N. 38 - Coldiretti Macerata

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N. 38 - Coldiretti Macerata
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25 Ottobre
COLDIRETTI MACERATA, L’OLIO “ACCORCIA” LA FILIERA, DOMENICA
27/10 INAUGURAZIONE DELL’OLEIFICIO GESTITO DAGLI
AGRICOLTORI
La filiera dell’olio si accorcia per recuperare reddito e valorizzare la qualità. Ad annunciarlo è la
Coldiretti Macerata in occasione dell’inaugurazione di un nuovo oleificio gestito direttamente dagli
agricoltori, in programma domenica alle 14.30 a Corridonia. L’appuntamento è dalle ore 16.30
con taglio del nastro e degustazione di prodotti di Campagna Amica. La struttura, gestita
dall’azienda agricola di Gilberto e Eugenio Pistolesi, si trova in via Sant’Anna 16. “Un ottimo
esempio di impresa innovativa che punta ad accorciare la filiera per recuperare redditività,
tagliare i troppi passaggi e valorizzare più efficacemente il proprio prodotto – spiegano il
presidente di Coldiretti Macerata, Francesco Fucili, e il direttore Assuero Zampini -, in linea con il
progetto che stiamo portando avanti per una filiera agricola tutta italiana”. Secondo un'analisi
Coldiretti su dati Istat, le aziende olivicole in provincia sono circa 6.500 su una superficie di oltre
3mila ettari di oliveti.
COLDIRETTI, NELLE MARCHE 94MILA COSTRETTI A CHIEDERE AIUTO
PER MANGIARE NEL 2013 (+61% IN 3 ANNI)
Oltre diecimila bambini sotto i 5 anni sostenuti con cibo e latte, otto famiglie
su dieci domandano pacchi alimentari
Sono 94.350 i marchigiani costretti a chiedere aiuto per mangiare nel 2013, con un aumento
dell'11 per cento sullo scorso anno e addirittura del 61 per cento rispetto al 2010. L'analisi viene
dalla Coldiretti Marche, sulla base del Dossier su "Le nuove povertà del Belpaese" presentato al
Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione a Cernobbio. Secondo i dati
dell'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), i cittadini della regione che ricevono pacchi
alimentari o pasti gratuiti attraverso i canali no profit sono arrivati quasi a raddoppiare rispetto ai
58.452 registrati tre anni fa. Il dato più drammatico è costituito dal numero di bambini tra i
0 a i 5 anni che o bisogno di aiuto per poter semplicemente bere il latte o
mangiare: sono ben 10.585 nella nostra regione, anche qui in aumento rispetto ai 9.181 del 2012.
Di poco superiore (quasi 12mila) è il numero degli over 65 anni anziani assistiti, a conferma del
fatto che le famiglie con piccoli e anziani sono le categorie sulle quali è pesata maggiormente la
crisi.
Secondo una stima Coldiretti, gli aiuti alimentari promossi nella nostra regione da Agea attraverso
le sette organizzazioni riconosciute e le loro strutture periferiche (Croce Rossa Italiana, Caritas
Italiana, Fondazione Banco Alimentare, Banco delle Opere di Carità, Associazione "Sempre
insieme per la Pace", Comunità di Sant'Egidio, Associazione Banco Alimentare Roma) sono circa
2 milioni, tra pasti gratuiti in mensa o in residenza e distribuzione di pacchi di prodotti alimentari.
Proprio questi ultimi rappresentano la tipologia di sostegno più richiesta (vi si rivolge circa
l'82 per cento del totale degli assistiti), in quanto rispondono maggiormente alle aspettative dei
nuovi poveri.
Per quanto riguarda la tipologia di cibo offerto, conclude la Coldiretti, i formaggi rappresentano
circa il 28 per cento in valore, seguiti da pasta e pastina per bimbi e anziani, che assorbono il 18
per cento del costo, dal latte con il 14 per cento, dai biscotti (12 per cento), dal riso (8 per cento),
dall'olio di girasole (6 per cento), dalla polpa di pomodoro (4 per
cento) e, a seguire, legumi, confetture e farina.
LE NUOVE POVERTA' NEL 2013: I NUMERI DELLE MARCHE
94.350 marchigiani costretti a chiedere aiuto per mangiare
10.585 bambini tra i 0 e i 5 anni alimentati grazie agli aiuti
+61% l'aumento degli assistiti rispetto al 2010
2 mln di interventi (pasti, pacchi alimentari)
82% gli indigenti che scelgono i pacchi alimentari come forma di aiuto
GIORNATA MONDIALE PASTA: CON 2 MLD DI KG E’ RECORD STORICO
EXPORT
Non si è mai mangiata cosi tanta pasta italiana nel mondo
Non si è mai mangiata così tanta pasta italiana all’estero e la giornata mondiale della pasta si
festeggia quest’anno con il record storico delle esportazioni che raggiungono per la prima volta i
2 miliardi di chili tra penne, tagliatelle, spaghetti ed altro spediti e consumati all’estero. E’ quanto
emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della Giornata mondiale della Pasta, sulla
base delle proiezioni su dati Istat relative all’anno 2013.
In termini quantitativi - sottolinea la Coldiretti - si è verificato un aumento del 6 per cento della
domanda estera del piatto principe della dieta mediterranea a cui vengono unanimemente
riconosciute importanti proprietà salutistiche. A spingere le esportazioni è stata anche la capacità
di innovazione dell’industria italiana con l’affermarsi sul mercato della pasta ottenuta al 100 per
100 dal grano italiano per iniziativa del progetto Firmato dagli Agricoltori Italiani (FAI) della
Coldiretti che ha reso disponibile in prodotto dalle principali catene distributive alle botteghe di
Campagna Amica in Italia, ma anche fuori dai confini nazionali. La pasta in un momento di crisi
vince anche perché garantisce un importante apporto nutrizionale a costi contenuti ed è un
simbolo del cibo Made in Italy particolarmente apprezzato all’estero.
Nonostante i risultati positivi raggiunti sul mercato quest’anno però - denuncia la Coldiretti - il
grano duro viene sottopagato agli agricoltori italiani su valori di 25 centesimi al chilo, inferiori di
circa il 20 per cento rispetto allo scorso anno, che non riescono neanche a coprire i costi di
produzione. Una situazione che rischia di far chiudere le aziende agricole e che è favorita dalla
mancanza della trasparenza in etichetta dove - spiega la Coldiretti - non è ancora obbligatorio
indicare la provenienza del grano impiegato ed è quindi possibile spacciare come italiano quello
importato da paesi lontani con effetti sulla sicurezza alimentare e sull’ambiente.
A livello nazionale i consumi di pasta delle famiglie italiane - sottolinea la Coldiretti - hanno tenuto
piu’ degli altri prodotti con un calo di appena l’1,3 per cento in termini quantitativi, sulla base dei
dati relativi ai primi otto mesi del 2013.
La produzione nazionale di pasta nel 2012 si e' mantenuta sostanzialmente stabile, con 3,3
miliardi di chili prodotti per un valore di oltre 4,6 miliardi di euro secondo Aidepi, mentre il
consumo pro capite si e' attestato sui 26 kg una quantità che è tre volte superiore a quella di uno
statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno
spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese. Nel podio dei mangiatori di pasta conclude la Coldiretti - si piazzano dietro al nostro Paese il Venezuela, con 13 chili all’anno a
testa, e la Tunisia, con 12 chili all’anno pro capite.
IMU: COLDIRETTI, OK RISPETTO IMPEGNO DE GIROLAMO AD
ABOLIRLA
Il chiarimento del Ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo è coerente con l’impegno
assunto dal Governo per abolire definitivamente l’Imu per i terreni ed i fabbricati strumentali
all’attività agricola. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che “non è neanche
immaginabile un passo indietro che mina la credibilità delle Istituzioni e mette a rischio un intero
sistema produttivo, con una tassa profondamente ingiusta”. Siamo certi che il Governo manterrà
la parola data con la firma apposta dal Ministro Nunzia De Girolamo sul “patto per l’agricoltura”
davanti ai 15mila agricoltori presenti all’Assemblea della Coldiretti lo scorso 4 luglio.
CRISI: COLDIRETTI, AUMENTO IVA PESA SU CALO FIDUCIA AD
OTTOBRE
L’aumento dell’aliquota Iva scattato il primo di ottobre ha certamente favorito a peggiorare il clima
di fiducia dei consumatori con l’aumento dei prezzi ed il calo dei consumi. E’ quanto afferma la
Coldiretti nel commentare la discesa del clima di fiducia dei consumatori a ottobre in cui l’Istat
registra la prima contrazione dopo quattro mesi in rialzo. Sono dunque confermate - sottolinea la
Coldiretti - le preoccupazioni sul rischio di alimentare con il rincaro dell’Iva una spirale recessiva.
In queste condizioni per piu’ di una famiglia italiana su quattro (22 per cento) sarà infatti un
autunno difficile di sacrifici economici, secondo l’indagine Coldiretti/Ixè di ottobre. Per quanto
riguarda la situazione generale la percentuale di quanti sono pessimisti per il futuro e pensano
che la situazione peggiorerà sono il 35 per cento. Al contrario, sono il 51 per cento coloro che conclude la Coldiretti - ritengono che non ci saranno cambiamenti, mentre sono solo il 14 per
cento quelli convinti che ci sarà un miglioramento.
UCCISO IN GB: COLDIRETTI, NELL’ISOLA 4688 GIOVANI ITALIANI
(+39%)
In molti trovano lavoro grazie al boom dei ristoranti “Made in Italy”
Oltremanica
Sono 4688 gli italiani con meno di 40 anni “emigrati” in Gran Bretagna, che rappresenta una delle
mete preferite per i giovani connazionali in cerca di occupazione ma anche di una esperienza di
vita all’estero per imparare la lingua, tanto che nel giro di un anno sono aumentati del 39 per
cento i ragazzi che hanno scelto di stabilirsi nell’isola. E’ quanto afferma la Coldiretti
nell’esprimere cordiglio per la morte del 19enne italiano Gioele Leotta provocata dal gravissimo
episodio di violenza a Maidstone, nella contea del Kent, per motivi di lavoro.
