Alla ricerca del tempo perduto Il sistema sanità Verso il Partito

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Alla ricerca del tempo perduto Il sistema sanità Verso il Partito
ROSSO
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DISTRIBUZIONE GRATUITA
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ROSSO
GIALLO
NERO
ANNO V- N. 5 AG-SETT-OTTOBRE 2007
PERIODICO DI COMUNICAZIONE SOCIALE - CULTURALE - ISTITUZIONALE
Alla ricerca del
tempo perduto
ANTONIO GIOIELLO
La bufera giuridica al comune
di Corigliano pare passata, o quantomeno offre una pausa che consente il ritorno alla normalità. Sindaco, giunta e consiglio comunale
hanno riassunto le loro funzioni e
ripreso le loro attività.
Alla stessa normalità si spera
ritorni la dialettica tra le parti e
con serenità ci si augura possa riprendere la riflessione politica, in
particolare in relazione alla situazione che tutta la vicenda ha riconsegnato, a partire dal quadro
politico nella città, sostanzialmente diverso a quello successivo alle
elezioni comunali del 2006. Infatti, l’amministrazione era in minoranza. E questa condizione, non
superata, ha portato allo scioglimento del consiglio comunale.
Oggi, dopo la reintegra, per provvedimento del TAR Calabria, la
stessa è sostenuta dal centrosinistra e da altri consiglieri eletti in
liste avverse al sindaco.
Tale nuova situazione pone ine-
PH. COSIMO REALE
(continua a pag. 2)
Il sistema
sanità
GIUSEPPE A. VULCANO
Di fronte alla limitatezza
delle risorse economiche ed
alla necessità di assicurare le
cure sanitarie in maniera universale, da più di un decennio
ormai, tutti gli interventi del legislatore italiano hanno teso
alla responsabilizzazione degli
enti regionali e a stimolare una
corretta allocazione delle risorse economiche.
Questo sforzo ha prodotto
negli anni una notevole quantità di normative e di regolamenti che hanno definito correttamente priorità e standard nell’erogazione dei servizi assistenziali.
Tuttavia questo sforzo notevole è stato quasi sempre eluso
in gran parte delle Regioni italiane, in particolare da quelle
meridionali, tese ad inseguire e
perpetuare il consenso politico.
(continua a pag. 4)
BLU
ROSSO
Quali strategie
per il futuro di
Corigliano?
Lacasa
della città
LUISA SANGREGORIO
Quando una comunità si dà una
nuova guida politica, spera ogni volta di vedere risolti problemi vecchi e
nuovi. Così con la giunta De Rosis è
rinata la voglia di un vero Municipio, una Casa dei Cittadini. Non che
Corigliano non ne abbia uno, al contrario ne ha tante, troppe.
Questo è un primo aspetto del
problema: uffici sparsi in varie sede,
alcune delle quali di proprietà privata e in condizioni fatiscenti.
La mancanza di una concentrazione razionale degli organismi amministrativi porta con sé una gestione antieconomica dell’azienda comune. Se ci fosse un unico Palazzo
di Città e se appartenesse, come di
solito accade, all’amministrazione
pubblica, non si dovrebbero sborsare
migliaia di euro per i diversi fitti e le
altre utenze. E, poi, chi non ha
mai avuto bisogno di un certificato?
Le condizioni di alcuni uffici le conosciamo tutti. Per fortuna i computer sono arrivati anche in questo passato remoto di sud e per ciò che riguarda l’efficienza e la velocità nell’ottenere un documento, in molti
casi, si va lisci come l’olio.
(continua a pag. 4)
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ROSSO
MANUELA FRAGALE
In sordina per mesi, il fenomeno “Principato di Corigliano”
è esploso creando un rumore irritante, amplificato sia dalle dichiarazioni a mezzo stampa del
“principe” e dell’assessore Candido – che lo aveva nominato –
sia dalla revoca della delibera di
Giunta con la quale il Principato
era stato istituito. Lasciata alle
spalle la baronia dei Compagna,
infatti, il feudo era passato nelle
mani di un anonimo principe,
non prima di essere “benedetto”
da una Dea. Già, perché risponde
al nome di Dea D’Aprile la presidentessa della società milanese
World Life European Communication che, con un ambizioso
piano di marketing territoriale
denominato “Principato di Corigliano”, avrebbe dovuto guidare la città verso lo sviluppo. Mirabili le intenzioni: promuovere
il turismo e il patrimonio artistico attraverso il rafforzamento dei
rapporti internazionali con i consolati e le ambasciate, con gli organismi governativi e con le
principali università europee per
rafforzare gli scambi culturali,
artistici ed economici.
(continua a pag. 6)
GIALLO
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ROSSO
Verso il Partito
Democratico
MARIA SALIMBENI
Ho riflettuto a lungo sull’avventura del costituendo partito democratico.
Diverse ragioni mi spingevano a
diffidare non tanto della bontà del
progetto quanto della sua concreta
possibilità di realizzazione.
Ritenevo non opportuno che
l’accelerazione data al processo
di formazione avvenisse nel momento in cui le due maggiori
(continua a pag. 7)
Corigliano città dell’arte
e della fotografia
per sei giorni dal 4 al 9 ottobre
artisti internazionali vivranno e
racconteranno la città
COSIMO REALE
La 5° edizione del festival “Corigliano per la fotografia” è in avanzata fase di svolgimento. Scenario
della manifestazione è, ancora una
volta, il maestoso ed accogliente
castello ducale della città. Corigliano, in quest’ultimo periodo, sta assumendo, sempre di più, le caratteristiche di “città della fotografia”.
(continua a pag. 10)
GIALLO
NERO
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POLITICA ISTITUZIONALE
DALLA PRIMA PAGINA
Alla ricerca del
tempo perduto
ANTONIO GIOIELLO
vitabilmente alcune questioni di ordine politico, che non sembrano al
momento essere affrontate. E dalle
quali, secondo il mio parere, non si
può prescindere.
Intanto la riconoscibilità della
stessa neomaggioranza. Non essendo una maggioranza eletta dai cittadini, ma formata in consiglio comunale, è doveroso chiarire da chi
è composta. Non è superfluo ricordare che al momento delle elezioni,
candidati a sindaco e candidati a
consigliere sono collegati da liste di
appoggio e sono vincolati da un
programma elettorale. Essendo la
situazione venutasi a creare a Corigliano anomala, è necessario che i
soggetti (politici) tra i quali si stabilisce una nuova alleanza siano riconoscibili.
Inoltre, il programma. Il programma presentato dal sindaco al
suo insediamento non è stato approvato. Consiglieri che adesso lo
sostengono, come è noto, allora votarono contro. Quindi, questa neomaggioranza si è formata con quali
finalità? Quale “patto” la tiene? Per
realizzare quale programma? Si
dice “per il bene della città”, è una
precondizione necessaria, ma non
basta, non è sufficiente. Sembra
una affermazione così scontata da
apparire elusiva, quasi banale nella
sua ovvietà, potrebbe essere detto il
contrario? In realtà, ci sono le scelte che bisogna compiere e bisogna
che si conoscano su quali priorità e
su quali orientamenti si basano.
Si rappresenta e si amministra
una città. Ed è dovuto che sia chiaro “quale maggioranza” e “quale
programma”. L’eccezionalità della
condizione impone maggiore e non
minore chiarezza. Non possono esserci ambiguità.
Sorprende che concetti e principi
di democrazia così elementari possano essere trascurati o addirittura
da alcuni vissuti con fastidio. E meraviglia che non si colga lo stretto
legame tra la chiarezza politica e la
capacità amministrativa.
La chiarezza, la trasparenza, la
coesione, il consenso sono elementi
essenziali per una buona amministrazione. Senza questi ingredienti
l’azione amministrativa diventa sterile, sconnessa, le viene a mancare
un disegno ed un progetto che la finalizza e le da coerenza. E di fronte
alle scelte di fondo si ferma e poi
arretra.
Ma sopra tutto e prima di maggioranza e programma: il progetto
politico. In un recente intervento
una espressione è stata malintesa e
strumentalizzata.
