Il passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive

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Il passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive
Università degli studi di Trento
Facoltà di Economia
Corso di Laurea specialistica
in Economia e gestione dell’ambiente e del turismo
Il passaggio generazionale
nelle imprese turistico-ricettive
trentine
Laureanda Claudia Bottamedi
Relatore Prof. Umberto Martini
Anno accademico 2006/2007
2
Indice.
Introduzione........................................................................5
1. Il turismo e le imprese turistico-ricettive trentine. .....9
1.1 Gli alberghi. .............................................................................................................................10
1.2 La ricettività extralberghiera....................................................................................................14
2. Le imprese di proprietà ed a conduzione familiare. .17
2.1 La struttura dell’impresa familiare...........................................................................................19
2.2 Una classificazione delle imprese familiari: le imprese familiari domestiche.........................25
2.3 L’impresa familiare domestica e l’influenza della famiglia. ...................................................28
2.4 Il ruolo dell’imprenditore nelle imprese familiari domestiche. ...............................................34
2.5 Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger. .................................................37
3. Il passaggio generazionale nelle imprese familiari....41
3.1 Elementi che ostacolano la buona riuscita del passaggio generazionale. ................................45
3.2 Gli attori del processo di successione imprenditoriale.............................................................49
3.3 Le differenti tipologie di processo successorio........................................................................53
3.4 Condizioni generali che facilitano il processo di ricambio generazionale...............................61
4. La successione imprenditoriale in Italia ed in Europa.
............................................................................................69
4.1 Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea.....................................................................71
4.2 Selezione di buone pratiche europee........................................................................................77
4.3 Lo Stato Italiano ed i provvedimenti presi relativamente al passaggio generazionale nelle
piccole e medie imprese.................................................................................................................83
4.4 Selezione di buone pratiche italiane.........................................................................................85
5. La successione imprenditoriale nelle imprese
turistico-ricettive del Trentino: l’indagine Operazione
Ascolto................................................................................89
5.1 Il Gruppo Giovani Albergatori del Trentino. ...........................................................................90
5.2 Metodologia, contesto dell’indagine e studio preparatorio......................................................91
5.3 Gli strumenti d’indagine. .........................................................................................................92
5.3.1 Il focus group. ...................................................................................................................95
5.3.2 Il questionario. ..................................................................................................................99
5.4 Campionamento e rappresentatività dell’indagine.................................................................109
5.5 Elaborazione ed analisi dei risultati emersi dal focus group..................................................110
5.6 Elaborazione ed analisi dei dati raccolti con lo strumento del questionario..........................114
5.7 Risultati dell’indagine. ...........................................................................................................117
5.7.1 Identikit degli intervistati. ...............................................................................................117
5.7.2 Il lavoro in azienda..........................................................................................................118
5.7.3 Formazione ed innovazione. ...........................................................................................121
5.7.4 Il futuro del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino. ...........................................124
6. Conclusioni..................................................................127
6.1 Il tema dell’affiancamento generazionale. .............................................................................127
6.2 I diversi esiti del processo di trasmissione.............................................................................131
3
6.3 Giovani innovatori nella tradizione........................................................................................133
6.4 Organizzazione manageriale. .................................................................................................138
6.5 Formazione.............................................................................................................................140
6.6 Fare rete..................................................................................................................................144
6.7 Ruolo attivo del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino a sostegno della successione
imprenditoriale. ............................................................................................................................145
6.7.1 Percorso collettivo...........................................................................................................147
6.7.2 Percorso individuale........................................................................................................149
6.7.3 Infrastruttura culturale.....................................................................................................150
6.8 In sintesi. ................................................................................................................................151
Appendice........................................................................155
Bibliografia e sitografia..................................................211
4
Introduzione.
Per trasferimento d’impresa intendiamo il passaggio di proprietà di questa ad un’altra
persona o impresa che assicuri la continuità dell’azienda.1
Il trasferimento d’impresa con il conseguente passaggio generazionale alla sua guida è una
fase critica nel ciclo di vita di un’azienda.
La Commissione Europea ha valutato che due imprese su tre scompaiono entro cinque anni
dalla formale trasmissione d’impresa, con la perdita di 300.000 posti di lavoro l’anno in Europa.
Il passaggio generazionale è particolarmente difficile da affrontare nelle piccole e medie
imprese a gestione familiare dove, nella maggior parte dei casi, l’ imprenditore-fondatore è il perno
attorno al quale è costruito il successo del business e la rete di relazioni personali ha un’importanza
determinante. Il subentrare in azienda dell’imprenditore junior2, dunque, rischia di aprire un periodo
di crisi, sia nel business che nei rapporti familiari.
D’altro canto la successione imprenditoriale, se gestita in modo corretto, può essere
un’occasione di sviluppo. Lo junior ha più facilità rispetto al senior ad introdurre innovazione in
azienda, può sviluppare la tecnologia ed apportare nuove competenze gestionali ed organizzative,
favorendo così l’evoluzione dell’impresa.
In Trentino le attività turistiche, senza prendere in considerazione l’indotto, rappresentano
circa il 7% del valore aggiunto provinciale.3 L’offerta turistica trentina è caratterizzata da imprese
di dimensioni medio-piccole, spesso a gestione familiare. Tali aziende sperimenteranno a breve, o
stanno già sperimentando, le implicazioni gestionali, finanziarie ed emotive del passaggio
generazionale.
Il consiglio direttivo del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino (GAT) ha ritenuto
utile venisse realizzata un’indagine, battezzata Operazione Ascolto, per capire come le piccole e
medie imprese turistico-ricettive trentine affrontano la successione o si preparano a farlo, per
cogliere gli atteggiamenti e le percezioni dei giovani imprenditori turistici trentini e definire gli
interventi che potrebbero essere posti in essere a sostegno del passaggio generazionale.
Considerando gli obiettivi fissati dal committente dell’indagine, l’analisi si è concentrata
sullo studio del punto di vista del giovane imprenditore. Hanno partecipato all’indagine per la
1
Commissione europea, 2002.
Il termine junior è utilizzato nella letteratura in tema di passaggio generazionale e sta ad indicare chi,
indipendentemente dall’età e dal sesso, si appresta a subentrare nella conduzione aziendale al posto del senior. Per
senior intendiamo, sempre indipendentemente dall’età e dal sesso, l’attuale leader dell’impresa.
3
Crf. Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento, L’impatto della spesa turistica nell’economia provinciale,
settembre 2006.
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5
maggior parte giovani convinti che proseguiranno con la gestione dell’attività di famiglia e quelli
sicuramente maggiormente attivi a livello di responsabilità associative della categoria.
Il quadro risultante dallo studio in oggetto quindi di certo non è completo per una
descrizione esaustiva del passaggio generazionale alla guida delle imprese turistico-ricettive del
Trentino. Per arrivare a questo si sarebbero dovute utilizzare tecniche di ricerca che permettono di
estendere i risultati dell’indagine effettuata su un campione all’intera popolazione e la ricerca
avrebbe dovuto coinvolgere anche i senior e le imprese in cui il passaggio generazionale trova
difficoltà a realizzarsi.
L’indagine ed il tema del passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive del
Trentino sono oggetto della presente tesi di laurea specialistica.
Il primo capitolo, intitolato Il turismo e le imprese turistico-ricettive trentine, vuole essere di
riflessione sull’importanza che il turismo, e di conseguenza le piccole e medie imprese turisticoricettive a gestione familiare, hanno per l’economia trentina.
Nel secondo capitolo sono presentate le caratteristiche proprie delle imprese a proprietà ed a
conduzione familiare, sistemi complessi in cui si intrecciano famiglia, proprietà e impresa. Il ruolo
dell’imprenditore nelle imprese familiari, in particolar modo in quelle domestiche4, è centrale.
Affinché l’azienda possa sopravvivere e/o svilupparsi l’imprenditore deve possedere determinate
capacità fondamentali illustrate da Kroeger nel suo modello del 1974 che mette in relazione gli stadi
del ciclo di vita dell’azienda con i ruoli imprenditoriali.
Al tema del passaggio generazionale sono dedicati il terzo ed il quarto capitolo. Alla
definizione di successione imprenditoriale nelle imprese familiari seguono approfondimenti: gli
elementi che ostacolano la buona riuscita del passaggio generazionale, una descrizione degli attori
coinvolti nel processo, le differenti tipologie di processo successorio e le condizioni generali che lo
facilitano. Il quadro generale relativo al tema del passaggio generazionale si chiude con la
presentazione degli interventi presi in merito dalla Comunità Europea e dallo Stato Italiano e con
una selezione di buone pratiche italiane ed europee.
La metodologia applicata per la conduzione dell’indagine Operazione Ascolto, gli strumenti
utilizzati, indicazioni circa il campionamento e la rappresentatività dell’indagine ed il processo di
analisi dei dati con i relativi risultati sono presentati nel capitolo cinque.
L’ultima parte, capitolo sei, è dedicata alle conclusioni: considerando i risultati
dell’indagine, i provvedimenti adottati dallo Stato Italiano e dalla Comunità Europea relativamente
alla successione imprenditoriale e la selezione di buone pratiche presentata nei capitoli 4.2 e 4.4, si
4
Le imprese familiari domestiche sono aziende di piccole dimensioni in cui il modello proprietario è di tipo assoluto o
stretto e gli organi di governo e quelli di direzione sono composti solo da familiari (cfr. capitolo 2.2, Una
classificazione delle imprese familiari: le imprese familiari domestiche).
6
delineano una serie di interventi che il Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino dovrebbe porre
in essere per sostenere le imprese turistico-ricettive trentine, e nello specifico i giovani imprenditori,
durante la delicata fase della successione.
Svariati gli argomenti indagati ed i temi emersi, tali da aggiungere novità non banali alla
letteratura sul tema. Di seguito li elenchiamo in sintesi.
ƒ
Gli intervistati non parlano tanto di successione quanto piuttosto di affiancamento
generazionale: senior e junior convivono in azienda per molto tempo. Come
espresso dagli stessi junior “I genitori ci sono sempre in azienda”.
ƒ
L’affiancamento dei senior alla conduzione dell’azienda è considerato dagli junior
una risorsa: pur volendosi ritagliare sempre maggiori spazi di autonomia essi
trovano importante avere a fianco i genitori per “dividersi i compiti” ed essere
appoggiati da qualcuno che “ha un occhio sui costi, sa come stabilire i prezzi e
gestire la burocrazia, tenere i rapporti con le banche”.
ƒ
Gli intervistati sono innovatori nella tradizione. Tutti i rispondenti credono
nell’importanza dell’innovazione ma allo stesso tempo ritengono valido il modello di
gestione dell’azienda della propria famiglia, del quale non vogliono snaturare il
carattere familiare. Il modello di gestione dei senior dunque non è da stravolgere: è
un punto da cui partire per l’introduzione di cambiamenti in azienda.
ƒ
Grande importanza è stata attribuita all’innovazione, alla formazione, al dotarsi di
un’organizzazione di tipo più manageriale ed alla validità dei collaboratori. Ciò è
indicativo della più o meno consapevole tendenza degli junior di gestire le loro
aziende secondo una logica imprenditoriale.
ƒ
I giovani imprenditori turistici intervistati ritengono sia essenziale fare rete tra loro e
con le altre categorie economiche. In questo modo possono essere messe a
disposizione conoscenze ed esperienze, per confrontarsi e per riconoscere le
opportunità che accomunano i diversi settori economici, in modo da cercare una
risposta trasversale nuova ai problemi, individuando delle linee di intervento comuni.
Del tema della continuità d’impresa5 è necessario continuare a parlare in vari modi:
seminari, indagini, conferenze, ecc..
Auspichiamo che l’Operazione Ascolto, oltre ad essere la base per la definizione da parte del
Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino di un piano strategico di attività a sostegno del
passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive trentine, sia uno spunto utile a rendere alta
l’attenzione su questo tema spesso non sufficientemente considerato ed analizzato.
