Portavoce - N. 5 - 2015 - santuario di san leopoldo

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Portavoce - N. 5 - 2015 - santuario di san leopoldo
Portavoce
di san Leopoldo Mandić
Mensile - anno 55 - n. 5 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
ANNO DELLA VITA CONSACRATA
L’ESPERIENZA
DI UN DIO FRATERNO
TESTIMONI DELLO SPIRITO
LA TESTIMONIANZA
DEL SANGUE
DI ANNALENA TONELLI
N. 5 - GIUGNO 2015
N. 5 GIUGNO 2015 ANNO 55
SOMMARIO
EDITORIALI
3 / Aiuto, vedo buio! / Ai lettori / di Giovanni Lazzara
6 / Il cappuccino della TV e san Leopoldo / La voce del santuario /
di Flaviano G. Gusella
ATTUALITÀ ECCLESIALE
8 / Periscopio cattolico / a cura di Giovanni Lazzara
Portavoce
12 / Eucaristia e Sacro Cuore: l’amore di Dio si manifesta e diventa
nutrimento / La parola del Papa / di papa Francesco
di san Leopoldo Mandić
FEDE & VITA
16 / Braccio, mano e dita. La cura e la forza di Dio / Simboli biblici > 8 /
di Roberto Tadiello
Direzione, Redazione, Amministrazione
Associazione «Amici di San Leopoldo»
Santuario san Leopoldo Mandić
Piazzale S. Croce, 44 - 35123 Padova
Tel. 049 8802727 - Fax 049 8802465
19 / L’esperienza di un Dio fraterno / Anno della vita consacrata /
di Lorenzo da Fara
24 / «Credo nello Spirito Santo». Lo sviluppo della teologia /
La nostra fede > 15 / di Anastasio Bonato
SAN LEOPOLDO, IERI E OGGI
27 / Pellegrini a Castelnuovo / di Giovanni Gozo
28 / San Leopoldo a Brusegana / di Alfredo Pescante
SPIRITUALITÀ
34 / «Che siano una cosa sola»: la testimonianza del sangue
di Annalena Tonelli / Testimoni dello spirito > 4 / di Paolo Costa
36 / Una medaglia «miracolosa» / di Paolo Maria Bredolo
RUBRICHE
4 / Lettere a Portavoce / di Aurelio Blasotti
Periodico di cultura religiosa
dell’Associazione «Amici di San Leopoldo»
Redazione: [email protected]
Santuario: [email protected]
Direttore e Redattore
Giovanni Lazzara
Dir. Responsabile
Luciano Pastorello
Hanno collaborato a questo numero
Aurelio Blasotti, Flaviano G. Gusella,
Roberto Tadiello, Anastasio Bonato,
Giovanni Gozo, Alfredo Pescante,
Paolo Costa, Paolo Maria Bredolo,
Sisto Zarpellon e Fabio Camillo
Stampa
Stampe Violato - Bagnoli di Sopra (PD)
Registrazione Tribunale di Padova
n. 209 del 18.10.1961
Iscrizione al R.O.C. n. 13870
Con approvazione ecclesiastica
e dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
30 / Grazie, san Leopoldo / a cura della Redazione
Editore
Associazione «Amici di san Leopoldo»
32 / Vita del santuario / a cura della Redazione
Spedizione in abbonamento postale
38 / Calendario liturgico / a cura di Sisto Zarpellon
Nel rispetto del D.L. n. 196/2003 Portavoce di san Leopoldo
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sono custoditi nel proprio archivio elettronico con le
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In copertina: pellegrini da Tahiti (Polinesia
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SAN LEOPOLDO,
IERI E OGGI
Q
uando si pensa a una meta, la mente già intravede il punto di arrivo e la
boa che, aggirata, segna
la via del ritorno.
La nostra meta è il misterioso Montenegro che ha dato i
natali a san Leopoldo Mandić . La
meta è lontana dalla nostra Italia,
così si parte di buon mattino fissando il pernottamento, per la prima
giornata, a Medjugorje dove, dopo
un breve riposino, ci rechiamo a
pregare la Madonnina delle apparizioni. Non c’è pronunciamento ufficiale sui fatti che si narrano; certo,
fa impressione (positiva) vedere
migliaia di persone di tutte le età
e di ogni ceto, accompagnate da
molti sacerdoti che pregano raccolti in silenzio nell’immensa spianata.
Partecipiamo alle preghiere serali e
poi ci ritiriamo: domani ci aspetta
un’altra giornata di viaggio.
Dopo avere passato la frontiera
slovena e croata, ci aspetta quella
bosniaca. Qualcuno di noi osserva
con amarezza il comportamento
Componenti delle famiglie Pozzobon,
Salvador, Gozo e Buosi, in occasione
del viaggio
Pellegrini
a Castelnuovo
Appunti di viaggio di alcune famiglie trevigiane
◼ DI GIOVANNI GOZO
dei doganieri che, con il pretesto
di controllare, non fanno altro che
maltrattare i loro connazionali obbligandoli a mettere sottosopra le
vecchie auto nel timore che possano portare «tesori» all’estero.
Rientrati dalla Bosnia in Croa–
zia, superiamo Dubrovnik, che
visiteremo sulla via del ritorno.
