1969.09.17 - Comunità dell`Isolotto
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1969.09.17 - Comunità dell`Isolotto
17.09.69. Cosa fare di fronte alle pesanti calunnie verso la Comunità. e BA041 (continua dall’inizio della prima parte). BA040 (Al giro 682 della seconda parte della bobina) (Interventi di: avv. Francesco Mori, Urbano Cipriani, Sergio Gomiti, Franco Quercioli, Giampaolo Taurini, p. Tony Sansone, Alberto Parrini, Viviana Calonaci, p. Antonio Ceci di Lucca, Daniele Protti, Giancarlo Zani, Osvaldo Lozzi, Raffaello Corsi e altre voci non identificate). avv. Francesco M.: Le cose da trattare sono diverse pertanto è bene cominciare. Dunque si comincia con un argomento antipatico tanto per rompere il ghiaccio della serata. Dunque l’argomento antipatico so che sta a cuore a molti perché proprio molti di voi, di noi sono venuti a parlarmene dicendo che cosa la Comunità aveva intenzione di fare. Si tratta di quelle palate di m..melma che sono in continuazione gettate su di noi o su taluni di noi dalla stampa. O meglio, non voglio offendere la stampa, da certa stampa. Ora un settimanale di cui non dico il nome, perché non mi sembra il caso di fargli della pubblicità gratuita, ma insomma molti di voi capiranno di chi si tratta, ha fatto una serie di articoli – sono due settimane che ci dedica molto spazio – intitolati, raccolti sotto la dizione “Il vero don Mazzi”. Per illustrare il vero don Mazzi si è pensato bene di prendere delle lettere che nel corso di anni erano state inviate a lui. Ora (per) tutti noi la corrispondenza è una cosa un po’ particolare. Credo che tutti noi abbiamo l’abitudine di mettere, non dico di fare un archivio della nostra corrispondenza, ma insomma di metterla in un cassetto, di metterla in un ripostiglio. Insomma la corrispondenza giace in casa per diverso tempo, a volte per decenni. Altrettanto è evidentemente successo anche a don Mazzi. Questa corrispondenza era rimasta nei locali della canonica, locali della canonica che la Curia, come voi sapete, costrinse ad abbandonare a don Mazzi, a don Sergio e a don Paolo per darli ad altri sacerdoti. Ci fu un periodo di interregno. Non di interregno, semplicemente quando furono consegnati i locali, molti oggetti di appartenenza dei sacerdoti rimasero nella canonica, gli oggetti che non erano di uso immediato fra cui sembra una valigetta – Enzo, don Mazzi non si ricorda di questa valigetta per la verità. Nel giornale si parla di una valigetta piena di corrispondenza – Non c’è stato scrupolo, da parte di chi aveva preso quella canonica, che era diventato l’occupante legittimo di quella canonica o di coloro che frequentavano quella canonica, dopo l’uscita dei nostri preti, di appropriarsi di questa corrispondenza. Gesto che qualifica certe persone evidentemente. Ora a qualificarle per la verità ci avevano già pensato anche in precedenza ma insomma conferma la qualifica che queste persone hanno, per lo meno la qualifica morale, la veste morale di queste persone. Hanno preso questa corrispondenza e hanno pensato di passarla a quella stampa che vive, non so se prosperi, che vive specializzata nel diffondere quelle palate che vi dicevo all’inizio, le palate di m...melma. Va bene? E allora che cosa è venuto fuori? E’ venuto fuori che Enzo aveva ricevuto una lettera da un sacerdote in cui era contenuta una poesia. Ora voi sapete che fra amici certe espressioni nella corrispondenza, in una poesia scherzosa, sono pienamente ammissibili. Credo che lo siano ammissibili per tutti noi. Tanto per dare ai termini la loro versione precisa, in questa poesia si parlava di scurreggie. Ora una poesiola molto graziosa, a parer mio, non priva di gusto. Come? Allora dice di leggerla. No, non ora, tralasciamo. Si parlava di scurreggie, di cose di questo genere ma non c’era niente d’altro. Ora vi ripeto: tra amici, nel rapporto, anche se questi amici vestono l’abito talare entrambi, ebbene non c’è niente di male dire certi termini che per la verità ricorrono in bocca ai nostri figli e ricorrono in bocca agli adulti perché i ragazzi imparano dagli adulti. E va bene, E questa è la prima lettera. Il tono scherzoso evidentemente viene completamente travisato per dire che il turpiloquio, cioè le parole più turpi erano frequenti nella bocca dei nostri sacerdoti. Poi c’è un’altra lettera. Questa è ancora più divertente perché mette in luce proprio quanto sia malata anche su un piano psichico – ora non vorrei che Parrini mi dicesse che dico sciocchezze – ma insomma quanto sia malata la mentalità dei redattori di questo articolo perché nientemeno, in questa seconda lettera è attribuita ad un altro sacerdote che viene indicato come don Biondi. Volutamente o meno invece questo nome che viene attribuito è travisato. Non si tratta di un sacerdote. A scrivere la lettera in effetti era una signora o signorina che fosse. Questa signora parlava di una gita in montagna alla quale sarebbe stata accompagnata da tre sorelle di latte. Questa è molto breve e ve la voglio leggere: “Siamo state ieri al rifugio del Cividale, una bella ma faticosa salita che io ho compiuto in compagnia di tre mie sorelle di latte. Poi quando siamo ritornati giù esse mi hanno nuovamente ossequiato. Sono tre buone caprette”. Questo discorso “sorelle di latte”, “caprette”, - a una mente malata, poverino avrebbe veramente bisogno di curarsi - l’hanno messe in bocca a un uomo e hanno sognato che quest’uomo, anzi questo sacerdote che scriveva a don Mazzi si facesse accompagnare – queste sorelle di latte non fossero caprette ma tre fanciulle, le quali.. ma beati, non lo so io, fra l’altro che questi sacerdoti abbiano queste capacità di attrazione, non una, tre. Questo fa parte evidentemente di una mentalità malata. Ad ogni modo la fanno passare in questi termini. Ci ridiamo e va bene: teniamola così in un piano di allegria. E’ una cosa triste ma seguitiamo a riderci perché è giusto prenderla a ridere. Poi c’è un’altra lettera. C’è una lettera di una ragazza, di una signora, eccetera la quale è incantata del modo di parlare di don Mazzi e si esprime in questo modo: “Ti ho sentito ieri mentre parlavi”. Gli dà del tu. Tutti noi gli diamo del tu. “E pareva che ti rivolgessi solamente a me. Le tue mani vibravano e le tue mani si tendevano”. Sì, quando uno sa parlare gestisce anche con le braccia. Ce lo dicevano anche all’Università quando dicevano di insegnarci a parlare. Come sapete invece ci hanno insegnato malissimo perché io ne sono la dimostrazione. “Era come un invito: verrò ancora perché la tua voce è come un porto”. Cosa significa questo? E’ una espressione un pochino buffa se vogliamo, senz’altro ammirativa. Io non voglio dire che non ci fosse anche un sentimento dietro, ma unilaterale. Cioè questa donna era richiamata dalla voce di don Mazzi. E va bene, può succedere. Vuol dire che Enzo parlava bene. Da qui a sconfinare logicamente nelle deduzioni più pazzesche per il giornalista è stato tutt’uno. Poi c’è un’altra ancora. E’ la quarta e l’ultima di una donna che dice. “una tempesta furiosa mi scuote, mi spinge verso l’abisso come tu non immagini per un desiderio di distruggermi”. Poverina! Insomma saranno frasi altisonanti ma evidente mente era una donna in crisi che aveva voglia di distruggersi. Anche qui una sequenza di illazioni su questa lettera. Ora noi bisogna un pochino che di questa situazione – le altre volte se n’è accennato –vorrei che stasera gli dedicassimo un po’ di tempo per decidere il da farsi. Io mi permetto, giacché sono al microfono, di dire il mio avviso. Ora parlo di reati. C’è un primo reato: ‘violazione del segreto epistolare’ perché non è permesso sottrarre, appropriarsi, al fine di prendere conoscenza o di farne prendere conoscenza, di corrispondenza sia che sia chiusa sia che sia aperta. Questo è un primo reato. Chi coinvolge questo reato? E’ chiaro che la sottrazione, la distrazione: c’è una correità precisa da parte del giornale perché il giornale è consapevole, il giornalista, il direttore responsabile deve essere consapevole che questa – e poi è scritto nell’articolo – che questa corrispondenza è stata abusivamente sottratta. Poi bisogna vedere chi l’ha sottratta e qui effettivamente non si può scendere in particolari. Vi dirò subito che l’articolo si preoccupa evidentemente di salvare dal sospetto e dalle conseguenze penali i nuovi parroci. Come se ne preoccupa? Dice che queste lettere furono ritrovate da chi era stato incaricato dai nuovi parroci di andare a fare le pulizie. In questo modo evidentemente devia il colpo che potrebbe eventualmente essere diretto contro