Alla ricerca del tempo perduto Il sistema sanità Verso il Partito
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Alla ricerca del tempo perduto Il sistema sanità Verso il Partito
ROSSO GIALLO NERO BLU ROSSO GIALLO DISTRIBUZIONE GRATUITA BLU NERO BLU ROSSO GIALLO NERO ANNO V- N. 5 AG-SETT-OTTOBRE 2007 PERIODICO DI COMUNICAZIONE SOCIALE - CULTURALE - ISTITUZIONALE Alla ricerca del tempo perduto ANTONIO GIOIELLO La bufera giuridica al comune di Corigliano pare passata, o quantomeno offre una pausa che consente il ritorno alla normalità. Sindaco, giunta e consiglio comunale hanno riassunto le loro funzioni e ripreso le loro attività. Alla stessa normalità si spera ritorni la dialettica tra le parti e con serenità ci si augura possa riprendere la riflessione politica, in particolare in relazione alla situazione che tutta la vicenda ha riconsegnato, a partire dal quadro politico nella città, sostanzialmente diverso a quello successivo alle elezioni comunali del 2006. Infatti, l’amministrazione era in minoranza. E questa condizione, non superata, ha portato allo scioglimento del consiglio comunale. Oggi, dopo la reintegra, per provvedimento del TAR Calabria, la stessa è sostenuta dal centrosinistra e da altri consiglieri eletti in liste avverse al sindaco. Tale nuova situazione pone ine- PH. COSIMO REALE (continua a pag. 2) Il sistema sanità GIUSEPPE A. VULCANO Di fronte alla limitatezza delle risorse economiche ed alla necessità di assicurare le cure sanitarie in maniera universale, da più di un decennio ormai, tutti gli interventi del legislatore italiano hanno teso alla responsabilizzazione degli enti regionali e a stimolare una corretta allocazione delle risorse economiche. Questo sforzo ha prodotto negli anni una notevole quantità di normative e di regolamenti che hanno definito correttamente priorità e standard nell’erogazione dei servizi assistenziali. Tuttavia questo sforzo notevole è stato quasi sempre eluso in gran parte delle Regioni italiane, in particolare da quelle meridionali, tese ad inseguire e perpetuare il consenso politico. (continua a pag. 4) BLU ROSSO Quali strategie per il futuro di Corigliano? Lacasa della città LUISA SANGREGORIO Quando una comunità si dà una nuova guida politica, spera ogni volta di vedere risolti problemi vecchi e nuovi. Così con la giunta De Rosis è rinata la voglia di un vero Municipio, una Casa dei Cittadini. Non che Corigliano non ne abbia uno, al contrario ne ha tante, troppe. Questo è un primo aspetto del problema: uffici sparsi in varie sede, alcune delle quali di proprietà privata e in condizioni fatiscenti. La mancanza di una concentrazione razionale degli organismi amministrativi porta con sé una gestione antieconomica dell’azienda comune. Se ci fosse un unico Palazzo di Città e se appartenesse, come di solito accade, all’amministrazione pubblica, non si dovrebbero sborsare migliaia di euro per i diversi fitti e le altre utenze. E, poi, chi non ha mai avuto bisogno di un certificato? Le condizioni di alcuni uffici le conosciamo tutti. Per fortuna i computer sono arrivati anche in questo passato remoto di sud e per ciò che riguarda l’efficienza e la velocità nell’ottenere un documento, in molti casi, si va lisci come l’olio. (continua a pag. 4) GIALLO NERO BLU ROSSO MANUELA FRAGALE In sordina per mesi, il fenomeno “Principato di Corigliano” è esploso creando un rumore irritante, amplificato sia dalle dichiarazioni a mezzo stampa del “principe” e dell’assessore Candido – che lo aveva nominato – sia dalla revoca della delibera di Giunta con la quale il Principato era stato istituito. Lasciata alle spalle la baronia dei Compagna, infatti, il feudo era passato nelle mani di un anonimo principe, non prima di essere “benedetto” da una Dea. Già, perché risponde al nome di Dea D’Aprile la presidentessa della società milanese World Life European Communication che, con un ambizioso piano di marketing territoriale denominato “Principato di Corigliano”, avrebbe dovuto guidare la città verso lo sviluppo. Mirabili le intenzioni: promuovere il turismo e il patrimonio artistico attraverso il rafforzamento dei rapporti internazionali con i consolati e le ambasciate, con gli organismi governativi e con le principali università europee per rafforzare gli scambi culturali, artistici ed economici. (continua a pag. 6) GIALLO NERO BLU ROSSO Verso il Partito Democratico MARIA SALIMBENI Ho riflettuto a lungo sull’avventura del costituendo partito democratico. Diverse ragioni mi spingevano a diffidare non tanto della bontà del progetto quanto della sua concreta possibilità di realizzazione. Ritenevo non opportuno che l’accelerazione data al processo di formazione avvenisse nel momento in cui le due maggiori (continua a pag. 7) Corigliano città dell’arte e della fotografia per sei giorni dal 4 al 9 ottobre artisti internazionali vivranno e racconteranno la città COSIMO REALE La 5° edizione del festival “Corigliano per la fotografia” è in avanzata fase di svolgimento. Scenario della manifestazione è, ancora una volta, il maestoso ed accogliente castello ducale della città. Corigliano, in quest’ultimo periodo, sta assumendo, sempre di più, le caratteristiche di “città della fotografia”. (continua a pag. 10) GIALLO NERO 2 POLITICA ISTITUZIONALE DALLA PRIMA PAGINA Alla ricerca del tempo perduto ANTONIO GIOIELLO vitabilmente alcune questioni di ordine politico, che non sembrano al momento essere affrontate. E dalle quali, secondo il mio parere, non si può prescindere. Intanto la riconoscibilità della stessa neomaggioranza. Non essendo una maggioranza eletta dai cittadini, ma formata in consiglio comunale, è doveroso chiarire da chi è composta. Non è superfluo ricordare che al momento delle elezioni, candidati a sindaco e candidati a consigliere sono collegati da liste di appoggio e sono vincolati da un programma elettorale. Essendo la situazione venutasi a creare a Corigliano anomala, è necessario che i soggetti (politici) tra i quali si stabilisce una nuova alleanza siano riconoscibili. Inoltre, il programma. Il programma presentato dal sindaco al suo insediamento non è stato approvato. Consiglieri che adesso lo sostengono, come è noto, allora votarono contro. Quindi, questa neomaggioranza si è formata con quali finalità? Quale “patto” la tiene? Per realizzare quale programma? Si dice “per il bene della città”, è una precondizione necessaria, ma non basta, non è sufficiente. Sembra una affermazione così scontata da apparire elusiva, quasi banale nella sua ovvietà, potrebbe essere detto il contrario? In realtà, ci sono le scelte che bisogna compiere e bisogna che si conoscano su quali priorità e su quali orientamenti si basano. Si rappresenta e si amministra una città. Ed è dovuto che sia chiaro “quale maggioranza” e “quale programma”. L’eccezionalità della condizione impone maggiore e non minore chiarezza. Non possono esserci ambiguità. Sorprende che concetti e principi di democrazia così elementari possano essere trascurati o addirittura da alcuni vissuti con fastidio. E meraviglia che non si colga lo stretto legame tra la chiarezza politica e la capacità amministrativa. La chiarezza, la trasparenza, la coesione, il consenso sono elementi essenziali per una buona amministrazione. Senza questi ingredienti l’azione amministrativa diventa sterile, sconnessa, le viene a mancare un disegno ed un progetto che la finalizza e le da coerenza. E di fronte alle scelte di fondo si ferma e poi arretra. Ma sopra tutto e prima di maggioranza e programma: il progetto politico. In un recente intervento una espressione è stata malintesa e strumentalizzata. Si diceva “L’esperienza