Affrontiamo l’ultima frontiera e
finalmente siamo in Montenegro.
Qui stabiliamo il secondo pernottamento, ma la curiosità ci spinge
già nel pomeriggio fino alla vicina
Castelnuovo di Cattaro: la meta
che ci eravamo proposto.
Trovata la chiesetta dei cap­
puc­c ini (quella frequentata da
san Leopoldo quand’era bambino), don Beniamino, il simpatico
giovane parroco, ci accoglie festosamente e ci dà appuntamento
per l’indomani, per la santa messa
delle 8.00. Rientriamo in albergo
felici di aver trovato quanto cerca-
▶ pellegrini a castelnuovo
vamo. Non ci è stato facile, perché
san Leopoldo, che noi veneriamo
con tanta devozione, dalle sue
parti sembra quasi sconosciuto.
Forse perché la sua missione l’ha
vissuta tutta fuori dal suo Paese.
Inoltre la cagionevole salute non
gli ha permesso di raggiungere la
sua patria se non saltuariamente.
Iniziamo presto il nuovo giorno.
In tutto silenzio, partecipiamo alla
santa messa in lingua serbo-croata.
Alla fine cantiamo «Madonna nera». Le suorine presenti sono contente di sapere che è il nostro modo
di onorare la Madonna di Czestochowa. Alla fine, don Beniamino ci
offre santini, fichi e caffè… Non sa
cos’altro fare per dimostrare quanto ha apprezzato la nostra visita. Lo
ringraziamo dell’accoglienza e ci
avviamo verso la Bocche di Cattaro,
meta finale del nostro viaggio.
Queste insenature marine sono
davvero originali, con le diverse
isolette, i porticcioli, il passaggio
di navi e barche di tutti i tipi, le
spiaggette di sassi scuri, la bellezza e l’altezza delle persone del
posto. Forse non vediamo che una
piccola parte del Paese, in quanto
siamo sulla costa ricca e turistica,
ma quanto vediamo è particolarmente rilassante, piacevole e bello.
Le Bocche di Cattaro sono come
un grande lago – in realtà di mare
si tratta – circondato da una strada di una trentina di chilometri.
Visitiamo l’isoletta della Madonna
dello Scalpello, vecchia di storia
e di leggenda. Ci accompagna, su
una barchetta a motore, Janicia,
una bella montenegrina.
Visitiamo Cattaro, dove l’influenza veneziana è presente ovunque, e poi, lasciato il Montenegro
per la Croazia, anche l’incantevole
Dubrovnik. La città è come racchiusa e protetta all’interno di una
fortezza con mura fortificate. Qui
attraccano grandi navi da crociera
che solcano il Mediterraneo. P
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SAN LEOPOLDO,
IERI E OGGI
San Leopoldo
a Brusegana
◼ DI ALFREDO PESCANTE
E
ro entrato una decina di
anni fa nella chiesa dei
Santi Fabiano e Sebastiano di Brusegana, località
alle porte della città di
Padova, oltre quattromila anime
la parrocchia, per il mio consueto tour alla ricerca di presenze
leopoldiane. Avevo raccolto la
testimonianza di alcuni fedeli, tra
cui quella della signora Zita, ottantenne, capace di recitare la novena a san Leopoldo, tutte le sere,
per stendere un piccolo articolo
su questa rivista.
Come sono rimasto male quando, più recentemente, rivarcata
la soglia della chiesa, non ho più
trovato la statua riproducente le
sembianze di padre Leopoldo, che
era collocata nella navatella destra, al di sopra d’un bel mobile,
ornato di bianca tovaglia, a ridosso d’una monofora che illuminava! Mi sono detto: «È impossibile
che il santo confessore sia stato
messo in soffitta!». Anche perché
mi ero sincerato della forte devozione che molti anziani nutrivano
verso di lui. Girando le spalle per
effettuare il percorso dell’altra navata, quale non è stata la mia gioia
nel constatare che la statua lignea
aveva trovato una più consona collocazione all’interno della celletta
confessionale, spazio ricavato alla
base del campanile destro.
La chiesa di Brusegana
Della presenza della primitiva
chiesa di Brusegana, addossata
al fiume Bacchiglione, si parla già
nel 1130. È dedicata a Fabiano e
Sebastiano, santi molto amati dai
cristiani, perché protettori da malattie e dalle insidie proprie delle
località di campagna. E Brusegana, che nel 1026 venne chiamata
«villaggio nuovo», doveva essere
popolata di gente che aveva dimestichezza col fiume e con la
terra, allora resa fertile da acquitrini ed erbe infestanti. Nel 1256,
distrutta da Ezzelino in guerra
con i padovani, la chiesa fu subito
ricostruita una prima volta e, poi,
una seconda nel 1434.
Cresciuta la popolazione, alla
fine dell’Ottocento, si pensò a un
suo ampliamento, ma nel secondo decennio del Novecento, non
risultando più sufficiente, si optò
per una soluzione radicale.
Così, fu posta mano alla costruzione di una nuova chiesa,
in luogo più centrale, lungo la
strada che porta ai Colli Euganei.