i nuovi parroci. Resta comunque la considerazione da fare anche se non sono stati loro, resta la considerazione da fare da quali persone questi nuovi parroci siamo circondati. Poi c’è l’altro reato. ‘la diffamazione’, cioè porre le cose, illustrare le cose, fare supposizioni in modo da offendere il decoro e la rispettabilità di Enzo Mazzi. E questo è il secondo reato. Dunque io ho detto che i nuovi parroci anche se qualcuno, cioè se Enzo Mazzi decidesse di fare una querela diretta contro di loro, sospettando che siano stati loro ad operare questa appropriazione di corrispondenza, un procedimento penale a loro carico andrebbe completamente fuori bersaglio, perché evidentemente loro, così come sono esposte le cose, sono in grado di salvarsi perfettamente da questa accusa. Piove davvero. Penso a quei poverini che ingorgavano le strade per andare alla partita. Hanno anche speso. Almeno noi: biglietto niente! [Succede un po’ di trambusto perché molte persone stava al di fuori della baracca già piena di gente e ora cercano di entrare dentro in qualche modo]. Ci siamo tutti dentro o quasi? Dunque allora bisognerebbe fare per il reato di violazione del segreto epistolare una querela contro ignoti, una querela contro ignoti che dico subito non so se la Procura della Repubblica manderebbe anche in questa occasione i suoi migliori segugi. Io non ne dubito: li manderebbe ma si tratta di vedere se coloro che hanno operato questa sottrazione di corrispondenza sarebbero così ingenui da scoprirsi. Sicché probabilmente, anche sotto questo profilo, una querela per violazione di corrispondenza andrebbe malamente, non avrebbe esito alcuno. Allora dico, noi dovremmo ricorrere alla giustizia contro delle persone in definitiva per le quali abbiamo il più grande disprezzo, sia che siano quelli che hanno sottratto la corrispondenza, sia che siano quelli che si sono permessi di scrivere questi idiozie, di sporcare così la nostra vicenda e che seguitano a sporcarla e che seguiteranno anche a sporcarla. Mi ricordo un po’ quella che dice: il cane ha dato un morso al mio bambino, io per punizione al cane gli taglio la testa, oppure gli do un po’ di colpi di frusta per punizione, ma questo non mi pare che abbia senso, non mi pare che ci possa soddisfare minimamente. C’è da vederla anche dal lato della produttività questa azione penale. Ora noi sappiamo – ora sono già tre anni, tre anni e mezzo che non ci sono più amnistie in Italia – noi sappiamo che è una consuetudine, una consuetudine quasi obbligata per la nostra organizzazione anche di giustizia, per la nostra organizzazione carceraria, mancano i locali, ci sono le vicende politiche che lo rendono opportuno, per cui è presumibile oltretutto, che prima che arrivassimo ad un processo, si arriverebbe a una amnistia. Allora noi si spanderebbe parole al vento facendo una querela. Poi c’è un'altra questione da considerare. C’è da considerare che, coloro che si difendono da questo tipo di reati, la linea di difesa è quella in sede processuale, proprio in sede processuale, e proprio per difendersi, per rendere maggiormente credibili quelle cose che sono state raccontate, come linea di difesa, dico, adotterebbero quella di dire e di gettare più melma, ancora più palate che si può, in modo da cercare proprio di ricoprirci definitivamente. Intendiamoci: sono sicuro che non ci riuscirebbero anche perché non credo che la Comunità, né che i nostri sacerdoti e neanche noialtri abbiamo niente da nascondere ma la diffamazione, la calunnia, il famoso venticello e senz’altro la stampa se ne farebbe bella, cioè noi arriveremmo attraverso questo processo, per come questi processi sono organizzati, per la stampa, che nella gran parte non ci è favorevole se non addirittura contraria, noi arriveremmo pari pari a riuscire a farci una propaganda del tutto contraria. E poi c’è una cosa per me fondamentale. Ora io sono un po’ come quei dottori che le medicine le danno ai malati, ai loro clienti. Io voi sapete che faccio un certo mestiere del quale non mi glorio per altro e io proprio non ci credo all’uso della legge, non ci credo. Deve essere proprio… non mi va di mettermi, di cacciarmi in un processo. Non ci credo. E proprio noi ci dovremmo credere? Noi che abbiamo detto che la giustizia ci ha reso un pessimo servizio, che la giustizia ci tartassa, ci porta nei tribunali ingiustamente, contro le più profonde leggi morali, noi dovremmo ricorrere a quella giustizia? A me sembrerebbe un atteggiamento fuori di senso, fuori proprio di una linea, perché a un certo punto non ne abbiamo mica detto tanto bene della giustizia in genere, di come ci ha trattati, di come ci ha perseguiti, di come siamo stati interrogati, di quanti di noi sono stati imputati. Nessuno di noi, dei reati dei quali è stato incriminato, si sente colpevole, anzi è convintissimo della propria azione, di quello che ha fatto e perciò mi sembrerebbe profondamente contrastare con la nostra linea. Io praticamente ho finito questa esposizione e vi ringrazio di avermi dedicato attenzione. Mi preme questo, siccome però ho sentito molti di voi, mi sono giunte tante voci: “Ebbè, che facciamo? Ma che forse vogliamo proprio applicare quel precetto evangelico che dice: se ti danno uno schiaffo porgi anche l’altra guancia? Proprio in questo momento, con questa gente?”. No, non dico questo. Io non mi richiamo a un precetto evangelico, mi richiamo ad una utilità, ad una convenienza, però so che molti di voi la pensano diversamente, sicché io direi su questo primo argomento, che a molti brucia, che a molti preme, che si apra una discussione, che ciascuno possa dire quello che pensa. Urbano C.: Io proprio mercoledì scorso avevo detto che era in arrivo una valanga di merda. Avevo detto proprio così.[Reazione ilare da parte dell’assemblea] Sergio G. Io non l’ho detto. Urbano C.. L’avevo detto io. Avevo detto anche questo: su cinque punti si convoglia questa roba. Il primo punto è che questi preti sono immorali. Don Mazzi ci ha una bambina. Ancora non l’hanno detto ma è già stato detto, non stampato. Il secondo punto è che hanno maneggiato e maneggiano dei gran quattrini. Ora noi che li conosciamo veramente… ma chi non li conosce può rimanere impressionato. E questo punto c’è anche in quell’articolo accennato che hanno maneggiato grandi quattrini e quindi la Chiesa dei poveri, la Chiesa povera… .Il terzo punto, il terzo punto è che don Mazzi lo fa tutto per caparbietà. E’ un tipo così, quando ha preso una strada… è come dire che è matto. Vi ricordate ‘Gente’? “Don Mazzi è un vanesio”. Tutto ritorna. Il quarto punto è che sono strumentalizzati politicamente. Non possono dire dai fascisti, questo non ce lo possono dire. Ora se la Curia non si preoccupa affatto di scindere le sue responsabilità o di fare grandi dichiarazioni per dire che non ha niente a che fare con i fascisti, perché noi ci dobbiamo preoccupare tanto che non abbiamo niente a che fare col partito comunista, psiuppino, nazimaoista, eccetera? Per La Stampa sono un attivista psiuppino, faccio un esempio spicciolo, e iscritto. Ebbene ora su di me sono andati a vedere. Immaginate? Prima di tutto sono andati a vedere se ho qualche amante in giro perché è ovvio… è così che cominciano, se naturalmente avessi lasciato delle lettere a spasso, ma dico politicamente andranno a vedere che cosa sono e troveranno che io sono stato assessore e magari ne chiederò scusa al Padreterno, comunque, lasciate stare la battuta, sono stato assessore democristiano nel Comune di Poppi, dico assessore, consigliere comunale del Comune di Poppi. E quindi quello non lo diranno ovviamente e neppure che sono stato presidente di giunta dell’Azione Cattolica nominato dal Vescovo, eccetera. Io devo diventare, e anche se lo fossi naturalmente me ne glorierei, naturalmente sarebbe una gloria e ce ne sono tanti tra di noi comunisti, psiuppini, cinesi, ci sono democristiani. Mi hanno detto che c’è anche un missino e vattelappesca chi. E’ questa la novità, è questo che non vogliono. Comunque sia vi dico: loro vogliono fabbricare così: io sono quell’attivista lì e basta perché il Cipriani ha bisogno anche lui, c’è anche il mio nome lì, quando ti fanno il nome poi si va a cercare tutto: le amanti, gli stupri, quello che posso aver fatto. Si va a caccia così col controspionaggio. E il quinto punto non me lo ricordo e me ne dispiace ma appena me lo ricordo ve lo dico. Comunque è arrivato il primo punto: la immoralità. Cercano di colpire lì. E arriveranno tutti gli altri. Ora dice come ci si difende. A questo punto penso che noi avremo il diritto, magari