CAPITOLO I CENNI DI STORIA DEL CIRCO Il circo equestre, così

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CAPITOLO I CENNI DI STORIA DEL CIRCO Il circo equestre, così
CAPITOLO I
CENNI DI STORIA DEL CIRCO
Il circo equestre, così come si presenta ai giorni nostri, nacque solo nel 1700, ma le sue
radici si debbono ricercare in epoche ben più lontane.
Purtroppo, come afferma Alessandro Cervellati (1), le documentazioni storiche che ci
sono giunte sono insufficienti; egli suppone che ciò sia stato dovuto ad una mancanza
d’interessamento delle classi colte verso questo mondo e questi artisti, le cui esibizioni furono
volentieri considerate delle semplici bravate, mentre nei loro confronti spesso venivano
enunciati giudizi negativi, a causa delle loro origini talvolta zingaresche.
Per cogliere le lontane origini del circo, bisognerebbe risalire all’antico Egitto, dove in
onore del dio Osiride si tenevano festeggiamenti con canti, divertimenti e danze acrobatiche
che sono raffigurate nei dipinti rimasti a Tebe e a Menfi.(2) I Cretesi, a questo tipo di rituale,
aggiunsero gare sportive sostenute da giovani acrobati che saltavano in groppa ai tori,
compiendo spericolate esibizioni. Invece gli Ateniesi, al termine della vendemmia, si
divertivano con giochi di equilibrio su otri di vino unti di olio.
Alcuni storici del circo intravedono persino in Tespi, che fu il padre della tragedia,
l’inventore di alcuni particolari che si trovano ancor oggi nel circo. Tespi portò tra gli Elleni
l’uso della maschera bianca, quella che tuttora viene talvolta usata da alcuni clowns per
stupire il pubblico con mimiche.(3)
Alla ricerca delle radici circensi, non dobbiamo dimenticare i Romani che, riprendendo
dalla tradizione ellenica, furono grandi amatori di spettacoli. Tra loro però il termine “circo”
aveva un significato tanto importante quanto in gran parte diverso: basta pensare alle lotte dei
gladiatori, che si tenevano nel Colosseo o nel Circo Massimo, le quali riflettevano il gusto
molto violento dell’epoca. Però sappiamo che il più delle volte lo spettacolo cominciava, oltre
che con danze e acrobazie, anche con cavalcate che si concludevano con una dimostrazione di
grande addestramento equestre, in cui il cavaliere induceva il cavallo a piegare la testa fino a
toccare la polvere, in segno di saluto rivolto al pubblico: esattamente come avviene oggi in
molti numeri di cavalli che con tale posizione richiedono l’applauso del pubblico.(4)
Per le strade di Roma, piccoli spettacoli venivano anche presentati da girovaghi che per
guadagnarsi di che vivere si esibivano dinanzi alla plebe: ma,. se da una parte erano graditi
alla plebe, dall’altra spesso erano soggetti al rigore dei governanti e, dopo l’affermazione del
Cristianesimo, anche della Chiesa. Il potere politico e il potere ecclesiastico erano “poco
disposti a tollerarne le licenze e gli eccessi”; sia tali spettacoli sia quelli che si presentavano
negli anfiteatri finirono col venire proibiti.(5) Ad esempio, Cervellati ricorda che l’imperatore
Onorio aveva fatto sopprimere i combattimenti fra i gladiatori; tuttavia si pensa che le
esibizioni dei cavallerizzi continuassero ad essere in auge a Bisanzio, poiché nel 1204, quando
arrivarono i crociati, l’arte della equitazione acrobatica vi era tenuta in grande onore.(6)
(1)
Alessandro Cervellati fu giornalista e storico del circo. Sua è l’opera Storia del circo italiano. Questa sera
grande spettacolo, Milano, 1961, a cui spesso faccio riferimento.
(2)
H.P. Platz, Cirque Zirkus Circo, Losanna, 1975, p. 9.
(3)
Ibidem.
(4)
A. Cervellati cit., p. 19.
(5)
Ibidem, p. 18.
(6)
Ibidem, p. 19.
