19-23 Ambiente

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19-23 Ambiente
L’AMBIENTE
RICICLARE
IL PVC: LIMITI ED
OPPORTUNITÀ
di Anna Crestana
ome molte altre materie plastiche, il polivinilcloruro fa prepotentemente parte della
nostra vita quotidiana. Infatti, ne possiamo
riscontrare l’utilizzo nei più svariati settori: la maggior parte delle sue applicazioni riguarda l’edilizia,
dalle tubature rigide o flessibili, ai profilati, ai serramenti, alle pavimentazioni; è usato nei cavi per
circuiti elettrici o telecomunicazioni, nei nastri
adesivi isolanti, in nastri trasportatori, in oggetti
per uso medico, dai blister per pastiglie ai tubicini
flessibili per flebo; è inoltre utilizzato per produrre
films per packaging, carte di credito, scarpe, giocattoli, carta da parati, contenitori per liquidi,
componenti per auto, articoli in similpelle ed innumerevoli altri prodotti.
Non stupisce quindi come il riciclo del PVC sia da
tempo oggetto di studio, controverso e quindi dettagliato, da parte di Istituzioni come la Comunità
Europea, associazioni di consumatori ed ambientaliste come Greenpeace, enti che si occupano del
controllo della salute pubblica, l’Environmental
Protection Agency americana, consorzi di industrie dei settori produttivi e di trasformatori.
L’interesse ad uno studio completo di questo
materiale ad uso ubiquitario riguarda naturalmente tutto il ciclo di vita del PVC ed è giustificato dalla
sua natura di polimero clorurato, dalla tipologia e
dalla quantità degli additivi di cui normalmente
necessita per acquisire proprietà utili dal punto di
vista tecnico e commerciale e, non ultimi, dai
rischi per la salute e l’ambiente connessi al suo
riciclo. Quest’ultimo si può rivelare difficoltoso, in
particolare a causa degli elevati costi di raccolta e
separazione da altri materiali: costi in genere non
giustificati dal competitivo prezzo del PVC vergine
e dalla minor qualità di quello riciclato.
Nel 2000 la Comunità Europea ha emesso un
documento su tale questione, il cosiddetto “LIBRO
VERDE sulle Problematiche Ambientali del PVC”:
si tratta di una serie di misure sia volontarie sia
mandatorie, aventi lo scopo di adottare una comune strategia per il PVC in merito al suo utilizzo, sviluppo e riciclo all’interno della Comunità Europea.
Il documento è stato stilato sulla base dei risultati
degli studi tecnici proposti dall’UE, che hanno
approfondito i diversi aspetti del ciclo di vita del
PVC dalla sintesi alle sue trasformazioni.
Particolare rilievo è stato dedicato alle conseguenze della sua presenza insieme ai rifiuti urbani ed
industriali conferiti ad inceneritori, impianti per il
riciclaggio di materie plastiche, discariche.
Pur essendo tecnicamente fattibile recuperare il
PVC insieme con altri rifiuti o ad altre materie plastiche, esso è in realtà deleterio per la qualità del
riciclato finale: nel caso di HDPE o PET, la contaminazione da composti clorurati ed additivi derivanti dal PVC ne fa sostanzialmente peggiorare le
proprietà fisico-meccaniche e quindi diminuire il
valore commerciale. Ciò considerato, è rilevante
menzionare che sono stati fissati dei limiti per la
concentrazione in peso di cloro nei materiali conferiti al recupero energetico: infatti, se da un processo di questo tipo si vogliono ottenere idrocarburi da utilizzare poi come combustibili, questi
dovranno avere un contenuto massimo in Cl stabilito dalla legislazione locale, il che significa una
quantità massima di PVC in alimentazione. Tutto
ciò non avviene solo in ambito Europeo: in
Giappone, misure restrittive sui materiali da imballaggio hanno indotto i produttori di beni di largo
consumo e di cosmetici, come ad esempio
Shiseido Co., Kao Corp., Lion Corp., a dover definire in quanto tempo sarebbero stati in grado di
sostituire il packaging in PVC con quello in PP o
HDPE.
Rimanendo invece in ambito Comunitario, il consorzio Europeo dei produttori di PVC (ECVM) ha
sottoscritto un impegno volontario per promuove-
C
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re lo sviluppo sostenibile della produzione di questo materiale e dei suoi compositi. Tra gli scopi vi
è anche lo studio di tecnologie per il riciclo, in particolare di prodotti cosiddetti “post-consumo”. Si
distinguono, infatti, tre classi di rifiuti in PVC:
•
•
•
tità rilevanti, cioè oltre al 50% del composito originale com’è il caso dei plasticizzanti in films, tubi
flessibili o negli articoli in pelle sintetica.