tutti insieme come siamo ora, di andare da don Pietro e da don Gabriele e chiedergli conto di quel che è successo, ascoltare cosa ci diranno, come si giustificano, come si giustificano. Se le hanno date loro o se non le hanno date queste lettere. Se dicono di no quali persone le hanno prese. Se non lo sanno, le persone che hanno fatto le pulizie. Per lo meno potremo dire a loro: guardate fratelli che gente, avete cacciato noi dalla canonica, ci avete cacciato così ripetutamente, avete cacciato quattro preti. E’ una imperdonabile leggerezza di fronte a tutta la Chiesa universale che voi cacciate noi e teniate questi tali. Ma loro possono dire: ma il Vangelo vuole che teniamo anche i cattivi. Sì, si tengono per convertirli ma non perché possano fare il male maggiormente di quello che loro già fanno. A quel prezzo lì non si tengono perché Cristo di fronte alla razza delle vipere perdeva le staffe. Cristo è stato messo in croce perché quando vedeva queste cose diceva: razza di vipere, sepolcri imbiancati. Per quello è finito in croce, non per altro. E quindi non avete giustificazioni. E’ una leggerezza imperdonabile se loro semplicemente hanno permesso a questa gente di fare quello (che hanno fatto).Il quinto punto. Mi portano qui: si trova in contrasto con tutti i sacerdoti della diocesi e faranno in modo di far dichiarare a tutti i preti che sono incerti, gli spingeranno a dichiarare ufficialmente che loro ce l’hanno, che sono contro don Mazzi. Vi dico queste cose: io le ho ricavate da dove le ho ricavate e non posso fare nomi e cognomi perché bisogna trovare le prove formali e si cercheranno le prove formali. Comunque sono ambienti di Chiesa, sono ambienti ecclesiastici. Cioè non è la stampa così che vive sulla menzogna. Quella lì si serve ma chi è, insomma, che raduna tutta questa po’ po’ di robaccia e poi la distribuisce, non sono i partiti di destra, non sono neppure gente che vive sulla diffamazione. Sono ambienti di Chiesa e noi lo diciamo con profonda e tristissima amarezza perché siamo nella Chiesa e ci vogliamo rimanere anche a costo di dover sentirci come quei tali che venivano condannati a morire accanto a un cadavere. Legavano un vivo accanto a un cadavere e poi doveva morire. Quindi non lo diciamo così con gagliardia, lo diciamo con profondissima tristezza. Questa è la realtà insomma di una situazione di Chiesa come noi storicamente ce la succiamo. Quindi il problema, io dicevo, non è quello di andare in tribunale perché poi ti fanno le sottigliezze, parola più parola meno, e poi ti portano quel giornalista che a me non me ne frega un cavolo di quel tentennino lì: me lo ricordo tra l’altro. Ma che m’importa di lui?! Non è lui. Quelli lì sono i servetti, sono i venduti. Non sono quelli da colpire. Noi si va fuori, non si coglie il bersaglio. Quindi il discorso va fatto però. Domandare, domandare conto a questi preti o di questa colpevolezza o di questa imperdonabile leggerezza, comunque domandare, questo secondo me si potrebbe fare. Voce maschile: secondo me la questione di non raccogliere il reato che implica il fatto del segreto epistolare eccetera, eccetera, non dovrebbe essere un fatto, come ha detto prima, hai detto tu l’avvocato, di un negativo sbocco. Proprio per una questione morale, cioè per la negazione… [Interruzione della registrazione per cambio di bobina. La registrazione riprende nella bobina BA041]…naturalmente gli daremo armi in mano che naturalmente non meritano. Un’altra cosa vorrei aggiungere, vorrei aggiungere in questo caso a te. Vorrei aggiungere qualcosa: il fatto che sia la Chiesa, la Chiesa diciamo storica a creare questo… diciamo la Chiesa storica perché in fondo è la Chiesa storica, la Chiesa storica è quella di Florit. Voi interpretate secondo me il cristianesimo secondo me, ma lasciamo stare si entrerebbe in un discorso che preferisco non fare. Voi interpretate il cristianesimo in senso umanistico, politico, se vogliamo populistico mentre loro lo interpretano addirittura in senso più dogmatico, più freddo e quindi è un altro discorso e quella è la Chiesa storica e la vostra è la Chiesa della rinnovazione. Questo è chiaro naturalmente. Però dico il fatto che la Chiesa storica sia così gestuale, debba gestire insomma a servizio di certa stampa che potremmo dire scandalistica, eccetera, eccetera questa è la domanda, è un po’ una domanda, dico è una risposta al tuo quesito ed è una domanda: in questa Chiesa fino a che punto vi riconoscete ? E cosa ci state a fare? E’ questa la mia domanda. Cioè mi amareggia il fatto che siete persone di buon senso, mi amareggia che ancora continuiate a dire noi vogliamo a dispetto dei santi, noi vogliamo, a costo dell’angariamento, rimanere in una Chiesa che ci spodesta e che tuttavia… Certo, questa è una questione che volevo (porre). Grazie. Franco Q.: Secondo me io sono per non fare niente per questa faccenda qui, perché andiamo a vedere: prima di tutto facciamo una questione di principio e poi una questione pratica. La questione di principio è che noi non ci possiamo confondere con questa gente qui perché, se noi perdiamo il tempo con questa gente, finiamo il tempo migliore in questi discorsi. Secondo, questa gente vediamo un po’ chi sono. Sono i fascisti, questo è il discorso e coi fascisti non si discute. Con i fascisti si regolano i conti in altri sistemi [Applausi]. Dunque, secondo: se ci sono di mezzo questi nuovi parroci noi il conto con questi nuovi parroci lo abbiamo già chiuso e noi non possiamo metterci di nuovo ad andare a chiacchierare con questa gente. Se noi si voleva parlare con questa gente, si era ancora in chiesa e non si era qui. Se siamo qui vuol dire che noi con questa gente si è già chiuso. Punto e chiuso. Basta. E’ inutile andare a parlare con loro. Quindi io a questo punto credo che sia inutile perdersi in queste questioni con questa gente di bassa lega. Se loro buttano queste palate di merda, queste palate di merda gli ricadranno sulla testa e affogheranno. Questo è il discorso che dobbiamo fare. Abbiamo problemi, secondo me, più seri da discutere. Noi ci troviamo in un momento piuttosto difficile e noi dobbiamo discutere di che cosa noi vogliamo fare e dove deve andare la nostra Comunità. Io vi faccio un esempio. Ho preso la parola, dopo tanto tempo, perché mi è successo un fatto personalmente l’altro giorno (per) Il mio ragazzo, il bambino più grande. Dove si sta di casa ci sono altri bambini, sono tornati tutti con la maglietta viola e i calzoncini, i calzettoni e le scarpette. Il mio bambino mi ha chiesto: “Babbo mi mandi anche me?”. Ora io dentro di me mi è venuto uno strizzone al cuore. Perché? Perché io a questo punto dovevo spiegare a questo bambino perché non doveva andare. E lui piangeva perché voleva la maglia, i calzettoni, le scarpe e voleva andare con i ragazzi dal prete a giocare al pallone. Io ho riflettuto, ho parlato con questo ragazzo, ho cercato di spiegare a questo ragazzo perché lui non doveva. Ora voi mi capite: sono arrivati a portare la divisione nelle famiglie sono arrivati a portare, a mettere contro il figliolo contro il padre. Un bambino che non capisce nulla in queste cose è costretto a dover sentir fare un discorso di divisione nei confronti degli altri. Ora, scusate, il problema grosso è questo: noi ci troviamo di fronte a un quartiere che in questo momento si troverà di fronte a una parrocchia, a una istituzione che apriranno, faranno di tutto: faranno campi sportivi, faranno il cinema, faranno di tutto per prendere in mano il quartiere. Noi dobbiamo dire a questo punto: già siamo in queste baracche che non ci si entra nemmeno, non abbiamo niente in mano, non abbiamo nessuno strumento. Noi dobbiamo porre il problema della nostra sopravvivenza. Questo è il problema vero che abbiamo di fronte. Noi dobbiamo guardare avanti, perché la risposta da dare a questi fascisti è la nostra forza e la nostra possibilità di continuare ancora a svilupparsi, a crescere, a dare una risposta positiva, a fare in modo che i nostri figlioli vengano educati secondo quella che è la nostra coscienza, secondo quella che è la nostra fede, la nostra linea, non che vengano accaparrati domani questi ragazzi, famiglie, da questa gente (che sono) strumento del potere dei padroni. Questo è il discorso.