La Gran Bretagna - sottolinea la Coldiretti - segue da vicino la Germania che con 5137 presenze
si conferma in cima nelle preferenze sul totale di 35435 italiani di età compresa tra i 20 e 40 anni
emigrati all’estero, sulla base delle elaborazioni Coldiretti sui dati dell’ Anagrafe Italiani all'estero
(Aire) relativi al 2012.
A causa della crisi e delle difficile situazione occupazionale - precisa la Coldiretti - si è verificato
negli ultimi anni un forte incremento con i giovani emigrati che erano 27616 dei quali 3549 in
Germania e 3366 in Gran Bretagna nel 2011.
Molti giovani all’estero trovano occupazione nella ristorazione di tipo “italiano” che – continua la
Coldiretti - puo’ contare su una rete di quasi 80mila trattorie, ristoranti e pizzerie. Nella sola Gran
Bretagna - continua la Coldiretti - si stima la presenza di circa 5mila ristoranti che fanno
riferimento alla cucina italiana (escluse le pizzerie) e sono un presidio importante per diffondere la
cultura italiana nel mondo.
La crescita del numero di chi sceglie di trasferirsi all’estero è confermata dal fatto che la
maggioranza dei giovani (51 per cento) sotto i 40 anni è pronta ad espatriare per motivi di lavoro,
secondo una indagine della Coldiretti. La propensione a lasciare l’Italia - sottolinea la Coldiretti riguarda sia i giovani disoccupati (53 per cento) che gli studenti (59 per cento) ma anche coloro
che hanno già un lavoro (47 per cento) che evidentemente non li soddisfa. Questo perché conclude la Coldiretti - il 73 per cento dei giovani ritiene che l’Italia non possa offrire un futuro.
COLDIRETTI: DA FONDI UE INVESTIMENTI E SVILUPPO MA SERVE
STOP A BUROCRAZIA, SPACCA CAMBI ROTTA
Oltre duecento agricoltori all’incontro di Pesaro, dall’Europa 1,5 mld di
finanziamenti
C’erano oltre duecento persone all’Ente fiere di Pesaro al convegno promosso dalla Coldiretti
provinciale sulla riforma della Politica agricola comune che porterà nelle Marche 1,5 miliardi di
euro per i prossimi sette anni. Fondi che attiveranno investimenti (quasi un miliardo con il Piano di
sviluppo rurale) e garantiranno la tutela del territorio, valorizzando il nuovo ruolo dell’agricoltura
nel rilancio economico della regione. Dopo l’accordo raggiunto sulla Riforma tra Commissione Ue,
Consiglio e Parlamento europeo, spetterà ora agli Stati adattare le regole varate a Bruxelles alle
realtà nazionali, mentre le Regioni si sono già attivate per la programmazione di quella parte di
fondi che andrà per i Piani di sviluppo rurale. “Affinché le nostre imprese possano sfruttare al
meglio questa opportunità occorre però che la Regione si impegni una volta per tutte sulla
semplificazione burocratica – hanno spiegato il presidente di Coldiretti Marche, Giannalberto Luzi,
e il direttore Tino Arosio – ma anche che valorizzi davvero il ruolo dell’impresa agricola
multifunzionale, a partire dal tavolo di partenariato convocato per preparare il prossimo Psr, dove
non è possibile che chi rappresenta gli agricoltori abbia lo stesso peso di soggetti che non
c’entrano nulla con questo settore”. I lavori sono stati aperti da Tommaso Di Sante, presidente
Coldiretti Pesaro Urbino, cui sono seguite le relazioni di Angelo Frascarelli, professore
dell’Università degli Studi di Perugia, e di Stefano Leporati, responsabile Sviluppo Rurale
Coldiretti Nazionale. “Dobbiamo sfruttare tutte le opportunità offerte dal principio di sussidiarietà –
ha spiegato Leporati - e definire al più presto la figura di “agricoltore attivo” per garantire l’effettiva
attenzione della politica agricola a chi lavora e vive di agricoltura. Nell’ambito delle conclusioni
Coldiretti non ha perso occasione per esprimere critiche e preoccupazioni su alcune scelte della
Regione, dalle mancate decisioni in tema di semplificazione sussidiaria, al fallimento delle
politiche di contenimento dii cinghiali e lupi, dalle autorizzazioni dei grandi impianti di biogas che
consumano cereali e sottraggono terre alle imprese agricole alla sulla legge sulle bonifica. “Non
siamo assolutamente contenti – ha concluso Luzi - ma ci auguriamo che il Presidente Spacca
sappia invertire con decisione un trend che non ci convince affatto”.
FRODI: COLDIRETTI, TRIPLICANO NEL 2013, INDICARE L’ORIGINE DEL
PESCE DALL’ESTERO 2 PESCI SU 3 MA L’ETICHETTA NON LO DICE
E’ necessario rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza in etichetta per il pesce fresco
e trasformato dopo che negli ultimi cinque anni di crisi sono quasi triplicate le frodi a tavola con un
incremento record del 170 per cento del valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate,
contraffate o falsificate. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il sequestro dei Nas dei
Carabinieri di Salerno e di Genova di trentadue tonnellate di confezioni di sgombro al naturale
infestato da parassiti confezionato in Marocco ed importato da una ditta genovese dopo che la
Procura di Torino ha avviato le indagini sul “catodo”, un prodotto chimico che, spruzzato sul
pesce lo farebbe sembrare fresco come appena pescato anche quando invece non lo è magari
perché importato dall’estero. Piu’ di due pesci sui tre consumati in Italia provengono dall’estero
ma il consumatore non riesce a saperlo per la mancanza di una informazione trasparente.
Attualmente - ricorda Coldiretti – la legge sull’etichettatura per il pesce fresco prevede la sola
indicazione della zona di pesca mentre per quello trasformato quella di confezionamento. Il pesce
italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta “zona Fao 37”, che contraddistingue il prodotto del
Mediterraneo. Il rischio di ritrovarsi nel piatto prodotto straniero è tanto più forte nella ristorazione,
dove spesso vengono spacciati per tricolori prodotti che arrivano in realtà dall’estero. Le frodi a
tavola si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono
crimini particolarmente odiosi perché - continua Coldiretti - si fondano sull'inganno nei confronti di
quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti. Oltre
un certo limite non è possibile farlo se non si vuole mettere a rischio la salute. Le preoccupazioni conclude la Coldiretti, riguardano anche il fatto che l'Italia è un forte importatore di prodotti
alimentari, con il rischio concreto che nei cibi in vendita vengano utilizzati ingredienti di diversa
qualità
DOSSIER
“Il pane quotidiano nel tempo delle rinunce”
XIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
CONSUMI: PER LA PRIMA VOLTA NEANCHE UNA FETTA DI PANE A
PASTO NEL 2013
Con la crisi gli acquisti crollano al minimo storico dall’Unita’ d’Italia
Per la prima volta nella storia degli italiani è stata servita in tavola nel 2013 meno di una fetta di
pane a pasto (o una rosetta piccola) per persona, con il consumo del bene alimentare piu’
prezioso che è sceso al minimo storico dall’Unità d’Italia. E’ quanto emerge dallo studio “Il pane
quotidiano nel tempo delle rinunce” presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale
dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, dove è stata aperta la prima mostra dinamica
con l’esposizione di tutti i pani tradizionali regione per regione, il boom del pane fai da te, ma
anche il ritorno delle ricette con gli avanzi di un prodotto che è sempre più peccato buttare.
Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, si mangiavano - sottolinea la Coldiretti - ben 1,1 chili di pane a
persona al giorno, ma da allora si è verificato un progressivo contenimento dei consumi che oggi
sono scesi ad appena 98 grammi a persona al giorno (una fettina di pane pesa in media 50
grammi come una rosetta piccola). Particolarmente sensibile è stato il calo degli acquisti negli
ultimi anni di crisi con un crollo in quantità del 32 per cento rispetto ai 145 grammi acquistati a
persona nel 2007. Il trend discendente - precisa la Coldiretti - viene pero’ da lontano: nel 1980 si
aggira intorno agli 230 grammi a testa al giorno, nel 1990 si scende a 197 grammi, nel 2000 si
arriva a 180 grammi, nel 2010 si attesta a 120 grammi e nel 2012 crolla a 106 grammi.
Complessivamente la spesa familiare per pane, grissini e cracker in Italia ammonta a quasi 8
miliardi all’anno. Le famiglie italiane - precisa la Coldiretti - hanno speso in media 30,15 euro al
mese per acquistare il pane, grissini e cracker che è pari ad appena il 6,4 per cento della spesa
alimentare familiare risultata di circa 468 euro al mese. Negli anni della crisi il contenimento delle
quantità acquistate dalle famiglie si è riflesso sulla spesa che nel 2007 era pari a 31,72 euro a
famiglia al mese.
CRISI: 78% ITALIANI HANNO TAGLIATO SU SPESA PER IL PANE NEL 2013
Quasi otto italiani su dieci (78 per cento) hanno tagliato sulla spesa per il pane, con il 42 per
cento dei cittadini che nel 2013 ha ridotto le quantità acquistate mentre ben il 36 per cento si è
orientato verso tipi meno costosi. E’ quanto emerge dallo studio “Il pane quotidiano nel tempo
delle rinunce” presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e
dell’Alimentazione di Cernobbio sulla base dell’indagine elaborata insieme a IXE’, dalla quale si
evidenzia peraltro che una minoranza dell’’8 per cento ha invece aumentato gli acquisti
dell’alimento piu’ prezioso. A cambiare - sottolineano Coldiretti/IXE’ - è anche la frequenza degli
acquisti che in media è di 4,6 volte alla settimana, con però il 37 per cento degli italiani che si
reca tutti i giorni dal fornaio per assicurarsi il pane artigianale mentre il 16 per cento vi si reca una
volta ogni due giorni, il 22 per cento due volte alla settimana e l’11 per cento appena una volta
alla settimana. La situazione - precisano Coldiretti/IXE’ – è molto diversa per il pane industriale
che il 44 per cento acquista quando capita e il 26 per cento una volta alla settimana. Curioso il
fatto che – concludono Coldiretti/IXE’ - una maggioranza dell’83 per cento degli italiani dichiara di
mangiare pane a cena mentre il 73 a pranzo, il 13 per cento a colazione e l’11 per cento a
merenda, mentre il 5 per cento in qualsiasi momento.
