Prestito vitalizio ipotecario: si poteva fare meglio? I dubbi di
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Prestito vitalizio ipotecario: si poteva fare meglio? I dubbi di
Prestito vitalizio ipotecario: si poteva fare meglio? I dubbi di Pietro Locatelli sulle modifiche introdotte dal MiSE a dicembre di Redazione Lo scorso dicembre è diventato operativo il nuovo prestito vitalizio ipotecario, una particolare forma di finanziamento riservata alle persone più mature. Il decreto di attuazione della legge firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, ha introdotto importanti novità per quanto riguarda l’accesso e l’estinzione di questo tipo di finanziamento. Ma la nuova forma data al PVI sarà realmente utile allo sviluppo dello strumento? Lo abbiamo chiesto a Pietro Locatelli, uno tra i maggiori esperti di intermediazione creditizia a breve e lungo termine. Lei in più occasioni ha scritto ed è intervenuto in dibattiti trattando l’argomento del mutuo così detto Prestito Vitalizio Ipotecario. Può descriverlo? Mi interesso del mutuo in forma di Prestito Vitalizio Ipotecario (PVI) perché lo considero un prodotto che può essere utile principalmente per pensionati in difficoltà. Si tratta di un mutuo che, grazie alla legge n. 248/2005, ora superata dalla recente legge n. 44/2015, consentiva ai proprietari di casa over 65 (con la nuova legge over 60) di ottenere una certa somma dalla banca con garanzia ipotecaria sulla casa abitata e di proprietà. Non prevedeva rate da onorare dal momento che tutto veniva pagato al decesso del/i titolare/i del mutuo (sia il capitale concesso, sia gli interessi e le spese maturati nel tempo). Al momento del decesso gli eredi potevano vendere l’immobile e, con il ricavato, pagare il mutuo o, se lo desideravano, possedendo i giusti parametri reddituali e garanzie ancora sufficienti, estinguerlo con i proventi di un nuovo mutuo tradizionale. Nel caso non vi fosse stata la convenienza, perché quanto avuto a mutuo più gli interessi maturati, per longevità del titolare, portavano a un debito complessivo uguale o superiore al valore della garanzia prestata, gli eredi potevano non accettare il debito e lasciare alla banca la possibilità di realizzare l’immobile e sopportare eventuali perdite. Questo prodotto, come detto, è nato per dare aiuto a pensionati con pensioni modeste e quindi anche per evitare di ricorrere, per necessità, alla vendita della nuda proprietà che spoglia totalmente gli eredi del patrimonio della casa. In Italia il PVI è stato regolato dal comma 12 dell’art. 11 quattuordiecies del DL n. 203 del 2005 (convertito con legge n. 248/2005). La brevità del testo e la sua incongrua collocazione all’interno di una legge e di articoli dedicati a tutt’altro, già preludeva ad un insuccesso. Infatti, l’obiettivo di rendere disponibile agli anziani almeno una parte del capitale immobilizzato della propria casa senza perderne la proprietà (lasciando comunque agli eredi il cespite anche se gravato dal debito) non è stato centrato, nonostante fosse già allora facilmente intuibile che si sarebbe trattato di uno strumento rispondente ad una esigenza prospetticamente impellente. Il risultato è che il prodotto descritto non ha funzionato a dovere al punto che, in meno di dieci anni, opportunamente, si è dovuto correre ai ripari con la nuova legge n. 44 entrata in vigore il 6 maggio 2015. Detta nuova legge dovrebbe (dico dovrebbe) far superare tutte le problematiche che hanno impedito alla precedente l’atteso successo. In questo contesto, è da apprezzare lo sforzo dei due parlamentari proponenti – Causi e Misiani – i quali si sono opportunamente e doverosamente avvalsi di una proposta elaborata da una commissione congiunta di esperti dell’ABI – Associazione Bancaria Italiana, e da esperti di undici associazioni di Utenti e di Consumatori. Perché Lei dice “dovrebbe”? Se il legislatore ritiene di riformulare una legge in vigore da meno di dieci anni, significa che la stessa non ha risposto alle aspettative e, a mio modesto parere, forse si dovevano meglio sviscerare e ponderare i reali motivi per i quali non ha funzionato la precedente. Al proposito mi sembra di poter affermare che, nella realtà, ci si è limitati a qualche chiarimento e a qualche aggiustamento circa le modalità di vendita della garanzia ipotecaria riducendone i rischi anche per chi compera garantendo la certezza di quanto acquistato per donazioni precedenti, lesioni della legittima, ecc., ad alcune interpretazioni per aspetti fiscali e poco altro; anzi, alcuni nuovi interventi sembrano purtroppo e come vedremo appesantire ulteriormente il percorso del nuovo prodotto. Le nuove disposizioni, infatti, hanno abbassato l’età, per avere titolo per accedere al PVI, da 65 anni a 60 anni. Intervento che non aiuta anche solo perché le statistiche, quando si tratta della categoria degli anziani, sono principalmente incentrate sugli over 65, sia per i dati medi relativi alla longevità, sia per quanto di altro utile alle banche per fare i necessari