Realizzata a una sola navata, in
stile romanico, con due belle torri campanarie, munite da ogni
lato di eleganti trifore, venne
inaugurata nel 1928. Vent’anni
dopo, furono aggiunte le navatelle laterali, costruito un bell’altare in marmo e recentemente è
stata dotata di affreschi, a impreziosire gli altari del Santissimo e
della Madonna del Carmelo, e di
splendidi mosaici sui tre timpani
della facciata.
La presenza
di padre Leopoldo
La stanza in cui è ospitata la statua lignea di san Leopoldo – opera di non eccezionale fattura, ma
Statua di san Leopoldo nella chiesa parrocchiale di Brusegana
originale, perché lo presenta appoggiato con il braccio destro al
bastone, il volto atteggiato a un
delicato, paterno sorriso, la testa
coperta da zucchetto –, vuole ricreare l’ambiente ove egli, nella
chiesa dei cappuccini di Santa
Croce, riceveva i penitenti per la
confessione. L’arredo è quasi ricercato: il simulacro, a sinistra, posa
su un mobile, coperto di tovaglia,
con un vaso di fiori e una pianta,
a dare un tocco di serenità per chi
varca quello spazio. Accanto vi è
un palpitante crocifisso settecentesco, davanti al quale si inginocchiano i fedeli o siedono per la
conversazione con il sacerdote. Il
libro della Bibbia è aperto sopra
un mobile, sulla parete di fronte.
La statua porta, nella base, a
sinistra, il nome dei donatori: «famiglia Mario Rampin, Francesca,
Elisabetta e Matteo».
Il parroco mi spiega il motivo
della nuova collocazione: «Il sito
precedente non era idoneo, soprattutto per ragioni stilistiche,
perché mancava l’altarino a pendant dall’altra navata. La soluzione adottata è bella e ha il pregio di
rendere più vicino padre Leopoldo
ai fedeli». Poi mi parla della grande devozione che molti anziani
nutrono per il confessore: «Molti
lo ricordano come una figura ieratica, per il suo modo di fare buono e tanti hanno avuto l’occasione
di confessarsi da lui. Entrando in
chiesa si fermano volentieri in
quella stanzetta e pregano, specie
prima di venerare la statua della
Madonna, molto amata. Nel giorno della festa liturgica non celebro,
però, particolari funzioni, perché
tutti coloro che gli vogliono bene
vanno a trovarlo nel suo santuario.
I miei fedeli amano confessarsi dai
cappuccini, dai frati del Santo e in
cattedrale».
La confessione viene frequentata dai giovani? Il parroco dice
di rendersi disponibile al sabato
pomeriggio, ma al contrario degli
anziani, che hanno perfino il loro
padre spirituale tra i religiosi della città, i giovani sono poco assidui. «Il sacramento della confessione – conclude – è da rileggere
alla luce delle attuali difficoltà che
sta incontrando. Pochi, infatti, vogliono assumersi la responsabilità
del proprio agire. Ma c’è anche
tra i giovani chi ha il coraggio di
confessarsi peccatore davanti al
Signore». P
giugno 2015 | Portavoce |
29
GRAZIE,
SAN LEOPOLDO
La busta di Elvira
L
a vicenda che mi accingo a raccontare è
capitata alla madre di Antonio Toniolo,
un caro amico di Campo San Martino
(Padova). Siamo attorno agli anni Trenta
del secolo scorso. Elvira Mazzucato
abitava in località Mandria, alla periferia sudovest di Padova. Non aveva neanche vent’anni e
lavorava, nei pressi del Bassanello, in un’azienda
che produceva giocattoli. Ogni mese, Elvira
percepiva lo stipendio, che contenta consegnava
puntualmente a suo padre, ricevendo in cambio
la «mancia». Una sera, però, le cose non andarono
come al solito perché, poco prima di varcare
la soglia di casa, la giovane si accorse di non
avere con sé la busta paga con relativo denaro.
A quei tempi – segnati da estrema miseria – lo
smarrimento del compenso mensile era un
episodio estremamente spiacevole. Ma la cosa
ancora più grave era doverlo raccontare ai genitori.
Elvira era nel panico, ma aveva sentito parlare
di un frate piccolo e con la barba bianca che
aiutava i poveri e che esercitava il suo apostolato
nella chiesa dei cappuccini di Santa Croce, situata
a pochi chilometri da casa sua.
Decise di andare a incontrarlo. Così, rifece una
parte del cammino che aveva fatto per rincasare.
Guardava meticolosamente per terra, anche
senza grandi speranze di ritrovare la preziosa
busta bianca. Niente… Giunta alla chiesa dei frati,
chiese e poi trovò padre Leopoldo: gli raccontò, in
lacrime, della brutta esperienza accadutale quel
giorno. Padre Leopoldo la ascoltò in rispettoso
silenzio. Alla fine del racconto, invitò Elvira a
recitare un Gloria e un Ave Maria e a ripercorrere
la stessa strada a ritroso. Elvira fece quanto le
aveva detto padre Leopoldo. Rifece a piedi la
strada percorsa poco tempo prima. Aveva in cuore
tanta fede e speranza, ma era consapevole che nel
frattempo tante persone erano transitate, chi a
piedi, chi in bicicletta, per quella strada trafficata
che portava fuori città. Il buio era totale perché
la sera era inoltrata e, a quei tempi, non c’era
l’illuminazione pubblica. Quando mancavano
poche centinaia di metri per completare il
percorso – e la speranza si era ridotta al lumicino
– Elvira notò qualcosa di chiaro per terra. Era
forse la sua busta? Pensò subito a un miraggio,
ma era la realtà! Incredula, raccolse la busta: era
30
| Portavoce | giugno 2015
proprio la sua busta paga. Nell’aprirla non poté
che ringraziare padre Leopoldo. Grazie all’aiuto di
quel frate buono, la sua fede ne uscì fortificata.