IL PANE CHE ACQUISTA NEGLI ULTIMI TEMPI
Ridotto le quantità
42%
Qualità costante ma tipi meno costosi
36%
Aumentato la quantità
8%
Non risponde
14%
Fonte: Elaborazioni Coldiretti/IXE’ ottobre 2013
CRISI: PER 4 ITALIANI SU 10 PANE DEL GIORNO PRIMA IN TAVOLA
Piu’ di quattro italiani su dieci (42 per cento) mangiano il pane avanzato dal giorno prima, con una
crescente, positiva tendenza a contenere gli sprechi favorita anche dalla crisi. E’ quanto emerge
dallo studio “Il pane quotidiano nel tempo delle rinunce” presentato dalla Coldiretti al Forum
Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio sulla base dell’indagine elaborata
insieme a IXE’, dalla quale si evidenzia peraltro che appena una minoranza del 2 per cento butta
il pane superfluo. Diverse sono le tecniche utilizzate per evitare quello che una volta veniva
considerato un vero sacrilegio, con il 44 per cento degli italiani che lo surgela, il 43 per cento lo
grattugia il 22 per cento lo dà da mangiare agli animali mentre nel 5 per cento delle famiglie il
pane non avanza mai. Sono ben il 24 per cento gli italiani che - sottolineano Coldiretti/IXE’ utilizzano il pane raffermo per la preparazione di particolari ricette che vengono spesso dalla
tradizione contadina. Le ricette di recupero - informa la Coldiretti - sono tantissime e nella
maggior parte dei casi hanno dato vita a famosissimi piatti della tradizione gastronomica italiana.
Si va dai "puparuoli m'buttunati" campani - peperoni al forno ripieni con pane raffermo tagliato a
dadini, soffritto e miscelato con melanzane, acciughe, aglio, olive, capperi, prezzemolo, sale e
pepe - ai "capunsei" lombardi - gnocchi realizzati con il pane avanzato grattugiato, uova, burro,
grana padano aglio, noce moscata e brodo da condire con burro fuso, brodo o ragù - fino
all'immancabile "pappa al pomodoro" toscana preparata con pane raffermo, pomodori freschi e
concentrato di pomodoro, aglio, basilico, brodo, sale, pepe e abbondante olio extravergine di
oliva, ottima da gustare sia come zuppa calda in inverno che come piatto estivo se lasciato
raffreddare.
IL PANE AVANZATO
Lo mangio il giorno dopo
42%
Lo surgelo
44%
Lo grattugio
43%
Lo do da mangiare agli animali
22%
Non avanza mai
5%
Fonte: Elaborazioni Coldiretti/IXE’ ottobre 2013
CRISI: IL PREZZO DEL PANE RADDOPPIA DA NAPOLI A VENEZIA
Con la crisi quotazioni del grano scendono del 27% ma il pane aumenta
Il prezzo medio del pane raddoppia tra Napoli, dove costa 2,01 euro al chilo, e Venezia, dove si
spende 4,65 euro al chilo, mostrando una incredibile variabilità tra le diverse città con valori che
variano tra i 3,80 euro al chilo a Bologna, 2,94 a Torino, 2,74 euro al chilo a Palermo, 2,43 a
Roma e 2,67 a Bari. E’ quanto emerge dallo studio “Il pane quotidiano nel tempo delle rinunce”
presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di
Cernobbio dove è stata aperta la prima mostra dinamica con l’esposizione di tutti i pani
tradizionali regione per regione, il boom del pane fai da te, ma anche il ritorno delle ricette con gli
avanzi di un prodotto che è sempre più peccato buttare. La forte variabilità è una evidente
dimostrazione che - sottolinea la Coldiretti - l'andamento del prezzo del pane dipende solo
marginalmente dal costo del grano che è fissato a livello internazionale al Chicago Board of Trade
e non mostra quindi differenze tra le diverse città. Peraltro - denuncia la Coldiretti - negli anni
della crisi è crollato del 27 per cento il prezzo del grano riconosciuto agli agricoltori, ma quello del
pane ha continuato ad aumentare con un incremento del 6 per cento dal 2007 ad oggi. Oggi un
chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai
cittadini a valori variabili attorno ai 2,75 euro al chilo, con un rincaro di tredici volte, tenuto conto
che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di
farina da impastare con l’ acqua per ottenere un chilo di prodotto finito. C’è sicuramente un
margine da recuperare per garantire un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui
cittadini che sono costretti a ridurre gli acquisti, ed evitare la scomparsa delle coltivazioni di grano
Made in Italy, con interventi per garantire una maggiore trasparenza di filiera a partire dall’obbligo
di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato ed evitare che venga spacciato come italiano
quello importato da Turchia, Kazakistan o altri Paesi.
IL PREZZO DEL PANE NELLE DIVERSE CITTA' (Euro/chilo)
Torino
2,94
Milano
3,44
Venezia
4,65
Bologna
3,80
Firenze
2,02
Roma
2,43
Napoli
2,01
Bari
2,67
Palermo
2,74
Cagliari
2,66
Fonte: Elaborazioni Coldiretti relative a luglio 2013
CRISI: E’ ALLARME PANE CONGELATO, FAI DA TE AUMENTA DEL 18%
Per contenere i costi e soprattutto per garantirsi la qualità a tavola si è verificato rispetto al
passato un aumento del 18 per cento del numero di italiani che nel 2013 preparano il pane in
casa. E’ quanto emerge dallo studio “Il pane quotidiano nel tempo delle rinunce” presentato dalla
Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio sulla base
dell’indagine elaborata insieme a IXE’. La crisi - sottolinea la Coldiretti - ha favorito la diffusione di
pani industriali ottenuti dalla cottura di impasti surgelati spesso importati dall’estero senza le
necessarie garanzie qualitative. Una tendenza in forte diffusione nelle catene della distribuzione
commerciale che ha creato non pochi problemi ai panificatori tradizionali, costringendo migliaia di
laboratori storici in tutt’Italia a chiudere i battenti. D’altra parte - precisa la Coldiretti - la necessità
di conciliare le caratteristiche qualitative con il contenimento della spesa ha spinto un numero
crescente di famiglie alla preparazione casalinga del pane. Preparare il pane in casa è semplice,
bastano solo dei piccoli, ma preziosi accorgimenti, l'esatta dose degli ingredienti, un po' di
manualità e una giusta temperatura del forno. I vantaggi del pane fai da te - afferma la Coldiretti sono molti: costa meno, dura di più e si fa più' fatica a sprecarlo. Per preparare un ottimo pane
fatto in casa - sottolinea la Coldiretti - occorrono 500 grammi di farina 00, meglio se miscelata con
quella di grano duro per avere una consistenza ed un sapore più rustico, 15 grammi di lievito di
birra, da sciogliere in 200 grammi di acqua tiepida, e due cucchiaini di sale. Una volta mescolato il
sale alla farina basta aggiungere un po' di acqua e cominciare a lavorare l'impasto al quale
bisogna può aggiungere il lievito precedentemente sciolto nell'acqua. Dopo aver lavorato con un
po' di pazienza il composto, meglio se con le mani calde per non freddare l'impasto, bisogna farlo
riposare, sotto un canovaccio, in un luogo caldo e asciutto per almeno 2/3 ore. Dopo una cottura
di 50 minuti ad una temperatura costante di 200 gradi il pane casalingo sarà pronto da mangiare
con gusto e soddisfazione. Resistono però i pani tipici locali e in Italia si possono contare
centinaia di varietà. Un atteggiamento che premia le oltre 300 varietà di pane presenti in tutt’Italia,
dalla "Ciopa" del Veneto al "Pane cafone" della Campania, dal "Perruozzo" del Molise al "pan
rustegh" della Lombardia, dalla "Micooula" della Val D'Aosta alla "Coppia ferrarese" dell'Emilia
Romagna fino alla "Lingua di Suocera" piemontese. Non va dimenticato peraltro che l’Italia conclude la Coldiretti puo’ contare su 5 tipi di pane riconosciuti addirittura dall’Unione Europea:
Coppia ferrarese (I.G.P.), Pagnotta del Dittaino (D.O.P.), Pane casareccio di Genzano (I.G.P.),
Pane di Altamura (D.O.P.) e il Pane di Matera (I.G.P.).
MADE IN ITALY: IN VENDITA KIT PER FALSIFICARE PARMIGIANO
MA ANCHE PECORINO ROMANO, MOZZARELLA E RICOTTA
Per la prima volta sono stati messi in vendita i kit per falsificare i piu’ famosi formaggi italiani, dal
Parmigiano Reggiano al Pecorino Romano, dalla Mozzarella alla Ricotta. Lo ha denunciato la
Coldiretti, alla presenza di rappresentanti delle forze dell’ordine, della magistratura e del Governo.
dal Forum dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio dove sono stati mostrati e
sperimentati i miracolosi miscugli di pillole e polveri prodotti in Europa, Stati Uniti ed Australia, ma
che possono purtroppo essere acquistati anche dall’Italia attraverso internet. Le confezioni, che
promettono di ottenere una mozzarella in appena 30 minuti e gli altri formaggi italiani in appena
due mesi, contengono recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse oltre a lipasi ed altre
polveri, e garantiscono di ottenere prodotti caseari ben identificati che sono una chiara
contraffazione dei nostri più celebri formaggi. Un danno economico e soprattutto di immagine
incalcolabile che - sostiene la Coldiretti - mette a rischio la credibilità conquistata di prodotti
divenuti simbolo del Made in Italy di qualità, grazie al lavoro di intere generazioni di allevatori e
casari impegnati a rispettare rigorosi disciplinari
Particolarmente grave - continua la Coldiretti - è il fatto che ad essere coinvolta sia una azienda
della Gran Bretagna che fa parte dell’Unione Europea e che dovrebbe quindi intervenire
direttamente per fermare questo scandaloso scempio. Invece l’offerta trova ampio spazio nel
mercato di internet dove viene dedicata una particolare attenzione all’arte di fare formaggi in
casa, con una curiosa spiegazione delle differenze principali tra le diverse denominazioni. I kit per
la produzione di Parmigiano o Romano messi in vendita dalla ditta inglese costano ben 102,38
sterline pari a 120 euro mentre quello per la Mozzarella Cheese costa 25 sterline, pari a 30 euro
circa. Nella confezioni in vendita per i due prestigiosi formaggi a pasta dura è contenuta però
anche una piccola pressa da formaggi. Si possono lavorare, con gli ingredienti a disposizione,
circa 8 litri di latte per volta e, complessivamente, 40 litri di latte. “La mozzarella - si legge nelle
istruzioni - non è il formaggio più facile da fare e richiede un po’ di pratica per perfezionare
l’operazione di estensione della cagliata. Se i vostri primi due tentativi sono deludenti – si
puntualizza - non fatevi scoraggiare. Sarete ricompensati”.
