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Arvedi
informa
ARINOX
ATA
CSS
ILTA INOX
Notiziario di informazione del Gruppo Arvedi
N.11
-
A U T U N N O
2 0 0 2
Il ruolo fondamentale dell’energia
di Giovanni Arvedi
Credo che tutti noi conosciamo l’importanza che ha
l’energia elettrica nelle nostre lavorazioni, soprattutto in ISP dove essa assume un ruolo ed un’importanza quasi pari alla materia prima e rappresenta un fattore di costo che incide per oltre il 30% sul totale
costo di trasformazione. Il poter disporre di energia
elettrica a costi contenuti è fondamentale per conferire competitività ai nostri prodotti e garantire un
futuro alle nostre Aziende. Purtroppo nel nostro
Paese abbiamo sempre dovuto sopportare costi
energetici notevolmente superiori a quelli dei nostri
concorrenti europei. In questi ultimi anni, nonostante
la liberalizzazione del mercato, più formale che
sostanziale in quanto il produttore dominante è sempre il produttore pubblico, la situazione è di fatto peggiorata. La produzione energetica nazionale non solo
è insufficiente a far fronte ai consumi civili e industriali, obbligando il Paese ad importare oltre il 15%
del suo fabbisogno, ma il parco centrali è per buona
parte vecchio ed il livello di efficienza significativamente inferiore allo standard europeo.
(segue a pagina 2)
I.S.P.
Il ruolo dell’energia
I motivi di una scelta fondamentale
L’incremento dei consumi ad un ritmo di circa il 3%
all’anno renderà nei prossimi anni sempre più critica la
situazione con un progressivo incremento dei costi rispetto alla concorrenza europea ed il rischio di gravi blackout. Per le nostre aziende, soprattutto per ISP, questo rappresenterebbe un grave danno ed è un preciso dovere del
management trovare soluzioni che evitino tale rischio.
E’ da tempo che stiamo lavorando attorno al problema e
l’unica soluzione praticabile è quella della autoproduzione, soluzione oggi resa possibile dalla recente liberalizzazione del mercato elettrico.
Soluzione che è attuabile tuttavia solo in associazione con
altri operatori con necessità simili alle nostre, ossia sicurezza e costi di approvvigionamento, in quanto la taglia
minima economicamente efficiente di una centrale
moderna è notevolmente superiore alle esigenze dei singoli. E’ in questo quadro che è sorto il progetto con AEM
di Cremona per una nuova Centrale, a cui sono stati associati per la loro grande esperienza e capacità, sia di realizzazione che di conduzione, due operatori importanti
come la ASM di Brescia ed il colosso francese EDF. La
AEM, oltre a garantirsi una fonte di approvvigionamento
che potrà avere ricadute positive sull’economia del territorio, potrà alimentare anche la propria rete di teleriscaldamento.
Il nostro interesse in questo progetto non è quello di partecipare al mercato dell’energia elettrica, ma di salvaguardare il futuro del Gruppo e in particolare quello di Isp
con una fonte energetica sicura ed a costi competitivi che
ci metta alla pari dei nostri concorrenti europei.
La Centrale sorgerà nel territorio di ISP, sull’area ex Palini
e Bertoli; la scelta del sito è stata praticamente determinata dal gestore della rete elettrica nazionale (GRTN) in
quanto esiste già la linea elettrica a 380KV, che alimenta
ISP (primo grande impianto industriale ad essere allacciato, con lodevole preveggenza, direttamente alla rete
europea) e che verrà utilizzata, senza dover realizzare
altri tralicci ad altre linee sul territorio, per il collegamento della centrale alla rete nazionale e da questa successivamente ad altri utenti come AEM; il sito offre peraltro
altri due importanti requisiti e precisamente: pur essendo
fuori della città, è ad una distanza che consente ancora
tecnicamente l’allacciamento alla rete di teleriscaldamento di Cremona; inoltre offre la possibilità di alimentare direttamente ISP senza transitare sulla rete e quindi
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garantire una maggiore sicurezza e risparmiare i costi di
trasporto che incidono per oltre il 15% sul costo dell’energia fornita al nostro stabilimento.
Se non fosse per queste ragioni, si sarebbe potuto scegliere un’altra localizzazione, più distante da centri abitati, che ci avrebbe anche evitato di sacrificare una parte
della nostra area industriale sicuramente utile per future
espansioni.
Nella consapevolezza che le motivazioni economiche sia
dell’industria che della collettività devono tenere in debito conto la salvaguardia ambientale, nel quadro di uno
sviluppo compatibile, la Centrale è stata progettata
secondo le più moderne tecniche che, oltre ad una elevata efficienza, garantiscono un limitato impatto ambientale.
La Centrale, del tipo a ciclo combinato, è alimentata a gas
metano e produrrà anche calore, sotto forma di acqua
surriscaldata, per contribuire al teleriscaldamento di
Cremona.
L’uso di un combustibile pulito come il metano garantisce
l’assenza di ossidi di zolfo e di polveri, assurte alla ribalta della cronaca anche a Cremona quali principali responsabili di allarmi inquinamento e relativi blocchi della circolazione. Le uniche emissioni riguardano gli ossidi di
carbonio e gli ossidi di azoto che grazie alle moderne tecniche di combustione adottate ed all’altezza del camino,
determineranno concentrazioni al suolo non solo ampiamente inferiori ai limiti di legge ma di alcune centinaia di
volte inferiori ai livelli attualmente rilevati dalle centraline
dislocate in città. Inoltre, poiché il contributo al teleriscaldamento consentirà di ridurre sensibilmente l’inquinamento dovuto ai vecchi impianti di riscaldamento che
verranno spenti, il bilancio ambientale complessivo risulterà positivo. La scelta dell’autoproduzione di energia e
quindi della Centrale, che comporta notevoli investimenti
e che avremmo potuto e voluto evitare se operassimo in
un paese con strutture adeguate e all’altezza dei nostri
partner europei, rappresenta un atto responsabile di chi
deve garantire il futuro del Gruppo e dei suoi dipendenti.
