n. 7 - Ottobre 2008 - La Galliavola

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n. 7 - Ottobre 2008 - La Galliavola
Arte Orientale
n. 7 - Ottobre 2008
Netsuke
dalla collezione
Lanfranchi
La Galliavola Arte Orientale
Via Borgogna, 9 - 20122 Milano tel. +39 0276007706 - fax +39 0276007708
www.lagalliavola.com [email protected]
Cari amici,
spero non vi siate preoccupati per il ritardo di uscita del bollettino ma è stata una
decisione obbligata per permettervi di avere una pubblicazione ben più ricca di pagine, come potete constatare, che vi consente di avere in anteprima una panoramica
della mostra Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali - che verrà inaugurata il 14 novembre e che si protrarrà fino al 15 marzo 2009 - presso il Museo Poldi Pezzoli, il salotto “buono” di Milano,
situato, come penso tutti sappiate, in via Manzoni 12.
Non nascondo la nostra soddisfazione nell’essere stati coinvolti da una istituzione così
raffinata e prestigiosa, soprattutto per Milano, per contribuire alla realizzazione di
questa avventura che è la prima grande mostra di netsuke in Italia. Ci gratifica pensare che il nostro interesse per i netsuke ed il nostro bollettino comincino ad acquisire
un respiro sempre più ampio e godano di un buon credito.
Il presente numero, che si intitola Netsuke dalla collezione Lanfranchi, sarà anche
posto in vendita presso il bookshop del Museo Poldi Pezzoli come mini catalogo, un
assaggio della esposizione in cui saranno presentati, accanto all’intera collezione di
netsuke di Giacinto Lanfranchi, anche opere provenienti da collezioni private italiane
e dal Linden Museum di Stoccarda, che conserva una raccolta di straordinario interesse. Nel nostro bollettino abbiamo deciso, come si può dedurre dal titolo, di proporre una selezione di cinquanta pezzi di provenienza esclusiva dalla collezione
Lanfranchi, pervenuta al Museo nel 2005 per legato testamentario della moglie del
collezionista e che si compone di circa quattrocento pezzi.
Nella pubblicazione abbiamo quindi adottato, come d’abitudine, il criterio di dare il
maggior rilievo possibile alle immagini e limitare i testi ad una breve scheda di presentazione del collezionista, stilata dal dottor Andrea Di Lorenzo, conservatore del
Museo Poldi Pezzoli, lasciando quindi che a parlare siano gli oggetti, corredati da
didascalie esemplificative dei vari soggetti dei netsuke redatte dal dottor Francesco
Morena, curatore del catalogo generale della mostra.
Abbiamo pensato, per dare più completezza all’evento, di affiancare alla mostra
Netsuke. Sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioni internazionali, una esposizione collaterale che si inaugurerà il 13 novembre presso la nostra galleria, dal titolo Netsuke, Inro e Sagemono in cui presenteremo, fra l’altro, una importante collezione di inro che sarà anche uno dei temi del prossimo bollettino che pubblicheremo in novembre.
Come vi avevamo già preannunciato, organizzeremo per i nostri lettori una visita guidata al Poldi Pezzoli, della cui data vi informeremo per tempo, cercando di farla cadere durante il periodo della esposizione in galleria per consentite di vedere entrambe le
mostre in un solo giorno.
Un caro saluto e... a presto.
Roberto Gaggianesi
Hanno collaborato a questo numero: ANDREA DI LORENZO - CARLA GAGGIANESI ROBERTO GAGGIANESI - FRANCESCO MORENA - ANNA ROSSI GUZZETTI
Referenze Fotografiche: DOMENICO COLLURA
Fotolito e stampa: Grafiche San Patrignano - Ospedaletto di Coriano, Rimini.
Giacinto Ubaldo Lanfranchi
Giacinto Ubaldo Lanfranchi (1889-1971) apparteneva a un’importante famiglia di
industriali di Palazzolo sull’Oglio (Brescia). Il padre Giovanni nel 1886 aveva fondato un bottonificio in cui veniva prodotto il bottone-frutto, una lavorazione che si era
sviluppata inizialmente in Germania utilizzando il corozo, ricavato dai semi di alcune palme, che ha caratteristiche molto simili a quelle dell’avorio.