amministrativa del sindaco De Rosis e della sua giunta PH. COSIMO REALE è politicamente terminata il 20 ottobre, quando il consiglio comunale non ha approvato il riassetto di bilancio”. Era evidente dal contesto di quell’articolo che ci si riferiva a quei primi quattro mesi, ed a quella specifica esperienza, verso la quale si conferma quel giudizio. Che non poteva che fallire. E volerla fare sopravvivere artificiosamente nell’equivoco è un grave errore. La decisione del TAR offre invece al centrosinistra ed alla città un’altra occasione, inaspettata ed imprevedibile. E ridà al sindaco una ulteriore possibilità. Non per continuare come se nulla fosse successo e nulla fosse cambiato. Ma per ri-cominciare. Per rimediare agli errori commessi. Per rilanciare “veramente” lo spirito che ha animato la fase delle candidature e della campagna elettorale ed ha portato migliaia di cittadini ad avere fiducia in una proposta affascinante, che si sostanziava in un’idea di politica al servizio della collettività e lontana da lotte di potere. Che prometteva di mettere in campo le migliori risorse, senza piegarsi a compromessi di basso profilo. Viviamo in un periodo in cui la classe politica italiana, ad ogni livello, è invisa alla popolazione. Per i privilegi ingiustificati, per i suoi costi sproporzionati e l’occupazione di ogni sfera della vita pubblica. Tanto da essere identificata in una casta. Ma soprattutto quello che la gente non sopporta, che non tollera e che non perdona è la superficialità e l’inadeguatezza con cui si gestisce la cosa pubblica e la percezione (convinzione) che la classe politica occupi le istituzioni non per servire la comunità ma per meglio favorire i propri interessi personali e familiari. Molte delle motivazioni sia della vittoria elettorale alle comunali del 2006 di De Rosis che della sconfitta del suo avversario si identificano proprio nel messaggio contenuto nella campagna elettorale di De Rosis di rappresentare queste istanze. Di essersi proposto come un volto nuovo della politica, non perché giovane e puro, ma perché portatore di una volontà di dire basta con una politica vecchia, fatta di pressappochismo, approssimazione e votata all’autogratificazione e perché promotore attraverso la partecipazione attiva dei cittadini di una gestione dell’amministrazione pubblica trasparente ed orientata al solo bene comune. Quello che si richiede e ci si attende è di attuare il senso ed il significato del mandato elettorale ricevuto, finalizzato a realizzare questi obiettivi. Non si vuole un abbandono della scena, ma una svolta decisa verso i valori posti alla base del progetto politico iniziale, forse ancora non del tutto compromesso, prima che sia troppo tardi e non ci sia più rimedio. Si vuole richiamare al progetto politico di cambiamento, di rinnovamento, di modo nuovo di fare politica e di amministrare, per il quale i cittadini hanno dato il loro consenso e da subito disatteso. Di cominciare da dove, purtroppo, non si è partiti. Alla ricerca del tempo perduto. Ma per poter ri-cominciare, occorre affrontare e non eludere i nodi politici. Siamo ad una fase cruciale, che condizionerà fortemente gli anni a venire. Che richiede una precisa e netta assunzione di responsabilità del sindaco. O il sindaco investe su una rinnovata progettualità che si richiami ai principi espressi in campagna elettorale oppure rischia di perdersi nell’inseguire i mille problemi quotidiani. Nel rincorrere l’indecente e patetico spettacolo degli uni contro gli altri. E sarà costretto a barattare ogni eventuale verifica politica sulla base di quanti voti a preso questo o quel partito o (peggio) di quanti voti a preso questo o quel candidato. E passare come altri sindaci sono passati. DAL Di recente mi sono recato con amici in Romania. Un viaggio imprevisto e privo di quel minimo di organizzazione che crea un idea conduttrice rispetto alle cose che si pensa di trovare o che si vuole visitare. Ho deciso di osservare e fotografare, curiosando nella vita della gente, cercando di intuirne la Storia “a posteriori” rubandola alle immagini. Passeggiavo a Fagaras, città di 45.000 abitanti circa, seconda per importanza nella contea di Brasov, sede di un’università importante, terza per grandezza in Romania, fotografando gli edifici che attiravano la mia attenzione. Dopo un certo cammino, vagando senza meta, mi sono trovato a fotografare un edificio abbandonato. Solo dopo il primo scatto ho realizzato di trovarmi davanti ad una Sinagoga: era in abbandono generale, il cortile con la recinzione piena di varchi era diventato un ricettacolo di sporcizia, vetri e finestre rotte. Guardando verso l’interno solo calcinacci, mucchi di roba rotta e abbandonata, macchie di umidità e colori delle pareti sbiaditi. I muri in relativo buono stato di conservazione. Il tutto faceva pensare ad un recente e frettoloso abbandono. Ho avuto la percezione come se la comunità ebraica, scampata al genocidio, alla persecuzione del regime sovietico, alla dittatura di Ceausescu, abbia voluto scappare via appena possibile. Infatti, dopo il crollo del Muro di Berlino e aperte le frontiere, gli ebrei, i pochi rimasti, sono andati via dalla Romania. La presenza ebraica in Romania è attestata sin dal II secolo dopo Cristo. Su 240.000 ebrei censiti nel 1914 soltanto 2.000 godevano di piena cittadinanza. Alla fine dell’Ottocento l’antisemitismo era già diffuso in tutta la Romania e ciclicamente si verificavano massacri di ebrei. Già nel 1895 veniva fondata l’Alleanza Antisemita Universale ad opera di Nicola Jorga e Alexander Cuza e nel 1910, i due fondarono il Partito Nazionale Democratico, nel programma chiedevano la segregazione degli ebrei. Nella si- MEMORIADIIERI ESTORIEDIOGGI ISACCO NUNA stemazione territoriale, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, secondo accordi internazionali, alla Romania toccarono la Bessarabia e la Bucovina. Di fatto la Romania aveva triplicato la componente ebraica: non era più possibile continuare a discriminare 756.930 ebrei. Va ricordato che nel 1923, a seguito di accordi internazionali, il re Ferdinando I abolì l’articolo 7 della Costituzione che discriminava gli ebrei e concesse loro parità effettiva di diritti. Tali illuminate concessioni saranno vanificate dalle leggi razziali emanate nel 1938 e nel 1940. La Romania era alleata di Hitler e Mussolini, ma anche vittima del Trattato di non aggressione von Ribbentropp-Molotov. Nell’estate del 1940 il governo rumeno, in seguito all’ultimatum dettato dall’Unione Sovietica, dovette cedere all’URSS la Bessarabia e la Bucovina. Si calcola che il 7-10% della popolazione di quelle due regioni erano ebrei. Durante il ritiro delle truppe e delle autorità rumene si verificarono delle aggressioni verso le comunità ebraiche. Il pretesto fu dato dal fatto che parte della popolazione ebraica aveva salutato con favore l’ingresso delle truppe sovietiche, un saluto che da parte rumena fu interpretato come un tradimento. Il peggio sarebbe dovuto arrivare dopo il 22 giugno 1941. I rumeni parteciparono all’aggressione tedesca all’URSS. In quelli anni di guerra si calcola lo sterminio di circa 400.000 ebrei. Solo nell’estate del 1944, quando la battaglia di Stalingrado segnò il destino del conflitto mondiale, la Romania si dissociò e offrì rifugio agli ebrei. Dopo la seconda guerra mondiale, in Romania, come in buona parte dell’Europa centro-orientale, molti ebrei scampati alla Shoah MONDO 3 abbracciarono l’idea del comunismo nella speranza di costruire un mondo nuovo, senza antisemitismo e senza differenze etniche e religiose. Le loro scelte furono spesso motivo di incomprensioni