la clinica della concertazione

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la clinica della concertazione
La Clinica della Concertazione:
una nuova modalità di lavoro in rete
con le famiglie in disagio multiplo?
Ministero della Giustizia
U.S.S.M. Torino
Corso di riqualificazione area C
Candidata: Assistente Sociale Mariateresa Premoli
La Clinica della Concertazione:
una nuova modalita’ di lavoro in rete con
le famiglie in disagio multiplo?
“Noi siamo spesso sconcertati dagli interventi frantumanti che gli esperti della salute e dell’aiuto
propongono o impongono ai diversi membri delle famiglie che soffrono di disagi multipli. Conformandoci alla
volontà delle famiglie di riunirci in un quadro clinico, siamo stati spesso sorpresi dal contrasto fra, da un lato
la debolezza di queste famiglie, dovuta all’ampiezza dei bisogni insoddisfatti e dall’altro il loro potere di
“mettere in ballo” un gran numero di esperti e di istituzioni.
Questo potere ci appare come una vera e propria risorsa residuale che non dovrebbe essere trascurata con il
pretesto di preservare un quadro di consultazione clinica classica. Questo nuovo quadro clinico ( La Clinica
della Concertazione) serve da rivelatore di un dispositivo terapeutico che si rivolge al collettivo (alle
negoziazioni) e che favorisce delle relazioni umane (famigliari, professionali e pubbliche) maggiormente
degne di fiducia; genera una confidenzialità legittimata e ricostruisce le identità. E’ stato sviluppato in domini
molto diversi come la salute dei giovani o l’aiuto umanitario alle comunità vittime di epurazione etnica ( ex
1
Jugoslavia, Kosovo, Algeria).”
1
da “Gli interventi sconcertanti” di Jean-Marie Lemaire, articolo pubblicato su: Cahiers critiques de thérapie familiale
et de pratiques de réseaux
2
1. Introduzione
Ho sentito nominare la Clinica della Concertazione per la prima volta
nell’aprile 2000, mentre lavoravo presso il Centro Servizio Sociale per Adulti di
Torino. Nell’ambito del progetto INTEGRA era stato invitato a Torino il dr. Jean
Marie Lemaire dell’Institut Liegeois de Thérapie Familiale, medico e psichiatra
che ha messo a punto una metodologia di intervento nelle situazioni di disagio
critico denominato “la clinica della concertazione”, che era in corso di
sperimentazione nella regione di Parigi, in Belgio, Algeria, Kosovo, Bosnia,
Croazia ed Albania.
La metodologia e il sistema di approccio ai problemi ha interessato gli
operatori che hanno assistito alla presentazione, per cui l’Assessorato alle
Politiche Sociali della Regione Piemonte ha finanziato nell’anno 2000/2001 un
progetto presentato dal Centro di Formazione Professionale Piemontese in
collaborazione con il dott. Lemaire che prevedeva una formazione degli
operatori dei G.O.L. (Gruppo Operativo Locale, composto da operatori di enti ed
istituzioni
territoriali,
dell’amministrazione
penitenziaria,
di
formazione
professionale, …, che si occupa degli inserimenti lavorativi di detenuti ed ex
detenuti) e un intervento per la trattazione di casi concreti in due ambiti
territoriali (Torino ed Alessandria).
Tale metodologia ha catturato da subito anche il mio interesse, per le
potenzialità intraviste quale “facilitatore” dei rapporti tra operatori diversi
coinvolti professionalmente sulle medesime situazioni di persone o nuclei
familiari in difficoltà. Finora nella mia esperienza lavorativa (sia nel servizio
socio-assistenziale territoriale che nei servizi sociali della giustizia per adulti e
minorenni) ho avuto modo di sperimentare quali difficoltà possono nascere
nell’ambito del lavoro di équipe per riuscire ad “accordarsi” tra operatori e con la
famiglia in disagio sulla lettura della situazione e sugli interventi da attivare. Tali
difficoltà aumentano proporzionalmente all’aumentare della complessità delle
situazioni; pertanto le situazioni di disagio multiplo sono quelle che interrogano
maggiormente i professionisti sia come singoli che come équipe di lavoro. Tali
situazioni sono quelle che richiedono un coinvolgimento di più servizi afferenti
ad Istituzioni diverse, cioè un’attivazione della RETE DEI SERVIZI che deve
trovare opportune modalità di una maggiore connessione, in quanto il solo
coordinamento non è sufficiente per rispondere alle sollecitazioni del sociale.