5
Continuità d’impresa è un altro termine per indicare passaggio o ricambio generazionale, successione o trasmissione
imprenditoriale.
7
8
1. Il turismo e le imprese turistico-ricettive trentine.
Il Servizio Statistica della Provincia Autonoma di Trento con l’indagine L’impatto della
spesa turistica nell’economia provinciale, settembre 2006 ha voluto tracciare un quadro
dell’impatto macroeconomico del fenomeno turistico in Provincia di Trento. 6
Nell’anno 2005 la spesa dei turisti in Trentino per undici funzioni turistiche7 è stata di
2.604,30 milioni di euro correnti. Tra PIL e importazioni la spesa turistica attiva 2.340 milioni di
euro (domanda finale).
I lavoratori impiegati nel settore turistico sono 27.544 (totale unità di lavoro8 tra dipendenti
e indipendenti).
In conclusione, se è vero che le attività più esplicitamente turistiche rappresentano circa il
7% del valore aggiunto provinciale, è però altrettanto vero che la spesa turistica non si esaurisce in
questi settori, ma attraversa orizzontalmente l’intera struttura economica, affiancandosi alla
domanda dei residenti nell’attivare una richiesta di beni e servizi non solo identificabili come
turistici.
Tale studio conferma che il turismo è un settore fortemente integrato con il sistema
economico locale. Esso ha un ruolo attivante sulla produzione tutt’altro che marginale, e potrebbe
avere un impatto ancora maggiore se si riuscisse a limitare il ricorso alle importazioni dall’esterno,
specie per prodotti quali ad esempio gli alimentari.
6
Nella quantificazione delle presenze turistiche al momento della stesura del documento L’impatto della spesa turistica
nell’economia provinciale, settembre 2006 mancava ancora la chiusura del mese di novembre.
7
Per funzioni turistiche intendiamo tutte quelle attività che non appartengono ad un solo settore ma ad una pluralità di
settori che vanno dai servizi più spiccatamente turistici (alberghi ed altri esercizi ricettivi, agenzie di viaggio), a quelli
che si rivolgono anche ad un’utenza locale (bar, ristoranti, trasporto locale), alle attività legate al tempo libero (locali da
ballo, impianti di risalita, impianti sportivi, servizi alla persona), a quelle ricreative e culturali (musei, cinema e teatri),
alle infrastrutture di trasporto ed i servizi pubblici.
8
L’unità di lavoro è la definizione della contabilità nazionale utilizzata nella misurazione del volume di lavoro
complessivamente impiegato nell'attività produttiva svolta all'interno del Paese (e distintamente per lavoratori
dipendenti, indipendenti, totale), ricondotto a quantità omogenee in termini di tempo di lavoro. Tale operazione è resa
necessaria in quanto la persona può assumere una o più posizioni lavorative in funzione: dell'attività (unica, principale,
secondaria); della posizione nella professione (dipendente, indipendente); della durata (continuativa, non continuativa);
dell'orario di lavoro (a tempo pieno, a tempo parziale); della posizione contributiva o fiscale (regolare, irregolare).
L'unità di lavoro standard rappresenta, quindi, la quantità di lavoro prestato nell'anno da un occupato a tempo pieno,
oppure la quantità di lavoro equivalente prestato da lavoratori a tempo parziale o da lavoratori che svolgono un doppio
lavoro. Questo concetto non è legato alla singola persona fisica, ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue
corrispondenti ad un'occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversificarsi in funzione dell'attività
lavorativa. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nelle attività
produttive che determinano il prodotto interno lordo in un determinato periodo di riferimento.
9
1.1 Gli alberghi.
Con riferimento all’Annuario del turismo 2005, edizione 2006 del Servizio Statistica della
Provincia Autonoma di Trento, tra esercizi alberghieri e complementari9 il Trentino conta 158.457
posti letto: 1.570 alberghi (con 94.162 posti letto) e 1.066 esercizi complementari (con 64.295 posti
letto).
Il 41% degli esercizi alberghieri si colloca nella classe dai 21 ai 50 letti, mentre il 37,5%
nella classe dai 51 ai 100 letti. Si tratta quindi di strutture medie tendenti sostanzialmente al piccolo.
Analizzando i dati storici si nota come il numero medio dei posti letto per struttura sia cresciuto nel
tempo.
Il Trentino, assieme a tutte le regioni turistiche dell’Arco Alpino, (con la sola esclusione
dell’Alta Savoia) è caratterizzato dalla prevalenza di un’hotellerie di tipo tradizionale, di
dimensioni medio-piccole, spesso a gestione familiare, che costituisce un sistema diffuso di
ospitalità alberghiera.
L’indagine L’imprenditoria alberghiera in provincia di Trento 2004 del Servizio Statistica
della Provincia Autonoma di Trento, luglio 2006, aveva l’obiettivo di aggiornare l’indagine
Albergatori e alberghi del Trentino d’oggi iniziata nel 1983 e proseguita nel 1993 che consisteva in
una rilevazione delle caratteristiche dell’imprenditoria alberghiera in provincia di Trento.
Rispetto al 1993 ed al 1983 sono rimaste sostanzialmente stabili le percentuali relative agli
alberghi in proprietà e in affitto o locazione, rispettivamente pari all’85,4% e al 14,6%.
Gli albergatori coinvolti nell’indagine 2004 risultano in prevalenza “nati e cresciuti in
albergo”: il 65% infatti vanta una tradizione di famiglia, che nell’87% dei casi va ben oltre una
generazione. Nell’80% dei casi gli albergatori operano come responsabili in prima persona della
conduzione dell’albergo da più di 10 anni, circa il 37% da più di 25 anni.
L’imprenditoria alberghiera trentina è fortemente radicata sul territorio: nel 93% dei casi il
titolare dell’azienda è residente in Trentino e solo il 6% delle imprese alberghiere trentine ha sede
fuori provincia. Il 72% degli albergatori vive in Trentino dalla nascita e solo il 4% è in Trentino da
meno di 10 anni.
Il 37% degli imprenditori possiede un titolo di studio di scuola media superiore; il 30% una
qualifica della formazione professionale; il 26% la scuola dell’obbligo.
Il 53% afferma di conoscere almeno una lingua straniera; il 31% due. Il 43% reputa che per
gestire un albergo la formazione più importante sia la formazione sul lavoro nel settore e un altro
9
Sotto la voce esercizi complementari comprendiamo: campeggi, rifugi, agritur, affittacamere e CAV (Case
appartamenti per vacanze gestiti in forma imprenditoriale iscritte al REC) bed and breakfast, ostelli, case per ferie,
foresterie, istituti religiosi, colonie e campeggi mobili.
10
37% che sia sufficiente una qualifica della formazione professionale: una netta preferenza quindi
per una formazione che privilegi l’addestramento e il saper fare, piuttosto che una formazione
manageriale.
Allo stesso tempo però questi imprenditori affermano di essere interessati a momenti di
aggiornamento, soprattutto viaggi di studio e visite (ritenuti molto o abbastanza importanti dal 65%
degli intervistati) e interscambi fra operatori(66%) ma anche corsi intensivi e stage (53%), un po’
meno interessati a convegni e conferenze (42%).
Continua a ridursi il numero delle imprese individuali e crescono contestualmente le società
di persone e quelle di capitali, con una marcata differenziazione in relazione alla classificazione
alberghiera. In particolare nel 2004 le società di capitali rappresentavano il 72,1 % delle forme di
proprietà di strutture alberghiere. Tuttavia non pare di poter associare all’evoluzione delle forme
societarie effettive mutazioni del modello gestionale, largamente basato, a prescindere dalla forma
giuridica adottata, sulla gestione familiare. Più probabilmente sulla scelta della forma societaria
hanno influito fattori di natura fiscale e contributiva. Non va comunque sottovalutato che una
struttura societaria potenzialmente basata su una più precisa definizione dei ruoli amministrativi e
gestionali si presenta generalmente più disponibile e pronta ad adottare forme di innovazione
strutturale, promozionale e commerciale. Queste forme giuridiche infatti comportano una quasi
fisiologica complessità organizzativa, un livello di partecipazione finanziaria ed una visione
strategica aziendale più articolate ed ampie e quindi più idonee ad adottare strategie di sviluppo non
vincolate alla limitata dimensione locale.
Gli alberghi trentini in ogni caso continuano ad essere in prevalenza a conduzione familiare,
pur essendoci stata rispetto al decennio ’83-’93 una crescita delle aziende gestite facendo
riferimento in modo prevalente o esclusivo a personale esterno, che passano dal 52% al 54%. Non si
tratta di uno stravolgimento radicale dei modelli gestionali precedenti, ma si nota una propensione
all’esternalizzazione delle funzioni gestionali, differente comunque in base alla dimensione
aziendale ed alla classificazione alberghiera. Il ricorso a risorse interne diminuisce in misura molto
significativa al crescere sia della dimensione aziendale che della categoria alberghiera: passando a
dimensioni aziendali più consistenti ed a livelli qualitativi formalmente riconosciuti come più
elevati, si richiede una complessità organizzativa alla quale il nucleo familiare non riesce più a far
fronte.
Il rapporto tra interni (personale familiare) ed esterni (personale dipendente), considerato
l’intero periodo di apertura nell’anno è di uno a tre. Si tratta di micro imprese a carattere familiare
che assommano mediamente a 9,4 addetti complessivi (in media 7,1 dipendenti e 2,3 familiari). Il
dato medio degli addetti è sufficiente a far capire da un lato l’importanza dei componenti la famiglia
11
e dall’altro che la dimensione dichiarata è tale da caratterizzare queste strutture alberghiere in modo
diverso dai piccoli esercizi a carattere esclusivamente familiare.
I
familiari
all’interno
dell’albergo
si
occupano
soprattutto
di
promozione
e
commercializzazione (80% dei casi), di ricevimento degli ospiti (79%) di amministrazione e
contabilità (58%) di manutenzione ordinaria (63%) della gestione del bar interno (57%) del servizio
trasporto clienti (58%) ed è ancora alto anche se non prevalente l’apporto dei familiari in cucina
(39%).
Al personale dipendente sono invece demandate la pulizia delle camere (77% dei casi); il
servizio sala (65%); la cucina (60%). Le funzioni date all’esterno riguardano prevalentemente il
servizio lavanderia (35% dei casi), l’amministrazione e contabilità (solo 27%) e lo svolgimento di
alcuni servizi come il baby sitting (54% dei casi) o il servizio di animazione (35%).
La divisione dei compiti all’interno dell’albergo è poco formalizzata e vede ancora i
familiari impegnati su più fronti in veste di factotum, chiamati a garantire la funzionalità
complessiva della struttura, dalla cucina alla manutenzione ordinaria.
La presenza di personale familiare risulta una costante nelle strutture fino a tre stelle. Solo
circa il 10% di strutture interpellate (senza distinzioni tra 1,2 o 3 stelle) dichiara di non impiegare
nella gestione dell’albergo personale familiare. E’ nei 4 stelle che la presenza di familiari si fa meno
intensa, anche se non scompare affatto: anche qui in circa il 60% dei casi è presente del personale
familiare.
Al contrario la presenza di personale dipendente risulta fortemente associata alla crescente
classificazione per stelle. Se circa un terzo degli alberghi ad una stella risulta essere privo di
personale dipendente, questa quota scende al 15% nei 2 stelle e al 3% negli alberghi a 3 stelle, fino
a scomparire in quelli a 4 stelle. La crescita dimensionale e soprattutto la presenza di un maggior
numero di servizi e di standard di servizio più elevati implicano una diversa organizzazione del
lavoro, una accresciuta divisione di ruoli e la conseguente necessità di dotarsi di un numero
crescente di personale dipendente, senza che peraltro venga meno la presenza di personale familiare
impiegato.