tra loro e le società in cui vivevano e nelle quali cercavano l’integrazione. Per gran parte delle popolazioni, infatti, il comunismo e l’arrivo dell’Armata Rossa rappresentarono la sconfitta della guerra e la perdita dell’indipendenza, mentre per gli ebrei significarono una nuova speranza di salvezza e di integrazione nella società. Queste diverse percezioni dei nuovi regimi comunisti originarono nuovi stereotipi. In particolare si sviluppò il mito della cosiddetta “giudeocomune”. Il nuovo totalitarismo veniva identificato in un presunto potere ebraico e questo avveniva proprio nei Paesi nei quali milioni di ebrei erano scomparsi per mano di Hitler, ma anche per la pesante complicità di regimi filonazisti e per l’indifferenza della società civile. Nell’immediato dopo Guerra una parte degli ebrei rumeni emigrarono in Palestina e successivamente nel nuovo stato d’Israele. Durante il regime Sovietico era proibito ai cittadini lasciare per qualsiasi motivo il loro Paese. Lo stato d’Israele con intese faticose e lunghe trattative, volta per volta, riuscì a fare emigrare, dietro consistenti pagamenti, numerose famiglie in Israele. A questo punto è inevitabile il collegamento tra fatti di ieri e storie di oggi 16 aprile ’07: il folle omicida coreano di 23 anni, studente alla Virginia Tech, stermina 33 studenti. Uccide anche Liviu Librescu, professore di Meccanica e Aeronautica nella stessa Università, morto nel tentativo estremo di proteggere i suoi allievi da quella follia omicida. Liviu Librescu era un insegnante ebreo-israeliano di origine rumena sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. Emigrato in Israele per l’intercessione personale del primo Ministro Menachem Begin sul presidente Nicolae Ceausescu. Ironia della sorte è morto nel giorno della commemorazione della Shoah in Israele. 4 ATTUALITÀ DALLA PRIMA PAGINA La casa della città LUISA SANGREGORIO brano essere l’abbandono e la decadenza. Paradossalmente è in forma smagliante, invece, il luogo da cui tutto ebbe origine. Vale a dire l’antica sede del Municipio nel centro storico nei pressi del Castello duca- PH. COSIMO REALE Ma, oltre all’iter burocratico, la più elementare pratica richiede al cittadino coriglianese uno slalom ginnico dovuto a uffici situati lontani gli uni dagli altri. Così l’effetto di repulsione verso la burocrazia viene acuito per giunge al suo culmine quando si entra dentro i suoi meandri. Si prenda l’ufficio anagrafe, tanto per non restare sul vago. Arredi di archeologia pubblica fanno anche da divisori per alcuni ambienti addobbati con festoni di cavi elettrici e telefonici trattenuti al muri da meschini chiodini ai quali vengono richiesti sforzi disumani. E non si tratta di inestetismi architettonici, ma di sostanziali ostacoli allo svolgimento di un lavoro dignitoso ed efficiente da parte degli impiegati. In parte abbiamo fatto l’abitudine a questo stato di cose, ma l’adattamento non fa dimenticare che cambiare in meglio si può. Anche perché il comune in parte lo ha già fatto. Il Palazzo Garopoli ne è un esempio. Il problema è che manca ancora il volto vero e unitario del Municipio, quel luogo che ci dovrebbe rappresentare tutti non c’è. La destinazione definitiva è Palazzo Bianchi in Piazza del Popolo, che secondo alcuni si rivelerà insufficiente a contenere tutti gli uffici che sono da più un quarantennio temporaneamente in fitto in più di un palazzo nel Rione Ariella. Ma anche a questo si potrà porre rimedio recuperando un altro pezzetto di centro storico. Non è di proprietà pubblica anche un palazzo vicino? Resta comunque l’amara e quotidiana constatazione che nella sede scelta nel ’95 dalla giunta Geraci per il Municipio finora gli unici padroni sem- le. Fu abbandonato da quando (siamo alla fine degli anni ‘60), i locali non furono più adeguati alle esigenze dei tempi. Oggi quel bel municipio è un gioiellino, restaurato finemente che fa bella mostra di sé in particolari occasioni, l’ultima in ordine di tempo la mostra documentaria “Sebben che siamo donne”. Un prezioso ricordo del passato che potrebbe comunque svolgere una funzione non soltanto museale. Riuscirà l’amministrazione De Rosis a dare ai cittadini coriglianesi un interlocutore istituzionale unitario e dignitoso? Intanto su queste pagine continueremo a ricordarci della comunità coriglianese che si chiede dove sia casa sua. DALLA PRIMA PAGINA Il sistema sanità GIUSEPPE A. VULCANO D’altra parte essendo la legislazione di tipo premiale, rispetto al mantenimento del patto di stabilità, ed aleatori e non controllati i sistemi di contabilità economico-finanziaria delle Aziende sanitarie e delle Regioni, tutti i bilanci sono stati costruiti su dati falsi, tesi ad usufruire delle quote di finanziamento per pagare il debito degli anni precedenti, mentre si accumula quello dell’anno corrente. Inoltre trattandosi di criteri meramente economici, prescindenti dalla qualità dei servizi erogati, la Regione Calabria ha negli ultimi anni abbandonato ogni barlume di programmazione e riorganizzazione, rinunciando a interventi di razionalizzazione e modernizzazione del proprio sistema sanitario regionale pur di presentare conti che la potessero tenere dentro il patto di stabilità ed usufruire delle quote di finanziamento, come sta puntualmente avvenendo. In più, il bilancio regionale è costituito al 70% dalla sanità e quindi è facile capire come questa sia uno dei più validi motivi della crisi politica in cui si avviluppa l’intera classe dirigente calabrese di questa, ma anche delle passate legislature. Da tutto ciò discendono decisioni legislative regionali che nel tentativo di risolvere qualche problema finanziario producono effetti contrari. Il cosiddetto accorpamento delle aziende sanitarie su base provinciale, non aggredisce il nodo vero dell’inefficienza e dell’inefficacia dei servizi erogati e dello spreco delle risorse economiche, bensì, nella impostazione centripeta del governo della sanità, pone ulteriori premesse di spreco inefficien- Leggere per crescere a Corigliano GIULIA BENVENUTO Stimolare negli adulti la pratica della lettura e del racconto ad alta voce alimentando l’interesse e l’amore verso i libri e rafforzare i legami affettivi all’interno della famiglia è l’obiettivo primario che si propone il Progetto”Leggere per Crescere”. I bambini da 6 mesi a 6anni sono i protagonisti del Progetto promosso da GlaxoSmithKline, patrocinato dal MIUR, da Rai Segretariato Sociale e da molte Regioni. Nel mese di Luglio, tale Progetto è stato presentato a Corigliano, grazie all’impegno della “Fondazione De Luca” (www.fondazionedeluca.it), promotrice dell’iniziativa, dell’interesse delle autorità locali e dell’Associazione “Forza ragazzi”. Il programma nazionale “Leggere per Crescere” si rende operativo a Corigliano nella propo- sta “Il piacere di leggere e ascoltare”. L’iniziativa risponde a diverse caratteristiche: quelle di informare e maturare i genitori sui valori e sui benefici della lettura ad alta voce, di favorire un pieno sviluppo psicoemotivo, oltre alla creazione di una relazione affettiva con il libro, promuovendo nel frattempo un atteggiamento positivo nei confronti della lettura. Per il suo sviluppo nel territorio, tuttavia sono indispensabili accordi di collaborazione tra le Istituzioni coinvolte, librerie, farmacisti, pediatri e, ovviamente, le scuole. Infatti, la prima iniziativa che i referenti locali del Progetto si propongono sarà avviata, nel mese di Novembre, con un corso di formazione, a carico dell’Azienda farmaceutica, rivolto alle educatrici di asilo nido, docenti della scuola dell’Infanzia e a coloro che desiderano prestare