Schede film discussi insieme 2010
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Schede film discussi insieme 2010
24 Segreti di famiglia Segreti regia FranciS Ford coPPola sceneggiatura FranciS Ford coPPola fotografia Mihai MlaiMarE Jr. montaggio WalTEr MUrch musica oSvaldo GoliJov interpreti vincEnT Gallo, MariBEl vErdù, KlaUS Maria BrandaUEr, carMEn MaUra, aldEn EhrEnrEich FrANCIS ForD CoPPoLA 07.04.1939 - Detroit (USA) 2009 2007 2001 1997 1996 1992 1990 1998 1987 1986 Segreti di famiglia Un’altra giovinezza apocalypse now redux l’uomo della pioggia Jack dracula il padrino - parte iii Tucker, un uomo e il suo sogno Giardini di pietra Peggy Sue si è sposata nazione USa, arGEnTina, SPaGna durata 127’ 1984 1983 1983 1982 1979 1974 1974 1972 1969 1968 1967 1963 1962 cotton club rusty il selvaggio i ragazzi della 56 strada Un sogno lungo un giorno apocalypse now il padrino - parte ii la conversazione il padrino non torno a casa stasera Sulle ali dell’arcobaleno Buttati Bernardo! Terrore alla tredicesima ora Tonight for Sure Segreti di famiglia 205 La storia Il quasi diciottenne Bennie (Alden Ehrenreich) va a cercare a Buenos Aires il fratello maggiore Angelo (Vincent Gallo) che non vede da oltre 10 anni. Il fratello (i due sono figli di due madri diverse) è stato in manicomio e ha rotto i ponti con la famiglia, infatti si fa chiamare Tetro (abbreviazione del cognome Tetrocini), a causa di un difficile rapporto rapporto con il padre (Klaus Maria Brandauer) direttore d’orchestra di fama mondiale. Tetro vive con Miranda (Maribel Verdú) nel quartiere della Boca e lavora in un piccolo teatro facendo il tecnico delle luci, concede a Bennie di restare solo pochi giorni, il tempo necessario per le riparazioni della nave da crociera in panne sulla quale lavora come cameriere. Nonostante prima di fuggire via avesse lasciato una lettera al fratello minore dove prometteva che un giorno sarebbe tornato per portarlo via e prendersi cura di lui, Tetro non vuole più avere rapporti con la sua famiglia. Un giorno Bennie trova degli scritti di Tetro e, essendo cresciuto nel mito del fratello maggiore e delle sue doti letterarie, decide di trascriverli dato che egli non intende che vengano pubblicati. Quando Tetro lo scopre si infuria, ma Bennie reclama che quella è anche la sua storia e decide di realizzarne una rappresentazione teatrale. Tutto questo contringerà il protagonista a confrontarsi con le ragioni della sua fuga, fino a svelare a Bennie il pesante segreto che si porta dietro da anni. La critica Sempre più lontano da Hollywood (dopo la Romania di “Un’altra giovinezza”, adesso è la volta dell’ Argentina), Coppola si può permettere scelte estetiche controcorrente – filmare in bianco e nero – e scelte narrative personali. Che in questo caso significano firmare la sceneggiatura da solo, senza nemmeno un romanzo come traccia iniziale (come era stato spesso in passato). Confermandosi però più grande come regista che come sceneggiatore. Il film inizia con l’improvviso arrivo del non ancora 18enne Bennie a Buenos Aires, dove si è volontariamente esiliato il fratello maggiore Angelo, fuggito da un padre troppo invadente. Cresciuto nel mito del primogenito, di 206 FILM Segreti DISCUSSI di famiglia INSIEME cui aveva sentito decantare le qualità letterarie, Bennie non solo distrugge in pochi giorni la calma apparente della sua vita ma lo costringe a confrontarsi con le ragioni della sua fuga e dell’ abbandono di qualsiasi ambizione di scrittura, portandolo alla fine a svelare i tanti «segreti di famiglia» nascosti. Balzano subito all’occhio la continuità tematica con l’opera precedente di Coppola, con le tragedie che dilaniavano le sue famiglie cinematografiche e mettevano i figli contro i padri: è la parte più bella e convincente del film, sorretta da un bianco e nero magistrale (del romeno Mihai Malamaire jr) e da un gioco tra presente e passato che sfrutta al meglio le qualità dell’ellissi. Ma quando alla fine la «soluzione» dei drammi di famiglia passa attraverso le ambizioni letterarie dei due fratelli (con Bennie che trova la forza per portare a termine la pièce incompiuta di Angel) e la partecipazione a un premio letterario in Patagonia, vien da rimpiangere il Coppola che scriveva i film partendo da Conrad o Grisham. E che la macchina produttiva