2011 10 MAGGIO 2011 NOTIZIARIO DS
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2011 10 MAGGIO 2011 NOTIZIARIO DS
Dirigenti Scolastici N. 25/ 2011 2011 – 10 Maggio 201 2011 E’ on line il sito web della FLC CGIL Lombardia, all’indirizzo www.flccgil.lombardia.it Nel sito un’ampia sezione dedicata ai DIRIGENTI SCOLASTICI, con una raccolta normativa, spazio FAQ, notizie ed informazioni utili per tutti i colleghi PER LA CONSULENZA MAIL , SCHEDE CONSULENZA, ALTRI SERVIZI (CEDOLINO, PENSIONI ECC..) I SOLI DIRIGENTI ISCRITTI ALLA FLC LOMBARDIA POSSONO RIVOLGERSI A [email protected] - tel 3357322206 RESPONSABILE REGIONALE DIRIGENTI SCOLASTICI LOMBARDIA ULTIMORA 01. Pubblicati i trasferimenti della scuola primaria IN PRIMO PIANO 02. Richiesta apertura tavolo contrattazione integrativa nazionale Area V dirigenti scolastici SPECIALE STATI GENERALI DELLA CONOSCENZA 03. Stati Generali della Conoscenza, il documento di base con l'elenco aggiornato dei promotori, programma 04. Per la ricerca di un denominatore comune - Gli Stati Generali della Conoscenza - Maria Brigida 05. La scuola che verrà - Un nuovo villaggio per scienza e conoscenza Franco Frabboni 06. Il ruolo della formazione - Saper scegliere - Alberto Alberti 07. Quali politiche scolastiche - Ritornano esclusione e nozionismo Paolo Cardoni NOTIZIE REGIONALI 08. FLC CGIL e CGIL. "Migranti e diritti di cittadinanza", convegno interregionale a Milano. NOTIZIE NAZIONALI 09. I precari della scuola clandestini in Europa di Pippo Frisone 10. Il Documento di Economia e Finanza conferma il blocco delle anzianità 11. Decreto sviluppo. Le misure sui settori della conoscenza 12. Elezioni amministrative e referendum 2011, le norme sui permessi IN ALLEGATO SUL SITO REGIONALE in sezione dirigenti scolastici INSIEME AL NOTIZIARIO : http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=2767 • Decreto Legge sullo sviluppo testo provvisorio del DL. • Scheda Flc Cgil Le Norme Sui Permessi Elettorali Per Le Elezioni Politiche E Amministrative E I Referendum ************** ULTIMORA 01. Pubblicati i trasferimenti della scuola primaria SUL SITO MIUR L’APPLICAZIONE http://www.istruzione.it/web/istruzione/movimenti/movimenti_ee IN PRIMO PIANO 01. Richiesta apertura tavolo contrattazione integrativa nazionale Area V dirigenti scolastici. On. Mariastella Gelmini Ministro dell’Istruzione, Università, Ricerca Dott. Vincenzo Nunziata Capo di Gabinetto Dott. Luciano Chiappetta Direttore generale per il personale scolastico Dott. Giacomo Molitierno Direttore Ufficio II MIUR, viale Trastevere 76/A - Roma Oggetto: Richiesta apertura tavolo contrattazione integrativa nazionale Area V. Le sottoscritte Organizzazioni Sindacali rappresentative dell’Area V chiedono l’apertura del tavolo per la contrattazione integrativa nazionale, come previsto dall’art. 2, comma 1, del CCNL firmato in data 15.7.2010, per disciplinare “i criteri per: a) la definizione ed il finanziamento dei programmi di formazione e di aggiornamento; b) la determinazione dei compensi per incarichi aggiuntivi obbligatori di cui all’art. 19,comma 1, CCNL 11.4.2006; c) la concessione dei congedi di cui all’art. 24, commi 4 e 5, CCNL 11.4.2006”. Confidando in un sollecito accoglimento della richiesta, è gradita l’occasione per porgere i più distinti saluti. Roma, 21 aprile 2011 ANP CIDA Giorgio Rembado CISL SCUOLA Francesco Scrima FLC CGIL Domenico Pantaleo SNALS CONFSAL Marco Paolo Nigi UIL SCUOLA Massimo Di Menna ************** SPECIALE STATI GENERALI DELLA CONOSCENZA 02. Stati Generali della Conoscenza, il documento di base con l'elenco aggiornato dei promotori, programma Ridare futuro, speranza e fiducia al Paese Gli Stati Generali della Conoscenza, che si terranno a Roma il 17 e 18 maggio, rappresentano la prima, importante tappa di un percorso a cui i promotori intendono dare continuità, aggregando anche altri soggetti che condividono la necessità di porre al centro delle scelte politiche del paese la conoscenza come fattore primario per la democrazia e la qualità dello sviluppo. Gli Stati Generali si apriranno con la presentazione del Documento elaborato dal Comitato Promotore, composto da tante e diverse soggettività che in questi mesi si sono incontrate e confrontate in modo aperto, individuando significativi punti di unione. I 4 seminari previsti costituiscono un momento importante per approfondire le prime questioni che abbiamo ritenuto prioritario affrontare attraverso modalità che valorizzino l'ascolto reciproco e l'esperienza dei protagonisti dei sistemi della conoscenza. Nel corso dei lavori interverranno tra gli altri la prof.ssa Marianella Sclavi, esperta di metodologie partecipative, e don Luigi Ciotti, presidente di Libera, e saranno trasmessi contributi video di alcuni dei primi Firmatari dell’Appello per gli Stati Generali della Conoscenza. Dal confronto, vorremmo emergessero delle prime soluzioni condivise, per avviare un cammino da continuare insieme, consapevoli del valore che oggi assume trovare spazi di confronto e proposte unitarie tra realtà diverse in una fase così difficile e delicata della vita del paese, in cui pare prevalere la ricerca dell’interesse individuale. Siamo convinti che sia ormai diffusa un’ampia consapevolezza della necessità di invertire la tendenza al declino civile ed economico. Le forze responsabili devono unirsi attorno a un progetto alternativo che metta al centro i saperi, la ricerca, l’innovazione per garantire un futuro ai giovani e al Paese. Il sito degli Stati Generali della Conoscenza. C’è oggi nel nostro Paese, in dimensioni decisamente maggiori rispetto agli altri paesi, una vera e propria emergenza educativa, sociale, culturale e occupazionale che riguarda i giovani e il loro futuro. Lavoro, sapere e diritti devono tornare al centro delle scelte strategiche per restituire fiducia e futuro al paese. Nei prossimi dieci anni l’Unione europea è impegnata a raggiungere alcuni obiettivi essenziali: triplicare gli investimenti nella ricerca, raggiungere il 40% dei laureati nella fascia di età 30-34 anni, dimezzare la dispersione scolastica e migliorare gli esiti di apprendimento, raddoppiare il numero degli adulti in formazione, raggiungere il 33% di bambini nei servizi educativi per l’infanzia. Fino ad oggi il nostro paese non ha superato il gap negli investimenti in conoscenza che lo divide dai paesi più sviluppati e non ha realizzato riforme utili a innalzare i livelli di inclusione e la qualità dei sistemi della conoscenza. Si è così prodotto un epocale disinvestimento, economico e politico, nei sistemi di istruzione, formazione e ricerca che acuisce la divisione dei cittadinisulla base delle disponibilità economiche, dell’appartenenza sociale, culturale, etnica e territoriale. In questo quadro i sistemi pubblici rischianodi assumere una funzione residuale: istruzione e formazione pubblica per coloro che non possono permettersi percorsi di qualità a pagamento e ricercatori costretti a trovare occupazione all’estero. Tutto ciò sta allontanando l’Italia da quei paesi che, con lungimiranza, considerano, invece, la conoscenza l’elemento su cui puntare per uscire dalla crisi. E’ necessario arrestare questa china, aumentando gli investimenti in istruzione, formazione e ricerca, adeguandoli velocemente agli standard europei. Il sapere è, infatti, volano decisivo per affermare un nuovo modello di sviluppo, alternativo alle logiche neo liberiste fino ad oggi egemoni. Siamo sottoposti a una sollecitazione cognitiva inedita: la straordinaria crescita delle conoscenze e la velocità del loro continuo cambiamento implicano una profonda rivisitazione dei sistemi della conoscenza e una profonda riconversione dei sistemi produttivi. Oggi, infatti, le prospettive di sviluppo si giocano sull’attivazione di un circolo virtuoso tra potenziamento della ricerca, innalzamento dei livelli di istruzione e formazione della popolazione, riposizionamento dei sistemi produttivi in direzione dell’innovazione, della qualità e della sostenibilità. Istruzione, formazione e ricerca assumono,quindi, un ruolo decisivo all’interno di un moderno concetto di cittadinanza e di programmazione economica e, in questa prospettiva, il lavoro cognitivo riacquista senso, dignità e valore. I valori fondamentali della Costituzione devono guidare le necessarie riforme dei sistemi della conoscenza: il sapere come diritto essenziale per l’esercizio della cittadinanza attiva, la scuola pubblica come fattore primario di inclusione e di mobilità sociale, la libertà di insegnamento e di ricerca, la laicità sono i punti di riferimento delle trasformazioni da realizzare. La conoscenza, in quanto bene comune, deve costituire la base del progetto di rinnovamento sociale e di ricostruzione democratica ed etica del nostro Paese. Occorre fare spazio alle nuove generazioni ed è necessaria la “ripubblicizzazione” dei sistemi della conoscenza. Ripubblicizzazione intesa come riappropriazione collettiva dei processi formativi e come nuova assunzione condivisa di responsabilità da parte dell’intera comunità e di tutti i soggetti che vivono la scuola, l’Università e gli enti di ricerca. Democrazia, partecipazione, rispetto della persona, delle differenze e comprensione dell’altro sono valori che vanno riaffermati e trasmessi alle future generazioni, per costruire “un mondo migliore di quello che abbiamo trovato”. Per questo occorre ridefinire finalità, ruolo e funzioni dei sistemi pubblici della conoscenza, attualizzandone la funzione sociale nell’ottica della costruzione di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla solidarietà e giustizia e sulla