Nel secondo dopoguerra si imposero nella produzione dei bottoni le materie plastiche, e
il bottone-frutto cadde a poco a poco in disuso. La difficoltà di adeguare i vecchi macchinari, nati per la lavorazione dell’avorio vegetale, a questi nuovi materiali portò la ditta
Lanfranchi - tuttora amministrata dagli eredi del fondatore - a convertire la produzione
in quella delle chiusure lampo, divenendo una delle maggiori aziende del settore in Italia.
Oltre che imprenditore, Giacinto Lanfranchi fu anche sportivo, bibliofilo e autore di
Pietà
Legno, cm 6,5x4,5x3. Giappone (?),
fine del XVI - inizio del XVII secolo.
Non firmato. Inv. 5630.
Dopo aver attecchito profondamente
tra i giapponesi tra il XVI e il XVII secolo,
il Cristianesimo fu bandito
dal governo che proibì e distrusse
quasi tutte le immagini
che riguardavano la religione straniera.
Questo pezzo è quindi di grande interesse:
eseguito in Giappone o in Italia,
potrebbe trattarsi
di uno dei più antichi
netsuke conosciuti.
numerosi studi di storia locale. Collezionista di armi e armature lombarde, porcellane e
dipinti - fra i quali si ricorda in particolare un nucleo di una cinquantina circa di tele di
Giorgio Duranti (1687-1753), pittore bresciano di origine palazzolese, specializzato nella
raffigurazione di volatili vivi - iniziò ad appassionarsi ai netsuke negli anni Cinquanta.
Nel 1967 Giacinto Lanfranchi donò la sua importante raccolta di volumi antichi,
concentrata sulla produzione libraria bresciana, alla Biblioteca Civica di Palazzolo
sull’Oglio, che venne intitolata al suo nome. Mentre le altre sue collezioni sono andate disperse, la raccolta di oltre quattrocento netsuke, legata al Museo Poldi Pezzoli nel
2005 dalla moglie Maria Taglietti (1908-2003) e della quale viene qui presentata una
selezione, testimonia la qualità e la vitalità del suo impegno culturale e della sua passione di collezionista.
3
Portoghese
Avorio e
corno,
cm12x2,8x2.
XVIII secolo.
Non firmato.
Inv. 5685.
I portoghesi
furono
i primi
occidentali
a raggiungere
il Giappone intorno
alla metà
del Cinquecento;
furono espulsi
definitivamente
dal governo nel 1639.
Nei netsuke
sono raffigurati
abbastanza raramente.
Tartaro
Corno di cervo,
cm 10x3,7x3,7.
XVIII secolo.
Non firmato.
Inv. 5686.
Durante il
periodo Edo
(1615-1868),
i giapponesi non
ebbero molte
occasioni di
vedere dal vivo persone
provenienti dall’Asia centrale: la
conoscenza di queste genti si
basava dunque sulla visione di
stampe cinesi importate
attraverso il porto di Nagasaki.
A queste immagini si ispirarono
senz’altro anche gli artisti
del netsuke del XVIII secolo.
Olandese con due karako
Avorio, cm 7,8x3x2,5.
Seconda metà del XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5600.
Giunti in Giappone verso l’inizio
del XVII secolo, gli olandesi furono
gli unici occidentali ai quali
il governo giapponese concesse di
risiedere sul proprio suolo,
a condizione che si occupassero solo
di transazioni commerciali, senza
interferire nelle questioni interne
dell’arcipelago. È un soggetto molto
diffuso tra i netsuke
del XVIII secolo. Il karako
(letteralmente “bambino cinese”) è
un motivo molto ricorrente nell’arte
giapponese del periodo Edo: le sue
raffigurazioni hanno il significato
di buon auspicio.
4
Rakan
Avorio, cm 4,8x3,4x2,3. XVII/XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5654.
Il genere al quale questo netsuke scolpito a tutto tondo
(katabori) appartiene è senz’altro tra i più antichi nella storia
di quest’arte. Ispirati ad analoghi intagli eburnei di produzione
cinese, questi primi netsuke si caratterizzavano per la scelta di
temi relativi al mondo del sovrannaturale, quali le divinità della
dottrina buddhista. In questo contesto si inseriscono anche le
raffigurazioni dei rakan, discepoli del Buddha che dedicavano la
propria vita alla meditazione e alla diffusione dei suoi insegnamenti.
Immortale con scimmia
Avorio, cm 8,2,7x2,5.
XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5488.