[Applausi]. Perché con un palloncino e tre magliette qui ci vogliono riportare indietro di trent’anni quando anche noi, piccini così, si andava dietro il prete a giocare a pallone e poi, dopo, ci facevano pensare come volevano loro ci facevano pensare. Loro vogliono riportare nel quartiere questa situazione. Immaginate voi: tra tre o quattro anni loro cominceranno veramente a creare una offensiva su tutta una linea. Loro avranno in mano tutto: quattrini, cinema, campo sportivo, allenatori, quello che volete voi. Quindi noi dobbiamo dire dove noi dobbiamo andare, quale è la nostra linea, il nostro sviluppo, non perderci, non perdere tempo con questa gente che scrive queste cose veramente di merda. Noi dobbiamo invece porci il problema di come andare avanti, di come stare tra noi. E qui, scusatemi tanto, io vedo un pericolo nella nostra Comunità e per questo ho preso la parola proprio spinto da questa esigenza: il pericolo che noi si perda tempo dietro queste piccole cose e non si veda invece più avanti. Che cosa dobbiamo fare? Prima di tutto, in un quartiere come questo, noi dobbiamo riuscire ad organizzare l’educazione dei giovani come si vuole noi. I nostri figli, i giovani del quartiere devono essere educati come sono stati educati fino ad oggi e quindi l’iniziativa che noi abbiamo preso questa estate sul problema del doposcuola, il problema dei corsi estivi, il problema della scuola. Noi dobbiamo cominciare a vedere anche questi problemi, non parlare solo di vescovi, non parlare solo di fascisti, del ‘Borghese’ o di altri articoli del genere. Noi dobbiamo cominciare a vedere... noi si parla di oppressione: noi dobbiamo vedere: nel nostro quartiere c’è una oppressione oltre a quella che ci fanno, che ci fa Florit, la Chiesa di Firenze? Ci sono altri tipi di oppressione? Sì, i nostri figlioli sono oppressi a scuola quando bocciano eccetera, eccetera, il discorso che molti di voi che sono venuti alle riunioni hanno sentito. Questo è un discorso intanto che nel nostro quartiere deve essere portato avanti e poi un altro discorso è il discorso sui locali anche, sui locali. Io direi che il problema dei locali o prima o poi si pone perché non possiamo continuare a stare in questa situazione provvisoria. Il Comune: qui, in fondo, siamo ospiti del Comune. Io Comune oggi o domani ci può dire di no. Noi dobbiamo cominciare a prendere in esame la situazione del locale, la situazione cioè di lanciare eventualmente una sottoscrizione a livello nazionale e internazionale perché la Comunità dell’Isolotto, il quartiere dell’Isolotto abbia una casa perché oggi è sfrattato [Applausi]. Qui, mentre noi si sta parlare dei fascisti che ci gettano la merda, noi si sta a pigliare l’acqua fuori. Quindi noi dobbiamo intanto cominciare a pensare come fare a non pigliare più l’acqua fuori perché tra poco è inverno, tra poco fa freddo e noi non possiamo permettere che per i freddo la gente non venga. Noi bisogna fare in modo di porre il problema di cominciare a vedere se è possibile creare nel nostro quartiere una grande casa, un grande salone dove veramente possiamo riunirci. Quella che è la nostra casa ce la faremo da noi questa volta, sarà nostra. Questo è il discorso. Non ci butterà fuori nessuno di lì. E quindi, per me, se noi dobbiamo guardare avanti e lì ci ritroveremo e lì riprenderemo il discorso che noi facevamo nella nostra chiesa e lì continueremo la nostra esperienza e lì faremo tutto: parleremo dei problemi della Chiesa nel mondo, parleremo dei problemi e delle lotte degli oppressi contro i padroni e faremo quelle cose che nel quartiere è necessario fare come abbiamo fatto qui: il doposcuola, le riunioni dei genitori, tutte quelle cose che nel quartiere oggi mancano. Non abbiamo più nulla. Se putacaso domani ci levassero queste baracche, noi non abbiamo più nulla. Noi non possiamo perdere più tempo a fare tanti discorsi a questo punto. Dobbiamo assicurarci per questo inverno un locale dove possiamo starci. Quindi io vorrei che si cominciasse a discutere anche su questo tema [Applausi]. avv. Francesco M. Il discorso che ha fatto Franco è un discorso veramente importante, è un discorso veramente importante e di fondo. Sono perfettamente d’accordo con lui. La ricerca per noi di una sede non significa però che prima di averla siamo disposti ad abbandonare quella che abbiamo. Sia ben chiaro. Voce maschile: A Milano la casa dello studente e del lavoratore che ospitava tutti i lavoratori della Bassa, che non avevano soldi per pagare l’affitto, è stata sfrattata. Gliela aveva data il Comune. E’ stata buttata giù. Il vecchio albergo Commercio è stato buttato giù col dire che era un covo di cinesi, un covo di anarchici, un covo di malviventi, il che non era vero. Con queste fandonie e con questi pettegolezzi naturalmente ci porteranno altrove, cioè ci leveranno anche questo poco. E’ chiaro: non basta pensare, è utopico pensare che non ce la leveranno finché noi non siamo disposti ad andarcene. Quando vengono con la forza, o che tu voglia o no, te ne vai, perché ti menano. Questo è il discorso. Questo non deve succedere. Io voglio avere una cosa più stabile. La vostra salvezza sta nella vostra forza, la vostra unione, la vostra coesione. Urbano C.: Qualcun altro se no davvero qui siamo sempre i soliti (a parlare). Giampaolo T.: Sempre a proposito dei locali, oltre a cercare e trovare i modi e al più presto di fare quello che Franco prima proponeva, però io non tralascerei anche un’altra possibilità. Noi abbiamo sempre detto: noi nel quartiere, anche per le elementari leggi di maggioranza e di minoranza, siamo la maggioranza, la stragrande maggioranza. Ora è giusto che la chiesa debba rimanere - e noi dobbiamo rimanere fermi su questo punto - debba rimanere in mano alla minoranza? Io credo che prima – questo è un discorso che secondo me magari può darsi anche che non sia condiviso – ma io credo che bisogna anche tentare di riavere la chiesa. [ Dall’assemblea diverse voci di “bravo, bravo!”]. C’è anche questo discorso. E’ un discorso importante. Arrivando poi ad un’altra questione che non è comunque rivendicativa, bisognerà, come gli anni passati di questi tempi ci stavamo, l’anno passato, di questi tempi, stavamo preparando il catechismo per il ‘68/69, ora dovremo, come abbiamo fatto l’anno scorso, di nuovo studiare come fare questo catechismo per l’anno, per i mesi che verranno. Questo è un problema veramente urgente che bisognerebbe cercare di risolverlo al più presto, il catechismo, il nostro catechismo fatto come abbiamo sempre fatto tutti gli anni e le comunioni, le cresime e tutte le altre cose che verranno studieremo poi come abbiamo fatto quest’anno di farle fare, se non qui, in un’altra parte. Però (per) il problema dell’educazione, in questo senso qui, il catechismo è un problema importante ed è uno dei punti principali dell’educazione dei giovani del quartiere. Urbano C.: Ora ci sarebbe, sempre chi vuol pigliare la parola su questo argomento è in tempo, però io preavviso già che alcuni, Tony Sansone o chi per esso, per i gruppi delle Comunità cristiane che da giovedì faranno queste manifestazioni in piazza, che vogliono presentare questa iniziativa e parlarci e non so se fare delle proposte. Quindi Tony, se ci sei, avvicinati. Nel frattempo continuiamo il discorso se qualcheduno ha da dire qualcosa. Io mi permetto di dire a Giampaolo: la chiesa è chiaro la dovremmo riavere non perché siamo maggioranza. Anche se fosse uno solo che è fuori della chiesa, in nome di Cristo deve entrare dentro, anche uno solo. Però io dico anche questo: la chiesa non ce la renderà la Curia e non dobbiamo chiederla alla Curia. La chiesa ce la ridarà il Popolo di Dio che creerà così i tutto il mondo, in Italia, nella diocesi, un moto di ribellione sacrosanta che costringerà ad aprire gli occhi a tutti e in questo senso qui però secondo me va vista a tempi lunghi. Con tutto questo noi si insiste sempre a dire che noi siamo fuori ma il nostro posto è là dentro. Con questo io per ora non ho dubbi. p. Tony S.: Adesso così metto in comune con voi e a me pare che si ricolleghi molto bene con quanto finora è stato detto, proprio con la volontà di far fuori don Mazzi e di far fuori con lui la Comunità dell’Isolotto. E poi questi grossi problemi della Comunità. Ecco proprio a me pare che proprio ci entriamo dentro. E ora vi chiedo fraternamente qualche minuto e così ci capiamo perbenino. Dunque quando noi abbiamo letto sul vostro notiziario quelle parole che sono state dette da colui che è a capo giuridicamente, colui che ha il potere nella Chiesa di Firenze, e che sono queste: “Voi siete fuori della Chiesa perché siete contro di me”. E ancora: “Voi non siete una Comunità cristiana”; e ancora: “la Chiesa contro cui voi siete, dico io, perché siete contro di me , la Chiesa è il papa, i vescovi, i preti e i laici”, i laici dell’Isolotto, “questi ultimi come componente