Prevenzione e controllo delle zoonosi

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Prevenzione e controllo delle zoonosi
Progresso_Vet_ottobre_05
13-10-2005
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Cronache
L. Favero, L. Barco,
L. Bonfanti, A. Ricci
I.Z.S. delle Venezie, Legnaro-PD
Lo scorso giugno si è tenuta a Liverpool la
conferenza internazionale, organizzata dall’Health Protection Agency, dal titolo “The
Prevention and Control of zoonoses: from
Science to Policy” articolata in sei sessioni
distribuite in tre giornate.
Durante la prima sessione, “Aspetto politico
del controllo delle zoonosi”, è stato evidenziato il ruolo prioritario attribuito alla tutela
della salute pubblica e al controllo delle malattie, in particolare quelle zoonotiche, nell’ambito della politica comunitaria.
Più volte è stato ribadito che spesso si devono affrontare rischi potenziali, per i quali
mancano evidenze scientifiche. Risulta problematico stabilire quando il rischio, pur se
remoto, debba essere gestito, appellandosi
se del caso al principio di precauzione e
quando debba poi essere comunicato all’opinione pubblica. Durante gli interventi è stato confermato ripetutamente che, per poter
far fronte a problematiche per le quali mancano dati certi relativi alla realtà in cui ci si
trova ad operare, è indispensabile stimare
nella maniera più accurata possibile la probabilità che l’evento avverso possa verificarsi e, parallelamente, le conseguenze che
questo potrà determinare.
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Prevenzione e controllo
delle zoonosi:
dalla scienza alla politica
Dall’altro lato è necessario effettuare un’attenta analisi costo-beneficio e costo-efficacia
delle misure che si intende mettere in atto.
Un’ulteriore problematica da affrontare nel
controllo delle malattie zoonotiche è rappresentata dalla comunicazione: quando e come debba essere comunicato alla collettività
un rischio potenziale. Devono essere fornite
all’opinione pubblica informazioni reali, puntuali, chiare e facilmente accessibili relative
alla situazione sanitaria e alle misure di sorveglianza adottate.
Le istituzioni devono garantire la massima
trasparenza, dimostrare assoluto rigore ed
elasticità per rispondere alle nuove emergenze sanitarie.
Durante la seconda sessione, incentrata sui
sistemi di sorveglianza, è stata presentata la
Direttiva 2003/99/CE, che impone a tutti gli
Stati membri la raccolta di dati relativi alla
presenza nel territorio nazionale di agenti
responsabili di malattie zoonotiche nelle popolazioni animali e negli alimenti destinati
all’uomo e agli animali.
Annualmente i dati raccolti dovranno essere
trasmessi da ciascun Stato membro alla
Commissione. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), in stretta colla-
borazione con il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC)
devono, sulla base del report comunitario annuale, elaborare una dettagliata analisi dei
principali fattori di rischio.
La Commissione inoltre, per migliorare l’attività di sorveglianza, ha avviato un progetto
per interfacciare i dati umani, raccolti dal
network comunitario, attivato nel 1999 (in
ottemperanza alla decisione 2119/98CE) e
finalizzato alla sorveglianza epidemiologica
e al controllo delle malattie denunciabili nell’uomo, con i dati veterinari ottenuti dall’applicazione della Direttiva 2003/99/CE.
La stessa istituzione del Centro Europeo per
la Prevenzione e il Controllo delle Malattie,
nasce dall’esigenza inderogabile di far fronte a zoonosi emergenti (ad esempio SARS,
influenza aviare, West Nile) e a malattie tradizionali (come AIDS/HIV, tubercolosi, tossinfezioni alimentari) in un contesto geografico come quello europeo, dove la libera circolazione interna di animali, merci e persone e l’inarrestabile processo di globalizzazione, incrementano in maniera esponenziale i
rischi sanitari.
Sono stati quindi presentati i seguenti sistemi di controllo e sorveglianza delle malattie.
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• I sistemi informativi geografici (GIS) che
permettono la registrazione e la visualizzazione di informazioni derivate da dati
geografici, e la loro successiva elaborazione. Nell’ambito della sorveglianza delle
malattie zoonotiche i GIS, oltre ad essere
impiegati nella creazione di mappe relative all’evoluzione di una malattia, possono
essere utilizzati come parte di un sistema
informativo, permettendo di monitorare
malattie altamente contagiose e diffusibili,
di sorvegliare la distribuzione nel territorio
di una determinata infezione e di gestire
programmi d’intervento.
