passaggio generazionale dell`azienda: patti di

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passaggio generazionale dell`azienda: patti di
19/01/2016
PASSAGGIO GENERAZIONALE
DELL’AZIENDA:
PATTI DI FAMIGLIA
Viviana CAPOZZI
Dottore di ricerca in diritto tributario
Avvocato cassazionista in Roma
Ricercatrice area fiscale Fondazione Nazionale dei Commercialisti
Simone CARUNCHIO
Dottore di ricerca in diritto europeo
Ricercatore area fiscale Fondazione Nazionale dei Commercialisti
Ferrara, 21 gennaio 2016
PATTO DI FAMIGLIA
DISCIPLINA CIVILISTICA
Ferrara, 21 gennaio 2016
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PREMESSA
La legge 14 febbraio 2006, n. 55 ha inserito un nuovo capo
V-bis all’interno del titolo IV del libro II del codice civile,
dedicato all’istituto del patto di famiglia.
Detta modifica normativa è stata sollecitata da diversi
interventi della Commissione europea:
• la Raccomandazione n. 94/1069 del 7 dicembre 1994
invitava gli Stati membri ad adottare misure per facilitare la
successione nelle piccole e medie imprese al fine di
assicurarne la sopravvivenza e il mantenimento dei livelli
occupazionali;
• la Comunicazione 98/C 93/02 del 1998, relativa alla
trasmissione delle piccole e medie imprese, segnalava i patti
di impresa e gli accordi di famiglia come misure per migliorare
la continuità delle imprese.
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PREMESSA
La Commissione ribadisce che, dalla prassi riscontrata, il
successo della trasmissione dell’impresa si è ottenuto in
presenza di due dati significativi:
1. la preparazione della trasmissione da parte del
cedente con largo anticipo;
2. la familiarità con la struttura da parte del cessionario.
Pertanto nell’ambito dell’operazione assume un ruolo
rilevante il procedimento valutativo del complesso
aziendale che potrà effettuarsi tramite l’utilizzo di metodi
basati, tra l’altro, sul valore intrinseco, sul reddito, sul
rendimento dell’investimento, sui flussi di cassa, sul valore
di mercato.
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DISCIPLINA CIVILISTICA
Ai sensi dell’art. 768-bis del c.c. “E’ patto di famiglia il
contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in
materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti
tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in
parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie
trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote ad uno o più
discendenti”.
L’istituto consente all’imprenditore ancora in vita di
trasmettere la propria azienda, o le partecipazioni societarie
da lui detenute, ai discendenti, in deroga espressa alle
disposizioni in materia di successione ereditaria (art. 458
c.c., relativo al divieto di patti successori).
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OBIETTIVI PERSEGUITI DAL LEGISLATORE
consentire all’imprenditore di trasferire i beni strumentali
dell’impresa ai propri discendenti, selezionando tra
questi coloro (o colui) che per qualità o attitudini hanno le
capacità per proseguire l’attività;
2. l’imprenditore può trasferire la propria attività quando è
ancora in vita;
3. sperimentare il passaggio generazionale e in caso di
esito negativo poter provvedere eventualmente ad
adottare nuove soluzioni;
4. adottare una soluzione che non pregiudichi i diritti dei
legittimari;
5. evitare controversie tra gli eredi.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Il patto di famiglia è espressamente definito come
contratto.
Il contratto deve essere concluso, a pena di nullità,
per atto pubblico (art. 768-ter del c.c.).
Si presenta come un contratto bilaterale:
- sono parti del contratto il disponente e i
discendenti assegnatari della azienda o delle
partecipazioni societarie;
- per il coniuge e gli altri legittimari non
assegnatari è prevista la partecipazione alla
stipulazione.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Il patto di famiglia si qualifica come atto inter vivos
e infatti:
• l’effetto
traslativo
avviene
nell’immediatezza e contestualmente al patto
(ad es. si noti la differenza con quanto è
previsto dall’art. 587 c.c. per il testatore la cui
disposizione sarà efficace “ … per il tempo in
cui avrà cessato di vivere …”);
• non è contemplata la facoltà di revoca da
parte del disponente, come ad es. viene
previsto per le disposizioni testamentarie.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Presupposto, quindi, delle considerazioni fiscali
che seguono è che il patto di famiglia non si
sostanzi in una mera indicazione di come l’asse
ereditario andrà suddiviso una volta aperta la
successione.
Ai fini fiscali, infatti, il patto di famiglia realizza
esso stesso il trasferimento dell’impresa o delle
partecipazioni societarie dal disponente al suo
discendente.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Al patto di famiglia, quindi, partecipano un imprenditore (o
un titolare di partecipazioni societarie ), uno o più dei suoi
discendenti, il coniuge dell’imprenditore e “tutti coloro che
sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la
successione nel patrimonio dell’imprenditore”.
A mezzo di detto negozio l’imprenditore trasferisce la
propria azienda (o il titolare le proprie partecipazioni) ad
uno o più dei suoi discendenti, i quali devono liquidare (in
denaro o in natura) gli altri partecipanti, per un importo
corrispondente alle quote di legittima che spetterebbero
loro in base agli artt. 536 e ss. del cod. civ., salvo non vi
rinuncino in tutto o in parte.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Il comma 3 dell’art. 768-quater del c.c., con
un’espressione
linguistica
di
dubbia
interpretazione, stabilisce che:
“i beni assegnati con lo stesso contratto agli altri
partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo
il valore attribuito in contratto, sono imputati alle
quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può
essere disposta anche con successivo contratto
che sia espressamente dichiarato collegato al
primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti
che hanno partecipato al primo contratto o coloro
che li hanno sostituiti”.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Probabilmente il legislatore intende qui riferirsi ai
beni trasferiti ai legittimari non assegnatari, dal
discendente assegnatario, a titolo di liquidazione in
natura della rispettiva quota di legittima.
Altri autori, attribuendo particolare rilevanza alla
necessaria imputazione a quote di legittima di
questi trasferimenti, hanno sostenuto che con il
patto di famiglia sia possibile che il disponente,
oltre a trasferire l’azienda o le partecipazioni ad
uno o più discendenti, trasferisca altri beni ai
legittimari che non hanno beneficiato del
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Non si applica l’art. 179 lett. b) del c.c., secondo
il quale: “sono beni personali, esclusi dal regime
di comunione legale tra i coniugi, anche i beni
acquisiti successivamente al matrimonio per
effetto di donazione”.
Conseguentemente,
anche
se
non
è
espressamente previsto dalle disposizioni
codicistiche, è meglio se partecipi al patto di
famiglia anche il coniuge dell’assegnatario che
sia coniugato in regime patrimoniale di
comunione legale.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Prima di procedere alla trattazione dei profili
tributari inerenti i diversi trasferimenti realizzati
con il patto di famiglia, va evidenziato che:
• nelle diverse opinioni espresse dalla dottrina
in ordine a tale istituto, l’unico elemento che
non sembra controverso è «la natura
liberale» che caratterizza il trasferimento
dell’azienda o delle partecipazioni societarie
dal disponente al suo discendente.
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NATURA DEL PATTO DI FAMIGLIA
Decisamente più discussa appare, invece, la
causa sottostante l’atto di liquidazione
effettuato da parte del discendente assegnatario
nei confronti degli altri legittimari.
A seconda dell’interpretazione adottata, ne
discendono rilevanti conseguenze in ordine,
soprattutto, alla possibilità di considerare, o
meno, tale liquidazione un costo inerente
l’acquisto dell’azienda da parte del discendente
assegnatario.
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MODELLI IMPOSITIVI APPLICABILI AL
PATTO DI FAMIGLIA
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PREMESSE METODOLOGICHE
Condizionamento
derivante
dalle
incertezze
interpretative manifestate dalla dottrina civilistica sulla
qualificazione giuridica del patto di famiglia.
Mancanza di una organica normativa di settore sia
ai fini delle imposte dirette che delle indirette (è
esclusivamente dettata una norma di esenzione per le
imposte indirette).
Necessità di ricondurre la fattispecie e modelli
impositivi già esistenti, mediante ricerca di criteri
impositivi non più onerosi di quelli applicabili alla
successione mortis causa.
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PREMESSE METODOLOGICHE
Conclusioni di carattere civilistico da cui si
prendono le mosse:
- negozio inter vivos ad effetti immediati;
- parti: imprenditore ed i suoi legittimari;
- obbligo dell’assegnatario di liquidare gli altri
legittimari;
- facoltà di liquidare in denaro o natura;
- possibilità di rinunciare alla liquidazione.