5
Nel basso Medioevo e nella prima metà moderna non mancarono casi in cui
prestigiatori, giocolieri, cavallerizzi finirono per essere condannati dagli inquisitori. A questo
proposito Cervellati - e come lui altri storici del circo - riporta l’esempio di un cavallerizzo
inglese di nome Banks e del suo cavallo Morocco che furono entrambi condannati al rogo
poiché la Santa Inquisizione non poteva accettare che un animale avesse atteggiamenti
umani.(7)
Nonostante tutto, gli spettacolisti girovaghi non si lasciarono intimorire: non potendo
più esibirsi per le strade pare che spesso venissero accolti da singoli ospiti, tra cui persino da
monasteri, dove potevano esibirsi e ricevere lauti compensi; anche questo traffico non ebbe
lunga vita poiché fu proibito dal Concilio di Béziers nel 1233.(8) Come si diceva, tale tipo di
esibizione non si estingue. E’ proprio nel Rinascimento che questi piccoli spettacoli tenuti dai
girovaghi “iniziavano quel processo evolutivo che doveva sfociare in due grandi risultati
originali: Commedia dell’Arte e Circo”.(9)
Per meglio comprendere il processo che portò alla formazione del “circo moderno”
bisogna un po’ ripercorrere le vicende gli “zanni” e dei saltimbanchi, specie di quelli che si
esibirono in Francia, nelle fiere di St. Laurent e St. Germain, come funamboli, acrobati e con
teatrini di burattini.(10) Tali spettacoli incontrarono un successo tali da suscitare gelosie tra gli
artisti della Comédie française i quali, nel 1678, quando venne rappresentata in una delle
baracche “Les forces de l’amour et de la magie” (che era una mescolanza di acrobazie, salti,
danze, recite), ottenere che ai saltimbanchi fosse tolto l’uso della parola, in modo da
rappresentare solo scene mute.(11) Ma anche in questa occasione i saltimbanchi non si
lasciarono sopraffare. Infatti, pare che un certo Jean Baptiste Nicolet improvvisasse sul
Boulevard du Temple a Parigi un teatro di varietà; per evitare le minacce dei commedianti si
era munito di una concessione di Luigi XV che gli accordava di intitolare la sua baracca
“Théâtre des grands danseurs du roi”.(12) In questo teatro di varietà lavoravano giocolieri,
acrobati, prestigiatori, ballerini, funamboli, mimi, insomma vari tipi di artisti; mancavano gli
ammaestratori di animali e soprattutto di cavalli, i quali però continuavano a restare sulle
scene negli spettacoli equestri di cui erano esclusivi protagonisti.
Fu un inglese, Philips Astely, il primo a dare spettacoli di cavalli ammaestrati in
pubblico, in anfiteatri trasportabili. Egli è oggi considerato il fondatore del circo moderno; ex
sergente maggiore del 15° dragoni leggeri d’Elliot, pensò di utilizzare a scopo professionale.
A Londra le sue iniziative trovarono calda accoglienza. Prima di lui altri cavallerizzi si erano
(7)
“Circo”, XXII, 1990, n. 7-8, p. 19.
“Il cavallo Morocco ammaestrato dall’inglese Banks, ricordato anche da Shakespeare, che si esibiva nelle fiere
europee nella seconda metà del 1500: riportava un guanto, indicava una carta, marciava sulle ginocchia, faceva il
morto e danzava... Nel 1749, alla fiera di St. Germain aveva molto impressionato un cavallo “prestigiatore” ed
equilibrista, che sapeva anche danzare al suono di un violino. Il cavallo turco della fiera di St. Laurent del 1772
era celebre: contava quanti bottoni c’erano negli abiti degli spettatori, mimava un si o un no con movimenti della
testa, distingueva i colori e saltava attraverso un cerchio. Alcune illustrazioni del sec. XVIII raffigurano cavalli
che stanno seduti a tavola, raccolgono un fazzoletto o un paniere, indicano l’ora o le lettere dell’alfabeto a colpi
di zoccolo, si coricano sulla schiena, e s’impennano poggiando le zampe anteriori sulle spalle dell’uomo.
(8)
A. Cervellati cit., p. 18.
(9)
Ibidem.
(10)
“Circo”, IX, 1997, numero speciale di giugno, p. 1. “A questi artisti si aggiungono gli Zani, personaggi famosi
- originari delle vallate bergamasche- che nel sec. XVI crearono le popolari maschere prima fra tutte quella di
Arlecchino. Gli Zanni diedero vita con la gloriosa Commedia dell’arte, al primo fenomeno organizzativo nel
mondo degli artisti della fiera”.
(11)
A. Cervellati cit., p. 23. Saltimbanchi: il termine veniva usato dai commedianti per disprezzo e
differenziazione.
(12)
Ibidem, pp. 23-24.