Si
diceva
“L’esperienza amministrativa del
sindaco De Rosis e della sua giunta
PH. COSIMO REALE
è politicamente terminata il 20 ottobre, quando il consiglio comunale non ha approvato il riassetto di
bilancio”. Era evidente dal contesto
di quell’articolo che ci si riferiva a
quei primi quattro mesi, ed a quella
specifica esperienza, verso la quale
si conferma quel giudizio. Che non
poteva che fallire. E volerla fare
sopravvivere artificiosamente nell’equivoco è un grave errore.
La decisione del TAR offre invece al centrosinistra ed alla città
un’altra occasione, inaspettata ed
imprevedibile. E ridà al sindaco
una ulteriore possibilità. Non per
continuare come se nulla fosse successo e nulla fosse cambiato. Ma
per ri-cominciare. Per rimediare
agli errori commessi. Per rilanciare
“veramente” lo spirito che ha animato la fase delle candidature e
della campagna elettorale ed ha
portato migliaia di cittadini ad avere fiducia in una proposta affascinante, che si sostanziava in un’idea
di politica al servizio della collettività e lontana da lotte di potere.
Che prometteva di mettere in campo le migliori risorse, senza piegarsi a compromessi di basso profilo.
Viviamo in un periodo in cui la
classe politica italiana, ad ogni livello, è invisa alla popolazione. Per
i privilegi ingiustificati, per i suoi
costi sproporzionati e l’occupazione di ogni sfera della vita pubblica.
Tanto da essere identificata in una
casta. Ma soprattutto quello che la
gente non sopporta, che non tollera
e che non perdona è la superficialità e l’inadeguatezza con cui si gestisce la cosa pubblica e la percezione (convinzione) che la classe
politica occupi le istituzioni non
per servire la comunità ma per meglio favorire i propri interessi personali e familiari.
Molte delle motivazioni sia della
vittoria elettorale alle comunali del
2006 di De Rosis che della sconfitta
del suo avversario si identificano
proprio nel messaggio contenuto
nella campagna elettorale di De Rosis di rappresentare queste istanze.
Di essersi proposto come un volto
nuovo della politica, non perché
giovane e puro, ma perché portatore
di una volontà di dire basta con una
politica vecchia, fatta di pressappochismo, approssimazione e votata
all’autogratificazione e perché promotore attraverso la partecipazione
attiva dei cittadini di una gestione
dell’amministrazione pubblica trasparente ed orientata al
solo bene comune.
Quello che si richiede e
ci si attende è di attuare il
senso ed il significato del
mandato elettorale ricevuto, finalizzato a realizzare
questi obiettivi. Non si
vuole un abbandono della
scena, ma una svolta decisa verso i valori posti alla
base del progetto politico
iniziale, forse ancora non
del tutto compromesso,
prima che sia troppo tardi
e non ci sia più rimedio. Si
vuole richiamare al progetto politico di cambiamento, di rinnovamento,
di modo nuovo di fare politica e di amministrare,
per il quale i cittadini hanno dato il loro consenso e
da subito disatteso. Di cominciare da dove, purtroppo, non si è partiti. Alla ricerca del tempo perduto.
Ma per poter ri-cominciare, occorre affrontare e
non eludere i nodi politici.
Siamo ad una fase cruciale, che condizionerà fortemente gli anni a venire.
Che richiede una precisa e netta assunzione di responsabilità del sindaco. O il sindaco investe su una rinnovata progettualità che si richiami
ai principi espressi in campagna
elettorale oppure rischia di perdersi
nell’inseguire i mille problemi quotidiani. Nel rincorrere l’indecente e
patetico spettacolo degli uni contro
gli altri. E sarà costretto a barattare
ogni eventuale verifica politica sulla
base di quanti voti a preso questo o
quel partito o (peggio) di quanti voti
a preso questo o quel candidato.
E passare come altri sindaci sono
passati.
DAL
Di recente mi sono recato con
amici in Romania. Un viaggio imprevisto e privo di quel minimo di
organizzazione che crea un idea
conduttrice rispetto alle cose che si
pensa di trovare o che si vuole visitare. Ho deciso di osservare e fotografare, curiosando nella vita della
gente, cercando di intuirne la Storia
“a posteriori” rubandola alle immagini. Passeggiavo a Fagaras, città di
45.000 abitanti circa, seconda per
importanza nella contea di Brasov,
sede di un’università importante,
terza per grandezza in Romania, fotografando gli edifici che attiravano
la mia attenzione. Dopo un certo
cammino, vagando senza meta, mi
sono trovato a fotografare un edificio abbandonato. Solo dopo il primo scatto ho realizzato di trovarmi
davanti ad una Sinagoga: era in abbandono generale, il cortile con la
recinzione piena di varchi era diventato un ricettacolo di sporcizia,
vetri e finestre rotte. Guardando
verso l’interno solo calcinacci,
mucchi di roba rotta e abbandonata,
macchie di umidità e colori delle
pareti sbiaditi. I muri in relativo
buono stato di conservazione. Il tutto faceva pensare ad un recente e
frettoloso abbandono. Ho avuto la
percezione come se la comunità
ebraica, scampata al genocidio, alla
persecuzione del regime sovietico,
alla dittatura di Ceausescu, abbia
voluto scappare via appena possibile. Infatti, dopo il crollo del Muro
di Berlino e aperte le frontiere, gli
ebrei, i pochi rimasti, sono andati
via dalla Romania.
La presenza ebraica in Romania
è attestata sin dal II secolo dopo
Cristo. Su 240.000 ebrei censiti nel
1914 soltanto 2.000 godevano di
piena cittadinanza. Alla fine dell’Ottocento l’antisemitismo era già
diffuso in tutta la Romania e ciclicamente si verificavano massacri di
ebrei. Già nel 1895 veniva fondata
l’Alleanza Antisemita Universale
ad opera di Nicola Jorga e Alexander Cuza e nel 1910, i due fondarono il Partito Nazionale Democratico, nel programma chiedevano la
segregazione degli ebrei. Nella si-
MEMORIADIIERI
ESTORIEDIOGGI
ISACCO NUNA
stemazione territoriale, dopo la fine
della Prima Guerra Mondiale, secondo accordi internazionali, alla
Romania toccarono la Bessarabia e
la Bucovina. Di fatto la Romania
aveva triplicato la componente
ebraica: non era più possibile continuare a discriminare 756.930 ebrei.
Va ricordato che nel 1923, a seguito
di accordi internazionali, il re Ferdinando I abolì l’articolo 7 della
Costituzione che discriminava gli
ebrei e concesse loro parità effettiva di diritti. Tali illuminate concessioni saranno vanificate dalle leggi
razziali emanate nel 1938 e nel
1940. La Romania era alleata di Hitler e Mussolini, ma anche vittima
del Trattato di non aggressione von
Ribbentropp-Molotov. Nell’estate
del 1940 il governo rumeno, in seguito all’ultimatum dettato dall’Unione Sovietica, dovette cedere
all’URSS la Bessarabia e la Bucovina. Si calcola che il 7-10% della
popolazione di quelle due regioni
erano ebrei. Durante il ritiro delle
truppe e delle autorità rumene si
verificarono delle aggressioni verso le comunità ebraiche. Il pretesto fu dato dal fatto che parte della popolazione ebraica aveva salutato con favore l’ingresso delle
truppe sovietiche, un saluto che
da parte rumena fu interpretato
come un tradimento. Il peggio sarebbe dovuto arrivare dopo il 22
giugno 1941. I rumeni parteciparono all’aggressione tedesca all’URSS. In quelli anni di guerra si
calcola lo sterminio di circa
400.000 ebrei. Solo nell’estate del
1944, quando la battaglia di Stalingrado segnò il destino del conflitto mondiale, la Romania si dissociò e offrì rifugio agli ebrei.