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PREMESSE METODOLOGICHE
Esistono due diversi metodi d’indagine: il criterio
cd. “atomistico” e quello “unitario”.
ATOMISTICO: analizza la natura delle singole
attribuzioni
UNITARIO: assegna prevalenza all’individuazione
di un’unica causa negoziale
Entrambi riconoscono la natura liberale del
trasferimento d’azienda o delle partecipazioni,
mentre è discussa la natura della liquidazione a
favore dei legittimari non assegnatari.
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PREMESSE METODOLOGICHE
Infine, posto che si farà frequente riferimento a
queste due nozioni, è bene premettere che
liberalità e gratuità sono due fenomeni ben
distintiti.
Mentre, infatti, la liberalità è disposizione che
mira esclusivamente a raggiungere il risultato di
incrementare il patrimonio del beneficiario, la
gratuità inerisce il titolo del trasferimento.
La natura liberale di un trasferimento non ne
implica anche il titolo gratuito.
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LE TEORIE UNITARIE
Funzione
di
successoria
anticipazione
Negozio
assimilabile
alla
DONAZIONE MODALE
Unica causa di liberalità
caratterizzante
tutti
i
trasferimenti patrimoniali
Anche la liquidazione degli altri
legittimari è una liberalità che
trova causa nel trasferimento
d’azienda
il modus nella
donazione è un
elemento
accidentale
la liquidazione dei
legittimari è un
obbligo che
nasce ex lege
alla stipula del
contratto
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LE TEORIE UNITARIE
Vero
e
proprio
PATTO
SUCCESSORIO DISPOSITIVO
Disciplina individuata dal diritto
internazionale privato
Applicabilità,
successionis
della
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nel patto di
famiglia
l’effetto
traslativo è
immediato
lex
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LE TEORIE UNITARIE
NEGOZIO A FAVORE DI TERZI
caratterizzato dalla gratuità delle
prestazioni seppur, in parte,
corrispettive
è corrispettiva ma non onerosa la
liquidazione
a
favore
dei
legittimari non assegnatari
corrispettività e
onerosità non
coincidano
però
non è possibile
individuare un
contratto a
prestazioni
corrispettive a
titolo gratuito
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LE TEORIE ATOMISTICHE
Negozio a causa mista:
NEGOZIO MISTO CON
DONAZIONE
Causa liberale: trasferimento
d’azienda o di partecipazioni
Causa solutoria: liquidazione
dei legittimari non assegnatari
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teorie oggi
minoritarie
da un punto di
vista fiscale non
è necessario
prescindere
dall’esistenza di
un’unica causa
negoziale
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QUALIFICAZIONE DELLE SINGOLE ATTRIBUZIONI
Secondo altra parte della dottrina, nel patto di
famiglia si dovrebbe riconoscere l’esistenza di
un’unica causa negoziale di tipo liberale, ma ai fini
fiscali sarebbe comunque opportuno procedere alla
qualificazione delle singole attribuzioni, tenendo
conto delle diverse posizioni soggettive coinvolte.
Dal punto di vista del DISPONENTE:
• liberalità diretta nei confronti del discendente
assegnatario;
• liberalità indiretta nei confronti degli altri
legittimari.
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QUALIFICAZIONE DELLE SINGOLE ATTRIBUZIONI
Dal punto di vista dell’ASSEGNATARIO:
• riceve un trasferimento d’azienda e/o
partecipazioni in parte a titolo gratuito e in
parte a titolo oneroso;
• la liquidazione dei legittimari è il costo
d’acquisto di parte dell’azienda e/o della
partecipazione.
La quota di trasferimento a titolo oneroso,
consisterebbe nella quota di azienda e/o
partecipazione corrispondente al valore liquidato
agli altri legittimari.
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LA POSIZIONE DELLA PRASSI AMMINISTRATIVA
Sul tema la prassi amministrativa ha sottolineato che
il patto di famiglia:
• “è caratterizzato dall’intento – non prettamente
donativo – di prevenire liti ereditarie e lo
smembramento di aziende o partecipazioni
societarie ovvero l’assegnazione di tali beni a
soggetti inidonei ad assicurare la continuità
gestionale degli stessi”;
• “non comporta il pagamento di un corrispettivo
da parte dell’assegnatario dell’azienda o delle
partecipazioni sociali, ma solo l’onere in capo a
quest’ultimo di liquidare gli altri partecipanti al
contratto, in denaro o natura” (circolare n. 3/E del
2008).
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LA POSIZIONE DELLA PRASSI AMMINISTRATIVA
Tali affermazioni:
• da un lato confermano la correttezza della
qualificazione del patto di famiglia come una
liberalità piuttosto che non come una donazione
modale (l’intento del disponente non appare
prettamente donativo);
• dall’altro, definitivamente escludono la natura
onerosa della liquidazione effettuata dal
legittimario assegnatario nei confronti degli altri
legittimari.
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PROFILI DI IMPOSIZIONE DIRETTA
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
Il trasferimento dell’azienda, da parte del
disponente nei confronti dei propri discendenti,
concretizza una liberalità; di conseguenza, sul piano
dell’imposizione diretta, detto trasferimento va
ricondotto all’art. 58 del Tuir.
Trasferimento in regime di neutralità fiscale:
• integrale detassazione del trasferimento
gratuito dell’azienda;
• norma derogatoria al principio personalistico
delle imposte sui redditi.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
La disciplina del trasferimento gratuito d’azienda
persegue l’obbiettivo di impedire che un eccessivo
carico fiscale ricada sui beneficiari dell’azienda
in occasione del passaggio generazionale.
La disciplina della neutralità fiscale, tuttavia,
garantisce anche la salvaguardia dei diritti
dell’Erario, facendo sì che i plusvalori maturati in
capo all’imprenditore emergono fiscalmente al
momento del successivo trasferimento della
medesima azienda.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
I plusvalori maturati in capo all’imprenditore
emergono al momento del successivo trasferimento
a terzi, come:
• redditi diversi, se l’assegnatario con la
vendita cessa l’attività d’impresa art. 67 lett. h
bis del Tuir;
• componente
positiva
del
reddito
d’impresa, se l’attività prosegue dopo la
cessione a terzi dell’azienda.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
Alcuni interpreti, con riferimento alla disciplina
descritta, hanno ravvisato diversi problemi di
coordinamento normativo nell’ipotesi in cui detta
plusvalenza venga tassata come reddito diverso,
anziché all’interno del regime d’impresa:
• cessione a titolo gratuito e destinazione
all’autoconsumo
non
rappresentano
fattispecie imponibile nei redditi diversi;
• non sono plusvalenze d’impresa e quindi non
sono rateizzabili.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
L’art. 58 del Tuir prevede la trasmissione di valori
fiscali riferiti all’azienda intesa come complesso
unitariamente considerato, senza disporre nulla in
merito ai valori cui devono essere iscritti i singoli
beni che la compongono.
Di questi valori si occupava il c. 2 dell’art. 16 della l.
n. 383 del 2001, il quale stabiliva che, in caso di
donazione d’azienda, “i beni e le attività ceduti”
fossero assunti ai valori fiscali del disponente.
La norma è stata abrogata con il D.Lgs. n. 247 del
2005 e, secondo alcuni, l’intento è stato proprio
quello di offrire un’opportunità di pianificazione
fiscale nel passaggio generazionale delle aziende.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
L’eventuale
rivalutazione
dell’azienda
può
comportare:
• il venir meno del regime di neutralità e realizzazione
della plusvalenza in capo al disponente;
• l’iscrizione di una plusvalenza per l’assegnatario,
fiscalmente irrilevante.
Le eventuali riserve in sospensione d’imposta
contabilizzate nel patrimonio netto del disponente, non
possono perpetuarsi nei confronti del beneficiario
(eccezione le riserve che presentano una stretta
correlazione con determinate poste del patrimonio, es.
riserve per ammortamento anticipato).
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
La neutralità fiscale viene meno nell’ipotesi in cui il
discendente rivesta la qualifica di imprenditore già
prima del trasferimento.
In tal caso, trova applicazione l’art. 88, co. 3, del
Tuir, secondo il quale costituiscono sopravvenienze
attive “i proventi in denaro o in natura conseguiti a
titolo di contributo o di liberalità”, salvo che il
trasferimento non riguardi la sfera personale e non
l’attività imprenditoriale del discendente (la
sopravvenienza è data dall’incremento patrimoniale
determinato in base al valore normale dell’azienda).