Il lavoro nell’ambito dei Servizi della Giustizia Minorile richiede
sicuramente agli operatori conoscenze e capacità di lavorare in rete, per poter
intervenire in modo efficace con gli utenti dei nostri servizi, trattandosi di minori
che, attraverso la commissione di reati, manifestano una situazione di disagio
che è anche espressione del loro contesto di vita.
2. Disagi multipli e vitali – Le risorse residuali.
Avendo avuto la possibilità di partecipare ad alcuni incontri di “clinica
della concertazione” a Torino, ho avuto modo di verificare che tale metodologia
non costituisce solo uno strumento per facilitare i rapporti, ma propone un
cambiamento di ottica con cui guardare alle situazioni. Ritengo utile a tale
proposito proporre un brano dell’articolo “Gli interventi sconcertanti” di JeanMarie Lemaire, ove viene presentata una situazione di una famiglia in disagio
multiplo e l’ottica di ricerca delle risorse residuali.
<<“E’ sconcertante!” dice la signora Cambier2 infermiera del
Servizio Scolastico Sanitario della provincia di Brabant Wallon.
Professionista dell’aiuto e della cura, segnala la perturbazione che
provoca in lei un “dettaglio” nella descrizione di un disagio familiare
grave e multiplo.
Un dettaglio l’ha portata fuori dai percorsi già battuti.
Il contesto nel quale analizziamo questa situazione le permette
di manifestare sconcerto e sorpresa. Le persone che vivono insieme
sono: una madre, le sue due figlie dell’età di 22 e 19 anni, suo figlio
dell’ età di 14 anni e il compagno della madre. I comportamenti
2
Nelle pratiche che stiamo per descrivere, evitiamo sempre, quando ciò è possibile, di utilizzare
l’anonimato. Queste pratiche sono ancor più rinforzate dalla trasmissione orale e scritta. Conviene essere
particolarmente attenti ai meriti di coloro che espongono le loro pratiche e si espongono attraverso queste
ultime.
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perturbanti del figlio hanno attirato l’attenzione degli insegnanti e dei
lavoratori psico-sociali vicini alla scuola. Un collettivo di lavoratori e
istituzioni si è organizzato e propone alla famiglia aiuto, protezione e
sorveglianza.
In occasione delle inquietudini suscitate dai comportamenti del
figlio, la rete delle persone che vivono insieme e quella delle persone
che lavorano insieme si sono connesse: una concertazione clinica si è
costituita.
Si apprende che dei contatti violenti hanno avuto luogo fra il figlio
ed il suo patrigno, si apprende che la madre, poco istruita, è cresciuta
inserita in istituzioni e ha beneficiato solo di poche attenzioni da parte
dei suoi genitori. Si apprende che il patrigno abusa dell’alcool e si
mostra violento con la madre dei ragazzi, che molesta sessualmente
le due ragazze. Si apprende che a diverse riprese, la figlia maggiore
ha protetto sua sorella dall’insistenza brutale del patrigno. Si apprende
che la famiglia incontra notevoli difficoltà economiche, ma si apprende
anche che la figlia maggiore prosegue con successo gli studi
d’assistente sociale. Non è sconcertante che in un paesaggio di
sconcerto, questa ragazza continui la sua strada e lo faccia con
successo? Curiosa deviazione di percorso quella che ci incita a
seguirla.
E’ in questi termini che la signora Cambier manifesta
dell’interesse per questo dettaglio e ci invita a condividerlo quel
venerdì mattina, nel quadro di una seduta clinica di concertazione a
Tubize. Noi accordiamo la più grande considerazione a questo
dettaglio ed al modo in cui è rilevato: al dettaglio stesso perché ci
mette sulla pista delle risorse residuali, laddove tutto ci invita a
diagnosticare dei deficit, delle disfunzioni e delle patologie; al
modo in cui è stato rilevato, vale a dire, l’articolazione birichina e
spontanea che un’esperta dell’aiuto e della cura sufficientemente
disponibile da lasciarsi sorprendere e dal condividere la sua sorpresa
opera. Noi partecipiamo, la signora Cambier ed io, alla “clinica della
concertazione” di Tubize. Io ne sono l’animatore………
5
……….Lo sconcerto della sig.ra Cambier segnala la difficile acrobazia
dell’esperto dell’aiuto e della cura che inverte primo piano e sfondo.