sostenibilità ambientale. Il ruolo delle istituzioni della conoscenza oggi si gioca sul terreno della cittadinanza, sulla capacità cioèdi formare persone in grado di governare la propria vita, educando ai valori condivisi, alla legalità ed alla consapevolezza dei propri diritti.E’ dunquecompito prioritario dei processi educativi,da un lato,formare mentalità critiche, capaci di risolvere problemi, abituando al dubbio, all’imprevisto, alla curiosità; dall’altro, educare ad un pensiero razionale e scientifico, individuando i saperi di cittadinanza indispensabili per vivere, lavorare, continuare a studiare. Ne deriva che è necessario: 1. sapere di più e meglio in ogni fase della vita; 2. ripensare al sapere che serve; 3. riorganizzare profondamente i percorsi di istruzione, formazione e ricerca ed i sistemi di valutazione ad essi collegati. L’apprendimento permanente, inteso come capacità ed effettiva possibilità di apprendere lungo tutto il corso della vita, deve costituire la strategia delle trasformazioni dei sistemi formativi del nostro paese. E’ indispensabile, pertanto, garantire l’effettiva possibilità di partecipare, in tutte le età ad attività formative (lifelong learning) rispondenti all’insieme delle esigenze di vita delle persone (lifewide learning). Occorre costruire un nuovo sistema di welfare universale in grado di assicurare sia il diritto allo studio e l'accesso ai saperi, rimuovendo le disuguaglianze economiche e sociali di partenza, sia la continuità del reddito come fondamento dell'autonomia sociale per il superamento della precarietà lavorativa ed esistenziale delle giovani generazioni. Occorre, perciò: 1. definire i livelli essenziali delle prestazioni, non riducibili a standard minimi di servizio; 2. garantire l'accesso ai saperi su tutto il territorio nazionale, all'interno e all'esterno dei luoghi formali della formazione; 3. individuare strumenti universali di welfare che promuovano opportunità, scelte, spazi di cittadinanza, autodeterminazione e libertà, superando gli attuali modelli di tipo prevalentemente familistico e risarcitorio. Il superamento di ogni forma di precarietà è presupposto per la reale garanzia della libertà di insegnamento e di ricerca ed è fattore decisivo per la qualità dei sistemi, unitamente all’autonomia sociale, alle retribuzioni adeguate e alla certezza dei diritti del lavoro. La conoscenza è strumento fondamentale per la crescita personale, il superamento delle disuguaglianze e la qualificazione del modello di sviluppo del paese. Ridare futuro, speranza e fiducia al paese (come indica l’ultimo Rapporto Censis) è la priorità. La conoscenza è lo strumento per farlo. Sulla base di questo Documento, i soggetti firmatari, a partire dalla complessità e dalla ricchezza delle proprie differenze, si impegnano ad aprire un dibattito pubblico verso gli Stati Generali della conoscenza. Si costituisce, pertanto, il Comitato promotore per gli Stati Generali della Conoscenza che, facendo forza sulla parte viva del paese e sui giovani scesi in piazza per difendere il loro futuro, rimane aperto ad adesioni e contributi alla discussione da parte di realtà associative, esperienze di movimento ed iniziative pubbliche, con l’obiettivo di definire e innovazione dei sistemi di istruzione, formazione e ricerca. proposte di rilancio ____________________ ADI (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), AGENQUADRI (Associazione di rappresentanza di quadri, professionisti ed alte professionalità), AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), ARCI, ARCI RAGAZZI, AUSER, CGD (Coordinamento Genitori Democratici), CGIL, CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti), CONPASS (Coordinamento nazionale dei professori associati), CIP (Comitato Insegnanti Precari), EDAFORUM (Forum permanente per l'educazione degli adulti), FLC CGIL, FNISM (Federazione nazionale degli Insegnanti), Fondazione Di Vittorio, LEGAMBIENTE, LEGAMBIENTE Scuola e Formazione, LEND (Lingua e Nuova Didattica), LIBERA, LINK Coordinamento Universitario, MCE (Movimento di Cooperazione Educativa), MIEAC (Movimento di impegno educativo di azione cattolica), MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica), PROTEO Fare Sapere, RETE DEGLI STUDENTI, RETE DELLA CONOSCENZA, RETE 29 APRILE, TAVOLA DELLA PACE, SPI CGIL (Sindacato Pensionati Italiani CGIL), UNIONE DEGLI STUDENTI, UDU (Unione Degli Universitari), Vol.un.t.a.s. (Volontari Under 18-Transumanze Attive e Solidali). PROMUOVONO gli Stati Generali della Conoscenza “Ridare futuro, speranza e fiducia al paese è la priorità. La conoscenza è lo strumento per farlo.” Programma 17 maggio 10,00 apertura dei lavori: presentazione Documento di base degli Stati Generali 10,30 intervento della prof.ssa Marianella Sclavi, esperta di arte di ascoltare e metodologie partecipative: “Conoscenza e società oggi” 11,00 introduzione ai lavori seminariali a cura del Comitato promotore 12,30 pausa pranzo 13,30 seminari di approfondimento: seminario seminario seminario seminario 1 2 3 4 “CONOSCENZA, COSTITUZIONE, DIRITTI, WELFARE” “CONOSCENZA: TEMPI, LUOGHI, RELAZIONI PER L’APPRENDIMENTO PERMANENTE” “CONOSCENZA: MODALITÀ, METODOLOGIE, PROCESSI” “CONOSCENZA, SVILUPPO, LAVORO” 19,00 chiusura lavori dei seminari 20,00-21,30 insieme per la conoscenza con: Loredana Martinez, attrice e docente di arte scenica al Conservatorio di Santa Cecilia Paolo Damiani, compositore, direttore d’orchestra, contrabbassista e violoncellista e i suoi allievi del Conservatorio di Santa Cecilia 18 maggio 09,30 intervento di don Luigi Ciotti “Conoscenza, cittadinanza, democrazia” 10,00 restituzione in plenaria dei lavori seminariali 11,30 verso un progetto condiviso sulla conoscenza per il Paese: confronto e discussione 13,00 dichiarazione di intenti 13,30 chiusura dei lavori Centro Congressi Frentani via dei Frentani, 4 ROMA, 17 e 18 MAGGIO 2011 per informazioni: [email protected] www.statigeneralidellaconoscenza.it Il seminario rientra tra le attività di formazione e aggiornamento del personale scolastico (D.M. 177/2000, Direttiva n°90/2003). Sarà rilasciato l'attestato di partecipazione. ************** 03. Per la ricerca di un denominatore comune - Gli Stati Generali della Conoscenza - Maria Brigida Articolo 33 n. 3-4/2011 Edizione del 30/04/2011 Editoriale Un cartello molto ampio di associazioni le più varie e diverse con l’obiettivo comune di fare della conoscenza il volano di un modello di sviluppo fondato sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla sensibilità ambientale Avviato da tempo il percorso di costruzione, gli Stati generali si realizzeranno a maggio, con una prima, importante tappa nazionale a Roma. Prima tappa, perché l’idea è quella di costruire un percorso/contenitore fatto di tanti tasselli, tenuti insieme da un cartello di promotori, che, ogni giorno che passa si arricchisce di nuovi adepti, diversi fra loro per il ruolo che svolgono, per le sensibilità culturali e politiche che ne caratterizzano l’azione, per le dimensioni degli aderenti e/o iscritti. È la prima volta che, in epoca recente, cattolici e laici, insegnanti, docenti, ricercatori e studenti, associazioni professionali e organizzazioni impegnate nel sociale e nella cultura riescono a trovare un comune denominatore, in base al quale si impegnano a realizzare un confronto aperto, per arrivare a condividere proposte sulla conoscenza, che, in quanto bene comune, deve costituire la base del progetto di rinnovamento sociale e di ricostruzione democratica ed etica del nostro Paese. Cosa tiene insieme queste diverse e complesse soggettività? Il convincimento che occorre segnare una decisa discontinuità nelle scelte poltiche che da anni governano il nostro paese, che hanno prodotto una vera e propria emergenza educativa, sociale, culturale e occupazionale che riguarda i giovani e il loro futuro. La conoscenza, nel nostro paese, deve uscire dal cono d’ombra nel quale è relegata ogni giorno di più dalle scellerate scelte di una classe politica miope, incapace di progettare il futuro, schiacciata da interessi personali ed elettorali del momento, cui sono sacrificati da tempo gli interessi generali del paese. Senza conoscenza non c’è libertà né futuro Senza la conoscenza, le società non sono libere o lo sono sempre meno e il tasso di iniquità sociale e insostenibiltà ambientale aumenta progressivamente. Ne sono conferma i recenti, importanti ma anche drammatici eventi nell’area mediterranea che vedono nei giovani scolarizzati di quei paesi i protagonisti principali di una primavera della democrazia e della libertà che, al di là degli esiti ancora incerti, dimostrano con una evidenza persino disarmante come la conoscenza costituisca lo spartiacque tra una società di sudditi e una società di cittadini, cioè di persone in grado di determinare le scelte dei singoli paesi verso modelli democratici e più equi. La conoscenza è oggi più che mai lo strumento fondamentale non solo per la crescita delle persone e dei sistemi democratici, ma anche per la qualità del modello di sviluppo economico e produttivo dei paesi. In tal senso società ed economia della conoscenza sono le facce della stessa medaglia, quella del progresso civile, culturale ed economico delle aree sviluppate del mondo. Il nostro è oggi un paese sempre più relegato verso le posizioni basse di qualsivoglia classifica/graduatoria internazionale che riguardi la crescita, che si rivela sempre più direttamente connessa al tasso di investimenti proprio nei settori della conoscenza, come dimostrano i dati rilevati anche in paesi che partivano da posizioni decisamente