Gli immortali (sennin) della
dottrina taoista, ovvero esseri umani
capaci di trascendere il corpo per
elevarsi all’ambito celeste, sono uno
dei soggetti più comuni tra i netsuke
del XVIII secolo: quasi sempre gli
artisti si ispiravano alle xilografie
contenute in libri cinesi importati
attraverso il porto di Nagasaki. Solitamente
è possibile identificare i vari sennin grazie alla
presenza di un particolare attributo, come un
oggetto o un animale: in questo caso specifico,
tuttavia, non ci è di aiuto la presenza della
scimmia, poiché non conosciamo un immortale
abitualmente raffigurato con questo animale.
Cinghiale su un giaciglio
di erbe autunnali
Legno di bosso, cm 2,6x7x2,7.
Scuola di Kyoto, metà del XVIII secolo.
Firmato Kunitsugu. Inv. 5531.
Il cinghiale (inoshishi) è il dodicesimo
animale dello zodiaco; rappresenta il decimo
mese e l’ora tra le nove e le undici della sera. È considerato un animale forte e coraggioso che
affronta i suoi nemici a testa alta senza voltarsi. Spesso è raffigurato mentre sonnecchia su un giaciglio di foglie
di trifoglio (Lespedeza bicolor, in giapponese hagi) oppure, come in questo caso, su altre foglie autunnali tra
cui quelle di acero (momiji).
5
Il braccio del demone Ibaraki
Avorio, cm 1,9x5,2x2,5.
Seconda metà del XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5448.
Luogotenente di Minamoto no
Yorimitsu (948-1021), Watanabe no Tsuna (953-1025)
affrontò con intrepido coraggio il demone Ibaraki
che da tempo terrorizzava la città di Kyoto:
lo scontro finale avvenne
presso il grande portale Rashomon,
dove l’eroe staccò con un solo colpo di spada
il braccio del mostro. In questo netsuke la vicenda
è suggerita soltanto dalla presenza dell’arto.
Cavallo che pascola
Avorio, cm 4,5x3,5x1,7. Scuola di Kyoto,
seconda metà del XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5601.
Il cavallo (uma) è il settimo animale
dello zodiaco; rappresenta il quinto mese
e l’ora tra le undici e l’una di notte.
Il cavallo dei samurai
è considerato simbolo di coraggio,
mentre i netsuke raffiguranti questo animale
erano usati come talismani,
soprattutto come portafortuna nelle questioni amorose.
Hotei
Avorio, cm 3,5x4,5x2,5.
Seconda metà del XVIII secolo.
Non firmato. Inv. 5739.
Hotei era un monaco buddhista
vissuto in Cina tra il IX e il X
secolo, apprezzato, soprattutto dai
bambini, per il modo spensierato e felice con cui affrontava le
difficoltà della vita; è sempre raffigurato con un grande sacco
sulle spalle nel quale trasportava le “cose preziose” (takaramono).
In questa composizione, che rende il netsuke compatto e funzionale, la figura è completamente
avvolta nel sacco trattenuto per due lembi tra i denti della divinità.
6
Hadesu e la tigre
Avorio, cm 5x4,3x2,5.
Fine del XVIII inizio del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5479.
Si narra nel Nihon shoki
(“Cronache del Giappone”, 720
d.C.), uno dei primi testi della
storia giapponese, che nell’anno
545 Hadesu accompagnasse
un’ambasceria dell’imperatore Kinmei (539-571) in Corea;
nella penisola coreana Hadesu perse suo figlio ucciso da una
tigre, che a sua volta Hadesu trafisse mortalmente con la spada.
La volpe travestita da Hyakuzosu
Avorio, cm 6x2,8x1.
Fine del XVIII - inizio del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5395.
Questo netsuke si ispira alla storia di
Hyakuzosu, un vecchio prete vissuto
durante il periodo Eitoku (1381-1384) e
residente nel tempio Shorinji di Sakai,
nella provincia di Izumo: egli era un devoto
di Inaba, divinità dei raccolti, e teneva tre
volpi con poteri magici come guardiani
contro i ladri. La vicenda fu più volte
ripresa come trama di alcuni drammi per il
teatro, nei quali la volpe aveva il potere
magico di trasformarsi in Hyakuzosu.
Cane selvatico
Legno di bosso e avorio, cm 3,5x4,6x1,8.
Scuola di Kyoto, fine del XVIII inizio del XIX secolo. Firmato Okatomo. Inv. 5680.
Il cane selvatico (yama-inu o okami) è un animale
molto diffuso nelle foreste giapponesi. Incuteva paura
come predatore, ma allo stesso tempo era apprezzato
come protettore dagli animali che distruggono il raccolto.
