Ascolto e condivisione della Parola di Dio Dal Vangelo secondo

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Ascolto e condivisione della Parola di Dio Dal Vangelo secondo
Ascolto e condivisione della Parola di Dio
IV Domenica di Avvento- anno C
Mi 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45
Dal Vangelo secondo Luca
1, 39-45
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In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
41
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria,
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il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran
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voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la
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madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il
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bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento
di ciò che il Signore le ha detto».
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Meditando la Parola ascoltata
Il brano del Vangelo di quest’ultima domenica di Avvento si colloca subito dopo il racconto
dell’Annunciazione, quindi proprio all’inizio della storia di Gesù sulla terra, quando, non ancora
nato, inizia a formarsi nel grembo di Maria. Luca dice che “In quei giorni” Maria si recò da
Elisabetta, cioè nei giorni seguenti all’annuncio che ha ricevuto, quello di essere la Madre del
Messia. L’angelo le aveva detto, come prova della fedeltà e dell’onnipotenza di Dio, che una sua
parente, Elisabetta, pur essendo anziana, stava aspettando un figlio. La vicenda di Elisabetta e di
suo marito Zaccaria apre il vangelo di Luca: è la storia di una coppia anziana e sterile, che riceve, in
un tempo e in condizioni in cui umanamente non si poteva più sperare, il dono della maternità e
della paternità. La loro storia assomiglia alla nostra: segnata dalla fatica di credere che il Signore
possa davvero compiere l’impossibile nella nostra vita. Ricordiamo infatti ciò che accadde a
Zaccaria all’annuncio dell’angelo: non avendo creduto subito, rimase muto fino alla nascita del
figlio.
Non è facile credere che “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1, 37). È difficile in particolare di fronte alla
violenza e all’odio che vediamo nel mondo, ma anche nelle piccole o grandi incomprensioni tra di
noi, di fronte alle persone che si sono allontanate dalla fede e ci sembra impossibile che possano
ritornare a Dio. Eppure tanti santi ci testimoniano che è possibile (S. Agostino, il beato Charles de
Foucauld…).
A differenza di Zaccaria, Maria è “colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha
detto” (v. 45). Maria è la credente per eccellenza. Da lei possiamo imparare a credere. La sua non
è una fede cieca, spiritualistica, ma una fede concreta, impastata con la vita. Ella desidera vedere i
segni di Dio, per contemplarli. Ecco perché si reca “in fretta” (v. 39) da Elisabetta.
La fede spinge il credente ad alzarsi e andare in fretta a cercare altri segni della bontà di Dio negli
uomini e donne del proprio tempo. La cronaca non ce lo dice, ma se guardiamo con attenzione,
con uno sguardo che contempla, come fa Maria, possiamo vedere anche noi questi segni: gesti di
bontà e riconciliazione, di perdono, di dialogo, addirittura tra culture diverse, anche in questo
tempo.
L’incontro tra Maria ed Elisabetta mostra la necessità di incontrarsi tra credenti e condividere le
grandi e piccole opere che il Signore compie nella vita di ognuno.
Quanto, come credenti, siamo in ricerca per vedere le opere che Dio compie negli uomini attorno a
noi?
Il grido di gioia
L’inno di lode di Elisabetta occupa metà brano ed è un rincorrersi dinamico di espressioni di gioia:
“Benedetta tu… benedetto il frutto…” (v. 42), “il bambino ha sussultato di gioia” (v. 44), “Beata te
che hai creduto…” (v. 45).
Elisabetta ha fatto e sta facendo esperienza nella sua carne della grandezza del Signore. Questa
esperienza le ha donato uno sguardo nuovo di fede. Essa ha la speranza che le promesse
annunciate dai profeti possono realizzarsi, quindi crede che la promessa del Messia possa
compiersi. È questa apertura di cuore fiduciosa che le permette di riconoscere in Maria l’opera che
il Signore sta compiendo per tutto il popolo.
Se ci lasciamo raggiungere e toccare dalla grazia di Dio, se siamo aperti ad accogliere il Suo
intervento nella nostra vita – che spesso scombina i piani (partorire e crescere un figlio da anziani
non dev’essere certo stato facile!) – anche noi impariamo a vedere e credere nell’intervento del
Signore, intervento salvifico nella nostra storia personale e in quella dell’umanità.
Facciamo memoria degli interventi del Signore nella nostra vita, nella vita dei nostri cari e nella
storia, per i quali possiamo innalzare anche noi a Dio il nostro “grido di gioia”.
Una nuova parentela
La fede in Dio e l’accoglienza della Sua volontà nella nostra vita genera nuovi rapporti di
“parentela” tra i discepoli. Maria non è più la “cugina” (parente) di Elisabetta, ma è la “madre del
mio Signore” (v.43). C’è una nuova identità per Maria e un nuovo legame tra le due donne, più
forte di quello di prima, che era un legame di sangue. La nuova parentela è quella spirituale, quella
che rende figli, fratelli, madri tutti i discepoli, cioè coloro che ascoltano e “credono
nell’adempimento delle parole del Signore”. Maria è stata quindi non solo la Madre del Signore,
ma anche la sua prima discepola.
A questo genere di legami siamo invitati anche noi, con il Signore e tra di noi. Anche tra di noi si
generano quando ci mettiamo alla scuola del Maestro, in ascolto della sua Parola, e come Lui
impariamo ad accogliere l’altro così com’è. Questo tipo di legami può farci superare le barriere del
sospetto, della diffidenza, dell’indifferenza o della paura che, anche oggi, non ci aiutano a vedere
nell’altro un fratello di Gesù e nostro.
L’annuncio nascosto del Vangelo
Il beato Charles de Foucauld amava particolarmente questo episodio evangelico, che leggeva
come la prima e fondamentale forma di evangelizzazione compiuta da Gesù sulla terra. Non
ancora nato, nascosto nel grembo di sua madre, Egli comincia già la sua opera di diffusione del
messaggio di gioia e di speranza (“il bambino ha sussultato di gioia”), non attraverso la
predicazione o i miracoli, ma con la sua sola presenza, per di più invisibile.
Chiediamo al Signore, in questo tempo di Avvento ormai giunto al termine, la grazia di portare
anche noi Gesù ai fratelli, “nascosto” tra le pieghe della nostra vita, nei nostri gesti di accoglienza e
cura, nel perdono, nella compassione, nell’apertura verso tutti, nella gioia e nella speranza che ci
viene dal sapere che “Dio è con noi”.
Sorella Martina Gardin
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