• ll “Risk Assessment” che rappresenta la
parte centrale del processo più ampio di
analisi del rischio, comprendente anche
“Risk Management” e “Risk Communi-cation”. Il “Risk Assessment”, valutando un
pericolo, e indagando le conseguenze che
potrebbe avere un determinato intervento,
costituisce uno strumento unico per chi è
deputato alla gestione e alla comunicazione del rischio.
• Il sistema RADAR (Rapid Analysis and
Detection of Animal-related Risks), adottato nell’ambito del Piano di Sorveglianza
Veterinaria, è attivo nel Regno Unito dal
2003. Questo sistema consente di raccogliere, confrontare, integrare e analizzare
dati di diversa origine, è facilmente accessibile a tutti coloro che sono coinvolti nella
sorveglianza sanitaria veterinaria e permette inoltre la diffusione delle informazioni ottenute dall’elaborazione dei dati
raccolti.
La terza sessione della conferenza è stata
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dedicata alle zoonosi alimentari. La Comunità Europea, nel controllo delle malattie alimentari, ha seguito il principio “from farm to
fork”, affrontando il problema lungo l’intera
filiera produttiva.
Un punto fondamentale nella politica comunitaria di controllo delle zoonosi alimentari è
stata l’istituzione dell’Autorità Europea della
Sicurezza Alimentare (EFSA), della quale
sono state illustrate le finalità, le attività e
l’organizzazione.
Sono stati inoltre presentati i dati relativi alla
presenza di salmonella nel Regno Unito: è
stata descritta la pandemia di S. Enteritidis
sorta agli inizi degli anni ‘80, e l’emergenza
di S. Typhimurium DT104, focalizzando l’attenzione sul problema dell’antibiotico resistenza che caratterizza questo e molti altri
fagotipi. È stato di seguito presentato il
“Zoonoses Action Plan Salmonella Programme (ZAP)”, avviato nel 2002 nel Regno Unito e finalizzato a ridurre, nell’arco di 3 anni,
la prevalenza di Salmonella nei suini del
25%. Il programma ZAP si basa sull’esperienza danese e classifica gli allevamenti
suini in 3 livelli, in funzione del titolo anticorpale, determinato attraverso un test ELISA,
eseguito su succo di carne. Individuati gli
allevamenti a rischio, questi vengono seguiti per evidenziare eventuali carenze che
possono essere responsabili dell’introduzione e della diffusione dell’infezione, e vengono definite le misure specifiche da adottare,
al fine di ridurre la prevalenza e permettere
all’allevamento di mantenere la certificazione di qualità. Quindi, sono state prese in
esame le attività svolte negli ultimi anni dalla
Food Standards Agency per ridurre l’incidenza di campilobacteriosi; Campylobacter
costituisce infatti il primo agente di tossinfezione alimentare in Gran Bretagna.
Tra le principali misure di controllo individuate per ridurre la prevalenza del patogeno
negli avicoli vi sono: l’applicazione di misure
di biosicurezza negli allevamenti, l’implementazione della metodologia HACCP negli stabilimenti di macellazione, la creazione di un
sistema che permetta di verificare l’efficacia
della strategia adottata.
Nella quarta sessione si è discusso del problema delle zoonosi in rapporto alla globalizzazione. Questa implica infatti l’aumento dei
viaggi a lunga distanza e l’intensificazione
dei commerci, con conseguente rischio di
diffusione di patogeni in zone indenni, e possibilità di loro adattamento ad ospiti ed ambienti diversi.
Le statistiche mondiali indicano che le zoonosi emergenti sono per lo più associate ad
ungulati e carnivori; alcune sono trasmesse
da primati, roditori e uccelli, e una piccola
parte da pipistrelli, mammiferi marini e altri
animali. I fattori condizionanti l’emergenza
sono, in ordine di frequenza: la deforestazione a fini agricoli e/o di urbanizzazione, l’aumento della densità demografica in alcune
aree geografiche, la diffusione di malattie
debilitanti ad esempio HIV, l’incremento delle infezioni nosocomiali, la progressiva evoluzione e adattamento dei patogeni.