Il kit commercializzato in Australia al prezzo di 81 dollari australiani, pari a circa 57 euro, consente
– informa la Coldiretti - di preparare Parmigiano o Romano con piccole variazioni nella
miscelazione degli ingredienti. E’ curioso il fatto che non si faccia cenno alla provenienza del latte,
se ovino o bovino, che comunque deve essere pastorizzato e lavorato alla temperatura di 37
gradi centigradi. Con dovizia di particolari vengono fornite le istruzioni per la ceratura che non
deve essere né troppo leggera né troppo spessa. I due formaggi sono pronti per essere degustati
- si legge nell’ultimo punto delle istruzioni – dopo due mesi. Mozzarella facile invece – continua la
Coldiretti - negli Stati Uniti dove si propone un “30 Minute Mozzarella Ricotta Kit” del valore di
24,95 dollari (18 euro circa). Con 3,75 litri di latte, acido citrico, caglio, acqua e sale e alcune
semplici norme per lavorare la cagliata si ottiene, in barba alla qualità del latte “made in Italy” e
all’arte dei nostri “mozzari”, una “perfetta” falsa mozzarella e una delicata falsa ricotta che la
“casa” consiglia di degustare “immediately” al termine della lavorazione. Come se ciò non
bastasse - continua la Coldiretti - è anche possibile acquistare un “Basic Cheese Making Kit” del
costo di 29,95 dollari (22 euro circa) con il quale si possono preparare ben otto formaggi tra i quali
l’immancabile Parmigiano e la Ricotta.
La Coldiretti chiede un intervento immediato delle autorità nazionali e comunitarie per evitare che
si ripeta il fenomeno dei wine kit a danno dei nostri vini piu’ conosciuti, che ha raggiunto una
dimensione inquietante nel mondo e nell’Unione Europea dove si stima che almeno venti milioni
di bottiglie di pseudo vino all’anno vengano preparati con semplici polveri che promettono di
ottenere in pochi giorni vini dalle etichette piu’ prestigiose, Chianti, Valpolicella, Frascati,
Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. L’annunciato blocco delle
vendite in Gran Bretagna prima dell’estate, a seguito della positiva azione dell’Interpol, sollecitata
dalle Autorità nazionali, non ha avuto il risultato sperato perché le ditte produttrici, come è stato
mostrato al Forum di Cernobbio, si sono limitate a cambiare fantasiosamente i nomi e così il
Barolo è diventato Barollo, il Brunello di Montalcino ora si chiama Monticino, il Valpolicella
divenuto Vinoncella mentre il nuovo nome del Chianti è Cantia che suona molto simile con la
pronuncia inglese. Anche in questo caso - spiega la Coldiretti - l’inganno è globale con le ditte
produttrici che si trovano negli Usa ed in Canada, ma anche in Svezia dove i wine kit che
dichiarano di ottenere in soli 5 giorni, in casa, Lambrusco, Sangiovese o Primitivo, sono stati
venduti addirittura con i marchi Cantina e Doc’s.
La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari Made in Italy costa all’Italia
trecentomila posti di lavoro che si potrebbero creare nel Paese con una seria azione di contrasto
a livello nazionale e internazionale particolarmente importante in un momento di crisi, secondo il
nuovo rapporto 2013 “Agromafie” sui crimini agroalimentari elaborato da Eurispes e Coldiretti.
Con il fatturato del falso Made in Italy, che solo nell’agroalimentare ha superato i 60 miliardi di
euro, la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni un’ area di
intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione. Il
fatturato delle esportazioni agroalimentari nazionali, che ha raggiunto la cifra record di 34 miliardi
nel 2013, potrebbe addirittura triplicare, ma alla perdita di opportunità economiche e
occupazionali si somma - sottolinea la Coldiretti - il danno provocato all’immagine dei prodotti
nostrani soprattutto nei mercati emergenti dove spesso il falso è piu’ diffuso del vero e condiziona
quindi negativamente le aspettative dei consumatori. Il cosiddetto “Italian sounding” colpisce i
prodotti piu’ rappresentativi dell’identità alimentare nazionale come è stato evidenziato
dall’esposizione della Coldiretti sui casi piu’ eclatanti di pirateria alimentare nei diversi continenti
dove sono state scovate delle inquietanti aberrazioni, dal “Parma salami” del Messico alla curiosa
“mortadela” siciliana dal Brasile, dal “salami calabrese” prodotto in Canada al “provolone” del
Wisconsin. Le denominazioni Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono le piu’ copiate nel
mondo con il Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al
Giappone, ma in vendita c'è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e
Parmesao in tutto il Sud America. Per non parlare del Romano, dell'Asiago e del Gorgonzola
prodotti negli Stati Uniti dove si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di
soppressata calabrese, asiago e pomodori San Marzano “spacciate” come italiane. In alcuni casi
sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso della mortadella San Daniele e del
prosciutto San Daniele prodotti in Canada. Il comune denominatore degli esempi di imitazione e
contraffazione di prodotti agroalimentari italiani è l’opportunità, per un’azienda all’estero, di
ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo associando indebitamente ai
propri prodotti l’immagine del Made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, senza alcun
legame con il sistema produttivo italiano e facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori
nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualita’. Bisogna combattere un inganno
globale per i consumatori che - conclude la Coldiretti - causa danni economici e di immagine alla
produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale
nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello
nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta
l'origine dei prodotti alimentari come previsto dalla legge approvata all’unanimità dal Parlamento
italiano all’inizio della legislatura e rimasta fino ad ora inapplicata.
FERRERO: COLDIRETTI, NESTLE’ HA GIA’ SAN PELLEGRINO, BUITONI
E PERUGINA
Dalla Perugina alla Buitoni fino all’Antica Gelateria del Corso e alla San Pellegrino sono i pezzi
piu’ pregiati del Made in Italy che sono da anni nelle mani della multinazionale svizzera Nestlè. E’
quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in relazione alle voci sull’interesse del colosso
elvetico per l’italianissima Ferrero, dalla quale si evidenzia che sono già pari ad oltre 10 miliardi il
valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano passati in mani straniere dall’inizio della crisi
che ha favorito una escalation nelle operazioni di acquisizione del Made in Italy
agroalimentare. Negli anni Novanta – sottolinea la Coldiretti - erano state Locatelli e San
Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis
(1998). La stessa Nestlè possiede già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura
dal 1988 la Buitoni e la Perugina. Nel 2013 rischia così di accelerare ulteriormente il fenomeno
che sta vedendo pezzi pregiati del made in Italy agroalimentare, e non solo, finire in mani
straniere. Nel luglio scorso era stata annunciata la decisione della società Averna di cedere
l'intero capitale dell'azienda piemontese detentrice dello storico marchio dei dolci al gruppo
Toksoz in Turchia che è il maggior produttore mondiale di nocciole. Un’operazione che segue da
vicino l’acquisizione da parte della multinazionale del lusso LVMH di una partecipazione di
maggioranza nel capitale sociale della Pasticceria Confetteria Cova proprietaria della societa'
Cova Montenapoleone Srl, che gestisce la nota pasticceria milanese, mentre l’ultimo colpo nelle
campagne toscane è stato messo a segno - sottolinea la Coldiretti - da un imprenditore cinese
della farmaceutica di Hong Kong, che ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola
agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola
Casanova - La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero. Nel 2013 conclude la Coldiretti – si è verificato il passaggio di mano del 25 per cento della proprietà
del riso Scotti ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods.
RAPPORTO “AGROMAFIE”
sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes
XIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
CRISI: COLDIRETTI/EURISPES, GONFIA BUSINESS AGROMAFIA A 14 MLD (+12%)
Il volume d'affari complessivo dell'agromafia sale a circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un
aumento record del 12 per cento rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase
recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto
economico indebolito dalla crisi. E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini
agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes e presentato al Forum Internazionale
dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. L’agricoltura e l’alimentare sono considerate
aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi
perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché
consente di infiltrarsi in modo capillare la società civile e condizionare la via quotidiana della
persone in termini economici e salutistici. È peculiarità del moderno crimine organizzato
estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che
si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare. In questa opera di
infiltrazione le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale.
Per questo le mafie – sottolineano Coldiretti/Eurispes - hanno già imposto il proprio controllo sulla
produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti
territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del
caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e,
soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed
immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti
alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.
Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate
marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi
economica, arrivano a rilevare direttamente. Alcune stime - precisano Coldiretti/Eurispes valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar,
ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non
garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro
sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in
tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di
reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato,
macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria,
abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell'Unione
europea. A tutte le pressioni e minacce, esercitate in particolare nei confronti degli agricoltori del
Mezzogiorno, si aggiungono i nuovi sistemi di condizionamento mafioso per imporre dazi illegali
ed assorbire grosse fette del settore. Secondo la Direzione Investigativa di Roma ben il 15 per
cento del fatturato realizzato dalle attività agricole appartiene all’illecito, pari al 15 per cento
mentre l’Osservatorio Flai Cgil contro le agromafie e il caporalato denuncia come su 1.558
aziende confiscate alle mafie oltre 90 siano attive in ambito agricolo; dei 10.563 beni confiscati,
ben 2.500 sono terreni con destinazione agricola. Le organizzazioni mafiose sono consapevoli
che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve
tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le
mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo
sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne
derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria
onesta, ma – concludono Coldiretti/Eurispes - compromettono in modo gravissimo la qualità e la
sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti
italiani ed il valore del marchio Made in Italy.