più svantaggiate dell’Italia. L’Italia rischia di precipitare sempre più in basso se non si inverte decisamente la tendenza a tagliare sui settori della conoscenza. Una pratica che viene da lontano ma che oggi registra un pericoloso inasprimento. La ricerca di proposte comuni L’ultimo Rapporto Censis considera prioritario restituire futuro, speranza e fiducia al Paese. I soggetti promotori degli Stati generali della conoscenza condividono questa necessità e ritengono che la conoscenza sia lo strumento per farlo. Con questo profondo convincimento, le tante anime che compongono il Comitato promotore degli Stati generali della conoscenza hanno trovato il coraggio di unirsi, anche se su molti punti le posizioni sono diverse, a volte lontane. Il coraggio sta nella capacità/intelligenza di riconoscere la parzialità dei propri punti di vista, di rinunciare a ruoli dominanti da parte di chi è più “forte” in termini quantitativi, di porsi quindi tutti sullo stesso piano, accettando la difficile sfida della condivisione, il metodo scelto che vincola tutti i promotori, vecchi e nuovi. Ricercare la condivisione non è facile, costa tempo e fatica; uno sforzo che si ripropone ogni volta che i promotori devono assumere decisioni. È stato così per il Documento che sta alla base degli Stati generali, definito in un confronto aperto, sviluppatosi in più incontri, che costituisce l’architrave di tutto ciò che d’ora in avanti si realizzerà a livello territoriale e nazionale con quella compagine, arricchita ogni giorno da nuove adesioni. E così sarà per le future decisioni sulla tipologia e il contenuto delle diverse iniziative. La prima iniziativa nazionale che si svolgerà a maggio costituirà un’importante verifica di questa capacità. Questo appuntamento nazionale non sarà un convegno, una sorta di passerella/babele in cui ognuno dimostrerà la propria esistenza in vita. Al contrario, la formula scelta è più vicina a quella di un Forum: il Comitato promotore aprirà i lavori e presenterà il Documento, quindi si svilupperanno sessioni in parallelo, di approfondimento delle questioni enunciate nel Documento. Le sessioni dovranno avere un respiro ampio, laico, aperto agli apporti di ciascuno: il fine non è costruire un pensiero unico, ma una proposta capace di fare sintesi di diverse sensibilità e punti di vista almeno sui nodi rilevanti che determinano il necessario cambiamento. Poiché le tematiche affrontate nel Documento, seppure non esaustive, mirano a determinare una svolta nelle scelte politiche di chi governa il paese, in questa prima tappa nazionale saranno affrontate questioni che attraversano tutti i settori della conoscenza, la cui declinazione sarà decisa nel percorso di avvicinamento alla scadenza nazionale, anche sulla base di iniziative territoriali, diversamente promosse dal cartello dei promotori. In sintesi, il cuore del confronto sarà costituito dalla ricerca delle modalità attraverso le quali realizzare la garanzia costituzionale del diritto dei giovani al futuro. È convinzione dei promotori che diritto allo studio e al lavoro passano da interventi riformatori sia su scuola, università e ricerca pubblica – delle quali vanno ridefinite finalità, ruolo e funzioni – sia sui sistemi produttivi, costruendo un nuovo modello di sviluppo fondato sulla solidarietà e giustizia e sulla sostenibilità ambientale. Diversi e decisi Un lavoro del genere non potrà esaurirsi nelle due giornate di maggio, richiederà di certo altri appuntamenti. Ma abbiamo già acquisito un risultato importante, un valore aggiunto non scontato, che è già di per sé prova di una decisa e forte discontinuità rispetto alle pratiche recenti dei diversi soggetti promotori: stare insieme con le nostre tante diversità e con la volontà dichiarata di proseguire, consapevoli delle difficoltà e forse delle insidie che potranno presentarsi in questo lungo ma sicuramente avvincente cammino. La lanterna è e sarà la Costituzione. ************** 04. La scuola che verrà - Un nuovo villaggio per scienza e conoscenza Franco Frabboni Articolo 33 n. 3-4/2011 Edizione del 30/04/2011 Idee per una riforma Sono bastati pochi anni per offuscare l’età dell’oro della scuola italiana degli anni Settanta. Un appello alle forze progressiste per una Costituente della scuola che apra nuovi orizzonti culturali, scientifici e valoriali per le future generazioni L’estate scorsa, alla Festa nazionale/scuola del Partito democratico a Bologna, molti interventi della gente comune hanno posto a ripetizione questo interrogativo: Qual è l’idea di Scuola del Pd? Sperando nell’attesissimo licenziamento di Berlusconi e dei suoi àscari (tra questi, l’incolta e glaciale Gelmini), ci sembra urgente predisporci a dare una prima risposta al grido di fede e di speranza del popolo progressista. Questa. Dalle macerie della Scuola (e dell’Università), quale nuovo villaggio della conoscenza e della scienza intende costruire l’arco progressista del Paese? Il minicontributo, con il quale ci associamo all’urlo di Munch risuonato a fine estate sotto le due/Torri, sfoglia tre foto-ricordo: sono bussole preziose per dare le ruote alla Scuola che verrà. Due report epocali La voce dell’Unione. La prima foto/ricordo dà memoria all’anno di esordio del Ventunesimo secolo: quando l’Unione europea ha redatto a Lisbona e a Bruxelles due profetici Report. Nella capitale portoghese, il Report La società della Conoscenza; nella capitale belga il Report L’istruzione e la formazione permanente nel Ventunesimo secolo. Le loro pagine, frutto del lavoro di Commissioni designate dai quindici Paesi comunitari, scrutano nella sfera di cristallo il futuro dell’istruzione e della cultura lungo i sentieri di un Secolo al debutto. Da chiromanti professioniste, invitano l’Europa a tenere gli occhi ben aperti su questo rischioso, ancorché epocale, cambio di scenario dell’emisfero boreale (a nord dell’equa- tore: i continenti del benessere). Un “cambio”, secondo l’Unione, che ha pericolosamente dato via-libera all’avvento di una globalizzazione guidata da una coppia di pescicani targati due/Emme. Un Mercato competitivo senz’anima e un Mediatico/Tv in mano a padroni del vapore che catramano la mente dei teledipendenti per raccogliere consensi decerebrati: proni a Regimi assoluti. Una globalizzazione che gioca ostinatamente le sue fiches sul tavolo di uno “sviluppismo” (retto da due motori: l’acciaio e il petrolio) sempre più al tramonto e che non investe su un “progresso” (economico, sociale e umano) con a baricentro la Conoscenza e la Formazione. Come dire, Lisbona e Bruxelles rovesciano il vecchio e logoro pa- radigma del profitto-per-il-profitto (il totem della new economy) e indicano al Pianeta la strada maestra che porta – in groppa alla Conoscenza e alla Formazione – al traguardo dello sviluppo/ progresso economico e sociale: sia nell’emisfero boreale (i Paesi del benessere), sia nell’emisfero australe (i Paesi della povertà). Questa, la profezia. Il sapere e la cultura sono sia un capitale economico perché l’affidabilità e la competitività del sistema produttivo di una Nazione dipendono sempre più da una Conoscenza e da una Formazione diffuse e durature, sia un capitale sociale perché la Conoscenza e la Formazione concorrono alla costruzione di una Persona equipaggiata di valori umani e di cittadinanza: la coscienza democratica, la partecipazione attiva, la coesione solidale. Dunque, il primato della Conoscenza e della Formazione. I due Report hanno il pregio di dare a queste una solenne identità pedagogica. Dal momento che il loro traguardo educativo pone al centro la capacità di abilitare - perché ricche di parole, scritture, corporeità, musica, ascolti - la funzione decostruttiva e ricostruttiva della mente. Secondo l’Unione, la ricetta vincente per curare i mali della Scuola chiama a una scelta coraggiosa. Questa. Se si vuole assicurare competitività ai sistemi produttivi e forza propulsiva ai mercati del vecchio Continente occorre – anzitutto – investire risorse sulla Scuola: per elevarla a Locomotiva dei trenini continentali dell’istruzione. Quanto più la crisi e la depressione economica travagliano una stagione storica, tanto più è necessario parlare – forte, a voce alta – di Formazione lungo le cinque stagioni della vita: infanzia, adolescenza, giovinezza, età adulta ed età senile. Questa, costituisce oggi un vero e proprio conto-in-banca per il sistema economico, per la democrazia e la cittadinanza, per la maturazione etica e civile di una Nazione. Mai è investimento improduttivo e cifra di spreco. Mai è spesa non necessaria. L’oro dell’Italia Flash back. - La seconda foto/ricordo dà memoria alla Primavera della Scuola italiana sbocciata nell’ultimo terzo del Ventesimo secolo. I Report continentali elogiano la sua stagione/virtuosa spillettando sul petto della nostra penisola una medaglia d’oro dove si legge questo plauso. A fine Novecento, l’Italia ha dato i natali a una Scuola di base a tempo pieno (materna, elementare e media) aperta a un rapporto di reciprocità formativa con il territorio a lei adiacente, sociale e naturale. Cioè a dire, ha inaugurato una sistema formativo integrato tra saperi della Scuola e saperi del territorio. A partire da questo alto apprezzamento, le Commissioni europee concludono all’unisono (a Lisbona e a Bruxelles) che l’Italia andava posta sullo scranno più alto dell’Europa per il fatto che la sua Scuola si presentava molto prossima all’“idea” di istruzione caldeggiata dall’Unione dei quindici. Come italiani, siamo fieri della collana di perle preziose che brilla sul petto del nostro sistema scolastico in