenti e istruendoli in
campi specifici». La missione europea si è rivelata molto efficace pur
con costi contenuti (8,7 milioni di
euro annui) e il suo successo viene
riconosciuto da tutti. i nigerini, che
apprezzano il basso profilo di una
missione che resta ufficialmente civile, ne chiedono l’ampliamento mentre Francia e stati uniti le hanno riconosciuto il ruolo di coordinamento
degli sforzi internazionali di sostegno
al Niger.
«eucap cura il coordinamento con i
singoli paesi che forniscono aiuti alle
forze nigerine, inclusi gli stati uniti»
sottolinea ugo trojano, portavoce di
eucap e uno dei funzionari italiani più
esperti con alle spalle lunghe missioni in mauritania, senegal, palestina,
Kosovo e iraq raccolte recentemente
nel libro «alla periferia del mondo».
«Le necessità delle forze di difesa e
sicurezza nigerine sono stringenti ma
gli investimenti richiesti per soddisfarle non sono enormi: veicoli 4x4, telefoni satellitari, ricambi, attrezzi» spiega trojano e l’impressione è che la
missione in Niger possa diventare un
modello per i futuri interventi di supporto alla stabilizzazione della ue.
allevatori nomadi in Niger i tuareg sono insediati soprattutto nelle regioni nordorientali. dopo le rivolte degli anni scorsi,
oggi sono meglio inseriti nel sistema politico nigerino. Lo stesso primo ministro, Rafini, è di etnia tuareg.
(Foto AP)
di armi nel sud della Libia. Al loro fianco vi sono istruttori che addestrano ed
equipaggiano alcuni battaglioni dell’esercito nigerino uno dei quali si sta distinguendo in Mali nell’ambito della
missione dell’ONU «MINUSMA». Un
nuovo programma addestrativo varato
recentemente da Washington nell’ambito della Trans Sahara Counter Terrorism Initiative vede Berretti Verdi e Delta Force addestrare le forze d’élite di
cinque Paesi del Sahel inclusi i paracadutisti nigerini.
Parigi ha recentemente riorganizzato le
forze militari presenti in Sahel, circa 3
mila uomini dispiegati nell’area calda
del Nord del Mali (1.200), in Ciad
(1.500) e in Niger dove operano circa
300 militari tra forze speciali, consiglieri
militari e specialisti dell’aeronautica. A
fine luglio il comando francese ha dato
il via a un’operazione antijihadisti che
coinvolge tutti i Paesi della regione inclusi Mauritania e Burkina Faso. L’Operazione Barkhane, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa, Jean
Yves Le Drian, vede la mobilitazione di
200 blindati, 10 aerei cargo, 20 elicotteri
oltre ai 6 cacciabombardieri e 3 droni
basati in Niger con l’obiettivo di sconfiggere le milizie jihadiste che hanno
trovato rifugio nelle aree più remote del
Sahel. Uno sforzo sostenuto anche da
Washington, che ha finanziato con 10
milioni di dollari l’iniziativa, ma che rischia di indurre molti jihadisti a cercare
rifugi più sicuri nei Paesi vicini al Mali,
incluso il Niger che riceve anche aiuti
militari e addestramento da cinesi, sauditi, canadesi, algerini e dalla Missione
Eucap Sahel Niger varata dall’Unione
europea (vedi scheda).
Territorio incontrollabile
Nonostante la presenza internazionale
il controllo del territorio costituisce un
obiettivo quasi impossibile in un Paese
grande oltre 30 volte la Svizzera con
5.500 chilometri di confini per lo più
desertici. Oltre Agadez i movimenti sono consentiti solo sotto scorta militare
e il deserto del Tenerè, un tempo attraversato dalla corsa Parigi-Dakar, è oggi
off-limits per i bianchi a causa dei diffusi sequestri. Benché i fondi per la difesa e sicurezza siano stati incrementati con l’acquisto in Ucraina di un paio di
cacciabombardieri Sukhoi 25 e 4 elicotteri, gli 11 mila uomini delle forze
nigerine hanno bisogno di veicoli 4x4,
carburante, ricambi, logistica e soprattutto addestramento. Nella polverosa
Niamey, attraversata da un fiume Niger
gonfiato dalla stagione delle piogge, gli
ambienti militari e diplomatici occidentali non nascondono il timore che
la destabilizzazione che caratterizza i
Paesi confinanti possa estendersi al
Niger guidato da tre anni dal Partito per
la democrazia e il Socialismo del presidente Issofou Mahmadou la cui politica inclusiva ha garantito a tutte le comunità accesso alla politica e alle istituzioni, compresi i tuareg che si ribellarono nel 2007/9 e oggi esprimono il
primo ministro Brigi Rafini e hanno
accesso ai proventi delle ricchezze
sfruttate nei territori del nord.