Cav. Lav. Giovanni Arvedi
La magia
dell’induzione elettromagnetica
L’induzione elettromagnetica, il fenomeno fisico che permette di
trasferire l’energia elettrica a distanza senza alcun contatto,
nasconde in sè qualcosa di magico. Per comprendere il meccanismo della trasmissione di energia occorre anche ricordare che
ogni corrente elettrica genera un campo elettromagnetico.
Detto così, sembra ancora difficile da comprendere...
Approfondiamo. L’induzione elettromagnetica è il fenomeno per
il quale un materiale conduttore (in generale un metallo),
immerso in un campo elettromagnetico di intensità variabile,
viene percorso da correnti (chiamate correnti indotte) che
dipendono dall’intensità e dalla frequenza di variazione del
campo elettromagnetico. Se il campo elettromagnetico è a sua
volta generato dalla corrente che percorre un altro conduttore si
realizza il trasferimento dell’energia elettrica da un sistema di
conduttori ad un altro senza alcun contatto fisico. Prime grandi
applicazioni industriali, già in uso dagli inizi del secolo scorso,
sono i trasformatori ed i motori elettrici.
E quali altre applicazioni industriali sono state
fatte?
Per esempio il riscaldo elettrico a induzione. E’ noto a tutti il
riscaldo convenzionale ottenuto con una resistenza elettrica collegata tramite due fili alla presa di corrente. Ne abbiamo un
esempio quotidiano nelle nostre case, dal ferro da stiro alla
lavatrice al forno elettrico. In tutti questi casi vi è un collegamento fisico fra l’elemento riscaldante (la resistenza) e la fonte
di corrente. Quando si rende necessario invece riscaldare un
corpo metallico, evitando il contatto, per esempio nel caso in
cui il corpo fosse in movimento, si ricorre all’induzione.
In che modo?
Sinteticamente il metodo è il seguente: la corrente inviata in un
avvolgimento posto attorno ad un corpo metallico, ma non in
contatto, genera per induzione sul corpo stesso delle correnti
che, incontrando una resistenza al passaggio (tipica di ogni
materiale conduttore), si trasformano in calore. Per cui il corpo
metallico che dobbiamo riscaldare può anche essere in continuo
movimento, mentre la fonte dell’energia elettrica sta ferma.
Naturalmente l’applicazione pratica di questi metodi richiede
apparecchiature complesse, ma il principio di base è questo.
Quali sono le applicazioni più importanti nel gruppo?
La prima è stata la saldatura elettrica ad induzione in alta frequenza (H.F.) dei tubi. Fin dalla metà degli anni ’60 la Ilta ha
iniziato ad usare questa nuova tecnologia di saldatura, che si è
poi estesa a molti stabilimenti del Gruppo. Anche grazie a questo
tipo di saldatura, che garantisce produttività e qualità, il tubo
saldato è diventato universalmente diffuso ed ha in gran parte
sostituito il tubo senza saldatura. Nell’applicazione alla saldatura
le correnti indotte da una bobina che avvolge i bordi del nastro
piegato a forma di tubo tendono a concentrarsi sui bordi, determinando un riscaldamento molto intenso dei bordi stessi fino
ad una incipiente fusione, che, a seguito della successiva pressione l’un contro l’altro tramite rulli, ne provoca la saldatura.
Ve ne sono di più recenti?
Certamente. E’ l’induzione specificamente applicata al riscaldo
dell’acciaio. Una prima esperienza positiva circa un forno di
riscaldo in continuo fu fatta in ATA, che a metà degli anni ’80
sostituì il proprio forno di riscaldo, originariamente a gas, per i
tubi da laminare nel riduttore, con un forno ad induzione dieci
volte più corto e due volte più potente. La più recente e innovativa è in ISP, dove il forno ad induzione, che riscalda la bramma
sottile fino a 1200°C, rappresenta uno degli elementi fondamentali della tecnologia (la tecnologia ISP non potrebbe esistere
senza forno ad induzione dato che l’alternativa sarebbe costituita da un forno a gas lungo 200 metri) ed è una novità in campo
siderurgico. È posizionato tra il push and piler e il Cremona
box, ha una lunghezza di 13 metri, una potenza installata di 20
MW, lavora ad una frequenza di 7 KHz ed ha lo scopo di far
recuperare all’acciaio in modo omogeneo il calore perduto
nella prima fase di laminazione in linea dopo la colata continua.
Chi ha studiato questo forno innovativo dell’Isp?
È stato progettato da un team di tecnici interno al Gruppo. E’
protetto da due brevetti, uno per l’aspetto inventivo ed innovativo della configurazione del forno, il secondo inerente al particolare design dell’induttore. Poiché all’epoca non esistevano esperienze a livello industriale per riscaldare ed omegenizzare la
temperatura di bramme calde di spessore così sottile(10-15
mm), si è deciso di sviluppare in proprio la progettazione, e poi
la costruzione e la messa in servizio del forno stesso, anziché
appaltarlo ad un fornitore tradizionale.
Un’invenzione avvenuta “in casa” quella di Isp.
Questo lavoro ha comportato una serie di studi, simulazioni e
sperimentazioni, a cui l’ENEA ha dato un importante contributo,
che, con l’ausilio anche di un prototipo appositamente realizzato, hanno permesso di affrontare senza errori la progettazione e
la costruzione del forno.
Una domanda forse poco scientifica, quanta energia
utilizza il forno ad induzione dell’Isp?
Più o meno un’ora del forno a induzione dell’Isp utilizza più del
doppio dell’energia che viene consumata da una famiglia nel
corso di un anno solare.