Il personale familiare è quello che garantisce la continuità della conduzione, con tassi di
permanenza tra un anno e l’altro pari al 93%; il personale dipendente, invece, quasi tre volte più
numeroso degli addetti familiari, tra un anno e l’altro ruota in misura pari al 40% (il che significa un
virtuale ricambio completo del personale in meno di 3 anni, anche se in realtà uno zoccolo duro di
“fedeli” esiste anche tra il personale dipendente). E’ difficile comunque pensare ad un alto livello di
fedeltà nel corso del tempo: solo il 41% del personale impiegato è di provenienza trentina, il 36% è
di provenienza extraprovinciale ed il 22% dall’estero.
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La mancanza o il difficile reperimento di personale qualificato è ravvisato come principale
ostacolo all’attività per il 22% degli intervistati. E’ la conduzione familiare delle strutture, vista dai
gestori come un punto di forza della loro offerta ricettiva, l’elemento capace di sopperire ai limiti e
alle carenze del personale dipendente. Tutti i gestori o quasi si mostrano consapevoli della criticità
rappresentata dalle difficoltà di reperimento del personale e, quando trovato, della sua non sempre
ottimale preparazione e professionalità.
Il 17% degli intervistati trova invece che la maggiore difficoltà stia nello scaricare sui prezzi
gli aumenti di costi e gli investimenti, il 14% l’irregolarità dei flussi delle prenotazioni. 85
imprenditori (7,2%) individuano la loro maggiore difficoltà nel passaggio generazionale.
I problemi principali nello svolgimento dell’attività derivano principalmente dagli
adempimenti amministrativi (71%).
Relativamente al problema della mancanza di manodopera, gli interlocutori hanno proposto
di migliorare l’incontro di domanda e offerta (28%) oppure di intervenire dal punto di vista
formativo (24%). Secondo questi intervistati la manodopera disponibile in loco non è a conoscenza
delle opportunità occupazionali che offre il settore, dunque dovrebbe essere meglio orientata o
formata. Il 14% reputa che la soluzione potrebbe essere fornire maggiori garanzie occupazionali e
previdenziali per il personale occupato. Il 21% auspica invece iniziative per far arrivare
manodopera da fuori provincia.
Si nota un forte “senso di appartenenza” degli albergatori all’attività alberghiera e al
territorio, accompagnato da una solidità gestionale di fondo. Nell’indagine del 2004
all’imprenditore è stato chiesto se intendeva proseguire nell’attività nel breve-medio periodo
(prossimi 3 – 5 anni), oppure se intendeva cederla ad altri: il 74% delle aziende sono destinate ad
essere gestite esattamente con le stesse modalità attuali e solo una quota decisamente minoritaria
degli albergatori intervistati (10%) è intenzionato a non gestire più personalmente o in famiglia la
struttura ricettiva. Nei confronti di questa prospettiva si prevedono diverse soluzioni: 3,3% degli
albergatori pensa di cedere la gestione a terzi, il 3,5% pensa di vendere, il 2,7% crede che cesserà
del tutto l’attività. Coloro che non gestiranno più personalmente o in famiglia la struttura ricettiva
sono soltanto un centinaio di imprenditori che, nel contesto delle dimensioni del sistema alberghiero
trentino, possono essere considerati una quota del tutto fisiologica e riconducibile alle normali
dinamiche evolutive del sistema economico.
In sostanza gli albergatori trentini continuano a “credere” nella loro attività e nella
possibilità che questa possa essere anche in futuro una soddisfacente fonte di reddito.
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I modelli di conduzione prevalenti in Trentino, basati sul nucleo familiare e sulla
caratteristica transizione generazionale intrafamiliare, sono dunque stabili e solo il 7,2%, come già
evidenziato, segnala qualche difficoltà nel passaggio del “timone aziendale” alle nuove generazioni.
1.2 La ricettività extralberghiera.
Per l’analisi della ricettività extralberghiera, facciamo qui riferimento al documento Analisi
e approfondimenti per la predisposizione delle Linee Guida per la politica turistica in Trentino,
report agosto 2005, redatto dall’Osservatorio Provinciale per il Turismo della Provincia Autonoma
di Trento.
Il patrimonio extralberghiero (ripartito nelle tre componenti: imprenditoriale, degli
appartamenti in affitto e delle seconde case) costituisce una fetta importante dell’offerta turistica
trentina, ma è anche di difficile analisi.
Escluse da ogni considerazione le seconde case (fenomeno che risponde a dinamiche spesso
autonome rispetto a quelle del settore turistico), per quanto riguarda le tipologie a gestione
imprenditoriale si è manifestato un rilevante miglioramento qualitativo. Sembrano invece piuttosto
statici i settori del turismo sociale e, soprattutto, il mondo degli alloggi privati.
Tale patrimonio è decisamente sotto-utilizzato, compone un’offerta molto eterogenea e
spesso poco organizzata. Sono presenti molti piccoli proprietari di appartamenti in affitto, in
generale poco propensi all’introduzione di metodi di gestione imprenditoriali. I proprietari spesso
faticano a rispondere alle esigenze del mercato (vacanze sempre più brevi e frequenti): in qualche
caso ad esempio è ancora presente l’anacronistica pratica dell’affitto annuale. Il settore è dunque
molto rigido e risulta sempre il più esposto agli andamenti congiunturali.
L’analisi dei dati relativi ai campeggi evidenzia come essi rappresentino un’offerta ricettiva
in buona salute ed in crescita costante (raccolgono quasi un quinto dei turisti estivi), con una
presenza di turisti stranieri che supera il 60% del totale.
Una ricerca della Faita Trentino, Associazione del turismo all’aria aperta, condotta nel 2000,
aveva evidenziato alcuni aspetti interessanti relativamente ai campeggi del Trentino.
Il tasso di occupazione delle strutture è cresciuto rispetto al passato, dato ancora più
significativo se confrontato con la perdita fatta registrare nelle altre strutture dell’extralberghiero.
Per quanto riguarda gli investimenti, sono mancate scelte di miglioramento radicale delle strutture.
Ciò è dovuto da un lato alle normative urbanistiche considerate troppo restrittive e, dall’altro, a
carenze imprenditoriali.
14
I campeggi attraggono una tipologia di clientela che spende in assoluto le somme maggiori
per consumi non riferiti all’uso delle strutture ricettive (in relazione alla spesa totale sono secondi
solo agli alberghi).
L’Osservatorio Provinciale per il Turismo, nel documento del 200510, dà una serie di
indicazioni operative per qualificare la professionalità e managerialità dei gestori individuate
soprattutto in:
ƒ
razionalizzazione funzioni aziendali,
ƒ
benchmarking su prezzi, servizi, qualità complessiva e servizio dei competitor
dell’arco alpino,
ƒ
maggiore conoscenza delle aspettative della clientela che non chiede solo
campeggio, inteso come “spazio fisico” ma servizi e funzioni,
ƒ
maggiore consapevolezza che la domanda di Trentino ruota principalmente attorno a
natura, sport, divertimento, cultura ed è per lo più formata da clienti fedeli,
ƒ
necessità di offrire un “prodotto” fatto di molteplici servizi e funzioni, dove il
campeggio inteso come modalità di sistemazione è soltanto una delle componenti.
Altre “debolezze” caratterizzanti il settore sono individuate nell’assenza di forme di
collaborazione, rilevate in particolare sul versante dei fornitori (mancano esempi di rifornimenti
consortili) e della possibile promozione comune, e nella scarsa capacità di fare rete con il territorio.
Per quanto riguarda il segmento della ricettività in famiglia, esso risulta essere sempre più
apprezzato non solo in Trentino, ma anche nel resto d’Italia.
I B&B sono apparsi sulla scena del Trentino turistico solamente da qualche anno;
attualmente coprono una quota irrisoria nell’offerta ricettiva trentina (nel settembre 2004 erano
attive 70 strutture con quasi 400 posti letto pari allo 0,08% del potenziale ricettivo della provincia),
registrando però ritmi di crescita costanti sia nell’offerta che nel movimento turistico intercettato. Si
segnala che più di un terzo dei loro ospiti sono stranieri.
Contrariamente ai neo-nati B&B, gli agritur costituiscono una realtà ricettiva già presente in
Trentino da diversi anni. Anche solo considerando il periodo 2000-2004 si può notare una discreta
evoluzione nel numero delle strutture ed un buon incremento del numero di posti letto. Nel 2004
operavano in Trentino quasi 150 agritur per un totale di 1700 posti letto.
Vi sono sicuramente possibili margini di miglioramento sulle presenze straniere, che
attualmente non arrivano a coprire il 20% del totale. Per quanto riguarda la clientela italiana si
registra una crescita quasi esponenziale per questa forma di ricettività sinonimo di vacanze natura
10
Osservatorio Provinciale per il Turismo nella Provincia Autonoma di Trento, Analisi e approfondimenti per la
predisposizione delle Linee Guida per la politica turistica in Trentino, report agosto 2005.
15
nel verde. A livello locale esiste la consapevolezza della possibilità di ulteriore sviluppo grazie alla
valorizzazione di produzioni agricole e proposte di ricettività turistica.
16
2. Le imprese di proprietà ed a conduzione familiare.
Come evidenziato nelle pagine precedenti, l’offerta turistica del Trentino è caratterizzata da
piccole e micro imprese a gestione ed a controllo familiare. La specificità dell’impresa turistica
tipica trentina è dunque il carattere (mono)familiare e la struttura proprietaria chiusa, che poi,
assieme alle caratteristiche specifiche del settore in oggetto, determina dimensioni forzatamente
ridotte.11
Con l’espressione “imprese familiari” si intende fare riferimento a quelle imprese dove una
o poche famiglie, collegate da vincoli di parentela, da stretta affinità o da solide alleanze, detengono
una quota proprietaria sufficiente ad esercitare il governo dell’impresa, ovvero a prendere le
principali decisioni riguardanti la gestione strategica (Corbetta 1995). Questa è la definizione
prevalente. Ci sono però molte altre differenti definizioni di impresa familiare perché diversi, oltre
al capitale sociale, sono i parametri che si possono considerare:
1- chi guida l’azienda e chi assume le posizioni di controllo all’interno di essa: quando tali
posizioni sono occupate dai membri di una famiglia essa viene definita come “impresa
familiare”(Medio Credito Lombardo);
2- le relazioni famiglia-impresa: “L’impresa familiare è un’attività imprenditoriale che possa
intimamente identificarsi in una famiglia per una o più generazioni”(Schillaci)12. L’avverbio
“intimamente” è qui utilizzato appositamente per rendere l’idea di come l’azienda non sia
solo vissuta come luogo di lavoro ma come una seconda casa, dove i familiari possono
assumere un ruolo anche diverso da quello occupato all’interno della famiglia e dove la
famiglia in se stessa può trovare forza e continuità;
3- la relazione impresa-famiglia: “L’esistenza di un nesso che stabilisca un’importante e
permanente unione fra l’impresa e la famiglia viene assunta come fattore determinante ai
fini della qualificazione di un’impresa come familiare”(Gallo Miguel). Questo nesso supera
i puri interessi economici, esso deve poggiare su valori e su presupposti che i membri di una
generazione hanno considerato come i più corretti per condurre l’impresa e la sua relazione
con la famiglia, e che quindi si sforzano di trasmettere alle generazioni seguenti.
Ancora non esiste una definizione di impresa familiare globalmente accettata dagli studiosi.
Le differenti correnti di pensiero in ogni caso configurano tutte l’impresa familiare nella persona
dell’imprenditore fondatore, proprietario e manager.
11
Il Family Business è infatti diffuso in quei settori in cui possono prosperare anche aziende piccole, monocellulari.
Cfr. Schillaci C. E., I Processi di Transizione del Potere Imprenditoriale nelle Imprese famigliari, Giappichelli
Torino 1990.