Dopo la seconda guerra mondiale, in Romania, come in buona
parte dell’Europa centro-orientale,
molti ebrei scampati alla Shoah
MONDO 3
abbracciarono l’idea del comunismo
nella speranza di costruire un mondo
nuovo, senza antisemitismo e senza
differenze etniche e religiose. Le
loro scelte furono spesso motivo di
incomprensioni tra loro e le società
in cui vivevano e nelle quali cercavano l’integrazione. Per gran parte
delle popolazioni, infatti, il comunismo e l’arrivo dell’Armata Rossa
rappresentarono la sconfitta della
guerra e la perdita dell’indipendenza,
mentre per gli ebrei significarono
una nuova speranza di salvezza e di
integrazione nella società.
Queste diverse percezioni dei
nuovi regimi comunisti originarono
nuovi stereotipi. In particolare si sviluppò il mito della cosiddetta “giudeocomune”. Il nuovo totalitarismo veniva identificato in un presunto potere ebraico e questo avveniva proprio
nei Paesi nei quali milioni di ebrei
erano scomparsi per mano di Hitler,
ma anche per la pesante complicità
di regimi filonazisti e per l’indifferenza della società civile. Nell’immediato dopo Guerra una parte degli
ebrei rumeni emigrarono in Palestina
e successivamente nel nuovo stato
d’Israele. Durante il regime Sovietico era proibito ai cittadini lasciare
per qualsiasi motivo il loro Paese. Lo
stato d’Israele con intese faticose e
lunghe trattative, volta per volta, riuscì a fare emigrare, dietro consistenti
pagamenti, numerose famiglie in
Israele.
A questo punto è inevitabile il
collegamento tra fatti di ieri e storie
di oggi 16 aprile ’07: il folle omicida
coreano di 23 anni, studente alla Virginia Tech, stermina 33 studenti. Uccide anche Liviu Librescu, professore di Meccanica e Aeronautica nella
stessa Università, morto nel tentativo
estremo di proteggere i suoi allievi
da quella follia omicida. Liviu Librescu era un insegnante ebreo-israeliano di origine rumena sopravvissuto
ai campi di sterminio nazisti. Emigrato in Israele per l’intercessione
personale del primo Ministro Menachem Begin sul presidente Nicolae
Ceausescu. Ironia della sorte è morto
nel giorno della commemorazione
della Shoah in Israele.
4
ATTUALITÀ
DALLA PRIMA PAGINA
La casa
della città
LUISA SANGREGORIO
brano essere l’abbandono e la decadenza.
Paradossalmente è in forma
smagliante, invece, il luogo da cui
tutto ebbe origine. Vale a dire l’antica sede del Municipio nel centro
storico nei pressi del Castello duca-
PH. COSIMO REALE
Ma, oltre all’iter burocratico, la
più elementare pratica richiede al
cittadino coriglianese uno slalom
ginnico dovuto a uffici situati lontani gli uni dagli altri. Così l’effetto
di repulsione verso la burocrazia
viene acuito per giunge al suo culmine quando si entra dentro i suoi
meandri. Si prenda l’ufficio anagrafe, tanto per non restare sul vago.
Arredi di archeologia pubblica fanno anche da divisori per alcuni ambienti addobbati con festoni di cavi
elettrici e telefonici trattenuti al
muri da meschini chiodini ai quali
vengono richiesti sforzi disumani. E
non si tratta di inestetismi architettonici, ma di sostanziali ostacoli
allo svolgimento di un lavoro dignitoso ed efficiente da parte degli impiegati.
In parte abbiamo fatto l’abitudine a questo stato di cose, ma l’adattamento non fa dimenticare che
cambiare in meglio si può. Anche
perché il comune in parte lo ha già
fatto. Il Palazzo Garopoli ne è un
esempio.
Il problema è che manca ancora
il volto vero e unitario del Municipio, quel luogo che ci dovrebbe rappresentare tutti non c’è. La destinazione definitiva è Palazzo Bianchi
in Piazza del Popolo, che secondo
alcuni si rivelerà insufficiente a
contenere tutti gli uffici che sono da
più un quarantennio temporaneamente in fitto in più di un palazzo
nel Rione Ariella. Ma anche a questo si potrà porre rimedio recuperando un altro pezzetto di centro
storico. Non è di proprietà pubblica
anche un palazzo vicino? Resta comunque l’amara e quotidiana constatazione che nella sede scelta nel
’95 dalla giunta Geraci per il Municipio finora gli unici padroni sem-
le. Fu abbandonato da quando (siamo alla fine degli anni ‘60), i locali
non furono più adeguati alle esigenze dei tempi. Oggi quel bel municipio è un gioiellino, restaurato
finemente che fa bella mostra di sé
in particolari occasioni, l’ultima in
ordine di tempo la mostra documentaria “Sebben che siamo donne”. Un prezioso ricordo del passato che potrebbe comunque svolgere
una funzione non soltanto museale.
Riuscirà l’amministrazione De
Rosis a dare ai cittadini coriglianesi un interlocutore istituzionale unitario e dignitoso? Intanto su queste
pagine continueremo a ricordarci
della comunità coriglianese che si
chiede dove sia casa sua.
DALLA PRIMA PAGINA
Il sistema sanità
GIUSEPPE A. VULCANO
D’altra parte essendo la legislazione di tipo premiale, rispetto al
mantenimento del patto di stabilità,
ed aleatori e non controllati i sistemi di contabilità economico-finanziaria delle Aziende sanitarie e delle Regioni, tutti i bilanci sono stati
costruiti su dati falsi, tesi ad usufruire delle quote di finanziamento per
pagare il debito degli anni precedenti, mentre si accumula quello
dell’anno corrente.
Inoltre trattandosi di criteri meramente economici, prescindenti
dalla qualità dei servizi erogati, la
Regione Calabria ha negli ultimi
anni abbandonato ogni barlume di
programmazione e riorganizzazione, rinunciando a interventi di razionalizzazione e modernizzazione
del proprio sistema sanitario regionale pur di presentare conti che la
potessero tenere dentro il patto di
stabilità ed usufruire delle quote di
finanziamento, come sta puntualmente avvenendo.
In più, il bilancio regionale è costituito al 70% dalla sanità e quindi
è facile capire come questa sia uno
dei più validi motivi della crisi politica in cui si avviluppa l’intera
classe dirigente calabrese di questa,
ma anche delle passate legislature.
Da tutto ciò discendono decisioni legislative regionali che nel tentativo di risolvere qualche problema
finanziario producono effetti contrari. Il cosiddetto accorpamento
delle aziende sanitarie su base provinciale, non aggredisce il nodo
vero dell’inefficienza e dell’inefficacia dei servizi erogati e dello
spreco delle risorse economiche,
bensì, nella impostazione centripeta
del governo della sanità, pone ulteriori premesse di spreco inefficien-
Leggere per crescere a Corigliano
GIULIA BENVENUTO
Stimolare negli adulti la pratica della lettura e del racconto ad
alta voce alimentando l’interesse
e l’amore verso i libri e rafforzare i legami affettivi all’interno
della famiglia è l’obiettivo primario che si propone il
Progetto”Leggere per Crescere”.
I bambini da 6 mesi a 6anni
sono i protagonisti del Progetto
promosso da GlaxoSmithKline,
patrocinato dal MIUR, da Rai
Segretariato Sociale e da molte
Regioni.
Nel mese di Luglio, tale Progetto è stato presentato a Corigliano, grazie all’impegno della
“Fondazione
De
Luca”
(www.fondazionedeluca.it), promotrice dell’iniziativa, dell’interesse delle autorità locali e dell’Associazione “Forza ragazzi”.
Il programma nazionale “Leggere per Crescere” si rende operativo a Corigliano nella propo-
sta “Il piacere di leggere e ascoltare”. L’iniziativa risponde a diverse
caratteristiche: quelle di informare
e maturare i genitori sui valori e sui
benefici della lettura ad alta voce,
di favorire un pieno sviluppo psicoemotivo, oltre alla creazione di una
relazione affettiva con il libro, promuovendo nel frattempo un atteggiamento positivo nei confronti
della lettura.
Per il suo sviluppo nel territorio,
tuttavia sono indispensabili accordi
di collaborazione tra le Istituzioni
coinvolte, librerie, farmacisti, pediatri e, ovviamente, le scuole.
