Io, piccola ospite del Führer

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Io, piccola ospite del Führer
Maria Tortora
Io, piccola ospite del Führer
22 febbraio 2013
Chi avesse già letto “Il rogo di Berlino”, come la sottoscritta, non può aver dimenticato le pagine in
cui Helga Schneider racconta il suo incontro con Adolf Hitler. Ed è proprio a questo evento
personale, inquietante ed affascinante allo stesso tempo, che è interamente dedicato “Io, piccola
ospite del Führer”. Un libro breve ma molto denso e sentito. L’incontro con il Führer avvenne
nell’inverno del 1945, poco prima della disfatta. Berlino è una città devastata. I berlinesi, compresa
la piccola Helga, sopravvivono alla guerra e ai continui bombardamenti rifugiandosi nei sotterranei o
nelle cantine dei palazzi ormai ridotti a rovine fumanti. Patiscono la fame, il freddo, la mancanza di
ogni bene essenziale eppure Hitler non desiste. Il suo affezionato ministro Joseph Goebbels continua
a portare avanti iniziative propagandistiche compresa quella di ospitare dei bambini all’interno del
bunker del Führer posizionato proprio sotto la Nuova Cancelleria del Reich.
Helga e il suo fratellino Peter sono tra i “fortunati” che possono partecipare. Grazie all’intercessione
della zia Hilde, che lavora nello stesso Ministero diretto da Goebbels, i due bambini una mattina
salgono sul rumoroso bus che li condurrà nel bunker assieme ad altri bambini e qualche mamma. Le
strade di Berlino appaiono in tutta la loro devastazione: “Con lo sguardo sfioro il piccolo giardino
pubblico nel quale prima della guerra mamme e bambinaie conducevano i bambini a giocare. Ci sono
ancora due scivoli colorati che stonano con gli scheletri anneriti degli alberi e con qualcosa che
sembrano corpi umani. Mi sporgo un poco in avanti: sono proprio dei cadaveri ammucchiati sotto
rami secchi!“. Helga e Peter, come gli altri, sono molto più interessati al fatto che quella specie di
gita si tradurrà presto in un pasto decente: salsicce, pane vero e chissà quale altra bontà.
I ricordi della Schneider sono fatti di immagini nitide e puntuali. I suoi occhi sono quelli di una
bambina che raccoglie e descrive tutto con la stessa semplicità e con lo stesso stupore di quel
tempo. Il bunker ha un aspetto quasi spettrale. Un labirinto di corridoi umidi e freddi con un
impianto di aerazione difettoso e rumoroso. I bambini vengono gestiti con rude autorevolezza.
Avranno dei letti su cui dormire e un armadietto in cui riporre le proprie cose. Devono lavarsi i denti
con il dentifricio, che qualcuno non ha mai nemmeno sentito nominare, ed ognuno di loro viene
visitato da un medico. “Il Führer non sopportava che qualcuno gli rammentasse che la popolazione
tedesca stava morendo di fame e che i bambini berlinesi che avrebbe ricevuto fossero smunti e
denutriti. Per cui, avevano deciso che fosse il caso di darci un po’ di colore mettendoci sotto la
lampada al quarzo. Il resto del soggiorno sarà poi scandito dalla somministrazione di vitamine e olio
di fegato di merluzzo. Non dovevano allignare fame e malattia nella Germania sognata dal Führer“.
Finalmente, dopo aver provato ogni movenza ed ogni parola e dopo aver ricevuto tante
raccomandazioni, giunge il momento del fatidico incontro con Adolf Hitler. “Restare disciplinati in
fila e sorridere“. Niente starnuti, nessun colpo di tosse, mai una domanda, saluto fascista e parlare
solo se interpellati. Il Führer, dopo tanta attesa, si presenta davanti ai bambini. Helga è nervosa e
tesissima. Si aspetta di incontrare l’incarnazione di quella forza di cui sente parlare da quando è
nata, immagina un personaggio vigoroso, potente e carismatico. “Continuo a fissarlo con indicibile
stupore: le spalle curve, il braccio sinistro rigido come fosse di legno e un vistoso tremolio al capo…
Non posso crederci! Sarebbe questo il Führer della Germania?“. Anche la stretta di mano di Hitler
non è come quella che Helga si sarebbe aspettata. Hitler ha una mano molle e sudaticcia. Il Führer
non è altro che un uomo vecchio e malato dalla voce più delicata e bella di come in molti le avevano
raccontato. “Poi osservo il suo naso, lungo e brutto, le guance, flosce, con le rughe, infine la bocca
grinzosa sovrastata dai famosi baffetti, ormai ingrigiti, ma tagliati con cura. Sì, Hitler ha proprio una
bruttissima cera! Allora mi succede una cosa strana. Il grande Führer del Terzo Reich mi fa pena.
Sembra vecchio e malato. E mi dico: «Mein Gott, quest’uomo non può fare più nulla per la
Germania»“.
Il racconto dell’incontro con Hitler è forse il cuore di questo libro, ma non è il solo argomento di cui
la scrittrice parla. Nel procedere della storia, infatti, Helga Schneider si prende svariati spazi per
raccontare altri momenti della sua vita: la lontananza dal padre, l’abbandono di sua madre, la
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presenza della matrigna e anche la scelta di andare via da casa a soli 18 anni. Ma ci sono brani in
corsivo in cui la scrittrice non racconta eventi personali, ma descrive con cura documentale fatti,
abitudini e trasformazioni che hanno coinvolto la Germania e tutti i tedeschi durante il periodo
nazista. “Io, piccola ospite del Führer” è un libro breve ma complesso. Un libro che recupera alcuni
momenti di Storia guardandola dal basso, dagli occhi a volte spaventati, a volte attenti, a volte
stupiti di una bambina.
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