di Hollywood obbligava a un rispetto delle «regole» spettacolari e narrative tutt’altro che corrive o pretestuose. Paolo Mereghetti, il corriere della Sera, 19 novembre 2009 Che gioia il nuovo film di Francis Ford Coppola “Segreti di famiglia”, in anteprima al Festival di Torino il 18 novembre e dal 20 in sala con Bim. Dopo il deludente “Youth without Youth”, torna regista-Padrino, ci illumina con un fascinoso bianco e nero stile Nouvelle Vague, e si (ri)trova fresco, ottimista e vitale come nel saggio di diploma di un grande talento. Utilizzando all’inverso il colore-saturo-per i flashback, Coppola e il suo notevole direttore della fotografia Mihai Malaimare ci regalano uno straordinario crash automobilistico, che evoca potenzialità, se solo Francis volesse, da mago dell’action-movie, alla faccia dei registi ipervitaminizzati della “New Hollywood” contemporanea. Poi, c’è la storia, in cui complessi edipici e riflessi autobiografici la fanno da padrone, con un figlio artista (Vincent Gallo, bravo) costretto ad andarsene perché il padre (Klaus Maria Brandauer), egocentrico direttore d’orchestra, decide che in famiglia c’è spazio per un solo genio. Girato nella Boca di Buenos Aires, nel cast Maribel Verdù e l’esordiente Alden Ehrenreich, un melodramma totalizzante, famelico (da Godard e WelIes fino a Powell e Pressburger), colto e indipendente. Baciamo le mani. Federico Pontiggia, il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2009 Il cinema? Sono affari di famiglia. Francis Ford Coppola, spaparanzato su una poltrona rosso fuoco dopo la proiezione di Tetro, in apertura della Quinzaine 2009, sembra proprio un sacro Buddha con attorno moglie Eleanor, figlio Roman e attori silenziosi (Maribel Verdù e Alden Ehrenreich) in adorazione. Ancora fiammeggiano alle sue spalle le immagini del suo ventiseiesimo lungometraggio. Una tragedia ancestrale che affonda le radici nel conflitto edipico tra padre e figlio, un vibrante riverbero di uno squilibrio familiare vissuto dal clan dei Tetrolini. Carlo (Klaus Maria Brandauer), il vecchio capofamiglia, disumano e cinico, pomposo sciupafemmine dei figli, prestigioso direttore d’orchestra, si è trasferito da anni con la famiglia da Buenos Aires a New York. Ed è proprio nella capitale argentina, in un barrio sgangheratamente glamour, che il diciassettenne Bennie (il giovane Ehrenreich scoperto da Coppola a un provino mentre il ragazzo leggeva stralci de “Il giovane Holden”) va alla ricerca del fratello Angelo (il solito febbrile e cristologico Vincent Gallo) scomparso da più di un decennio. Lì lo ritrova con un gambone ingessato e un’affascinante moglie premurosa (Verdù) che gli prepara il caffè e gli rimbocca le coperte. Bennie cerca il fratello che non ha in pratica mai visto, un tassello di vita passata schizzato chissà dove, per via di un incidente d’auto. Angelo guidava e mamma Tetrolini, invidiabile soprano d’opera, ci era rimasta secca. Le fratture genitoriali si sommano in un sanguinante puzzle dell’anima. La psiche di Angelo si sfalda in mille pezzi. Unico rimedio per rattoppare l’impossibile: girovagare nelle terre d’infanzia con in mano l’unica copia di un romanzo scritto a biro dove si racchiudono i segreti di famiglia. Angelo diventa Tetro, abbonda nelle x quando cita alcuni personaggi nella narrazione romanzata, per una storia che si legge solo al contrario, accostando uno specchietto di fianco ai fogli vergati a mano. Tra le pagine dello scritto di Tetro c’è la possibile soluzione del dramma. Ma l’acuto operistico che fa esplodere i cristalli dell’anima arriva in sottofinale, senza che nessuno se lo aspetti. Noi non lo sveliamo, ma l’impasto drammaturgico coppoliano riserva sorprese in abbondanza, raddoppiando paternità e prole, aumentando e ricollocando tutti i caratteri in scena. Un obiettivo, quello del controllo totale della propria opera, perseguito con calma dopo anni di lavori su commissione. Era da tanto che non si leggeva nei titoli di testa (magnificamente trasversali, in un trip alla Saul Bass) scritto, prodotto e diretto da Francis Ford Coppola. Infatti, “Tetro” è un film formalmente sperimentale: un bianco e nero illuminato da tondi fanali, lunghi neon e filamentose lampadine; flashback colorati fino alla saturazione, impregnati di tinte forti alla Powell e Pressburger. Coppola, con