12
17
L’impresa familiare è fondata da un capofamiglia con doti imprenditoriali. In essa i membri
della famiglia occupano posti chiave, con possibilità di influenzare la gestione aziendale, e li
occupano in quanto legati alla famiglia del capostipite. Se il proprietario è affiancato da manager
esterni alla famiglia, essi accettano più o meno esplicitamente il fatto che la loro attività risulti
condizionata in modo determinante dalle dinamiche interne alla famiglia proprietaria.
Le imprese familiari si caratterizzano, dunque, rispetto alle altre tipologie di aziende, per tre
motivi:
- la piena e forte congiunzione e sovrapposizione fra due realtà organizzative diverse per natura
e per scopo: la famiglia e l’impresa;
- una quota importante del capitale di rischio dell’impresa è detenuta dal nucleo familiare o dai
nuclei familiari alleati;
- l’imprenditore e altri familiari, oltre ad apportare all’impresa capitali di rischio, apportano
anche una o più delle seguenti funzioni:
ƒ
l’imprenditorialità;
ƒ
la partecipazione nelle funzioni di governo negli organi di impresa;
ƒ
il management;
ƒ
il lavoro esecutivo (Medio Credito Lombardo).
La piccola impresa a natura familiare viene considerata la “piccola impresa rappresentativa”
(Cafferata 1988): l’incidenza familiare nella proprietà e nel controllo aziendale infatti generalmente
decresce in modo significativo per le aziende con le classi di addetti più ampie, mentre si conferma
particolarmente accentuata per le dimensioni minori.13
Numerosi sono gli studi che possono confermare come le imprese familiari siano
prevalentemente di piccole e medie dimensioni.14 Ciò può essere ricondotto al fatto che nelle
imprese familiari spesso durante i passaggi generazionali si assiste a divisioni delle aziende (con
l’immediato risultato di abbassare le dimensioni di ogni azienda) o alla liquidazione di qualche
socio (con il risultato differito di rendere più difficile il finanziamento di processi espansivi). Inoltre
mentre i manager sono interessati alla crescita dimensionale delle loro aziende (essendo ed essa
legata la loro remunerazione e l’aumento della propria visibilità) i proprietari delle imprese familiari
13
Le piccole e medie imprese sono definite, in modo cumulativo, per numero di dipendenti, fatturato e/o totale di
bilancio annuo, possesso del requisito di indipendenza (sono considerate come indipendenti le aziende il cui capitale o i
cui diritti di voto non sono detenuti per il 25% o più da una sola impresa oppure, congiuntamente da più imprese non
conformi alla definizione di piccola media impresa). Le medie imprese hanno un numero di dipendenti maggiore alle 49
e minore delle 250 unità, il fatturato non deve essere superiore a 40 milioni di euro, il totale di bilancio non deve essere
superiore a 27 milioni di euro. La piccola impresa ha un numero di dipendenti superiore a 9 ed inferiore a 50 unità,
fatturato non superiore ai 7 milioni di euro ed un totale di bilancio non superiore ai 5 milioni di euro. La micro impresa
ha un numero di dipendenti inferiore a 10 unità.
14
Cfr. AA. VV., Proprietà, modelli di controllo e riallocazione nelle imprese industriali italiane, Banca d’Italia Roma
marzo 1994.
18
non hanno a priori alcuna convenienza ad incrementare le dimensioni della loro impresa, se le
caratteristiche specifiche del settore in cui questa è inserita lo permettono.
Generalmente le imprese familiari sono più radicate rispetto alle altre tipologie di impresa
nei territori in cui sono sorte. Talora si genera una simbiosi tra territorio ed azienda: ad esempio per
l’Italia ci sono centinaia di imprese e di comuni che sono cresciuti insieme (sotto i profili sia
quantitativi che qualitativi) proprio perché si è creato un circolo virtuoso tra espansione
dell’impresa e sviluppo del territorio. Questo è particolarmente vero per alcune zone del Trentino in
cui lo sviluppo turistico di un’area ha portato ricchezza ed espansione non soltanto limitatamente
alle aziende operanti nel settore ma a tutta la località nel complesso.
2.1 La struttura dell’impresa familiare.
La struttura di ogni impresa può essere rappresentata come composta da sette elementi:
1 – assetto istituzionale: la configurazione del soggetto economico (inteso come chi di fatto ha ed
esercita il supremo potere nell’impresa), degli scopi perseguiti dai membri del soggetto economico,
delle prerogative che ad esso fanno capo e delle modalità di esercizio di tali prerogative;
2 – valori d’impresa: i principi–guida che orientano gli atteggiamenti e i comportamenti di tutti
coloro che operano nell’impresa;
3 – combinazioni economiche: l’insieme delle operazioni economiche, anche composte in processi
(di acquisto, di vendita e così via...), svolte dalle persone che operano nell’impresa;
4 – organismo personale: l’insieme unitario delle persone che, con il proprio lavoro, partecipano
direttamente allo svolgimento dell’attività economica dell’impresa;
5 – patrimonio: l’insieme delle condizioni di produzione di pertinenza dell’impresa. Esso si
compone di elementi tangibili, (come mezzi monetari, scorte di esercizio, ecc.) ed intangibili.
Secondo una recente classificazione è possibile distinguere le condizioni intangibili in conoscenza,
dedizione e coesione del personale, credibilità dell’impresa familiare;
6 – assetto organizzativo: la configurazione delle variabili organizzative, ossia la struttura
organizzativa e i sistemi operativi;
7 – assetto tecnico: la configurazione fisico-tecnica dell’azienda, ossia gli aspetti caratteristici dei
fabbricati, degli impianti, dei macchinari, delle attrezzature e dei processi produttivi.15
15
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
19
Nello svolgersi della vita delle imprese, gli elementi citati sono tra loro composti a sistema,
ossia esistono relazioni di mutua interdipendenza, secondo quanto indicato nello schema della
figura 2.1.1.
I vari elementi della struttura d’impresa nei casi di imprese familiari assumono caratteri
originali.
Gli assetti istituzionali costituiscono l’elemento che più di ogni altro consente di distinguere
la classe delle imprese familiari dalle altre classi di imprese.
Per altri elementi, come i valori d’impresa, le combinazioni economiche, il patrimonio,
l’organismo personale e l’assetto organizzativo, è possibile individuare alcune caratteristiche
specifiche delle imprese familiari che, seppur non in misura così profonda come quelle relative agli
assetti istituzionali, le caratterizzano rispetto alle imprese delle altre classi.
Figura 2.1.1 – Schema sintetico di rappresentazione della struttura dell’impresa.
Assetto istituzionale
Valori
d’impresa
Organismo
personale
Assetto
organizzativo
Combinazioni
economiche
Assetto
tecnico
Patrimonio
ADATTATO DA: Airoldi G.– Brunetti G.– Coda V.
L’assetto istituzionale delle imprese familiari è caratterizzato da una composizione del
soggetto economico costituita dai membri di una o poche famiglie collegate da relazioni di
parentela, di affinità o da solide alleanze, proprietarie di quote del capitale di rischio sufficienti ad
esercitare il controllo. L’autofinanziamento, nelle imprese familiari, costituisce una risorsa
determinante per la vita dell’impresa.
Gli scopi del soggetto economico sono fortemente influenzati dalla concezione dei rapporti
tra famiglia ed impresa propria dei soci controllanti. Nell’impresa familiare tipica, la logica di
20
razionalità economica (redditività e crescita) convive, spesso subordinata, con altri obiettivi, ad
esempio:
-
il mantenimento del controllo da parte della famiglia;
-
la conservazione del profilo tradizionale dell’impresa in termini di cultura e valori;
-
il mantenimento dello status sociale della famiglia nella comunità di riferimento;
-
la soddisfazione dei bisogni e delle aspirazioni personali dei membri della famiglia.
Nella sovrapposizione istituzionale tra le logiche della famiglia da un lato e quelle
dell’impresa organizzata razionalmente secondo criteri di efficienza economica e di meritocrazia
dall’altro, risiede il tratto più peculiare delle imprese familiari.16
Per quanto riguarda gli organi che di fatto esercitano i poteri di governo economico, i
membri della famiglia sono in posizioni di comando o comunque dirigenziale, a prescindere dalla
presenza di manager esterni.
I valori d’impresa sono influenzati dalla storia dell’impresa stessa, che nelle imprese
familiari si intreccia con la storia della famiglia. In particolare in Italia la famiglia è da sempre
rilevante per quanto riguarda i processi educativi e la vita delle persone, ed i valori ed i principi
familiari sono trasferiti nell’impresa dai membri della famiglia con il proprio modo di operare.
La crescita del benessere della famiglia dipende strettamente dallo sviluppo dell’impresa. I
familiari impegnati nella proprietà, nel governo o nella gestione dell’impresa, in assenza di eventi
traumatici, possono permanere per decenni, non essendovi meccanismi di ricambio come nelle altre
imprese. Gli interlocutori dell’impresa tendono ad associare l’immagine della famiglia a quella
dell’azienda.
Alcuni principi-guida diffusi nella famiglia proprietaria possono favorire la funzionalità e lo
sviluppo duraturo dell’impresa, altri lo possono ostacolare. Tra i primi possiamo citare la
responsabilità, l’imprenditorialità, il rispetto dell’autonomia dell’impresa, il rispetto delle persone,
la consapevolezza dei propri limiti, la trasparenza; tra i secondi, la confusione tra famiglia e
impresa, la concezione dell’impresa come bene da usare per propri scopi, l’ambizione senza limite
alcuno, il rifiuto di ogni sacrificio personale, e così via.
Ci sono poi alcuni convincimenti di fondo che possono essere giudicati positivi se applicati
nell’ambito familiare, ma che divengono negativi se trasferiti meccanicamente nell’impresa. Ad
esempio il principio-guida dell’uguaglianza di trattamento tra i figli è legittimo se considerato in un
contesto familiare, ma può diventare fonte di problemi che mettono in dubbio la stessa
sopravvivenza dell’impresa se applicato a familiari impegnati nell’impresa e dotati di capacità e
competenze differenziate. L’uguale trattamento tra i figli all’interno dell’impresa infatti può essere
16
Cfr. capitolo 2.3, L’impresa familiare domestica e l’influenza della famiglia.
21
perseguito solo nella misura in cui esso “venga a coniugarsi con l’economicità all’interno di
iniziative imprenditoriali valide” (Coda 1988).
Capita inoltre che le regole educative che i padri anche involontariamente a volte
trasmettono ai figli (come la ricerca della ricchezza, se necessario, anche eludendo alcune regole
morali, il non rispetto degli altri, l’individualismo esasperato e così via) vengano impiegate dagli
stessi figli assumendo comportamenti conseguenti all’interno dell’impresa, che possono essere
dannosi per la stessa.17
I principi-guida vigenti nelle imprese familiari, che sono stati sperimentati con successo per
lunghi periodi, vengono modificati difficilmente, anche nei casi in cui si verificano cambiamenti
ambientali che mettono in dubbio la validità dei principi stessi. Quando ciò avviene l’impresa
familiare diventa poco sensibile ai cambiamenti dell’ambiente esterno, più ideologica e con una
maggiore difficoltà ad innovarsi. Le modifiche necessarie nella gestione avvengono così “in
ritardo” o in presenza di eventi traumatici.
Il grado di estensione orizzontale delle imprese familiari è limitato. Esse generalmente
mantengono una bassa numerosità e varietà di prodotti/servizi. Le spiegazioni possono essere: la
forte esigenza delle imprese familiari di mantenere un controllo diretto sull’intera azienda, il fatto
che maggiori gradi di estensione orizzontale, comportando investimenti importanti, potrebbero
indurre cambiamenti nell’assetto istituzionale dell’impresa, la caratteristica espressione di una
imprenditorialità specialistica delle imprese familiari che è piuttosto riluttante a esplicarsi al di fuori
del settore per cui si sente vocata. Spesso nelle imprese familiari la diversificazione del rischio (che
è la motivazione all’origine di molte strategie di diversificazione perseguite nelle imprese) viene
conseguita per mezzo di investimenti in attività non d’impresa.