Infatti, la prima iniziativa che i
referenti locali del Progetto si propongono sarà avviata, nel mese di
Novembre, con un corso di formazione, a carico dell’Azienda farmaceutica, rivolto alle educatrici di
asilo nido, docenti della scuola dell’Infanzia e a coloro che desiderano
prestare la loro attenzione e il loro
za e inefficacia.
Il sistema sanitario della piana di
Sibari attraversa una crisi mai raggiunta in passato e la discussione
nel merito è viziata dalla logica degli addetti ai lavori, interessati alla
giustificazione e alla perpetuazione
dell’esistente per mantenere in piedi situazioni assolutamente personali.
Mentre i sindaci sono mobilitati
dalle esigenze dei dipendenti del
servizio sanitario, piuttosto che dalle necessità sanitarie della sua popolazione. Magari facendo leva sulla insicurezza dei cittadini e sulla
falsa convinzione che i bisogni sanitari vengono risolti dall’ospedale
sotto casa.
Necessita il coraggio del politicamente scorretto e del dire quello
che non si può: nelle nostre strutture di erogazione dei servizi sanitari
c’è spreco, inefficienza e inefficacia
che sfocia a volte nella malasanità.
Bisogna cominciare a dire che
c’è tanta compiacenza e spesso
omertà e che la cosiddetta professionalità e abnegazione è ormai limitata a una minoranza di operatori
per giunta invisa.
Proviamo a cominciare a capire
quali sono i bisogni di salute del
territorio e da qui le strutture necessarie. Per esempio, il distretto suddivide il territoriale a fini amministrativi. Invece è diventato il palazzo che si identifica con un Direttore
che dirige gli operatori presenti nello stesso, mentre tutto quello che
sta fuori, i problemi sanitari del territorio sono da evitare.
È evidentemente necessario cominciare a parlare ai cittadini non
da addetti ai lavori, ma da cittadini
con gli stessi bisogni sanitari di tutti, rivendicando il diritto alla salute.
Ho molti dubbi sulla capacità di
una tale presa di coscienza, ma non
riesco a rinunciare a indicarne la
banalissima necessità.
tempo come volontariato sia nelle
Scuole che in Biblioteca.
Le tematiche affrontate durante
il corso riguarderanno: lo sviluppo
psico-emotivo del bambino attraverso lo strumento della lettura
ad alta voce; caratteristiche e criteri di scelta delle produzioni editoriali per i bambini e infine e le
tecniche di animazione della lettura.
Seguiranno, nel corso dell’anno scolastico, incontri pomeridiani di animazione alla lettura nella
“Biblioteca per ragazzi e ragazze” che dovrà essere istituita in
tempi brevi nei locali che il Comune metterà a disposizione e gestita probabilmente dalla Fondazione De Luca.
La Biblioteca sarà la sede anche di incontri con i genitori per
sensibilizzare loro sull’importanza della lettura. Per ulteriori informazioni o aggiornamenti sul percorso che il progetto “Leggere per
crescere” avrà nel territorio, rivolgersi al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected].
RACCONTI BREVI
Sul terrazzo, in cima ad un alto
palazzo, Carolina segnava con matite colorate le pagine di un grosso
libro, che, appoggiato su un tavolo
malfermo, era appena illuminato da
una piccola lampada.
<<Carolina –le chiese il nonno,
disteso su una sdraio- riesci a leggere con questa luce?>>
<<Si. E poi guarda che luna
grande c’è questa sera!>>
Quella sera, infatti, una luna
straordinariamente bianca emanava
raggi sfavillanti, illuminando tutto
il quartiere.
<<Cosa stai leggendo con tanta
attenzione?>>
<<Devo fare la sintesi di un testo molto famoso. È la
risposta che un capo
indiano scrisse nel
1854 al Presidente degli Stati Uniti, che voleva acquistare un territorio abitato dagli indiani. Quella lettera fu
pubblicata nel 1976, se
non ho capito male, da
il Jounal de Genève, e
dal quel momento è
stata
ripetutamente
stampata. Se vuoi posso leggerla tutta ad alta
voce.>>
Carolina si sedette
accanto alla sedia del
nonno, a terra, intrecciando le gambe, proprio come un vero
capo indiano. Con
voce solenne, senza attendere risposta, cominciò a scandire le
parole. Marcando gli
interrogativi, concedendosi le pause giuste, immedesimandosi nel personaggio:
<<Come potete acquistare o
vendere il cielo, il calore della terra? Questa idea ci sembra strana.
Se noi non possediamo la frescura
dell’aria e i riflessi dell’acqua,
come potete voi comprarli?
Ogni briciola di questa terra è
sacra per il mio popolo. Ogni ago
luccicante di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lama di nebbia nel bosco oscuro, ogni radura luminosa
ed ogni ronzio di insetti è sacro nel
ricordo e nell’esperienza del mio
popolo. La linfa che scorre negli alberi trasporta i ricordi dell’uomo
rosso.
I morti degli uomini bianchi dimenticano il loro paese natale
quando si avviano a passeggiare tra
le stelle. I nostri morti non dimenticano mai questa terra magnifica
perché essa è la madre dell’uomo
rosso. Noi siamo una parte della
terra ed essa fa parte di noi. I fiori
profumati sono i nostri fratelli; il
cervo, il cavallo, la grande aquila
sono nostri fratelli. Le creste rocciose, la rugiada dei prati, il calore
del piccolo cavallo e l’uomo, tutti
appartengono alla stessa famiglia.
DOVE SONO
I CESPUGLI?
GIOVANNI PISTOIA
Così, quando il Grande Capo a
Washington ci manda a dire che
vuole acquistare la nostra terra, ci
domanda molto di noi. Il Grande
Capo ci manda a dire che ci riserverà un luogo in cui noi si possa vivere comodamente tra noi. Lui sarà
nostro padre e noi saremo suoi figli. Noi prenderemo dunque in
considerazione la vostra offerta di
acquistare la nostra terra. Ma non
sarà facile. Perché questa terra ci è
sacra.
Quest’acqua scintillante che
scorre nei ruscelli e nei fiumi non è
solo acqua, ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo
della terra, voi dovete ricordare che
è sacra e che ogni riflesso nell’acqua chiara dei laghi parla di avvenimenti e di ricordi nella vita del
mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre.
I fiumi sono nostri fratelli, essi
spengono la nostra sete. I fiumi
portano le nostre canoe e nutrono i
nostri figli. Se noi vi vendiamo la
nostra terra voi dovete ricordarvi e
insegnare ai vostri figli che i fiumi
sono nostri e vostri fratelli e voi
dovete ormai dimostrare per questi
fiumi la tenerezza che mostrate per
un fratello.
Noi sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi.
Un pezzo di terra gli sembra uguale
al successivo perché egli è come
uno straniero che arriva nella notte
e prende dalla terra ciò di cui ha bisogno. La terra non è sua sorella,
ma il suo nemico, e quando l’ha
conquistata egli va più lontano.
Egli abbandona la tomba dei suoi
avi, e questo non lo preoccupa. La
tomba dei suoi avi e il patrimonio
dei suoi figli vengono dimenticati.
Egli tratta sua madre, la terra, e suo
fratello, il cielo come cose da acquistare, sfruttare, vendere come i
montoni o le perle brillanti. Il suo
appetito divorerà la terra e lascerà
dietro a lui il deserto.
Io non so. I nostri costumi sono
diversi dai vostri. La vista delle vostre città fa male agli occhi dell’uomo rosso. Ma può darsi che ciò sia
perché l’uomo rosso è un selvaggio
e non comprende.
Non ci sono luoghi tranquilli
nelle città dell’uomo bianco. Nessun luogo per ascoltare le foglie
che crescono a primavera, o il ronzio delle ali di un insetto. Ma può
darsi che ciò avviene perché io
sono selvaggio e non capisco. Il
fracasso sembra solo insultare le
orecchie. E che interesse c’è a vivere se l’uomo non può ascoltare il
linguaggio solitario dei passeri o il
chiacchierio delle rane intorno a
uno stagno la notte? Io sono un
uomo rosso e non comprendo. L’indiano preferisce il suono dolce del
vento che passa come una freccia
sulla superficie di uno stagno e
l’odore del vento lavato dalla pioggia di mezzogiorno o della resina
dei pini.