3
ATA
Primo
Anche Mercedes monta tubi cremonesi
ta e automotive, un binomio che sta divenendo sempre
più forte. Il Gruppo Arvedi si sta infatti dimostrando sempre più affidabile in questo campo, come attestano le
numerose aziende che operano nel settore dell’auto e scelgono i
prodotti cremonesi. Il 29 agosto scorso un’altra importante casa
europea ha visitato gli impianti Ata di Cremona. Si tratta di
Daimler Chrysler per la quale lo stabilimento cremonese produce già da qualche anno, con acciaio fornito da Isp, tubi saldati
finiti di trafila che hanno come destinazione finale la fabbricazione di ‘cardani’ per autocarri. Una folta delegazione di tecnici
Mercedes, nei giorni scorsi, ha visitato gli impianti di Isp e di
Ata, accompagnati dai tecnici di Thiel & Hoche, società di rilievo
sul mercato europeo per la commercializzazione di particolari
per auto e di Metalfer, importante trafilatore italiano e grande
partner di Ata. A seguito dell’audit tecnico eseguito da un gruppo di sette esperti di qualità e produzione, che ha visitato anche
le trafile di Metalfer a Corbetta e Roè Volciano, le aziende del
Gruppo Arvedi hanno ricevuto particolari apprezzamenti per l’alto contenuto tecnologico degli impianti, dimostratisi particolarmente adatti alla produzione di pezzi destinati al settore automotive. I prodotti usualmente forniti sono tubi di dimensione
medio-grande, con acciaio di mediocarbonio CK22, secondo la
specifica richiesta da Mercedes. “Il processo di produzione spiega Mario Fraioli, direttore di stabilimento di Ata -, è stato
personalizzato con griglie di controllo molto severe, per garantire al cliente la massima affidabilità”. “I tubi Ata, dopo essere trafilati dalla Metalfer nello stabilimento di Corbetta, per ottenere
dimensioni con tolleranze che rispettino il capitolato Mercedes e
controllati con ulteriori test, vengono spediti a Daimler Chrysler
presso lo stabilimento di Worth in Germania - prosegue Mario
Fraioli -, dove vengono spezzonati a lunghezza d’utilizzo”.
Successivamente i pezzi vengono riempiti di materiali antivibrazione e dopo il posizionamento sull’estremità di apposite crociere e la loro saldatura, si procede ad installarli su camion come
alberi di trasmissione cardanici, che trasmettono il moto dal
cambio alle ruote motrici. In seguito, quando i tecnici Mercedes
hanno appurato che tutto l’insieme dei componenti è conforme
agli standard di qualità richiesti, i camion vengono spediti presso le concessionarie di tutto il mondo. Portando con sé un pezzo
prodotto da Ata.
A
4
L’invenzione del giunto cardanico
Gerolamo Cardano nacque a Pavia nel 1501. Compì i
suoi studi a Pavia e a Padova, dove divenne dottore in
medicina nel 1524. A partire dal 1534 insegnò matematica, architettura e geometria a Milano, svolgendo
nel contempo la professione di medico. Dal 1547 al
1551 insegnò medicina a Pavia e dal 1562 a Bologna,
per trasferirsi infine a Roma, dove trascorse gli ultimi
anni della sua vita, subendo anche un processo per
eresia. Ebbe una vita avventurosa e molto travagliata,
di cui rimane testimonianza la sua autobiografia (il De
vita propria), pubblicata postuma nel 1643. Cardano
fu una tipica figura di mago rinascimentale, versato in
astrologia, magia naturale, matematica, diritto, medicina. Come molti personaggi del suo tempo fu interessato alle scienze occulte e contribuì anche a sviluppare vari aspetti della scienza moderna. Scrisse più di
duecento opere insieme ad altri personaggi dell’ateneo
bolognese di quel secolo, come Pomponazzi, combatté
contro il principio di autorità e contro l'intrusione di
controlli religiosi nella ricerca scientifica. In tal modo
contribuì al diffondersi del metodo sperimentale, che
applicò con interessanti risultati anche alla medicina.
Il giunto cardanico, che prende appunto il nome da lui,
è uno dei tipi più semplici di giunto, costituito fondamentalmente da una crociera collegata per mezzo di
quattro articolazioni a una forcella conduttrice e a una
forcella condotta. Consente di trasmettere il moto tra
due alberi non allineati ma formanti un certo angolo,
che può anche variare durante la rotazione. Quando
uno dei due alberi è inclinato rispetto all’altro, il moto
viene trasmesso con una serie di decelerazioni e di
accelerazioni anche se la velocità dell’albero conduttore è costante. Giunti di questo tipo si impiegano tradizionalmente negli alberi dello sterzo e in quelli di trasmissione degli autoveicoli.
Piano
ISP
Acciai altoresistenziali, la rivoluzione leggera
i possono definire acciai speciali, leghe che hanno una
resistenza modulata in una ampia gamma (da 350 a 900
MPa) e caratteristiche tali da permettere impieghi particolari. L’Isp li produce da tempo e ne sta sviluppando tecnologicamente le caratteristiche: il loro nome tecnico è HSLA, High
Strength Low Alloyed, ma comunemente vengono definiti acciai
alto resistenziali microlegati. Sono caratterizzati da bassi tenori
di Carbonio e dalla presenza di elementi quali Niobio e/o
Vanadio e/o Titanio, che conferiscono loro resistenza meccanica
senza penalizzare la duttilità. Questi acciai sono nati per quegli
utilizzi dove la leggerezza è un requisito fondamentale: il loro
impiego ha permesso, ad esempio, un notevole risparmio di
peso all’automobile ed una conseguente riduzione dei consumi.