Gli additivi servono a modulare le proprietà fisicomeccaniche del prodotto finito, ma anche ad ottimizzare il processo produttivo; essi si possono
suddividere in:
Residui di produzione, vale a dire scarti provenienti dagli impianti o dalle fabbriche che producono prodotti in PVC, ad esempio durante
operazioni di taglio o calandratura. In questo
caso il recupero è efficace grazie all’omogeneità di composizione rispetto al prodotto vergine e grazie all’efficienza del riciclo, poiché si
può selezionare e suddividere le qualità degli
scarti a monte, prima del conferimento al
recupero.
Residui da installazione, che si ritrovano in
seguito alla posa di cavi, pavimentazioni, tubi,
ogniqualvolta questi siano ridotti dalla dimensione originale a quella che effettivamente
serve all’acquirente. In questo caso, si può
attuare un efficiente recupero organizzato
direttamente dai fornitori di beni in PVC.
Recupero post-consumo, cioè a fine vita del
manufatto, quando esso viene eliminato insieme a rifiuti domestici o industriali.
Per avere un termine di paragone, si stima che in
Europa le prime due modalità di recupero per il
PVC contino per un 80%, mentre la terza solo per
il 3% e riguarda quasi esclusivamente cavi.
IL
RUOLO DEGLI ADDITIVI
Le prime due tipologie di scarti sono più facilmente gestibili della terza: come accennato poc’anzi, il
PVC ha in genere un effetto deleterio sul recupero
di altri materiali a causa del suo contenuto in Cl e
di additivi. Questi in particolare, oltre ad essere di
svariate tipologie, possono esser presenti in quan-
Figura 1. A sinistra, il simbolo per il riciclaggio del PVC.
Al centro: il recupero di scarti da installazione è un efficiente metodo per riciclare compositi in PVC. A destra: le
limitazioni del recupero post-consumo. Flaconi di PVC
raccolti insieme con altri materiali diminuiscono la qualità dei riciclati in PET, PP ed HDPE
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•
stabilizzanti contro la degradazione termica e
lo sviluppo di HCl durante la lavorazione; sono
composti a base di solfati, ossidi ed idrossidi di
metalli come Pb, Cd, Ba, Zn, Ca;
•
stabilizzanti contro la degradazione ossidativa
o da UV, come ZnO, CaO, derivati fenolici,
polioli, alchil ed aril fosfiti;
•
plasticizzanti, a base di esteri dell’acido citrico,
dietilenglicole dibenzoato, oltre ai meglio noti
composti della famiglia degli ftalati, di cui i più
utilizzati sono bis-(2-etilesil) ftalato (DEHP),
diisodecil ftalato (DIDP) e diisononil ftalato
(DINP);
•
riempitivi, come calcio carbonato;
•
lubrificanti;
•
coloranti;
•
modificatori d’impatto, come l’MBS.
L’impegno preso nel 2000 dai produttori Europei
di composti vinilici, all’interno dell’iniziativa volontaria “Vinyl 2010”, ha promosso l’eliminazione
degli stabilizzanti a base di metalli pesanti, in particolare Cd (obiettivo raggiunto nel 2001) e Pb
(entro il 2015); altri composti, come stearati di Ca
e Zn, hanno tossicità inferiore a quelli di Pb,
Ba/Zn, Sn, ma sono in genere più costosi e meno
efficienti.
Nel recente passato gli ftalati come il DHBP sono
stati oggetto di campagne che ne chiedevano l’eliminazione, in particolare dai giocattoli per bambini. Studi sul loro rilascio durante l’uso e dopo il
conferimento in discarica sono stati presentati
all’interno della discussione promossa dall’UE
prima di stilare il Libro Verde, ma i risultati non
sono sempre coerenti tra uno studio e l’altro.
I lubrificanti come cere ed acidi grassi sono dosati indicativamente tra l’1% ed il 4% in peso del polimero ed impediscono ad esso di rimanere adeso
alle pareti durante lo stampaggio. I riempitivi
come il carbonato di calcio od il talco servono a
migliorare proprietà come la resistenza elettrica e
meccanica e possono costituire anche il 50% del
composito. I ritardanti di fiamma, come ad esempio le cloroparaffine, sono utilizzati nei PVC flessibili: questi, infatti, hanno un elevato contenuto in
plasticizzanti e quindi un contenuto di Cl inferiore
rispetto al PVC vergine, che già di per sé ha proprietà antifiamma.