Nei netsuke è spesso raffigurato affamato, mentre sta
accovacciato rosicchiando l’anca di un animale.
7
Pescatrice
Avorio, cm 8,1x1,8x1,1.
Fine del XVIII secolo - inizio del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5432.
Le pescatrici (ama) di molluschi
e crostacei vestono,
come in questo caso,
solo un gonnellino di paglia
e usano un coltello a falcetto.
Questo tema, carico
di valenze erotiche,
fu utilizzato
con maggiore intensità nel XVIII secolo,
verso la fine del quale
il pittore e disegnatore di stampe
Kitagawa Utamaro (1754-1806)
pubblicò le sue
più belle composizioni
di donne che si tuffano per pescare.
Utensili per la cerimonia del the
Avorio, cm 2,3x7,53,7. Scuola di Kyoto,
inizio del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5560.
La cerimonia del the (chanoyu) è uno dei più affascinanti traguardi estetici
raggiunti dalla civiltà giapponese; intorno alla preparazione della bevanda importata dalla Cina
si è infatti sviluppato nell’arcipelago un movimento di arti tra le più variegate,
dalla ceramica alla poesia, dalla lacca alla filosofia.
8
Serpente e rospo
Avorio e corno, cm 2,6x3x3,2.
Inizio del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5582.
Il serpente (hebi o mi) è la sesta
creatura dello zodiaco, rappresenta
il quarto mese e l’ora tra le nove e le
undici del mattino; è tendenzialmente
considerato un animale di buon
auspicio anche se nel Buddhismo simboleggia sensualità, invidia e odio. In questo compatto netsuke
le sue spire stanno per stritolare un inoffensivo rospo.
Tigre su bambù
Avorio, cm 2,9x4,2x2.
Scuola di Kyoto, fine
del XVIII - inizio del
XIX secolo.
Non firmato.
Inv. 5593.
La tigre (tora) è il terzo
animale dello zodiaco,
rappresenta il primo
mese e l’ora tra le tre e le cinque pomeridiane. Non di rado è raffigurata insieme al bambù,
simboleggiando l’ospitalità e il contrasto tra la flessibilità della pianta e la forza animale.
Gallo su tamburo
Avorio e corno, cm 4,5x3,5x2.
Inizio del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5612.
Il gallo (niwatori) è il decimo animale dello zodiaco; rappresenta l’ottavo mese e l’ora tra le cinque e
le sette di sera. Simboleggia bellezza maschile,
potenza e forza. Secondo un’antica leggenda cinese,
un grande tamburo (kankodori), utilizzato in
tempo di guerra per raccogliere le truppe, fu usato nei periodi di pace
come posatoio per i galli. Acquisita in Giappone, l’immagine del gallo
sul tamburo venne così a simboleggiare tempi di pace e cittadini contenti.
9
Shojo
Legno di ciliegio,
cm 2,8x4,5x2,5.
Scuola di Nagoya,
inizio del XIX secolo.
Firmato Tadatoshi. Inv. 5650.
Gli shojo sono creature fantastiche di origini
cinesi: abitanti del mare, avevano una
pelliccia di colore giallo-arancione, corpo di
animale, testa e piedi umanoidi. La passione di questi esseri per il vino è proverbiale: rappresentati
spesso come ubriaconi felici, sono così descritti anche in alcuni famosi drammi per il teatro.
Maschera di Hannya
Legno, cm 5x2,7x3,5.
Scuola di Edo, prima metà del XIX secolo.
Firmato Shuzan. Inv. 5701.
La maschera raffigurante Hannya
è probabilmente la più conosciuta tra quelle
utilizzate per il teatro No; essa era indossata
per la rappresentazione dello spirito
o del fantasma di una donna gelosa.
Shuzan, l’autore di questo netsuke, faceva
parte di una famiglia di artisti,
tutti specializzati nella realizzazione
di questo tipo di opere.
Sigillo con karashishi
Avorio, cm 2,6x3,9x2,6.
Scuola di Edo, prima metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5633.
Si tratta di un sigillo multiplo (in-tsukushi), composto da una serie di cinque moduli di varie
forme, sui quali compaiono iscrizioni, alcune delle quali beneaugurati, altre corrispondenti ad
alcuni nomi propri di persona. Il “leone cinese” (karashishi) è una creatura fantastica di ambito
buddhista: statue che la raffigurano sono di solito poste all’ingresso dei templi a protezione del recinto
sacro dalle influenza malefiche.