Sono infatti acciai di questo tipo che hanno consentito di diminuire lo spessore delle parti strutturali e, contemporaneamente,
aumentare la resistenza. La loro buona lavorabilità a freddo
(stampaggio di forme complesse) e la ottima saldabilità hanno
contribuito al loro successo nel settore automobilistico ed in
generale in quello dei veicoli: sono utilizzati infatti nelle parti di
autocarri, vagoni ferroviari, macchine per movimento a terra, e
così via. Grazie a questi acciai si è potuto correggere la tendenza
che vedeva, in prospettiva, privilegiati per la costruzione delle
parti strutturali dell’automobile materiali come l’alluminio. Un
consorzio internazionale composto da produttori di automobili e
produttori di acciaio, ULSAB (Ultra Light Steel Auto Body), ha
S
infatti dimostrato che l’utilizzo di acciai della famiglia degli altoresistenziali consente un risparmio di peso del 25% con un
incremento della resistenza strutturale dell’80%.
Lo sviluppo di questi prodotti è ancora in corso e le possibilità
di sfruttamento in funzione dell’impiego finale sono ancora da
esplorare completamente. Certamente gli acciai altoresistenziali
stanno aprendo nuovi fronti di utilizzo. La messa a punto prevede di agire mediante ulteriori aggiustamenti dell’analisi chimica
e del ciclo termico sulla struttura finale del laminato a caldo;
sono questi gli acciai altoresistenziali di nuova generazione detti
multifase (Dual-Phase, TRIP, TWIP).
Attualmente l’Isp produce tutta la gamma degli acciai HSLA prevista dalle norme internazionali vigenti, che costituiscono una
quota importante della produzione (15% nel 2001 e 18% nel
primo semestre 2002); l’impianto si è via via specializzato nella
produzioni di spessori sottili (fino a 1 millimetro per la qualità
S315MC) che non possono essere prodotti per laminazione
diretta da impianti convenzionali.
Nella figura qui sopra sono evidenziati alcuni dei particolari
strutturali dell’automobile che attualmente sono prodotti con
acciaio Isp. Il prossimo passo sarà quello di sperimentare e sviluppare la produzione degli acciai resistenziali di nuova generazione, multifase, che saranno destinati a caratterizzare sempre
di più l’impianto di Cremona e dare ulteriore valore alla tecnologia I.S.P. per impianti futuri.
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Arinox
Primo
Quando l’acciaio riesce a salvare la vita...
oi siamo certamente affascinati da alcuni aspetti e applicazioni della tecnologia moderna, soprattutto quando si
applicano a settori come la costruzione di veicoli e sonde
per l’esplorazione dello spazio. Questi prodotti dell’ingegno
umano suscitano ammirazione e orgoglio per ciò che l’uomo
riesce a concepire e realizzare.
Altri aspetti della tecnologia, più oscuri ma per certi versi anche
più importanti, non destano lo stesso interesse e per questo
non sono oggetto di attenzione e divulgazione da parte dei
media.
Un esempio di questi prodotti ipertecnologici è costituito dai
sistemi utilizzati nel corso degli interventi chirurgici più delicati,
nei quali è necessaria la circolazione extracorporea del sangue.
E’ il caso degli apparecchi medicali prodotti dalla società italiana Dideco, leader mondiale nella produzione di scambiatori e
ossigenatori monouso
da utilizzare durante le
operazioni a cuore
aperto, su pazienti di
età da 2-3 giorni fino
ad 80-85 anni.
La particolarità di questi oggetti è tale per
cui ogni apparecchio
prodotto ha una
garanzia di 5 anni
dalla data di acquisto e
di 6 ore dal momento
in cui viene utilizzato.
Questi dispositivi sostituiscono le funzioni polmonari nel corso dell’intervento a cuore
aperto, la cui durata può variare dai 20-30 minuti per un bypass fino a 5-6 ore ed oltre in caso di interventi più complessi.
Dal momento in cui si interrompe il flusso sanguigno da e verso
il cuore inizia l’operazione di pulizia del sangue prelevato al
paziente, che viene dapprima raffreddato per mezzo di uno
scambiatore allo scopo di abbassare il metabolismo, per poi
essere ossigenato con un altro apparecchio e infine rinviato al
paziente. Queste operazioni avvengono, naturalmente, a ciclo
continuo e si concludono al termine dell’intervento con l’invio
al paziente del sangue nuovamente riscaldato.
La parte più importante e delicata degli ossigenatori e dei
riscaldatori-refrigeratori è costituita dalla membrana metallica
che è a contatto con il sangue e che deve regolarizzare la temperatura e consentire la necessaria ossigenazione. Per questo
scopo viene utilizzato un nastro di acciaio Inox extrasottile in
AISI 304L oppure 304PS in finitura BA, di spessore 0,10 milli-
N
6
metri e di larghezza variabile da 75 a 150 millimetri, prodotto
con tolleranze di estrema precisione.
Caratteristica fondamentale di questo nastro è la bassissima
rugosità superficiale e l’assenza assoluta di difetti e micro asperità superficiali, che potrebbero causare la rottura della delicatissima membrana che costituisce l’involucro esterno dei costituenti del sangue, come globuli rossi e piastrine. Altri aspetti
importanti di questi nastri sono il limitato contenuto di inclusioni e le caratteristiche meccaniche: oltre ai valori fondamentali,
Rm, Rp0.2, Rp1, A%, è determinante anche il coefficente di anisotropia del materiale, che deve essere mantenuto in un range
ben definito per consentire l’ottenimento di un prodotto finale
con parametri dimensionali ristretti e costanti.
La tecnologia Arinox consente di ottenere nastri che superano
brillantemente queste ristrette specifiche.
Per la produzione dei
pezzi finiti si procede
Le lamine Arinox
attraverso passi successivi:
• Sagomatura a "lisca
di pesce" realizzata
mediante il passaggio
su due rulli scanalati
a movimento sincronizzato (le scanalature ottenute hanno
profondità media di
0.75 mm) e microsabbiatura sui bordi
del nastro di circa 15
mm per garantire una miglior aderenza delle resine che sigillano il prodotto al termine dell’assemblaggio.
• Piegatura del nastro a "dente di sega" ottenuta tramite il passaggio su due rulli plissettatori a 16 denti.
• Impaccamento della lamiera così ottenuta con la creazione di
una canaletta laterale che servirà a creare un canale di drenaggio per eventuali perdite di sangue o acqua durante il funzionamento.