calcoli dei rischi derivanti da questo prodotto. In aggiunta, abbassando l’età di accesso, si esaspera il rischio, che già preoccupava le banche. Questo, infatti – paradossalmente –, è un correttivo del nuovo testo che potrebbe creare più problemi che vantaggi per via della possibile maggior durata di vita del mutuo e, conseguentemente, anche maggiori interessi cumulabili con il reale rischio di una esposizione finale, alla chiusura del mutuo, facilmente superiore al valore della garanzia ipotecaria, cosa che già preoccupava le banche con il limite più alto dei 65 anni. Va poi osservato che, pur non essendoci una diretta relazione tra soglia pensionistica e soglia di accesso al PVI, è abbastanza incongruo che da un lato la normativa proceda – da tempo e giustamente – ad innalzare l’età pensionabile e dall’altra si ragioni in modo contrario, senza ricordare che l’abbassamento di tale soglia riduce progressivamente e inevitabilmente il corrispettivo erogabile dalla banca, rendendo anche sempre meno interessante il prodotto per la stessa banca erogatrice. Un altro aspetto critico consiste nella nuova opportunità di definire fra le parti la possibile durata certa di vita del mutuo, prevista sempre nella nuova legge n. 44/2015. Ciò appare una scelta solo teorica ma difficile da accettare poiché, se alla scadenza il mutuatario sarà ancora in vita, difficilmente si troverà a disporre di quanto necessario per estinguere il mutuo e probabilmente sarà in difficoltà nell’accedere, anche solo per l’età, a soluzioni alternative con la conseguenza inevitabile di finire in contenzioso in età avanza e, in aggiunta, di non poter più disporre di aiuto finanziario per continuare con dignità la sua vita di pensionato. È esattamente quanto aveva spinto il sistema bancario ad essere poco attratto da questo prodotto, pur già con la soglia dei 65 anni, che era considerata uno dei motivi chiave dell’insuccesso della precedente legge. Quindi Lei ipotizza che anche la nuova legge non avrà molto successo? Ne sono abbastanza convinto anche solo per un preciso segnale. La nuova legge è in vigore dal 6 maggio 2015 e il regolamento doveva essere varato entro tre mesi quindi entro la prima decade di agosto. Purtroppo, a quasi tutto il gennaio 2016 non risultava ancora pubblicato (momento dell’intervista). Al riguardo, nella lunga attesa, vi sono state petizioni e solleciti di parlamentari e di Associazioni di Consumatori per spingere alla necessaria pubblicazione del regolamento, ma non mi risulta che si sia elevata alcuna voce da parte di ABI o di istituti bancari e questo la dice lunga circa la volontà di attivare il prodotto, a partire dal rischio ulteriore della nuova bassa età introdotta. Infatti, per questo motivo, gli importi da concedere a mutuo, se rivolti a una copia di sessantenni, possono limitarsi anche sotto al 15% del valore attribuito all’immobile cauzionale. In pratica, si finisce per concedere, nella media, poco di più di un semplice prestito garantito dal “quinto della pensione” e che non necessita di alcuna garanzia ipotecaria . È anche da ritenere che il nuovo prodotto risulterà, purtroppo, ancora troppo complicato nella gestione oltre che per il modesto importo mediamente concedibile e, quindi, di poco interesse per le banche. Ma ci risulta che la nuova legge introduce il correttivo a coprire il rischio di eccessivo cumulo di debito in caso di longevità dei mutuatari. Questo è vero. La nuova legge, proprio per cercare di contenere il rischio per le banche, offre, come già detto, anche la possibilità di estinguere il mutuo a data certa in accordo fra le parti e, in aggiunta, anche la possibilità di rientri graduali periodici e programmati, sempre in accordo fra le parti, per pagamento di interessi e spese anche per mutui senza precisa scadenza. Francamente però non credo che accordi del genere possano trovare molti consensi laddove il mutuatario debba programmare di trovarsi nella condizione di assicurare alla banca rientri spot a lontane scadenze prestabilite per far fronte agli interessi maturati quando spesso l’unica fonte di entrata è la pensione e quando il mutuo viene richiesto proprio con il preciso scopo di integrare la stessa. Va infatti ricordato che il PVI viene predisposto con il precipuo intento di sollevare il mutuatario dall’assillo di rate mensili di capitale e interessi, come è invece normalmente previsto per i mutui tradizionali. La nuova citata legge sembra non tenere sufficiente conto della principale esigenza del destinatario del prodotto: quella di non potere/volere assumersi scadenze di pagamenti, nell’incerto del proprio futuro, Ma oltre alla negatività per il prenditore, ciò comporta una grave negatività anche per l’istituto bancario che eroga il mutuo, essendo fin troppo facile prevedere che future prefissate scadenze per i rientri si scontrerebbero con probabili, obiettive impossibilità del mutuatario di farvi fronte a distanza di anni dalla sottoscrizione – per esempio per sopravvenuti problemi di salute tipici dell’età e