La diagnosi delle risorse passa in primo piano, quella dei deficit,
delle disfunzioni, delle patologie sullo sfondo. Quest’ultimo non è
né trascurato né annullato, è sospeso ( come lo sarebbe una riunione
che sarà sicuramente ripresa) fino a quando una base di risorse non
sia costituita e permetta di affrontare carenze, disagi e sofferenza. Al
fine di segnalare esplicitamente che né carenze né disagi né
sofferenze saranno trascurati, usiamo il termine risorse residuali,
“residuali” perché la maggior parte delle volte questi si iscrivono su
uno sfondo impressionante di carenze, disagi e sofferenze. Gli
interventi “sconcertanti”, al contrario dell’acrobazia proposta dalla
sig.ra Cambier, sono quelli che lasciano in primo piano la diagnosi
delle patologie non prestando alcuna attenzione allo sfondo: le risorse
residuali.>>
Ho scelto di presentare questo brano perché mi pare esemplificativo di quello
che si intende per risorse residuali in una situazione di disagio multiplo. Le
risorse residuali sono da ricercarsi nei legami tra le persone, sono dei particolari
che a prima vista potrebbero sembrare insignificanti, ma che, se si opera un
ribaltamento dei piani provando a lasciare sullo sfondo i disagi multipli,
colpiscono l’operatore creando sconcerto, incredulità per la loro presenza in
una situazione che sembra totalmente compromessa. Sconcerto e incredulità
sono stati d’animo con una valenza positiva per un operatore sociale, in quanto
pongono interrogativi che mettono in discussione il punto di vista dell’operatore,
sollecitano una riflessione comune, ma anche perché indicano una direzione
verso cui orientare tale riflessione e aprono la porta a “possibilità” e
“cambiamenti possibili”.
E’ proprio con le persone in situazione di disagio multiplo che occorre una
maggiore collaborazione tra operatori e servizi che intervengono, anche se,
partendo da un altro punto di vista, si può dire che sono le persone in situazione
di disagio multiplo a convocare gli operatori e i servizi ad un lavoro in accordo.
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E’ un ulteriore ribaltamento, importante per gli operatori, quello di provare a
passare dall’idea del “fare” a quella del “far fare”, accettare che siamo coinvolti
dal disagio, dalle famiglie in disagi multipli, perché ci permette di rilevare la
“forza convocatrice” della famiglia, una autentica risorsa residuale. La famiglia
che interpella servizi multipli - attraverso bisogni multipli - è allo stesso tempo
un luogo indebolito da questi disagi multipli, ma spesso anche una forza che
propone/richiede un’altra modalità di coordinamento della rete interpellata.
Partendo da tale ottica, si rileva l’importanza di riconoscere questa forza
residuale delle famiglie in disagio multiplo, conferirle il giusto valore tramite il
riconoscimento della necessità di lavorare in concertazione tra servizi, ma
soprattutto non contrastarla a rischio di indebolire ulteriormente una situazione
già compromessa.
Secondo Lemaire “l’intervento sconcertante è quello che, focalizzato su un
individuo, sulle sue debolezze, non ricerca le risorse residuali nei legami
significativi esistenti fra le persone che vivono insieme. Il settore del sostegno
alla gioventù è un campo in cui si rivelano le conseguenze degli interventi
sconcertanti indirizzati alle generazioni adulte. La maggior parte delle volte,
questi interventi si sono ripetuti, poi esauriti. Gli adulti vivono delle situazioni di
precarietà cronica, beneficiano di un’assistenza minima, sono esclusi dai circuiti
della cura che hanno esaurito ed è la generazione seguente che interpella dei
servizi di sostegno alla gioventù dopo aver la maggior parte delle volte creato
inquietudine nell’ambito scolastico.”3
Credo che le riflessioni descritte in tale brano, derivanti da uno studio di
una équipe di lavoro belga sugli interventi istituzionali rivolti alle famiglie e ai
minori in anni precedenti, potrebbero facilmente essere il frutto di un eventuale
studio analogo svolto nella realtà italiana.
