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Durata e portata di eventi, fenomeni, evoluzioni e fattori Entrando per un istante nel campo dell’interpretazione, ovvero della storiografia, di cui si tratterà in dettaglio successivamente, si può notare come la storia sia stata ovunque convenzionalmente suddivisa in epoche e periodi. Per verificare se tali ripartizioni siano giustificate e possano essere universalmente accettate, occorre prendere le mosse dall’esame della storia e dalla constatazione che gli avvenimenti che la compongono hanno oggettivamente incidenze, durate e portate differenti e che a maggior ragione differenti e irripetibili sono le loro confluenze. Per comodità e a titolo esplicativo i fatti, le cose accadute (res gesta) della storia si possono distinguere in eventi, fenomeni ed evoluzioni1. Gli eventi sono gli avvenimenti di breve o di brevissima durata che il più delle volte hanno un’incidenza limitata, ma che possono avere anche portata e ripercussioni molto differenti: a volte irrisorie, altre volte circoscritte, altre ancora ampie. Un appuntamento mancato per un contrattempo, il primo passo di Neil Amstrong sulla Luna, una battaglia, un trattato di pace, un matrimonio tra “grandi”, una calamità naturale improvvisa (un terremoto, un uragano, un’eruzione) sono tutti esempi di avvenimenti brevi, ma con incidenza e con ripercussioni molto diverse. Di eventi è scandita in particolare la storia istituzionale e politica, a cui tradizionalmente presta molta attenzione la gran parte della manualistica scolastica2. I fenomeni sono quegli andamenti che si svolgono durante periodi più lunghi, estesi almeno oltre l’arco di una generazione. Si tratta dunque di quelle tendenze e di quegli svolgimenti di durata e di portata ampia che si compiono prevalentemente in campo economico, sociale, demografico, culturale. Naturalmente vi possono rientrare anche le variazioni climatiche comprese in oscillazioni rapportabili a tale durata. Le evoluzioni sono le trasformazioni di lunghissima durata e di portata amplissima, che si estendono oltre le epoche storiche e a volte risalgono anche a tempi precedenti la comparsa umana. Vi si possono comprendere le mutazioni astronomiche e geologiche, ma anche i cambiamenti climatici e ambientali di grande durata, come le glaciazioni e le desertificazioni, nonché quei caratteri che si instaurano nei patrimoni genetici. Esistono poi costanti e variabili importantissime nella storia umana, anche se suscitano la ritrosia di alcuni storici ad accoglierle nel novero della fenomenologia storica. In effetti rientrano più che nell’insieme dei fatti della storia, nel novero dei loro fattori. Oltre che di quelli ambientali, si tratta dei fattori umani, ovvero degli atteggiamenti e dei comportamenti che si potrebbero definire antropologici, cioè tipici del genere umano, indipendentemente dai suoi contesti spaziali, cronologici e culturali. L’amore materno, quello paterno e quello filiale, quello etero e quello omosessuale, l’affetto e l’odio, l’amicizia e il rancore, il coraggio e la paura, l’ambizione e la modestia, l’invidia e l’ammirazione, la sincerità e l’ipocrisia, la superbia e il servilismo, la viltà e l’eroismo, la passionalità e tutto quanto entra nel campo dei sentimenti e delle passioni che accomunano le persone di ogni tempo, sono innegabilmente fattori essenziali della storia, che possono rendere a volte prevedibili altre volte imponderabili gli svolgimenti e gli esiti di fenomeni ed azioni. Viste in proiezione dinamica le diverse componenti della storia vanno valutate sia in relazione alle conseguenze dirette che provocano sia alle interazioni con altri accadimenti simultanei, precedenti o seguenti. Il decantato rapporto di causa/effetto in realtà lega soltanto alcuni aspetti delle vicende storiche, dato che vi si possono sempre rilevare innumerevoli reciprocità tra situazioni, evoluzioni, fenomeni ed eventi. Per cercare di comprenderne e spiegarne gli svolgimenti più che a singole cause si 1 Per evidenziare questa complessità della storia, Fernand Braudel vi individuava strutture (fenomeni geografici, ecologici, economici, sociali, politici e culturali che restano costanti durante un lungo periodo e che evolvono in maniera quasi impercettibile), congiunture (oscillazioni di ampiezza diversa, ma comunque di lunga durata e spesso con ritorni ciclici), avvenimenti (fatti che rompono o perturbano lo scorrere dei movimenti lenti e profondi della storia). 