CRISI: RACKET CIBO FA LIEVITARE PREZZI DA CAMPO A TAVOLA (+294%)
Tutti i passaggi utili alla creazione del valore vengono intercettati e colonizzati dalla criminalità,
dall’’intermediazione dei prodotti, al trasporto e lo stoccaggio fino all’acquisto e all’investimento
nei centri commerciali. E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in
Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes e presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e
dell’Alimentazione a Cernobbio dal quale si evidenziano i pericolosi effetti sulle tasche degli
italiani e sul reddito delle imprese agricole, con rincari anomali dei prezzi e aumento dei costi. Le
organizzazioni criminali, infatti, impongono, con maggior vigore in determinate zone territoriali, i
prezzi d’acquisto agli agricoltori, controllano la manovalanza degli immigrati con il caporalato,
decidono i costi logistici e di transazione economica, utilizzano proprie ditte di trasporto (sulle
quali spesso vengono anche occultate droga e armi), possiedono società di facchinaggio per il
carico e lo scarico delle merci. Inoltre, negli ultimi anni, si può dire che esse arrivano fino alla
tavola degli italiani, grazie all’ingresso diretto nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) con
supermercati ed insegne proprie. Naturalmente - spiegano Coldiretti/Eurispes - questa presenza
si ripercuote sul mercato, distruggendo la concorrenza e instaurando situazioni di monopolio od
oligopolio. Un’indagine conoscitiva dell’Antitrust ha evidenziato che i prezzi per l’ortofrutta
moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo, ma i ricarichi variano del 77 per
cento nel caso di filiera cortissima (acquisto diretto dal produttore da parte del distributore al
dettaglio), del 103 cento nel caso di un intermediario, del 290 per cento nel caso di due
intermediari, fino al 294 per cento per la filiera lunga (presenza di 3 o 4 intermediari tra produttore
e distributore finale). La moltiplicazione delle intermediazioni, l’imposizione di servizi di trasporto e
logistica, il monopolio negli acquisti dai produttori agricoli provocano non solo l’effetto di un crollo
dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli, che in molti casi non arrivano a coprire i costi di
produzione, ma anche - concludono Coldiretti/Eurispes - un ricarico anomalo dei prezzi al
consumo che raggiungono livelli tali da determinare un contenimento degli acquisti. “I punti più
sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma
dell’ortofrutta da e per i Mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio
l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza
dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono
spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni
svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e
commercializzazione”, secondo la Direzione Nazionale Antimafia.
CRISI: IN CAMPAGNA 1 INVESTIMENTO SU 4 DELLA MAFIA SPA
Quasi un immobile su quattro confiscati alla criminalità organizzata e’ terreno agricolo a
dimostrazione della strategia di accaparramento delle campagne messa in atto dalla criminalità
organizzata. E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia
elaborato da Coldiretti/Eurispes e presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e
dell’Alimentazione a Cernobbio. Su 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata,
oltre il 23 per cento (2.919) - sottolineano la Coldiretti/Eurispes - sono rappresentati da terreni
agricoli. Ma le mani della Mafia Spa - continua la Coldiretti - si allungano lungo tutta la filiera e, su
un totale di 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3 per cento) operano nei settori “Agricoltura,
caccia e silvicoltura” e 15 (l’1 per cento circa) nei settori “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”,
173 (10 per cento) nella ristorazione ed alloggio e 471 (28 per cento) nel commercio all’ingrosso e
al dettaglio, anche nell’agroalimentare. Osservando la distribuzione regionale delle aziende
definitivamente confiscate emerge il netto primato della Sicilia (45 imprese), seguita dalla
Calabria (25) e dalla Campania (24). La stessa classifica - precisano Coldiretti/Eurispes - si
ripropone quando si prendono in considerazione i terreni definitivamente confiscati alle mafie nel
2012: ben 1.440 in Sicilia, 502 in Calabria e 430 in Campania. Invece, prendendo in
considerazione il numero delle macchine agricole definitivamente confiscate, è la Campania a
registrare il valore più alto con ben 86 dispositivi. Con valori più bassi seguono la Lombardia dove
sono state confiscate 10 macchine agricole, le Marche e la Sicilia (entrambe con 2 macchinari
sequestrati), per un totale complessivo di 100 macchine agricole confiscate. L’agricoltura e la
filiera agroalimentare rappresentano dunque una destinazione privilegiata per gli investimenti
della criminalità organizzata perché ritenuti piu’ sicuri in un momento di instabilità finanziaria, ma
anche perché consentono di controllare capillarmente il territorio in zone dove lo Stato è meno
presente. La criminalità organizzata che opera nelle campagne 'incide piu' a fondo nei beni e
nella libertà delle persone, perché, a differenza della criminalità urbana, può contare su un
tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia
immediatamente raggiungibili ed attivabili. Si tratta dunque di lavorare - sottolinea la Coldiretti per il superamento della situazione di “solitudine” invertendo la tendenza allo smantellamento dei
presidi pubblici, dalle scuole agli ospedali, e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma
anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la
concertazione con la pubblica amministrazione, perché la mancanza di dialogo costituisce un
indubbio fattore critico nell'azione di repressione della criminalità.
CRISI: COLDIRETTI, AUMENTO RECORD FRODI A TAVOLA + 170% SEQUESTRI
Con la crisi aumentano le frodi a tavola con un incremento record del 170 per cento del valore di
cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate, per garantire la sicurezza
alimentare. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell’attività svolta dai
carabinieri dei Nas dal 2007 al 2013, in occasione della presentazione del Rapporto “Agromafie”,
elaborato insieme ad Eurispes, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a
Cernobbio. Nei primi nove mesi del 2013 sono stati sequestrati beni e prodotti per un valore di
335,5 milioni di euro soprattutto con riferimento a prodotti base dell’alimentazione come la carne
(24 per cento), farine pane e pasta (16 per cento), latte e derivati (9 per cento), vino ed alcolici (8
per cento), ma anche in misura rilevante alla ristorazione (20 per cento) dove per risparmiare si
diffonde purtroppo l’utilizzo di ingredienti low cost che spesso nascondono frodi e adulterazioni. A
preoccupare - precisa la Coldiretti - è il fatto che su 28.528 controlli in ben 9.877 casi sono state
individuate non conformità, in altre parole in quasi un caso su tre. L’attività dei carabinieri dei Nas
nei primi nove mesi del 2013 ha portato all’arresto di ben 24 persone mentre 1.389 sono state
segnalate all’autorità giudiziaria e 8.300 a quella amministrativa.
SALUTE: 1 ITALIANO SU 5 VITTIMA FRODI ALIMENTARI NEL 2013
Quasi un italiano su cinque (18 per cento) è stato vittima di frodi alimentari nel 2013 con l’acquisto
di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute. E’ quanto emerge da una analisi
dell’Indagine Coldiretti/IXE’ in occasione della presentazione del Rapporto “Agromafie”, elaborato
insieme ad Eurispes, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Il
risultato è che ben il 34 per cento dei cittadini nel momento di fare la spesa è piu’ preoccupato
rispetto al passato e tra questi oltre la metà (56 per cento) lo è perché aumentano i furbi che
cercano di frodare sul cibo, il 44 per cento perché le aziende risparmiano sugli ingredienti e il 33
per cento perché è costretto ad acquistare prodotti meno costosi. Per effetto della crisi, infatti, il
cibo low cost nei discount è l’unico settore a registrare un aumento delle vendite mentre negozi
tradizionali, iper e supermercati risultano tutti in flessione nei primi sette mesi del 2013 secondo
l’Istat. Le difficoltà economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a
preferire l’acquisto di alimenti piu’ economici prodotti spesso a prezzi troppo bassi per essere
sinceri, che rischiano di avere un impatto sulla salute. Dietro questi prodotti spesso si
nascondono, infatti, ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione
alternativi ma - denuncia la Coldiretti - possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità,
come è confermato dall’escalation dei sequestri. Di fronte al moltiplicarsi dei casi di frode e
contraffazione alimentare quasi un italiano su tre (29 per cento rispetto al 22 del 2012) chiede conclude la Coldiretti - l’arresto mentre per il 63 per cento deve essere fatta sospendere l’attività.
MAFIA: BUSINESS RIFIUTI VOLA A 3,9 MLD, ALLARME TERRENI CONTAMINATI
In Italia è gravemente inquinata un’area grande quanto il Friuli Venezia Giulia
L’accaparramento di terreni agricoli serve anche a coprire il business criminale dei rifiuti che
sviluppa un fatturato illegale che ha raggiunto quasi 3,9 miliardi, tra rifiuti speciali è urbani, con
oltre cinquemila reati accertati nel 2012. E’ quanto emerge da una analisi dell’Indagine
Coldiretti/IXE’in occasione della presentazione del Rapporto “Agromafie”, elaborato insieme ad
Eurispes, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Il fenomeno
più preoccupante – sottolinea Coldiretti - è rappresentato dall’utilizzo delle campagne per lo
smaltimento illegale di rifiuti, dai fanghi industriali alle sostanze tossiche. Le imprese criminali si
impadroniscono dei terreni destinati alla produzione di cibo e li utilizzano come vere e proprie
discariche. I campi vengono così contaminati spesso in maniera irreversibile, con gravi rischi per
l’ambiente, ma anche per la salute delle persone poiché mafia e camorra, al fine di coprire
l’attività di smaltimento illecito, continuano la coltivazione di ortaggi o altri prodotti. L’ultima
emergenza è scoppiata nella Terra dei Fuochi, l’area campana tra le province di Napoli e Caserta
devastata ormai da anni dai roghi dei rifiuti tossici e dall’interramento di ogni genere di sostanza
nocive, con ripercussioni per l’ambiente, per la salute degli abitanti ma anche per le attività
produttive di tutta la regione, vittime del diffondersi di psicosi che rischiano di minare il settore
agricolo campano. Una situazione rispetto alla quale - sottolinea la Coldiretti - occorre fare
immediatamente chiarezza con la mappatura dei siti realmente inquinati. Gli agricoltori sono
pronti a chiedere il risarcimento danni per il pesante danno economico e di immagine che sta
colpendo le aziende. Ma la contaminazione dei suoli è un problema che interessa ormai l’intero
Paese – continua la Coldiretti - con ben 725.000 ettari di aree gravemente inquinate, una
superficie grande poco meno del Friuli Venezia Giulia. A guidare la classifica delle regioni con la
maggior percentuale di siti inquinati rispetto alla superficie totale è la Campania, con il 18 per
cento del suo territorio da bonificare, davanti a Sardegna, Lazio e Piemonte. Secondo il rapporto
Agromafie, si tratta di zone industriali e di altro genere che sono state spesso sottratte all’uso
agricolo, tanto che nel giro di vent’anni sono scomparsi 4,4 milioni di ettari di campagna, oltre un
terzo della superficie agricola attuale, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. Un fenomeno –
conclude la Coldiretti – determinato dalla cementificazione selvaggia, ma anche della crescita
della presenza della criminalità organizzata nelle strategie di utilizzazione del suolo.