conseguenti spese – con spiacevoli rischi di avviare contenziosi nei confronti di soggetti socialmente deboli: un aspetto non certo gradevole per l’immagine di un istituto bancario. Questo apparente aggiornamento della nuova legge potrebbe, nel tempo, registrare troppi prevedibili contenziosi con le lunghe, costose e spiacevoli azioni di recupero. Sono prospettive che alle banche, ovviamente, non piacciono, specie in questi tempi. Al proposito mi piace sottolineare che la precedente legge aveva, fra i pochi pregi, almeno quello, che risultava essere una novità assoluta e positiva per le banche, di concedere finanziamenti bancari senza correre alcun rischio di avere contenziosi per insolvenza nel durante la vita del mutuo. Un altro punto considerato favorevole nella nuova legge è la possibilità di poter estinguere il mutuo anticipatamente se e quando il mutuatario si trovasse nella condizione di poterlo fare. È corretto prevederlo, ma si tratta a mio avviso di una facoltà purtroppo solo teorica: sappiamo che il pensionato ricorre al PVI principalmente perché necessita costantemente di una integrazione al reddito pensionistico, e con l’avanzare dell’età ciò non può che diventare vieppiù necessaria. Quindi, per la specificità del prodotto e per le caratteristiche del prenditore, in funzione di quanto già detto in precedenza, difficilmente si potrà verificare la possibilità di chiusura anticipata. Ma gli istituti finanziatori, nei contratti di mutuo, potranno trovare punti di accordo per garantire che il bene cauzionale mantenga il valore per evitare di immettersi nella strada dell’estinzione anticipata imposta, anche perché sembra consentirlo la nuova legge? Certamente; per prima cosa la legge aiuta offrendo all’erogatore del mutuo la possibilità di richiedere la risoluzione anticipata del contratto in caso di deterioramento dell’immobile cauzionale per incuria o mancate manutenzioni. Il problema è chi decide se vi sono atteggiamenti negativi di tale importanza al punto di pretendere l’estinzione anticipata. Credo che a seguito di questa problematica potrebbero nascere molti intuibili contenziosi che la banca non vorrà avere. Ancora, avviando questo prodotto, le banche pretenderanno che nel contratto venga sempre posta la condizione di non affittare l’appartamento dato in garanzia in quanto condizionerebbe in negativo il valore della garanzia stessa. In caso di mancato rispetto di tale condizione, viene imposta l’estinzione anticipata (risoluzione anticipata del contratto con immediato pagamento di tutto il debito cumulato). Spesso, i pensionati mutuatari si trovano, per ragioni di età, con repentini mutamenti della composizione familiare o nella necessità di altra residenza per motivi di assistenza o di diversa esigenza di conforto abitativo (l’abitazione ipotecata con eccessive spese condominiali, è divenuta troppo grande per l’uscita di casa dei figli, non è più adeguata per assenza di ascensore e così via), ma non la potranno lasciare se non sono nelle condizioni economiche di poter estinguere anzitempo il mutuo. Occorre quindi, prima di decidere di avviare questo tipo di mutuo, fare una profonda riflessione circa le problematiche sopra esposte. Alla luce di questo colloquio ci sembra di cogliere che, anche per la nuova legge varata di recente, gli spazi operativi siano veramente minimali. Purtroppo sì; a mio avviso anche la nuova legge, così come articolata, consentirà ancora di concedere modestissime erogazioni di mutui PVI, lasciando spesso molti anziani ancora in difficoltà finanziarie il che significa disattendere il vero spirito della legge. Il rischio reale è che, se non ci sarà il giusto impulso al PVI per i motivi accennati, molti malcapitati anziani diverranno vittima di speculatori disinvolti e “specializzati” nel far sottoscrivere impegni incondizionati di vendita della nuda proprietà, a condizioni iugulatorie per chi vende in stato di naturale debolezza e, spesso, all’insaputa degli eredi i quali si vedono, senza volerlo, persa definitivamente la proprietà. Non ultimo non consentirà di porre in circolo, come avrebbe potuto essere, una massa di liquidità monetaria utile a incrementare i consumi e quindi anche a contribuire, in qualche modo, ad attutire la crisi che da troppo tempo ci attanaglia. Si poteva fare meglio? Credo che dovremo purtroppo paventare di considerare forse ancora persa un’ulteriore grande opportunità anche perché sono assai convinto che si poteva elaborare un nuovo articolato legislativo rispondente alle reali esigenze di tutte le parti coinvolte. Bastava, a mio modesto parere, mettere in campo soluzioni decisamente innovative, concretamente realizzabili e ben accette da tutte le pari in causa partendo, ovviamente, sempre dalle motivazioni concrete per le quali la precedente legge non ha funzionato. Concludendo, mi pare di poter prevedere che forse questo prodotto potrebbe ancora apparire di modesto interesse agli addetti ai lavori se non per il recupero di qualche posizione… ma questo è tutto un altro discorso.