ricordo della sua profumata Primavera. Infatti, a partire dagli anni Settanta la Scuola di base inaugura la sua età dell’oro. Una stagione che dà i natali sia a una Pedagogia popolare (cresciuta nelle contrade scolastiche della penisola), sia a una Pedagogia accademica (cresciuta nei laboratori di ricerca universitari). Queste, hanno lo straordinario merito di elaborare un’inedita teoria/prassi dell’educazione per l’infanzia e per l’adolescenza. Una via nazionale dell’istruzione, una strada formativa del bel Paese in cammino verso un mondo abitato da giovani generazioni dalla testa-ben-fatta e dal cuore-solidale. Una pedagogia endogena Dunque, la Pedagogia “casareccia” di fine Novecento scommette tutte le proprie fiches su un mondo infantile e adolescenziale storico, reale, in carne e ossa. Sono giovani generazioni che vogliono conoscere ma anche sognare, che chiedono di sorseggiare fino all’ultima goccia il calice della domenica (l’oggi della vita), ma anche assaporare le primizie del lunedì (il domani che verrà). Profondo è il nostro sentimento di orgoglio per la pianta dell’ulivo - solare e piena di futuro sotto la quale ha guardato il cielo la Scuola italiana di fine Novecento. Parliamo dell’Album a colori che illustra un modello scolastico di sicura tenuta democratica e culturale: il Tempo pieno. Nasce nella Scuola elementare. Poi si declinerà, a monte, nella Scuola dell’infanzia (è il modello a Nuovo indirizzo) e, a valle, nella Scuola media (è il modello a Tempo prolungato). Questo fecondo patrimonio formativo, accumulato nelle contrade della penisola, indosserà successivamente la veste di apripista di un sistema formativo “integrato” Scuola/ territorio: di complementarità tra la cultura di cui è banca la Scuola e la cultura di cui è fabbrica la città e il mondo della natura. La retrocessione La terza foto/ricordo dà memoria ai disastrosi primi due lustri del duemila, con l’eccezione della breve estate del Governo Prodi. Parliamo della stagione nella quale Silvio Berlusconi e i suoi inguardabili ministri hanno strappato l’anima alla Scuola della penisola abbattendo, alla radice, la sua pianta dell’ulivo. Siamo al muro del pianto: otto anni (cinque con il Ministro Moratti e tre - devastanti - con il Ministro Gelmini) che hanno cancellato l’identità democratica e inclusiva della Scuola, nonché l’ideale pedagogico della formazione di teste-ben-fatte e di cittadinanze per la sua composita utenza. In particolare, la riformicchia/Gelmini rovescia come un calzino la pedagogia dorata per gracchiare al vento parole-di-latta: Meritocrazia, Esclusione, Pensiero/coccodè e Competività. Attenzione, siamo alla retrocessione/Italia. La Scuola di casa nostra, dopo essere stata insignita nel duemila dell’Oscar europeo, ruzzola fragorosamente dal primo al tredicesimo posto! Il Palmares europeo viene assegnato alla Finlandia che darà ospitalità in terra scandinava a non poche primule e viole della Primavera italiana. Accesa una speranza Come una tribù indiana, noi progressisti nel porre l’orecchio al suolo stiamo avvertendo, chiaro e forte, il rullare di tamburi che annunciano imminente la fine del regime berlusconiano. Per quanto riguarda la Scuola e l’Università sentiamo vicina la cacciata nelle tenebre dell’incolta Mariastella Gelmini. Dunque, si è accesa la fiamma della speranza. Questo significa che il centro-sinistra sarà seduto a cassetta della diligenza/Scuola. Chiamato – dopo anni di embargo – a rimettere l’istruzione sulla rotta di navigazione che porta sull’isola di una Scuola-che-c’era: democratica, inclusiva, colta e solidale. Siamo nell’attesa fiduciosa che il nostro sistema di istruzione, al chiarore dell’alba del duemiladodici, possa esprimere – a voce alta sulla banchina dell’educazione – la volontà di lasciare per sempre il porto antidemocratico e illiberale della Controriforma/Gelmini. Come? Dando il mare a un veliero liberato dalle cianfrusaglie ideologiche che l’hanno costretto – nei due lustri da poco tramontati – a imbarcare acqua torbida e melma infetta. Un veliero/scuola a rischio naufragio per i tanti rottami ideologici ammassati sotto e sopra coperta. Per questo, la caravella/Italia dovrà essere un’imbarcazione leggera in grado di sbarcare – anche – sulle spiagge dell’isola dorata di nome Primavera: che c’era-una-volta e or non c’è più. Un replay di rinforzo. Questa speranza potrà indossare la veste della realtà se il Paese saprà prendere coscienza che la sua Scuola, fortunatamente, dispone ancora di un corpo “vitalissimo” per via dei suoi mille piedi-gambe-braccia: sono le tante periferie scolastiche dall’inesauribile propulsività e creatività sociale e culturale. Parliamo della Scuola reale dalle sette vite che danno slancio e futuro alla sua fedeltà democratica e alla sua ricchezza culturale. è su questa straordinaria identità/vitale – le contrade periferiche dell’istruzione – che dobbiamo scommettere tutte le nostre fiches educative. Di qui il nostro vigoroso appello al mondo della Formazione – progressista: fedele ai valori della carta Costituzionale – perché nei territori della Scuola militante si dia progressivamente vita – con gli studenti, con i docenti, con i genitori, con gli enti locali, con l’associazionismo, con il volontariato, con le chiese, con il mondo del lavoro – ad una Grande Alleanza nel nome di una Costituente della Scuola. Un patto strategico chiamato a illuminare nuovi orizzonti culturali-scientifici-valoriali per le future generazioni dei nostri territori mediterranei: solari e meridiani. A partire dal richiamo a scelte coraggiose, il Report lusitano e il Report belga propongono una terapia urgente. Destinare risorse copiose a tre anticorpi: la Scuola, l’Uni- versità e l’Arte. Sono scudi efficaci, solide trincee di difesa per respingere l’assalto delle due/Emme. L’Unione europea si dichiara disponibile a scelte coraggiose. Anche se già nel duemila occorreva fare i conti politiche di austerity, quattrordici Paesi dell’Unione (sia a governo conservatore, sia a governo progressista) hanno progressivamente trasferito cifre cospicue all’istruzione, alla ricerca e alla cultura. Solo un Paese si è messo contromano: l’Italia. Dis- senziente, perché imbavagliata non da un governo conservatore, ma da una dittatura populista. ************** 05. Il ruolo della formazione - Saper scegliere - Alberto Alberti Articolo 33 n. 3-4/2011 Edizione del 30/04/2011 Idee per una riforma Il ruolo della scuola non è competere con altre agenzie formative nella somministrazione di saperi, nozioni e informazioni, ma di sviluppare il senso critico e rendere capaci di selezionare Siamo nella “società della conoscenza”. Qualcuno ha inventato un termine nuovo per sottolinearlo: “noolitico”1#. Ma che vuol dire veramente “conoscenza”? Occorrerebbe l’autorevolezza culturale e pedagogica di Confucio e una nuova rettificazione dei nomi che dia senso attuale e autentico a quella parola (vedi riquadro in fondo ndr). Che tutta l’economia, lo sviluppo e la ricchezza del mondo si basino sulla conoscenza, è un’affermazione comune e condivisa, ma sostanzialmente ovvia e perfino banale. In ogni tempo e in ogni luogo, per produrre qualsiasi bene sono sempre serviti saperi e tecniche. Anche per mettere un certo seme in un certo terreno, o per dare la caccia a un mammut. La caratteristica dei nostri tempi è il fatto che questi saperi e queste tecniche si evolvono continuamente. Non durano, come un tempo, identici a se stessi di generazione in generazione. Cambiano nel giro di pochi anni o addirittura mesi, e non basta apprenderli una volta, magari in gioventù, a scuola, per poterli esercitare durante il corso della propria vita. Occorre inseguirli, giorno per giorno, nei loro sviluppi e trasformazioni. La Divina Commedia e la carta igienica Per definire il nostro tempo, sarebbe più giusto parlare di “velocità” dei cambiamenti in fatto di conoscenza, non di “conoscenza” tout court. Il che, fra l’altro, ci obbligherebbe a prendere coscienza dei fenomeni di rapida obsolescenza che ne derivano. Perché la conoscenza “attuale”, istantanea e transitoria, si rivela di necessità effimera, e diventa addirittura ignoranza rispetto al sapere accumulato negli anni. Analogamente, varrebbe la pena di considerare con più attenzione il fatto che, a prescindere dai processi produttivi, nella vita consueta di tutti i giorni, non c’è momento che non ci arrivi, da mille fonti e per mille canali, un’informazione, una notizia, un dato, una “conoscenza”. Con il semplice smanettare su un tasto di computer o di telefonino si può sapere di tutto. Perfino nella pubblicità della carta igienica troviamo citati versi della Divina Commedia. Che bisogno c’è di andare a scuola? Solo che le informazioni e le notizie – le “conoscenze” – che in tal maniera ci piombano addosso si presentano come un miscuglio ricco e composito, con curiosità e pettegolezzi, accostati o frammisti a pagine di autentico valore scientifico. Ogni cosa si appiattisce e si confonde con le altre, non c’è una gerarchia di importanza, una struttura che fondi il giudizio, né criteri di distinzione né possibilità di orientamento. Si sanno “cose” aggiunte a “cose”. Effimere e caduche, per la stessa velocità con cui si sostituiscono le une alle altre. Ma anche indistinte e intercambiabili. Del tutto prive di importanza. In verità, conoscenza non è “sapere delle cose”. Una enciclopedia porta, disseminate nei suoi lemmi, tutte le vicende della storia degli uomini. Ma a nessuno viene in mente di dire che, per questo, essa abbia conoscenza storica. Un computer porta incorporate dentro il suo hardware tutte le