INDAGINE
“La percezione della crisi e il Made in Italy”
XIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
CRISI: CON L’AUTUNNO 7 ITALIANI SU 10 HANNO PAURA DI PERDERE LAVORO
Ben sette italiani su dieci (70 per cento) si sentono minacciati dal pericolo di perdere il lavoro e il
53 per cento di non riuscire ad avere un reddito sufficiente per mantenere la propria famiglia. E’
quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “La percezione della crisi
e il Made in Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre 2013, e illustrata nel corso del Forum
Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Per piu’ di una famiglia italiana
su quattro (22 per cento) sarà - sottolinea la Coldiretti - un autunno difficile di sacrifici economici.
Per quanto riguarda la situazione generale la percentuale di quanti sono pessimisti per il futuro e
pensano che la situazione peggiorerà sono il 35 per cento. Al contrario, sono il 51 per cento
coloro che - continua la Coldiretti - ritengono che non ci saranno cambiamenti mentre sono solo il
14 per cento quelli convinti che ci sarà un miglioramento. “Emerge una forte preoccupazione e un
senso di rassegnazione nei confronti sia della situazione generale del Paese che di quella
personale in cui c’è bisogno di avere fiducia nel futuro”, ha affermato il Presidente della Coldiretti
Sergio Marini. I pericoli che si intravedono - conclude Marini - sono molto pragmatici come il
lavoro e il reddito e poco ideologici come l’immigrazione, citata solo dal 7 per cento degli italiani.
CRISI: 16% ITALIANI COSTRETTI AL FURTO, IL 37% SALVATO DAI GENITORI
Oltre 2 milioni di famiglie non hanno a reddito a sufficienza per l’indispensabile
Il 16 per cento degli italiani conosce personalmente qualcuno che per indigenza è stato costretto
a rubare nel 2013 e tra questi ben due su tre (66 per cento) hanno sottratto prodotti alimentari e il
22 per cento oggetti per i propri figli. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima
indagine su “La percezione della crisi e il Made in Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre
2013, e illustrata nel corso del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione,
organizzato a Cernobbio. Se il 42 per cento degli italiani vive senza affanni, quasi la metà (45 per
cento) riesce a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi, mentre oltre 2 milioni di
famiglie (10 per cento) non hanno oggi - sottolinea Coldiretti - reddito a sufficienza neanche per
l’indispensabile a vivere. In questa situazione la famiglia - continua Coldiretti - è la principale fonte
di welfare. Il 37 per cento degli italiani è stato costretto infatti a chiedere aiuto economico per
arrivare alla fine del mese ai genitori, il 14 per cento a parenti e il 4 per cento addirittura ai figli.
Solo il 14 per cento si è rivolto a finanziarie o banche mentre l’8 per cento agli amici. Spesso
considerata superata, la struttura della famiglia italiana si sta dimostrando, nei fatti, fondamentale
per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini. La solidarietà tra generazioni
– conclude Coldiretti - è dunque un modello vincente per vivere e stare bene insieme e non un
segnale di arretratezza sociale e culturale come molti si ostinano ad affermare.
CRISI: TROIKA BENVENUTA PER 1 ITALIANO SU 3. IL 68% SOGNA MERKEL
La fiducia dei cittadini: Papa superstar con il 74%, politici nazionali al 4%
Per quasi un italiano su tre (31 per cento) l’intervento della troika (Fondo Monetario,
Commissione Europea, Bce) sui conti italiani sarebbe una salvezza, una percentuale nettamente
superiore al 25 per cento che la ritiene invece una sciagura. E’ quanto emerge dalla
presentazione dei risultati della prima indagine su “La percezione della crisi e il Made in Italy”
realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre 2013, e illustrata nel corso del Forum Internazionale
dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Non manca pero’ una forte pattuglia di disillusi
con il 28 per cento che ritiene non cambierebbe niente mentre il 16 per cento non risponde. La
tanto spesso disprezzata Angela Merkel sarebbe vista con favore come premier in Italia dal 68
per cento dei cittadini italiani che dimostrano di credere maggiormente ad economisti e politici
stranieri rispetto a quelli nostrani. Un dato che è confermato dal livello di fiducia riposto nei
protagonisti nazionali della politica, dell’economia e del sociale. All’ultimo posto si posizionano i
partiti nei quali appena il 4 per cento ripone fiducia, superati di poco dalle banche che
raggiungono il 9 per cento mentre svetta nella speciale classifica il Papa che è la vera superstar
del momento con il 74 per cento e le forze dell’ordine che raggiungono ben il 70 per cento,
seguite dalla magistratura (55 per cento) e - conclude Coldiretti - dal Presidente della Repubblica
al 52 per cento. “Nella politica viene individuata una chiara responsabilità della difficile situazione
tanto che l’unico punto di riferimento sicuro è il Santo Padre e si è addirittura disposti a rinunciare
alla democrazia per affidarsi a qualcuno che viene da fuori”, ha affermato il Presidente della
Coldiretti Sergio Marini.
CRISI: 2 ITALIANI SU 3 TAGLIANO ABITI, LA META’ VIAGGI E TECNOLOGIE
Piu’ di due italiani su tre (68 per cento) hanno ridotto la spesa o rimandato l’acquisto di capi
d’abbigliamento riciclando dall’armadio per l’autunno gli abiti smessi nel cambio stagione, ma
oltre la metà (53 per cento) ha detto addio a viaggi e vacanze e ai beni tecnologici (52 per cento).
E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “La percezione della
crisi e il Made in Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre 2013, e illustrata nel corso del Forum
Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Abbigliamento e viaggi non solo
si classificano al top dei tagli effettuati dalle famiglie, ma nel corso del 2013 sono anche i beni per
i quali si è registrato il piu’ rilevante aumento di persone che hanno fatto rinunce, cresciute
rispettivamente del 13 per cento e del 10 per cento, rispetto allo scorso anno. A seguire nella
classifica del cambiamento delle abitudini si colloca anche - sottolinea la Coldiretti - la
frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 49
per cento. Il 42 per cento degli italiani ha rinunciato alla ristrutturazione della casa, il 40 per cento
all’auto o la moto nuova e il 37 per cento agli arredamenti. Pesa l’addio alle attività culturali del 35
per cento degli italiani in un Paese che deve trovare via alternative per uscire dalla crisi, ma
anche quello alle attività sportive (29 per cento) destinato ad avere un impatto sulla salute. Da
segnalare sul lato opposto il fatto che – conclude Coldiretti - solo l’14 per cento degli italiani
dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari, una percentuale superiore solo
alle spese per i figli (6 per cento), ma per entrambe le voci la percentuale è in calo rispetto allo
scorso anno.
IL TAGLIO DEGLI ACQUISTI PER PRODOTTO
ottobre 2013 in %
•Abbigliamento:
68
•Viaggi o vacanze:
53
•Tempo libero:
49
•Beni tecnologici:
52
•Ristrutturazioni della casa
42
•Arredamento:
37
•Auto/moto:
40
•Attività culturali:
35
• Attività sportive e cura corpo
29
14
. Generi alimentari:
•Spese per i figli:
6
Fonte: Elaborazioni Coldiretti-Ixe’ ad ottobre 2013
differenza con ottobre 2012 in %
+13
+2
+1
+10
+2
-1
+2
-2
=
-3
-3
CRISI: NEGOZIO FIDUCIA ADDIO, SLALOM IN CITTA’ PER 1 ITALIANO SU 2
Con la crisi si dice addio al negozio di fiducia e quasi la metà degli italiani (47%) si reca in diversi
esercizi commerciali per acquistare il prodotto che cerca dove costa meno, magari aiutati da
internet e volantini sui quali è guerra nel pubblicizzare offerte speciali e sconti. E’ quanto emerge
dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “La percezione della crisi e il Made in
Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre 2013, e illustrata nel corso del Forum Internazionale
dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Con il 71 per cento dei consumatori che
dichiara di confrontare con piu’ attenzione rispetto al passato i prezzi, gli italiani - sottolinea la
Coldiretti - sono costretti a trasformarsi in veri detective della spesa: il 62 per cento va a caccia
delle offerte speciali 3 per 2 e degli sconti e il 42 per cento cerca sempre e comunque i prodotti
che costano meno. Mai come nel passato - sottolinea la Coldiretti - fare la spesa è diventata una
sfida alla ricerca della maggiore convenienza che richiede fatica e tempo, portando gli italiani a
fare la spola tra diversi negozi per risparmiare. A cambiare - continua la Coldiretti - sono anche le
tipologie di prodotti che si mettono nel carrello con il 49 per cento degli italiani che preferisce
acquistare prodotti locali e solo l’11 per cento quelli di una grande marca nazionale, mentre per il
32 per cento è indifferente e si guarda solo al prezzo o alla qualità. Da segnalare - precisa la
Coldiretti - la tenuta degli acquisti diretti dal produttore al quale si rivolge regolarmente ben il 14
per cento degli italiani, il 45 per cento qualche volta, il 29 per cento raramente e solo il 12 per
cento mai. Una opportunità – conclude la Coldiretti - resa possibile dal fatto che in Italia sono oggi
presenti 8.392 punti vendita di Campagna Amica gestiti direttamente dagli agricoltori rispetto ai
7.094 del 2012, tra mercati degli agricoltori, cascine, cantine, maghe e aziende, botteghe e
ristoranti.
