La Psicoterapia spiegata a mio figlio

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La Psicoterapia spiegata a mio figlio
LA PSICOTERAPIA SPIEGATA A MIO FIGLIO
“C’era una volta in una grande città chiamata Vienna una giovane fanciulla di nome
Elisabeth.
Abitava in una grande casa nel centro della città insieme alla sua mamma, al suo papà e
alle sue due sorelle.
Elisabeth era la più piccola della famiglia, era molto coccolata soprattutto dal suo papà e
per questo le sue sorelle erano un po’ invidiose di lei ed erano solite farle dei dispetti.
Elisabeth invece era molto gentile con tutti e voleva molto bene ai suoi genitori e alle
sue sorelle.
Quando ritornava da scuola passava molto tempo in compagnia del papà, giocava
molto con lui anche perché ad Elisabeth non piaceva giocare con le bambole, preferiva
le costruzioni e le macchinine, inoltre si divertiva a fare delle belle passeggiate al parco
di Vienna dove il papà era solito raccontarle molte storie di personaggi avventurosi che
le piacevano tanto.
Un brutto giorno il papà di Elisabeth si ammalò; Elisabeth si prese cura di lui, passava i
pomeriggi al ritorno da scuola a fargli compagnia
ma nonostante le cure affettuose il
papà morì lasciandola sola con la mamma e le sorelle.
La morte del papà rese Elisabeth molto triste, si sentiva abbandonata e molto sola.
Col passare dei giorni cominciò a soffrire di dolori alle gambe, talvolta non riusciva più
a camminare.
Tutti erano preoccupati e decisero di portarla dal medico ma nonostante le cure e le
medicine Elisabeth non guariva.
La mamma di Elisabeth era molto triste.
Tutti i medici che avevano visitato Elisabeth nonostante le medicine somministrate non
erano stati in grado di guarirla.
Passavano i mesi ma la situazione non migliorava; i dolori alle gambe di Elisabeth
erano sempre più forti e la dolce fanciulla era sempre più triste.
C’era in città un anziano medico di nome Sigmund Freud.
Sigmund Freud era il medico più famoso di Vienna.
Le persone ammalate facevano la fila fuori dal suo studio, a volte per intere giornate
solo per essere curate da lui.
Era un dottore molto particolare, che era solito curare i suoi pazienti in maniera diversa
dagli altri dottori della città.
Aveva una folta barba bianca, vestiva in maniera molto elegante ed era molto gentile e
premuroso.
A differenza degli altri medici non dava le medicine e per questo tutti gli abitanti di
Vienna andavano da lui per farsi curare.
Freud faceva sdraiare i suoi pazienti in un comodo lettino e ascoltava con attenzione le
storie che i malati raccontavano, tranquillizzava gli ammalati e alla fine riusciva a
guarire tutti i pazienti che si recavano nel suo studio.
Un bel giorno Freud udì la storia della dolce Elisabeth e decise di chiedere alla madre il
permesso di visitarla.
La mamma di Elisabeth fu molto felice e accettò volentieri la proposta dell’anziano
medico.
Freud cominciò a visitare Elisabeth; egli capì sin dal principio che Elisabeth era molto
spaventata e triste perché il dolore alla gambe le impediva di giocare e di fare tutte
quelle attività che facevano le sue amichette di scuola.
Freud come di consueto fece stendere Elisabeth sul comodo lettino e le disse di
raccontare ciò che voleva, liberamente.
Elisabeth in un primo momento fu spaventata e allo stesso tempo sorpresa dal metodo
di Freud, si aspettava che anche questo medico le osservasse le gambe o le desse da
prendere le tanto odiate medicine come avevano fatto in precedenza i dottori che
l’avevano visitata; ma tutto ciò non avvenne ed Elisabeth colta da stupore non riuscì a
raccontare niente.
Il dottor Freud non forzò Elisabeth a raccontare.
Dopo diverse visite, Elisabeth riuscì a raccontare al dottor Freud alcuni episodi
divertenti trascorsi in compagnia del papà; di momenti felici trascorsi durante le feste.