Fulgenzio Facco, Busiago di Campo San Martino (Padova)
Un grazie dall’America…
È una nonna che scrive. La nostra famiglia ha
vissuto gli undici mesi più tristi del mondo, perché
la mia nipotina Sofia, di 5 anni, s’era ammalata
di una brutta malattia alle ossa. Ci siamo rivolti a
padre Leopoldo.
Ebbene, un mese fa è accaduto un miracolo:
dalle analisi risulta tutto «pulito». La piccola è
ancora sotto osservazione, ma il pericolo è passato.
Prego tanto padre Leopoldo anche per coloro che
ne hanno bisogno. Un caro saluto.
Lucia Campitti, Newark (Usa), 20.12.2014
…e dall’Australia
Ormai da tanti anni, ogni mese, leggo molto
volentieri Portavoce. In ogni stanza ho «santini» di
san Leopoldo. Nel confessionale del santo, in uno
dei grossi libri dove i devoti lasciano preghiere
e ringraziamenti, c’è pure la mia firma. Visitai
il santuario tanti anni fa. Ricordo che padre
Martino mi fece visitare i vari luoghi. Fu una visita
meravigliosa che, essendo anziana e lontana,
conservo sempre nei miei ricordi. Distinti saluti.
Cesira Mattiolo, Adelaide (Australia)
Roberta «fratina»
Nata a Montebelluna (Treviso) il 23 agosto 1950,
a due anni di età Roberta Tesser cadde vittima
di una forma acuta di gastroenterite. Giunse
all’ospedale di Padova in gravissime condizioni.
Il prof. Pretto la diede per spacciata. I genitori,
però, non disperarono. Il papà fece voto a padre
Leopoldo che, se la figlioletta si fosse salvata,
l’avrebbe vestita da «fratina» (foto sotto). Così
accadde e, per un anno, Elvira vestì il saio marrone
dei frati che le era stato confezionato per la grazia
ricevuta. Papà aveva fatto un sogno nel quale
aveva visto la piccola Roberta all’interno di una
bara, circondata da quattro ceri. Tre di essi erano
accesi, mentre il quarto era spento. Da ciò si accese
in lui la speranza che sua figlia non sarebbe morta.
Tuttora Roberta gode di buona salute e lei stessa
ha raccontato con commozione, in occasione di
una visita al santuario il 27 marzo 2015, l’aiuto
ricevuto per intercessione di san Leopoldo.
a cura della Redazione
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giugno 2015 | Portavoce | 31
VITA
DEL SANTUARIO
13.3.2015: 4a primaria dalla parrocchia San Giovanni Battista
di Padova-Pontevigodarzere
Dall’11 marzo al 10 aprile 2015,
hanno visitato il nostro santuario una
quarantina di gruppi organizzati, per
un totale di circa 1.900 pellegrini,
provenienti da: Pontevigodarzere (PD),
Sebenico (Croazia), Zagabria (Croazia),
Mezzolombardo (TN), Mirano (VE), Porto
Viro (RO), Riese Pio X (TV), Bija (UD),
Fonzaso (BL), Cavarzere (VE), PadovaAltichiero, Padova-Mandria, Villaguattera
di Rubano (PD), Bologna, Ponte San Nicolò
(PD), Lissaro di Mestrino (PD), Milano,
Imola (BO), Romano d’Ezzelino (VI), San
Donà di Piave (VE), Tempio Pausania (SS),
Castelfranco Veneto (TV), Jastrebarsko
(Croazia), Tencarola di Selvazzano Dentro
(PD), Varaždin (Croazia), Dublino (Irlanda),
Bergamo e da altre località di Croazia,
Slovenia, Austria e Germania
14.3.2015: bambini della 4a primaria dalla parrocchia
San Giovanni Bosco di Padova-Paltana
▶
15.3.2015: bambini del catechismo dalla parrocchia
di Mezzolombardo (TN ) con il cappellano don Michele
15.3.2015: candidati alla prima confessione dalla
parrocchia di Porto Viro (RO) con don Renato
32
| Portavoce | giugno 2015
17.3.2015: pellegrini da Riese Pio X (TV)
20.3.2015: gruppo
dalla parrocchia
San Giuseppe di
Cavarzere (VE)
con il parroco
don Andrea
▶
21.3.2015:
catechisti e alunni
del catechismo
dalla parrocchia di
Padova-Altichiero
con don Lorenzo
27.3.2015: seminaristi da Tempio Pausania (SS)
28.3.2015: membri di una comunità neocatecumenale
di Castelfranco Veneto (TV)
◀
28.3.2015: fanciulli della
prima confessione dalla
parrocchia
San Bartolomeo
di Tencarola di
Selvazzano Dentro (PD)
giugno 2015 | Portavoce |
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SPIRITUALITÀ
Testimoni dello
spirito > 4
La missionaria laica
italiana non ha mai amato
parlare di sé. Ha vissuto
in silenzio la radicalità
evangelica per 35 anni in
terra musulmana. Diceva:
«I modi del servizio
sono infiniti e lasciati
all’immaginazione di
ciascuno di noi»
«Che siano una cosa sola»:
la testimonianza
del sangue di Annalena Tonelli
◼ DI PAOLO COSTA
P
er farla tacere è bastato
un colpo di arma da fuoco
alle spalle. Era il 5 ottobre
2003 quando Annalena
Tonelli venne uccisa a Borama, Somalia del nord, vicino al
confine con l’Etiopia. S’intendeva
mettere a tacere un personaggio
scomodo e pericoloso per gli interessi militari, politici e soprattutto
economici di molti potenti che, in
Somalia, avevano fondato il proprio potere sull’ignoranza e la povertà delle lande più abbandonate
del Paese.