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO D’AZIENDA
Passando
ad
esaminare
la
posizione
dell’assegnatario, va osservato che secondo quanti
ritengono che nei sui confronti il trasferimento
dell’azienda sia solo in parte a titolo gratuito,
all’acquisto dell’azienda corrisponderebbe per lui il
costo sostenuto, vale a dire il valore liquidato ai
legittimari non assegnatari e tale costo rileverebbe al
momento della cessione a terzi, a titolo oneroso,
dell’azienda (contra circolare n. 3/E del 2008 e
circolare 18/E del 2013) .
Nel calcolo della durata del possesso dell’azienda si
terrà conto anche del periodo maturato in capo al
disponente.
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO DELLE PARTECIPAZIONI
Il trasferimento a titolo gratuito di partecipazioni
non costituisce fattispecie imponibile né in capo al
disponente né in capo all’assegnatario.
Fa eccezione il caso in cui le partecipazioni siano
detenute dal disponente in regime di impresa. In tal
caso, infatti, il trasferimento delle partecipazioni
integra un’ipotesi di destinazione a finalità estranee
e, quindi, una fattispecie imponibile.
Gli eventuali plusvalori delle partecipazioni
emergeranno al momento della cessione a terzi a
titolo oneroso (art. 67, lett. c) e c bis) del Tuir).
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IL TRASFERIMENTO GRATUITO DELLE PARTECIPAZIONI
Detta plusvalenza è data dalla differenza tra il
corrispettivo percepito all’atto della vendita ed il
costo di acquisto della medesima che corrisponde al
“costo del donante” (co. 6 dell’art. 68 del Tuir).
Anche per il trasferimento di partecipazioni, se si
ritiene che il medesimo (per l’assegnatario) avvenga
con un negozio solo in parte a titolo gratuito, nel
calcolo della plusvalenza derivante dalla
successiva cessione a terzi delle partecipazioni
ricevute si può tener conto del valore liquidato
dall’assegnatario agli altri legittimari (contra circolare
n. 3/E del 2008 e circolare 18/E del 2013).
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LA POSIZIONE DEI LEGITTIMARI NON ASSEGNATARI
La liquidazione delle quote di legittima spettanti ai
non assegnatari non integra, nei confronti di questi
ultimi, alcuna fattispecie reddituale: la particolare
natura di tale liquidazione non consente di ricondurla
ad alcuna delle categorie di reddito disciplinate dal
Tuir.
Quanti escludono il riconoscimento di un «costo»
(corrispondente alla liquidazione dei legittimari non
assegnatari) in capo all’assegnatario, fondano la
propria teoria proprio sull’irrilevanza reddituale di tale
componente, in capo ai non assegnatari (esigenza di
simmetria fiscale).
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LA NORMA ANTIELUSIVA
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 128 del 5 agosto
2015, i negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il
godimento di aziende trovavano menzione nell’art. 37-bis
del D.P.R. n. 600 del 1973; ciò, al fine di scoraggiare
eventuali arbitraggi fiscali sui trasferimenti di azienda a
titolo gratuito.
Il citato decreto ha abrogato l’art. 37-bis, introducendo una
disciplina generale dell’abuso del diritto e dell’elusione
fiscale all’art. 10-bis della L. n. 212 del 2000.
Tale disposizione è costruita sulla falsariga della vecchia
norma antielusiva, anche se non contiene più un esplicito
riferimento ai negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il
godimento di aziende.
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LA NORMA ANTIELUSIVA
Tanto premesso, con la norma antielusiva si voleva evitare che
potessero realizzarsi trasferimenti gratuiti d’azienda unicamente
finalizzati a canalizzare la plusvalenza derivante dalla
successiva cessione della medesima su famigliari a bassa
aliquota marginale.
Tale operazione, infatti, produrrebbe dei benefici fiscali nel caso
in cui:
•
l’aggravio finanziario che sconta la plusvalenza realizzata
sulla cessione a terzi, a causa della mancata possibilità di
rateizzare la medesima (in quanto plusvalenza realizzata al
di fuori del regime d’impresa), sia più che compensato dal
differenziale negativo di aliquota esistente fra l’imprenditore
disponente ed il discendente assegnatario.
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LA NORMA ANTIELUSIVA
Tuttavia, difficilmente poteva trovare applicazione la
norma antielusiva per colmare la lacuna determinata
dal possibile spostamento, dai redditi d’impresa ai
redditi diversi, delle plusvalenze emergenti al
momento del trasferimento a titolo oneroso.
La norma antielusiva, non poteva operare con
riferimento all’ipotesi in cui il discendente
assegnatario usufruisca del vantaggio fiscale
derivante dal fatto che, al di fuori del regime
d’impresa, non è imponibile né l’autoconsumo dei
beni aziendali ricevuti con il patto di famiglia, né la
loro cessione a titolo gratuito.
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LA NORMA ANTIELUSIVA
Infine, sempre con riferimento all’operatività della
vecchia norma antielusiva e del nuovo art. 10-bis
della L. n. 212 del 2000, va osservato che nel patto
di famiglia sussistono le “valide ragioni
economiche” e vanno individuate nel voler
realizzare
un
determinato
passaggio
generazionale dell’impresa.
Viceversa, le “valide ragioni economiche” potrebbero
essere non ravvisabili in eventuali operazioni
straordinarie prodromiche alla stipula del patto (per
esempio: la scissione dell’azienda da trasferire).
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PROFILI DI IMPOSIZIONE INDIRETTA
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PREMESSA
Secondo la dottrina prevalente, il trasferimento dell’azienda o
delle partecipazioni dal disponente al legittimario assegnatario
integra, ai fini delle imposte indirette, una liberalità diretta nei
confronti dell’assegnatario e indiretta nei confronti degli altri
legittimari che vengono liquidati dall’assegnatario.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, viceversa, le due
operazioni vanno considerate autonomamente e integrano due
distinte liberalità dirette.
L’orientamento adottato comporta rilevanti implicazioni sia ai
fini della determinazione della base imponibile (nelle liberalità
dirette/indirette va tassato il “risultato netto” delle attribuzioni),
sia ai fini dell’individuazione delle aliquote e franchigie
applicabili alla fattispecie.
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PREMESSA
Al di fuori delle ipotesi in cui opera la disciplina di
esenzione specificamente dettata dal legislatore (di cui
si dirà fra breve), una volta individuata la base
imponibile della liberalità in esame, quest’ultima andrà
assoggettata all’imposta sulle successioni e
donazioni.
In proposito, va osservato che, prima dell’entrata in
vigore del D.L. n. 262 del 2006, tale liberalità non
scontava alcuna imposta, a causa dell’intervenuta
“soppressione” dell’imposta sulle successioni e
donazioni (art. 13 della l. n. 383 del 2001).
Con l’art.6 del D.L. n. 262 del 2006, invece, il
trasferimento scontava l’imposta di registro ex art.13
della l. n. 383 del 2001, come modificato dal D.L. n.262
del 2006.
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PREMESSA
Con l’entrata in vigore della la legge n. 286 del 2006,
di conversione del D.L. 262 del 2006, il trasferimento
dell’azienda o delle partecipazioni dal disponente al
discendente assegnatario sconta l’imposta sulle
donazioni, con le seguenti modalità:
• se a favore del coniuge e dei parenti in linea
retta, con franchigia di euro 1.000.000,00 per
ciascun beneficiario, il 4%;
• se a favore di altri parenti fino al 4° grado e degli
affini in linea retta, o collaterale (entro il 3° grado),
il 6%.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Come anticipato, la finanziaria 2007 ha ricondotto
tali trasferimenti fra quelli non soggetti all’imposta, in
sussistenza di determinati presupposti (art. 3 c.4ter del D.Lgs n. 346 del 1990):
• gli assegnatari devo proseguire l’esercizio
dell’impresa o detenere il controllo per almeno 5
anni;
• apposita dichiarazione in tal senso va resa all’atto
del trasferimento;
• se vengono trasferite quote o azioni in società di
capitali, queste devono consentire di acquisire o
integrare il controllo, ex art. 2359, c. 1 n. 1 del c.
c. (anche se in comproprietà fra più discendenti –
Telefisco 2007).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Con riferimento alla condizione di continuità
quinquennale, si deve evidenziare che, nel caso
in cui il patto di famiglia abbia ad oggetto il
trasferimento di un’azienda, la norma richiede
semplicemente la prosecuzione, per almeno
cinque anni, nella gestione dell’impresa.
Di conseguenza, per evitare la decadenza dal
beneficio, sembrerebbe sufficiente che sia
garantita la continuità aziendale, risultando, così,
irrilevante l’eventuale sopravvenienza di mutamenti
nella titolarità della gestione dell’azienda.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
E’ ragionevole, pertanto, ritenere che non
decadano i benefici fiscali se nel corso dei cinque
anni successivi al trasferimento, la società
eventualmente costituita tra i discendenti
assegnatari dell’azienda si sciolga e l’attività
d’impresa continui ad essere svolta da uno solo
di essi.