Lo sviluppo delle condizioni patrimoniali intangibili è fortemente condizionato dalle
famiglie proprietarie. I familiari sono portatori di alcune condizioni ed i loro comportamenti
influenzano i processi di accumulo di tutte le condizioni patrimoniali intangibili (la conoscenza
imprenditoriale ad esempio viene tramandata per generazioni e la credibilità nei confronti delle
istituzioni finanziarie deriva dalla solidità patrimoniale della compagine proprietaria).
La conoscenza diffusa nelle imprese familiari è di solito molto elevata con riferimento al
patrimonio tecnico. Le imprese nascono attorno ad una business idea i cui elementi caratteristici
vengono successivamente tramandati di padre in figlio.
La conoscenza necessaria per accumulare patrimonio direzionale è invece generalmente
meno diffusa nelle imprese familiari dove l’apporto di cultura manageriale attraverso l’ingresso di
dirigenti esterni alla famiglia è spesso assente o rimandato nel tempo e dove la gestione dell’azienda
17
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
22
da parte della famiglia non si fonda su una conoscenza approfondita e critica delle tecniche e degli
strumenti manageriali.18
La dedizione e la coesione del personale sono favorite soprattutto dalla possibilità per ogni
collaboratore di identificare nella famiglia proprietaria un punto di riferimento autorevole, definito e
stabile.
Un'altra caratteristica delle imprese familiari è la minore dinamica del personale. Questa,
però, non si manifesta all’interno delle imprese turistico-ricettive del Trentino; la causa va ricercata
nella mancata continuità del processo lavorativo dovuta alla stagionalità del settore. Stagionalità che
spesso significa precarietà e che quindi diviene motivo di fuga dal settore turistico o di ricerca di
lavori stagionali di lunga durata (mare, termale, ecc.). Altre cause dell’elevato turnover sono la
scarsa condizione sociale di un lavoro spesso identificato come “servile” e la formazione in entrata
e sul lavoro non sempre adeguata alle esigenze della clientela.19
La credibilità dell’impresa familiare è fortemente legata, nel bene e nel male, alla credibilità
della famiglia proprietaria. L’immagine dell’impresa nei confronti dei nuovi collaboratori, dei
fornitori, dei clienti, degli istituti di credito, risente in misura rilevante della affidabilità della
famiglia proprietaria. Se la famiglia possiede un patrimonio extra-aziendale consistente e dimostra
di essere interessata allo sviluppo di lungo periodo dell’impresa (e non già di volere “sfruttare”
l’impresa per costruirsi a sue spese una posizione di prestigio personale) la credibilità dell’azienda
ne risulta influenzata positivamente. Se la famiglia, al contrario, dimostra di voler approfittare
dell’impresa, è lacerata al suo interno da conflitti profondi, si ostina a voler svolgere compiti
imprenditoriali e direzionali pur se nessuno dei familiari possiede le capacità adatte, la credibilità
dell’impresa si incrina e diminuiscono le possibilità di raccogliere il consenso e le collaborazioni
necessari al suo sviluppo.20
Come le condizioni patrimoniali tangibili, anche quelle intangibili se non vengono posti in
essere gli adeguati accorgimenti si consumano o diventano obsolete. Perché la famiglia possa
continuare ad accumulare condizioni patrimoniali intangibili è fondamentale la qualità dei
successori alla guida dell’impresa. Non sempre i successori sono in grado di alimentare i processi di
accumulo di conoscenza, dedizione e coesione del personale e credibilità.
A queste mancanze è possibile ovviare ricorrendo all’assunzione di manager preparati, ma
nelle microimprese, dove questo è praticamente impossibile, si può optare per la formazione del
18
Cfr. Considi, Indagine sul rapporto tra proprietà e manager nelle imprese familiari italiane, 1992.
Cfr. Osservatorio Provinciale per il Turismo nella Provincia Autonoma di Trento, Analisi e approfondimenti per la
predisposizione delle Linee Guida per la politica turistica in Trentino, report agosto 2005.
20
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
19
23
successore, anche con esperienze lavorative all’esterno dell’azienda di famiglia, presso “imprese
eccellenti” del settore.
Relativamente all’elemento composizione e dinamica dell’organismo personale, superata
una certa dimensione, nelle imprese familiari si inseriscono manager non familiari. I dirigenti che
svolgono la propria carriera all’interno di imprese familiari presentano caratteristiche differenti da
quelli che operano in imprese di altre classi.
Spesso i manager assunti nelle imprese familiari sono in qualche modo legati a membri della
famiglia proprietaria: amici, compagni di scuola, colleghi durante corsi di formazione o in imprese
dove i membri della famiglia proprietaria abbiano passato qualche tempo per acquisire esperienza.21
L’assunzione di dirigenti conosciuti può essere dovuta alla paura del confronto con professionalità
più elevate ma anche alla cautela nell’avvalersi di professionisti magari molto validi, ma poco
conosciuti, che possono rivelarsi incapaci di inserirsi in imprese così particolari come quelle
familiari.
Chi assume ruoli di rilievo in imprese familiari, in particolare in quelle dove membri della
famiglia proprietaria hanno anche una funzione manageriale, deve possedere, oltre ovviamente ad
un elevato livello di competenze, l’energia necessaria per svolgere una notevole “quantità di lavoro”
e una spiccata disponibilità ad adattarsi ad un contesto di lavoro con regole poco formalizzate. Ciò è
particolarmente vero in un settore come quello turistico in cui sia per ragioni di equilibrio
economico che culturali si sostengono ritmi intensi ed orari lavorativi particolari e dove le deleghe
di responsabilità non sono rispettate in modo rigido.
I processi di carriera nelle imprese familiari sembrano essere caratterizzati da una certa
lentezza, sia perché spesso queste imprese sostengono tassi di crescita contenuti, e quindi le nuove
posizioni di responsabilità si creano lentamente, sia perché generalmente esiste un numero di
membri familiari sufficiente per occupare tali posizioni.
Negli assetti organizzativi delle imprese familiari, non solo di piccole e medie dimensioni,
prevale una logica “organicistica”, ossia una logica che privilegia “una continua ridefinizione dei
compiti individuali grazie alla interazione con gli altri” piuttosto che la rigida definizione dei
compiti e delle procedure (Burns T., Stalker G. M.). Nella logica organicistica è favorito lo sviluppo
della responsabilità individuale e della partecipazione. L’assenza di regole formalizzate agevola
tuttavia anche interventi arbitrari da parte dei membri delle famiglie proprietarie in aree di
responsabilità già assegnate a responsabili non familiari.
21
Cfr. Considi, Indagine sul rapporto tra proprietà e manager nelle imprese familiari italiane, 1992.
24
Le imprese familiari dunque presentano raramente una struttura organizzativa formalizzata,
rappresentata con un organigramma comunicato a tutti. Questo è spesso dovuto all’esigenza di non
scontentare alcun familiare andando a definire delle gerarchie.
Non è raro che, anche nelle imprese familiari meglio gestite, vi siano sistemi operativi non
perfettamente funzionanti. I sistemi di programmazione e controllo spesso non vengono attivati: i
familiari sono impegnati nell’impresa e il controllo è affidato a meccanismi informali ritenuti
sostitutivi di quelli formali. A volte poi si applicano solo meccanismi informali di programmazione
e controllo in quanto in realtà esistono due sistemi, uno a valere per i familiari e uno per i non
familiari e si ritiene più conveniente non comunicare tale dualismo. Quando esiste un sistema di
programmazione e controllo formalizzato, spesso accade che questo non venga applicato, ad
esempio perché prevede che un non familiare possa costringere un familiare a rispettare quanto
contemplato dal sistema stesso. Considerazioni di questo tipo possono essere fatte anche
relativamente ai sistemi operativi di retribuzione e di carriera. Il rischio di tali meccanismi è quello
di mettere in pericolo, più o meno rapidamente, la funzionalità dell’impresa.22
2.2 Una classificazione delle imprese familiari: le imprese
familiari domestiche.
All’interno dell’insieme delle imprese familiari coesistono imprese tra loro molto diverse
per valori condivisi, per caratteristiche dell’assetto istituzionale, per dimensione dell’organismo
personale, per altri caratteri della struttura aziendale, per tipo e intensità di relazioni con le aziende
di consumo delle famiglie proprietarie, per contesto nel quale si trovano ad operare. Guido Corbetta
nel suo libro Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, 1995, ha
classificato le imprese familiari considerando i problemi specifici di organizzazione, gestione,
rilevazione e controllo facendo riferimento alle relazioni tra famiglia e impresa.
L’osservazione di numerose imprese familiari lo ha indotto a proporre una classificazione a
partire da tre variabili:
-
il modello di proprietà del capitale dell’impresa;
-
la presenza di familiari negli organi di governo e negli organi di direzione
dell’impresa;
-
la dimensione dell’organismo personale dell’impresa.23
La prima variabile richiama le fasi di sviluppo dell’impresa familiare, e può essere articolata
in: capitale posseduto da un solo proprietario (modello di proprietà assoluta); capitale posseduto da
22
23
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
25
un ristretto numero di persone (modello di proprietà familiare chiusa stretta); capitale posseduto da
un numero di persone più ampio (modello di proprietà familiare chiusa allargata) e, infine, capitale
posseduto da soci discendenti dal fondatore, o dai fondatori, e anche da altri soci (modello di
proprietà familiare aperta).
La proprietà assoluta è tipica delle prime fasi della vita dell’impresa se fondata da una sola
persona. La proprietà chiusa stretta la si ritrova nelle imprese familiari di prima generazione se
fondate da più soci e nelle imprese familiari di seconda generazione discendenti da un unico ceppo.
La proprietà chiusa allargata è un modello diffuso nelle imprese familiari a partire dalla seconda
generazione in caso di imprese pluriceppo (più fondatori) e dalla terza generazione per le imprese
discendenti da un unico ceppo. La proprietà aperta la si può ritrovare in imprese familiari di ogni
generazione.
La seconda variabile, scelta perché rappresentativa della varietà dei rapporti che possono
esistere tra famiglia e impresa, è articolata in: organi di governo e organi di direzione composti solo
da membri della famiglia proprietaria del capitale; organi di governo composti solo da familiari e
organi di direzione dove sono impegnati familiari e non familiari; organi di governo e organi di
direzione dove sono impegnati familiari e non familiari.
La terza variabile, indice della varietà di gradi di articolazione e complessità dell’impresa, è
stata scomposta in: dimensione piccola (poche decine di persone), media (fino a poche centinaia di
persone) e grande.
La scelta di utilizzare la variabile “numero di membri dell’organismo personale” è stata fatta
per semplicità. In realtà questa variabile può essere considerata riduttiva come indice della
complessità di un’impresa ed i suoi valori possono assumere significati differenti in base ai settori
economici di appartenenza.
L’incrocio delle tre variabili presentate permette di individuare diverse tipologie di imprese
familiari. Tra queste le più diffuse sembrano essere:
-
imprese familiari domestiche: il modello proprietario è di tipo assoluto o stretto; le
dimensioni aziendali sono piccole; gli organi di governo e quelli di direzione sono
composti solo da familiari;
-
imprese familiari tradizionali: il modello proprietario è di tipo assoluto o stretto; le
dimensioni dell’impresa possono anche essere piccole, ma di norma sono medie o
grandi; gli organi di governo sono composti solo da familiari mentre negli organi di
direzione sono quasi sempre coinvolti sia familiari che non familiari;
-
imprese familiari allargate: si afferma il modello di proprietà allargata; le
dimensioni aziendali sono di norma medie o grandi (in pochi casi tali imprese sono
26
di piccole dimensioni); gli organi di governo possono essere composti solo da
familiari o anche da non familiari e gli organi di direzione, date le dimensioni
aziendali, vedono coinvolti familiari e non familiari;
-
imprese familiari aperte: persone non discendenti dal fondatore o dai fondatori sono
proprietarie di quote del capitale; le dimensioni dell’impresa sono medie o grandi; gli
organi di governo e quelli di direzione sono composti da familiari e non familiari.