Insurrezione a parte, in prospettiva è
l’enorme crescita demografica (il 4%
annuo che porterà gli attuali 18 milioni
di abitanti a raddoppiare nel 2034) a
rappresentare la minaccia più importante alla stabilità del Niger perché accentuerà povertà e analfabetismo (oggi
al 71%) facilitando la penetrazione islamista. Inoltre le regioni dove sono presenti le risorse minerarie che potrebbero dare il via a uno sviluppo da tempo
atteso, sono vicine ai confini caldi con
Libia, Algeria, Mali e Nigeria.
Nonostante il nuovo accordo con la società francese Areva che sfrutta 3 delle 4
miniere di uranio costringa Parigi a pagare il 12% di royalties contro il misero
5,5 precedente, resta evidente il paradosso che vede un cittadino francese su
3 utilizzare energia elettrica prodotta
da centrali alimentate con l’uranio del
Niger mentre nel Paese africano il 90
per cento della popolazione non ha accesso alla corrente elettrica.
l’inTervisTa zxy mohamed bazoum*
«Senza sicurezza e stabilità questa terra non ha un futuro»
abile oratore
bazoum nel 2013 ha
impressionato
l’assemblea
dell’oNu con un
vibrante discorso.
zxy Mohamed Bazoum è il ministro degli Esteri del Niger dall’aprile 2011 e presidente del
Partito per la democrazia e il Socialismo
(PNDS-Tarayya) al Governo. Stimato in Francia, Bazoum è apprezzato dai media per il suo
linguaggio diretto e schietto che conferma in
questa intervista rilasciata nel suo ufficio
all’ultimo opiano del ministero di Niamey.
Quanto ha pesato la guerra della NATO in
Libia del 2011 nell’attuale instabilità del Niger e del Sahel?
«Ha pesato molto, non c’è dubbio. Noi avevamo messo in guardia l’Occidente che la società libica è tribale e distruggendo lo Stato le tribù sarebbero diventate entità autonome in un
confronto interno caratterizzato da fattori criminali. L’unica forza politica organizzata in
Libia è quella islamista, sia quella moderata
sia quella estremista. Noi avevamo detto
all’Occidente di non perdere di vista la realtà».
Lei ha sostenuto con fermezza alle Nazioni
Unite la necessità di un intervento internazionale in Mali. Oggi ritiene necessario intervenire in Libia?
«Sì, anche se temo sia molto difficile che si
verifichi poiché le forze che oggi provocano il
caos in Libia sono molte e molto forti, con
grandi capacità di opporre resistenza. Un intervento internazionale provocherebbe parecchie perdite, per questo nessun Paese ha
finora proposto un intervento. In Mali, con
un buon supporto aereo i francesi hanno ridotto considerevolmente le capacità dei terroristi consentendo un intervento terrestre a
rischio ridotto di perdite per Parigi. In Libia
tutto questo sarebbe molto più difficile perché terroristi e islamisti sono ben armati e
agguerriti».
Il Niger oggi è quasi completamente circondato da Paesi instabili ma la presenza
militare internazionale non rischia di risultare ingombrante?
«Da Agadez al confine abbiamo 600 mila
chilometri quadrati di deserto presidiati da
meno di mille militari. Per controllare i movimenti di guerriglieri, terroristi e trafficanti
occorrono basi e strumenti tecnologici avanzati. Finché non avremo costruito basi e aeroporti noi dovremo assicurare la nostra sicurezza con i mezzi dei nostri partner, ma
solo per il tempo necessario a permetterci di
diventare autonomi nella gestione della sicurezza».
L’opposizione ha criticato l’aumento delle
spese per la difesa a discapito degli investimenti per sanità e istruzione.
«Abbiamo fatto anche molti sforzi nei settori
sociali ed economici, con buoni risultati, ma
la priorità è accordata alla sicurezza perché
senza la stabilità nessun investimento sociale
avrebbe senso».
* ministro degli Esteri del Niger