del Popolo di Dio”. Cosicché qui l’Isolotto e tutti quelli che si chiamano comunità cristiana e che vogliono fare la Comunità di Cristo, la Comunità cristiana in nome di Gesù Cristo, questi non esistono, non ci sono. Allora noi ci siamo detti – voi ci conoscete - : ma è proprio vero che noi non esistiamo, che l’Isolotto non esiste, che noi che siamo comunità, che siamo comunità qui in Firenze e tanti altri che pensano di fare questo, proprio non esistono? E’ proprio vero questo? E allora voi sapete che mentre noi pensavamo questo, che cosa è cascato sull’Isolotto? E’ cascata la parola scisma. E voi sapete che (è) la parola che bisogna imparare a capire molto bene. Anche qui scisma rientra: far fuori, mettere fuori. Vedete? Allora vedete qui che l’Isolotto bisogna farlo fuori calunniando don Mazzi e i preti, l’Isolotto bisogna farlo fuori impedendogli di avere lo spazio. Ecco: è scismatico, via, fuori, non se ne parla più! Ora questa parola è cascata e guardate fratelli, ragazzi, che qui è molto pericoloso che sia stata detta questa parola, che scivola sui giornali, casca dalle bocche dei vescovi. E’ molto pericoloso perché qui veramente non è fare dell’allarmismo ma sul serio vogliono ridurci al nulla, dico tutti. Io non sono dell’Isolotto, anche se tante volte mi avete visto qui e ho fatto qualcosa per l’Isolotto e sono disposto a fare ben di più per tanto che posso. E insieme con me ci sono tanti fratelli. Però non sono dell’Isolotto. E non sono uno che si è montato la testa perché sta qui (ma) al di fuori dell’Isolotto e ha sentito lo stesso problema e insieme a tanti altri fratelli si è sentito far fuori. Adesso io dico: siamo scismatici noi? Siamo cioè fuori, ci sentiamo messi fuori? Ma chi lo dice questo? Chi lo dice questo? Da dove casca questa condanna? Quando noi invece, l’Isolotto, ha tentato tutto il possibile per unirsi con il mondo, con gli uomini, i poveri, con quelli proprio più bisognosi di questa unione. Noi qui stasera ci vogliamo bene, parliamo tra fratelli. Siamo scismatici noi? Siamo fuori dell’amore? Non lo so, lo chiedo a voi. Siamo fuori della fratellanza? E allora e chi è che ci fa fuori? Ecco qui: colui e coloro che nella Chiesa hanno il potere: questo bisogna dirlo che sono quelli stessi che vogliono far fuori l’Isolotto perché hanno il potere nella scuola, perché hanno il potere della stampa. Non vedete che è la stessa? Non vedete che siamo nella stessa struttura? E allora ecco qui: dobbiamo uscire da Firenze: è in quel manifesto lì, il manifestino che avete in mano. E veramente tacere oggi sarebbe diventare corresponsabili con coloro che vogliono ad ogni costo dichiararci scismatici cioè fuori dall’amore, fuori dal servizio del mondo. Perbacco, ragazzi, questo è proprio quello che sentiamo. Io non lo so se voi siete d’accordo. Allora se siamo d’accordo, siccome ci siamo sentiti d’accordo e non semplicemente per un’azione di solidarietà con l’Isolotto, quando avete bisogno di noi voi ci chiamate e siamo qui, quando abbiamo bisogno di voi, voi venite dove abbiamo bisogno. Non c’è bisogno di solidarietà ma è un problema che ci coinvolge tutti. Ecco qui: la divisione dal mondo, la divisione dai problemi reali degli uomini, questo ci coinvolge. Allora poiché ci siamo sentiti coinvolti tutti, allora abbiamo detto qui, Comunità dell’Isolotto, voi amici dell’Isolotto, dovevamo continuare a stare zitti? Potevamo lasciare così che il potere schiacciasse tutti? E chi schiaccia soprattutto? I più poveri, coloro che non possono difendersi, coloro che sono lì, che sono in mano alla stampa, in mano al potere della scuola, in mano al potere della Chiesa. Allora ecco io ho cercato di mettere in comune con voi quale è lo spirito che ci anima. Allora noi insieme, abbiamo lavorato insieme, di tutti i cristiani di Firenze, non soltanto quelli che hanno firmato lì, quelli che abbiamo trovato che questa cosa l’hanno capita: quelli dell’Isolotto, quelli di Peretola, quelli di altre zone di Firenze. Abbiamo lavorato insieme e abbiamo detto: qualche cosa bisogna fare. Allora ecco che cosa noi insieme, fraternamente, proprio comunitariamente, uniti in questo, ci siamo sentiti fratelli e abbiamo detto: ecco, andiamo da chi? Andiamo nelle piazze. Non si può fare nient’altro, si va nella piazza. Sì, a far che? Si va a dire la nostra convinzione e si va a sentire la gente come voi che ha da dire. Che credete che in Santa Croce non ci sia gente come voi? Che credete che in San Frediano non ci sia gente come voi? Ah! non so io! E però quelli una parola, come voi avete sentito da anni, un esempio vissuto come avete visto voi da anni, non l’hanno visto, non l’hanno sentito. Allora che dobbiamo continuare ancora a star zitti? Ecco, allora questo nostro tentativo di andare lì, in piazza dei Ciompi, la sera del giovedì, di giovedì, di domani, a cominciare dalle sei e, se si potrà andare avanti fino a mezzanotte, si va se non ci si ferma prima. Ma quello che conta: andiamo a dire che cosa? Cosa siamo noi, quello che è l’Isolotto, quello che siamo noi, con la Bibbia in mano, col Vangelo in mano, con quello che la Chiesa dice, con i fatti grossi come questo qui anche, anche questa calunnia certo! Non si denuncerà nessuno però fa parte di una manovra. Ebbene, mettiamo tutto in chiaro, bisognerà chiarire alla gente. Ecco allora quello che si vuole fare. Lo stesso, così, venerdì sera e questo in una pizza di San Frediano, in piazza dei Nerli sempre dalle ore diciotto in poi. Queste veglie aperte come le abbiamo chiamate: siamo lì, parliamo con la gente e vediamo se è vero, se è proprio vero che sono tutti morti, se è proprio vero che non esiste la comunità cristiana, la comunità degli uomini liberi che accetta il Cristo, se è proprio vero. Vi ho detto la cosa. Nei dettagli: sono scritti nei manifesti. Questi manifesti qui non spiegano proprio tutto perché si parla solo del punto di partenza. E adesso vi dico subito il perché. E’ il punto di partenza di una azione di uscita dal silenzio. Bisogna parlare. Ripeto: giovedì in piazza dei Ciompi, a cominciare dalle diciotto in poi; Venerdì in piazza dei Nerli in San Frediano a cominciare dalle diciotto in poi. Sabato sera che si fa? Sabato sera vogliamo fare qualche cosa di più anche per evitare di bagnarci. Le altre sere rischieremo di bagnarci, specialmente la seconda sera. La prima (sera) c’è la Loggia del Pesce che è protetta e vogliamo farla lì sotto. E si fa nel teatro dei Dipendenti della Provincia e si parla tra di noi. E’ un dibattito in cui staremo seduti come qui, come stiamo seduti qui, comodamente, ci sta un po’ più gente, si parla e se vuole venire qualcuno, non so, padre Balducci lo conoscete, se vuole venire don Mazzi, chi vuol venire lì parla, in mezzo alla gente. Ci sarà un moderatore perché non ci sia disordine, come qui. Qui c’è un moderatore, ci sono due o tre moderatori anzi, perché la cosa sia ordinata perché il popolo dia il buon esempio, che sa capire le cose, che sa capire i problemi, che ha veramente da difendere la sua libertà, che ha veramente da difendere la sua dignità di figli di Dio. Ma ragazzi, guardate che ce la vogliono togliere sul serio! Non sono mica parole. Io vi parlo proprio dal profondo della mia convinzione di prete, di cristiano [Applausi]. Ecco allora, adesso poi diranno: “Beh! Tutto finito qua, hanno fatto un po’ così, hanno tentato”. Magari è andata come è andata, sarà piovuto, nessuno ci ha sentito. Non lo sappiamo. Noi andiamo lì pacifici e anche contenti. Abbiamo nell’animo purtroppo questa sofferenza che ho cercato di tradurre, però diranno tutti: “E’ bell’e finito!” Beh! Io dico che non è finito. C’è la domenica, c’è la domenica. Pensiamoci su. E poi ci sono le settimane seguenti. Che dobbiamo fermarci? Questo è un modo ma si possono farne tanti altri. Si potranno studiare insieme. Io dico sinceramente: questa è la prima volta che unitariamente, a Firenze, la Comunità cristiana fa vedere che non è un cadavere putrefatto, che ha ancora una dignità da difendere. Se ne parlerà insieme. Va bene? Se io chiedo qui agli altri, a Urbano se mi sono dimenticato qualcosa. Io ho cercato proprio così, fraternamente, di dirvi piuttosto lo spirito. Ma voi potrete dirmi: ma giovedì c’è anche questa (assemblea) qui della Scuola e Quartiere, sono i nostri amici, fratelli che lavorano insieme. Qui si potranno vedere. Però veramente, sul serio, noi non cediamo alle lusinghe organizzative. Magari un’altra volta ci intenderemo anche meglio. D’altra parte noi non andiamo in queste serate a far prova di forza. Facciamo prova di servizio. Se va male