10
Daruma
Legno, avorio e corno,
cm 4,5x3x2,5.
Scuola di Osaka,
prima metà del XIX secolo.
Firmato Anraku. Inv. 5570.
Durante il periodo Edo (1615-1868), Daruma, il fondatore del Buddhismo Zen, era una divinità
molto popolare tra tutte le classi sociali. Proliferarono le immagini che lo ritraevano e le varianti
della sua iconografia: in questo caso la sua figura, priva di braccia e gambe, assume un carattere di
gioco, noto come okiagari Daruma, “Daruma acrobata”.
Yoshitsune
Avorio, cm 4x2,5x2,5. Scuola di
Osaka, prima metà del XIX secolo.
Firmato Anraku. Inv. 5671.
Minamoto no Yoshitsune (11591189) è sicuramente il più famoso
eroe della storia giapponese. Le sue
gesta hanno ispirato innumerevoli
artisti e letterati che ne hanno messo
in evidenza l’integrità morale, il
grande coraggio e la grande abilità di guerriero.
Fu ucciso per volere del fratello Yoritomo, che sarebbe diventato il primo shogun, “generalissimo”.
Okame
Seme di corozo, cm 4x4x3,3.
Prima metà del XIX secolo.
Firmato Shogyoku. Inv. 5562.
Le prime notizie su Okame si trovano nel
Kojiki (“Antiche memorie scritte”, 712
d.C.), il più antico testo giapponese: fin
da allora, Okame si distinse per un
approccio alla vita particolarmente gaudente e spensierato,
con una particolare propensione per il sesso. Nel periodo Edo
(1615-1868) divenne molto popolare come dea dell’abbondanza,
della fertilità e della gioia. Questo netsuke è intagliato nel seme del corozo, una palma
sudamericana, che col tempo assume caratteristiche simili a quelle dell’avorio.
11
Accendino
Ottone e altri metalli,
cm 3,4x4,5x2,5.
Prima metà del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5478.
Quando era utilizzato come fermaglio
per appendere alla cintura del
kimono la borsa contenente il
tabacco, il netsuke era costituito da
oggetti che svolgevano anche una funzione di tipo pratico strettamente
connessa con l’abitudine di fumare, come l’accendino (hiuchi bako), il
posacenere e la pipa.
Pistola
Legno e metallo parzialmente dorato,
cm 2,3x6,2x2. XIX secolo. Non firmato. Inv. 5521.
Le armi da fuoco furono conosciute dai giapponesi
intorno alla metà del Cinquecento, allorché
i portoghesi giunsero sulle coste dell’arcipelago.
Apprese dagli stranieri le tecniche, subito
gli artigiani nipponici, su commissione dei signori
locali, si impegnarono nella manifattura di pistole,
fucili e cannoni. Nei netsuke il tema della pistola
si ritrova abbastanza frequentemente, ispirato
da analoghi oggetti di piccole dimensioni
che gli armaioli forse realizzavano
come campionario di vendita.
Capra
Legno di bosso, cm 2,8x4x2,2. XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5411.
La capra (hitsuji o yagi) è l’ottavo animale dello zodiaco;
rappresenta il sesto mese e l’ora tra l’una e le tre del pomeriggio.
Nei netsuke compare come tema già nel XVIII secolo, sfruttato
soprattutto da alcuni maestri di Kyoto come Masanao e
Okatomo; in questo caso, tuttavia, si tratta di un manufatto
realizzato nell’Ottocento, da un anonimo artista forse attivo
nella provincia di Tsu dove questo soggetto era prediletto.
12
Tadamori e abura bozu
Avorio, cm 4,5 x 2,2.
Metà del XIX secolo.
Firmato Moritsugu. Inv. 5548.
In questo netsuke di tipo manju (caratteristica forma a
disco, che ricorda quella dei tradizionali dolci giapponesi
da cui prende il nome) è raffigurata in bassorilievo
(shishiaibori) una scena ispirata ad una storia che ha per
protagonista Taira no Tadamori (1096-1153). Avuto
l’ordine dall’imperatore di indagare su alcuni strani
fenomeni che accadevano in un tempio, Tadamori scoprì
che non era un mostro ad aggirarsi in quei luoghi, bensì
un vecchio servo che aveva preso l’abitudine di rubare
l’olio per alimentare il fuoco della sua lampada. Perciò questa figura è nota come abura bozu,
il “ladro d’olio”.