la loro attenzione e il loro za e inefficacia. Il sistema sanitario della piana di Sibari attraversa una crisi mai raggiunta in passato e la discussione nel merito è viziata dalla logica degli addetti ai lavori, interessati alla giustificazione e alla perpetuazione dell’esistente per mantenere in piedi situazioni assolutamente personali. Mentre i sindaci sono mobilitati dalle esigenze dei dipendenti del servizio sanitario, piuttosto che dalle necessità sanitarie della sua popolazione. Magari facendo leva sulla insicurezza dei cittadini e sulla falsa convinzione che i bisogni sanitari vengono risolti dall’ospedale sotto casa. Necessita il coraggio del politicamente scorretto e del dire quello che non si può: nelle nostre strutture di erogazione dei servizi sanitari c’è spreco, inefficienza e inefficacia che sfocia a volte nella malasanità. Bisogna cominciare a dire che c’è tanta compiacenza e spesso omertà e che la cosiddetta professionalità e abnegazione è ormai limitata a una minoranza di operatori per giunta invisa. Proviamo a cominciare a capire quali sono i bisogni di salute del territorio e da qui le strutture necessarie. Per esempio, il distretto suddivide il territoriale a fini amministrativi. Invece è diventato il palazzo che si identifica con un Direttore che dirige gli operatori presenti nello stesso, mentre tutto quello che sta fuori, i problemi sanitari del territorio sono da evitare. È evidentemente necessario cominciare a parlare ai cittadini non da addetti ai lavori, ma da cittadini con gli stessi bisogni sanitari di tutti, rivendicando il diritto alla salute. Ho molti dubbi sulla capacità di una tale presa di coscienza, ma non riesco a rinunciare a indicarne la banalissima necessità. tempo come volontariato sia nelle Scuole che in Biblioteca. Le tematiche affrontate durante il corso riguarderanno: lo sviluppo psico-emotivo del bambino attraverso lo strumento della lettura ad alta voce; caratteristiche e criteri di scelta delle produzioni editoriali per i bambini e infine e le tecniche di animazione della lettura. Seguiranno, nel corso dell’anno scolastico, incontri pomeridiani di animazione alla lettura nella “Biblioteca per ragazzi e ragazze” che dovrà essere istituita in tempi brevi nei locali che il Comune metterà a disposizione e gestita probabilmente dalla Fondazione De Luca. La Biblioteca sarà la sede anche di incontri con i genitori per sensibilizzare loro sull’importanza della lettura. Per ulteriori informazioni o aggiornamenti sul percorso che il progetto “Leggere per crescere” avrà nel territorio, rivolgersi al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]. RACCONTI BREVI Sul terrazzo, in cima ad un alto palazzo, Carolina segnava con matite colorate le pagine di un grosso libro, che, appoggiato su un tavolo malfermo, era appena illuminato da una piccola lampada. <<Carolina –le chiese il nonno, disteso su una sdraio- riesci a leggere con questa luce?>> <<Si. E poi guarda che luna grande c’è questa sera!>> Quella sera, infatti, una luna straordinariamente bianca emanava raggi sfavillanti, illuminando tutto il quartiere. <<Cosa stai leggendo con tanta attenzione?>> <<Devo fare la sintesi di un testo molto famoso. È la risposta che un capo indiano scrisse nel 1854 al Presidente degli Stati Uniti, che voleva acquistare un territorio abitato dagli indiani. Quella lettera fu pubblicata nel 1976, se non ho capito male, da il Jounal de Genève, e dal quel momento è stata ripetutamente stampata. Se vuoi posso leggerla tutta ad alta voce.>> Carolina si sedette accanto alla sedia del nonno, a terra, intrecciando le gambe, proprio come un vero capo indiano. Con voce solenne, senza attendere risposta, cominciò a scandire le parole. Marcando gli interrogativi, concedendosi le pause giuste, immedesimandosi nel personaggio: <<Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? Questa idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la frescura dell’aria e i riflessi dell’acqua, come potete voi comprarli? Ogni briciola di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago luccicante di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lama di nebbia nel bosco oscuro, ogni radura luminosa ed ogni ronzio di insetti è sacro nel ricordo e nell’esperienza del mio popolo. La linfa che scorre negli alberi trasporta i ricordi dell’uomo rosso. I morti degli uomini bianchi dimenticano il loro paese natale quando si avviano a passeggiare tra le stelle. I nostri morti non dimenticano mai questa terra magnifica perché essa è la madre dell’uomo rosso. Noi siamo una parte della terra ed essa fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, la rugiada dei prati, il calore del piccolo cavallo e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. DOVE SONO I CESPUGLI? GIOVANNI PISTOIA Così, quando il Grande Capo a Washington ci manda a dire che vuole acquistare la nostra terra, ci domanda molto di noi. Il Grande Capo ci manda a dire che ci riserverà un luogo in cui noi si possa vivere comodamente tra noi. Lui sarà nostro padre e noi saremo suoi figli. Noi prenderemo dunque in considerazione la vostra offerta di acquistare la nostra terra. Ma non sarà facile. Perché questa terra ci è sacra. Quest’acqua scintillante che scorre nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua, ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo della terra, voi dovete ricordare che è sacra e che ogni riflesso nell’acqua chiara dei laghi parla di avvenimenti e di ricordi nella vita del mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono nostri fratelli, essi spengono la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se noi vi vendiamo la nostra terra voi dovete ricordarvi e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri e vostri fratelli e voi dovete ormai dimostrare per questi fiumi la tenerezza che mostrate per un fratello. Noi sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi. Un pezzo di terra gli sembra uguale al successivo perché egli è come uno straniero che arriva nella notte e prende dalla terra ciò di cui ha bisogno. La terra non è sua sorella, ma il suo nemico, e quando l’ha conquistata egli va più lontano. Egli abbandona la tomba dei suoi avi, e questo non lo preoccupa. La tomba dei suoi avi e il patrimonio dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo come cose da acquistare, sfruttare, vendere come i montoni o le perle brillanti. Il suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro a lui il deserto. Io non so. I nostri costumi sono diversi dai vostri. La vista delle vostre città fa male agli occhi dell’uomo rosso. Ma può darsi che ciò sia perché l’uomo rosso è un selvaggio e non comprende. Non ci sono luoghi tranquilli nelle città dell’uomo bianco. Nessun luogo per ascoltare le foglie che crescono a primavera, o il ronzio delle ali di un insetto. Ma può darsi che ciò avviene perché io sono selvaggio e non capisco. Il fracasso sembra solo insultare le orecchie. E che interesse c’è a vivere se l’uomo non può ascoltare il linguaggio solitario dei passeri o il chiacchierio delle rane intorno a uno stagno la notte? Io sono un uomo rosso e non comprendo. L’indiano preferisce il suono dolce del vento che passa come una freccia sulla superficie di uno stagno e l’odore del vento lavato dalla pioggia di mezzogiorno o della resina dei pini. L’aria è preziosa all’uomo rosso perché tutte le cose vivono dello 5 stesso respiro – la bestia, l’albero, l’uomo– si dividono tutti lo stesso respiro. L’uomo bianco non sembra accorgersi di che aria respira. Come un uomo che impiega molti giorni a morire egli è insensibile ai cattivi odori. Ma se noi vi vendiamo la nostra terra voi dovete ricordarvi che l’aria è preziosa, che l’aria divide il suo spirito con tutto ciò che essa fa vivere. Il vento che ha dato al nostro avo il primo fiato, ha anche raccolto il suo ultimo respiro. E se noi vi vendiamo la nostra terra voi dovete custodirla come sacra, come un luogo dove anche l’uomo bianco può andare a godere il vento ingentilito dai fiori dei prati. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, l’uomo appartiene alla terra. Questo lo sappiamo. Tutte le cose sono tenute insieme come il sangue che unisce una stessa famiglia. Tutte le cose sono unite. Ciò che succede alla terra, succede ai figli della terra. Non è l’uomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne è solamente un filo. Tutto ciò che lui fa alla trama, lo fa a se stesso. Dove sono i cespugli? Scomparsi. Dov’è l’aquila? Scomparsa. La fine della vita è l’inizio della sopravvivenza.>> Carolina aggiunse, con un filo di voce, <<è finita>>, e restò nell’attesa... Vide il nonno guardare fisso verso la montagna. Anche lei, silenziosa, volse lo sguardo oltre le penombre dei palazzi vicini, oltre il buio del paese, lontano, verso quelle vette incendiate dall’uomo. Da più giorni, tra i monti e le colline di quella cittadina, boschi di pini e castagneti giganti venivano sopraffatti dall’avanzare delle fiamme. Alberi secolari inceneriti. Uccelli e scoiattoli bruciati. Cespugli scomparsi. Arso il terreno. Quella sera lunghe lingue di fuoco facevano da contrasto al grande faro della luna. Taceva il quartiere e il paese, mentre in lontananza il fuoco disegnava strani orpelli in un cielo senza stelle. Il nonno e la ragazza si guardavano negli occhi, incapaci di parlare, impietriti; i loro volti rischiarati dalla luce trasparente di una serata vestita d’argento. I loro pensieri dispersi in verdi praterie senza confini. Sul terrazzo, il silenzio era appena scalfito dai passi felpati del capo indiano che cercava, nella quiete, un alito di vento, che gli trasportasse il dolce odore della resina. Tamburi lontani ritmavano. Diffondevano parole pungenti come aghi di pini roventi. 6 ATTUALITÀ DALLA PRIMA PAGINA Quali strategie per il futuro di Corigliano? MANUELA FRAGALE In particolare, spiccava l’ideazione della manifestazione di alto profilo dal titolo “Il turismo come volano del benessere e del divertimento” che sarebbe stata patrocinata da Regione, Provincia e Comune, e che avrebbe dovuto ospitare ogni anno presso il Castello Ducale i rappresentanti dei Paesi del bacino Mediterraneo. Le azioni da realizzare nel triennio 2007-2009 erano lodevoli ma rischiavano di non tramutarsi in realtà; in particolare lasciava perplessi l’idea di inserire alcuni cittadini disoccupati nelle stanze comunali quali: Ufficio Stampa (un dipendente svolge la mansione di addetto stampa ma l’Ufficio in questione è a tutt’oggi inesistente, n.d.a.), Centro Informatica (Palazzo Garopoli ospita sì una sala multimediale ma il Comune non ha un website aggiornato ed efficiente, n.d.a.), Segreteria, Ufficio Comunicazione e Relazioni Pubbliche. Ma il Comune ha così tanti soldi da permettersi di assumere personale a tempo indeterminato? E poi, da chi e come sarebbero stati gestiti i bandi di concorso e le graduatorie? Il Principato di Corigliano, guidato da Dea D’Aprile, puntava a divenire meta turistica d’eccellenza avvalendosi di gemellaggi con le strutture di analogo prestigio presenti su territorio nazionale ed estero. Ma non basta. Chef e barman avrebbero avuto il “privilegio” di frequentare corsi di alta gastronomia curati da “Arte del Convivio” di Milano. Fini strategie economiche. Ma chi è la Dea? Il suo curriculum on line non appalesa conoscenze in tema di marketing e politiche economiche. E l’unico progetto di marketing territoriale e promozione turistica da lei firmato è proprio quello denominato “Principato di Corigliano Calabro”. Quale esperienza, dunque, al servizio della città? La domanda sorge spontanea: quali credenziali hanno indotto il sindaco De Rosis e la Giunta a patrocinare l’iniziativa e a concedere la disponibilità di una sede presso Palazzo Garopoli alla World Life European Communication? Soprattutto, ci si chiede perché non bastasse il “Piano di Marketing territoriale del Comune di Corigliano Calabro” predisposto dalla società coriglianese Euroidee che vanta un gruppo di lavoro formato da otto persone, cia- scuna con competenze ben definite: un docente universitario di marketing, alcuni economisti, un architetto, una sociologa, un esperto in innovazione tecnologica. Il programma di lavoro in quest’altra iniziativa è nutrito: studio del territorio, community planning, consegna della bozza del Piano al Comune, redazione del Piano di marketing territoriale, proposta dei progetti pilota, consegna del Piano di marketing territoriale definitivo al Comune. E per consentire a tutti di partecipare attivamente, Euroidee ha lanciato da tempo la sfida ai cittadini per comunicare via web (www.pmtcorigliano.it) la loro Corigliano 2015 immaginaria. Nella gran confusione si è insinuato un interrogativo: cos’è esattamente un piano di marketing territoriale? La risposta prevederebbe una lunga e corposa dissertazione dalla quale scaturirebbe una serie di domande “a cascata”. Sinteticamente si può affermare che il piano di marketing è uno strumento di quella branca del Marketing, denominata Marketing territoriale, che muove dalle premesse del tradizionale e più concreto Marketing aziendale destinato a “vendere beni e servizi”. Tuttavia, neppure la definizione di marketing territoriale adottata da Dea D’Aprile e da Euroidee è esatta, poiché non su un intero territorio si desidera concentrare l’attenzione ma su un’area che coincide esattamente con il perimetro comunale. A ben vedere, dunque, converrebbe fare riferimento alla branca denominata Marketing urbano. Oggetto di tale disciplina è proprio il contesto urbano, che deve essere analizzato e modellato nell’intento di trasformare le criticità in prospettive di sviluppo. Come? Sia attraendo investimenti esterni come l’insediamento in loco di realtà produttive, originarie di altre regioni o di altri Stati, che possano realmente offrire lavoro ai cittadini sia favorendo lo sviluppo delle imprese lo- private. Ovviamente, tutto quanto è stato esposto finora dovrebbe coincidere con l’immagine di città che si vuole veicolare. Dunque, si renderebbe necessario scegliere il destino del luogo. Area d’interesse industriale e commerciale oppure città turistica? Valorizzazione del passato oppure sviluppo tecnologico? Finora Corigliano non ha puntato al meglio sulle proprie risorse. Né l’amministrazione comunale né i privati sono riusciti a individuare e realizzare percorsi di turismo storico-culturale che andassero oltre l’abusato Castello e che fossero atti a valorizzare le vecchie realtà produttive (gli antichi conci di liquirizia coriglianesi, per esempio) con intelligenti azioni di “archeologia industriale”. Sarebbe bello, in un futuro non troppo lontano, scoprire le ricchezze di Corigliano in un Museo della Liquirizia: vecchi strumenti di lavoro, attrezzature, immagini d’epoca e tutti i documenti dell’Archivio Compagna e dell’Archivio Saluzzo a tutt’oggi conservati presso l’Archivio del Comune. Il museo custodirebbe il ricordo dell’epoca PH. COSIMO REALE dorata dell’economia coriglianese – quando gli operai giungevano dall’intera procittà, predisponendo visite aziendali vincia – e dei nove “tesori” appartein loco. Ancora, ideando uno slogan nuti ai baroni Compagna: Concio capace di rafforzare il senso d’iden- del Vallone degli Aranci (Rossano), tità