Similmente,
non
dovrebbe
determinare
decadenza dal regime di esenzione l’ipotesi in cui
il discendente assegnatario, prima che sia decorso
il quinquiennio, decida di conferire l’azienda o le
partecipazioni ricevute in una società da lui
controllata.
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
In tal senso si è espressa anche l’Amministrazione
finanziaria con la circolare n. 3/E del 2008.
In particolare, il citato documento di prassi,
riprendendo le considerazioni già svolte nella
risoluzione 23 novembre 2007, n. 341, ha chiarito
che il conferimento dell’azienda ricevuta
mediante il patto di famiglia non comporta
automaticamente la decadenza dal beneficio
dell’esenzione.
Infatti, al verificarsi di determinate condizioni,
detto conferimento può essere assimilato alla
prosecuzione dell’attività d’impresa.
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
La prosecuzione dell’attività d’impresa, per
esempio, è sicuramente ravvisabile tutte le volte
che l’azienda viene conferita in una società di
persone, a prescindere dal valore della
partecipazione ricevuta in cambio dal conferente.
Del resto, ai sensi del comma 4-ter dell’art. 3 del
D.Lgs. n. 346 del 1990, il requisito del controllo si
applica esclusivamente ai trasferimenti aventi ad
oggetto quote di partecipazione in società di
capitali, pertanto non si ritiene necessario
verificarne la sussistenza in capo al conferente, nel
caso in cui la conferitaria sia una società di
persone.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Viceversa, nel caso in cui il conferimento sia
effettuato nei confronti di una società di capitali,
prima che siano decorsi cinque anni, la decadenza
dal beneficio dell’esenzione si verifica ogni qual volta
le azioni o quote assegnate al conferente non gli
consentano di conseguire o integrare il controllo della
società conferitaria, ai sensi dell’art. 2359, comma 1,
n. 1), del c.c..
Infatti, in tal caso non può ritenersi che l’assegnatario
prosegua l’esercizio dell’attività d’impresa dopo il
conferimento e l’interruzione dell’esercizio dell’attività
d’impresa prima che siano decorsi cinque anni dal
trasferimento dell’azienda comporta la decadenza
dal beneficio.
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Non dovrebbero comportare la decadenza dal
beneficio in esame i casi in cui la continuità non si
realizzi per fatti non imputabili alla volontà
dell’erede (per esempio la morte del discendente
assegnatario, prima che siano decorsi cinque anni
dal trasferimento).
Viceversa, se il legittimario assegnatario, prima che
siano decorsi cinque anni dal trasferimento
dell’azienda, decide di cederne un ramo, la
decadenza dal beneficio si verifica limitatamente al
ramo d’azienda ceduto, sempre ché, relativamente
alla parte d’azienda non trasferita, venga proseguito
l’esercizio dell’attività d’impresa (circolare n. 3/E del
2008 e, in senso analogo, circolare n. 18/E del
2013).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
La circolare n. 3/E del 2008 ha offerto importanti
chiarimenti anche con riferimento alle ipotesi in cui nel
quinquennio
si
verifichino
delle
operazioni
straordinarie che coinvolgono l’azienda trasferita.
In tal caso, il requisito della prosecuzione
quinquennale dell’attività d’impresa può intendersi
assolto nelle seguenti ipotesi:
• operazioni che diano origine a società di
persone, ovvero incidano sulle stesse, a
prescindere dal valore della quota assegnata al
socio;
• operazioni che diano origine, ovvero incidano su,
società di capitali, purché il socio mantenga o
integri una partecipazione di controllo, ai sensi
dell’art. 2359, comma 1, n. 1), del c.c.
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Con riferimento al requisito del controllo, va
osservato che, in base ad una analisi testuale di
della norma di riferimento, appare irrilevante che il
requisito del controllo fosse integrato già in capo al
disponente, ai fini dell’applicabilità del regime
esonerativo in esame
Può darsi, infatti, che il disponente trasferisca
all’assegnatario delle quote partecipative che,
insieme con altre già detenute dall’assegnatario,
consentono a quest’ultimo di detenere una
partecipazione di controllo nella società di capitali
(controllo che non veniva integrato in capo al
disponente, in base alle sole quote partecipative in
suo possesso) .
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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TRASFERIMENTI DI PARTECIPAZIONI:
ESEMPLIFICAZIONI
Si propongono i seguenti esempi:
1) Una persona fisica possiede una partecipazione
pari al 60 per cento del capitale sociale di Beta
S.p.A., che dona separatamente ed in parti uguali
a ciascuno dei suoi tre figli.
In tal caso non si applica l'agevolazione di cui
all'art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346 del 1990,
in quanto nessun donatario potrebbe esercitare il
controllo di cui all'art. 2359, primo comma, n. 1),
del codice civile.
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TRASFERIMENTI DI PARTECIPAZIONI:
ESEMPLIFICAZIONI
2) Lo stesso soggetto dell’esempio precedente dona
l’intero pacchetto azionario posseduto ai suoi tre
figli in comproprietà tra loro (prevedendo un
regolamento di comunione, volto a definire le
regole di governance).
In tal caso, in base all’art. 2347 del c.c., i diritti dei
comproprietari sono esercitati da un comune
rappresentante, il quale dispone della maggioranza
dei voti esercitabili in assemblea ordinaria. In
questo caso il trasferimento potrà usufruire del regime
di esenzione d’imposta, mentre, all’atto della
successiva divisione (decorsi 5 anni) si applicherà
l’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%.
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TRASFERIMENTI DI PARTECIPAZIONI:
ESEMPLIFICAZIONI
3) Una persona fisica possiede il 40 per cento del
capitale sociale di una Srl che trasferisce per
donazione in parte uguali ai suoi figli, di cui uno
detiene già il 35 per cento del capitale sociale della
medesima società.
In tal caso, il trasferimento della quota spettante al
figlio, che già detiene una partecipazione nella
società, beneficia dell’esenzione, in quanto lo
stesso consegue, grazie al trasferimento, il 55% del
capitale sociale. Viceversa, il trasferimento nei
confronti dell’altro figlio, non usufruisce del regime
di esenzione.
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TRASFERIMENTI DI PARTECIPAZIONI:
ESEMPLIFICAZIONI
4) Una persona fisica detiene una partecipazione
pari al 10 per cento del capitale sociale di una
società in nome collettivo che dona, in parti uguali
e separate, ai suoi tre figli.
In tal caso, i trasferimenti non sono soggetti
all'imposta sulle successioni e donazioni
integrando i requisiti previsti della norma ai fini
dell’esenzione. Infatti, trattandosi di una società di
persone e non di una società di capitali, non è
previsto come necessario il requisito del controllo in
capo ai discendenti assegnatari.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Sotto il profilo soggettivo va osservato che l’ambito di
applicazione dell’esenzione di cui all’art. 3, co. 4-ter
del D.Lgs. n. 346 del 1990 è stato ampliato dall’art. 1,
co. 31 della l. n. 244 del 2007, n. 244 (finanziaria per
il 2008), che ne ha esteso gli effetti anche al
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni
effettuato a favore del coniuge dell’imprenditore o
del possessore delle partecipazioni.
Tuttavia, in tal caso, sarà necessario che il passaggio
generazionale dell’azienda avvenga mediante
istituto diverso dal patto di famiglia.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
L’art. 768-bis del c.c., infatti, riserva l’utilizzo del patto
di famiglia ai soli discendenti dell’imprenditore (o del
possessore di partecipazioni).
La norma stabilisce che “è patto di famiglia il
contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni
in materia di impresa familiare e nel rispetto delle
differenti
tipologie
societarie,
l’imprenditore
trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di
partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in
parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.”
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Se i presupposti fissati per l’applicazione della norma
di esenzione non vengono rispettati si applica
l’imposta di donazione e successione in misura
ordinaria, oltre a sanzioni (art. 13 D.Lgs. N. 471 del
1997) e interessi.
Il legislatore, nello scegliere di dettare unicamente
una disposizione di esenzione, senza individuare
un’organica disciplina dell’istituto, ha “perso
un’occasione” per dissipare i dubbi in merito alla
corretta individuazione della natura di tale
trasferimento e al suo “regime naturale”.
Le disposizioni di esenzione sono efficaci per i patti
stipulati a far data dal 1° gennaio 2007.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Sempre con riferimento alle imposte indirette
applicabili al momento del trasferimento
dell’azienda, va osservato che, qualora e
l’azienda
contenga
beni
immobili,
il
trasferimento di questi sconterà, in linea di
principio, anche le imposte ipo-catastali.