questa volta, andrà bene la prossima e col vostro aiuto io sono sicuro che andrà sempre bene. Adesso se poi ci sono anche delle cose pratiche: abbiamo bisogno di gente per i manifestini, già abbiamo fatto stasera qualcosa. Se qualcuno poi vuol dare una mano e si presta venga da noi: ci sono io, c’è Urbano, c’è Giampaolo Taurini, così ci organizziamo un po’ anche per venerdì, per sabato e anche per domani. Va bene. Io vi ringrazio tanto. Ci vediamo presto. Urbano C.: In fondo in fondo non si ringrazia nulla perché l’Isolotto siamo tutti. Non c’è mica differenza. A questo punto non c’è veramente una differenza minima. Alberto P.: Proprio direi questo. Urbano mi dà lo spunto. L’iniziativa è partita da una serie di gruppi e Comunità di Firenze, però è una iniziativa che evidentemente deve sottolineare o perlomeno ha intenzione di sottolineare il carattere unitario, la base comune su cui ci muoviamo. Cioè: tutti noi abbiamo fato un certo tipo di scelta. Noi abbiamo scritto sul manifestino: “contro chi vorrebbe far apparire scismatica la Comunità dell’Isolotto noi crediamo di poter riaffermare che la divisione della Chiesa fiorentina non è che un effetto della divisione che c’è tra la Chiesa e il mondo dei poveri”. Ecco, questo è il denominatore comune nostro. Sia noi della Comunità di Peretola come l’Isolotto, sia la Comunità di Ricerca biblica come l’Isolotto, sia il Gruppo di libero impegno di Badia a Ripoli come l’Isolotto, tutti abbiamo questo comune denominatore: cioè noi crediamo che, se in questo momento esiste uno scisma, questo è quello che la Chiesa sta consumando nei confronti degli uomini e noi non possiamo essere corresponsabili di questo scisma. Quindi dobbiamo assolutamente dimostrarlo di fronte a tutti anche se evidentemente non si tratta, come diceva Tony, di una prova di forza. Si tratta di una testimonianza semplice, alla buona, come possiamo dare noi. E’ chiaro che il nostro lavoro più importante – e qui io vorrei sottolineare il discorso di Franco Quercioli perché mi è piaciuto - Il nostro discorso più importante è quello di operare a livello di quel quartiere dove siamo stati posti, dove siamo capitati. Però ci sono dei momenti in cui il nostro denominatore comune lo dobbiamo far sentire. Lo dobbiamo far pesare, lo dobbiamo gridare sui tetti come dice Urbano. E questo è lo spirito di fondo di questa iniziativa che quindi avrà – Tony ve le ha già dette le notizie tecniche – domani sera in piazza dei Ciompi, venerdì sera in piazza dei Nerli che non è molto felice ma ci arrangeremo e speriamo che non piova e sabato sera al Circolo Dipendenti della Provincia in via Ginori. Urbano C.: Si legge una lettera che ha scritto il padre della sposa, la sposa fortunata: “Don Mazzi, don Gomiti, don Caciolli, chi vi scrive è il padre della sposa Ambra Mazzanti che ha contratto matrimonio domenica 14.9 in piazza dell’Isolotto. Vi scrivo per ringraziarvi di tutto cuore per la bella cerimonia del tutto inaspettata. Vorrei pregarvi di rivolgere a tutta la Comunità, nella prossima assemblea, i miei sinceri e profondi ringraziamenti sia per l’addobbo accurato della cerimonia sia per l’accoglienza affettuosa che non avrei mai immaginato, non solo agli sposi ma a tutti noi familiari. Non sono mai stato un ambizioso ma confesso che una accoglienza così affettuosa ricevuta spontaneamente da una grande folla che ho veduto domenica sfidando tutte le intemperie, la ricorderò per tutto il resto della mia vita. Ringraziando di vero cuore invio i miei sinceri, affettuosi saluti . Gino Mazzanti, via Torcicoda 61, Isolotto”. [Applausi]. D’acchito ve ne leggo un’altra. Ce ne sono tre o quattro, poi mi fermo alla seconda e poi si vedrà. Questa è Paola Floris da Roma: “Reverendissimo don Enzo Mazzi dell’Isolotto di Firenze. Ho letto sulla rivista Tempo numero 38 del 20 settembre 69 “L’Isolotto se ne va alla deriva”. Io penso che in pratica tutta l’Italia sia oggigiorno sia diventata l’Isolotto di Firenze poiché la stragrande maggioranza dei cattolici italiani la pensano come lei, cioè desiderano praticare il Vangelo originale, quello di Gesù, senza tante altre complicazioni e contorni assurdi e inutili. E’ vero che la gente, specialmente le persone intelligenti, odiano accendere le candele davanti ai santi, cantare le litanie della Madonna. Per me è ripugnante anche il fatto che si commerciano immagini di santini e statuette. Ancora oggi poi, quando mi capita di entrare nella basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, perché abito in quei pressi, vedo delle donnette e anche degli uomini che fanno la genuflessione davanti a una statua o ad un quadro. I turisti stranieri, di cui Santa Maria Maggiore rigurgita, guardano meravigliati ed io che osservo arrossisco e mi vergogno di essere cattolica italiana. Don Mazzi siamo con lei. Io penso che di italiani ce ne siano milioni che vorrebbero unirsi a lei ma come si fa? Umilmente saluta e ossequia Paola Floris”. Viviana C.: Io volevo fare il resoconto dell’assemblea di sabato scorso che abbiamo avuto qui alle baracche. Per chi non lo sa sabato scorso abbiamo affrontato il problema di un fratello dei ragazzi che abbiamo noi in adozione, un fratello che ha tredici anni. E’ stato buttato fuori da un istituto e sta per essere messo in un altro. Ora don Corso che è… insomma colui che si interessa a questi ragazzi ed ha seguito in particolare i nostri ragazzi dell’Isolotto, ci ha chiesto se c’era il sistema di sistemare questo ragazzo qui all’Isolotto vicino a suo fratello. Ora noi sabato abbiamo discusso molto. Prima di tutto ci siamo resi conto che, per affrontare un problema anche praticamente, bisogna maturare il problema, cioè bisogna essere pienamente coscienti di come stanno le cose. Abbiamo discusso molto, come ho detto, e siamo arrivati a una conclusione chiara, cioè che non eravamo molti e che bisogna maturarlo ancora più a lungo e con più persone. Una cosa è chiara: la disponibilità che noi tutti abbiamo di contribuire anche finanziariamente a un eventuale affiliazione perlomeno, non dico adozione. Di fronte a una persona che si prende l’impegno di prendere questo ragazzo non ci dovrebbe essere nessun problema economico perché tutta la Comunità e tutti noi siamo disposti a prenderci queste responsabilità. Questo è un punto marginale ma che è venuto fuori. Ora a parte quello che è stato discusso sabato, io volevo dire anche questo: non è che affrontando questo problema di questo ragazzo noi desideriamo risolvere o perlomeno affrontare completamente il problema dell’infanzia abbandonata, però questa cosa ci è capitata addosso e non si può scrollarcela dalle spalle. Come Comunità responsabile dobbiamo cercare di risolverla e sentirci ognuno di noi responsabile e fare in modo che questo ragazzo non ne rimanga deluso da questa faccenda per cui, per sabato prossimo, abbiamo indetto un’altra assemblea che speriamo sia (più numerosa), alla quale insomma si spera che partecipino più persone possibile. Io vi pregherei di pensarci perché è un problema veramente importante che ci tocca da vicino. Se c’è qualcuno che c’era sabato scorso che vuole ampliare il mio discorso che certamente è limitato. p. Antonio C.: Volevo dire alcune cose riguardo a quello che è stato detto qui riguardo alla diffamazione, al discorso dello scisma e alle proposte del Quercioli. Prima di tutto riguardo al discorso dello scisma, che può sembrare la cosa più grave, ed è la cosa più grave nei confronti di quella Chiesa che vorrebbe dichiarare noi scismatici. Dico noi perché prima Sansone ha detto: noi siamo fuori. Ed ha ragione nel senso che siamo fuori , non è che si sta qui a Firenze o all’Isolotto. Però siamo tutti dentro l’Isolotto. Ha detto bene prima, chi l’ha detto non lo so, che ormai tutta l’Italia, l’Italia vera, i cattolici più autentici si sentono solidali con l’Isolotto. L’Isolotto è la nuova linea della Chiesa, è la nuova linea, che naturalmente dovrà purificarsi di alcune scorie, ma che propone al mondo una visione vera e autentica di quella che è la Chiesa di Cristo, una Chiesa appunto non basata su gli intrallazzi e sul potere ma una Chiesa basata sulla ricerca del Vangelo e del Cristo. Quindi io direi che l’accusa di scismatici in questo caso si rovescia cioè non siamo noi gli scismatici, sono loro gli scismatici e noialtri vogliamo ricordare a questa gente che c’è un allarme, non nei nostri confronti ma piuttosto nei loro confronti, un allarme che non possiamo dire molte cose, non possiamo esprimere molte cose perché forse non sarebbe il caso, ma la gerarchia deve stare attenta, la gerarchia intendiamo il papa, i Vescovi, i cardinali. Questa gerarchia deve stare attenta perché su di essa pesa una minaccia, pesa una scomunica di Dio. E non sono discorsi a caso questi. Staremo a vedere. Non perdiamo la calma, non preoccupiamoci di questi discorsi che possono fare gli altri per spaventare specialmente la gente, la gente comune. Gli scismatici non siamo noi. Gli scismatici sono loro e la storia lo dimostrerà. Passerà ancora del tempo e questa Chiesa ufficiale, questa struttura, questa gerarchia, se non si convertirà, sarà ripudiata dallo stesso Cristo. Il Cristo ripudierà la gerarchia di oggi come una volta ha ripudiato il Sinedrio. Queste affermazioni le vedrete che nella storia si attueranno. C’è già un discorso in giro, c’è molte persone che sono su questa linea, pensano su questa linea e quindi questo discorso di scisma deve essere chiarificato e deve essere appunto reso noto. Loro devono convertirsi e sta a noi disporci alla loro conversione. Ecco, quell’uomo ha detto: “Ma perché state ancora dentro la Chiesa?”