• Saldatura a rulli del pacco plissettato così ottenuto.
• Assemblaggio nel contenitore di plastica (operazione manuale e complessa).
• Test di collaudo finale.
• Pulizia – Sterilizzazione – Confezionamento
L’augurio è ovviamente quello di non dover mai avere necessità
di usufruire di questi strumenti, però è bene sapere che in caso
di necessità, Arinox è presente anche in questo campo!
Piano
Ilta
Le Harley Davidson passano da Robecco
alire su una Harley Davidson, la moto da sogno di Easy
particolari esigenze delle diverse case motociclistiche sono
Rider, da oggi vuol dire anche montare su una motocicletstate affrontate dai tecnici Ilta Inox con visite presso le singole
ta che ha componenti che sono stati lavorati dallo stabiliaziende costruttrici. Le maggiori difficoltà si sono manifestate
mento Ilta Inox di Robecco
nel garantire i complessi cicli di
d’Oglio. Sviluppo tecnologico e
piegatura che il tubo subisce.
rigorosa aderenza alle normatiInoltre l’alto livello di automaE’ il 1903 quando il ventunenne William S.
Harley insieme al ventenne Arthur Davidson prove per il rispetto dell’ambiente
zione di questi cicli fa sì che
ducono le prime moto Harley-Davidson. Le moto
sono infatti i due elementi che
queste aziende seguano la metosono
da
corsa,
erogano
la
potenza
di
due
cavalli
hanno permesso all’acciaio
dologia “zero defect”, esaspecon 24,7 cubic inches (405cc) di cilindrata, e
Inox di sbarcare anche nel setrando di conseguenza le pretese
sono
alimentate
da
un
carburatore
che
permette
tore motociclistico. Affidabilità,
qualitative dei materiali. Per
di correre fino a 45 miglia all’ora. La trasmissiodurata, sicurezza, oltre alle abiottemperare a richieste così
ne è assicurata da una cintura di cuoio piatto di
tuali esigenze di prestazioni e
severe Ilta Inox ha attinto al
1,25 inches (3,17cm), il serbatoio porta 1,5 galdi styling, sono stati gli aspetti
proprio bagaglio d’esperienza
loni (5,6 litri), le ruote hanno un diametro di
maturato nelle forniture al settosu cui si sono concentrate le
ben 28 pollici, si frena retropedalando. Il modelre automobilistico e poichè
case motociclistiche nella ricerlo è di colore nero e costa $200. La fabbrica
crede fermamente nello svilupca di marmitte sempre più sofinella quale lavorano è in realtà una baracca di
po di questi prodotti, ha accelesticate ed innovative.
legno di 3 metri per 2,5 con le parole “Harleyrato gli investimenti in attrezzaIlta Inox ha risposto con l’abiDavidson Motor Company” scritte a mano sulla
porta. Il fratello di Arthur, Walter Davidson si
ture per cicli di prova, che
tuale entusiasmo e la serietà
unisce poco dopo a loro. Di pubblicità non ce n’è
vanno oltre quelli richiesti dalle
che la contraddistingue nei
bisogno. Il primo a comprare uno dei modelli
norme delle case costruttrici.
confronti di ogni prodotto
del
1903
direttamente
dai
fondatori
è
Henry
Tali prove servono a verificare
innovativo. L’equipe tecnica
Meyer di Milwaukee, un ex compagno di scuola.
in misura ancor più severa la
dello stabilimento si è messa al
qualità della saldatura, che,
lavoro per andare incontro alle
nell’utilizzo della motocicletta, è
esigenze delle case motociclistisottoposta a fortissime sollecitazioni. Da anni, ormai, moto
che, mettendo a disposizione i propri ingegneri e i responsabili
come Aprilia, Bmw, Ducati, Harley Davidson, Honda, Yamaha,
della qualità.
Mv Agusta, Piaggio, Suzuki, montano collettori di scarico e
I materiali usati sono normalmente l’acciaio AISI 304 e 304L.
silenziatori, sia nel settore sportivo che per gli scooter, con tubi
Tuttavia, in alcuni casi, a causa delle elevate temperature, è
prodotti dallo stabilimento Ilta Inox del Gruppo Arvedi. Nel setnecessario utilizzare materiale quale AISI 309 o 310S, materiali
tore sportivo, in partia più alto contenuto
colare, Ilta Inox fornidi nickel, che hanno
Uno degli ultimi modelli
sce un tubo di dimenquindi una maggiore
della Harley Davidson
sioni del tutto particoresistenza ai processi
lari, elaborato con la
di corrosione da alte
Honda, usando esclutemperature.
sivamente la tecnoloEccezione alla regola
gia di saldatura Laser.
risulta essere l’utilizzo del materiale AISI
Tale prodotto viene
321, che Ilta Inox
fornito allo stabilimenfornisce alla Harley
to di Piazzano di
Davidson, casa motoAtessa, dove vengono
cliclistica culto per
costruiti i modelli che
intere generazioni.
hanno vinto recenteUna volta messo a
mente anche l’ultimo
punto il materiale, le
titolo mondiale.
S
7
Css
Persone
Il grande successo dello zincato Isp
utto cominciò dal
primo coil zincato in
Isp. Era il 6 aprile di
quest’anno ed il nuovo
impianto, finiti tutti i collaudi del caso, aveva dato alla
luce il primo coil di acciaio
zincato della storia dello stabilimento cremonese.
L’evento era atteso da tempo
ed il Css, la “lunga mano”
dell’Isp sul mercato degli
utilizzatori finali, si era già
attrezzato a far fronte al
nuovo ed importante prodotto. Dopo varie indagini di
mercato, Rossano Grazioli,
responsabile del Css, aveva
potenziato la rete di vendita,
pronto a raggiungere capillarmente tutti gli acquirenti
interessati al nuovo prodotto. Ora, qualche mese dopo la
nascita in Isp del primo ‘zincato’, il Css di Corbetta può già
contare su di un centinaio di nuovi clienti, che acquistano
T
8
direttamente il nuovo tipo di
acciaio. Lo zincato è infatti
utilizzato per la costruzione
di scaffalature, di pannelli e
viene anche acquistato da
stampatori e da chi si occupa di particolari per l’edilizia
o elettrodomestici.