Sono stati quindi portati ad esempio dei casi
di virus emergenti: uno fra tutti, il gruppo
degli Arbovirus, comprendente la famiglia
dei Flavivirus del quale fanno parte il virus
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della West Nile e quello dell’Encefalite Giapponese. Tra i Flavivirus, due gruppi sono di
interesse zoonotico: quelli trasmessi da zecche e quelli trasmessi da zanzare.
I Flavivirus da zecche, generalmente vengono identificati con il gruppo dei “virus del
complesso dell’encefalite da zecche”; tra i
Flavivirus da zanzare il principale in Europa
è il virus della West Nile (WNV), che viene
incluso generalmente nel “gruppo dei virus
dell’encefalite giapponese”. I Flavivirus rappresentano un problema sotto molteplici
aspetti: innanzitutto gli Arbovirus sono difficili da trattare, sono caratterizzati da stretta
relazione antigenica, che complica le attività
di diagnosi e di sorveglianza, presentano
biologia complessa, inoltre attualmente
sono disponibili pochi vaccini, mancano trattamenti specifici, ed infine questi virus provocano patologie estremamente gravi (infezioni per lo più cerebrali ed epatiche spesso
mortali). Il virus WN è comparso in USA nel
1999, e ad oggi sono stati documentati
16.000 casi umani e oltre 21.000 episodi di
infezioni nei cavalli. La sua comparsa ha
indotto il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) degli USA ad
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elaborare delle linee guida nazionali per la
sorveglianza, la prevenzione e il controllo
del virus, e ad attivare una rete informatica
nazionale di segnalazione di casi di WN
(ArboNET). L’Encefalite Giapponese è stata
descritta per la prima volta in Giappone
intorno al 1870, e da allora si è diffusa in
tutto il Sud-Est Asiatico, diventando la principale causa di encefalite virale nel mondo.
Comprende un ciclo negli uccelli e uno nel
suino, legati entrambi alla trasmissione da
parte di zanzare, che a loro volta possono
trasferire il virus all’uomo. La patologia nell’uomo è il più delle volte asintomatica, ma in
caso di encefalite la mortalità raggiunge il
25%. Nei Paesi asiatici sono in commercio
dei vaccini che purtroppo risultano troppo
costosi per costituire un efficace sistema di
prevenzione. È stato di seguito illustrato un
esempio di introduzione di nuova zoonosi
legata al commercio di animali vivi: l’epidemia di Vaiolo della scimmia (Monkeypox)
verificatasi nel 2003 nell’Illinois.
Il virus, giunto in America da alcuni roditori
(cani della prateria) importati dall’Africa, ha
causato 47 casi di malattia clinicamente
manifesta nell’uomo (senza mortalità) e nei
roditori stessi. Il trasporto di animali vivi come fattore di rischio nella diffusione di zoonosi viene chiamato in causa anche in rapporto ai cosiddetti “pets” (animali da compagnia, quali il cane, il gatto, il furetto, etc.) che
sempre più spesso accompagnano i proprietari nei loro viaggi. In particolare, è emerso
che essi rappresentano un rischio soprattutto per la trasmissione di zoonosi parassitarie, come la leishmaniosi, che fino ad ora era
confinata principalmente nei Paesi del bacino del Mediterraneo.
Successivamente è stato presentato il sistema di controllo delle movimentazioni di tali
animali adottato a partire dal 2000 nel
Regno Unito, il PETS (Pet Travel Scheme).
Tale Schema prevede che gli animali da
compagnia (cani, gatti e altri piccoli animali)
possano essere introdotti nel Regno Unito
da altri Stati, compresi i Paesi comunitari (ad
oggi, sono 81 quelli “previsti” nello Schema),
solamente se identificati con microchip, sottoposti a vaccinazione antirabbica con vacOTTOBRE
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cino spento, a test sierologico per la rabbia,
a trattamento contro alcune infezioni esotiche e accompagnati da passaporto veterinario. Il metodo si è rivelato efficace, infatti l’UK
ha mantenuto lo stato di indennità nei confronti della rabbia , anche se l’eliminazione
della quarantena (attuata precedentemente)
ha comportato l’introduzione nel Regno Unito di altre malattie “esotiche”, come Babesiosi, Ehrlichiosi, Leishmaniosi e Dirofilariasi.