. No, noi stiamo dentro la Chiesa. Anche a me tante volte mi hanno detto: “Ma che ci stai a fare prete? Piglia moglie, vai fuori, vai via!”. No, si sta dentro, gli si dà noia, gli si rompono le scatole ma si rimane dentro, all’interno della Chiesa. Noi non rifiutiamo la Chiesa. La Chiesa rifiuta ma non è la Chiesa che rifiuta. E’ certa gerarchia che rifiuta perché è la gerarchia rifiutata da Cristo, la quale rifiuta la vostra esperienza, la quale rifiuta tutti i movimenti più o meno evangelici, più o meno conformi alla verità. Li rifiuta perché gli danno noia, perché mettono in risalto le loro piaghe. Come la gerarchia al tempo di Cristo, il Sinedrio al tempo di Cristo rifiutava il Cristo perché metteva in risalto le mancanze che avevano fatto, gli svergognava. “Guai a voi farisei ipocriti che siete come dei sepolcri imbiancati” E anche oggi si potrebbe dire la stessa cosa di questa gerarchia. All’esterno sono belli, vestiti di rosso, vestiti di porpora, hanno tutti delle cose e la gente lì per lì ci rimane incantata. Dentro forse sono marci, marci realmente e non [La gente applaude]… no non battiamo le mai. Io ragazzi ho avuto quella esperienza. Una volta ve l’ho detto. Lassù a Casanova io a monsignor Nolli gli ho detto un discorso riguardo alla mia esperienza di quando ero in Vaticano, cioè di quando ero a Roma che studiavo, ho frequentato abbastanza l’ambiente vaticano. Con la gente che c’è lì ci si farebbe il segno della croce. Allora non soltanto a destra ma anche a sinistra. Chi ha capito ha capito. Allora quelle menzogne che vorrebbero fare a questa comunità, a questa gente, a questa gente così semplice, per me ritornando a quel discorso della diffamazione non sono da vedersi. Concludendo il discorso dello scisma non è da considerarsi per nulla. E direi proprio a Sansone: mettiamoci in questa posizione. Non consideriamo quei discorsi lì come valevoli per noi, sono valevoli per loro. Noi siamo dei peccatori: è chiaro. Nessuno ci può dire nulla, ci può fare delle osservazioni nel senso di dire : o voi chi siete? Noi non siamo nulla, siamo dei peccatori, dei disgraziati. Uno ci può avere non solo una ragazza, ce ne può avere dieci delle ragazze. (Questo) non dice nulla. Questo non è un motivo di calunnia, non è un motivo di menzogna. Tutto questo è un gioco, una tattica alla quale però noialtri non dobbiamo dargli peso. Noi dobbiamo andare avanti. Loro cercano di tutto per buttarci fuori dalla Chiesa. Noi dobbiamo restare dentro la Chiesa la quale Chiesa non sono le strutture, la gerarchia, ma sono lo Spirito di Cristo, cioè la Comunità e questa Comunità è rappresentata qui all’Isolotto dalla gente. La Comunità continua a vivere e l’Isolotto, come si è detto tante volte, è la sintesi di quelle che sono le innovazioni, le rivoluzione che si fanno all’interno della Chiesa per distruggere le strutture e per rivalorizzare il popolo, la Comunità la quale appunto è la destinataria del messaggio di Cristo. E per concludere direi un’altra cosa: prendere in considerazione il discorso del Quercioli. Naturalmente loro hanno il coltello dalla parte del manico e quindi potrebbero fare di tutto per metterci fuori, anche per levarci le baracche. Ha detto bene quando ha detto di fare una sottoscrizione. Noialtri siamo tutti disposti. Anche a Lucca si è già parlato diverse volte di fare questo e di vedere un po’ come fare. Lì si sarebbe disposti anche a fare una sottoscrizione. Se voialtri partite sarebbe bene di partire subito su questo discorso, per poter fare anche noi un locale, la nostra casa, non in opposizione a quella là, non in opposizione. Ognuno ha bisogno di una casa e perciò portare avanti questo discorso. Non preoccuparsi di quello che dicono gli altri. Sappiamo che noi, nonostante che peccatori, perché siamo peccatori, abbiamo la volontà di seguire il Cristo. Questa volontà ci difende e ci aiuta. Lo stesso Cristo si è rivolto alle prostitute, si è rivolto ai peccatori eppure i farisei, i giusti di quel tempo, i vescovi e i cardinali di quel tempo per intenderci, gli dicevano: “Tu vai dietro ai peccatori, tu vai dietro alle prostitute, eccetera”. Il Cristo non ha dato retta a tutto questo, ha fatto la sua strada e, come mi diceva un prete laggiù in fondo prima a me quando parlava: qui all’Isolotto ci si difende forse un po’ troppo. Bisogna continuare a fare la nostra strada e per me per questa ragione: noialtri dobbiamo continuare la nostra strada, dobbiamo non curarci di quei discorsi che dicono gli altri. Io non ci baderei per nulla, anzi ci farei una barzelletta. Io direi di andare avanti, di fare, attuare quelle proposte del Quercioli e di continuare la nostra strada senza preoccuparci di quello che dicono gli altri. [Applausi] avv. Francesco M.: Era venuto qui al tavolo, prima, Daniele. Dov’è Daniele? Daniele è sparito. Dunque Daniele è stato, ha passato un periodo piuttosto lungo, diversi mesi, negli Stati Uniti e non è stato negli Stati Uniti da turista occasionale con Gisella ma ha incontrato molte comunità, comunità logicamente negre, comunque di diseredati. Daniele P.: Il discorso non è lungo nel senso che stasera dovremmo decidere soltanto alcune formalità, però vorrei dire alcune cose perché in fondo il problema si ricollega a quanto diceva Franco Quercioli, cioè della necessità che usciamo un po’ dai confini soprattutto psicologici e anche intellettuali, in senso lato, dell’Isolotto per cominciare a guardare alla realtà che esiste non solo qui ma anche al di fuori di noi. Il fatto che noi si sia andati negli Stati Uniti è che abbiamo incontrato molti gruppi di negri e anche alcune comunità cattoliche che vengono chiamate sotterranee, cioè ormai staccate dal contesto ufficiale della Chiesa e che vivono la loro vita di ricerca più autentica del Vangelo in modo autonomo. Bene, questa nostra esperienza è una esperienza che vogliamo partecipare, proprio anche per rendersi conto di una lotta contro l’ingiustizia, contro l’oppressione, lo sfruttamento che avviene un po’ dappertutto e anche per riconoscere che certi modelli di oppressione, che noi troviamo qua, sono gli stessi o quasi gli stessi che noi ritroviamo altrove. Cioè il potere è sempre lo stesso dappertutto. In Italia abbiamo un certo tipo di Chiesa, certi tipi di capitali, di possedimenti, di terreni, eccetera. Negli Stati Uniti è lo stesso e potrà essere interessante parlare un po’ di tutte queste cose. Poi un’altra cosa brevissima. Abbiamo girato un film, un film che dura venti di minuti su il ghetto negro. Cioè in questo film possiamo vedere come vivono, dove vivono, in che condizioni sono costretti a vivere più di trenta milioni di negri negli Stati Uniti. E sarà interessante vederlo anche per trarne alcune conseguenze e per rendersi conto che il discorso che si fa qui, che stasera Franco faceva qui, cioè la necessità di uscire un po’ da questo contesto dell’oppressione religiosa, alla quale siamo sottoposti, per scoprire gli altri tipi di oppressione e quindi vedere cosa è possibile fare e lottare per superarle, per vincerle e per creare una struttura almeno più giusta. Sarà possibile rendersi conto anche come altri fratelli in un altro posto lottano, per avere delle idee, per poter essere insieme con loro. Anni fa, non a caso, è stata fatta una veglia qui all’Isolotto in solidarietà con i negri d’America per la morte di Martin Luther King. Forse si tratta di riprendere questo discorso come è stato fatto per il Vietnam e per il Sudafrica, eccetera. Volevo chiedere: la proiezione di questo film e la discussione, così