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Le "Irish Melodies" di Thomas Moore
Cantando la cultura d'Irlanda (in inglese)
Il 15 aprile a Milano, nell'aula magna dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, si terrà il secondo
appuntamento di un ciclo di tre "lezioni-concerto" intitolate "A Rose of Summer. La musica nella
cultura letteraria d'Irlanda". Il relatore ha sintetizzato per "L'Osservatore Romano" i temi del suo
intervento.
di Enrico Reggiani
Una volta tanto, sia benedetta la generosità (non di rado sinonimo di superficialità) di Google, che
supera le attuali differenze grafiche e fonetiche della lingua inglese tra single "o" e double "oo",
ripristina verosimili e antiche affinità antroponimiche e, di conseguenza, finisce spesso per
confondere Thomas More (1478-1535) e Thomas Moore (Dublino, 1779 - Londra, 1852)! D'altra
parte, tale soprendente accostamento, pur acrobatico dal punto di vista storico, si rivela suggestivo
dal punto di vista genealogico, giacché - a prestar fede a quanto riporta nella sua biografia del
grande statista inglese (1630) il suo bisnipote Christopher Cresacre More (1572-1649) - gli antenati
del santo "o derivavano dai More d'Irlanda, oppure questi ultimi da noi". In realtà, si parva licet,
con il "celeste Patrono dei Governanti e dei Politici" - dichiarato tale da Giovanni Paolo ii il 31
ottobre 2000 durante il Grande Giubileo e festeggiato il 22 giugno - il "menestrello d'Irlanda" Tom
Moore, figlio dei roman catholics John Moore e Anastasia Codd Moore, condivise soprattutto la
religione cattolica. Pur avendo compiuto i suoi studi universitari presso il Trinity College di
Dublino (in quei giorni ateneo della minoranza protestante anglo-irlandese che dominava la vita
pubblica del Paese, aperto dal 1793 anche a discenti - ma non a docenti - cattolici); pur avendo
stretto in quel contesto fraterna amicizia con il nazionalista di religione protestante Robert Emmet
(1778-1803); pur avendo sposato una protestante e avendole lasciato educare i loro figli nel suo
credo - Moore non ripudiò mai la fede delle sue origini, che anzi costituì sempre un elemento
geneticamente determinante dei suoi studi, del suo impegno socio-politico e della sua attività
(musico-)letteraria e, più in generale, culturale. In tempi difficili per i cattolici irlandesi e inglesi,
egli si ritrovò, ad esempio, tanto a sostenere istanze di conciliazione nazionale in A Letter to the
Roman Catholics of Dublin (1810) nel contesto della famosa Veto Controversy, quanto a schierarsi
contro numerosi pregiudizi anticattolici in Intercepted Letters, or The Two-Penny Post Bag (1813) e
in Travels of an Irish Gentleman in Search of a Religion (1833). Quest'ultimo tradotto all'estero e
bersaglio di virulenti attacchi, tra gli altri, dell'anglicano convertito e violentemente anti-cattolico
Mortimer O'Sullivan (1791-1859) in A Guide to an Irish Gentleman in his Search for a Religion
(1833), nonché del teologo spagnolo di origini irlandesi Joseph Blanco White, ex-cattolico, exanglicano, infine unitariano (1775-1841) nei suoi Second
Travels of an Irish Gentleman in Search of a Religion
(1834).
La solidità e la fecondità della convinzione religiosa di
Moore risultano tanto più significative per la comprensione
delle sue opere e delle sue idee, in quanto larga parte della
sua esistenza e delle sue vicende artistiche ed editoriali
ebbero luogo - non come esule - in Inghilterra, quando non
nella sua capitale, già a partire dalla fine del XVIii secolo.
Ciò non gli impedì di assurgere al ruolo di primo scrittore
cattolico irlandese in lingua inglese la cui fama spaziò a
livello nazionale e internazionale. Come ha acutamente
rilevato Emer Nolan, Thomas Moore - "che per primo
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trasformò l'Irlanda in una risorsa economica e, in seguito, andò egli stesso incontro alla medesima
trasformazione" - incarnò "lo sforzo di creare nuove forme espressive che fossero caratteristiche
della comunità cattolica e che tuttavia fossero efficaci rispetto alle convenzioni già esistenti": si
tratta dello stesso sforzo che "raggiunse risultati giustamente celebrati nell'organizzazione della
politica di massa (Catholic Association) e nel nuovo tipo di guida politica proposto da Daniel
O'Connell nella campagna per la Catholic Emancipation. Tuttavia, insieme a quella esemplare
versione di una nuova modernità, si assisteva anche alla ricomposizione di materiali culturali
autoctoni allo scopo di creare una cultura irlandese di lingua inglese - cultura, questa, in grado di
includere sia nuove modalità esecutive in ambito musicale, sia un'innovativa produzione editoriale
negli ambiti letterari della poesia e della prosa".