3
da “Gli interventi sconcertanti” di Jean-Marie Lemaire, articolo pubblicato su: Cahiers critiques de
thérapie familiale et de pratiques de réseaux
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3. LA CLINICA DELLA CONCERTAZIONE
La Clinica della Concertazione inaugura un dispositivo terapeutico
collettivo
che
incoraggia
relazioni
umane
più
affidabili
(famigliari,
intraprofessionali, addirittura pubbliche), ove per terapeutico si intende la
definizione di Boszormenyi-Nagy “L’essenza della terapia e di qualsiasi
rapporto umano è la capacità di impegnarsi e avere fiducia.”4. Mette in contatto
persone che vivono insieme disagi multipli e vitali ed esperti dell’aiuto e della
cura, direttamente o potenzialmente coinvolti. Il dispositivo mette in scena le
controversie che riguardano il legame sociale, e, di conseguenza, favorisce un
dibattito contraddittorio alla ricerca del giusto o, più modestamente, del meno
ingiusto in seno ai collettivi territoriali di esperti dell’aiuto e della cura. Si attiva
un “Laboratorio di etica comunicazionale applicata” in cui si inventano
nuove opzioni per le pratiche psico-sociali, fra cui le terapie di rete. Si tratta di
individuare come si articolano i conflitti di interessi intrafamiliari e i conflitti di
potere o di competenza fra esperti ed Istituzioni, poi di lavorare alla
ricomposizione degli uni appoggiandosi agli altri. Trova riferimenti principali
nell’approccio contestuale che considera l’etica relazionale come dimensione
inevitabile della relazione, ed è sviluppata da Boszormenyi-Nagy (1984 – 1986)
e nei lavori sui gruppi di Bion (1961).
Le diverse finalità possono essere così riassunte:
•
Rispondere alle domande delle famiglie in situazione di disagio
multiplo.
4
Da
Boszormenyi-Nagy I., Spark G.M. Lealtà invisibili, Roma, Astrolabio, 1988
8
•
Partire dalle risorse umane e relazionali ancora disponibili per
migliorare le situazioni critiche con una pratica e una politica di
partnership.
•
Attivare le risorse degli utenti senza evitare le controversie.
•
Studiare e far progredire le pratiche psico–sociali da una parte, e
proporre un dispositivo terapeutico nuovo specificatamente adattato alle
situazioni di disagio multiplo dall’altra.
•
Individuare e valorizzare l’articolazione degli esperti.
•
Focalizzare l’interesse sui dispositivi nei quali si incontrano le
persone che vivono insieme e le persone che lavorano insieme.
•
Focalizzare l’attenzione sulle pratiche quali sono e non quali
dovrebbero essere.
•
Analizzare
la
circolazione
delle
informazioni;
distinguere
l’informazione utile in un dibattito contraddittorio e produttivo.
•
Usare le terapie di rete.
In altre parole si tratta di costruire luoghi e modalità operative per la
“concertazione” tra i diversi esperti dell’aiuto, della cura e del controllo che
fanno capo alle diverse istituzioni pubbliche e private, partendo dalle risorse
umane e relazionali ancora disponibili (risorse residuali) degli utenti. Occorre
evidenziare che la concertazione5 è più della consultazione e del
coordinamento, in quanto si costruisce a poco a poco insieme alla famiglia. Il
coordinamento tra gli operatori e tra i servizi ne è il presupposto necessario, ma
non è identificabile con la concertazione. Compito della concertazione è
identificare i campi o spazi di sovrapposizione degli interventi dei singoli
professionisti, in quanto i disagi multipli convocano gli operatori a superare il
lavoro per compartimenti.
5
Dal latino certare “cercare di ottenere una decisione”, “dibattere” e il suo derivato concertare “duellare,
gareggiare” oppure concertare nel senso di “formare un progetto comune” – dizionario etimologico del
Francese – Jacqueline Picche Ed. Dizionari ROBERT – Parigi 1992.
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Le modalità operative per la pratica della Clinica sono le seguenti:
•
Gli incontri avvengono presso strutture pubbliche degli EE.LL. in
quanto luoghi dove si esercitano le pratiche democratiche;
•
Gli incontri non sono “processi” allargati, ma un laboratorio di etica
comunicazionale applicata, dove l’utente o gli utenti sono protagonisti
principali; infatti la frase con cui si invita l’utente a partecipare o lo si
accoglie è la seguente: “grazie di aver accettato di venirci incontro nel
nostro lavoro, di venire ad aiutarci a capire meglio dei campi del nostro
lavoro che conosciamo male, quelli in cui lavoriamo insieme”6;
•
L’interessato può venire all’incontro con tutte le persone che ritiene
siano utili e/o di fiducia;
•
L’incontro si svolge formando un cerchio tra tutti i partecipanti, e a
partire dagli operatori per finire con l’utente (o gli utenti) vi sarà una
presentazione personale dove ognuno sceglie il modo e i contenuti con
cui presentarsi;
•
Il
dibattito
si
svolge
con
operatori
direttamente
coinvolti,
potenzialmente coinvolti e non coinvolti rispetto al caso;
•
Si disegna un tipo di genogramma che evidenzia le relazioni e i
legami dentro la famiglia, tra gli operatori, tra la famiglia e la rete degli
operatori. Il disegno funziona come una mappa della rete (e delle reti), e
permette di rendere visibili i legami significativi, dove si trovano le risorse
residuali;
•
Si verbalizza tutto dell’incontro, ed una copia del verbale e del
disegno saranno dati e commentati con gli utenti coinvolti da parte
dell’operatore che ha presentato il caso. Nell’incontro successivo, la
prima parte sarà dedicata alla correzione del verbale.