L’aria è preziosa all’uomo rosso
perché tutte le cose vivono dello
5
stesso respiro – la bestia, l’albero,
l’uomo– si dividono tutti lo stesso
respiro. L’uomo bianco non sembra
accorgersi di che aria respira. Come
un uomo che impiega molti giorni a
morire egli è insensibile ai cattivi
odori. Ma se noi vi vendiamo la nostra terra voi dovete ricordarvi che
l’aria è preziosa, che l’aria divide il
suo spirito con tutto ciò che essa fa
vivere. Il vento che ha dato al nostro avo il primo fiato, ha anche raccolto il suo ultimo respiro. E se noi
vi vendiamo la nostra terra voi dovete custodirla come sacra, come un
luogo dove anche l’uomo bianco
può andare a godere il vento ingentilito dai fiori dei prati.
Noi almeno sappiamo questo: la terra non
appartiene all’uomo,
l’uomo appartiene alla
terra. Questo lo sappiamo. Tutte le cose sono
tenute insieme come il
sangue che unisce una
stessa famiglia. Tutte
le cose sono unite. Ciò
che succede alla terra,
succede ai figli della
terra. Non è l’uomo
che ha tessuto la trama
della vita: egli ne è solamente un filo. Tutto
ciò che lui fa alla trama, lo fa a se stesso.
Dove sono i cespugli?
Scomparsi.
Dov’è
l’aquila? Scomparsa.
La fine della vita è
l’inizio della sopravvivenza.>>
Carolina aggiunse,
con un filo di voce,
<<è finita>>, e restò
nell’attesa... Vide il nonno guardare
fisso verso la montagna. Anche lei,
silenziosa, volse lo sguardo oltre le
penombre dei palazzi vicini, oltre il
buio del paese, lontano, verso quelle vette incendiate dall’uomo. Da
più giorni, tra i monti e le colline di
quella cittadina, boschi di pini e castagneti giganti venivano sopraffatti
dall’avanzare delle fiamme. Alberi
secolari inceneriti. Uccelli e scoiattoli bruciati. Cespugli scomparsi.
Arso il terreno.
Quella sera lunghe lingue di fuoco facevano da contrasto al grande
faro della luna. Taceva il quartiere e
il paese, mentre in lontananza il
fuoco disegnava strani orpelli in un
cielo senza stelle.
Il nonno e la ragazza si guardavano negli occhi, incapaci di parlare, impietriti; i loro volti rischiarati
dalla luce trasparente di una serata
vestita d’argento. I loro pensieri dispersi in verdi praterie senza confini. Sul terrazzo, il silenzio era appena scalfito dai passi felpati del capo
indiano che cercava, nella quiete,
un alito di vento, che gli trasportasse il dolce odore della resina. Tamburi lontani ritmavano. Diffondevano parole pungenti come aghi di
pini roventi.
6
ATTUALITÀ
DALLA PRIMA PAGINA
Quali strategie
per il futuro di
Corigliano?
MANUELA FRAGALE
In particolare, spiccava l’ideazione della manifestazione di alto
profilo dal titolo “Il turismo come
volano del benessere e del
divertimento” che sarebbe
stata patrocinata da Regione, Provincia e Comune, e
che avrebbe dovuto ospitare
ogni anno presso il Castello
Ducale i rappresentanti dei
Paesi del bacino Mediterraneo. Le azioni da realizzare
nel triennio 2007-2009 erano lodevoli ma rischiavano
di non tramutarsi in realtà;
in particolare lasciava perplessi l’idea di inserire alcuni cittadini disoccupati nelle
stanze comunali quali: Ufficio Stampa (un dipendente
svolge la mansione di addetto stampa ma l’Ufficio in
questione è a tutt’oggi inesistente, n.d.a.), Centro Informatica (Palazzo Garopoli
ospita sì una sala multimediale ma il Comune non ha
un website aggiornato ed efficiente, n.d.a.), Segreteria, Ufficio
Comunicazione e Relazioni Pubbliche. Ma il Comune ha così tanti
soldi da permettersi di assumere
personale a tempo indeterminato?
E poi, da chi e come sarebbero stati
gestiti i bandi di concorso e le graduatorie? Il Principato di Corigliano, guidato da Dea D’Aprile, puntava a divenire meta turistica d’eccellenza avvalendosi di gemellaggi
con le strutture di analogo prestigio
presenti su territorio nazionale ed
estero. Ma non basta. Chef e barman avrebbero avuto il “privilegio”
di frequentare corsi di alta gastronomia curati da “Arte del Convivio” di Milano. Fini strategie economiche. Ma chi è la Dea? Il suo
curriculum on line non appalesa conoscenze in tema di marketing e
politiche economiche. E l’unico
progetto di marketing territoriale e
promozione turistica da lei firmato
è proprio quello denominato “Principato di Corigliano Calabro”. Quale esperienza, dunque, al servizio
della città? La domanda sorge
spontanea: quali credenziali hanno
indotto il sindaco De Rosis e la
Giunta a patrocinare l’iniziativa e a
concedere la disponibilità di una
sede presso Palazzo Garopoli alla
World Life European Communication? Soprattutto, ci si chiede perché non bastasse il “Piano di
Marketing territoriale del Comune di Corigliano Calabro” predisposto dalla società coriglianese
Euroidee che vanta un gruppo di lavoro formato da otto persone, cia-
scuna con competenze ben definite:
un docente universitario di marketing, alcuni economisti, un architetto, una sociologa, un esperto in innovazione tecnologica. Il programma di lavoro in quest’altra iniziativa è nutrito: studio del territorio,
community planning, consegna della bozza del Piano al Comune, redazione del Piano di marketing territoriale, proposta dei progetti pilota, consegna del Piano di marketing
territoriale definitivo al Comune. E
per consentire a tutti di partecipare
attivamente, Euroidee ha lanciato
da tempo la sfida ai cittadini per comunicare
via
web
(www.pmtcorigliano.it) la loro Corigliano 2015 immaginaria.
Nella gran confusione si è insinuato un interrogativo: cos’è esattamente un piano di marketing territoriale? La risposta prevederebbe
una lunga e corposa dissertazione
dalla quale scaturirebbe una serie di
domande “a cascata”. Sinteticamente si può affermare che il piano di
marketing è uno strumento di quella branca del Marketing, denominata Marketing territoriale, che muove dalle premesse del tradizionale e
più concreto Marketing aziendale
destinato a “vendere beni e servizi”.
Tuttavia, neppure la definizione di
marketing territoriale adottata da
Dea D’Aprile e da Euroidee è esatta, poiché non su un intero territorio
si desidera concentrare l’attenzione
ma su un’area che coincide esattamente con il perimetro comunale. A
ben vedere, dunque, converrebbe
fare riferimento alla branca denominata Marketing urbano. Oggetto di tale disciplina è proprio il contesto urbano, che deve essere analizzato e modellato nell’intento di
trasformare le criticità in prospettive di sviluppo. Come? Sia attraendo investimenti esterni come l’insediamento in loco di realtà produttive, originarie di altre regioni o di
altri Stati, che possano realmente
offrire lavoro ai cittadini sia favorendo lo sviluppo delle imprese lo-
private. Ovviamente, tutto quanto è
stato esposto finora dovrebbe coincidere con l’immagine di città che
si vuole veicolare. Dunque, si renderebbe necessario scegliere il destino del luogo. Area d’interesse industriale e commerciale oppure città turistica? Valorizzazione del passato oppure sviluppo tecnologico?