regole delle operazioni matematiche e logiche, e teoremi e algoritmi. Ma non si può dire che sia un matematico o un logico. “Conoscere” storia o matematica, non vuol dire semplicemente tenere a mente nozioni e regole. La conoscenza vera si ha solo quando si arriva a possedere una forma mentis appropriata, che consente di attribuire agli oggetti pensati uno specifico significato e valore, all’interno di una gerarchia d’importanza e di una organizzazione culturale complessa. Gli oggetti del conoscere in sé sono neutri. Possono significare tante cose e nessuna cosa. Il matrimonio fra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia (1469), per fare un esempio, per uno scrittore di romanzi rosa può essere una bella o brutta storia d’amore; per il prelato che lo celebrò era indubbiamente un sacramento; a uno stilista può suscitare interesse per i corredi esibiti, ricchi ed eleganti, le parure, e così via. Quando viene preso in considerazione da uno storico, diventa “fatto storico”. Vale a dire un evento che prescinde dai risvolti che può avere (o non avere) in materia di amore, religione o moda, poiché sancisce di lì a poco (1479) la nascita della Spagna come Stato unitario. L’intelligenza “storica” lo fa diventare un caso particolare (matrimonio tra due regnanti) di una più vasta categoria di fatti storici, quella che riguarda le varie possibilità di “formazione degli Stati”. Conoscenza è “andare oltre” gli oggetti del conoscere, oltre contenuti o aree tematiche, per costruire architetture significative e ordini di valore. Perciò la domanda che oggi dobbiamo farci non è: cosa aggiungere al curricolo scolastico, o quanti licei si possono fare in più o in meno di quelli indicati dalla Gelmini. E nemmeno quella del che fare perché l’apprendimento porti a un ulteriore apprendimento (“apprendere ad apprendere”). Il problema vero è come costruire (o recuperare o rafforzare) la capacità critica, di scelta e di giudizio, che ci consenta di mettere ordine nella massa di input a cui siamo esposti, e di valutare il peso specifico di ogni informazione, dato di ricerca, problema. Un nuovo vertice ottico In questa direzione, io credo, vanno i recenti tentativi di sintesi che popolano il mondo delle idee, volte a individuare un vertice ottico#2, in grado di dare senso unitario e armonia a fenomeni che, a un livello inferiore di osserva- zione, appaiono disuniti e frammentati3. Per noi possono essere più utili i contributi di Gardner e Morin, rispettivamente sui Cinque Must#4 e i Sette Saperi#5. Si può essere o no completamente d’accordo sui due elenchi, ma non si può ignorare il senso dell’architettura che li ispira e li sostiene. In entrambi i casi, infatti, si profilano due grandi aree, entrambe ben ordinate: quella del conoscere e quella che sta oltre l’atto del conoscere. Nella prima si situa, per uno, la mente che seleziona, sintetizza e crea; per l’altro, il controllo sugli errori della ragione, la contestualizzazione e l’integrazione delle conoscenze. Per la parte che va oltre l’atto del conoscere e che impegna, a un livello superiore, tutte le facoltà umane, le affinità sono più evidenti: etica, comprensione e rispetto verso gli altri. È l’esigenza di costruire mappe significative per incardinare la ricerca, la progettazione e ogni tipo di agire pedagogico, intorno a concetti-base e a valori forti, capaci di porsi come chiavi interpretative della realtà tecnologica, culturale e linguistica che ci circonda. “Conoscenza” allora non sarà più collegata al “sapere cose”. Sarà piuttosto un processo diretto a formare e coltivare una forma mentis in grado di riconoscere e privilegiare i nessi, le interdipendenze, le analogie e soprattutto le differenze tra i vari “oggetti” culturali con cui si entra, per qualsiasi ragione, in contatto. Una forma mentis in grado di padroneggiare una scala di importanza, gerarchicamente ordinata, indispensabile strumento mentale per apprezzare e ponderare il peso e il valore dei messaggi che la civiltà della conoscenza ci invia continuamente, in modo indifferenziato e caotico. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------Confucio e i principi del buon governo A Ching, Signore di Ch’i, che gli chiedeva quali fossero i principi del buon governo, Confucio rispose: «Il sovrano sia sovrano; il ministro, ministro; il padre, padre; il figlio, figlio. Perché se il sovrano non è sovrano, se il ministro non è ministro, se il padre non è padre, e il figlio non è figlio, sebbene il grano esista, mi sarà concesso di mangiarlo?»(*). Il messaggio è chiaro: i nomi spesso finiscono con l’essere in disarmonia con la realtà e perdono il loro significato autentico. “Rettificarli” non è una pura operazione linguistica, ma un atto di verità che recupera la pregnanza dell’armonia tra la parola e la cosa (**), e consente di attribuire nuovo valore ad antichi istituti. Così se fino ad allora l’ideogramma “junzi” poteva limitarsi a indicare il “nobile di nascita”, qualificato esclusivamente per un accidente naturale, quello dell’appartenenza a una specifica famiglia, ora, una volta rettificato, non può che riferirsi a un uomo superiore per virtù etica e morale acquisita più specificatamente con lo studio e l’istruzione, piuttosto che per nascita. In questo senso, un “nobile” è veramente “nobile”, un “ministro, veramente ministro” e così via. (*) Cfr. L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano, 1970, vol. I, p. 658. (**) La “rettificazione dei nomi” è riadattamento e ricreazione di senso, per un nuovo “governo” del discorso. In cinese ”rettificare” è espresso da un ideogramma omofono a un altro che significa, appunto, “governare”. Cfr. P. Santangelo, Storia del pensiero cinese, New Compton, Roma, 1995, p. 22. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------Note 1 «Per analogia con ciò che alcuni studiosi hanno chiamato la “rivoluzione neolitica” (una rivoluzione proseguita per parecchi millenni!), si potrebbe battezzare noolitico il periodo che si apre ai giorni nostri. Questo neologismo è formato a partire dalla radice greca nous, mente, e lithos, pietra, dove la “pietra del sapere” non è ovviamente più la selce della preistoria bensì il silicio dei semiconduttori e delle fibre ottiche». M. Authier – P. Levy, Gli alberi di conoscenze, Feltrinelli, Milano, 2000, p 91 2 La ricerca di un “vertice ottico” – abbastanza elevato da non cadere nella faziosità, ma non eccessivamente alto da divenire algidamente lontano dalla realtà – è la sfida che Marramao lancia al fine di riflettere ed, eventualmente, abbozzare delle soluzioni per i problemi – politici, sociali, economici, etico-filosofici – connessi alla “globalizzazione”. G. Marramao, Passaggio a occidente. Filosofia e globalizzazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2003 3 L’obiettivo di queste ricerche è in primo luogo quello di superare la dimensione gergale e propagandistica del discorso che si usa fare sulla globalizzazione. Cfr: D. D’Andrea, E. Pulcini, Filosofie della globalizzazione, Ets ed., Firenze, 2001; G. Marramao, Passaggio a occidente, cit. 4 Secondo Gardner, le caratteristiche dell’educazione futura sono: la mente selezionatrice, la mente sintetica, la mente creativa, il rispetto e l’etica. Per uno che fino all’altro ieri aveva impostato la sua ricerca sull’analisi delle diverse forme di intelligenza - mettendo ogni impegno nello studio della molteplicità, e procedendo per elencazione, enumerazione ed aggiunte (prima sette intelligenze: la logico/matematica, la linguistico/verbale, la kinestetica, la visivo/spaziale, la musicale, l’intrapersonale e l’interpersonale; poi una ottava, la naturalistica, e infine una nona, l’esistenziale), piuttosto che per organizzazione complessiva, - il salto di paradigma che ora compie parlando di Cinque Must, è notevole. 5 I Sette saperi, per Morin, sono: a) natura della conoscenza (contro gli errori della ragione); b) pertinenza nel conoscere (situare le informazioni); c) l’umano nella sua complessità (riaccorpamento delle scienze umane); d) l’identità terrestre (l’era planetaria dal XVI sec.); e) il futuro imprevedibile (la strategia deve prevalere sul programma); f) la comprensione (contro l’egocentrismo, coscienza della complessità umana); g) l’etica del genere umano (democrazia nella complessità; “cittadinanza terrestre”). Cfr.: E. Morin, La testa ben fatta, Raffaele Cortina ed., Milano 2000; E. Morin, I sette saperi, Raffaele Cortina ed., Milano 2001 ************** 06. Quali politiche scolastiche - Ritornano esclusione e nozionismo Paolo Cardoni Articolo 33 n. 3-4/2011 Edizione del 30/04/2011 Idee per una riforma La scuola come comunità educante, costruita faticosamente in 150 anni di storia, in poco più di un decennio è stata completamente stravolta. Il modello imperante è il Cepu, la scuola fai-da-te. Ritornano in auge meritocrazia, esclusione, nozionismo, competizione I 150 anni della proclamazione dell’unità d’Italia possono fornire un ulteriore stimolo utile a riprendere il filo della riflessione sulla scuola, per ripercorrere, in chiave storica, le tappe di questo secolo e mezzo di vicende che sono a un tempo socioculturali, politico-educative, pedagogiche e scolastiche in senso stretto: basterebbe pensare ai dati di partenza dell’analfabetismo, che sfiorava nel 1861 la media dell’80% su scala nazionale, con punte del 90% in talune regioni del nuovo Regno, e a quelli odierni, che ci parlano di un 2% di analfabetismo strumentale che ancora resiste, per misurare i risultati di un cammino lungo, difficile, contrastato eppure di straordinaria valenza storica, e recuperare così