Tuttavia, qualora il trasferimento ha usufruito del
regime di cui all’art. 3, c. 4-ter, del D.Lgs n. 346
del 1990, non si applicano neppure le ipocatastali (artt. 1, c. 2, e 10, c. 2, del D.Lgs n. 347
del 1990).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Come anticipato, secondo l’Amministrazione finanziaria, il
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni integra
una liberalità diretta, distinta e autonoma dalla
liberalità realizzata dal discendente assegnatario nei
confronti dei legittimari non assegnatari all’atto della
liquidazione delle loro quote di legittima (in tal senso, da
ultimo, circolare n. 18/E del 2013).
L’imposta di successione e donazione, pertanto, ai fini
dell’individuazione delle aliquote e delle franchigie di
imposta si farà riferimento al rapporto di parentela
esistente fra disponente ed assegnatario e la base
imponibile sarà data dal valore dell’azienda o delle
partecipazioni trasferite.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
Esaminiamo ora i risultati cui si giungerebbe
aderendo alle altre ipotesi interpretative:
• liberalità diretta/indiretta:
 imposta sulle successioni e donazioni, applicata
sul “risultato netto” del trasferimento, in base al
rapporto di parentela esistente fra il disponente e
l’assegnatario;
• donazione modale:
 si tassa il “risultato netto” del trasferimento
similmente a quanto avviene per l’ipotesi della
liberalità diretta ed indiretta;
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA E DELLE
PARTECIPAZIONI
• Negozio a causa mista liberale e solutoria:
 il trasferimento integra una donazione tassata
secondo le modalità esaminate, mentre la
liquidazione dei legittimari non assegnatari sconta
il registro in misura proporzionale ai sensi della
disposizione residuale di cui all’art. 11 della
Tariffa parte I del d.P.R. n. 131 del 1986 (altri atti
aventi contenuto patrimoniale);
• patto successorio dispositivo:
 il trasferimento è soggetto all’imposta sulle
successioni in quanto regolamentato dalla lex
successionis.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Come anticipato, anche i modelli impositivi applicabili
alla liquidazione da parte del discendente
assegnatario della quota di legittima spettante agli altri
legittimari non assegnatari variano a seconda della
natura che si vuole attribuire a detta liquidazione.
Se si tiene conto che la medesima rappresenta un
obbligo di legge in capo al discendente assegnatario,
dovrebbe escludersi la possibilità di qualificarla come
una liberalità diretta effettuata dall’assegnatario nei
confronti dei legittimari non assegnatari e la si
dovrebbe (più correttamente) considerare una
liberalità indiretta da parte del disponente nei confronti
dei legittimari non assegnatari.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Seguendo questo orientamento interpretativo, la
liquidazione della quota di legittima da effettuarsi per
opera del discendente assegnatario nei confronti degli
altri legittimari andrebbe assoggettata all’imposta sulle
donazioni, per il computo della quale si dovrà tener
conto del legame di parentela esistente tra il
disponente e i legittimari non assegnatari liquidati.
Tale orientamento, tuttavia, sembrerebbe non essere
condiviso dall’Amministrazione finanziaria, la quale
sembrerebbe
considerare
detta
liquidazione
un’autonoma liberalità effettuata dall’assegnatario a
favore degli altri legittimari (sono stati forniti chiarimenti
solo parziali, sui quali si tornerà fra breve).
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
In ogni caso detta liquidazione dovrà essere
assoggettata ad imposta di donazione, mediante
applicazione delle seguenti aliquote e franchigie da
determinarsi o in base al rapporto di parentela esistente
fra l’assegnatario e gli altri legittimari, o al rapporto di
parentela esistente tra il disponente e i legittimari non
assegnatari:
•
•
•
•
se a favore del coniuge e parenti in linea retta, 4%
con franchigia di 1 milione di euro;
se a favore di fratelli e sorelle, 6% con franchigia di
100.000 euro;
se a favore di altri parenti fino al 4° grado e affini in
linea retta (o collaterale fino al 3° grado), 6%;
se a favore di altri soggetti, 8%.
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Se la liquidazione, anziché avvenire in denaro,
avviene in natura e ne sussistono i presupposti
si applica la descritta esclusione da imposta di
cui all’art. 3, c. 4-ter del D.Lgs. n. 346 del 1990.
Il comma 4-ter del citato art. 3, tuttavia, fa
espresso riferimento ai trasferimenti effettuati,
anche tramite i patti di famiglia, “a favore dei
discendenti”; pertanto, affinché trovi applicazione
la norma agevolativa richiamata, sarà necessario
che il legittimario non assegnatario, liquidato in
natura, sia un discendente del dante causa.
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
La circolare n. 3/E del 2008 afferma che l’esenzione,
di cui al co. 4-ter dell’art. 3 del D.Lgs. n. 346 del
1990, “si applica esclusivamente con riferimento al
trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e
non riguarda anche l’attribuzione di somme di
denaro o di beni eventualmente posta in essere
dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni
sociali in favore degli altri partecipanti al contratto”.
Siffatta affermazione, tuttavia, non dovrebbe
essere intesa nel senso di escludere a priori la
possibilità di effettuare in regime di esenzione anche
la liquidazione dei legittimari non assegnatari.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Questo secondo trasferimento, infatti, rientra
anch’esso nell’ambito di applicazione dell’imposta di
donazione e successione e di conseguenza, qualora
venga effettuato in natura, e nel rispetto di tutti i
requisiti posti dall’art. 3, comma 4-ter, dovrebbe
poter autonomamente fruire del regime di esenzione.
L’inciso richiamato sembra, piuttosto, rispondere alla
volontà di escludere che la liquidazione dei
legittimari non assegnatari sia automaticamente
considerato esente per il semplice fatto che il
trasferimento dell’azienda (o delle partecipazioni)
beneficia di tale regime.
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Se la liquidazione avviene mediante il
trasferimento di beni immobili sono dovute anche
le imposte ipo-catastali (salvo che si verifichi la
descritta ipotesi di esenzione ai fini dell’imposta
sulle donazioni).
Anche in questo caso, ovviamente, se il
trasferimento è a favore di un soggetto in
possesso dei requisiti e delle condizioni previste
per l’acquisto della prima abitazione, le ipocatastali si applicano nella misura fissa.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
In base a quanto disposto dal co. 2 dell’art. 768quater, del c. c., l’obbligo di liquidare le quote
spettanti agli altri legittimari non assegnatari può
venir meno (in tutto o in parte) solo nell’ipotesi in cui
questi ultimi vi rinuncino espressamente.
Se si condivide la qualificazione del patto di famiglia
come
una
liberalità
diretta
nei
confronti
dell’assegnatario e indiretta nei confronti degli altri
legittimari, la rinuncia di questi ultimi dovrebbe
determinare un accrescimento del valore della
liberalità effettuata dal disponente a favore
dell’assegnatario, assoggettata ad imposta di
donazione.
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Viceversa, la circolare n. 3/E del 2008 ha
affermato che detta rinuncia “non ha effetti
traslativi ed è, quindi, soggetta alla sola imposta
di registro in misura fissa, dovuta per gli atti privi
di contenuto patrimoniale (art. 11 della Tariffa,
parte prima, allegata al TUR)”.
L’escludere che la rinuncia in questione abbia
effetti traslativi mette potenzialmente in crisi la
qualificazione giuridica di detto atto di
liquidazione come liberalità indiretta effettuata
dal disponente a favore dei legittimari non
assegnatari.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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77
LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
La rinuncia alla liquidazione dei legittimari non
assegnatari sarebbe priva di effetti traslativi solo
nell’ipotesi in cui detta liquidazione fosse
qualificabile come una liberalità (o donazione)
spontaneamente (e non per vincolo di legge)
effettuata dal legittimario assegnatario nei confronti
dei non assegnatari.
Solo in questa ipotesi, infatti, la rinuncia non
determinerebbe un accrescimento della base
imponibile della prima attribuzione (il trasferimento
dell’azienda o delle partecipazioni dal disponente al
legittimario assegnatario).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI LEGITTIMARI NON
ASSEGNATARI
Proprio per la rilevante portata delle incertezze
interpretative suscitate da alcune delle affermazioni
contenute nella circolare n. 3/E del 2008 e ribadite
nella recente circolare n. 18/E del 2013, è auspicabile
che
l’Amministrazione
finanziaria
intervenga
nuovamente
in
suddetta
materia,
chiarendo
esplicitamente quale sia la qualificazione giuridica
delle attribuzioni effettuate mediante il patto di famiglia
e il conseguente trattamento impositivo agli effetti
dell’imposta di successione e donazione.