Finora Corigliano non ha puntato al
meglio sulle proprie risorse. Né
l’amministrazione comunale né i
privati sono riusciti a individuare e
realizzare percorsi di turismo storico-culturale che
andassero oltre l’abusato
Castello e che fossero atti a
valorizzare le vecchie realtà
produttive (gli antichi conci
di liquirizia coriglianesi, per
esempio) con intelligenti
azioni di “archeologia industriale”. Sarebbe bello, in un
futuro non troppo lontano,
scoprire le ricchezze di Corigliano in un Museo della
Liquirizia: vecchi strumenti di lavoro, attrezzature,
immagini d’epoca e tutti i
documenti
dell’Archivio
Compagna e dell’Archivio
Saluzzo a tutt’oggi conservati presso l’Archivio del
Comune. Il museo custodirebbe il ricordo dell’epoca
PH. COSIMO REALE dorata dell’economia coriglianese – quando gli operai
giungevano dall’intera procittà, predisponendo visite aziendali vincia – e dei nove “tesori” appartein loco. Ancora, ideando uno slogan nuti ai baroni Compagna: Concio
capace di rafforzare il senso d’iden- del Vallone degli Aranci (Rossano),
tità della collettività coriglianese. Concio del Torrente Celadi (RossaBasterebbe studiare le strategie no), Concio del Cino, Concio Tocci
adottate dalla città spagnola di Bar- in zona Chiubbica, Concio al Pencellona per capire che tale impresa dino, Concio del Carmine al Penditanto difficile poi non è. Anzi, una no, Concio presso Palazzo di Santo
volta raggiunto lo scopo e creata la Mauro, Capo di Crati, Concio di
coesione sociale, risulterebbe molto Cassano. L’alternativa? Corigliano
più semplice istituire i processi di dà il benvenuto ai turisti fregiandoconfronto finalizzati alla partecipa- si del titolo di “Città dal profumo
zione al progetto di rilancio della di Zagara”. Il profumo, innegabilcittà. A quel punto, bisognerebbe mente, si avverte. Perché, allora
considerare attentamente le proble- non pensare di sfruttare tale inematiche affrontate quotidianamente briante risorsa investendo nella ladai cittadini e lavorare alla ricon- vorazione dell’essenza da destinare
versione delle aree dimesse, al mi- tanto al settore alimentare dolciario
glioramento dei percorsi stradali, quanto al settore profumiero? Le
alla creazione di luoghi di svago strategie di sviluppo per il futuro di
piacevoli e vivibili, all’allocazione Corigliano potrebbero partire da
ottimale delle strutture pubbliche e questi suggerimenti.
cali. In entrambi i casi si innescherebbe un circolo virtuoso di creazione di ricchezza all’interno dell’area. Per fare ciò occorre promuovere il territorio. Non attraverso la
nomina di un “principe onorario”,
però. Semmai, più fattivamente,
partecipando a fiere di settore, a
manifestazioni di ampio respiro e
ad eventi come la BIT-Borsa italiana del turismo. Oppure realizzando
incontri con le delegazioni delle
aziende interessate a investire in
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ATTUALITÀ
DALLA PRIMA PAGINA
Verso il Partito
Democratico
MARIA SALIMBENI
forze politiche proponenti, DS e
Margherita, si cimentavano nell’esperienza di Governo Nazionale.
Di solito avviene il contrario: si costituiscono nuovi processi politici
che hanno come obiettivo una nuova proposta di Governo. Ritenevo
fosse necessario procedere, prima
di tutto, alla modifica dell’attuale
sistema elettorale ed era indispensabile un maggior coinvolgimento anche di altri soggetti politici per
scongiurare la cosiddetta “fusione
a freddo” tra DS e Margherita. E
altro ancora, che attiene a riflessioni circa la reale situazione della
politica calabrese, la sua capacità di
rinnovarsi .
Avviatosi il dibattito sulle candidature alla segreteria nazionale del
futuro partito, non una sola ma più
di una e l’autorevolezza dei canditati in particolare di Walter Veltroni, Rosy Bindi ed Enrico Letta mi
ha portato a ritenere che non tutto
e’ scontato, che ci sono le condizioni per lavorare ad un progetto politico ancora da costruire a cui non
occorre sottrarsi a priori. Sono convinta, infatti, che come avviene per
le altre cose della vita dai momenti
di grande rimescolio, discussione e,
se vogliamo, confusione possono
nascere novità positive impensabili.
Si tratta, in ogni caso un processo
storico irripetibile, non avviene tutti i giorni di partecipare alla nascita
di un grande partito di massa, popolare.
Credo nella necessità di costruire
un partito plurale che non dovrà essere la semplice sommatoria dei
partiti fondatori ma un partito che
unisca le culture della liberaldemocrazia, del cattolicesimo democratico, delle forze socialiste e riformiste presenti nel Paese capace di accogliere i tanti fermenti che in questi anni si sono mobilitati intorno
ai temi della pace, della democrazia
dello sviluppo sostenibile, dei diritti. Se i partiti del Novecento erano
partiti che rispondevano a società
culturalmente omogenee ora siamo
chiamati a costruire un partito plurale perché la società è caratterizzata dalla frammentazione e la frammentazione che si trasferisce nelle
Istituzioni paralizza le decisioni ,
inchioda i governi dal nazionale al
locale all’incapaci di fare scelte. Il
sistema maggioritario ci ha abituati
alle coalizioni e dunque al confronto necessario tra anime diverse unite rispetto ad obiettivi comuni. Ritengo una ricchezza la contamina-
zione di valori partendo dalla convinzione che l’esperienza politica
prima ancora che incontro tra ideologie è incontro tra persone.
Voglio un partito nuovo capace
di far rinascere speranze di cambiamento e vorrei farlo pensando a
quelli che sono più lontani dalla politica, più silenziosi. A quelli che
fanno più fatica ogni giorno per
crescere i figli, a curare gli anziani,
a sposarsi a mettere su casa . a
quelli che sentono inutile la politica
o la sentono lontana perché non vedono riconosciuti diritti elementari
e fondamentali.
Voglio un partito che contenga i
valori della sinistra perchè i valori
non passano di moda. Un partito
che non rinunci ai valori tradizionalmente di sinistra perché per usare un’espressione di Norberto Bobbio- “l’uguaglianza è la sua stella
polare” e l’uguaglianza nella nostra
società è la sfida più ardua , quella
più moderna , quella che richiede il
massimo di riformismo, concretezza, coerenza.
Tante polemiche sono nate in
questi giorni in ordine alle composizioni delle liste. Tanti sono delusi,
tanti si aspettavano maggiori novità
di cambiamento. Ma i processi di
cambiamento non sono mai immediati, per questo è necessario non
sottrarsi. Se si ritiene valido il progetto politico vale la pena sforzarsi
perché si realizzi, anche in contesti
come il nostri in cui tutto sembra
inamovibile .
Mi scuserete se tirerò fuori e per
ultimo il tema delle donne. Una
cosa si è ottenuta, parità di rappresentanza nelle liste. È un primo
passo, si dovrà pretendere successivamente la possibilità di scegliere
anche tra le donne in base ai valori
che incarnano e alle scelte che compiono sul campo. Non servono donne in politica solo perché rappresentanti di genere. Ma intanto in
questa fase un risultato si è ottenuto
e non è un dato trascurabile. Le
donne in politica saranno sempre
poche fintanto che dovranno occuparsi di tante, troppe altre cose che
attengono alla fatica del loro quotidiano. Le donne sono oggi le prime
interessate ad una forte re-invenzione della pratica democratica e partecipativa.
La loro sistematica
esclusione dal potere è molto più di
un simbolo delle prassi oligarchiche
e della qualità della selezione politica, che umilia insieme le iscritte
nei partiti e le donne fuori dai partiti, e non solo le donne. Le donne
conoscono i dissensi di partenza ma
non li temono e non se ne fanno paralizzare. Sanno bene, infatti, che
sulle cose che le riguardano direttamente non possono permettersi
strumentalizzazioni ideologiche e
posizioni di rendita per le soluzioni.
7
Ecologia e politica
MARIO REDA
La situazione attuale del clima,
l’eccesso di anidride carbonica
che l’umanità produce determinando il buco dell’ozono che negli ultimi anni è aumentato in maniera spropositata rispetto al passato nonché i mille problemi derivanti da questa situazione ci fanno dire che l’uomo ha abbondantemente superato il tempo per
darsi “una regolata” e che l’ultima spiaggia per la sopravvivenza
dell’intera umanità è ormai al limite estremo. In questa situazione
il ruolo della politica diventa
prioritario, fondamentale.