In occasione di una visita raccontò anche di un sogno fatto la notte precedente; un sogno
molto bello dove si incontrava con il suo papà ed insieme andavano a fare una
passeggiata nel parco; proprio come era solita fare quando il suo amato papà era ancora
vivo.
Man mano che gli incontri proseguivano Elisabeth sentì che il dolore alle gambe era
diminuito, ed era impaziente e felice ogni volta che si avvicinava il giorno della visita
con
il dottor Freud, l’unica persona che la stava ad
ascoltare in silenzio non
obbligandola a prendere medicine come avevano fatto in precedenza sia i dottori che la
mamma.
Non faceva che parlare del suo straordinario dottore.
Le sembrava che il dottor Freud somigliasse molto al suo papà, e alcune volte fingeva
che lo fosse veramente tanto che era molto triste quando la visita terminava, al punto
che le capitava di piangere pensando che durante le vacanze estive, le visite dal dottor
Freud si sarebbero sospese in quanto avrebbe dovuto recarsi con tutta la sua famiglia al
mare.
Il dottor Freud ascoltava le storie che Elisabeth raccontava, si rendeva conto che essa
era molto migliorata anche se i dolori alle gambe non erano del tutto scomparsi.
Si rendeva anche conto di quanto Elisabeth gli si fosse affezionata e di quanto fosse
triste per la fanciulla doversi separare da lui; sapeva che per Elisabeth era diventato
come un padre.
Un bel giorno Elisabeth raccontò al dottor Freud che il papà era solito farle dei
massaggi alle gambe per riscaldarle in quanto lei aveva sempre freddo soprattutto nei
mesi invernali e che la mamma sgridava spesso il papà perché sosteneva che la viziasse
troppo e che passasse troppo tempo con lei.
Elisabeth disse anche che era molto triste nel vedere la madre litigare con il papà a
causa sua.
Il dottor Freud si accorse che il dolore di Elisabeth diventava più forte quando Elisabeth
parlava dei momenti trascorsi in compagnia del padre e che tendevano a scomparire
con le ultime parole del racconto.
Il dottor Freud disse ad Elisabeth quanto aveva osservato spiegandole che
probabilmente il suo dolore alle gambe era collegato alla mancanza del padre e che
probabilmente lei desiderava che qualcuno si prendesse cura di lei come aveva fatto in
precedenza il suo papà e che la sua malattia le serviva per sentire che qualcuno della
famiglia si preoccupava ancora di lei.
Freud tranquillizzò Elisabeth dicendole che in famiglia tutti erano preoccupati per lei
che le volevano molto bene e che le avrebbero voluto sempre bene anche dopo la
guarigione, ma soprattutto le disse che il suo papà continuava a osservarla dal cielo ed
era molto dispiaciuto di vederla triste e malata.
Elisabeth si sentì subito rincuorata dalla parole del dottor Freud.
Da quel giorno i dolori alle gambe scomparvero, ed Elisabeth seppur a malincuore non
si recò più nello studio del dottor Freud.
Aveva capito che il suo papà non l’aveva abbandonata ma continuava a prendersi cura
di lei anche da lontano e questo pensiero la faceva sentire meno sola.
Si sentì più forte e fu di nuovo felice.
Ai suoi nuovi amici raccontava sempre la storia del dottor Freud, di un dottore molto
speciale che si prendeva cura dei suoi pazienti e li curava solo attraverso le parole.
Con il passare degli anni Elisabeth divenne una bellissima fanciulla, si sposò ed ebbe
dei bambini e visse per sempre felice e contenta.”
La morale di questa favola, figlio mio, è che le medicine non servono a guarire tutte le
persone malate; ci sono delle persone che soffrono per malattie particolari dove non si
guarisce prendendo farmaci, ma attraverso la cura di tanti dottori come il dottor Freud,
che sanno ascoltare gli ammalati, comprendendo la loro sofferenza come se fossero loro
stessi le persone malate.