Pag 11 - Federazione Coldiretti Torino
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IL COLTIVATORE PIEMONTESE 16-31 marzo 2012 ■ anno 68 – numero 6 Mobilitazione La mancata tutela costa 300mila posti Battaglia di Coldiretti, consumatori, ambientalisti, enti locali e istituzioni ❚❚❚ Roma – La mancata tutela del marchio Made in Italy costa all’Italia 300mila nuovi posti di lavoro solo nell’agroalimentare e supera i cento miliardi all’anno di mancato fatturato. È quanto è emerso nel corso della mobilitazione avviata a metà marzo a piazza Montecitorio dalla Coldiretti e dalle associazioni dei consumatori e degli ambientalisti, insieme ai cittadini e ai rappresentanti delle istituzioni a livello nazionale, regionale e locale, a partire dai sindaci con 300 gonfaloni provenienti dalle diverse regioni. Il “marchio Italia” è il principale patrimonio del Paese e dovrebbe essere adeguatamente tutelato e rispettato ma, invece, è spesso banalizzato, usurpato, contraffatto e sfruttato, come dimostra il caso emblematico del “pecorino” prodotto completamente in Romania con i soldi dello Stato italiano. Un esempio dei troppi casi di disattenzione e sottovalutazione nei confronti di una delle poche leve competitive di cui il Paese dispone per ricominciare a crescere. «A distanza di oltre un anno dall’ultima legge nazionale per rendere obbligatoria l’etichettatura di origine degli alimenti, nessuno si è preso la responsabilità di applicarla per fare sapere agli italiani quello che mangiano» afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini che aggiunge: «Secondo lo studio Coldiretti/ Eurispes, il 33 per cento dei prodotti agroalimentari commercializzati in Italia o esportati per un valore di 51 miliardi deriva da materie prime importate e rivendute poi col marchio Made in Italy. Peraltro, il solo mercato delle imitazioni dei prodotti italiani all’estero “italian sounding”, reso possibile dalla insufficiente attenzione ai negoziati sul commercio internazionale, vale 60 miliardi di euro, ma alimenta il grande business dei ristoranti italiani che non è sempre trasparente, come dimostra il fatto che le prime dieci catene della ristorazione degli Stati Uniti fondano il loro successo proprio su immagini, colori e nomi del Made in Italy che nulla hanno a che fare con la realtà produttiva del nostro Paese. Secondo la rivista americana Restaurants and Institutions, su 400 ristoran- ti a catena più importanti, 22 sono nomi che propongono piatti spesso snaturati della tradizione gastronomica italiana, da “Romano’s Macaroni Grill” a “The Old Spaghetti Factory” fino a “Brio Tuscan Grill” con oltre 2.500 punti vendita. Non è un caso se un piatto come gli spaghetti alla bolognese, che sono considerati il piatto italiano più famoso all’estero, è completamente sconosciuto nella città emiliana». Stop a quote di Stato per pecorino rumeno Marini: «Finalmente ha vinto il buonsenso con l’uscita di Simest da Lactitalia» ❚❚❚ Roma – «Finalmente ha vinto il buonsenso. È un grande risultato della nostra mobilitazione l’annuncio della cessione da parte della finanziaria del ministero dello Sviluppo economico Simest delle quote di partecipazione in Lactitalia, la società che produce in Romania i formaggi pecorino e caciotta, che fanno concorrenza alle produzioni del vero Made in Italy». È quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel ricordare che «si è conclusa positivamente la battaglia della Coldiretti, delle associazioni dei consumatori e di 2.215 Comuni, 12 Regioni, 26 Province, 41 Camere di commercio e 119 tra Comunità montane, Consorzi di tutela e al tri enti come Unioncamere, che hanno adottato delibere con le quali si denuncia che le operazioni di sostegno dell’italian sounding, da parte della Simest, determinano danni gravi in quanto bloccano ogni po tenzialità di crescita delle im prese italiane a causa della “sa turazione” del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale, impedendo ai consumatori di effettuare una corretta comparazione sulla ba se della diversa qualità e convenienza con prodotti au tentici del Made in Italy». Per quanto riguarda la questione della società Lactitalia, attraverso un comunicato emesso al termine della manifestazione della Coldiretti in piazza Montecitorio è stato annunciato che, “Simest ha portato a conclusione la procedura di partecipazione alla società, dalla quale è uscita con la cessione delle quote dando piena adesione al rafforzamento del contrasto all’italian sounding e alla diffusione del Made in Italy, così come indicato da una recente direttiva del ministero dello Sviluppo economico’’. “Simest ha prontamente recepito la direttiva in materia agroalimentare emanata dal ministero dello Sviluppo economico – prosegue il comunicato – che prevede la revoca di partecipazioni deliberate, qualora le imprese pongano in essere pratiche commerciali in grado di indurre in errore i consumatori, anche nei mercati esteri, circa l’origine italiana dei prodotti commercializzati, sia attraverso elementi specifici dei prodotti stessi, sia del relativo packaging’’. pagina 11 C’è il sostegno di oltre duemila Comuni Da Aosta a Pantelleria, insieme a 12 Regioni 26 Province e 41 Camere di commercio ❚❚ Roma – Sono 2.215 i Comuni che hanno adottato fino ad ora delle delibere per chiedere di sostenere e difendere il marchio Made in Italy e di vietare per legge il finanziamento pubblico di prodotti realizzati all’estero di imitazione, ai quali si aggiungono le delibere adottate da 12 Regioni, 26 Province, 41 Camere di commercio e 119 tra Comunità montane, Consorzi di tutela e altri enti come Unioncamere. Per l’occasione la caciotta e il pecorino prodotti completamente in Romania da una società partecipata dello Stato italiano sono stati portati per la prima volta dal presidente della Coldiretti Sergio Marini in piazza “in bella vista” a disposizione delle autorità e dei cittadini. Un esempio eclatante in cui lo Stato favorisce la delocalizzazione e fa concorrenza agli italiani sfruttando il valore evocativo del marchio Made in Italy che è il principale patrimonio del Paese, ma è spesso banalizzato, usurpato, contraffatto e sfruttato. Le Regioni che hanno deliberato fino ad ora sono: Lombardia, Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, mentre le Province sono Alessandria, Cuneo, Rovigo, Verona, Trento, La Spezia, Bologna, Modena, Arezzo, Grosseto, Siena, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Pesaro Urbino, Latina, Chieti, L’Aquila, Pescara, Campobasso, Matera, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Enna e Palermo.