I governi non potranno essere
soddisfatti solo ed esclusivamente
della “formale” adesione al protocollo di Kyoto ma dovranno conseguentemente attuare politiche
di economia sostenibile puntando
sulle fonti rinnovabili riportando
l’intero ecosistema mondiale ad
una certa normalità. Dovrà essere
la politica ancora una volta, a farsi carico di vestire di ulteriori
contenuti il protocollo di Kyoto,
pietra fondamentale per la salvezza dell’umanità. Nella misura in
cui queste politiche saranno attuate si potrà avere certezza di chi
realmente predica bene ed agisce
conseguentemente e di chi, al
contrario, razzola male.
Anche la politica italiana non
dovrà esimersi dal farsi carico della grande questione del secolo:
quella ambientale. L’occasione
oggi data dalla costituzione imminente d’un partito nuovo è la grande speranza che questi temi non
siano residuali nel processo costituente, ma, al contrario, fondativi.
Il Partito Democratico sarà tale
solo se assumerà la cultura ecologista al pari di quella cattolica democratica e socialista, ispiratrice
d’un vero e nuovo soggetto politico proiettato verso le grandi sfide
della società moderna.
La fatidica data del 14 ottobre è
dunque un momento storico in cui
vi sarà un sano esercizio di democrazia partecipativa ma anche
un’opportunità di riempire di nuovi contenuti, come l’ambiente,
l’innovazione ed il lavoro, questo
virtuoso processo messo in atto.
Sarà, inoltre, un’immancabile occasione di avvvicinare tanti giovani e tante espressioni della società
civile ovvero tanti uomini e donne
ad un processo nel quale le loro
idee avranno spazio. Sarà, così,
saldato quel debito morale che secondo il filosofo Hans Jonas, a
proposito delle questioni ambientali, esiste tra le generazioni precedenti ed attuali con quelle future.
8
ATTUALITÀ
Durante l’estate ormai trascorsa
la bestialità dei piromani ha acceso
e riacceso la furia del fuoco in varie
e numerose zone del territorio di
Corigliano. Incendi di vaste proporzioni hanno interessato negli ultimi
giorni d’agosto i fitti boschi di macchia mediterranea presenti nella
zona montana di Piana Caruso lungo la strada provinciale che conduce verso la Sila. I primi focolai erano divampati nel pomeriggio di
giovedì 30 agosto, ed erano stati
circoscritti nell’arco di alcune ore
dai Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano. Ma nelle ore
successive il fuoco era ricomparso
con prepotenza, alimentato anche
dal forte vento che spirava nella
zona. Certa la responsabilità d’uno
sparuto gruppo di piromani incalliti. Che - ne siamo altrettanto certi anche se già “individuato” da chi ha
svolto le indagini, resterà impunito
per insufficienza di quegli elementi
che avrebbero già dovuto consentirne l’arresto. Recandoci a Piana Caruso sabato primo settembre e nei
giorni successivi abbiamo infatti
avuto la forte impressione che siano
stati in molti ad aver visto qualcosa
e qualcuno. E che gli stessi abbiano
preferito tacere, limitandosi a fornire agli inquirenti elementi del tutto
irrilevanti. A Piana Caruso d’estate
vi sono i residenti e i coriglianesi
“villeggianti”. Tutti sul banco degli
imputati dunque, in un processo che
non vede e certamente non vedrà
alcun colpevole. Nella zona interessata dai diversi e vasti focolai per
due giorni erano stati impegnati oltre ai Vigili del Fuoco anche una
cinquantina di agenti del Corpo Forestale della Stazione di Corigliano
e di quelle dei comuni vicini, coadiuvati da Canadair ed elicotteri
della Regione. E, come se non bastasse, durante le operazioni di spegnimento era capitato anche un
pauroso incidente. Esso aveva coinvolto i componenti l’equipaggio di
un autobotte del Corpo Forestale,
che aveva preso fuoco. L’esplosione era avvenuta intorno alle 11 del
mattino del 31 agosto: per il conducente e gli altri componenti l’equipaggio per fortuna non vi erano state gravi conseguenze. L’autobotte
della Forestale impegnata nelle
operazioni di spegnimento di alcuni
grossi focolai era stata improvvisamente investita dalle fiamme e poi
era esplosa, quasi certamente a causa del repentino cambiamento della
direzione del forte vento che percuoteva la zona. I tre componenti
l’equipaggio erano riusciti con
grosse difficoltà a portarsi in salvo
prima che le fiamme investissero il
mezzo. Gli uomini facevano parte
del contingente di unità specializzate inviato a rinforzo dei comandi
territoriali. Il mezzo andato a fuoco
era uno dei cinque modelli Iveco
40.13 che erano stati inviati dalla
Gli incendi
devastano il territorio
Tutti imputati,
nessun colpevole
I roghi di fine agosto a Piana Caruso
“parlano” di una città omertosa
FABIO BUONOFIGLIO
Regione Emilia Romagna per affrontare l’emergenza roghi nelle regioni del Sud Italia. Complessivamente erano ventuno le autobotti
che lo scorso 29 agosto l’Ispettorato Generale del Corpo forestale dello Stato aveva messo a disposizione
delle regioni maggiormente colpite
dai roghi di fine agosto, come Calabria e Campania. Ma l’incendio nel
corso del quale a Corigliano è avvenuto l’incidente aveva reso le operazioni di spegnimento particolarmente difficoltose, perché l’intera
zona è cosparsa dalla presenza di
case di villeggiatura e strutture di
ricettività turistica immerse nel verde delle stesse aree boschive interessate. Alcune di esse erano state
fatte momentaneamente evacuare
continua >>>
ATTUALITÀ
dai pompieri. Nell’estate degli incendi il bilancio registratosi a Corigliano è ragguardevole. I giorni
precedenti i gravi fatti di Piana Caruso erano stati caratterizzati da un
ampio fronte di fuoco, anch’esso di
chiara natura dolosa, sviluppatosi
nella zona collinare della Jacina, in
centro storico, nei pressi del consistente nucleo urbano che attraversa
il lungo viale delle Rimembranze e
conduce all’ingresso dell’ospedale
“Compagna”. Ed è proprio nelle vicinanze del presidio ospedaliero
che si era sfiorata la tragedia, in
conseguenza del violento incendio
che aveva lambito alcune abitazioni
bruciando completamente alberi ad
altra vegetazione presente nella parte bassa dello stesso viale delle Rimembranze. Nell’opera di spegnimento erano stati impegnati per alcune ore i Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano unitamente
a mezzi e personale dell’Afor e del
Comune. Un intervento tempestivo
e “in forze” che aveva scongiurato
9
il pericolo di un avanzamento del
fuoco fino alle case ed ai palazzi.
Sul posto erano accorsi numerosi
agenti della Polizia Municipale guidati dal comandate Arturo Levato, e
il sindaco Armando De Rosis. Il
primo cittadino ha vissuto in prima
persona anche i drammatici momenti di qualche giorno dopo, a
Piana Caruso. Tanto in luglio quanto in agosto il Coriglianese è stato
in lungo e in largo fatto “preda” da
parte dei pirati dal cerino facile, che
hanno colorato di nero buona parte
delle valli e delle radure. Particolarmente prese di mira quelle che costeggiano il centro storico cittadino.
I piromani dell’estate, abituati ad
agire tanto di giorno quanto nelle
ore serali e notturne, non hanno
mancato il consueto appuntamento
atto a colpire le periferie urbane
prendendo di mira le sterpaglie nelle radure. Per questo i residenti avevano già sollecitato una maggiore
opera di sorveglianza da parte delle
competenti autorità dal momento
che, a fronte delle emergenze connesse ad incendi di più vaste proporzioni, le squadre dei Vigili del
Fuoco spesso devono necessariamente attardarsi ad intervenire. E
mentre il Comune è impegnato ad
approntare il catasto delle aree interessate dal fuoco per come richiesto
dal Prefetto Pietro Lisi, oggi urge
anche e soprattutto l’attivazione del
già istituito distaccamento cittadino
dei Vigili del Fuoco.