Gambo di fiore di loto con due granchi
Legno di kaki, cm 18x2,5x1,8. Scuola di Mikuni, metà del XIX secolo.
Firmato Hokkyo Sessai to (“intagliato da Hokkyo Sessai”). Inv. 5712.
La sua proverbiale abilità nell’intaglio, soprattutto nella scultura di ambito sacro, valse a Sessai
(1820-1879) il titolo di hokkyo, onorificenza buddhista conferita solo agli artisti più meritevoli:
i pochi netsuke che realizzò sono tutte opere straordinarie, per fantasia e abilità nello sfruttare la
forma naturale della materia a sua disposizione.
13
Bue
Avorio e corno, cm 2,5x5x2,7. Scuola di Osaka (?), metà del XIX secolo.
Firmato Rakuzan. Inv. 5610.
Il bue (o il toro) (ushi) è il secondo animale dello zodiaco; rappresenta il dodicesimo mese
e l’ora tra l’una e le tre di notte. È un animale molto apprezzato dal Buddhismo Zen,
che paragona il suo stoicismo al silenzio della meditazione. Sebbene si conoscano altri netsuke
firmati Rakuzan, non si hanno notizie biografiche di questo intagliatore.
Stilisticamente, quest’opera si data alla metà dell’Ottocento.
Zucchetta con vespa
Legno, cm 15x2,2x1,7. Scuola di Nagoya, metà del XIX secolo.
Firmato Kogetsu. Inv. 5458.
Gli artisti di Nagoya, città nella quale risiedeva anche Kogetsu,
erano particolarmente interessati a riprodurre la realtà
fin nei suoi più reconditi dettagli.
Il tema dell’insetto nel frutto
era un cavallo di battaglia di questi intagliatori,
che non di rado si ispirarono
alle opere del grande Bazan (1834-1897 circa).
14
Paesaggio roccioso con padiglioni
Legno umoregi, cm 4,2x3,2x2,8.
Scuola di Kyoto,
metà del XIX secolo.
Firmato Horaku. Inv. 5635.
Il paesaggio era una delle specialità di
Horaku, artista che per le sue opere prediligeva l’utilizzo dell’umoregi, un tipo di legno fossilizzato
simile nell’aspetto all’ebano. Straordinaria era la sua capacità di rendere anche i minimi dettagli della
composizione, riproducendo perfettamente i canoni della pittura di paesaggio.
Tenaga
Corno, cm 8,6x3,2x1,8.
Metà del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5704.
Tenaga (letteralmente
“braccia lunghe”),
di solito raffigurato
insieme all’inseparabile
Ashinaga
(“gambe lunghe”),
era considerato
un abitante di alcune
zone lungo la costa
orientale della Cina.
I due, molto popolari
in Giappone durante
il periodo Edo,
simboleggiavano
i vantaggi
della collaborazione.
15
Il cacciatore di topi
Legno di bosso, cm 4,1x7x4,5.
Metà del XIX secolo.
Firmato Rokko. Inv. 5416.
Il cacciatore di topi era una figura
molto popolare nelle grandi città
giapponesi durante il periodo Edo:
armato di bastone e vestito solo di
un perizoma, si poteva richiedere
il suo intervento in qualsiasi
momento del giorno e della notte.
Artista raro, Rokko è in quest’opera riuscito a conferire una notevole dinamicità alla composizione.
Crisantemo
Legno, cm 1,4x4x3,8.
Scuola di Takayama,
metà del XIX secolo.
Firmato Sukenaga. Inv. 5596.
Il crisantemo (kiku) è il fiore
più importante del Giappone,
simbolo dell’autunno ed emblema dell’imperatore. Più famoso come
autore di pezzi intagliati con la tecnica ‘cubista’ dell’ittobori,
Shigenaga fu artista abile e prolifico, capace di confrontarsi con gli
stili più variegati.
Attore di No nel ruolo di Shojo
Legno laccato e dorato, cm 3,5x3,2x1,5. Metà del XIX secolo.
Firmato Komin. Inv. 5598.
Shojo è il titolo di un famoso dramma per il teatro No che ha per protagonista l’omonima
creatura fantastica: in varie versioni del dramma Shojo aiuta un venditore di riso, Gao Feng,
offrendogli informazioni segrete dopo aver bevuto grandi quantità di alcool.
16
Maschera di Okina
Legno e avorio, cm 4,2x3,3x2.