L’entusiasmo degli inizi
Questa piccola donna, dal grande cuore, nasce a Forlì il 2 aprile
1943. Laureata in Legge, lavora
nella sanità senza essere medico:
sceglie di essere per gli altri, per-
34
| Portavoce | giugno 2015
ché prima di tutto vuole seguire
solo Gesù Cristo. Spiegava: «Sono non sposata perché così scelsi
nella gioia quando ero giovane.
Volevo essere tutta per Dio. Era
un’esigenza dell’essere quella di
non avere una famiglia mia. E così
è stato per grazia di Dio».
Annalena giunge in Africa nel
1969, quasi per caso, dal momento che la sua prima meta era l’India, terra dei tanti poveri. Grazie al
«Comitato per la lotta contro la fame nel mondo» di Forlì, a 26 anni
riesce a concretizzare il bruciante
desiderio di dedicare la vita agli
ultimi, ai più poveri, agli emarginati: «Credevo di non poter donarmi completamente rimanendo
nel mio Paese: i confini della mia
azione mi sembravano così stretti, asfittici… Compresi presto che
si può servire e amare dovunque,
ma ormai ero in Africa e sentii che
era Dio che mi ci aveva portato e
lì sono rimasta, nella gioia e nella
gratitudine».
L’esperienza africana di Annalena inizia con un incarico di insegnante in Kenya. L’ambiente, di
fede musulmana, si presenta subito ostile di fronte a lei, donna e
bianca, che pretende d’impartire
insegnamenti a persone che avevano quasi la sua età. Ma lei non vuole fare proseliti. Intende vivere il
vangelo in gesti e atti di solidarietà
e pietà umana. Appena fuori dalle
aule scolastiche, si aggira l’umanità da lei tanto cercata: gli ultimi,
gli affamati, i derelitti, i rifiutati, i
sofferenti e i moribondi. Soprattutto si dedica a chi muore di fame, ai
malati di Aids e di tubercolosi.
Il tempo del silenzio
Dopo l’accoglienza sperimentata
nella sua prima esperienza africana, Annalena vive un momento di
profonda solitudine quando, nel
suo ostinato denunciare i massacri
del governo keniota, viene espulsa
come «persona non gradita». Le
sue denunce pubbliche avevano
impedito un genocidio. Arrestata e
portata davanti alla corte marziale,
si sente dire che l’essere scampata
a due imboscate non era garanzia
di sopravvivere anche alla seguente. È il 1984 quando è costretta a
tornare in Italia.
Lei, però, non fa il giro di parrocchie e associazioni per perorare la
propria causa e per pubblicizzare
le proprie denunce. Sceglie invece
di ritirarsi in alcuni eremi, tra cui
Campello sul Clitunno, dalle compagne di Sorella Maria (cf. questa
rubrica in Portavoce 1/2015, pp.
34-36).
Per Annalena – che usa spesso l’aggettivo «sola» per indicare
se stessa – è il tempo del silenzio,
della preghiera, della lontananza
dagli occhi di un mondo curioso
quanto indifferente. In fondo, lei
condivide la vocazione al deserto
e poi l’amore per i fratelli musulmani che furono del beato Charles
de Foucauld (il religioso francese,
fondatore dei Piccoli fratelli del
Sacro Cuore, martirizzato nel deserto del Sahara, nel 1916, ndr).
Desidera una «vita nascosta, nel
silenzio, vita piena fino in fondo
senza bisogno di parole».
Annalena non ama parlare in
pubblico: il suo imbarazzo è visibile anche durante il discorso
pronunciato in Vaticano, nel 2001,
al convegno indetto dal Pontificio
consiglio per la pastorale della salute. D’altra parte, non serve dire
a tutti quello che si è. Ciascuno ha
una chiamata nella propria vita e
dovrebbe essere tanto impegnato
a scoprirla, a capirla e poi a metterla in atto, da non potersi dedicare anche all’inutile propaganda
di se stesso.