CRISI: COLDIRETTI, BOOM LOW COST MA TIENE DOC E BIOLOGICO
Oltre tre italiani su quattro (77 per cento) continuano ad acquistare regolarmente o qualche volta
prodotti a denominazione di origine e quasi la metà (45 per cento) prodotti biologici, ma il vero
boom lo fanno registrare i prodotti low cost che il 47 per cento degli italiani acquista piu’
frequentemente del passato. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima
indagine su “La percezione della crisi e il Made in Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre
2013, e illustrata nel corso del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a
Cernobbio. Si tratta di risultati che evidenziano una polarizzazione nei comportamenti, con una
parte della popolazione che, preoccupata per la qualità dell’alimentazione, si rivolge a prodotti
garantiti, ma una fetta consistente è purtroppo costretta ad acquistare prodotti low cost che non
danno le stesse garanzie. Chi ha disponibilità di reddito ed è un consumatore attento alla qualità
e alla tipicità consolida i propri stili, mentre chi si trova in difficoltà è spesso costretto a rinunciare.
La situazione di crisi non fa abbandonare l’attenzione verso i piu’ bisognosi ed aumentano gli
acquisti di prodotti del commercio equo e solidale spesso provenienti da Paesi del terzo mondo
che finiscono nel carrello del 38 per cento degli italiani mentre sembra sgonfiarsi anche il boom
nei consumi dei prodotti etnici acquistati solo dal 24 per cento degli italiani forse a causa dei
recenti allarmi sanitari, ma anche - precisa la Coldiretti - per la scelta di privilegiare acquisti di
prodotti nazionali per sostenere l’economia e l’occupazione in un difficile momento di crisi. Resta
alta, nonostante la crisi, l’opposizione agli organismi geneticamente modificati che sono
considerati meno salutari da ben il 67 per cento degli italiani che esprimono una opinione.
GLI ACQUIRENTI DI PRODOTTI ALIMENTARI
Prodotti
Acquirenti
Prodotti di origine controllata e protetta 77 per cento
Prodotti biologici
45 per cento
Prodotti equo-solidali
38 per cento
Prodotti etnici
24 per cento
Fonte: Elaborazioni Coldiretti-Ixe’ ad ottobre 2013
CRISI: CIBO E MODA SONO I MOTORI RIPRESA ECONOMIA, GIU’ L’AUTO
ACQUISIZIONI DALL’ESTERO PER 10 MLD DA INIZIO CRISI
La grande maggioranza degli italiani 54 per cento considera la produzione di cibo il vero motore
dell’economia, con un aumento dell’8 per cento rispetto allo scorso anno, e il 18 per cento punta
sulla moda che rimane però stabile mentre crolla del 33 per cento l’automobile, che si ferma al 10
per cento. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “La
percezione della crisi e il Made in Italy” realizzata da Coldiretti-Ixe’ a ottobre 2013, e illustrata nel
corso del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. Il cibo e la
moda sono anche considerati trainanti per l’immagine dell’Italia all’estero rispettivamente dal 45 e
dal 38 per cento degli italiani. “Una conferma della validità e della modernità del modello di
sviluppo agricolo Made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle
specificità e che può rappresentare un riferimento anche per gli altri settori per affrontare e
vincere la competizione internazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini
nel sottolineare che “dentro l’agricoltura non c’è ancora un reddito adeguato ma c’è
legittimamente quella visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non c’è negli altri settori”. Il
biglietto da visita dell’Italia è il cibo Made in Italy che puo’ contare sulla leadership in Europa con
254 prodotti tipici a denominazione di origine riconosciuti (Dop/Igp), il maggior numero di aziende
agricole biologiche (48.269 operatori) e la maggiore biodiversità con 57.468 specie animali e
12mila specie di flora, ma anche nel valore aggiunto per ettaro di terreno ovvero la ricchezza
netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana è praticamente il doppio di quella di
Francia e Spagna, il triplo di quella inglese e una volta e mezzo quello tedesco. L’Italia - ha
continuato la Coldiretti - è il primo esportatore mondiale in quantità di vino, pasta, kiwi, pesche,
mele e pere, ma anche il principale produttori di pasta e ortofrutta. Senza contare – continua la
Coldiretti - il top di presenze per il turismo enogastronomico e quello ambientale, con 871 parchi
ed aree protette che coprono il 10 per cento del territorio, ed il record di longevità, grazie alla
dieta mediterranea e al fatto che l’Italia conquista il primato in Europa e nel mondo della sicurezza
alimentare, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per
cento), risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di
irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità). Non è
un caso - sottolinea la Coldiretti - che quest’anno le esportazioni agroalimentari raggiungeranno il
record storico di 34 miliardi (+7 per cento) e le multinazionali straniere vengono in Italia per
acquisire i nostri marchi piu’ prestigiosi. Ha infatti superato i 10 miliardi il valore dei marchi storici
dell’agroalimentare italiano passati in mani straniere dall’inizio della crisi che ha favorito una
escalation nelle operazioni di acquisizione del Made in Italy agroalimentare. L’ultima operazione
quest’anno è stata la decisione della società Averna di cedere l'intero capitale dell'azienda
piemontese detentrice dello storico marchio dei dolci Pernigotti al gruppo Toksoz in Turchia che è
il maggior produttore mondiale di nocciole. Una operazione che segue da vicino l’acquisizione da
parte della multinazionale del lusso LVMH di una partecipazione di maggioranza nel capitale
sociale della Pasticceria Confetteria Cova proprietaria della societa' Cova Montenapoleone Srl,
che gestisce la nota pasticceria milanese, mentre l’ultimo colpo nelle campagne toscane è stato
messo a segno - sottolinea la Coldiretti - da un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong
Kong, che ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra
simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola Casanova - La Ripintura, a
Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero. Nel 2013 - continua la Coldiretti – si è
verificato il passaggio di mano del 25 per cento della proprietà del riso Scotti ceduto dalla famiglia
pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods. Nel 2012 la Princes Limited (Princes), una
controllata dalla Giapponese Mitsubishi, ha siglato un contratto con AR Industrie Alimentari SpA
(ARIA), leader italiana nella produzione di pelati, per creare una nuova società denominata
"Princes Industrie Alimentari SrL" (PIA), controllata al 51 per cento dalla Princes, mentre il
marchio Star passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen che ha aumentato
la propria partecipazione in Gallina Blanca Star al 75 per cento. Infine, è volata in Inghilterra la
Eskigel che produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour,
Auchan, Conad, Coop). Nel 2011 la società Gancia, casa storica per la produzione di spumante,
è divenuta di proprietà per il 70 per cento dell'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e
della vokda Russki Standard; la francese Lactalis è stata, invece protagonista - sottolinea la
Coldiretti – dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino; il 49 per
cento di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco
Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group, la quale ha ora in corso
una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi
posti di lavoro. Nel 2010 il 27 per cento del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria
Casearia S.p.A fondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è
stato acquisito dalla francese Bongrain Europe Sas e la Boschetti Alimentare Spa, che produce
confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financière Lubersac che ne detiene il
95 per cento. L’anno precedente, nel 2009 - prosegue la Coldiretti -, è iniziata la cessione di
quote della Del Verde industrie alimentari spa che è divenuta di proprietà della spagnola Molinos
Delplata Sl, la quale fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata. Nel 2008 la Bertolli era
stata venduta all’Unilever per poi essere acquisita dal gruppo spagnolo SOS, è iniziata la
cessione di Rigamonti salumificio spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società
olandese Hitaholb International, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese
Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis. Lo stesso anno è stata ceduta anche Italpizza,
l’azienda modenese che produce pizza e snack surgelati, all’inglese Bakkavor acquisitions
limited. Con l’inizio della crisi - informa la Coldiretti - si è dunque verificata una accelerazione nel
processo di cessione dei marchi storici del Made in Italy che nell’agroalimentare era già in fase
avanzata. Nel 2006 la Galbani era entrata in orbita Lactalis, ma lo stesso anno gli spagnoli hanno
messo le mani pure sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi
prima. Nel 2005 - continua la Coldiretti - la francese Andros aveva acquisito le Fattorie
Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003
hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all'azienda sudafricana SABMiller, e
Invernizzi, di proprietà dal 1985 della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano
state Locatelli e San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata
“girata” alla solita Lactalis (1998). Nel 1995 la Stock, venduta alla tedesca Eckes A.G, è stata
acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management, che lo scorso anno hanno
chiuso lo storico stabilimento di Trieste per trasferire la produzione in Repubblica Ceca. La stessa
Nestlè - conclude la Coldiretti - possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e
addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina.
COMMERCIO ESTERO: COLDIRETTI, IL CIBO SORPASSA MEZZI DI
TRASPORTO
Le esportazioni mensili di cibo Made in Italy sorpassano quelle dei mezzi di trasporto come auto,
moto e camion. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al
commercio estero nei primi otto mesi del 2013 che ad agosto fanno segnare il sorpasso. Ad
agosto le esportazioni di prodotti agricoli, alimentari e bevande è stata pari a 2454 milioni
superiore ai 2072 milioni fatti segnare dall’insieme dei mezzi di trasporto. L’agroalimentare sottolinea la Coldiretti - è in netta controtendenza anche rispetto all’andamento generale con una
aumento del 6 per cento nei primi otto mesi dell’anno , trainato dalla domanda estera in tutti i
principali comparti produttivi che compensa la crisi dei consumi sul mercato interno. Se la
tendenza sarà confermata l’agroalimentare farà segnare il record di 34 miliardi nel valore delle
esportazioni nel 2013. Una analisi che - sostiene la Coldiretti - dimostra come l’Italia e il suo
futuro, dopo le delusioni della grande industria, sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia,
cioè di essere l’Italia della grande creatività, delle piccole e medie imprese agricole, artigiane,
manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo. C’e’ una Italia del buon cibo e di
quell’agroalimentare che sa incontrare i bisogni profondi dei consumatori e dei cittadini, del
turismo, dell’arte, della cultura, della bellezza, dell’innovazione intelligente. E’ questa l’Italia futura,
quella per cui il territorio è una miniera di opportunità, il cui modello di sviluppo è compatibile conclude la Coldiretti - con la salvaguardia di un capitale umano e sociale unico al mondo e con
la sapiente ricerca della felicità e dello stare bene insieme. D questa Italia si parlerà dal 18 ottobre
al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio organizzato dalla
Coldiretti in collaborazione con lo studio Ambrosetti
L. STABILITA’: SALVI 10MILA POSTI CON STOP AUMENTO IVA IN COOP
SOCIALI
E’ positiva la scelta di non aumentare l’aliquota iva per le cooperative sociali che avrebbe messo
a rischio quasi diecimila posti di lavoro in un settore particolarmente importante per l’intero Paese
in questo momento di crisi. E’ quanto afferma Vincenzo Sette coordinatore nazionale di Uecoop
in riferimento al blocco del’aumento Iva annunciato dal premier Enrico Letta Una necessità -
sottolinea il coordinatore di Uecoop - per sostenere le cooperative impegnate nel welfare sui
territori a sostegno dei fabbisogni delle famiglie. Verificheremo nei prossimi giorni nei contenuti la
decisione assunta che - conclude Sette - ci auguriamo vada nella direzione auspicata dalle
cooperative sociali.