Il forte impegno alla vendita
da parte del Css ha permesso
di entrare con successo in
molti nuovi mercati. Ora,
dopo qualche mese dalla
partenza della nuova rete di
vendita, il Css commercailizza ben mille tonnellate mensili di prodotto zincato ed i
dati fanno segnare una crescita costante nelle vendite.
Delle nuove macchine recentemente installate presso lo
stabilamento, alcune lavorano già solo per questo nuovo tipo
di acciaio che, per le sue caratteristiche qualitative, si candida
a conquistare via via nuove fette di mercato.
& Fatti
Alpa
Borsa di studio al giovane Massimo Pasotti
na borsa di studio per un periodo negli Stati Uniti, presso
una delle università più illustri del mondo, seguito dal
massimo esperto mondiale nel campo, Dawn Tilbury: è
questo il premio offerto dall’Alpa, l’associazione dei pensionati
del Gruppo Arvedi a Massimo Pasotti, brillante studente della
sede cremonese del Politecnico di Milano. Pasotti è ora in
Michigan, ad Ann Arbour, presso la Engineering Research
Center for Reconfigurable Manufactoring Systems. La borsa
di studio era stata consegnata da Antonio Livrini, presidente
dell’Alpa e Claudio Resemini, responsabile delle risorse umane
del Gruppo Arvedi. La premiazione era avvenuta nel luglio scorso e Massimo Pasotti è partito il 12 settembre. Ora sta seguendo
i corsi, il suo interesse è rivolto al campo dei sistemi industriali
di produzione. Ecco un breve racconto in prima persona della
sua esperienza. “Mi trovo ad Ann Arbor, una graziosa cittadina
nel Nord Est degli Stati Uniti, città che ruota quasi completamente attorno all’Università del Michigan. Il campus è immenso
e si respira un’aria cosmopolita che in Italia difficilmente ritroverò. Gente di ogni parte del mondo affolla questa università
U
alla ricerca di una cultura da riportare nel proprio paese...
come anch’io del resto... ed è incredibile vedere la disponibilità
allo scambio di idee. Sebbene ufficialmente io stia lavorando ad
un robot in miniatura, o meglio all’implementazione del software che gestisce gli automatismi del robot, parallelamente partecipo allo sviluppo di librerie, specifiche per l’automazione, integrate con la suite MSVision 2000,e la collaborazione ha già portato buoni frutti perchè in soli 10 giorni ho corretto, insieme
con il mio collega, la teoria su cui si basavano le librerie stesse
e ho introdotto notevoli migliorie che già ora rendono più semplice lo sviluppo dei programmi in linguaggio SFC. Il principio
su cui si fonda il laboratorio in cui lavoro è quello della “riconfigurabilità” e qui sto apprendendo i principi su cui si basa ed i
metodi pratici applicati al mondo dell’automazione. Per quanto
riguarda la vita privata posso solo dire che cerco di dedicare
quel poco tempo che mi resta parlando con la gente per migliorare l’inglese e, quando posso mi consolo preparandomi qualche buon piatto di pasta perchè, nonostante i numerosi pregi
dell’America, qui si mangia veramente malissimo”.
Maestri del Lavoro in Isp
Una delegazione di Maestri del Lavoro di
Cremona, guidato dal suo console Dario Caporali,
visiterà l’Isp sabato 26 ottobre alle ore 9 e 30.
L’invito alla delegazione cremonese viene dai
Maestri che lavorano nel Gruppo e che saranno
presenti alla giornata, facendo gli onori di casa.
Lo stabilimento verrà presentato con una visita
guidata che mostrerà tutte le fasi operative della
lavorazione, dal forno, alla colata continua, fino al
coil finito.
La giornata è stata organizzata anche per festeggiare il neo maestro Luciano Manini, che guida lo
stabilimento cremonese. Il più “vecchio”, parlando di anzianità di servizio, dei Maestri del lavoro
del Gruppo Arvedi, è Vittorio Triglia, divenuto
Maestro nel 1994. Nel 1998 si è aggiunto alla
nascente ‘squadra’ Giancarlo Stringhini di Ilta
Inox. Da allora, ogni anno il Gruppo Arvedi ha
visto crescere nelle sue fila le onoreficenze. Nel
1999 è diventato Maestro l’ingegner Angelo
Sinelli, seguito nel 2000 da Italo Carotti, nel 2001
da Giovanni Mazza. A chiudere l’elenco, per quest’anno, l’arrivo di Luciano Manini.
Il saluto del console
Da quando sono responsabile delle attività riguardanti i
Maestri del Lavoro della Provincia di Cremona, ho notato che
mentre ci sono imprenditori che ogni anno presentano
dipendenti o dirigenti meritevoli di ottenere la prestigiosa
onoreficenza di Maestro del Lavoro con Stella al merito, ve
ne sono altri che si oppongono a qualsiasi richiesta di presentare la domanda per i loro dipendenti meritevoli. Fra i
primi voglio ricordare l’esempio del Cavaliere del Lavoro
Giovanni Arvedi che ogni anno presenta per la nomina almeno un dipendente scelto fra i migliori, che accompagna sempre con dichiarazioni convincenti e altamente meritorie.
Tutto ciò ha, fra l’altro, il significato di aver fatto premiare
dipendenti che hanno svolto normali attività con perizia,
laboriosità e condotta morale di elevato significato, alimentando in altri dipendenti quel confronto che stimola l’imitazione a fare meglio per essere anch’essi presentati per ottenere l’importante e prestigioso riconoscimento.