È stata quindi descritta l’Echinococcosi, una
zoonosi parassitaria che sta diffondendo
progressivamente.
La forma umana cistica, dovuta ad infestazione cronica da Echinococus granulosus, è
endemica nella maggior parte d’Europa. I
programmi di controllo delle echinococcosi/idatidosi a livello europeo prevedono la
gestione sanitaria dei cani, la sorveglianza
delle carni al macello e l’educazione sanitaria della popolazione. I nuovi programmi di
controllo inoltre stabiliscono la vaccinazione
per ovini e per altre specie allevate, il monitoraggio sistematico della parassitosi nei cani e uno screening nell’uomo (diagnostica ad
ultrasuoni portatile, studi sulla prevalenza).
La forma di idatidosi più grave per l’uomo è
però quella da Echinococus multilocularis,
una parassitosi oramai endemica nelle aree
più a nord della Francia, Germania, Svizzera
e Austria e che ultimamente si è espansa in
almeno altri 7 Paesi europei.
Il trend dei casi è in incremento per l’aumentata densità della volpe rossa (componente
essenziale assieme ai roditori del ciclo silvestre) e anche per la progressiva deforestazione, che spinge i roditori selvatici ad avvicinarsi alle zone urbane.
Nella sessione 5 (“Zoonosi nuove ed emergenti”), oltre alla West Nile e all’Encefalite
Giapponese, sono state prese in esame le
malattie respiratorie umane trasmesse da
animali di recente comparsa, quali l’Influenza Aviare (IA), la SARS e la Sindrome
Polmonare da Hantavirus. La discussione è
stata incentrata sull’IA, e sui recenti episodi
che hanno coinvolto il Sud-Est asiatico; da
questi è emerso che il principale fattore di
rischio per l’infezione è rappresentato dai
mercati di pollame vivo, seguito dall’alleva-
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mento rurale tipico di queste zone, dalle pratica delle lotte tra galli, e dalla presenza di
anatre selvatiche che costituiscono un serbatoio naturale del virus. La trasmissione
interumana del virus IA è ancora assai infrequente, ma non è da escludere la possibilità
in futuro di un riassortimento virale e quindi
di un adattamento del virus a nuovi ospiti.
E’ stata di seguito presa in considerazione la
SARS come esempio di virus che è riuscito
ad attraversare la barriera di specie passando da animale all’uomo. Un fattore che ha
favorito la sua emergenza sembra essere
stato l’incremento del commercio su larga
scala di animali “selvatici” destinati al consumo umano: tale tipologia di mercato rappresenta un’occasione di interfaccia per la trasmissione inter-specifica animale-uomo.
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Nella sessione conclusiva è stato illustrato
Med-Vet-Net, un Network di Eccellenza nato
nel settembre 2004 e finanziato dalla
Commissione Europea, con lo scopo di integrare le attività di ricerca del settore medico
umano, veterinario e degli esperti in alimenti, al fine di prevenire e controllare le zoonosi e le malattie di origine alimentare. Alla
rete, che si occupa prevalentemente di epidemiologia, ricerca sul rischio e altre tematiche connesse al problema zoonosi, partecipano come soci 8 istituti veterinari e 7 istituti di Sanità Pubblica distribuiti in 10 Paesi, e
si avvale della collaborazione scientifica
della Società di Microbiologia Applicata del
Regno Unito. Dalla conferenza quindi è
emerso che le malattie zoonotiche possono
essere controllate solamente seguendo un
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approccio globale, integrato e rigorosamente scientifico. È perciò indispensabile:
• l’analisi puntuale delle situazione sanitaria
in cui ci si trova ad operare, avendo
coscienza dei fattori e delle situazioni di
rischio. A tal proposito è indispensabile
creare sistemi efficaci di raccolta ed elaborazione dati;
• la comunicazione tra tutti coloro che
operano nel settore, sia in ambito nazionale, sia internazionale;
• l’informazione rivolta all’opinione pubblica
sul problema zoonosi, sui sistemi di
controllo e sorveglianza;
• l’identificazione delle priorità sanitarie
della realtà territoriale in cui ci si trova ad
operare per delineare i settori su cui
concentrare attività e risorse.