L.STABILITA’ COLDIRETTI, LAVORO DA PIANO DISMISSIONE TERRENI
PUBBLICI
Dal piano di dismissione dei terreni pubblici possono venire nuove opportunità per i tanti giovani
che vogliono dedicarsi all’attività agricola. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il piano
di dismissioni immobiliari e altro per 3,2 miliardi annunciato dal premier Enrico Letta a copertura
della manovra. La disponibilità dei terreni - sottolinea la Coldiretti - rappresenta il principale
ostacolo alle aspirazioni dei tanti giovani che vogliono lavorare in agricoltura. Un impegno per
sostenere la competitività delle imprese agricole e l’occupazione giovanile che - precisa la
Coldiretti - non costa niente e che anzi puo’ risorse da destinare allo sviluppo del paese. Dal
ritorno delle terre pubbliche agli agricoltori che le coltivano – conclude la Coldiretti - possono
nascere nuove imprese o, in alternativa, essere ampliate quelle esistenti.
CRISI: ACCORDO BMPS-CREDITAGRI PER CREDITO A IMPRESE
Banca Monte dei Paschi di Siena e CreditAgri hanno sottoscritto un accordo per agevolare
l’accesso al credito alle imprese associate al Confidi promosso dalla Coldiretti. L’intesa è stata
annunciata in occasione della diffusione dei dati del barometro Crif sulla crescita del 3 per cento
della domanda di finanziamento da parte delle imprese italiane nel periodo gennaio-settembre.
L’accordo, che consolida e rinnova il rapporto già in essere con Banca Monte dei Paschi di
Siena, è stato esteso alle garanzia a prima richiesta a seguito dell’abilitazione riconosciuta a
CreditAgri Italia da parte di Banca d’Italia, della qualifica di Ente di garanzia vigilato ex art 107
TUB. L’accordo ha individuato opportune forme di collaborazione tra BMps e il consorzio fidi di
Coldiretti finalizzate al rilascio di garanzie con servizi e finanziamenti in grado assicurare le
specifiche necessità finanziare delle imprese. Sarà così favorito l’accesso al credito delle imprese
associate al Confidi ponendo una particolare attenzione agli interventi finanziari per lo sviluppo
produttivo, per il rafforzamento del patrimonio, per la dotazione di capitale circolante ed il
riequilibrio finanziario, con specifici strumenti dedicati.
SISTRI, IL DISEGNO DI LEGGE E’ IN DIRITURA DI ARRIVO
Le nuove norme sul Sistri sono in dirittura di arrivo. Dopo una settimana di dibattito in
Commissione approda in Aula, alla Camera dei deputati, con il numero 1682 A, il disegno di legge
recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101,
recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche
amministrazioni.
Le Commissioni permanenti I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e XI
(Lavoro pubblico e privato), il 21 ottobre 2013, hanno deliberato di riferire favorevolmente sul
testo del disegno di legge. In pari data le Commissioni hanno chiesto di essere autorizzate a
riferire oralmente.
L’articolo 11 del decreto legge, che contiene le disposizioni di modifica del sistema di tracciabilità
dei rifiuti (Sistri), è stato oggetto di numerose richieste di emendamento (oltre sessanta) da parte
dei Deputati. Anche in questo caso, come al Senato, gli Onorevoli hanno formulato richieste
finalizzate, in alcuni casi, alla riscrittura completa del sistema o, in altri casi, all’adeguamento ed
alla razionalizzazione delle norme di riferimento.
Nel corso del dibattito, di particolare interesse il parere reso dalla XIII Commissione permanente
(Agricoltura) della Camera che ha sollecitato le Commissioni a valutare l’opportunità di inserire
nel testo dell’articolo 11 alcune disposizioni finalizzate ad escludere le imprese agricole
dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori e dall’obbligo di iscrizione al Sistri.
Sull’argomento, però, al momento non si registrano significative modifiche rispetto al testo
precedentemente approvato dal Senato. E’ comunque necessario attendere il passaggio in Aula,
dove il testo potrebbe ancora essere oggetto di integrazioni.
RIFORMA: IMPRESA PESCA, BENE FONDO MA PIU’ TUTELA
PESCATORI E QUALITA’
L’assegnazione di uno stanziamento di 6,5 miliardi di euro al Fondo per la pesca e l’acquacoltura
2014-2019 sostenuta dal Parlamento europeo è una buona notizia per i pescatori italiani che
potranno disporre di un aiuto per rispettare le norme della nuova politica comune della pesca. E’
quanto rileva ImpresaPesca Coldiretti nel sottolineare che tale strumento può anche contribuire al
miglioramento della sicurezza, delle condizioni di lavoro, della raccolta di dati per una pesca
sostenibile e all’innovazione delle infrastrutture portuali per gli approdi da pesca. Occorre tuttavia
– aggiunge ImpresaPesca – porre maggiore attenzione ai problemi delle imprese della pesca e
dell’acquacoltura in materia di innovazione tecnologica delle aziende di produzione per garantire
una migliore qualità del prodotto e, nello stesso tempo, per assicurare condizioni di vita meno
stressanti ed un reddito adeguato. L’obiettivo da perseguire – precisa Impresa Pesca – deve
essere quello di una produzione, per l’acquacoltura, ed una prelievo, per la pesca, equilibrato, ma
anche di un maggiore valore aggiunto del prodotto ittico. Per fare ciò – conclude ImpresaPesca
Coldiretti – sono necessari meccanismi di gestione delle misure più semplici e meno macchinosi
di quelli legati all’attuale Fondo per la Pesca (FEP) che si concluderà la sua operatività nel
dicembre 2013. Azioni troppo complicate mettono a rischio la spesa per le Amministrazioni
coinvolte nella gestione del programma e l’utilizzo delle risorse da parte del sistema produttivo e
delle imprese. Un unico disappunto quello che gran parte delle risorse non andranno
direttamente o indirettamente a beneficio del sistema produttivo.
STATO SCELTE SBAGLIATE IN MATERIA DI ACQUACOLTURA DI MARE
E REGIONI INERENTI DIFRONTE ALLA COMPLICAZIONE INTRODOTTE
DALL’ART.59 (COMMA 11) D.L. 83/2012
D.M. n.79 del 14.02.2013 – PROCEDIMENTI DI RILASCIO DELLE
AUTORIZZAZIONI PER L’ATTIVITA’ DI ACQUACOLTURA
Lo avevamo detto, una norma inutile, che complica maledettamente l’attività degli acquacoltori
italiani che operano su bene / spazi demaniali.
Una norma che regola il rilascio di nuove concessioni o il rinnovo delle vecchie quella prevista dal
D.L. 83/12 e attuata tramite il D.M. 79/13.
Nuove regole che portano ancora più confusione sulla “vexata quaestio” tra Stato e Regioni in
materia di pesca-acquacoltura e demanio.
L’operatività degli impianti che dovranno ottenere la licenza di concessione per svolgere l’attività
di allevamento ittico fuori da 1 km. dalla battigia, questo significa oltre il 80% degli impianti di
produzione ittica a mare, dovrà avere una autorizzazione da parte del Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali, su proposta non più delle Regioni a cui spetta redigere piano di
sviluppo dell’acquacoltura, ma bensì delle Capitaneria di Porto, che “propongono”.
Confusione su confusione – questo è il commento di Impresapesca-COLDIRETTI – in una
materia dove le Regioni hanno dimostrato tutte la loro debolezza difronte a norme che
complicano l’attività delle imprese delle loro Regioni.
L’articolo 3 (comma 5) del citato decreto aggiunge che la D.G. pesca “adotta” il provvedimento di
concessione demaniale, non limitandosi solo all’ulteriore incombente della autorizzazione
all’esercizio dell’impianto. Con l’adozione il Ministero va di fatto ad avocare a se anche l’atto
finale della concessione.
Alcune Regioni, invece di ricorrere avverso ad un provvedimento che sottrae loro
competenze, hanno già dichiarato che non opereranno più al rilascio delle concessioni, fin
quando la normativa non ripoterà chiarezza, in merito. Morale chi ne pagherà lo scotto saranno
soltanto gli operatori dell’acquacoltura italiana.
NEWS SU FERMO PESCA PER STRASCICO E VOLANTE 2013
Da informazioni in data odierna assunte dalla D.G. pesca e acquacoltura del MPAAF abbiamo
avuto notizia che appena pubblicato il decreto ministeriale sull’impegno delle risorse il fermo
dell’attività 2013 della flotta a traino nazionale, sarà anche pubblicato un collegato Decreto
Direttoriale che prevedere e ricomprende tutta la modulistica per la presentazione delle domande,
con anche i relativi tempi di presentazione. Ci è stato preannunciato che quest’anno le domande
saranno, con apposita nuova modulistica presentate non più al Ministero, ma presso l’Ufficio
Marittimo di iscrizione.
SBLOCCATE LE RISORSE PER IL FERMO PESCA 2013 E PER
IL DEMOLIZIONE BARCHE DA PESCA PROFESSIONALI
Il Ministro Nunzia De Girolamo annuncia la firma dei decreti sulle risorse afferenti al periodo di
riposo biologico 2013 previsti dal D.M. 11.07.2013 ed al decreto sulla rottamazione delle barche
da pesca professionale, da oggi i provvedimenti sono alla valutazione della Corte dei Conti e
successivamente è prevista la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Tempi prevedibili per la
pubblicazione entro il 10 novembre p.v.
IL PUNTO COLDIRETTI
Il giornale on line per le imprese del sistema agroalimentare
Per essere costantemente aggiornati su economia e settori produttivi, fisco, ambiente,
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