della collettività coriglianese. Concio del Torrente Celadi (RossaBasterebbe studiare le strategie no), Concio del Cino, Concio Tocci adottate dalla città spagnola di Bar- in zona Chiubbica, Concio al Pencellona per capire che tale impresa dino, Concio del Carmine al Penditanto difficile poi non è. Anzi, una no, Concio presso Palazzo di Santo volta raggiunto lo scopo e creata la Mauro, Capo di Crati, Concio di coesione sociale, risulterebbe molto Cassano. L’alternativa? Corigliano più semplice istituire i processi di dà il benvenuto ai turisti fregiandoconfronto finalizzati alla partecipa- si del titolo di “Città dal profumo zione al progetto di rilancio della di Zagara”. Il profumo, innegabilcittà. A quel punto, bisognerebbe mente, si avverte. Perché, allora considerare attentamente le proble- non pensare di sfruttare tale inematiche affrontate quotidianamente briante risorsa investendo nella ladai cittadini e lavorare alla ricon- vorazione dell’essenza da destinare versione delle aree dimesse, al mi- tanto al settore alimentare dolciario glioramento dei percorsi stradali, quanto al settore profumiero? Le alla creazione di luoghi di svago strategie di sviluppo per il futuro di piacevoli e vivibili, all’allocazione Corigliano potrebbero partire da ottimale delle strutture pubbliche e questi suggerimenti. cali. In entrambi i casi si innescherebbe un circolo virtuoso di creazione di ricchezza all’interno dell’area. Per fare ciò occorre promuovere il territorio. Non attraverso la nomina di un “principe onorario”, però. Semmai, più fattivamente, partecipando a fiere di settore, a manifestazioni di ampio respiro e ad eventi come la BIT-Borsa italiana del turismo. Oppure realizzando incontri con le delegazioni delle aziende interessate a investire in LA La Profumeria di Via Nazionale LA PROFUMI E COSMETICA MARCHI NAZIONALI ED ESTERI Via Nazionale, 72/a - Tel. 0983.886444 Corigliano Scalo (Cs) ATTUALITÀ DALLA PRIMA PAGINA Verso il Partito Democratico MARIA SALIMBENI forze politiche proponenti, DS e Margherita, si cimentavano nell’esperienza di Governo Nazionale. Di solito avviene il contrario: si costituiscono nuovi processi politici che hanno come obiettivo una nuova proposta di Governo. Ritenevo fosse necessario procedere, prima di tutto, alla modifica dell’attuale sistema elettorale ed era indispensabile un maggior coinvolgimento anche di altri soggetti politici per scongiurare la cosiddetta “fusione a freddo” tra DS e Margherita. E altro ancora, che attiene a riflessioni circa la reale situazione della politica calabrese, la sua capacità di rinnovarsi . Avviatosi il dibattito sulle candidature alla segreteria nazionale del futuro partito, non una sola ma più di una e l’autorevolezza dei canditati in particolare di Walter Veltroni, Rosy Bindi ed Enrico Letta mi ha portato a ritenere che non tutto e’ scontato, che ci sono le condizioni per lavorare ad un progetto politico ancora da costruire a cui non occorre sottrarsi a priori. Sono convinta, infatti, che come avviene per le altre cose della vita dai momenti di grande rimescolio, discussione e, se vogliamo, confusione possono nascere novità positive impensabili. Si tratta, in ogni caso un processo storico irripetibile, non avviene tutti i giorni di partecipare alla nascita di un grande partito di massa, popolare. Credo nella necessità di costruire un partito plurale che non dovrà essere la semplice sommatoria dei partiti fondatori ma un partito che unisca le culture della liberaldemocrazia, del cattolicesimo democratico, delle forze socialiste e riformiste presenti nel Paese capace di accogliere i tanti fermenti che in questi anni si sono mobilitati intorno ai temi della pace, della democrazia dello sviluppo sostenibile, dei diritti. Se i partiti del Novecento erano partiti che rispondevano a società culturalmente omogenee ora siamo chiamati a costruire un partito plurale perché la società è caratterizzata dalla frammentazione e la frammentazione che si trasferisce nelle Istituzioni paralizza le decisioni , inchioda i governi dal nazionale al locale all’incapaci di fare scelte. Il sistema maggioritario ci ha abituati alle coalizioni e dunque al confronto necessario tra anime diverse unite rispetto ad obiettivi comuni. Ritengo una ricchezza la contamina- zione di valori partendo dalla convinzione che l’esperienza politica prima ancora che incontro tra ideologie è incontro tra persone. Voglio un partito nuovo capace di far rinascere speranze di cambiamento e vorrei farlo pensando a quelli che sono più lontani dalla politica, più silenziosi. A quelli che fanno più fatica ogni giorno per crescere i figli, a curare gli anziani, a sposarsi a mettere su casa . a quelli che sentono inutile la politica o la sentono lontana perché non vedono riconosciuti diritti elementari e fondamentali. Voglio un partito che contenga i valori della sinistra perchè i valori non passano di moda. Un partito che non rinunci ai valori tradizionalmente di sinistra perché per usare un’espressione di Norberto Bobbio- “l’uguaglianza è la sua stella polare” e l’uguaglianza nella nostra società è la sfida più ardua , quella più moderna , quella che richiede il massimo di riformismo, concretezza, coerenza. Tante polemiche sono nate in questi giorni in ordine alle composizioni delle liste. Tanti sono delusi, tanti si aspettavano maggiori novità di cambiamento. Ma i processi di cambiamento non sono mai immediati, per questo è necessario non sottrarsi. Se si ritiene valido il progetto politico vale la pena sforzarsi perché si realizzi, anche in contesti come il nostri in cui tutto sembra inamovibile . Mi scuserete se tirerò fuori e per ultimo il tema delle donne. Una cosa si è ottenuta, parità di rappresentanza nelle liste. È un primo passo, si dovrà pretendere successivamente la possibilità di scegliere anche tra le donne in base ai valori che incarnano e alle scelte che compiono sul campo. Non servono donne in politica solo perché rappresentanti di genere. Ma intanto in questa fase un risultato si è ottenuto e non è un dato trascurabile. Le donne in politica saranno sempre poche fintanto che dovranno occuparsi di tante, troppe altre cose che attengono alla fatica del loro quotidiano. Le donne sono oggi le prime interessate ad una forte re-invenzione della pratica democratica e partecipativa. La loro sistematica esclusione dal potere è molto più di un simbolo delle prassi oligarchiche e della qualità della selezione politica, che umilia insieme le iscritte nei partiti e le donne fuori dai partiti, e non solo le donne. Le donne conoscono i dissensi di partenza ma non li temono e non se ne fanno paralizzare. Sanno bene, infatti, che sulle cose che le riguardano direttamente non possono permettersi strumentalizzazioni ideologiche e posizioni di rendita per le soluzioni. 