Tornando alle imprese turistiche trentine, esse possono dunque essere nel complesso
classificate come imprese familiari domestiche, essendo di dimensione modesta, presentando un
modello proprietario di tipo assoluto o stretto (anche a proprietà di fatto individuale), una
significativa influenza della famiglia sull’impresa e di conseguenza una presenza importante, spesso
esclusiva, nell’amministrazione e direzione dei membri della famiglia.24 Sono imprese il cui
organismo personale è composto dai membri della famiglia più un numero limitato di collaboratori,
con struttura organizzativa elementare.25
Le imprese familiari domestiche solitamente non presentano un consistente patrimonio
proprio e una sufficiente capacità di attrarre personale dipendente non familiare qualificato per
ricoprire posizioni di un certo livello. Esse utilizzano prevalentemente risorse (finanziarie e di
lavoro) familiari, magari con remunerazioni (per unità di lavoro prestata) più contenute di quelle in
essere sui mercati dei fattori.
In non pochi casi una impresa familiare dove sono stati perseguiti obiettivi di crescita
limitata permane domestica per lunghi periodi, anche per più generazioni della famiglia ad essa
legata.
Le imprese familiari domestiche fondano la propria funzionalità duratura su una elevata
capacità di mobilitazione delle risorse umane grazie ad uno stile di direzione paternalistico e
“familiare” e su una certa capacità di adattare con rapidità la propria struttura e il proprio sistema di
offerta al mutare del contesto economico in cui si trova ad operare.26
Nelle imprese familiari domestiche il rapporto tra famiglia e impresa assume la massima
intensità. La famiglia fornisce tutti o la gran parte dei contributi critici per il successo dell’impresa:
i mezzi monetari sotto forma di capitale proprio e, talora, anche di capitale di debito;
l’imprenditorialità; le competenze manageriali e, spesso, anche le competenze esecutive. La
maggior parte delle ricompense che l’impresa è in grado di erogare quindi saranno ricevute dalla
famiglia.
24
Cfr. capitolo 1.1, Gli alberghi.
Cfr. capitolo 1.1, Gli alberghi.
26
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
25
27
I capitali investiti nell’azienda di produzione costituiscono spesso una quota rilevante del
patrimonio dell’azienda di consumo.27 La parte rimanente viene solitamente investita in attività
caratterizzate da un profilo di rischio molto basso (come immobili e titoli di debito pubblico).
I risultati di bilancio delle imprese familiari spesso sono difficili da determinare. Ciò è
dovuto alla sovrapposizione quasi totale di famiglia e impresa, che facilita il sorgere di rapporti
poco chiari tra i due istituti. Capita ad esempio che l’azienda di produzione ceda beni all’azienda di
consumo familiare senza ricevere in cambio alcun corrispettivo, che i familiari offrano le loro
prestazioni di lavoro nell’impresa senza ricevere remunerazioni oppure ricevendone in misura non
conforme alle condizioni di mercato, che l’azienda familiare ceda disponibilità monetarie
all’azienda di produzione senza ricevere alcun corrispettivo. Tutto ciò rende difficile, se non
impossibile, la valutazione dei risultati di bilancio dell’impresa da parte di un’analista esterno e,
talvolta, persino da parte degli stessi familiari proprietari.28
2.3 L’impresa familiare domestica e l’influenza della famiglia.
Le imprese familiari si configurano come un sistema sociale complesso, nell’ambito del
quale si intersecano, sovrapponendosi, tre distinti sistemi sociali elementari: la famiglia, la proprietà
e l’impresa (figura 2.3.1).
Figura 2.3.1 - The Three Circle Model.
Ownership
Family
Business
FONTE: Viganò E., Il valore dell’impresa nella successione familiare (Primi appunti), CEDAM 2005.
27
28
Con il termine azienda di produzione indichiamo l’impresa, mentre con azienda di consumo la famiglia.
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
28
Questo modello evidenzia con immediata chiarezza visiva l’intreccio fra il peso della
famiglia, anche come struttura proprietaria, e l’attività economica che si svolge nell’azienda.
Il sistema impresa familiare si identifica con l’area comune di sovrapposizione dei tre
sistemi sociali elementari (famiglia, proprietà, impresa). In questa area di sovrapposizione si
osserva la situazione in cui il fondatore o l’imprenditore proprietario è membro della famiglia e
nello stesso tempo è responsabile principale di tutte le attività di gestione dell’impresa,
eventualmente in collaborazione con altri familiari che condividono lo status di proprietari.
Nelle aree in cui la sovrapposizione istituzionale interessa solo due dei tre sistemi si hanno
gli altri attori che sono coinvolti a vario titolo nell’impresa familiare:
-
membri della famiglia (figli, nipoti, altri parenti) che, anche se sono esclusi dalla
proprietà dell’azienda, partecipano direttamente all’attività di gestione e direzione, in
qualità di dirigenti oppure, semplicemente, come lavoratori subordinati, apportando
risorse in termini di imprenditorialità, competenze manageriali e/o competenze
tecniche/specialistiche;
-
membri della famiglia che non prestano alcuna attività lavorativa nell’ambito
dell’azienda ma apportano soltanto mezzi monetari, sotto forma di capitale proprio,
in qualità di soci;
-
soggetti estranei all’ambito familiare, tuttavia ugualmente coinvolti sia nella
proprietà, come soci, che nell’attività di gestione a diversi livelli, come apportatori di
contributi critici (figura assente nelle imprese più piccole, caratteristica di aziende
che assumono dimensioni maggiori).
Nelle aree del sistema impresa familiare che non sono oggetto di sovrapposizioni
istituzionali si identificano soggetti indipendenti dalle relazioni che definiscono l’azienda, ossia:
-
membri della famiglia non coinvolti nella compagine proprietaria, né interessati
all’attività aziendale;
-
soci proprietari che non appartengono all’ambito familiare e non prestano il loro
contributo nella gestione dell’impresa;
-
dirigenti o lavoratori dipendenti assunti al di fuori del nucleo familiare ed estranei
all’ambito proprietario.
I tre sistemi, famiglia, proprietà ed impresa, possono dare vita a situazioni di reciproco
condizionamento, a seconda della misura in cui il nucleo familiare è coinvolto nella proprietà e/o
nella gestione aziendale.
Quando le aree di sovrapposizione si riducono al minimo e ciascun sistema presenta
un’elevata autonomia ed indipendenza, siamo di fronte alla situazione tipica delle imprese di
29
maggiori dimensioni, dove la dimensione della proprietà tende a presentarsi come nettamente
distinta dal management aziendale e questo, a sua volta, è soggetto in misura inferiore ai
condizionamenti che possono derivare dalla proprietà. Viceversa, nelle imprese familiari di minore
dimensione, si osserva una situazione di estesa sovrapposizione tra i sistemi sociali elementari, con
riduzione al minimo delle aree indipendenti (Cafferata 1988; Nanut, Compagno 1989; Compagno
1989; Ciambotti 1991; Corbetta 1995). Quest’ultima è la situazione che identifica le imprese
familiari domestiche.
Ogni sottosistema sociale risponde a norme, principi e regole diverse, rimanendo tuttavia
strettamente interdipendente rispetto agli altri due. La famiglia ruota attorno ai valori della coesione
e dell’armonia, il sistema proprietà è incentrato sull’interesse e sul ritorno dell’investimento, il
sistema impresa esprime esigenze di efficienza operativa in termini di economicità e di “ambiente”
in cui si svolge l’attività produttiva (Lansberg 1983; Compagno 1989).
Figura 2.3.2 - Le logiche dei sistemi “impresa” e “famiglia”.
Impresa
(azienda di produzione)
Famiglia
(azienda di consumo)
Razionalità
Finanziamento
Merito
Delega
Obiettivi/Risultati
Cambiamento
Sentimento
Risparmio
Appartenenza
Controllo
Valori
Tradizione
FONTE: Boldizzoni D. (1988).
Nelle imprese familiari domestiche, dove è estesa la sovrapposizione tra il sistema famiglia
ed il sistema impresa, c’è una maggiore probabilità di ambiguità normativa e di contrasto tra logiche
30
di azione orientate affettivamente (pater familias29) e/o politicamente (homo politicus30) da un lato,
e logiche di azione ispirate da criteri di razionalità economica dall’altro (homo economicus31).
Famiglia e azienda propongono norme differenti per quanto riguarda obiettivi, struttura
organizzativa, gestione delle risorse umane e gestione delle relazioni esterne (figura 2.3.3);
l’imprenditore, che si trova a essere a capo sia della famiglia che dell’impresa, deve operare in
condizioni di ambiguità e sotto la spinta di valori tra loro incongruenti. Spesso viene adottata la
strategia del compromesso tra principi conflittuali o quella dell’oscillazione tra principi familiari e
principi aziendali. Non sempre però queste scelte costituiscono il bene dell’impresa.
Figura 2.3.3 – La “sovrapposizione istituzionale” comporta una tensione tra logiche e modelli
normativi non omogenei.
La sovrapposizione istituzionale: alcune dimensioni esemplificative
Dimensioni
Obiettivi
Struttura organizzativa
Gestione risorse umane
Gestione relazioni esterne
Norme della famiglia
- preservare il controllo
- mantenere lo status politicosociale nella comunità
- perpetuare cultura e
tradizione
- tendenza a non formalizzare
in modo esaustivo
- articolazione delle posizioni in
funzione delle aspirazioni e
preferenze individuali con alta
probabilità di duplicazioni
- criteri particolaristici e spesso
connotati affettivamente
- valutazione di bisogni e
aspirazioni individuali
- comportamenti altruistici
- uniformità a norme e sanzioni
Norme dell’impresa
- profitto
- crescita
- modernizzazione
- formalizzazione esaustiva
della struttura organizzativa
- articolazione delle posizioni in
funzione delle strategie
aziendali
- criteri universalistici,
affettivamente neutrali
- meritocrazia e misurazione
delle performance
- selezione dei fornitori in base
al criterio di economicità
transazioni puramente di
mercato
ADATTATO DA: Lasenberg I. (1983).
La sovrapposizione istituzionale molto marcata tra famiglia e impresa non è però solo fonte di
svantaggi e ostacoli allo sviluppo; la maggior autonomia e il forte senso di appartenenza peculiari
dei soggetti coinvolti nelle imprese familiari consentono infatti di (Boldizzoni 1997):
29
La locuzione latina pater familias, tradotta letteralmente, significa padre di famiglia. Nel caso in esame il concetto di
pater familias viene utilizzato per descrivere un uomo che cerca, nel modo secondo lui migliore, di aiutare i figli.
30
L’homo politicus ha come obiettivo quello di consolidare il suo potere, o quanto meno di conservarlo.
31
Homo economicus è un concetto fondamentale della teoria economica neoclassica: si tratta, in generale, di un uomo le
cui principali caratteristiche sono la razionalità, (intesa in senso precipuo, soprattutto come precisione nel calcolo) e
l’interesse esclusivo per la cura dei suoi propri interessi individuali. Esso è interessato ai risultati dell’azienda ed ai
guadagni che produce.
31
•
avere maggiore orientamento al lungo periodo, spesso finalizzato al consolidamento della
propria posizione competitiva sul mercato, associato ad una elevata capacità di affrontare le
difficoltà contingenti;
•
avvalersi della cultura familiare, coesa e omogenea, a fini aziendali, in particolare per quanto
riguarda lo stile di leadership da esercitare e l’universo di valori di riferimento, con positive
ripercussioni gestionali a livello di rapidità decisionale e flessibilità operativa e strategica;
•
disporre di una approfondita conoscenza del business. Una elevata socializzazione della
conoscenza, unita ad una polivalenza di ruoli genera nelle imprese familiari una conoscenza
diffusa soprattutto sugli elementi tecnici-produttivi e commerciali. Spesso queste imprese
nascono proprio intorno ad una innovazione di prodotto o di processo i cui elementi
caratteristici vengono poi tramandati di padre in figlio.