Il teologo Teilhard de Chardin
riassume bene l’ideale del nascon-
dimento, che Annalena intese come azione continua ma silenziosa:
«Non sono né posso né voglio essere un maestro, prendete di me
ciò che vi aggrada e costruite il
vostro edificio. Non ambisco che
di essere gettato nelle fondamenta di qualcosa che cresce». E c’è
molto dello spirito di san Francesco in Annalena, quando lei dice
che Dio parla e la sua è «una piccola silenziosa voce» da ascoltare
nella «celletta della nostra anima».
«Dobbiamo metterci in ascolto –
prosegue –, dobbiamo fare silenzio, dobbiamo crearci un luogo di
quiete, separato, anche se spesso
necessariamente vicino agli altri,
re». Con ciò, voleva dire che vivere Cristo significa essere «uno» in
lui e dunque essere uno con ogni
persona con cui Cristo volle identificarsi. «Scelsi di essere per gli altri
– i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati – che ero bambina; e così sono stata e confido di
continuare a essere fino alla fine
della mia vita. Volevo seguire solo
Gesù Cristo».
Nei trentatré anni trascorsi in
Africa a servizio dei poveri, degli
analfabeti, degli affamati, degli
ammalati Annalena riesce a esprimere il cuore della fede cristiana,
l’amore: «Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso… So-
Annalena Tonelli, il 25 giugno 2003, fu insignita dall’Alto commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) del prestigioso premio Nansen per l’assistenza
ai profughi. Fu uccisa quattro mesi dopo
come una mamma che non può
stare troppo a lungo lontana dai
suoi bambini».
«Solo l’amore ha un senso»
La «voce», la «parola» che vive nel
silenzio di Annalena è lui, Gesù
Cristo. Più che predicare Cristo,
conta viverlo. Spiega: «Ut unum
sint (che siano una cosa sola, ndr)
è stata l’agonia amorosa della mia
vita, lo struggimento del mio esse-
lo l’amore fa respirare, crescere,
fiorire, solo l’amore fa sì che noi
non abbiamo più paura di nulla…
Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta, che la
nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione».
Così raccontava del suo essere
in mezzo ai poveri: «Ero a Wajir…
quando conobbi i primi tubercolotici e mi innamorai di loro e fu
amore per la vita».
giugno 2015 | Portavoce |
35
▶ la testimonianza del sangue di annalena tonelli
L’amicizia della popolazione
Proprio l’esperienza di Wajir, in Kenia, a contatto con le tribù nomadi del deserto, diventa una scuola
di vita. Dalle povere tribù pronte
a smontare di continuo la tenda e
a spostarsi nel deserto con donne,
bambini e cammelli, chiuse nella
loro incrollabile fede islamica, impara una condivisione totale (casa,
cibo, preghiera..) e la sacralità dello spazio riservato a Dio. La testimonianza di quei credenti musulmani le insegna a «riconoscere che
da Dio veniamo, in Dio viviamo, a
Dio ritorniamo». I nomadi mostrano che la vera fede è «una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa
che è fiducia e amore».
Ma tutto sembra essere contro:
lei è bianca, cristiana, europea,
celibe. Eppure, insieme ad altre
sorelle, unitesi a lei, continua la
propria opera di missionaria, con
scuole di alfabetizzazione, corsi di
istruzione sanitaria e una scuola
per piccoli sordomuti e portatori di
handicap. Di pari passo prosegue
anche il servizio medico, diventando responsabile di un progetto pilota dell’Organizzazione mondiale
della sanità per la cura della tubercolosi in mezzo ai nomadi.
Tra la gente, dopo la diffidenza
iniziale, comincia a essere portata
come esempio. Un vecchio capo le
dice: «Noi musulmani abbiamo la
fede; e voi avete l’amore». Il dialogo con le altre religioni assume
per Annalena la forma della condivisione: «il dialogo è vita vissuta, meglio, almeno io lo vivo così,
senza parole».
Ai piedi di Dio
Circa il rapporto con Dio, racconta: «A Wajir eravamo una comunità di sette donne, tutte, sia pure in
maniera e in misura diverse, avevamo sete di Dio, e capivamo che,
quando perdevamo o stavamo per
perdere il senso del nostro servizio
36
| Portavoce | giugno 2015
e la capacità di amare, potevamo
ritrovare i beni perduti solo ai piedi del Signore. Per questo, avevamo costruito un eremo e là andavamo per un giorno o più giorni o
per periodi anche lunghi di silenzio ai piedi di Dio».
Ai piedi del Signore, nella prolungata adorazione eucaristica,
Annalena e le sue compagne di
vita ritrovano la luce e la forza necessarie per incendiare d’amore
tutti quelli che incontrano. Il frutto della loro preghiera e silenzio è
la rinnovata passione per l’uomo,
per i brandelli di umanità ferita
in cui Annalena vede Cristo, «l’Agnello di Dio che patisce nella sua
carne i peccati del mondo, che se li
carica sulle spalle».
Il 5 ottobre del 2003 viene uccisa a Borama. Di sera, mentre tornava alla sua abitazione, con un
colpo di pistola alla testa. Un’esecuzione dai tratti misteriosi. Con
la sua vita e il suo «martirio», Annalena Tonelli è la dimostrazione
che, quando si impara a «sperare
contro ogni speranza», si lascia
terreno a Dio. E Dio Padre, che vede più lontano di noi, è la nostra
speranza che si fa concreta presenza d’amore. P
PER APPROFONDIRE
A. Tonelli, Lettere dal Kenya.
1969-1985, a cura di B. Tonelli,
E. Laporta, M.T. Battistini, EDB,
Bologna 2013.