Scuola di Edo, metà del XIX secolo.
Firmato Shugetsu saku
(“Fatto da Shugetsu”) con kao. Inv. 5717.
Okina (letteralmente “vecchio uomo”)
è il nome di uno spettacolo teatrale
incentrato sulla danza e inscenato
in occasioni particolarmente importanti,
come il Capodanno, l’inaugurazione di un
nuovo teatro o il compleanno di un attore
molto stimato. Gli artisti del netsuke
riproducevano quasi esattamente le maschere che venivano indossate durante le performance.
Daruma
Legno di bosso laccato e avorio,
cm 6,2x7,7x4.
Seconda metà del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5578.
Daruma (in sanscrito Bodhidharma),
vissuto nel VI secolo d.C.,
è il fondatore della dottrina Zen,
una variante del Buddhismo.
Nato in India, si trasferì in Cina
per diffondere il suo pensiero,
basato sulla meditazione.
Qui è raffigurato mentre si stiracchia
e sbadiglia dopo aver trascorso
nove anni in completa immobilità.
17
L’immortale
Gama
e il rospo
Avorio,
metallo,
madreperla
e pietre varie,
cm 4,3x1,8.
Scuola di Edo/ Tokyo, seconda metà del XIX secolo.
Firmato Ryumin con kao. Inv. 5547.
L’iconografia dell’immortale taoista Ko Sensei è inconfondibile:
egli è infatti sempre raffigurato insieme al rospo (gama) a
tre zampe, con il quale prepara le sue pozioni miracolose;
per questo è anch’egli comunemente noto con il nome di Gama. L’utilizzo di materiali diversi in uno
stesso pezzo è una pratica che si diffuse tra i netsukeshi soprattutto nella seconda metà
dell’Ottocento, periodo nel quale si può datare anche questo manju.
Rakan
Legno laccato e dorato,
cm 11,3x2,1x1,9.
Seconda metà
del XIX secolo.
Non firmato.
Inv. 5457.
Gli asceti della dottrina
buddhista (rakan)
diventano tali
dopo una vita dedicata
esclusivamente
alla meditazione;
i segni degli stenti
e delle privazioni sono evidenti
sui loro corpi emaciati.
Lo stile di questo pezzo
richiama, anche se
molto lontanamente,
quello di Yoshimura Shuzan
(1700-1773),
il più grande artista
del netsuke mai esistito.
18
Fukusuke e un bacile con due pesci rossi
Legno laccato e dorato, cm 5x6x3,6.
Seconda metà del XIX secolo. Non firmato. Inv. 5388.
Fukusuke (letteralmente “portafortuna”) è un tipo di bambolotto raffigurante un bambino paffuto
dalla testa molto grande, le cui immagini si crede portino salute e prosperità. In realtà sembra che
questo ninnolo sia ispirato ad un personaggio realmente esistito, ovvero un nano nato ad Osaka che
diventò la principale attrazione di un circo di Edo, l’odierna Tokyo.
Due oni
Avorio, cm 3,5x4,2x3,5. Seconda metà del XIX secolo.
Firmato Minzan. Inv. 5687.
Gli oni sono creature demoniache al servizio dei Dieci Re dell’Inferno (Juo), spesso
addette alla tortura dei peccatori. Sono raffigurate come esseri muscolosi, dalle
piccole corna, la bocca larga con zanne; spesso indossano bracciali ai polsi o alle
caviglie; i piedi e le mani hanno tre artigli e non indossano nessuno abito, se si
esclude un perizoma di pelle di tigre. Hanno una grandissima forza, spesso usata
a scopi malefici, soprattutto per procurarsi carne umana di cui sono ghiotti. Nei netsuke si mette
spesso in evidenza il lato comico e grottesco di questi esseri.
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Donna che si pettina i capelli
Avorio, cm 3,1x3,5x2,5. Scuola di Edo/Tokyo, seconda metà del XIX secolo.
Firmato Kyotani. Inv. 5434.
Si tratta di una composizione sicuramente ispirata ad una stampa del genere dell’Ukiyo-e, le
“immagini del mondo fluttuante”, forse da un foglio di Utamaro che più volte pubblicò simili scene
già sul finire del Settecento. È stato quindi un tema particolarmente amato dagli artisti di Edo.
Drago tra nuvole e onde
Umimatsu e corallo, cm 2x5,2x3. Scuola
di Edo/Tokyo, seconda metà del XIX secolo.
Non firmato. Inv. 5675.