Proprio quest'ultima intuizione alimenta le Irish Melodies di Thomas Moore, pubblicate tra il 1808
ed il 1834: per dirla altrimenti, il progetto di "rimodellare la storia e la cultura d'Irlanda in nuove
forme letterarie, soprattutto quelle che prevedono la musica in generale e il rapporto tra musica e
parola in particolare". Come il resto della sua sconfinata produzione, anche questo suo raffinato
gioiello musico-letterario è più di frequente citato che effettivamente conosciuto, più tollerato con
sufficienza - quando non escluso - dalle vestali del canone letterario che approfondito nei suoi
caratteri costitutivi.
Ciò che Moore definiva una collection of political songs to Irish Airs - di cui aveva scelto le
melodie, la tessitura vocale, i profili ritmici, prima di affidarne l'"arrangiamento" al compositore
John Stevenson (1761-1833) - ha fissato i lineamenti di una nuova concezione del rapporto tra
letteratura e musica, che, tuttavia, come ha osservato Harry White, resta tuttora in larga misura
inesplorata. In particolare, nella sua "immaginazione auditiva", cioè nella "percezione di sillaba e
ritmo, che penetra ben al di sotto dei livelli consci di pensiero e percezione, dando vigore a ogni
singola parola, affondando verso ciò che è più primitivo e dimenticato, ritornando all'origine e
riportandone qualcosa, alla ricerca dell'inizio e della fine" (Eliot).
L'intenzione political delle Irish Melodies è stata spesso ideologicamente ridotta a sentimentalismo,
sulla base di banalizzazioni del profilo musico-letterario di passi come il seguente: "il linguaggio
del dolore (interiore) è in generale il più adatto alla nostra musica e di temi di questa natura il poeta
dispone in grande abbondanza (...). Mentre la musa nazionale di altri Paesi adorna orgogliosa il suo
tempio con i trofei del suo passato, in Irlanda il suo altare malinconico, come lo scrigno della Pietà
ad Atene, è noto solo per le lacrime versate su di esso" (1827). In questo caso, l'accusa di
sentimentalismo trascura di occuparsi di molti "dettagli" testuali assai emblematici (come le
relazioni musica/poeta, tempio/altare, trofei/lacrime), ma soprattutto di quello che sarebbe in grado
di disinnescarla: lo Shrine of Pity di Atene, probabilmente imparentato con un omologo shelleyano
e connesso - non casualmente - alla visione della futilità della guerra.
In realtà, una più attenta lettura musico-letteraria delle Irish Melodies ne coglierebbe senza troppa
fatica l'intento - orientato non in senso filologico, ma politico-culturale - di coniugare breviter il
patrimonio popolare raccolto da Edward Bunting (1773-1843) con l'estetica romantico-borghese,
imperniata sulla cultura europea del pianoforte (non dell'arpa irlandese), nella cornice di una
revisione profonda degli ideali insurrezionalisti degli United Irishmen. Risulta dunque evidente che
in questi brani, ai quali tutto il mondo tributò un successo monstre, la gestione delle risorse musicoletterarie operata da Moore procedette in direzione diversa rispetto sia al contemporaneo
nazionalismo militante della ballata, sia al monumento liederistico di Franz Schubert (1797-1828),
che pure James Flannery, tra i molti, accosta semplicisticamente al poeta irlandese nel nome di
un'opzione condivisa per la musica colta, assunta a discapito della tradizione popolare.
In un'intervista a Eithne Tynan del dublinese "Sunday Tribune" (24 maggio 2009), il poeta irlandese
Nobel per la Letteratura 1995 Seamus Heaney ha definito Thomas Moore non solo come il ""ponte
immaginativo" tra l'Irlanda delle Leggi penali e l'Irlanda di Pádraig Pearse", ma soprattutto come
"una combinazione tra Bono e De Valera"! Come non apprezzare l'ardito fascino simbolico di tale
definizione di un proprio antenato musico-letterario e politico-culturale, rappresentato come sintesi
tra l'energia artistica e ideale del capo riconosciuto degli U2 (nato nel 1960 da padre cattolico,
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madre anglicana, alunno della prima scuola multiconfessionale di Clontarf, gestita da protestanti) e
l'esperienza politica di Éamon de Valera (1882-1975), sagace leader cattolico della lotta per
l'indipendenza d'Irlanda nonché figura fondamentale della successiva scena politica nella costituita
Repubblica.
(©L'Osservatore Romano - 15 aprile 2010)
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