RICICLO
rifiuti solidi urbani. Esso ha quindi un effetto rilevante nei gas di scarico: il loro contenuto in Cl
determina il tipo di trattamento che i gas devono
subire prima dell’immissione in atmosfera, la
quantità di neutralizzante necessario e, di conseguenza, la quantità di scarti prodotti. In genere,
questi ultimi sono conferiti in discarica.
Oltre ad agire a posteriori e neutralizzare i gas di
scarto, ci sono almeno due alternative: si interviene a priori selezionando il materiale che entra
nell’impianto (in genere, il massimo contenuto
accettabile è solamente dell’ordine di qualche
punto percentuale) oppure si prevede un passaggio di dealogenazione termica, con eventuale
recupero di HCl prima di procedere all’incenerimento.
Molti studi, di cui alcuni proposti solo a livello di
impianto pilota, sono stati dedicati all’implementazione di due opportunità:
CHIMICO E RECUPERO ENERGETICO
I sistemi di riciclaggio del PVC si possono raggruppare in 4 tipologie, esempi delle quali sono
riportate in Tabella 1:
•
Riciclo chimico. Si tratta in genere di dealogenazione e cracking della frazione di idrocarburi rimanente; in taluni casi è previsto il recupero del cloro come HCl o CaCl2, mentre la frazione idrocarburica può essere utilizzata come
combustibile, ad esempio in alimentazione ad
inceneritori;
•
Riciclo meccanico, in cui avvengono separazione, riduzione dimensionale, fusione del
materiale composito iniziale, a recuperare
quanto più possibile le frazioni “pregiate”
come ad esempio PVC da cavi;
•
Recupero energetico;
•
Conferimento in discarica.
Ognuno di essi presenta naturalmente pro e contro,
ma per tutti il problema del trattamento del PVC
consiste principalmente nella presenza, come
appena discusso, di svariate tipologie di additivi di
natura sia organica che inorganica, presenti anche
in percentuali rilevanti, nell’elevato contenuto in Cl
del materiale di partenza, nonché nello sviluppo di
sottoprodotti di reazione pericolosi per la salute e
l’ambiente, come diossine e furani (es. in Figura 2).
•
Riciclo chimico e/o meccanico del PVC da
recupero “pre-consumo”, ricavato da particolari settori come quello dell’edilizia;
•
Recupero energetico. Molte sono le proposte
in quest’ambito, tuttavia questo tipo di processo richiede che siano effettuati degli adattamenti preventivi ai sistemi di riciclaggio o
agli impianti per la produzione di energia già
esistenti, in modo da renderli adatti ad un’alimentazione ricca in PVC. Infatti, solo alcuni
degli attuali processi di recupero energetico
possono ricevere un feedstock ricco in composti clorurati: come riportato in Tabella 1,
questo limite è in genere del 2% circa in peso,
che per alcuni processi può tuttavia aumentare fino al 5% per un periodo di tempo limitato.
CONCLUSIONI
Figura 2. A sinistra, 2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina.
A destra, 2,3,7,8-Tetraclorodibenzofurano.
Si valuta che in Europa il PVC rappresenti il 10%
circa dei rifiuti di plastica inceneriti e lo 0,7% circa
del totale dei rifiuti inceneriti. Secondo lo studio
commissionato dalla Comunità Europea alla
Bertin Technologies, che ha approfondito i rischi
derivanti dall’incenerimento di compositi in PVC,
risulta che essi hanno poca influenza sulla quantità
finale di metalli pesanti di scarto dal processo.
Tuttavia, lo studio ha concluso che al PVC è riconducibile tra il 38% ed il 66% del contenuto in Cl nei
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Al termine di questa panoramica, si può intuire
quanto la questione PVC sia ancora aperta, nonostante le numerose iniziative promosse per il suo
smaltimento e recupero. L’introduzione di norme
più restrittive ha già incentivato la ricerca di soluzioni alternative al più economico conferimento in
discarica, prime fra tutte il riciclo meccanico. Si
stima che entro il 2020 i rifiuti a base di PVC
aumenteranno dell’80% rispetto alla quantità
attuale: la sfida sarà quindi sempre più pressante
nei prossimi anni, quando sarà eliminato o sostituito quel 60% del PVC che si trova oggi utilizzato
in applicazioni che hanno avuto una vita utile di
40-50 anni.
Tabella 1: Lista e principali caratteristiche dei processi per il riciclo chimico e meccanico di compositi in PVC
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