il senso e la direzione di marcia e mettersi in condizione di individuare le prossime tappe. L’occasione celebrativa è utile, dunque, sia per fare bilanci, sia per indicare prospettive. Motivi per tornare a riflettere sullo stato della nostra scuola ce ne sono – ahinoi! – in abbondanza, e tutte legate alla drammatica attualità della vita scolastica. Se il dato sull’analfabetismo è di grande rilievo storico – per le ricadute culturali importantissime che ha avuto in termini di elevamento culturale complessivo: lingua, lettura, informazione ecc. –, è pur vero che analisi appena più attente ci parlano solo di quanto resta da fare, a partire dal contrasto del cosiddetto “semianalfabetismo” (basso livello di scolarità) o dell’analfabetismo di ritorno (perdita di competenze alcuni anni dopo il conseguimento di un titolo di studio anche superiore): la nostra infatti è pur sempre la società del 30%, in cui cioè tutte le competenze più elevate sono concentrate in quella fascia mentre nel resto della società si manifestano crescenti difficoltà a capire una frase complessa, a usare le tecnologie, a fare un semplice calcolo, a usare una lingua diversa dall’italiano ecc. È di fronte al compito di sfondare quel 30% che va misurata l’efficacia del sistema scolastico di oggi e per i prossimi anni. E qui tornano a pesare debolezze antiche: dalle strutture, alle forme della didattica, alle dotazioni di materiale, alla formazione dei docenti, alla mancanza di investimenti e in definitiva di politiche chiare, in grado di individuare i compiti e le energie per fronteggiarle. Vuote politiche scolastiche Dunque, l’accelerazione della crisi sancita dai tagli dell’ultimo governo di centro destra non è tale da nascondere la dimensione storica di certi problemi; semmai ne costituisce l’inveramento e la proiezione verso i prossimi anni. E per questo servirebbe il massimo dello sforzo progettuale unitario di un’intera classe dirigente consapevole dei limiti che per anni hanno pesato sulle politiche scolastiche di tutti i governi. Ed è qui che si misura il vuoto politico: le velleità pressappochistiche della destra priva di una cultura della scuola, e le timidezze di una sinistra che non riesce a risollevare la bandiera della scuola che per anni ha agitato, anche se non sempre ha tradotto in fatti le idee che sosteneva. Certo, in quest’opera di smarrimento della rotta i governi di centrodestra e l’attuale in particolare, hanno sicuramente brillato, dando un contributo decisivo da un lato a far perdere di vista le carte che indicano la via (da Delors a Lisbona) e dall’altro a dare ai poveri marinai l’idea che il loro lavoro quotidiano sulla nave sia inutile. Si può ripartire, riprendere la dura fatica di chi ancora conserva, nella scuola e fuori di essa, la volontà di impegnarsi per invertire la tendenza più recente e riprendere un percorso positivo, di per sé già troppo frammentato e – quando si guardi con attenzione – poco soddisfacente anche sul piano storico? Prendiamo per buono il generoso invito di Franco Frabboni e la sua ipotesi speranzosa: “Dunque, si è accesa la fiamma della speranza. Questo significa che il centro-sinistra sarà seduto a cassetta della diligenza/scuola. Chiamato – dopo anni di embargo – a rimettere l’istruzione sulla rotta di navigazione che porta sull’isola di una Scuola-che-c’era: democratica, inclusiva, colta e solidale” … Il grande ottimismo frabboniano merita di essere raccolto e sostenuto: “È su questa straordinaria identità/vitale – le contrade periferiche dell’istruzione – che dobbiamo scommettere”. Confusione tra innovazione e conservazione Un ammutinamento contro la cricca del comandante incapace, che manda la nave alla deriva, come primo passo per ridefinire la rotta, forse è ancora possibile. Ma – fuor di metafora – perché il “vigoroso appello al mondo della formazione progressista, fedele ai valori della Carta costituzionale” non rischi di essere confuso con un velleitarismo senza fondamento reale, bisogna guardare bene in faccia la realtà di oggi. Perché l’impressione è che proprio quella “identità vitale delle contrade periferiche dell’istruzione”, quel “corpo vitalissimo delle tante periferie scolastiche”, quella “scuola reale dalle sette vite”, quella ciurma generosa pronta ad ammutinarsi rischia di non esserci più, di non essere più tale. E non già per il prevalere di un pessimismo anagrafico-esistenziale di “quelli di sinistra”, che volevano “tutto e subito” e non hanno avuto (quasi) niente mai, ma per motivi oggettivi. Quante energie sono infiacchite non solo dal decennio berlusconian-morattian-gelminiano, ma anche da precedenti oscillazioni e mancate realizzazioni: si pensi al regressivo concetto di valutazione introdotto dal progressista ministro Berlinguer (tornare al voto perché è più chiaro del “giudizio” sintetico, con buona pace di tanta ricerca-azione e di tanta docimologia), alla mancata chiarezza sul concetto di autonomia scolastica (della scuola, nella scuola, delle scuole ecc.), all’idea di introdurre figure o funzioni specifiche della docenza, alle quali magari legare anche un miglioramento salariale (confondendo rivalutazione della professionalità acquisita con esigenze specifiche del singolo istituto, valutate in modo “autonomo” da ciascuna scuola, cioè dai collegi, fino alla deriva attuale, che riconduce tutto alla creazione di un improbabile “staff” dirigenziale), alla mancanza di chiarezza sul tempo scuola (da aumentare o da diminuire? uguale per tutti? a richiesta degli “utenti”, solo per i poveri ecc.), alla deriva pseudomanageriale imboccata dalla dirigenza scolastica (unica funzione alla quale si riconobbe un sensibile aumento salariale, senza chiarire le condizioni in cui quella funzione si sarebbe potuta svolgere: rapporti con i docenti trasformati in dipendenti, con organi collegiali svuotati di identità e a loro volta di funzioni reali). Questioni spinose, su cui anche a sinistra c’è stata incertezza sulla strada da prendere, giudizi diversi sugli strumenti da utilizzare (il voto, la condotta, l’eccellenza, il recupero, la qualità, le competenze, la valutazione dei singoli o del sistema ecc.). Anche questo ha contribuito a ingenerare confusione tra innovazione e conservazione, a determinare un andamento schizofrenico del sistema, a tutto danno degli “operatori”. Due esempi. La scuola di Fioroni si presenta come scuola dell’accoglienza, in cui si spinge a organizzare corsi di recupero per contrastare l’evidente stato di debolezza della didattica: in altri termini, “dare più tempo” a chi ha più difficoltà (magari senza ben capire di che difficoltà si tratti, e di che tipo di tempo si stia parlando): si indica la strada del soccorso, dell’aiuto, del contrasto dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico. Tempo un anno e si cambia pilota e rotta: non più il recupero o l’accoglienza, ma l’esclusione: fuori i bulli (e chi sono?), fuori gli indisciplinati (voto in condotta), fuori gli insufficienti, fuori i troppo assenti e, più in generale, meno tempo scuola per tutti. In altri termini, si indica la direzione opposta. Secondo esempio. Le famigerate prove Invalsi: a che cosa devono servire? A dare pagelle ai dirigenti, ai docenti, agli alunni, alle scuole e quindi premiare le eccellenze, oppure a conoscere per valutare le forme dell’intervento a sostegno di dirigenti, docenti, alunni? Le realtà più deboli – ammesso che sia univoco il significato di questa espressione – devono sentirsi rassicurate perché saranno aiutate ad affrontare i problemi rilevati, oppure devono temere la scure che interverrà a tagliare i “rami secchi” e le realtà “improduttive”? Per non parlare della questione più spinosa di tutte, su cui possono essere declinate quelle su ricordate, vale dire il problema di un deciso investimento di risorse sulla scuola, la cui storica mancanza diventa plateale quando si pensi allo stato dell’edilizia scolastica, o all’arredo delle scuole e poi via via alle dotazioni di materiale didattico propriamente inteso, sia quello tradizionale, sia quello legato alle nuove tecnologie (tanto osannate e sbandierate, quanto neglette nei fatti – altro che libri on line), alle biblioteche, fino alla disponibilità di carta per fotocopie o di carta per altri meno didattici usi. L’idea che la scuola sia inutile Cose che vengono da lontano, dunque, sulle quali sarebbe il caso di riflettere in modo specifico, proprio perché il generoso appello possa fondarsi su idee e dati che lo rendano credibile. Perché l’impressione è che nelle coscienze di chi opera nelle “periferie scolastiche” si stia smontando definitivamente, giorno dopo giorno, anche a causa di questi messaggi contraddittori, un’idea di scuola, fondata su una paideia progressiva ben rappresentata dalle quattro opzioni fondamentali di scuola democratica, scuola inclusiva, scuola formativa e scuola come comunità educante. Al cui posto, da almeno un decennio e forse più, si va affermando un’idea regressiva, rilanciata da fallimenti e incertezze precedenti, basata su parole d’ordine falsamente moderne come meritocrazia, esclusione, nozionismo e competizione. Parole che disegnano, al contrario, una paideia conservatrice che forse in altri contesti potrà dare frutti, ma che da noi si è lentamente tradotto nell’orribile modello Cepu, ovvero nel modello della scuola fai-da-te, in cui il merito tanto evocato non esiste, l’esclusione è la via più facile per non affrontare i problemi, il nozionismo è quello di sempre e la competizione è solo la versione più banale del potere dei soldi. Un modello che sta entrando nelle coscienze, veicolando