In mancanza, rimane sempre auspicabile un intervento
normativo volto ad offrire un’organica disciplina di
settore.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI «LEGITTIMARI SOPRAVVENUTI»
Il co. 1 dell’art. 768-sexies del c.c., prevede che,
all’apertura della successione del disponente, il
coniuge e gli altri legittimari «che non hanno
partecipato al contratto» possono chiedere ai
beneficiari del medesimo il pagamento della
somma (oltre gli interessi legali) prevista dal
secondo comma dell’art. 768-quater del c.c..
Non è chiaro se la norma va riferita sia ai soggetti
che, pur essendo legittimari al momento della
stipula del patto di famiglia, non sono intervenuti al
medesimo, sia ai legittimari sopravvenuti alla
stipula del contratto; ovvero solo a questi ultimi.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI «LEGITTIMARI SOPRAVVENUTI»
L’obbligazione di liquidare i legittimari sopravvenuti
ricade non solo sull’assegnatario dell’azienda o delle
partecipazioni ma, come coobbligati solidali, anche
su tutti gli altri legittimari che hanno “beneficiato” del
patto di famiglia, ottenendo dall’assegnatario la
liquidazione della propria quota di legittima.
Si legge infatti nella rel. ill.: “naturalmente tale diritto
potrà essere esercitato nei confronti del solo
assegnatario dell’azienda nel caso in cui non vi sia
stata liquidazione in favore degli altri legittimari
partecipanti al contratto, ovvero nei confronti dei (o
anche dei) legittimari partecipanti che abbiano
ricevuto la liquidazione di cui ai commi terzo e
quarto”.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LA LIQUIDAZIONE DEI «LEGITTIMARI SOPRAVVENUTI»
Con riferimento ai modelli impositivi applicabili alla
liquidazione dei legittimari sopravvenuti, si sottolinea
che detta liquidazione, qualora avvenga mediante
stipula di apposito accordo, è riconducibile alla
disciplina di cui all’art. 43 del D.Lgs n. 346 del 1990
(accordi per la reintegra dei diritti dei legittimari).
Tale accordo, infatti, interviene dopo l’apertura della
successione del disponente e l’applicazione del
richiamato art. 43 del D.Lgs. n. 346 del 1990 risulta
funzionale a evitare una duplicazione d’imposta,
rispetto a quella assolta dai coobbligati solidali, con
riferimento ai trasferimenti effettuati al momento della
conclusione del patto di famiglia.
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ANALISI COMPARATIVA
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Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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PASSAGGIO GENERAZIONALE ATTRAVERSO IL TRUST
Sempre più di frequente, il passaggio generazionale
dell’impresa viene attuato mediante la costituzione di trust.
I vantaggi dell’utilizzo del trust sono che:
• si
può
realizzare
una
pianificazione
multigenerazionale (le vicende personali degli eredi
non comportino l’ulteriore frammentazione delle quote
di partecipazione al capitale sociale, né generino effetti
sulla governance aziendale);
• non richiede che vi sia accordo da parte degli eredi
sulle modalità di disposizione scelte dall’imprenditore o
dal socio;
• risolve i problemi derivanti dalla difficoltà di reperire
risorse necessarie a liquidare la quota agli altri eredi;
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PASSAGGIO GENERAZIONALE ATTRAVERSO IL TRUST
• consente al disponente di dare indicazioni sulla
modalità di conduzione dell’impresa al trustee;
• si neutralizza l’effetto di divisione del patrimonio
aziendale proprio della successione, in quanto per
effetto
della
segregazione
patrimoniale
il
patrimonio in trust è distinto dal patrimonio del
disponente ed insensibile alle sue vicende
personali e patrimoniali.
Va, tuttavia, tenuto presente che il trust deve tenere in
giusta considerazione la tutela degli interessi
successori di altri soggetti legittimati i quali, in caso di
estromissione, potranno esperire l’azione di riduzione.
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LA DISCIPLINA DEL TRUST
Il trust è un istituto giuridico nato nei sistemi giuridici di
common law (Inghilterra) già impiegato nel Medioevo
con modalità simili a quelle utilizzate oggi.
Nell’ordinamento italiano non è prevista una disciplina
civilistica del trust, tuttavia, l’applicazione in Italia è
consentita a partire dal 1° gennaio 1992, a seguito
della ratifica della convenzione dell’Aja del 1 luglio
1985 realizzata dalla Legge 16 ottobre 1989 n. 364.
La finanziaria per il 2007 ha introdotto alcune
disposizioni di carattere fiscale che individuano i criteri
di tassazione del trust.
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LA DISCIPLINA DEL TRUST
L’impianto normativo, nel complesso piuttosto scarno, è
stato oggetto di diversi interventi interpretativi da parte della
prassi amministrativa, fra questi spiccano per importanza
due circolari dell’Agenzia dell’Entrate:
• circolare 6 agosto 2007, n. 48/E e
• circolare 27 dicembre 2010, n. 61/E.
Nel corso degli ultimi anno sono stati presentati vari
disegni di legge finalizzati all’emanazione di una legge che
regolamentasse il trust in Italia. Ultimo in ordine di tempo è
il dDL n. 2284 presentato dal Ministro della giustizia
(Alfano) il 10 luglio 2010 nel corso della 16ª Legislatura.
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LA DISCIPLINA DEL TRUST
Per trust si intende un rapporto giuridico mediante il quale:
• una persona fisica o giuridica, detta disponente (o
settlor),
• pone dei beni o dei diritti (trust fund)
• sotto il controllo di un amministratore (trustee), a sua
volta eventualmente controllato da un garante (protector)
• perché li gestisca nell'interesse di uno o più beneficiari
ovvero per una specifica finalità
Tale definizione coglie gli elementi essenziali del trust che
si caratterizza per essere uno strumento estremamente
mutevole nelle modalità applicative e nelle finalità
perseguibili.
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LE CARATTERISTICHE DEL TRUST
Le principali caratteristiche del trust sono:
• fiducia: i rapporti tra disponente e trustee sono improntati
su base fiduciaria,
• versatilità: le suddivisioni e le definizioni dei ruoli sono
rimesse all’autonomia privata (un unico soggetto può
ricoprire anche ruoli diversi, salvo l’opportunità di non
confondere i ruoli del settlor e del trustee),
• autonomia patrimoniale: il patrimonio rimane “segregato”
nel trust sino alla sua estinzione.
Con la segregazione i beni vengono sottratti alle vicende
che possono vedere coinvolto il loro proprietario, non
possono essere assoggettati a procedure esecutive, sono
sottratti all’eventuale regime di comunione legale, non
fanno parte dell’asse ereditario.
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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DEL TRUST
L’art 73, co. 1, lett. b), del Tuir, riconosce soggettività
passiva IRES al trust, mentre il co. 2 del medesimo articolo
dispone che, in presenza di “beneficiari individuati” il
reddito conseguito dal trust deve essere loro imputato, in
proporzione alla loro quota di partecipazione individuata in
base all’atto costitutivo oppure ad altri documenti a
questo successivi, ovvero, in mancanza, in parti uguali.
Pertanto se il trust è privo di beneficiari individuati (trust
opaco) i redditi prodotti dal medesimo saranno assoggettati
ad IRES in capo al trust; se, viceversa, ha dei beneficiari
individuati di reddito, detti redditi saranno assoggettati ad
IRPEF in capo ai medesimi (trust trasparente”).
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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DEL TRUST
È possibile che un trust sia al contempo opaco e
trasparente (trust misto), come avviene nel caso in cui
l'atto istitutivo preveda che una parte del reddito di un
trust sia accantonata a capitale e l'altra parte sia
attribuita ai beneficiari (trust di accumulo).
In tal caso:
 il reddito accantonato sarà tassato in capo al
trust (circ. 61/E del 2010);
 il
reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne
ricorrano i presupposti (vale a dire quando i
beneficiari hanno diritto di acquisire detto
reddito), sarà imputato ai beneficiari medesimi.
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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DEL TRUST
Quindi, sia in ipotesi di trust trasparente che opaco, è
necessario:
 in prima battuta, determinare il reddito del trust;
 solo
successivamente, procedere a verificare se
esistano beneficiari individuati, ai quali sarà imputata
per trasparenza, la parte di reddito loro spettante.
Nella determinazione del reddito del trust trovano
applicazione le norme previste per:
 gli
enti commerciali (se il trust svolge attività
commerciale);
 gli enti non commerciali (se il trust non svolge in
maniera prevalente attività commerciale);
 gli enti non residenti (se è un trust non residente).