6
esibiti in pubblico, ma a lui va il merito di aver realizzato un tipo di spettacolo che, pur
essendo accentrato sul cavallo, raccoglieva altre attrazioni, use ad esibirsi nelle fiere, come
funamboli, giocolieri, prestigiatori, ventriloqui ecc... A queste era stata aggiunta un’altra
attrazione: il “clown” che aveva la funzione di divertire il pubblico dopo alcuni momenti di
tensione. Astely fondò nel 1760 un primo maneggio e nel 1770 ne eresse uno stabile di legno
a cui diede il nome di “Anphiteater of Arts”, situato presso il ponte Westminster a Londra.
Nel 1774, insieme al figlio John, andò a Parigi e nel 1782 fondò nel Fauborg du Temple il
primo circo stabile parigino, l’ “Anphithèâtre Anglois Astely”, ceduto poi durante la
rivoluzione al veneto Antonio Franconi.
Se ad Astely si deve la creazione del circo moderno, a Franconi va il merito di averlo
consolidato nel continente.
Non si sa però con esattezza se fu il Circus Royal (che aprì in Blackfriars nel 1782) ad
usare per primo la parola “circus”, nel senso che il termine ha oggi, oppure se fu Napoleone
che, per porre fine alle proteste dei commedianti di teatro, codificò per questo genere di
spettacolo una pastorale riesumata dall’antichità.(13) Comunque è certo che anche i primi
circhi, non avendo sempre edifici adatti dove poter lavorare, usarono tendoni smontabili.(14) I
primi esemplari furono piccole tende di 20 o 30 metri di diametro, a un solo albero centrale, le
quali venivano fissate come le tende militari. Dopo il 1850, un americano - Gilbert Spaudin inventò la tenda a due alberi, capace di contenere 3.500 posti; successivamente furono
costruite tende a 4, 6 fino a 8 alberi per ospitare 15.000 spettatori.
Con l’introduzione della tenda e dei mezzi di locomozione il circo cominciò a
trasformarsi da stabile in viaggiante.
Nel 1890 si ha la nascita del “Barnum and Bailey Greatest Show on Earth” con un
programma che si svolgeva contemporaneamente su tre piste.(15) La tendenza al
monumentalismo americano fece strada. In Europa - in particolare da parte dei due circhi
tedeschi Sarrasani e Krone - si cercava d’imitare l’America.(16) In quegli anni cominciavano
ad affermarsi anche due grandi nomi del circo italiano d’oggi: Togni e Orfei.
Il circo andava adeguandosi alla civiltà capitalistica, però non esistevano ancora le leggi
che tutelassero i circensi, i quali molto spesso venivano ancora etichettati col nome
dispregiativo di “girovaghi”.
In Italia occorreranno anni di continua lotta per poter arrivare, nel 1968, ad avere un
riconoscimento ufficiale dello Stato e per essere rivalutati moralmente.
(13)
Cfr. nota 10.
I tendoni dei circhi vengono spesso chiamati “chapiteau”.
(15)
Cfr. nota n° 10.
“A.P.T. Barnum - il più geniale che sia mai esistito - si devono alcune importanti innovazioni fra cui il trasporto
del circo per ferrovia (oggi in parte soppiantato da quello stradale, con potenti automezzi) e le tre piste su cui si
alternavano contemporaneamente tutte le grandi specialità. Sua anche l’idea della pubblicità per mezzo di
riluttanti manifesti e delle fantastiche parate attraverso le vie della città. Barnum nel 1899 attraversò l’Atlantico
per portare in Europa il suo “più grande spettacolo del mondo”. Debuttò trionfalmente a Parigi, alla presenza del
Presidente della Repubblica, a dei membri del governo, a illustri artisti fra cui Emile Zola...
Alla morte di Barnum e più tardi del suo socio Bailey il circo venne assorbito da un altro grande complesso
quello dei fratelli Ringling; nacque così la più famosa impresa circense del mondo, tuttora esistente il ‘Ringling
Bros and Barnum & Bailey’.”
(16)
H.P. Platz, cit., pp. 25-28.
“Hans Stosch Sarrasani occupò per la costruzione del suo circo invernale, fatto di legno e tela doppia ... attorno
ai 30.000 mq. ... allo stesso tempo Carl Krone adibiva il suo circo ambulante a tre piste, secondo l’esempio
americano, con delle enormi scene di massa, dalle corse di carri romani fino al rodeo di cowboys e lo show degli
indiani... la lite terminò nel 1926 con un compromesso: Krone rimase ‘il più grande’, Sarrasani divenne ‘lo
spettacolo più bello dei due mondi’.”
(14)
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