M. Fagiolo D’Attilia - Roberto I.
Zanini, Annalena Tonelli. Un amore
più forte di ogni odio, San Paolo,
Milano 2006.
M. Fagiolo D’Attilia - Roberto I.
Zanini, «Io sono nessuno». Vita e
morte di Annalena Tonelli, , San
Paolo, Milano 2005.
K. Moltisanti, Annalena Tonelli,
Emp, Padova 2009.
Videotestimonianza di A. Tonelli:
http://goo.gl/Nsds6K
SPIRITUALITÀ
In questo mese ricorre la
solennità del Sacro Cuore
di Gesù e la memoria
del Cuore Immacolato
della Beata Vergine. La
«medaglia miracolosa»
diffuse la devozione
ai «sacri cuori»
◼ DI PAOLO MARIA BREDOLO
C
aterina Labouré è una
novizia nel convento
delle Figlie della carità
di San Vincenzo de’ Pao­
li. Sabato 27 novembre
1830, nella cappella di rue du Bac
n. 140, a Parigi, durante la meditazione ha una visione. Vede come
due quadri animati che le passano
davanti in dissolvenza incrociata.
Racconta: «Nel primo, la Santa
Vergine è in piedi su una semisfera
(che rappresenta il mondo intero)
e tiene tra le mani un piccolo globo
dorato. I piedi di Maria schiacciano un serpente». Nel secondo quadro escono raggi di uno splendore
abbagliante. Nello stesso tempo
Caterina sente una voce che dice:
«Questi raggi sono il simbolo delle grazie che Maria ottiene per le
persone che me le domandano».
Davanti ai suoi occhi Caterina vede formarsi una medaglia ovale
dove prende forma un cerchio di
parole d’oro che dicono: «O Maria
concepita senza peccato prega per
noi che ricorriamo a Te».
Poi l’ovale della medaglia si
rovescia e Caterina vede la croce
sormontata dalla «M» iniziale di
Maria, in basso due cuori, uno incoronato da spine, l’altro trapassato da una spada. Rappresentano,
nell’ordine, il Sacro Cuore di Gesù
e il Cuore Immacolato di Maria.
Subito Caterina ode queste parole: «Fai coniare questa medaglia,
secondo questo modello. Coloro
21
12 Dom. del T. Ord.
a
(salt. 4a sett.)
Gb 38,1.8-11 • Sal 106
2Cor 5,14-17 • Mc 4,35-41
Un lago in burrasca, una povera
barca, uno sparuto gruppo di
uomini e Gesù. La paura attanaglia
il cuore dei discepoli spaventati
dalla forza incontenibile delle onde.
Ogni speranza sembra perduta in
quella tormenta. I seguaci di Gesù
rimangono annichiliti e lo sgomento
stronca le loro misere forze umane.
Gesù sembra non accorgersi di
quanto accade e tranquillo riposa su
un guanciale. Ai discepoli non resta
che svegliarlo. Destato, egli non
suggerisce tecniche di salvataggio e
li ammonisce: «Perché avete paura?
Non avete ancora fede?» (Mc 4,40).
La fede nella potenza divina infonde
quel coraggio vitale che supera ogni
vano tentativo di vincere i momenti
di profondo turbamento con l’ausilio
delle sole «tecniche» umane. «Se il
sonno e le apparenze facevano vedere
in Gesù un uomo – sosteneva san
Giovanni Crisostomo – la tempesta
sedata rivela un Dio».
28
13 Dom. del T. Ord.
a
(salt. 1a sett.)
Sap 1,13-15; 2,23-24 • Sal 29
2Cor 8,7.9.13-15 • Mc 5,21-43
Oggi il vangelo parla di una donna
che era ammalata di emorragie
da dodici anni (la cosiddetta
«emorroissa») e di una fanciulla
morta a dodici anni, la «figlioletta»
di Giairo. Questi e altri eventi
confermano quello che dice il
libro della Sapienza: « Dio non ha
creato la morte e non gode per la
rovina dei viventi». Il Figlio suo l’ha
dimostrato. Infatti Gesù svela dove
si trova il principio della vita. Nel
cuore dell’emorroissa c’è una fede
che la spinge a toccare «solo» il
lembo del suo mantello per ottenere
la guarigione. Nelle parole di
Giairo c’è l’implorazione di fede e la
risurrezione della figlioletta ne è la
risposta. «Continua ad aver fede» gli
suggeriva Gesù, e vedrai rifiorire la
vita. Quindi la fede è la fonte della
vita. L’arresto della fede paralizza
ogni intervento divino e blocca ogni
attività umana. P
a cura di Sisto Zarpellon
ATTO DI CONSACRAZIONE
AL SACRO CUORE DI GESÙ
«O amabile Cuore del mio
Salvatore, tu sei la sede di
ogni virtù, la sorgente di tutte
le grazie, l’ardente fuoco che
infiamma d’amore tutte le anime
che confidano in te. Tu sei la
compiacenza del Padre;
sei il rifugio degli afflitti e la dimora
delle anime che ti amano.