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LA SOGGETTIVITÀ PASSIVA DEL TRUST
Per essere soggetto passivo IRES il trust deve essere
titolare esclusivo della ricchezza prodotta dai beni che
ha in dotazione patrimoniale, a tal fine:


si richiede che sia irrevocabile (nei rapporti con il
settlor) e discrezionale per quanto riguarda l’operato
del trustee (risoluzione n. 8/E del 17/01/2003),
maggiore è il potere di gestione attribuito al trustee,
maggiore è la possibilità di qualificare il trust come
soggetto autonomo nei confronti del Fisco.
In mancanza la tassazione avviene in capo al settlor.
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LA SOGGETTIVITÀ PASSIVA DEL TRUST
Con riferimento alle ipotesi trust revocabile
(grantor trust), la circolare n. 48/E del 2007, ha
evidenziato come:



in questa ipotesi non si verifica un trasferimento
irreversibile dei diritti;
il disponente non subisce una permanente
diminuzione patrimoniale;
conseguentemente, non si verifica la soggettività
passiva del trust ai fini delle imposte sui redditi
che sono tassati in capo al settlor.
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LA SOGGETTIVITÀ PASSIVA DEL TRUST
Come ricordato dalla circolare 61/E del 2010,
affinché vengano riconosciuti effetti giuridici in
Italia ad un trust, questo deve presentare gli
elementi
fondamentali
individuati
dalla
Convenzione dell'Aja.
Di conseguenza “i beni facenti parte del patrimonio
del trust non possono continuare ad essere a
disposizione del disponente né questi può
beneficiare del relativo reddito”
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LA SOGGETTIVITÀ PASSIVA DEL TRUST
“Non possono essere considerati validamente
operanti sotto il profilo fiscale i trust che sono
istituiti e gestiti per realizzare una mera
interposizione nel possesso dei beni e dei
redditi.
E' il caso, ad esempio, dei trust nei quali l'attività
del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni
vincolanti riconducibili al disponente o ai
beneficiari”.
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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DEI BENEFICIARI
La manovra di finanza pubblica per il 2007 ha,
altresì, disciplinato sotto il profilo fiscale i redditi
conseguiti dal beneficiario del reddito trust (lett.
g-sexies aggiunta al co. 1 dell'art. 44 del Tuir).
Costituiscono redditi di capitale i redditi imputati al
beneficiario di trust ai sensi dell'articolo 73, comma
2, del Tuir.
I redditi imputati ai beneficiari sono ricondotti alla
categoria dei redditi di capitale anche nel caso in cui
il beneficiario sia un soggetto non residente.
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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DEI BENEFICIARI
NB i redditi tassati in capo ai beneficiari del reddito
del trust, qualificandoli come redditi di capitale, sono
unicamente quei redditi imputati per trasparenza
ai beneficiari.
I redditi tassati in capo ad un trust opaco, qualora
dopo aver scontato l'IRES vengano trasferiti al
beneficiario finale del trust (insieme al resto del
patrimonio), gli stessi non subiscono alcuna ulteriore
forma di tassazione.
Tali redditi, infatti, integrano una forma di reddito
“patrimonializzato”.
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LA DOTAZIONE PATRIMONIALE DEL TRUST
Se la dotazione patrimoniale del trust avviene
attraverso la costituzione di un vincolo di
destinazione su beni relativi all’impresa che
fuoriescono da detto regime la costituzione del
vincolo integra un’ipotesi di destinazione a finalità
estranee all’impresa (circolare 48/E del 2007);
Se viene destinata ad un trust un'azienda, il
trasferimento avverrà in piena neutralità fiscale,
secondo le modalità dettate dal co. 1 dell’art. 58 del
T.U.I.R., che deve ritenersi operante nei confronti
della fattispecie in esame.
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99
LE IMPOSTE INDIRETTE
Sotto il profilo delle imposte indirette, i momenti
“potenzialmente rilevanti” nella vita di un trust
sono:
• la stipula dell’atto istitutivo di trust (con o senza
dotazione patrimoniale)
• atto di dotazione patrimoniale del trust da parte
del disponente (settlor)
• trasferimento dei beni in trust ai beneficiari finali
dello stesso, da parte del trustee.
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LE IMPOSTE INDIRETTE
Quando l'atto costitutivo non contiene anche la
dotazione patrimoniale del trust, non realizza
alcun trasferimento di tipo patrimoniale, né
costituisce vincoli di destinazione.
“L'istituzione del trust, senza che si realizzi alcun
trasferimento di elementi patrimoniali costituisce
un programma di attribuzioni, anche patrimoniali,
non ancora realizzato” (Parere n. 19972/2003 del
24 luglio 2003 - Agenzia delle Entrate - Direzione
regionale della Liguria - Ufficio fiscalità).
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LE IMPOSTE INDIRETTE
La circolare 48/E del 2007 sul punto ha infatti evidenziato
che l'atto costitutivo del trust, che non contenga al suo
interno anche la dotazione patrimoniale dello stesso:
• va assoggetto ad imposta di registro e non ad
imposta di successione e donazione (non implica
la costituzione di alcun vincolo di destinazione)
• l’imposta di registro deve essere applicata in
misura fissa ex art. 11 della Tariffa parte prima
allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (altri atti non
aventi contenuto patrimoniale).
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LE IMPOSTE INDIRETTE
L'atto con il quale viene costituito il patrimonio del
trust, viceversa, è quell’atto di “dotazione”, ovvero
“segregazione”, con il quale il disponente (settlor)
destina i beni al trust e li affida all'amministrazione
del trustee.
La dotazione patrimoniale del trust può essere
effettuata dal settlor o con atto inter vivos oppure
con atto testamentario (mortis causa).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LE IMPOSTE INDIRETTE
Per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo
gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di
destinazione di beni l'imposta è determinata
dall'applicazione delle seguenti aliquote
a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta
sul valore complessivo netto eccedente, per
ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4%;
b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e
degli affini in linea retta, nonché degli affini in
linea collaterale fino al terzo grado: 6%;
c) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore
complessivo netto eccedente , per ciascun
beneficiario, 100 mila euro; 6%;
d) a favore di altri soggetti: 8%.
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IL REGIME DI ESENZIONE
Posto che il trust rientra nell’ambito di applicazione
dell’imposta sulle donazioni e successioni, anche nei
confronti delle ipotesi in cui il passaggio
generazionale
dell’impresa
viene
pianificato
attraverso la costituzione di un trust, potrà trovare
applicazione l’esenzione di cui all’art. 3 , co. 4-ter,
del D.Lgs n. 346 del 1990.
Anche in questo caso l’esenzione di cui al comma 4ter dell’art. 3 del D.Lgs n. 346 del 1990 competerà,
ovviamente, solo al verificarsi delle condizioni
normativamente poste, descritte in precedenza.
In proposito, la circolare n. 18/E del 2013 ha fornito
alcuni importanti chiarimenti.
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105
IL REGIME DI ESENZIONE
“In applicazione del comma 4-ter del citato articolo 3,
la costituzione del vincolo di destinazione in un trust
disposto a favore dei discendenti del settlor non è
soggetto all'imposta qualora abbia ad oggetto
aziende o rami di esse, quote sociali e azioni,
purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal
predetto articolo 3, comma 4-ter (cfr. circolare del 6
agosto 2007, n. 48/E).”
Dette condizioni si ritengono soddisfatte se:
- il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni a
decorrere dalla stipula dell’atto che comporta la
segregazione in trust della partecipazione di controllo
o dell'azienda;
-i
beneficiari
finali
siano
necessariamente
discendenti e/o coniuge del disponente;
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IL REGIME DI ESENZIONE
- il trust non sia discrezionale o revocabile, vale a
dire, ad esempio, che non possono essere modificati
dal disponente o dal trustee i beneficiari finali
dell'azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
- il trustee deve proseguire l'esercizio dell’attività
d’impresa o detenere il controllo per un periodo non
inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento
(individuabile nell’atto segregativo dell’azienda e/o
delle partecipazioni) e, a tal fine, deve rendere,
contestualmente
al
trasferimento,
apposita
dichiarazione circa la sua volontà di proseguire
l'attività di impresa (o detenere il controllo).”
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ALCUNI ESEMPI: RISOLUZIONE N. 110 DEL 2009
Con la costituzione di un trust, il disponente fa acquistare al
trustee la proprietà delle quote della società attualmente in
suo possesso, pari al 97% del capitale sociale.
Trascorso il periodo di dieci anni il trustee potrà decidere,
a sua scelta, di trasferire o meno ai beneficiari (coniuge e
due figli del disponente), sulla base delle percentuali
prestabilite, quote della società sopra indicata e/o immobili
ad essa intestati e/o titolarità di quote di società controllate
e/o collegate.