L’impatto della famiglia sull’impresa può dunque essere visto in chiave positiva, non già
come un vincolo, ma come risorsa per l’impresa, in quanto può produrre un maggiore
coinvolgimento in termini di identificazione, impegno, motivazione, e una maggiore continuità
nell’esercizio della leadership (Davis 1983).
Una rappresentazione grafica di P. Davis, nell’opera Realizing the Potential of the Family
Business, in Organizational Dynamics, evidenzia la persistente vitalità delle aziende familiari,
nonostante i crescenti ostacoli incontrati nel corso degli ultimi decenni per ragioni di ordine sociale,
psicologico e organizzativo, valutando gli elementi che nelle imprese familiari sono intrinseci al
conseguimento di obiettivi complessi.
Figura 2.3.4 – Matrice di correlazione di Davis.
Determinazione nel perseguire gli obiettivi (Grado di intenzionalità)
Alto
Basso
Alto
Imprese eccellenti
Imprese che
(sistemi orientati ai
sopravvivono
risultati)
(sistemi orientati alla
sopravvivenza)
Efficienza operativa
(Grado di competenza
e capacità di
performance)
Alta
concentrazione di
imprese
familiari
Basso
Imprese
pretenziose
(sistemi di stima)
FONTE: Davis P. (1983).
32
Imprese allo sbando
(sistemi in crisi)
Tali elementi, secondo l’opinione dell’autore, sono il grado di determinazione nel perseguire
gli obiettivi del sistema ed il grado di efficienza nello svolgere le attività necessarie a tale
perseguimento.
Incrociando i due elementi in una matrice di correlazione Davis individua (figura 2.3.4):
Le imprese eccellenti, che presentano un elevato grado sia di determinazione che di capacità
nel perseguire gli obiettivi e quindi sono destinate a conseguire risultati di prestigio.
Le imprese che sopravvivono, le quali ad un alto grado di capacità professionale non
abbinano l’adeguata determinazione nel definire e perseguire gli obiettivi dell’organizzazione.
Le imprese pretenziose che pur adeguatamente motivate al raggiungimento degli obiettivi,
non hanno le capacità professionali ed organizzative necessarie a perseguirli.
Le imprese allo sbando che mancano sia di motivazioni che di capacità professionali.
Secondo Davis è proprio l’elevato grado di intenzionalità e motivazione presente nelle
imprese familiari a far sì che esse continuino ad avere un peso rilevante nell’economia dei paesi
industriali più avanzati.
Oggi si sta assistendo ad una vera e propria “rivalutazione culturale” che passa attraverso la
contrapposizione al cosiddetto capitalismo manageriale, nel quale la mancanza di controllo della
proprietà sul management ha spesso danneggiato le imprese, guidate da professionisti preoccupati
soprattutto di massimizzare i risultati a brevissimo termine, e quindi i loro profitti personali, a
danno della sopravvivenza e dello sviluppo delle aziende stesse.
Detto questo è comunque importante tenere presente che il modello familiare potrà
sopravvivere alle sfide del mercato globale solo a condizione di profonde mutazioni.
La famiglia resta e resterà il perno dell’imprenditoria, ma essa dovrà imparare a distinguere i
vari momenti in cui si comporta e parla come proprietà e quando agisce e comunica come gestore
dell’impresa. Dovrà inoltre essere in grado di conquistarsi una cultura di gestione di tipo
manageriale che è condizione indispensabile per svilupparsi in un contesto di forte globalizzazione.
Nelle situazioni e nei settori infatti in cui le competenze non solo funzionali (tecniche,
produttive, commerciali), ma soprattutto manageriali diventano un fattore critico di competitività e
quindi di sviluppo, il “commitment familiare” non è più sufficiente a garantire la continuità
dell’impresa.
Anche nelle piccole e medie imprese familiari domestiche assume dunque importanza
l’introduzione di cambiamenti che potenzino l’area delle capacità organizzative.
33
2.4 Il ruolo dell’imprenditore nelle imprese familiari domestiche.
Problemi e conflittualità all’interno dell’impresa sono sempre presenti. Essi si manifestano
però con intensità particolare quando l’imprenditore–fondatore è la figura dominante, come accade
nelle imprese familiari domestiche.
L’imprenditore riassume in se tutte le prerogative del soggetto economico. A tale
polivalenza “istituzionale” fa riscontro una polivalenza dei ruoli nelle unità organizzative: la
limitata dimensione, l’elevata personalizzazione dei rapporti, la familiarizzazione organizzativa
spingono ad una continua modificazione dei ruoli e delle prestazioni individuali.
Levison (1972) descrive l’imprenditore–fondatore come un soggetto motivato da un forte
desiderio di autonomia nell’avviare l’impresa; a questa caratteristica sono collegati altri elementi
che configurano questo
soggetto come un individuo con forte bisogno di affermazione e di
successo personale.
I fattori elencati, che contraddistinguono l’imprenditore-fondatore, contribuiscono in modo
decisivo alla elaborazione di una business idea in grado di determinare il successo dell’impresa.
Secondo Schein il fondatore dà vita all’impresa con una precisa teoria di “come riuscire”; parte
integrante di questa teoria è il paradigma culturale dell’imprenditore, costituito dalla sua visione
della realtà e dai suoi principi.
Il trasferimento del paradigma culturale personale dell’imprenditore all’azienda nascente da
origine alla “cultura organizzativa” dell’impresa. Per cultura organizzativa si intende “l’insieme di
assunzioni di base che un gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato nella gestione dei suoi
problemi di adattamento rispetto all’ambiente esterno o di integrazione all’interno” (Schein 1983).
Il fondatore tende ad attivare nell’ambito dell’organizzazione e tra i suoi collaboratori, un
ambiente che costituisce il riflesso dei propri valori e delle proprie attitudini:32 l’imprenditore
presenta un forte orientamento a se stesso (Boldizzoni 1990) ed una spiccata lealtà verso la società
di riferimento; egli è inoltre decisamente propenso all’assunzione di rischi ed al perseguimento di
obiettivi non economici.
Viste le modalità con cui si è andata costituendo l’impresa, questo imprenditore sarà portato
ad operare e ad esercitare le proprie prerogative decisionali più sulla base di conoscenze e rapporti
di fiducia personali che su principi e regole formali.
L’atteggiamento dell’imprenditore–fondatore è orientato all’accentramento di responsabilità,
con una scarsa propensione alla delega: ciò contribuisce in modo decisivo al successo dell’impresa
ma è anche un ostacolo nei momenti immediatamente successivi alla fase di avvio. Tale
32
Cfr. capitolo 2, Le imprese di proprietà ed a conduzione familiare.
34
comportamento può infatti impedire la crescita, lo sviluppo dell’impresa e la formazione di un
potenziale successore.
La situazione di centralità dell’imprenditore porta evidentemente delle conseguenze
significative a livello di sistemi e di processi organizzativi.
Per descrivere il funzionamento del sistema organizzativo delle piccole imprese familiari
possiamo fare riferimento allo schema adottato nei lavori di Compagno (1989) e Nanut–Compagno
(1989) prendendo in considerazione le variabili organizzative più significative relative a:
-
sistema decisionale;
-
sistema di pianificazione e controllo;
-
sistema di valutazione del personale;
-
cultura aziendale.
Nella piccola impresa familiare il sistema decisionale risulta fortemente accentrato, con un
grado praticamente nullo di formalizzazione e strutturazione. Il capo–azienda interviene in modo
pressoché esclusivo nello svolgimento di un elevato numero di processi decisionali.
Se nelle decisioni sono coinvolti i vari membri della famiglia, spesso relativamente a quelle
più rilevanti di cambiamento strategico ed organizzativo è difficile che si giunga ad un accordo
univoco basato su logiche di razionalità economica. Tale difficoltà conduce a scelte che in molti
casi sono improntate al compromesso, inadeguate dal punto di vista gestionale e poco coerenti con
le necessità di crescita e “modernizzazione” dell’impresa.
Frequentemente manca un livello di apprendimento tale da consentire “la predisposizione di
un’adeguata strumentazione per il trattamento dei problemi decisionali che si presentano spesso con
ripetitività ed omogeneità” (Compagno 1989).
La mancata strutturazione per quanto riguarda la presa di decisioni può essere ricondotta
anche all’elevato grado di accentramento, unito alla limitata divisione del lavoro; questi elementi
determinano un basso livello di ripetitività dei compiti e, quindi, una scarsa possibilità di
standardizzazione dei processi decisionali.
Le reti di comunicazione passano tutte attraverso il soggetto imprenditore. In questo modo
egli può coordinare, attraverso una gestione diretta dei canali di comunicazione, tutti gli organi e le
posizioni presenti nell’ambito della struttura.
La pianificazione ed il controllo delle attività svolte nell’organizzazione non trovano in
genere nelle piccole imprese familiari domestiche e tradizionali alcuna esplicita definizione di tipo
quantitativo. Le direttrici di azione sono definite per il breve periodo e calibrate sulle specifiche
esigenze del momento. Il soggetto imprenditore traduce di volta in volta le linee d’azione in
35
descrizioni e prescrizioni riguardanti i comportamenti individuali. In tali contesti il controllo è
esclusivamente di tipo gerarchico
In riferimento ai sistemi di valutazione del personale, all’interno delle imprese familiari si
adottano spesso le pratiche di “nepotismo aziendale” (Martinelli 1988). Le posizioni direttive, o
comunque di maggiore rilievo, vengono affidate a membri della famiglia, privilegiando così i
legami di sangue rispetto alla valutazione delle effettive capacità indispensabili per l’assunzione di
ruoli direttivi.
I membri dell’organizzazione che non appartengono alla famiglia vengono spesso
scarsamente considerati, sia in termini di riconoscimento dei loro contributi che in termini di
ricompense (Costa 1990; Corbetta 1995; Demattè, Corbetta 1993). In tal modo l’impresa familiare
di piccole dimensioni si espone spesso al saccheggio delle risorse umane da parte di grandi imprese
in grado di offrire condizioni lavorative complessivamente più gratificanti.
Figura 2.4.1 – I principali caratteri dei sistemi operativi di gestione delle risorse umane, generati
rispettivamente da norme familiari e da norme aziendali.
Norme familiari
Norme aziendali
Selezione: assumere gli appartenenti al gruppo
Selezione: assumere solo coloro che sono
familiare
professionalmente validi
Retribuzione: distribuire compensi in funzione dei
Retribuzione: distribuire compensi in funzione del
bisogni di sviluppo individuali
mercato del lavoro, delle esperienze e dei risultati
Valutazione: non differenziare tra i familiari;
Valutazione: differenziare fra collaboratori e
considerare l’individuo come “fine” e non come
identificare prestazioni più elevate: Guardare
“mezzo”
all’individuo più come “mezzo” che come “fine”
Formazione: fornire opportunità di apprendimento
Formazione: fornire opportunità di apprendimento
volte a soddisfare i bisogni di sviluppo individuali
volte a soddisfare i bisogni organizzativi
ADATTATO DA: Lasenberg I. (1983).
La valutazione del personale è di tipo soggettivo. All’analisi delle prestazioni, attuabile
secondo criteri di razionalità economica e/o organizzativa di sostituisce spesso un’analisi di
conformità delle caratteristiche del soggetto valutato in base ai valori, alle norme e alla cultura
dominante nell’ambito dell’impresa. Questa modalità di valutazione deriva dallo stile di direzione
autoritario e paternalistico adottato dall’imprenditore, che costituisce il baricentro delle relazioni
sociali interne all’impresa.
I principali caratteri dei sistemi operativi di gestione delle risorse umane, generati
rispettivamente dalle norme familiari e da quelle aziendali, sono riportati in figura 2.4.1.
36
2.5 Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
La vita dell’azienda può essere scomposta nelle fasi di avvio, sviluppo, espansione, maturità,
declino oppure ulteriore sviluppo.