l’idea più generale che la scuola in quanto tale, come luogo dello studio sistematizzato, non sia un vantaggio per la società, non sia utile e non sia affatto necessaria. L’idea di scuola come comunità educante, costruita in 150 anni di storia, di dibattiti e di ricerca pedagogica e di maturazione culturale complessiva, per quanto mai definitiva e mai data una volta per tutte, in poco più di un decennio è stata soffocata da una visione piattamente burocratica di ogni innovazione e rischia ora di rotolare definitivamente sotto i colpi di un’antipedagogia confusa e miope, di un principio descolarizzatore senza ideologie, che si fa largo tra confuse spinte federaliste e inquietanti prospettive globali. Quando si tenterà un bilancio di quest’ultimo decennio, che cosa resterà del “dibattito” sulla politica della scuola al tempo della destra? Il grembiulino, il maestro unico, i fannulloni, il liceo come modello unico (altro che storica riforma della secondaria), il “pedagogicissimo” voto di condotta, l’inutile attestato di competenze che non si sa come costruire e la parascientifica e minacciosa opera dell’Invalsi. Quale altezza di elaborazione! Verso una scuola senza insegnanti? Ma c’è qualcosa di più da osservare. In questa situazione, manco a dirlo, è stato facile sminuire e svalutare anche il ruolo e lo status del docente, che in una paideia progressiva non può che essere rafforzato e posto al centro dell’attenzione (si pensi alla formazione iniziale dei docenti); e che, al contrario, in una visione burocratico-regressiva non può che essere sminuito, ridotto a mero esecutore privo di qualsiasi connotazione professionale (si pensi alla fine di ogni politica della formazione dei medesimi). Si è prodotto il paradosso di una amministrazione cieca e senza guida, che non conosce i propri amministrati, ridotti alla stregua di impiegati senza volto e senza qualità, ai quali però chiede di produrre “qualità”, brandendo strumenti di valutazione come se fossero minacciose armi offensive. Questo è il portato del pericoloso condominio tra “istruzione” e “pubblica amministrazione”, dell’improbabile collaborazione tra Gelmini e Brunetta. Sarà un caso se nei collegi non si parla più di didattica e pedagogia ma al massimo di progetti circoscritti ed effimeri? Bisogna avere il coraggio di ridare a questi “operatori” un nome e un cognome precisi: insegnanti, docenti, professori, maestri, con un proprio profilo professionale specifico, con una formazione specialistica – iniziale e in itinere – con una valutazione legata alle competenze specifiche sulla didattica e con una responsabilità elevata nella costruzione di un futuro per i singoli e per la società. E in questo il contributo delle organizzazioni sindacali e professionali degli insegnanti è senz’altro decisivo. A meno che si sia già dato per scontato che la scuola del futuro debba essere una scuola senza docenti, in cui gli apprendimenti siano veicolati da altri mediatori, o da “operatori” senza progetti educativi generali, e magari in situazioni in cui possa venir meno il gruppo dei pari (la clas-se tradizionale, con tutte le possibili articolazioni: gruppi di lavoro ecc.). Chiunque abbia esperienze dirette di insegnamento e apprendimento sa che non è così che funziona. Confondere tutto dietro l’etichetta dell’“operatore” può essere comodo, ma non può evitare pericolose confusioni di ruoli, nocive innanzitutto per i ragazzi (si veda il graffiante Professori e altri professori, di Marco Lodoli, Einaudi). E allora bisogna dirsi la verità, soprattutto se si pensa di tornare “a cassetta”: in quanti dei punti indicati è possibile individuare una differenza netta tra destra e sinistra? La ciurma ha bisogno di sapere cosa è disposto a fare il futuro pilota per questa “nave senza nocchiero in gran tempesta”. Per ripartire bisogna allora riporsi la domanda fondamentale (“a cosa serve la scuola?”) e via via quelle connesse: a che servono i docenti, a che serve la pedagogia, o le scienze dell’educazione, a che serve la cultura ecc. Solo così si potrà ricostruire il modello che è stato smantellato da Moratti e Gelmini, ridefinire la richiesta che la società rivolge alla scuola, la “mission” politica attuale e futura di questa istituzione; ridefinire e rilanciare il ruolo degli “operatori della scuola”, che con la “mission” istituzionale è tutt’uno. Costruire o ricostruire (motivazioni, innanzitutto, per docenti studenti e famiglie) saranno parole chiave di un auspicabile futuro governo. L’impressione, però, è che stavolta non ci sarà bisogno di cacciaviti, ma di cazzuole e matton. ************** NOTIZIE REGIONALI 07. FLC CGIL e CGIL. "Migranti e diritti di cittadinanza", convegno interregionale a Milano. L'evento che si terrà il 12 e 13 maggio 2011 segna l'inizio di un nuovo percorso sui temi dell'immigrazione. Il convegno interregionale che si terrà a Milano il 12 e 13 maggio è organizzato dalla CGIL, dalla FLC CGIL e dall'Associazione professionale Proteo Fare Sapere. L'appuntamento segue i convegni a carattere nazionale che hanno trattato i temi dell'immigrazione: • • • • • • Alunni immigrati, quale scuola? (Reggio Emilia) Immigrati, scuola e diritti di cittadinanza (Collegno - Torino) Per una scuola interculturale (Catania) Stesso sangue, stessi diritti. Una scuola di tutti, per tutti (Roma) Per un curriculum interculturale, se non ora quando? (Bologna) C'è ancora la dispersione scolastica? (Lerici) Il convegno è l'inizio di un nuovo percorso che - attraverso convegni interregionali - si pone queste finalità far conoscere e discutere il lavoro svolto dalla CGIL sul tema dell'immigrazione promuovere un rigoroso confronto non limitato ai soli docenti, ma capace di coinvolgere tutte le altre categorie di lavoratori, gli esperti, gli operatori sociali, le associazioni di volontariato e i rappresentanti delle comunità di migranti presenti nel territorio proporre delle soluzioni alle questioni più rilevanti relative ai diritti di cittadinanza dei migranti. Il convegno si terrà presso la Sala "Giuseppe Di Vittorio" della Camera del Lavoro Metropolitana, Corso di Porta Vittoria, 43. L'iniziativa essendo organizzata da soggetto qualificato per l'aggiornamento (DM 08.06.2005) è automaticamente autorizzata ai sensi degli artt. 64 e 67 CCNL 2006/2009 del Comparto Scuola), con esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi e come formazione e aggiornamento dei Dirigenti Scolastici ai sensi dell'art. 21 CCNL 11/4/2006 Area V e dispone dell'autorizzazione alla partecipazione in orario di servizio. IN ALLEGATO SUL SITO REGIONALE in sezione dirigenti scolastici INSIEME AL NOTIZIARIO : http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=2767 • programma dettagliato seminario migranti e scheda di partecipazione. NOTIZIE NAZIONALI 08. I precari della scuola clandestini in Europa di Pippo Frisone Il peggio che i precari della scuola potevano aspettarsi è arrivato. Il decreto-legge sullo sviluppo con sei commi all’art.9 , manda in soffitta le speranze e le aspettative di oltre 50mila precari! Si, perché tanti erano stati i precari a spedire entro il 23 gennaio una raccomandata con l’impugnativa degli ultimi tre contratti, ritenuti illegittimi, in violazione della direttiva europea n.1999/70 nonché del dlgs. n.368/01. Sul tavolo del giudice del lavoro stava per abbattersi una valanga di richieste di trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, di ricostruzione della carriera, di risarcimenti! Un contenzioso che avrebbe comportato un onere a carico del bilancio del Miur ritenuto insostenibile e stimato ben oltre i 2 miliardi di euro. E’ stato questo il motivo principale , unitamente all’orientamento maggioritario della magistratura che ha spinto il governo a sterilizzare la direttiva europea e la stessa legge nazionale, ricorrendo alla già sperimentata formula della norma d’interpretazione autentica. Infatti, fu sempre il Governo Berlusconi qualche anno fa che interpretò anche allora, ironia della sorte, la norma contenuta nella stessa Legge n.124/99, voluta dal centro-sinistra, per regolamentare il passaggio di circa 80mila ATA dagli EE.LL. allo Stato. Anche allora in ballo c’era il riconoscimento delle anzianità nella carriera degli Ata. Anche allora era troppo oneroso riconoscerlo e così s’interpretò il passaggio a costo zero, vale a dire col maturato economico acquisito negli enti locali.! Adesso con sei commi il governo caccia fuori dall’Europa i precari della scuola che così diventano clandestini in casa loro! Al comma 19 si sostiene che i contratti a tempo determinato non possono mai trasformarsi a tempo indeterminato né si matura l’anzianità utile ai fini retributivi prima dell’immissione in ruolo che potrà attuarsi esclusivamente sui posti disponibili e vacanti Al comma 20, per eliminare ogni incertezza, tra le esclusioni e discipline specifiche previste dall’art.10 del dlgs..368 vengono aggiunte le supplenze dei docenti e Ata. E per essere ancora più chiari, giammai si applica alle supplenze nella scuola, l’art.5,comma 4-bis del dlgs.368/01, vale a dire la trasformazione a tempo indeterminato dopo 36mesi continuativi di contratti a tempo determinato. Al comma 21 si sposta definitivamente la data di chiusura delle operazioni di nomina dal 31 luglio al 31 agosto. Al comma 22 le graduatorie ad esaurimento avranno cadenza triennale con possibilità di trasferirsi in un’unica provincia. Al comma 23 i neo assunti in ruolo , a partire dal 2011/12, dovranno restare nella provincia di assunzione per 5 anni consecutivi con interdizione di trasferimento,assegnazione provvisoria e utilizzo. Al