La durata del trust è di dieci anni ed è garantita la
detenzione del pacchetto di controllo da parte dei
beneficiari, per mezzo del trustee , per un periodo non
inferiore a cinque anni, così come richiesto dall'art. 3, co. 4bis, del D.Lgs. n. 346 del 1990.
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ALCUNI ESEMPI: RISOLUZIONE N. 110 DEL 2009
In via generale, l’Agenzia delle Entrate ha
evidenziato anche nel caso di trasferimento
dell'azienda in trust la costituzione del vincolo di
destinazione potrà godere dell'esenzione in esame
purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dal
predetto art. 3, co. 4-ter (in tal senso già la circolare
n. 4/E del 6 agosto 2007).
In tal caso, tuttavia, è necessario che la
costituzione del trust sia strumentale alla finalità
liberale del passaggio generazionale ai
discendenti o al coniuge del disponente.
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ALCUNI ESEMPI: RISOLUZIONE N. 110 DEL 2009
Ciò premesso, considerato che nel caso in esame:
• al termine della durata del trust il trustee ha il
potere di disporre discrezionalmente del
trasferimento delle partecipazioni di controllo;
• a favore dei beneficiari finali non è previsto un
diritto incondizionato al trasferimento delle
partecipazioni di controllo della società;
L’agenzia non ha ritenuto soddisfatte le condizioni
per applicare la disposizione di esenzione di cui all'art.
3, co. 4-ter, del TUS, venendo disattesa la ratio della
norma di esenzione di favorire: il passaggio
generazionale ai discendenti o al coniuge del
disponente.
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LE IMPOSTE INDIRETTE
Al di fuori delle ipotesi in cui trova applicazione
il descritto regime di esenzione, vanno verificate
le modalità con cui l’imposta di donazione e
successione deve essere applicata quando il
passaggio generazionale dell’impresa avviene
attraverso la costituzione di un trust.
Nel nostro sistema la tassazione dei vincoli di
destinazione, a prescindere da un trasferimento
di ricchezza, potrebbe lasciare spazio a dubbi in
merito alla sua coerenza con i criteri su cui si
fonda l’imposizione della capacità economica.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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LE IMPOSTE INDIRETTE
Focalizzando l’attenzione sul momento in cui
si manifesta una ricchezza è possibile ritenere
che una capacità economica si manifesta nei
vincoli di destinazione nel momento traslativo
finale (al beneficiario) e non certamente nel
momento della dotazione patrimoniale del trust
(vale a dire nel momento in cui il disponente
destina l’azienda o le partecipazioni al trust).
Per questo la ratio dell’imposta potrebbe essere
salvata tassando non l’atto ma l’effetto finale.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRUST
Con la circolare 48/E del 2007 l’Agenzia delle Entrate
ha evidenziato che il trust si sostanzia in un rapporto
giuridico complesso che ha un'unica causa
fiduciaria. Tutte le vicende del trust (istituzione,
dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione
dell'interesse del beneficiario, il raggiungimento dello
scopo) sono collegate dalla medesima causa.
Ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di
destinazione avvenga sin dall'origine a favore del
beneficiario finale (naturalmente nei trust con
beneficiario) e sia espressione dell'unico disegno volto
a consentire la realizzazione dell'attribuzione liberale.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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113
IL TRUST
Quali sono le modalità di individuazione
dell’aliquota e delle franchigie d’imposta applicabili
alle singole operazioni?
Nell’individuazione dell’aliquota dell’imposta
sulle donazioni e successioni, non si deve fare
riferimento al rapporto esistente fra settlor e
trustee, bensì a quello tra settlor e beneficiario
(questo nonostante l'imposta venga applicata al
momento della dotazione patrimoniale e non al
momento del trasferimento al beneficiario finale).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRUST
Secondo l’Amministrazione finanziaria (circolare 47/E del
2007) ai fini dell’applicazione sia delle aliquote ridotte sia
delle franchigie, il beneficiario deve poter essere
identificato, in relazione al grado di parentela con il
disponente, al momento della costituzione del vincolo:
ad esempio, per poter applicare l'aliquota del 4% prevista
tra parenti in linea retta, e' sufficiente sapere che il
beneficiario di un trust familiare sarà il primo nipote al
conseguimento della maggiore età.
Nel trust di scopo, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota
dell’8%, prevista per i vincoli di destinazione a favore di
“altri soggetti”.
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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IL TRUST
Come chiarito dalla circolare 48/E del 2007, la
devoluzione ai beneficiari finali dei beni vincolati
in trust non realizza, ai fini dell’imposta sulle
donazioni, un presupposto impositivo ulteriore:
I beni, infatti, hanno già scontato l’imposta sulla
costituzione del vincolo di destinazione al
momento della segregazione in trust e questa
tassazione ha come presupposto il trasferimento di
ricchezza ai beneficiari finali.
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19/01/2016
IL TRUST
I chiarimenti forniti dalla circolare n. 48/E del 2007, in
materia di imposte indirette appaiono in aperta
violazione del principio di capacità contributiva
(art. 35 della Cost.).
Una corretta ricostruzione del modello impositivo, non
può non tener conto del fatto che in molte ipotesi l'atto
di dotazione patrimoniale del trust è facilmente
riconducibile all'ipotesi di atto sottoposto a
condizione sospensiva, di cui all'art. 58, co.2, del
D.Lgs n. 346 del 1990 (“Per le donazioni sottoposte a
condizione si applicano le disposizioni relative
all'imposta di registro”).
Passaggio generazionale dell’azienda: patti di famiglia
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117
CASSAZIONE ORDINANZE NN. 3735 E 3737 DEL 2015
La Corte di Cassazione, con le ordinanze nn. 3735 e 3737
del 2015, è da ultimo intervenuta sulla questione, lungamente
dibattuta dagli interpreti, inerente le modalità di applicazione
dell’imposta sulle donazioni e successioni agli atti costitutivi di
vincoli di destinazione, a seguito delle modifiche normative
apportate dall’art.2, co.47, del D.L. n.262 del 2006.
La fattispecie sottoposta all’attenzione del Supremo Collegio
(ordinanza n. 3735) aveva ad oggetto la costituzione e la
dotazione patrimoniale di un trust di garanzia, al cui fondo
erano stati destinati alcuni beni immobili del disponente, al fine
di rafforzare la garanzia patrimoniale già prestata a istituti
bancari, nella qualità di fideiussore.
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CASSAZIONE ORDINANZE NN. 3735 E 3737 DEL 2015
L’atto costitutivo prevedeva che, al raggiungimento dello scopo, il
fondo eventualmente residuato sarebbe stato destinato al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia del disponente e che,
al termine del trust, detto fondo sarebbe stato devoluto ai
beneficiari finali, individuati nel disponente medesimo, se ancora
in vita, o ai suoi legittimi eredi.
In proposito, la Corte ha affermato che: “l’imposta sulla
costituzione di vincolo di destinazione è un’imposta nuova,
accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni
liberali, altrimenti gratuite e successorie; essa riceve disciplina
mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle
disposizioni del decreto legislativo 346/90 (omissis), ma
conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli
dell’imposta classica sulle successioni e donazioni.”.
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CASSAZIONE ORDINANZE NN. 3735 E 3737 DEL 2015
Inoltre, nell’imposta applicabile alla costituzione di vincoli
di destinazione, il presupposto impositivo sarebbe
correlato alla predisposizione del programma “di
funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli
obiettivi voluti; là dove l’oggetto consiste nel valore
dell’utilità della quale il disponente, stabilendo che sia
sottratta all’ordinario esercizio delle proprie facoltà
proprietarie, finisce con l’impoverirsi.”
In sostanza, la Cassazione ritiene che, in questa ipotesi
l’applicazione dell’’imposta non richieda il verificarsi
del trasferimento e del conseguente arricchimento
del beneficiario finale.
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CASSAZIONE ORDINANZE NN. 3735 E 3737 DEL 2015
Secondo la Corte l’applicazione dell’imposta al momento della
costituzione del vincolo, non deve suscitare dubbi di legittimità
costituzionale, giacché il contenuto patrimoniale referente di
capacità contributiva sarebbe ragguagliato all’utilità
economica della quale il disponente dispone e che è
destinata a pervenire al beneficiario finale.
Per questi motivi ritiene la Corte legittimamente applicabile
l’imposta di successione anche alla fattispecie sub iudice che
non ha prodotto alcun effetto traslativo (data l’identificazione
soggettiva del disponente e del beneficiario finale), nella
misura proporzionale dell’8% prevista per le fattispecie
residuali.
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