Onore ai Maestri del Lavoro
Il console provinciale
Dario Caporali
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Maestri del Lavoro/2
Direttore finanziario dell’Isp,
da trentanove anni lavora per il Gruppo
“Una vita vissuta al fianco del Capitano...”
Persone
orse il suo segreto sta in quei centoventi chilometri che
affronta ogni giorno per arrivare in Isp da Seniga, paese
bresciano che l’ha visto nascere, e per tornare a casa, a
pranzo e a cena. Una tradizione rispettata rigorosamente, in
ogni stagione e con ogni tempo. Forse in quei minuti di macchina, ascoltando le notizie alla radio, rimugina sugli eventi
passati e futuri per riuscire a far quadrare i conti. E’ proprio
“far quadrare i conti” il lavoro che riesce meglio a Giovanni
Mazza, il direttore finanziario dell’Isp, nel Gruppo dal 1965, da
sempre fedelmente vicino al presidente. E’ in macchina forse
che ragiona sui soldi che devono entrare e che devono uscire
per pagare i fornitori e per garantire gli stipendi, con un
occhio sempre rivolto ai mesi futuri. Perché amministrare un’azienda non differisce molto dal gestire una famiglia; cambia, e
di molto, l’entità dei problemi, il numero di spese da fare, il
numero di stipendi da gestire, la quantità dei crediti da riscuotere in tempo per pagare i fornitori, senza farli attendere più
del lecito.
F
La grinta di Giovanni Mazza
Si può dire che Giovanni Mazza, cavaliere della Repubblica dal
1993, Maestro del lavoro e con un premio fedeltà al lavoro alle
spalle per aver trascorso più di trent’anni nella stessa azienda,
abbia due famiglie. La prima, quella vera, è a Seniga, con
moglie, figli ed un nipotino che lo adora. L’altra, quella di
Cremona, è composta dalle centinaia di dipendenti a cui occorre garantire lo stipendio, dalle migliaia di fornitori da onorare
per permettere sempre allo stabilimento una normale vita lavorativa. “In questa lunga vita ho visto tutto lo sviluppo del
Gruppo Arvedi, in ogni circostanza. E’ proprio nei momenti più
complessi che l’attaccamento al mio lavoro è divenuto una vera
e propria missione di vita; dopo tanti anni mi trovo a lavorare
per un grande Gruppo, orgoglioso del suo successo tecnologico e felice di vederlo finanziariamente solido”.
Cacciatore incallito, che ha girato mezza Europa alla ricerca di
nuove prede, Giovanni Mazza ha 39 anni di anzianità lavorativa
alle spalle, ma nessuna voglia di mollare. Racconta con orgoglio: “tutto quanto succede in Isp passa sulla mia scrivania, sia
in entrata che in uscita, è un lavoro di grande responsabilità
che riesco a fare senza l’aiuto di nessun computer”.
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“E’ la mia testa - continua -, che mi permette di avere sempre
la situazione sotto controllo, grazie ad una memoria che non
perde un colpo”. Ruolo cruciale del suo lavoro è quello di
gestire i rapporti con le banche. “La mia maestra mi dava sempre 4+ in italiano ‘per incoraggiamento’. Venivo dalla campagna, ero piccolo e il mio italiano non era impeccabile ma questo non mi ha impedito di imparare a scrivere delle lettere di
sollecito più che esplicite”, afferma sorridendo sornione. Pare
che a volte diventi anche molto duro, fama che però lui rifiuta.
“Non si tratta di durezza, bisogna però essere molto chiari e
molto fermi: solo in questo modo si costruisce una credibilità
che, sul lungo periodo, aiuta sempre”. La lunga carriera, iniziata presso la ditta Pietra di Brescia, le innumerevoli onoreficenze, i titoli e le cariche accumulati, non ne hanno modificato
mai le abitudini, la sua vita è rimasta quella di un tempo, molto
legata alla famiglia e proiettata sul nipotino, che lo aspetta a
casa ogni sera. E’ proprio quella strada che unisce i suoi due
mondi, Cremona e Seniga, che forse conosce meglio di tutti il
segreto della sua grinta. Una grinta dei cui effetti possono godere, ogni giorno, tutti coloro che lavorano all’Isp.
& Fatti
La scoperta
del tesoro di Sant’Omobono
è un’opera a Cremona legata in modo particolare
alla attività del nostro Gruppo: si tratta di un dipinto
realizzato su lamiera e conservato nella Chiesa di
Sant’Omobono, raffigurante Sant’Omobono nel sepolcro e
restaurato alcuni anni fa con il contributo determinante della
Fondazione Arvedi Buschini.
Si tratta di un’opera ritrovata fortunosamente nell’autunno del
1997 durante i lavori di restauro della Chiesa dedicata al
santo patrono di Cremona in vista della grande festa per l’ottavo centenario della sua morte.
Il dipinto, composto da quattro lastre di materiale ferroso
sovrapposte una sull’altra, era posto nel luogo ove si trovava
il primo sepolcro di Sant’Omobono. Sul fianco sinistro dell’altare del santo, un angelo affrescato sulla parete indica infatti
una scaletta che porta ad un antro buio sotterraneo all’esterno del quale corrisponde una piccola abside romanica non
orientata con il resto della Chiesa. E’ questo probabilmente il
sanctuarium, il luogo sotterraneo nel quale, prima della sua
traslazione in Cattedrale, era posto il corpo del patrono. In
fondo a quella scala fino a qualche anno fa vi era una semplice lamiera annerita; la curiosità di Gianfranco Mingardi - il
restauratore allora impegnato nel recupero del tiburio e della
cupola - e la sua convinzione che in quel luogo oscuro rimasto caro alla devozione dei fedeli dovesse trovarsi per forza
qualcosa di significativo, lo hanno portato a scoprire che
quella lamiera era in realtà uno splendido dipinto.