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da “Gli interventi sconcertanti” di Jean-Marie Lemaire, articolo pubblicato su: Cahiers critiques de
thérapie familiale et de pratiques de réseaux
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Attualmente ho potuto partecipare ad una sola seduta di clinica della
concertazione con la presenza di una famiglia; pertanto sono ancora in grado di
fare solo poche valutazioni personali sull’incontro.
La mia preoccupazione iniziale di trovarsi in imbarazzo confrontandosi su
una situazione di disagio alla presenza della famiglia, è stata presto superata
durante la seduta. L’essersi esercitati in incontri precedenti a parlare delle
situazioni come se le persone fossero presenti, ci ha aiutato a lavorare
serenamente anche in quella situazione.
Da questo primo incontro ho potuto verificare come sia difficile per me
individuare le risorse residuali, e rendermi conto di quanto sono abituata a
concentrare l’attenzione sui problemi. Ritengo quindi che occorra un vero e
proprio esercizio per poter effettuare il ribaltamento dei piani necessario per la
ricerca delle risorse individuali.
Ho potuto verificare inoltre (nei vari incontri a cui ho partecipato) che cosa si
intende per “laboratorio di etica comunicazionale”, dove si dà l’importanza
massima alla comunicazione e alle sue modalità, sia quando avviene tra i
membri di una famiglia, sia tra questi e gli operatori, sia tra gli operatori. “Etica
comunicazionale” in quanto, solo una comunicazione corretta dal punto di vista
etico, permette l’instaurarsi di relazioni di fiducia a mano a mano che si procede
in una relazione di aiuto, di cura e di controllo, e può favorire l’efficacia, o la
valenza terapeutica dell’intervento.
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4. Conclusioni
La clinica della concertazione può essere considerata un lavoro clinico e,
nello stesso tempo, di formazione per aiutare i professionisti a lavorare insieme.
Di conseguenza ritengo che possa essere considerata più che una modalità
uno strumento del lavoro di rete che, aiutando gli operatori a concertare i propri
interventi insieme alle famiglie in situazione di disagio multiplo, può rendere gli
interventi più efficaci e, quindi, meno costosi.
La clinica della concertazione promuove l’attivazione della rete proponendo
un nuovo modo di porre in rete: si tratta non solo di mettere in connessione i
servizi, ma di metterli in connessione partendo dall’utente.
Ritengo importante in conclusione evidenziare brevemente che i concetti
teorici che sono alla base della clinica della concertazione, e che ho provato ad
illustrare, sono in linea con i concetti che sono alla base della legge quadro sul
sistema integrato di interventi e servizi sociali n° 322/2000.
In particolare il “Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001 –
2003” illustra le radici delle nuove politiche sociali evidenziando che:
“La realizzazione del sistema integrato di cui alla legge 328/2000
richiede l’avvio di un profondo cambiamento culturale nella società
intera.
La legge 328/2000 propone un sistema in cui:
•
Il cittadino non è solo utente,
•
Le famiglie non sono solo portatrici di bisogni,
•
La rete non si rivolge solo agli ultimi (o ai penultimi),
•
L’assistenza non è solo sostegno economico,
•
L’approccio non è solo riparatorio,
•
Il disagio non è solo economico,
•
Il sapere non è solo professionale,
•
Gli interventi sociali non sono opzionali.”
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Bibliografia.
•
BOSZORMENYI-NAGY I., SPARK G.M. Lealtà invisibili, Roma,
Astrolabio, 1988
•
CHAUVENET A., DESPRET V. & LEMAIRE J.M. : La clinique de la
reconstruction, une expérience avec les réfugiés d' ex- Yougoslavie,
L'Harmattan, Paris, 1996.
•
LEMAIRE J.M. « Gli interventi sconcertanti » articolo pubblicato su
Cahiers critiques de thérapie familiare et de pratique de réseaux, tradotto
da : Elisabetta Vittone del C.F.P.P. Casa di Carità – Onlus Torino corso
Trapani 29/D.
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