Cuore degno di regnare su tutti
i cuori e di possedere l’affetto di
ogni creatura; Cuore trafitto sulla
croce per amor mio dalla lancia
dei miei peccati; Cuore che vivi nel
Sacramento dell’altare, sempre
ferito dalla lancia del tuo stesso
amore; Cuore che ami gli uomini
con tutta la tenerezza, rimedia
tu stesso a tanta ingratitudine,
infiamma i nostri cuori di ardente
amore per te.
Potessi percorrere il mondo
per annunciare le tue grazie,
la dolcezza e i tesori che effondi
su coloro che ti amano.
Sii per me consolazione nelle
sofferenze, riposo nella fatica,
sollievo nelle angosce, porto sicuro
nelle tempeste della vita.
Ti consacro il mio corpo e la mia
anima, il mio cuore, la mia volontà,
la mia vita e tutto il mio essere.
O Eterno Padre, ti offro l’amore
del Cuore di Gesù: se rifiuti il mio,
non puoi respingere quello di tuo
Figlio, che è la stessa santità;
supplisca Gesù alle mancanze
del mio amore e mi renda accetto
ai tuoi occhi.»
sant’Alfonso Maria de’ Liguori
AGENDA SANTUARIO
ORARIO D’APERTURA
Chiesa
ore 6.00-12.00 / 15.00-19.00
Cappella del santo
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
ORARIO PENITENZIERIA
Festivo
ore 6.15-12.00 / 15.00-19.00
Feriale
ore 7.00-12.00 / 15.00-19.00
Il lunedì pomeriggio i frati sono
impegnati in comunità, pertanto non
sono disponibili per le confessioni
ORARIO SANTE MESSE
Festivo
ore 6.30, 7.45, 9.00, 10.15,
11.30, 16.00, 18.00
Sabato pomeriggio e vigilia delle feste
sante messe festive ore 16.00, 18.00
Feriale
ore 7.00, 8.30, 10.00, 18.00
PREGARE CON I FRATI
Al mattino ore 6.20:
celebrazione delle Lodi,
meditazione e santa Messa.
Alla sera ore 19.00:
santo Rosario e Vespri
Giovedì: Adorazione eucaristica,
preghiera per le vocazioni
e celebrazione dei Vespri
PELLEGRINAGGI
Chi desidera organizzare pellegrinaggi
di gruppo può telefonare per
informazioni o prenotazioni al numero
049 8802727 (orario di ufficio),
email: [email protected]
RICORRENZE DI GIUGNO
2: Festa nazionale
della Repubblica
12: Giornata della santificazione
sacerdotale
28: Giornata per la carità del Papa
giugno 2015 | Portavoce |
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Il racconto di una vita
straordinaria.
Il fascino di un santo
gioiosamente umile.
«Padre Leopoldo in tanto è stato un santificatore
degli altri, in quanto prima lui era un santificato:
si era lasciato santificare.
Parlava con Dio.
Sentiva di essere l’amato di Dio.»
(Card. Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I)
ILLUSTRATI
Lorenzo da Fara
Il tempo e l’eterno.
La spiritualità di padre Leopoldo
attraverso i suoi scritti
pp. 152, con illustrazioni, € 15,00
Riflessioni sugli scritti del santo. Frasi brevi
ma incisive che padre Leopoldo rivolgeva
ad amici e penitenti. Orientamenti di vita
spirituale validi per ogni tempo
Luigi Ferraresso
Padre Leopoldo
pp. 80, 30 tavole a colori + 40 foto, € 15,00
Illustrazioni di Alida Massari
Attraverso splendide tavole a colori
a piena pagina e il piacevole ritmo
dei versi, il libro racconta la storia
(e alcuni aneddoti) di san Leopoldo
BIOGRAFIE
Giovanni Lazzara
Leopoldo Mandić. Il confessore
che sognava l’unità dei cristiani
pp. 152, € 4,00
Il racconto della vita e il profilo spirituale
del santo cappuccino. I tre miracoli
attribuiti a san Leopoldo che gli valsero
la beatificazione e la canonizzazione.
I discorsi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II
Lorenzo Artuso
Leopoldo Mandić.
Umanità e santità
pp. 240, € 10,00
Una biografia che, integrando
numerosissime testimonianze,
scandaglia il volto interiore
di padre Leopoldo
Antonio Fregona (a cura)
Pietro Eliseo Bernardi
pp. 128, con illustrazioni, € 15,00
pp. 452 con illustr., € 16,00
Su una sintetica traccia biografica,
una ricca raccolta di foto di san
Leopoldo e dei luoghi in cui visse
La biografia più completa scritta
dal vicepostulatore della causa
di canonizzazione. Disponibile anche
in francese, tedesco, inglese
Il fascino di un volto.
Biografia storico-fotografica
di san Leopoldo
Leopoldo Mandić.
Santo della riconciliazione
e dell’ecumenismo spirituale
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I
IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA C.M.P., DETENTORE
DEL CONTO, PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA
EDIZIONI
SAN
LEOPOLDO