comma 24, è previsto un Piano triennale(2011/13) di assunzioni a T.I. per docenti e Ata sulla base dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle cessazioni e degli effetti della riforma (leggasi esuberi). Il Piano sarà annualmente verificato, eventualmente rimodulato , fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni (vale a dire, decide Tremonti). Queste norme tagliano d’un sol colpo più della metà degli attuali precari sia da ogni ipotesi di assunzione in ruolo, sia da ogni sviluppo di carriera. Sono i precari nominati fino al termine dell’attività didattica (30.6) su posti disponibili solo in adeguamento d’organico, spezzoni orario, part-time , su posti di sostegno in deroga ecc… Si parla di 65mila assunzioni a T.I. ma nel decreto-legge non si fanno cifre, si parla genericamente sui posti annualmente disponibili e vacanti. I 65mila posti sono comprensivi dei 36mila posti Ata. I posti docenti vacanti e disponibili nel 2011/ 12 sono 29mila e tra questi vanno compresi i posti di sostegno. Se il piano triennale si tradurrà, speriamo di no, nella spalmatura dei 65mila posti, saranno 21.666 posti all’anno tra docenti, sostegno e Ata. Vale a dire una beffa non solo per i precari ma anche una presa in giro dell’Europa. Se come ci auguriamo, ai 65mila del 2011/12 si aggiungeranno i 27mila pensionamenti previsti in ogni anno, allora saremmo ben oltre ogni rosea previsione, compresa quella lanciata dalla CGIL con l’operazione 100mila assunzioni. L’unica certezza oggi è che i precari della scuola vanno in clandestinità in Europa e in Italia. Non godono cioè delle stesse tutele e degli stessi diritti dei precari degli altri settori. Basteranno la pianificazione degli organici,la sessione negoziale prevista con le OO.SS. a dare certezza e a fugare ogni dubbio sull’invarianza della spesa nella stabilizzazione dei precari su tutti i posti vacanti e disponibili? Pur nutrendo fondati dubbi, noi speriamo di si, non foss’altro per fare uscire dalla clandestinità i precari della scuola, restituendo loro diritti e dignità , per anni negati in nome di un rigore divenuto con la scuola pubblica sempre più ingeneroso e ingiusto ************** 09. Il Documento di Economia e Finanza conferma il blocco delle anzianità Smentito ancora una volta il Ministro Gelmini. Una ragione in più per scioperare il 6 maggio. Il DEF 2011 (Documento di Economia e Finanza) conferma il blocco degli scatti per il personale della scuola. A pag. 49 si legge: “La previsione delle spese per l’istruzione tiene conto del blocco del meccanismo delle progressioni stipendiali per il periodo 2011/2013”. Molti colleghi che maturavano lo scatto a gennaio 2011 sono rimasti fermi e hanno visto a chiare lettere sul cedolino che lo scatto slitterà - forse - fra due anni, sicuramente senza interessi legali e rivalutazione monetaria. Sempre che le economie realizzate per effetto dei tagli vengano finalizzate a questo. Noi non ci fidiamo. Il Ministro Gelmini aveva assicurato che gli scatti di anzianità per il personale della scuola sarebbero stati ripristinati grazie ai tagli. Ancora una volta ha detto una bugia. Questo taglio è ingiusto ed è un furto sullo stipendio presente e su quelli futuri, comprese liquidazioni e pensioni. ************** 10. Decreto sviluppo. Le misure sui settori della conoscenza Assunzioni in tre anni nella scuola, tempi più lunghi per l’aggiornamento delle graduatorie, mano pesante sui precari della scuola. Nelle università più fondazioni con dovizia di finanziamenti pubblici e meno fondi ordinari. Il Decreto Legge sullo sviluppo interviene pesantemente sui settori della conoscenza. Al momento in cui scriviamo è disponibile soltanto un testo provvisorio del DL. Per questa ragione pubblichiamo un primo commento riservandoci una analisi più dettagliata quando sarà disponibile il testo definitivo Scuola (Art. 9) Carriera personale precario. Introdotta una norma di interpretazione autentica della legge 124/99 per negare al personale della scuola il diritto alla ricostruzione di carriera prima del passaggio in ruolo. Rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. Modificato il Decreto Legislativo 368/2001 che applica in Italia la direttiva comunitaria sui tempi determinati. La modifica introdotta non consente al personale precario della scuola di ottenere la conversione del rapporto di lavoro dopo 36 mesi di servizio. Il rapporto di lavoro, secondo questa norma, passerà da tempo determinato a indeterminato solo per il personale che rientra nel contingente annuale sulle immissioni in ruolo. Spostamento in avanti del termine delle operazioni di inizio d’anno. Le operazioni di inizio d’anno si concludono entro il 31 agosto di ogni anno anziché entro il 31 luglio. Aggiornamento triennale delle graduatorie ad esaurimento dei docenti.I docenti potranno aggiornare il loro punteggio ogni tre anni. È possibile chiedere il cambio di provincia (solo una), sulla base del punteggio maturato. Blocco mobilità territoriale neo immessi in ruolo. I docenti immessi in ruolo a partire dal 1 settembre 2011 non potranno spostarsi di provincia per i primi cinque anni. Non è consentita neanche l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in provincia diversa. Piano triennale di assunzioni docenti e Ata. Miur e Mef decideranno annualmente, senza costi aggiuntivi per i conti pubblici, un piano di assunzioni nel triennio 2011-2013 combinando i posti liberi in organico di diritto e il turn over. Il giudizio della FLC L’aspetto più grave del decreto riguarda i precari e la loro possibilità di avere riconosciuto il diritto alla carriera e la conversione del rapporto di lavoro dopo che sono stati utilizzati per 36 mesi su posto vacante. Questa modifica è scandalosa perché contravviene una norma comunitaria già introdotta nel nostro ordinamento, ma resa inapplicabile solo ai precari della scuola. Ancora una volta gli interventi del governo sono iniqui e creano disparità di trattamento tra i lavoratori e di conseguenza nuovo contenzioso. Tutto l’intervento sulle graduatorie, lungi dal dare stabilità al sistema di istruzione, è un ulteriore irrigidimento nel reclutamento del personale. Inaudita la pretesa di bloccare le persone per cinque anni nello stesso posto. Infine l’annunciato piano delle immissioni in ruolo, unica misura positiva, è tuttavia pieno di limiti e non sarà sufficiente a colmare i vuoti d’organico. Nel teso del decreto non compare neanche un dato previsionale sulle immissioni in ruolo. Per la FLC invece, lo abbiamo dimostrato conti alla mano, ci sono già ora le condizioni per stabilizzare da subito centomila precari combinando posti liberi in organico di diritto, di fatto, spezzoni e turn over. Università e Ricerca (artt. 1 e 9) Credito di imposta per la ricerca scientifica. Viene istituito, in via sperimentale (per gli anni 2011 e 2012), un credito di imposta a favore delle imprese chefinanziano progetti di ricerca in Università o enti di ricerca; Contratti di programma per la ricerca. È prevista la possibilità per il MIUR di stipulare contratti di programma per la ricerca con soggetti pubblici e privati. La recente esperienza degli accordi di programma stipulati dal MIUR con Università ed Enti Locali hanno messo in luce mancanza di trasparenza e totale carenza nella valutazione del raggiungimento degli obiettivi prefissati dagli accordi stessi. Fondazione. Istituita una fondazione per il merito. Serve a realizzare gli obiettivi di cui all’art. 4 della Legge 240/2010 (riforma università). Il giudizio della FLC Anche in passato ci sono stati interventi legislativi che hanno consentito alle imprese che investivano in progetti di ricerca ed innovazione di usufruire di crediti d’imposta. È una misura di per sé condivisibile, ma, calata in un contesto di tagli indiscriminati, rappresenta una goccia nel mare e non inverte la tendenza in atto. Il decreto recepisce in pieno l’impianto della legge 240/2010 e la filosofia che sovrintende a tutta la politica governativa sul diritto allo studio. Istituire una ennesima Fondazione, a vigilanza stretta da parte del Ministero dell’Economia, non è certo la scelta più utile per dare sostegno al sistema universitario, riconoscere il merito e rafforzare il diritto allo studio. Gravissima la misura che stanzia soldi pubblici, 10 milioni di euro solo per il 2011, per la fondazione. A partire dal 2012 la fondazione beneficerà, per il suo funzionamento, di un milione di euro l’anno. Tutto questo mentre si continua a tagliare l’offerta formativa e il fondo ordinario alle università. Due pesi e due misure. IN ALLEGATO SUL SITO REGIONALE in sezione dirigenti scolastici INSIEME AL NOTIZIARIO : http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=2767 • Decreto Legge sullo sviluppo testo provvisorio del DL. ************** 11. Elezioni amministrative e referendum 2011, le norme sui permessi La scheda della FLC CGIL sulle principali normative che interessano i lavoratori. Il 15 e 16 maggio 2011 si vota per il rinnovo di numerose amministrazioni locali, mentre il 12 e 13 giugno i cittadini sono chiamati ad esprimersi su quattro quesiti referendari. In allegato una scheda di approfondimento con le normative sui permessi elettorali, sia per esercitare il diritto di voto sia per i lavoratori impegnati nelle operazioni elettorali e referendarie nei seggi. IN ALLEGATO SUL SITO REGIONALE in sezione dirigenti scolastici INSIEME AL NOTIZIARIO : http://www.flccgil.lombardia.it/cms/view.php?&dir_pk=123&cms_pk=2767 • Scheda Flc Cgil Le Norme Sui Permessi Elettorali Per Le Elezioni Politiche E Amministrative E I Referendum **************