7 Ecologia e politica MARIO REDA La situazione attuale del clima, l’eccesso di anidride carbonica che l’umanità produce determinando il buco dell’ozono che negli ultimi anni è aumentato in maniera spropositata rispetto al passato nonché i mille problemi derivanti da questa situazione ci fanno dire che l’uomo ha abbondantemente superato il tempo per darsi “una regolata” e che l’ultima spiaggia per la sopravvivenza dell’intera umanità è ormai al limite estremo. In questa situazione il ruolo della politica diventa prioritario, fondamentale. I governi non potranno essere soddisfatti solo ed esclusivamente della “formale” adesione al protocollo di Kyoto ma dovranno conseguentemente attuare politiche di economia sostenibile puntando sulle fonti rinnovabili riportando l’intero ecosistema mondiale ad una certa normalità. Dovrà essere la politica ancora una volta, a farsi carico di vestire di ulteriori contenuti il protocollo di Kyoto, pietra fondamentale per la salvezza dell’umanità. Nella misura in cui queste politiche saranno attuate si potrà avere certezza di chi realmente predica bene ed agisce conseguentemente e di chi, al contrario, razzola male. Anche la politica italiana non dovrà esimersi dal farsi carico della grande questione del secolo: quella ambientale. L’occasione oggi data dalla costituzione imminente d’un partito nuovo è la grande speranza che questi temi non siano residuali nel processo costituente, ma, al contrario, fondativi. Il Partito Democratico sarà tale solo se assumerà la cultura ecologista al pari di quella cattolica democratica e socialista, ispiratrice d’un vero e nuovo soggetto politico proiettato verso le grandi sfide della società moderna. La fatidica data del 14 ottobre è dunque un momento storico in cui vi sarà un sano esercizio di democrazia partecipativa ma anche un’opportunità di riempire di nuovi contenuti, come l’ambiente, l’innovazione ed il lavoro, questo virtuoso processo messo in atto. Sarà, inoltre, un’immancabile occasione di avvvicinare tanti giovani e tante espressioni della società civile ovvero tanti uomini e donne ad un processo nel quale le loro idee avranno spazio. Sarà, così, saldato quel debito morale che secondo il filosofo Hans Jonas, a proposito delle questioni ambientali, esiste tra le generazioni precedenti ed attuali con quelle future. 8 ATTUALITÀ Durante l’estate ormai trascorsa la bestialità dei piromani ha acceso e riacceso la furia del fuoco in varie e numerose zone del territorio di Corigliano. Incendi di vaste proporzioni hanno interessato negli ultimi giorni d’agosto i fitti boschi di macchia mediterranea presenti nella zona montana di Piana Caruso lungo la strada provinciale che conduce verso la Sila. I primi focolai erano divampati nel pomeriggio di giovedì 30 agosto, ed erano stati circoscritti nell’arco di alcune ore dai Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano. Ma nelle ore successive il fuoco era ricomparso con prepotenza, alimentato anche dal forte vento che spirava nella zona. Certa la responsabilità d’uno sparuto gruppo di piromani incalliti. Che - ne siamo altrettanto certi anche se già “individuato” da chi ha svolto le indagini, resterà impunito per insufficienza di quegli elementi che avrebbero già dovuto consentirne l’arresto. Recandoci a Piana Caruso sabato primo settembre e nei giorni successivi abbiamo infatti avuto la forte impressione che siano stati in molti ad aver visto qualcosa e qualcuno. E che gli stessi abbiano preferito tacere, limitandosi a fornire agli inquirenti elementi del tutto irrilevanti. A Piana Caruso d’estate vi sono i residenti e i coriglianesi “villeggianti”. Tutti sul banco degli imputati dunque, in un processo che non vede e certamente non vedrà alcun colpevole. Nella zona interessata dai diversi e vasti focolai per due giorni erano stati impegnati oltre ai Vigili del Fuoco anche una cinquantina di agenti del Corpo Forestale della Stazione di Corigliano e di quelle dei comuni vicini, coadiuvati da Canadair ed elicotteri della Regione. E, come se non bastasse, durante le operazioni di spegnimento era capitato anche un pauroso incidente. Esso aveva coinvolto i componenti l’equipaggio di un autobotte del Corpo Forestale, che aveva preso fuoco. L’esplosione era avvenuta intorno alle 11 del mattino del 31 agosto: per il conducente e gli altri componenti l’equipaggio per fortuna non vi erano state gravi conseguenze. L’autobotte della Forestale impegnata nelle operazioni di spegnimento di alcuni grossi focolai era stata improvvisamente investita dalle fiamme e poi era esplosa, quasi certamente a causa del repentino cambiamento della direzione del forte vento che percuoteva la zona. I tre componenti l’equipaggio erano riusciti con grosse difficoltà a portarsi in salvo prima che le fiamme investissero il mezzo. Gli uomini facevano parte del contingente di unità specializzate inviato a rinforzo dei comandi territoriali. Il mezzo andato a fuoco era uno dei cinque modelli Iveco 40.13 che erano stati inviati dalla Gli incendi devastano il territorio Tutti imputati, nessun colpevole I roghi di fine agosto a Piana Caruso “parlano” di una città omertosa FABIO BUONOFIGLIO Regione Emilia Romagna per affrontare l’emergenza roghi nelle regioni del Sud Italia. Complessivamente erano ventuno le autobotti che lo scorso 29 agosto l’Ispettorato Generale del Corpo forestale dello Stato aveva messo a disposizione delle regioni maggiormente colpite dai roghi di fine agosto, come Calabria e Campania. Ma l’incendio nel corso del quale a Corigliano è avvenuto l’incidente aveva reso le operazioni di spegnimento particolarmente difficoltose, perché l’intera zona è cosparsa dalla presenza di case di villeggiatura e strutture di ricettività turistica immerse nel verde delle stesse aree boschive interessate. Alcune di esse erano state fatte momentaneamente evacuare continua >>> ATTUALITÀ dai pompieri. Nell’estate degli incendi il bilancio registratosi a Corigliano è ragguardevole. I giorni precedenti i gravi fatti di Piana Caruso erano stati caratterizzati da un ampio fronte di fuoco, anch’esso di chiara natura dolosa, sviluppatosi nella zona collinare della Jacina, in centro storico, nei pressi del consistente nucleo urbano che attraversa il lungo viale delle Rimembranze e conduce all’ingresso dell’ospedale “Compagna”. Ed è proprio nelle vicinanze del presidio ospedaliero che si era sfiorata la tragedia, in conseguenza del violento incendio che aveva lambito alcune abitazioni bruciando completamente alberi ad altra vegetazione presente nella parte bassa dello stesso viale delle Rimembranze. Nell’opera di spegnimento erano stati impegnati per alcune ore i Vigili del Fuoco del distaccamento di Rossano unitamente a mezzi e personale dell’Afor e del Comune. Un intervento tempestivo e “in forze” che aveva scongiurato 9 il pericolo di un avanzamento del fuoco fino alle case ed ai palazzi. Sul posto erano accorsi numerosi agenti della Polizia Municipale guidati dal comandate Arturo Levato, e il sindaco Armando De Rosis. Il primo cittadino ha vissuto in prima persona anche i drammatici momenti di qualche giorno dopo, a Piana Caruso. Tanto in luglio quanto in agosto il Coriglianese è stato in lungo e in largo fatto “preda” da parte dei pirati dal cerino facile, che hanno colorato di nero buona parte delle valli e delle radure. Particolarmente prese di mira quelle che costeggiano il centro storico cittadino. I piromani dell’estate, abituati ad agire tanto di giorno quanto nelle ore serali e notturne, non hanno mancato il consueto appuntamento atto a colpire le periferie urbane prendendo di mira le sterpaglie nelle radure. Per questo i residenti avevano già sollecitato una maggiore opera di sorveglianza da parte delle competenti autorità dal momento che, a fronte delle emergenze connesse ad incendi di più vaste proporzioni, le squadre dei Vigili del Fuoco spesso devono necessariamente attardarsi ad intervenire. E mentre il Comune è impegnato ad approntare il catasto delle aree interessate dal fuoco per come richiesto dal Prefetto Pietro Lisi, oggi urge anche e soprattutto l’attivazione del già istituito distaccamento cittadino dei Vigili del Fuoco. 