pochissimi mezzi a sua disposizione, non è mai stato così sicuro del proprio sguardo e così emotivamente evocativo. Davide Turrini, liberazione, 15 maggio 2009 “Segreti di famiglia” di Francis Ford Coppola racconta le dinamiche malate tra due fratelli e il peso dei legami tra il padre e lo zio. Ma il film non decolla, per eccesso di emozioni. Attirata dalla luce, una falena urta contro l’incandescenza di una lampada: lo fa una prima volta, una seconda, e poi ancora e ancora. In un bianco e nero che quasi non conosce grigi, così inizia “Segreti di famiglia” (“Tetro”, Usa, 2009, 127’). Con un’eguale, disorientata ostinazione vivono Angelo (Vincent Gallo) – che ha mutato il nome in Tetro, abbreviazione del cognome Tetrocini – e il fratello molto più giovane Bennie (Alden Ehrenreich). Quando inizia il film scritto, diretto e prodotto da Francis Ford Coppola, nella vita dei due subito si intuisce una ferita, lontana e dolorante. Qualcosa li attira e li brucia, come la luce attira e brucia la falena: qualcosa che riguarda loro, e che riguarda anche Coppola. Della storia che racconto, ama dire il maestro settantenne, «niente è accaduto, ma tutto è vero». E certo intende riferirsi a un «tutto» autobiografico, nel quale a lui tocca, almeno in parte, un ruolo molto vicino a quello di Tetro. Come il suo personaggio ha un padre e uno zio musicisti, così li ha avuti Coppola. Come quello ha un figlio che, sul suo esempio, vuole essere e riesce a essere scrittore, così sua figlia Sofia è autrice cinematografica. E poi, particolare non secondario,tutti e due sono immersi nell’universo forte e chiuso di una famiglia d’origini italiane. D’altra parte,una volta girato e montato, un film non può valere né per le intenzioni consapevoli del suo autore, né per un eventuale rispecchiamento della sua vita. O meglio, lo può solo a vantaggio di futuri esegeti, di filologi impegnati a ricostruire lo sfondo personale e familiare di una poetica. Per gli altri, ossia per lo spettatore e anche per il critico, quello che conta Segreti di famiglia 207 è l’opera in sé, con la sua capacità di universalizzarsi o, al contrario, con la sua incapacità. Torniamo dunque a Tetro, fuggito da New York e dal padre, e ora nascosto nella Boca, il quartiere genovese di Buenos Aires.E genovese d’Argentina è la famiglia Tetrocini, il cui patriarca è Carl ( Klaus Maria Brandauer), musicista geniale e di grande fama. Del padre sta scrivendo da anni Tetro: del suo rapporto con il fratello meno bravo e meno famoso Alfie (lo stesso Brandauer, ma invecchiato da una barba disordinata), e della sua incapacità di amare altri che se stesso. Quando Bennie lo raggiunge a Buenos Aires, tuttavia, della sua opera non sembra esserci traccia. Solo per caso il fratello minore scopre una valigia piena di fogli scritti a mano, e resi illeggibili dall’uso di un codice segreto. Con fatica, e di nascosto, li decifra... Molti sono i fili di cui si intesse “Segreti di famiglia”. Basterebbe il raddoppiamento speculare di Carl in Alfie per suggerirci il principale. Sono simili, i due fratelli musicisti. Cioè, sono i due lati pericolosamente sovrapponibili d’un rapporto di rivalità. Sul primo c’è il vincente, sul secondo c’è il perdente. E tuttavia, il vincente non è così vincente da non “rivaleggiare” ancora con il perdente, magari solo con parole e giudizi inutilmente crudeli. Un altro rispecchiamento è quello fra Tetro e suo padre. Perché Tetro scrive, se non per “vincerne” la prepotenza, e magari raggiungere una fama che oscuri la sua? Tra i due c’è stato anche un conflitto più immediato e carnale: approfittando della propria fama, appunto, Carl ha rubato al figlio la sua donna. E ora, con Bennie che violenta il segreto di Tetro, e che addirittura pretende di portare a compimento il suo libro, un altro conflitto speculare tra fratelli minaccia d’aggiungersi (un po’ troppo annunciata, nella trama c’è poi una sorpresa). La sceneggiatura racconta tutto questo immergendolo in una sovrabbondanza di vicende e personaggi. Come un giovane agli esordi, e non come un maestro al culmine della sua opera, Coppola è incapace di dare forma e ordine narrativo a una storia troppo colma di emozioni. Allo stesso modo, è incapace di dare forma e ordine alla parte meno narrativa del suo film, quella che, con immagini più