10
DALLA PRIMA PAGINA
Corigliano città dell’arte
e della fotografia
COSIMO REALE
Navigando su internet si può trovare
dappertutto, girando tra le più grosse
librerie di Milano o di Roma si scovano libri che la ritraggono e la raccontano in tutta la sua essenza. Nei
circoli fotografici di mezza Italia e
anche all’estero, molti stanno facendo un pensierino a fare un salto da
noi e moltissimi ci invidiano, rammaricati di non poterci essere. Parlano di lei, nelle edicole, i maggiori
rotocalchi e settimanali, “il
venerdì” di repubblica, “Io
donna” del Corriere della
Sera, Panorama e, ancora, riviste specializzate come
“FOTO cult”, ecc.
L’organizzazione
della
manifestazione, quest’anno,
è tutta curata dall’Associazione culturale, “Corigliano
per la Fotografia”, che sin
dal secondo anno e in sintonia con l’assessorato alla
cultura del comune di Corigliano, ne ha fatto crescere
l’interesse, rendendo partecipi e protagonisti i giovani
(come è successo nell’edizione 2006 con l’intervento
di Enrico Bossan che, per
l’occasione, ha realizzato
una sorta di reportage “ritrattistico-sociologico” di grande impatto) e coinvolgendo
semplici appassionati, accrescendone interesse e ampliandone conoscenze sia
tecniche che artistiche.
La grande capacità del
“mezzo fotografico”, per
promuovere il territorio e
l’immagine dell’intera regione ricca di preziosi siti d’arte
e di numerose bellezze naturalistiche, ha indotto, anche per quest’anno, sia l’Amministrazione Comunale che l’Assessorato regionale
al turismo, a patrocinare e a finanziare la rassegna.
Un teatro, questo nostro coriglianese, che ha visto in scena, nelle
precedenti edizioni, attori importanti
come, l’ormai affezionatissimo
Gianni Berengo Gardin (al quale
dovremmo pensare di proporre la
cittadinanza onoraria) presente a tutte le edizioni precedenti ed oggi, ancora, con una bellissima mostra dal
carattere retrospettivo, intitolata, “la
mia Calabria”;
Mimmo Jodice, uno degli artisti
italiani più famosi nel mondo, presente nelle più importanti gallerie
internazionali con numerose mostre
e pubblicazioni. Quando è stato con
noi , di cui serbiamo un ricordo bellissimo per la sua grande umanità,
aveva appena finito un lavoro sul
“Silenzio” e ne stava iniziando, un
altro, sul “Nulla”.
Ferdinando Scianna, amico personale dell’Immenso Henri Cartier
Bresson, che lo volle nella mitica
Agenzia Magnum e di cui, per molto
tempo, fu l’unico italiano a farne
parte. Amico e collaboratore di Leonardo Sciascia e di altri grandi della
letteratura che hanno curato molti
dei suoi libri fotografici.
Francesco Radino, sociologo,
fiorentino della provincia, che ha interpretato Corigliano con una serie
di storie di terra e di mare. Uno degli “artisti” più influenti nel panorama della fotografia contemporanea
in italia.
Gabriele Basilico, “da considerarsi a tutti gli effetti un caposcuola
di uno stile, ormai, guardato come
modello, ha realizzato una ricognizione sul territorio di Corigliano,
narrando con generosità ed autorevolezza e liberando i principi estetici
ed i più classici dei canoni architettonici dalle soffocanti logiche cementizie”. Non possiamo nascondere
per gli esperti del settore e vengono
ritenuti momenti altamente formativi. La sua forza maggiore sta nell’inventiva e nell’intuito.
Letizia Battaglia, la testimonianza vivente di un epoca insanguinata
dalla mafia. Fotografa, giornalista e
donna profondamente impegnata.
Oggi, a settant’uno anni, l’obiettivo
della sua macchina fotografica lo
punta, con poesia, sui bambini.
Shobha, figlia d’arte, ha condiviso con Letizia Battaglia, sua mamma, il periodo caldo della guerra di
mafia in Sicilia. Donna molto impegnata e fotografa conosciuta e ricercata in tutto il mondo; predilige soprattutto soggiornare per lunghi pe-
il fatto che, quando vedemmo le sue
opere per la prima volta, lo Scalo di
Corigliano ci sembrò più bello.
Franco Fontana, un cuorone
grande, generoso e pieno di poesia,
le sue foto esaltano il colore rendendo, “i territori ripresi, veri e propri
astrazioni pittoriche della più consolidata avanguardia europea”. Modenese settantacinquenne, in lui si incontrano professionalità, cultura,
simpatia e umiltà così come si evince dalla bella intervista rilasciata
alle giovanissime Cecilia e Gaia sul
n. 81 de “il Serratore” 2005.
Maurizio Galimberti, dall’irrefrenabile vena creativa, attraverso
un affermato linguaggio fotografico
tutto personale: la foto con la polaroid e ideatore del ritratto a mosaico. Una sorprendente testimonianza
ricca di umanità e storia personale.
Mario Dondero, il grande colto.
“Un protagonista scomodo, autonomo e originale”, una delle più importanti e singolari voci del fotogiornalismo contemporaneo.
Oreste Pipolo, il fotografo delle
spose. “L’eroico interprete dei sogni
(incubi?) di aspiranti sublimi esempi
di bellezza ed eleganza, almeno per
un giorno”. Le sue immagini sono
diventate un vero e proprio genere. I
suoi seminari diventano una tappa
riodi in India, dove vive e lavora.
E, poi, altri ancora come, il greco
Nikos Economopoulos, l’americano
Jeff Dunas, il francese Pierre Devin, Guido Guidi, Giorgia Fiorio,
Antonella Monzoni, Daniele Dainelli, Ken Damy, Serena Gallini.
Un palcoscenico che raccoglie in
città, anche quest’anno, critici, intellettuali, studiosi, editori, giornalisti,
docenti universitari che, per sei giorni,
saranno
protagonisti
di
workshop, incontri, conferenze e dibattiti, tra questi un nome per tutti,
Antonella Pierno (docente di foto-
grafia a Brera per lunghi anni e oggi
a Lecce) che è diventata, ormai, una
presenza stabile per questo evento.
La sua azione ha accompagnato tutte
le brochure e tutte le conferenze e i
dibattiti più importanti di questi cinque anni, (non ultimo il virgolettato
di questo scritto), soffermandosi
prevalentemente sulle “potenzialità
intrinseche del mezzo fotografico”
anche come forma artistica tra le più
democratiche.
Ma soprattutto fotografi di fama
internazionale come:
James Whitlow Delano, con una
mostra dal titolo “impero. Impressioni dalla Cina”;
Claude Nori, le sue foto sulle pareti del castello parlano di
felicità, non a caso la mostra
è intitolata “giorni felici” e
terrà un Workshop di due
giorni su: “lo spazio creativo
del libro”;
Toni Thorimbert, la sua
mostra si chiama “alla moda
di Corigliano” ed è la riproposizione del servizio fotografico di ben trentadue pagine realizzato nel 2005 per
conto di “Io Donna” del Corriere della Sera. Terrà un
Workshop di due giorni sulla
Moda; Grazia Neri, che festeggia a Corigliano i quarant’anni di vita della sua
prestigiosa Agenzia.
E, infine, Francesco
Cito, il miglior foto-giornalista italiano, così come
l’hanno definito alcuni suoi
emeriti colleghi. Sicuramente uno dei più grandi reporter di guerra degli ultimi decenni. Personaggio eclettico
di grande simpatia e umanità, abbiamo trascorso insieme a lui gli ultimi giorni caldi e afosi del trascorso mese
di agosto 2007 mentre lavorava al suo reportage su Corigliano. La foto della locandina e della brochure, emblema del
festival 2007, “il tuffo dal faro”, che
è una delle quarantacinque esposte
in mostra al castello, è stato un grande successo e ha prodotto riflessioni
e un bel dibattito tra i coriglianesi e
non solo.
Gli organizzatori del festival
l’Associazione, “Corigliano per la
Fotografia” e i due direttori artistici,
Cosmo Laera e Gaetano Gianzi si
augurano che intorno alla manifestazione cresca sempre di più interesse
e
entusiasmo.
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