Il drago (ryu o tatsu) è il più importante animale
fantastico di tutto l’estremo Oriente. È inoltre il
quinto dello zodiaco, rappresenta il terzo mese e
l’ora tra le sette e le nove del mattino. L’anonimo
autore di questo netsuke è riuscito a combinare
con eleganza e fantasia il corallo con l’umimatsu,
materiale anch’esso di origine marina caratterizzato
dal colore scuro e dalla grande compattezza.
Gru
Porcellana invetriata,
cm 2,5x2,3x4,6.
Scuola di Kyoto, terzo
quarto del XIX secolo.
Firmato Zoroku. Inv. 5618.
Di origini cinesi, l’invetriatura
di colore verde nota in Occidente come céladon era uno dei vanti di Zoroku, che realizzò una serie di esemplari
in porcellana di questa tonalità. Sebbene alcuni ceramisti si siano dedicati alla manifattura di netsuke, solo
poche tra queste fragili miniature sono sopravvissute. La gru (tsuru, Grus nipponense) è un soggetto molto
diffuso in tutti gli ambiti dell’arte estremo-orientale. La sua principale simbologia, sia in Cina sia in
Giappone, è connessa con la longevità e con il buon augurio.
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Due rospi
Legno, cm 2,6x2,5x2,8. Scuola di Ise-Yamada, seconda metà del XIX secolo.
Firmato Masanao. Inv. 5606.
In Giappone si credeva che il rospo (gama) possedesse poteri magici, per la sua capacità di introdursi
nei buchi più stretti riuscendo così a sfuggire i pericoli. I netsuke con le raffigurazioni di questo
animale erano una delle specialità della scuola dei Masanao, abili soprattutto nella resa della
naturale scabrosità degli anfibi.
Scimmia
Avorio, cm 2,3x3,5x3,8. Scuola di Osaka, seconda metà del XIX secolo.
Firmato Chokusai. Inv. n. 5681.
La scimmia (saru) è il nono animale dello zodiaco; rappresenta il settimo mese e l’ora tra le tre e le
cinque del pomeriggio. Questo netsuke illustra il tema delle “Tre scimmie” (sanpiki saru): l’animale
si copre gli occhi per non vedere (mizaru), la bocca per non parlare (iwazaru) e le orecchie per non
sentire (kikazaru), così che nessun tipo di male possa entrare nel suo corpo.
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Kan’u e Chohi
Avorio, cm 7x5x2,3. Scuola di Edo/Tkyo, terzo quarto del XIX secolo.
Firmato Koyosai Tomonobu. Inv. 5506.
Kan’u e Chohi sono, insieme a Ryubi, i maggiori eroi del “Romanzo dei Tre Regni”, capolavoro
letterario cinese del XIV secolo nel quale si narrano gli avvenimenti militari occorsi all’indomani
della caduta della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.). Nel 1594 Kan’u sarebbe stato nominato
Dio della Guerra.
Sesshu
Avorio, madreperla, corallo, corno e metallo, cm 2,7x2,8x2,5.
Fine del XIX - inizio del XX secolo. Firmato Gyokuzan. Inv. 5696.
Sesshu Toyo (1420-1506) è forse il pittore più famoso nella storia dell’arte giapponese, specializzato
nel genere della “pittura a inchiostro” (suibokuga) di tradizione cinese. Si narra che una volta
dipingesse una serie di topi tenendo il pennello tra le dita dei piedi; nonostante ciò, i roditori furono
realizzati con tanta abilità da sembrare vivi.
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Inro
Farfalle e peonie
Legno laccato e dorato, cm 9,2x5x2,5. Firmato Kajikawa
saku (“Realizzato da Kajikawa”) con sigillo rosso a forma di
vaso.
Ojime
Sfera
Legno laccato, diam. cm 1,2. Non firmato.
Netsuke
Due tartarughe millenarie
Legno laccato e dorato, cm 1,8 x 4. Firmato Gyokusai Kyoseiko con kao.
Seconda metà del XIX secolo. Inv. 5736.
Non è impossibile che questo completo sia stato concepito nella maniera con la
quale oggi lo ammiriamo: si possono infatti notare le affinità tecniche con cui
sono stati realizzati l’inro, l’ojime, e il netsuke di tipo manju. Riguardo alle
peonie che ornano l’inro, sembrano derivare da una composizione di Katsushika
Hokusai (1760-1849), pubblicata nella celebre serie dei Grandi fiori.
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