una specie di relazione, la si fa un mercoledì sera o dedichiamo una sera precisa? Decidete voi. [Vengono fatte alcune proposte e poi si interloquisce su le domande fatte da Daniele P. ma lontano dal microfono e quindi non comprensibili]. Una sera diversa dal mercoledì: quando può andare? Domenica sera? O che sera si può fare? Domenica sera va bene? Verso le nove e un quarto, le nove e mezza? Allora questa domenica? Urbano C.: Mercoledì prossimo è il ventiquattro? E’ il ventesimo anniversario preciso, esatto, spaccato mi pare, dell’ordinazione sacerdotale di don Mazzi. Noi naturalmente non si faranno cose trionfalistiche. Si deve fare una cosa così, non so come, familiare. Certo che ce ne ricorderemo, vero? Franco Q.: Io proporrei, se mercoledì anche affronteremo un problema, porrei come problema da discutere, iniziarlo perlomeno a discutere il problema di un locale da costruire per la Comunità e il quartiere e quindi già vedere che cosa si pensa, che cosa è possibile, eccetera, eccetera. Giancarlo Z.: E dato che siamo in tema di avvisi, scusatemi, qui vedete un manifesto che annunzia che domani sera, alle 21, c’è la presentazione di un libro, alle 21, 30 c’è la presentazione di un libro che è intitolato “Scuola e quartiere, cioè questo libro contiene le esperienze dei doposcuola tipo quello che abbiamo fatto questa estate noi, le scuole popolari e i corsi di recupero effettuati nella città di Firenze e nella provincia, i vari comitati genitori. Viene presentato il lavoro svolto da questi gruppi di base e di quartiere che hanno lavorato già da due anni e in questa estate molto intensamente sul problema della scuola. Quindi noi vi invitiamo tutti domani sera a partecipare perché è un discorso molto importante. Chi fa parte già del Comitato genitori e quest’estate ha visto il lavoro svolto per i corsi di recupero, si renderà conto quanto è importante il problema della scuola attualmente in Italia. Vi invitiamo tutti domani sera alle ventuno e trenta alle Baracche. Voce maschile: Dopo quello che è stato detto ora, vorrei rammentare a tutti quelli che hanno avuto degli interessi nella scuola, hanno mandato i ragazzi al corso di recupero, hanno i ragazzi a scuola, scuola elementare, scuola media e all’asilo, che noi abbiamo necessità di far firmare quel ciclostilato deciso nell’assemblea ultima scorsa. Bisogna andare in tutte le famiglie a far prendere visione di quel ciclostilato famoso, di farlo firmare entro il ventiquattro possibilmente, in tutte le famiglie del quartiere. Più firme ci sono e meglio è, più è grande la nostra forza. Abbiamo bisogno di gente, molta gente. Abbiamo dodici vie occupate su più di quaranta. Abbiamo bisogno di gente per andare in giro a fare questo lavoro. Chiedo soprattutto la collaborazione di quei genitori che hanno mandato i ragazzi ai corsi di recupero e che in un certo senso hanno avuto un vantaggio da questo doposcuola e da questi corsi di recupero e in pratica dal movimento dei genitori, dal movimento della scuola. Io ho finito. Osvaldo voleva dire due parole. Osvaldo! Urbano C.: Scusate, un ingegnere avrebbe bisogno di una dattilografa per tre ore al giorno tolto il sabato. Se a qualcuno interessa lo dice qui alla signora Rusich. Osvaldo L.: Io vi rivolgo ancora l’appello che ebbi a rivolgervi mercoledì scorso e che riguarda quella invalida che appunto è ricoverata presso una clinica qui a Sesto fiorentino e che sinceramente non si trova e che soffre moltissimo e che vorrebbe, siccome ha ancora la mamma, vorrebbe appunto che le si affittasse una stanza con uso di cucina dove vivrebbe logicamente insieme alla mamma. E’ un caso veramente da prendere in considerazione e quindi chi avesse una tale possibilità, come ebbi a dirvi già, passi in segreteria e lasci il nome. Poi un’altra cosa. Mi è capitato ieri sera, proprio a me personalmente, un caso che mi ha profondamente impietosito. Un babbo ha un figlio all’ospedale in cattive condizioni di salute che ha bisogno di sangue. Siamo sempre lì. L’Avis, l’Avis purtroppo ci sono tante cose. L’Avis costa eccetera, eccetera. Noi siamo una Comunità e abbiamo già parlato di queste cose. Noi dovremmo, a un certo momento, metterci in nota, presso la segreteria, tutti coloro che vogliono fare l’analisi del sangue affinché si determini il gruppo sanguigno, passi in segreteria, lasci il nome. Siccome non tutti hanno il coraggio di farsi togliere il sangue, quindi praticamente dico questo: lasciare il nome coloro che vogliono, ne facciamo un elenco, poi chiameremo l’emoteca, quella macchina lì, faremo venir su la gente competente in modo che ognuno di noi avrà un gruppo e in caso di bisogno si chiamerà quella gente e immediatamente si porterà il sangue a coloro che hanno bisogno. Siamo un gruppo e quando si ha la gente disponibile e una persona ha bisogno di sangue per telefono si chiama quella gente e si corre a dare il sangue. Credo che questa sia la cosa più bella e significativa d’altro canto. Quindi è una cosa che dobbiamo fare, che la nostra Comunità deve fare. Quindi da domani mattina, chi vuole lascia il nome in segreteria, poi in qualche maniera faremo venir su la macchina idonea per questo lavoro. avv. Francesco M.: Paolo mi ha passato una bellissima cartolina molta grande, a colori. E’ indirizzata a tutta la Comunità. viene da Orvieto ed è firmata Ambra e Andrea. Vuol dire che Ambra e Andrea non si dimenticano di noi in questi giorni che senz’altro sono particolarmente felici per loro. Voce maschile: io volevo dire di un incontro che c’è stato domenica qui con alcuni gruppi di diverse parti d’Italia e alla fine siamo giunti, diciamo, a una conclusione di dire che cosa si poteva fare insieme. Allora si è detto, è venuta questa idea che ci sarebbe il Sinodo dei Vescovi ai primi di ottobre, verso il dieci di ottobre. Allora è venuta fuori l’idea, una cosa che ci sarà da approfondire, di fare una marcia a Roma, organizzandola con gruppi di diverse parti d’Italia: da Venezia, Torino, Bologna con una richiesta al papa: che lasci il Vaticano e vada in San Giovanni in Laterano a fare il Vescovo di Roma come era il papa dei primi cristiani. Questa dovrebbe essere la proposta da discutere, da approfondire insieme, da organizzare per il Sinodo dei vescovi. Io la propongo a voi per questa discussione e poi eventualmente per organizzarci. Raffaello C.: Scusate, volevo dire due cose a proposito di quelle cose che il Vescovo ha detto e poi arrivare alla proposta che è stata fatta ora, a proposito di quando ha detto: “Voi non siete una Comunità cristiana ma un gruppo spontaneo cristiano come tanti”. Non l’ho sentito dire ma mi sento di dirlo io questo. Siccome è stato detto a mo’ di biasimo, di condanna quasi, ecco allora il primo gruppo cristiano spontaneo mi sembra proprio che sia stato Gesù Cristo e i discepoli. Allora bisogna condannare anche quello! Il Vescovo se critica e dice che non è una comunità ma un gruppo spontaneo come ce ne sono tanti, allora bisogna condannare Cristo e la sua Comunità. Poi volevo arrivare a dire che noi bisogna fare proprio l’opposto di quello che loro intendono fare contro questa Comunità e contro tutte le altre Comunità che sorgono, che stanno sorgendo e sorgeranno. (Fare) l’opposto, cioè andare all’esterno e qui mi riferisco all’ultimo che ha fatto l’intervento. Ho avuto personalmente una lettera dalla signora Alessandra e Franco Maso che erano qui domenica sera. E sono… di dove sono? C’è scritto dietro, ve lo dico dopo. Allora loro mi scrivono così: vorrei sapere che cosa fare. Domenica prossima – scrivono – domenica ventuno corrente mese andremo a Casanova, Pavia, per parlare agli amici di quella Comunità riguardo alla dimostrazione che si potrebbe fare a Roma e della quale abbiamo parlato all’Isolotto. Ora io domando qui alla Comunità: che cosa si deve fare qui perché non so se io potrò andare, eccetera. Siccome è un gruppo già organizzato penso che d’ora in avanti si dovrà parlare proprio di questi gruppi spontanei come dice e non solamente tenere i collegamenti ma i problemi da discutere insieme con questi gruppi e come fare. Va bene? Urbano C.: Su questa faccenda di cosa fare, il 27/28 a Bologna c’è proprio il Primo, diciamo così, Convegno Nazionale di questi gruppi da tutta Italia e in quella sede lì ci siamo anche noi e si deciderà queste cosa da fare tutti insieme. Non è una risposta che si può dare qui stasera. Allora si ripete: domenica sera c’è l’incontro con Daniele per quel film sui negri d’America e domani sera c’è…[a questo punto viene interrotta la registrazione dell’assemblea del 17.09.69].