2 L’aridità dei profili storiografici e dei manuali che fanno quasi esclusivamente riferimento al succedersi degli eventi è stata più volte sottolineata e non soltanto dagli esponenti delle Annales. Tuttavia occorre ammettere che per pervenire a visioni equilibrate che diano spazio alla lunga durata, come a quella molteplicità di fatti che coinvolge e influenza, oggi come un tempo, l’esistenza di ciascuno, non si possono trascurare nemmeno tali nozioni. Piuttosto che come protagoniste quasi esclusive di trattazioni storiche, che si riducono così a fornire una conoscenza prevalentemente nozionistica, possono avere la funzione di agganci cronologici in cui gli svolgimenti più ampi trovino collocazioni e riferimenti più precisi. Del resto molti di quegli eventi sono elementi scatenanti o deformanti di processi e di evoluzioni di ampia portata. dovrebbe quasi sempre far riferimento a complessi di motivazioni, dirette ed indirette, espresse e inespresse, occasionali o volute. Processi di trasformazione, continuità e fratture Piuttosto che per derivazioni lineari e continue in cui i fatti si legherebbero in una successione razionale di premesse, svolgimenti e conseguenze, la storia procede per processi di trasformazione, o evolutivi, attraverso una transizione continua, in cui evoluzioni, fenomeni ed eventi, motivazioni e accidentalità, fattori ambientali e umani, contrasti e coincidenze si intrecciano, si urtano, rimbalzano, si deformano, scompaiono e riappaiono, influenzati dai rapporti di causalità, come dalle perturbazioni della casualità e si attuano secondo svolgimenti previsti e imprevedibili. Tutto ciò confluisce a formare le congiunture, ovvero quelle combinazioni eterogenee di situazioni e di fatti che, proprio per la loro complessità interna, sono irripetibili. Di conseguenza ogni periodo della storia, breve o duraturo che sia, può essere visto come la combinazione di un’ampia gamma di concomitanti condizioni, circostanze, fattori, andamenti e variazioni di origine remota, recente o contemporanea. Travalicando per un attimo dal campo delle costatazioni a quello interpretativo, si può quindi affermare che in questa complessità finisce coll’annegare ogni visione epistemologica della storia che non sia sostenuta da discriminazioni preventive, ideologiche o religiose3. Certo, non sono solo i grandi uomini e le grandi idee a fare la storia, ma senza di loro sarebbe difficile immaginare la loro epoca4. Inoltre bisogna ammettere che, dato che nelle loro vìcende entra pesantemente il caso, è questo spesso a determinare esiti e conseguenze ad ampio raggio, che peraltro finiscono col coinvolgere e condizionare anche la vita quotidiana di intere comunità. Le vicende della gente comune e i rapporti di produzione sono indubbiamente componenti e fattori portanti della storia. Pertanto gli aspetti economici, sociali, demografici che li riguardano meriterebbero un’attenzione maggiore rispetto agli eventi dell’ “histoire bataille”, quella dominata dalle “teste coronate” e dai loro conflitti. E non basta liquidare il problema prendendo in esame masse anonime e impersonali, ma occorrerebbe penetrare nelle sfere individuali di coloro che non hanno fatto parte dei ceti dominanti. D’altronde è innegabile che le guerre - e così gli eventi e le vicende di vertice dei pochi che le hanno indotte – hanno comportato pesanti ripercussioni sulla vita di tanti. Alla luce di quanto esposto appare anche evidente la provvisorietà e la relatività dei picchetti e dei riferimenti della ripartizione con cui la storiografia occidentale ha convenzionalmente diviso il corso complessivo della storia in periodi tanto più brevi quanto più vicini al presente (preistoria, storia antica, medioevo, età moderna ed età contemporanea) a loro volta articolati in sottoperiodi connotati dalla presenza di grandi civiltà o di caratteri dominanti (mesopotamica, egizia, greco-romana, islamica, precolombiana, statunitense, europea, industriale, …). Ciascuno di tali segmenti è delimitato da estremi iniziali e finali strettamente dipendenti dai criteri adottati col tipo di visione proposta all’osservatore. Se certi eventi o mutamenti appaiono così significativi da essere scelti come elementi di frattura per scandire l’inizio e la fine di un periodo, è anche indubitabile che intanto innumerevoli altri fenomeni continuano e si prolungano manifestandosi con scatti, oscillazioni e parabole che si intrecciano indissolubilmente. Ma del periodizzamento si tratterà più ampiamente in seguito anche perché, come si è avvertito, con queste considerazioni si è ormai passati dalla sfera dell’osservazione a quella dell’interpretazione. Testo tratto da Rolando Dondarini, Per entrare nella storia. Guida allo studio, alla ricerca e all’insegnamento, Bologna, CLUEB, 1999, pp. 27-30. 3 Infatti solo in base a visioni preventive o totalizzanti in tale complessità si possono individuare graduatorie e precedenze tra i “motori” della storia (provvidenza, rapporti di produzione, fenomeni di lunga durata, idee). 4 Si potrebbe immaginare la transizione tra Settecento e Ottocento in Europa senza Napoleone?