d’una volta splendide, indica l’esito poetico (e cinematografico) delle emozioni del suo protagonista. Con una serie di flashback e di flashforwards non più in bianco e nero, ma a colori, Tetro rivive e trasfigura il conflitto con il padre. Lo fa ricorrendo alla musica, in 208 Segreti di famiglia particolare al melodramma, e alla danza (con una grande ricostruzione di frammenti della Coppelia che, nel 1870, Arthur Saint Léon e Léo Delibes trassero da un racconto di T.A. Hoffmann). E tuttavia dalla bellezza dei singoli inserti non viene quella del film. In fondo, sembra che Coppola sia egli stesso una falena ostinata e disorientata, troppo ostinata e troppo disorientata per non bruciarsi con l’incandescenza della propria urgenza espressiva. Roberto Escobar, il Sole-24 ore, 29 novembre 2009 I commenti del pubblico da PrEMio G. ALbErtA zANUSo Fin dalle prime inquadrature si ha la sensazione di trovarsi davanti al “grande cinema”. Innanzitutto per la fotografia ammaliante, sia per l’incisività delle immagini sia per l’alternanza del bianco e nero e del colore che, rispettivamente, distinguono il presente e il passato. Questo fatto intensifica le emozioni e sottolinea le vicende del soggetto. Gli attori: Brandauer in una breve ma impeccabile parte interpreta la figura del padre carismatico e affascinante direttore d’orchestra, egli riempie la scena con la sua irruente e ingombrante personalità. Il viso del figlio Angelo interpretato da Vincent Gallo, ha una tale dolente intensità da rendere indimenticabile un personaggio su cui pare essersi riversata tutta l’infelicità del mondo. Il giovane Bennie, novello Di Caprio, tratteggia con più che promettente maestria la speranza e il candore della giovinezza alle prese con le avversità della vita. Infine la regia e la sceneggiatura sicure e accattivanti ci coinvolgono dal primo momento all’ultimo, facendoci conoscere una Buenos Aires inedita in cui sembra si possa prendere effettivamente le distanze dai dolori e i guai di una famiglia gravata da segreti inconfessabili. oTTiMo ALESSANDrA CASNAGHI “Sappi che in questo momento la mia luce è la verità”. Bennie è alla disperata ricerca del proprio passato, suo fratello Tetro vive cercando di dimenticarlo. Questo, scritto e di- retto da Coppola, è un film ricco (forse troppo) di chiavi interpretative e di rimandi, denso di complessità e di problematiche psicologiche. La verità può far più male della menzogna, ma è difficile riuscire a ignorarla. Film colto, emozionante, pragmatico e a tratti onirico. LUISA ALbErINI Quasi cinquant’anni dopo il suo primo film, a settant’anni compiuti Francis Ford Coppola firma un’opera, scritta, sceneggiata e diretta in prima persona. Quando succede che il regista prende completamente in mano il suo film non è soltanto una storia che racconta, ma innanzitutto una meditazione su se stesso. Può persino accadere che la storia non gli appartenga completamente, che il soggetto della narrazione non sia riconducibile alla sua vicenda personale: ma l’una e l’altro lo diventano perché fanno parte del suo linguaggio, della sua riflessione, del suo modo di tradurre nel proprio lavoro anni di studio e di passione cinematografica. “Segreti di famiglia” è una specie di puzzle che intreccia grandi successi e passaggi inediti, saghe familiari e storie di silenzio, tragedia e malattia. E che trova nella scelta di una fotografia, così poco riferibile al presente, il mezzo per dare ai fatti quella trasparenza che non è mai così assoluta se non attraverso il filtro dell’intelligenza. BUono CArLo MAGGIoNI Bel film con finale a sorpresa. CArLo CHIESA Il film ci ha fatto ricordare (o rivalutare) la tecnica del bianco e nero. Bravo il regista. PIErANGELA CHIESA Nessun titolo avrebbe potuto essere più calzante di questo per il film di Coppola. Nella storia di segreti ce ne sono tanti. Da quello finale, inatteso, che conclude in modo forse un po’ troppo soft il film, alla fuga di Angelo-Tetro da se stesso prima ancora che dal padre, sconvolto per aver causato la morte della madre, allo strano rapporto fra i vari membri della famiglia. E ogni vicenda diventa ancora più cupa, angosciante perché raccontata magistralmente in bianco e nero, contrapposto, nei momenti dei ricordi più crudeli, al colore, sempre, però, sgranato, privo di contorni netti. È