10 DALLA PRIMA PAGINA Corigliano città dell’arte e della fotografia COSIMO REALE Navigando su internet si può trovare dappertutto, girando tra le più grosse librerie di Milano o di Roma si scovano libri che la ritraggono e la raccontano in tutta la sua essenza. Nei circoli fotografici di mezza Italia e anche all’estero, molti stanno facendo un pensierino a fare un salto da noi e moltissimi ci invidiano, rammaricati di non poterci essere. Parlano di lei, nelle edicole, i maggiori rotocalchi e settimanali, “il venerdì” di repubblica, “Io donna” del Corriere della Sera, Panorama e, ancora, riviste specializzate come “FOTO cult”, ecc. L’organizzazione della manifestazione, quest’anno, è tutta curata dall’Associazione culturale, “Corigliano per la Fotografia”, che sin dal secondo anno e in sintonia con l’assessorato alla cultura del comune di Corigliano, ne ha fatto crescere l’interesse, rendendo partecipi e protagonisti i giovani (come è successo nell’edizione 2006 con l’intervento di Enrico Bossan che, per l’occasione, ha realizzato una sorta di reportage “ritrattistico-sociologico” di grande impatto) e coinvolgendo semplici appassionati, accrescendone interesse e ampliandone conoscenze sia tecniche che artistiche. La grande capacità del “mezzo fotografico”, per promuovere il territorio e l’immagine dell’intera regione ricca di preziosi siti d’arte e di numerose bellezze naturalistiche, ha indotto, anche per quest’anno, sia l’Amministrazione Comunale che l’Assessorato regionale al turismo, a patrocinare e a finanziare la rassegna. Un teatro, questo nostro coriglianese, che ha visto in scena, nelle precedenti edizioni, attori importanti come, l’ormai affezionatissimo Gianni Berengo Gardin (al quale dovremmo pensare di proporre la cittadinanza onoraria) presente a tutte le edizioni precedenti ed oggi, ancora, con una bellissima mostra dal carattere retrospettivo, intitolata, “la mia Calabria”; Mimmo Jodice, uno degli artisti italiani più famosi nel mondo, presente nelle più importanti gallerie internazionali con numerose mostre e pubblicazioni. Quando è stato con noi , di cui serbiamo un ricordo bellissimo per la sua grande umanità, aveva appena finito un lavoro sul “Silenzio” e ne stava iniziando, un altro, sul “Nulla”. Ferdinando Scianna, amico personale dell’Immenso Henri Cartier Bresson, che lo volle nella mitica Agenzia Magnum e di cui, per molto tempo, fu l’unico italiano a farne parte. Amico e collaboratore di Leonardo Sciascia e di altri grandi della letteratura che hanno curato molti dei suoi libri fotografici. Francesco Radino, sociologo, fiorentino della provincia, che ha interpretato Corigliano con una serie di storie di terra e di mare. Uno degli “artisti” più influenti nel panorama della fotografia contemporanea in italia. Gabriele Basilico, “da considerarsi a tutti gli effetti un caposcuola di uno stile, ormai, guardato come modello, ha realizzato una ricognizione sul territorio di Corigliano, narrando con generosità ed autorevolezza e liberando i principi estetici ed i più classici dei canoni architettonici dalle soffocanti logiche cementizie”. Non possiamo nascondere per gli esperti del settore e vengono ritenuti momenti altamente formativi. La sua forza maggiore sta nell’inventiva e nell’intuito. Letizia Battaglia, la testimonianza vivente di un epoca insanguinata dalla mafia. Fotografa, giornalista e donna profondamente impegnata. Oggi, a settant’uno anni, l’obiettivo della sua macchina fotografica lo punta, con poesia, sui bambini. Shobha, figlia d’arte, ha condiviso con Letizia Battaglia, sua mamma, il periodo caldo della guerra di mafia in Sicilia. Donna molto impegnata e fotografa conosciuta e ricercata in tutto il mondo; predilige soprattutto soggiornare per lunghi pe- il fatto che, quando vedemmo le sue opere per la prima volta, lo Scalo di Corigliano ci sembrò più bello. Franco Fontana, un cuorone grande, generoso e pieno di poesia, le sue foto esaltano il colore rendendo, “i territori ripresi, veri e propri astrazioni pittoriche della più consolidata avanguardia europea”. Modenese settantacinquenne, in lui si incontrano professionalità, cultura, simpatia e umiltà così come si evince dalla bella intervista rilasciata alle giovanissime Cecilia e Gaia sul n. 81 de “il Serratore” 2005. Maurizio Galimberti, dall’irrefrenabile vena creativa, attraverso un affermato linguaggio fotografico tutto personale: la foto con la polaroid e ideatore del ritratto a mosaico. Una sorprendente testimonianza ricca di umanità e storia personale. Mario Dondero, il grande colto. “Un protagonista scomodo, autonomo e originale”, una delle più importanti e singolari voci del fotogiornalismo contemporaneo. Oreste Pipolo, il fotografo delle spose. “L’eroico interprete dei sogni (incubi?) di aspiranti sublimi esempi di bellezza ed eleganza, almeno per un giorno”. Le sue immagini sono diventate un vero e proprio genere. I suoi seminari diventano una tappa riodi in India, dove vive e lavora. E, poi, altri ancora come, il greco Nikos Economopoulos, l’americano Jeff Dunas, il francese Pierre Devin, Guido Guidi, Giorgia Fiorio, Antonella Monzoni, Daniele Dainelli, Ken Damy, Serena Gallini. Un palcoscenico che raccoglie in città, anche quest’anno, critici, intellettuali, studiosi, editori, giornalisti, docenti universitari che, per sei giorni, saranno protagonisti di workshop, incontri, conferenze e dibattiti, tra questi un nome per tutti, Antonella Pierno (docente di foto- grafia a Brera per lunghi anni e oggi a Lecce) che è diventata, ormai, una presenza stabile per questo evento. La sua azione ha accompagnato tutte le brochure e tutte le conferenze e i dibattiti più importanti di questi cinque anni, (non ultimo il virgolettato di questo scritto), soffermandosi prevalentemente sulle “potenzialità intrinseche del mezzo fotografico” anche come forma artistica tra le più democratiche. Ma soprattutto fotografi di fama internazionale come: James Whitlow Delano, con una mostra dal titolo “impero. Impressioni dalla Cina”; Claude Nori, le sue foto sulle pareti del castello parlano di felicità, non a caso la mostra è intitolata “giorni felici” e terrà un Workshop di due giorni su: “lo spazio creativo del libro”; Toni Thorimbert, la sua mostra si chiama “alla moda di Corigliano” ed è la riproposizione del servizio fotografico di ben trentadue pagine realizzato nel 2005 per conto di “Io Donna” del Corriere della Sera. Terrà un Workshop di due giorni sulla Moda; Grazia Neri, che festeggia a Corigliano i quarant’anni di vita della sua prestigiosa Agenzia. E, infine, Francesco Cito, il miglior foto-giornalista italiano, così come l’hanno definito alcuni suoi emeriti colleghi. Sicuramente uno dei più grandi reporter di guerra degli ultimi decenni. Personaggio eclettico di grande simpatia e umanità, abbiamo trascorso insieme a lui gli ultimi giorni caldi e afosi del trascorso mese di agosto 2007 mentre lavorava al suo reportage su Corigliano. La foto della locandina e della brochure, emblema del festival 2007, “il tuffo dal faro”, che è una delle quarantacinque esposte in mostra al castello, è stato un grande successo e ha prodotto riflessioni e un bel dibattito tra i coriglianesi e non solo. Gli organizzatori del festival l’Associazione, “Corigliano per la Fotografia” e i due direttori artistici, Cosmo Laera e Gaetano Gianzi si augurano che intorno alla manifestazione cresca sempre di più interesse e entusiasmo. [email protected] Autorizz. Tribunale di Rossano - Reg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003 Sede: Via Sicilia, 1 - Tel. 0983.885582 - CORIGLIANO SCALO (Cs) www.mondiversi.it Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESE Direttore Editoriale: ANTONIO GIOIELLO Caporedattore: FABIO PISTOIA Redazione: MARIA CALOROSO, ANGELA FERACO, CINZIA MERINGOLO, ADALGISA REDA, MARIO REDA, LUISA SANGREGORIO Stampa: TECNOSTAMPA - Largo Deledda - Tel. 0983.885307 - Corigliano Scalo