Come scriveva Marco Tanzi il 20 Ottobre 1997 (pochi giorni
C’
dopo il ritrovamento della lamiera) si tratta “di una finta
porta del sepolcro, o meglio, di un finto interno della tomba,
tipico del gusto di certa cultura barocca, in cui finzione, effimero e macabro si mescolano con effetti a volte straordinari”. Il santo sembra quasi addormentato, vegliato da due delicatissime testine di angeli.
Lo stesso critico in quell’occasione avanzò per primo l’ipotesi
- poi accolta negli studi successivi - che il dipinto fosse opera
del pittore cremonese Angelo Massarotti (1654-1723), celebre artista che tra la fine del Seicento ed i primi anni del
Settecento lavorò sia per il Consorzio che per la Confraternita
intitolate alla memoria di Sant’Omobono.
L’annuncio del ritrovamento ebbe una grande risonanza sulla
stampa locale, che arrivò a lanciare un appello per raccogliere i fondi per il restauro del dipinto. L’appello fu accolto dal
Cavalier Giovanni Arvedi che si appassionò in maniera particolare al recupero di un’opera raffigurante il santo patrono
della sua città, per di più realizzata su un supporto che è un
po’ l’“antenato” dei coils prodotti oggi nella nostra Acciaieria
Isp.
L’opera, mirabilmente restaurata dallo stesso “scopritore”
Gianfranco Mingardi sotto la supervisione dell’allora
Sovrintendente Aldo Cicinelli, è stata presentata ufficialmente
alla cittadinanza alla presenza del Vescovo Mons. Giulio
Nicolini e delle autorità nell’aprile del 2000 e si può ora
ammirare nella Chiesa cittadina di Sant’Omobono.
Fabrizio Lonardi
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La lunga fuga dell’Iron man Stefano Pialli
Creare una sintonia tra le bellezze di un
paesaggio tra i più suggestivi al mondo, la
forza di una macchina perfetta, quale è il
corpo umano e il simbolo stesso della
forza, l’acciaio, che produciamo e vendiamo quotidianamente, sembra sia un impresa riuscita agli organizzatori di una delle
manifestazioni di triathlon più estreme al
mondo. Il paesaggio è quello del
Woerthersee, lago di fascino indubbio che
si trova in Carinzia, in Austria, a pochi chilometri dal confine italiano di Tarvisio. La
forza di una macchina perfetta è quella di
Stefano Pialli di Ilta Inox, che dopo essersi
sottoposto ad un estenuante allenamento
durato oltre un anno, ha partecipato per la prima volta alla
manifestazione Iron man, concludendola e non sfigurando di
fronte a 1800 partecipanti, fra i quali molti professionisti e
veterani. Qualcuno potrebbe pensare ad
una normale manifestazione di triathlon,
ma non è così. Percorrere 3800 metri a
nuoto nelle fredde acque del lago, 180 Km
in bicicletta sulle strade non certo pianeggianti della Carinzia, e per finire sobbarcarsi i classici 42,195 Km di maratona, non è
un’impresa paragonabile ad un normale
triathlon. Questa disciplina, infatti, nelle sue
distanze olimpiche non supera i 1500 metri
a nuoto, 40 Km in bicicletta e 10 Km di
corsa. Ben poca cosa rispetto alle distanze
affrontate dal possente Pialli.
Se al calar del sole quindi sugli argini o
sulle strade della nostra città, pensate di
vedere un marziano che corre con il completo blu, non spaventatevi; si tratta dell’iron man, l’uomo d’acciaio del gruppo
Arvedi: Stefano Pialli.
Il sound rock di Tomasini
La vita spericolata per ora Giovanni Tomasini l’ha trovata in
Ata, lavorando duramente tutto il giorno e dedicandosi nel
tempo libero alla sua vera passione, la musica leggera. “Ho
iniziato a suonare giovanissimo, avevo tredici anni e da subito
mi sono reso conto che per me non si trattava solo di un passatempo”. I primi passi nel mondo della musica li muove alla
grande scuola del maestro Donzelli, sulle orme della giovane
Mina. La formazione jazzistica si trasforma piano piano in una
passione per il rock. Erano i primi anni Ottanta, e la musica
aveva preso strade particolari. I gruppi si susseguivano e Tomasini
selezionava i suoi gusti,
migliorava il suo repertorio, seguendo le
novità e mettendo alla
prova la sua voce. Ora
canta negli Azoto
Liquido, il repertorio è
quello di Vasco Rossi,
Arvedinforma
Notiziario di informazione
del Gruppo Arvedi
Direttore
Federico Mazzolari
Coordinamento editoriale
Giovanni B. Magnoli per Epoché
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Segreteria di redazione
Samantha Bartolametti
Fotografie
Mino Boiocchi Art Photo
Stampa
Arti Grafiche Persico
Hanno collaborato: Umberto
il cantante tanto
amato da diverse
generazoni. La
voce è matura
ma il repertorio
rischia di stare
stretto. Per cui il
cantante ha preferito aprirsi ad
un repertorio
nuovo. Tomasini
si rilancia ora
anche come solista ed affida i suoi destini al brano inedito
Scopri il vento, con il quale vuole sfondare anche sul palcoscenico nazionale. Il nome di battaglia è Joy, e le aspirazioni
sono alte. “Mi rendo conto -afferma Giovanni Tomasini- che la
mia passione può esistere anche grazie a chi mi sta intorno,
da mia moglie ai colleghi. Le prove, le incisioni ed i concerti
portano infatti via un po’ di tempo alla famiglia, ma ho sempre trovato appoggio ed incoraggiamento”.
Albarosa, Franco Andreuzza, Omar
Bellini, Dario Caporali, Mario
Fraioli, Rossano Grazioli, Antonio
Guindani, Fabrizio Lonardi, Claudio
Maffini, Giovanni Mazza, Maurizio
Mazzolari, Alberto Montepagano,
Claudio Resemini, Paolo Rodiani
Finarvedi
P.zza Lodi 7
26100 Cremona
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