di grande effetto il gioco delle luci, dalla lampada iniziale, ai fari delle auto nel finale. Anche se un po’ troppo lungo ed eccessivo, il film è ben recitato, ha un ottimo sottofondo musicale, una bella fotografia e una buona sceneggiatura. GIULIo KoCH Coppola con “Segreti di Famiglia” fa vedere tutte le sue capacità come regista, ma anche tante manchevolezze come sceneggiatore. La pellicola infatti colpisce per il sapiente uso delle tecniche fotografiche e di montaggio, ma langue sotto il profilo dei luoghi che, evidentemente, non interessano il regista (si pensi agli squarci, che rimangono spezzoni solamente, dei bellissimi paesaggi della Patagonia). Gli interni sono sciatti, ed evidentemente sono intesi servire solo di contorno agli attori. Esempio ne è la scena dell’incidente d’auto, che Coppola chiaramente considera funzionale alla storia per il suo effetto devastante sulla psiche di Angelo, e non per la sua potenziale bellezza fotografica. I dialoghi sono calibrati e intensi ma solo saltuariamente. Gli attori sono molto bravi tutti, anche se Vincent Gallo sembra un po’ Clint Eastwood dei western all’italiana: è caratterizzato da una sola espressione per oltre il 90% della pellicola. La storia è chiaramente figlia di un disegno complesso come piace a Coppola: stona, a mio parere, il colpo di scena finale che si accompagna alla scena del salvataggio di Ben da parte di Tetro che risulta poco credibile, per nulla commovente e fuori posto nell’economia del film. Molto bella invece la locandina, molto bello l’uso della luce in sovraesposizione che acceca, come tentazione di evadere dalla realtà. In sostanza (e scusate il gioco di parole) un film con tante luci, ma con altrettante ombre. diScrETo CArLA CASALINI Un film “troppo”. Troppo lungo, troppo... complesso, troppa carne al fuoco per cucinare uno psicodrammone familiare da cinema americano di qualche decennio fa, di cui del resto Coppola è erede diretto e prediletto. Con l’abbraccio finale tra i due protagonisti, venuti a capo dei “segreti di famiglia”, che è una conclusione approssimativa e liberatoria come la soluzione di un quiz. Una storia tutto sommato poco convincente, tradotta però in immagini bellissime, sia in bianco/nero sia a colori. Tra queste ultime, davvero straordinarie le due sequenze di favola-balletto. Segreti di famiglia 209 GIUSEPPE bASILE Discontinuo questo film in cui Coppola ha voluto mettere troppa carne al fuoco. Da un lato uno splendido bianco e nero anni ‘40 e bellissimi flash-back a colori, bravi attori e un’ottima fotografia, dall’altro una vicenda arzigogolata e prevedibile, personaggi poco credibili (alcuni delle vere macchiette) tranne la compagna del protagonista, unica vera figura di tutto il film. La storia avrebbe potuto concludersi molto più dignitosamente senza quella assurda parte conclusiva con la serata del festival e il melodrammatico finale, roba da pochade. Nemmeno la rivelazione che i due fratelli sono in realtà padre e figlio suscita emozioni, ma conferma semplicemente quanto si era già intuito. Efficaci le fulminee scene degli incidenti che fanno sobbalzare sulla sedia. Si vede un gran mestiere, ma il film non convince. PIErFrANCo StEFFENINI Storia di geni realizzati e perversi e di loro epigoni repressi e autoemarginati, il film ci presenta una famiglia caratterizzata da contrasti estremi, non si sa quanto basata su esperienze personali dell’autore. Prescindendo da velleitari giudizi in chiave psicanalitica e valutando il film come prodotto finito (ossia per l’impatto che esso ha esercitato su di me spettatore) direi che “Segreti di famiglia” è costituito da una prima parte in cui si delineano i vari caratteri, che risulta interessante in quanto incuriosisce circa i possibili sviluppi e genera interrogativi sul possibile svelamento dei segreti. Malauguratamente, il seguito e la conclusione della vicenda tradiscono le attese, scadendo in risvolti fumettistici. Mentre regia e, soprattutto, fotografia sono apprezzabili, appare carente la sceneggiatura. È certamente un film d’autore, nel senso che in esso si profilano in sottotraccia la personalità e le esperienze di vita di chi l’ha fatto. Non mi è parso particolarmente complesso. Piuttosto è da vedere se coinvolge emotivamente e/o intellettualmente chi vi assiste. 210 Segreti di famiglia