Con il termine sviluppo non si intende esclusivamente una crescita dimensionale, ma anche
un processo di sviluppo di tipo qualitativo focalizzato sull’adattamento all’ambiente, sulla ricerca di
qualità elevata del prodotto/servizio offerto e di consenso sociale all’interno e all’esterno
dell’impresa, ecc., anche in assenza di crescita dimensionale.33
Questa seconda tipologia di sviluppo è quella che caratterizza le piccole o micro imprese
familiari domestiche, in settori come la distribuzione all’ingrosso e al dettaglio (alimentare e non),
tessile-abbigliamento, arredamento, ceramico e turistico-alberghiero.
L’elevato grado di frammentazione del settore, unito spesso alla prevalenza di una
competizione locale e, talvolta, alla possibilità di scomporre l’intera filiera produttiva con
l’intervento di molti attori magari all’interno di aree geografiche circoscritte, contribuiscono a non
elevare oltre misura le dimensioni minime necessarie per poter competere con ruoli di leader.
In questi settori si trovano molte imprese di piccole dimensioni in larga prevalenza familiari,
e alcune di medie e grandi dimensioni che però, da un lato non raggiungono grandissime dimensioni
e, dall’altro, non comportano un forte fabbisogno di capitali. In questo modo si “neutralizza” un
fattore di debolezza delle imprese familiari che è quello di non poter adeguare rapidamente i mezzi
propri a repentini e consistenti aumenti del capitale investito date le limitate possibilità delle
famiglie proprietarie.
La competitività di lungo periodo in alcuni settori qui richiamati si fonda anche sulla
capacità di trasmettere nel tempo il sapere imprenditoriale specifico accumulato dalle generazioni
precedenti,34 in particolare quando questo sapere ha la caratteristica che in letteratura viene indicata
con tacit knowledge, ovvero quel sapere che non è facilmente codificabile e dunque non è
trasmissibile utilizzando solo le forme tradizionali di comunicazione orale o scritta.
Il tacit knowledge, spesso, costituisce una competenza distintiva delle imprese operanti in
questi settori e chi lo possiede è disposto a trasferirlo solo a qualcuno che sia legato all’azienda da
vincoli solidi e duraturi. Inoltre, l’intrinseca complessità di tale forma di sapere e la difficoltà di
33
Per alcuni studiosi (per la maggior parte statunitensi) la piccola impresa costituisce una configurazione organizzativa
tendenzialmente instabile e precaria per la quale, se non vuole scomparire, la crescita è un percorso inevitabile. Esiste
però una seconda corrente di pensiero che rifiuta i modelli deterministici basati sull’imperativo della crescita
dimensionale a favore di approcci che vedono l’impresa minore come genus stabile di organizzazione composta da due
facce, quella dell’impresa, più riconducibile alla logica economica e alla razionalità organizzativa, e quella
dell’imprenditore rispondente a logiche e motivazioni personali e familiari, più sfuggenti ma non per questo meno
importanti (Boldizzoni 1985).
34
Sul sapere imprenditoriale si legga Corno F., Lo sviluppo del sapere imprenditoriale nel governo dell’impresa,
Milano, EGEA.
37
elaborarlo/razionalizzarlo in modelli per facilitarne la trasmissione, fanno sì che il sapere
imprenditoriale sia spesso trasmesso per osmosi, un metodo che richiede una prolungata convivenza
tra maestro e discente.35 Tutto ciò spiega perché il sapere imprenditoriale viene più facilmente
tramandato nelle imprese familiari da un padre ad un figlio.
Nel 1974 Kroeger ha studiato il modello del ciclo di vita delle imprese in relazione alle
capacità fondamentali che l’imprenditore deve possedere o acquisire affinché l’azienda possa
sopravvivere e/o svilupparsi.
Il modello proposto si presta particolarmente ad essere applicato alle imprese familiari di
minori dimensioni, dove il profilo imprenditoriale e la caratterizzazione familiare della proprietà
possono avere differenti implicazioni sullo sviluppo dell’impresa. Il modello di Kroeger, infatti,
collega ogni fase del ciclo di vita aziendale al profilo imprenditoriale richiesto per attuare la
gestione nel modo più efficace possibile (figura 2.5.1).
Figura 2.5.1 – Il modello di Kroeger (Kroeger 1974).
Nascita
Sviluppo
Espansione
Maturità
Declino/Sviluppo
Stadi del ciclo di vita
Fondatore
Inventore
Pianificatore
Organizzatore
Stimolatore dello
sviluppo
Realizzatore
Amministratore
Operatore
Successore
Riorganizzatore
Ruoli imprenditoriali
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
35
Con riferimento alle forme di trasmissione di tale sapere, Demattè scrive: “(i padri) hanno assorbito le loro
conoscenze e le loro capacità nell’esercizio quotidiano delle loro funzioni. Talvolta hanno difficoltà a verbalizzare ciò
che sanno” (Demattè C., Ricambio o scontro generazionale, in “Economia e Management”, 1988, p. 6).
38
A capacità imprenditoriali innovative, necessarie nella fase di avvio, ad esempio, seguono
capacità manageriali di tipo analitico in grado di pianificare lo sviluppo. Capacità innovative e di
cambiamento diventano critiche nella fase di declino.
La fase iniziale del ciclo di vita imprenditoriale ruota attorno alle doti personali di un
imprenditore/fondatore carismatico. Si tratta prevalentemente di tratti non modificabili: la
propensione al rischio, la creatività, l’orientamento all’innovazione.
Le esperienze delle imprese familiari dimostrano che in molti casi gli imprenditori hanno
saputo far convivere due anime tra loro apparentemente contrastanti: quella di audaci visionari e
quella di puntigliosi amministratori aziendali. Nelle fasi di sviluppo e maturità del ciclo di vita
imprenditoriale, la struttura d’impresa e l’equilibrio tra mercato ed organizzazione diventano uno
strumento importante per dare ordine alle idee e alle motivazioni dell’imprenditore.
Alla fase di maturità succede il momento della svolta: da esso prende il via l’ulteriore
sviluppo o il declino dell’impresa familiare. Lo sviluppo può consistere in una crescita
dimensionale dell’impresa, ma anche soltanto di un processo di tipo qualitativo focalizzato
sull’evoluzione dei rapporti fra impresa ed ambiente, per un maggior adattamento all’ambiente
senza per questo aumentare le dimensioni. L’impresa però non vedrà tale sviluppo e sarà destinata
ad un più o meno rapido declino se alla sua direzione non subentra un “successore-riorganizzatore”;
egli dovrà unire uno spiccato talento imprenditoriale alle capacità manageriali e di gestione
necessarie per guidare il rilancio dell’impresa.
La definizione di un ciclo di vita dell’impresa ha come limite l’intrinseca concezione
universalistica che invece può trovare smentita in moltissimi casi di imprese che, anche se di
successo, non si sviluppano, non crescono, oppure che anche se si sviluppano non crescono
dimensionalmente, oppure anche se crescono dimensionalmente sono fondate su formule
imprenditoriali sufficientemente mature tali da non richiedere nello sviluppo dell’azienda un
adeguamento delle capacità imprenditoriali. Quest’ultimo potrebbe essere il caso di un’azienda
sorta fin dall’inizio su competenze precedentemente identificate come tipiche di un “innovatore –
adattatore”.
Al modello di Kroeger possono dunque essere mosse una serie di osservazioni:
- il ciclo di vita dell’impresa può stazionare o interrompersi in certe fasi senza che stazioni o che si
interrompa la vita dell’impresa, come nei casi di sviluppo tramite collaborazioni interaziendali;
- la coerenza necessaria tra ciclo di vita dell’impresa e capacità imprenditoriali è smentita nel caso
in cui ad esempio, anche se si sviluppa l’impresa secondo le fasi stabilite dal modello, questo
sviluppo non richiede un’evoluzione delle capacità imprenditoriali perché le caratteristiche su cui si
basa lo sviluppo sono puramente quantitative;
39
- è possibile che la proposta efficace successione di competenze imprenditoriali subisca un
cambiamento di sequenza ed invece di iniziare con un “fondatore – inventore” che prima o poi ceda
il passo ad un “amministratore–operatore” veda l’avvio dell’impresa attorno ad un “innovatoreadattatore” se non addirittura ad un “amministratore”: molte imprese inserite in un contesto di
localismo economico tradizionale ricadono certamente in questo specifico caso;
- infine un’ultima osservazione attiene alla considerazione che un simile modello sembra valere
unicamente nei casi in cui il soggetto economico sia costituito dalla/e stessa/e persona/e, abbia cioè
una composizione immutata nel tempo. Infatti, ogni cambiamento nella configurazione istituzionale
dell’azienda nella sua componente personale, sia che avvenga per una successione imprenditoriale
che per cessione dell’azienda stessa, provoca facilmente l’ingresso di un “riorganizzatore” anche se
l’impresa non è ancora giunta alla fase di declino.
40
3. Il passaggio generazionale nelle imprese familiari.
Per trasferimento d’impresa intendiamo il passaggio di proprietà di questa ad un’altra
persona o impresa che assicuri la continuità dell’azienda.36 Molto spesso, il cambiamento di
proprietà è dovuto al ritiro dell’imprenditore dagli affari. Il pensionamento è però soltanto uno dei
motivi in questione. Altre ragioni comprendono decisioni di carattere personale (ad esempio
pensionamento anticipato o cambiamento di attività professionale) evoluzione dell’ambiente
economico (cambiamenti di mercati, nuovi prodotti o canali di distribuzione) o anche fatti personali
(ad esempio divorzio, problemi di salute, decesso).
In generale il trasferimento d’impresa può avvenire all’interno della famiglia mediante
trasferimenti ereditari o donazioni tra una generazione e quella successiva o tra parenti di una stessa
generazione37 (trasferimento intrafamiliare o successione ereditaria) o mediante cessione a
dirigenti o a dipendenti non appartenenti alla compagine familiare, oppure mediante vendita a terzi,
a persone esterne o a società esistenti (acquisizioni e fusioni). Alternativa a queste tre opzioni è la
cessazione dell’attività.
Il trasferimento della proprietà ed il conseguente passaggio generazionale alla guida di
un’impresa familiare è una delle fasi più difficili della vita dell’impresa stessa.
E’ scontato che le criticità tipiche del momento del passaggio di un’impresa familiare da una
generazione all’altra siano legate al cambiamento di guida: ogni volta che si presenta un
cambiamento, in qualunque contesto, riferendoci in particolare ad un cambiamento relativo alla
gestione, si crea sempre una certa precarietà che può evolvere verso un nuovo equilibrio o verso la
rottura e morte completa del sistema.
Nell’ambito delle imprese familiari la “generazione” è definita come “un insieme di persone
dotate di valori, bisogni, atteggiamenti, esperienze, cultura e modelli di comportamento
relativamente omogenei all’interno dell’insieme, ma significativamente diversi dagli altri insiemi
analoghi”. (Modica Marco)
L’espressione “passaggio generazionale” sta ad indicare un processo attraverso il quale una
nuova generazione prende il posto di una vecchia.
La successione dunque presuppone:
1- l’esistenza di una vecchia generazione di individui,
2- l’esistenza di una nuova generazione di individui,
3- la sostituzione della vecchia generazione con la nuova.
36
37
Commissione Europea, 2002.
Banca d’Italia, 1994.
41
Il passaggio generazionale alla guida di un’impresa può essere concepito come un processo
che, con l’obiettivo di garantire continuità all’impresa, perviene alla delega della responsabilità
attinente al ruolo imprenditoriale. Il fatto di considerare la successione come un processo porta ad
approfondire non solo il momento del passaggio del testimone, ma pure tutte le decisioni che
precedono e seguono l’evento ed hanno effetti diretti o indiretti sulla sua efficacia e sullo sviluppo
dell’impresa.
“Passare la mano” significa dunque anche e soprattutto conoscere e pianificare lo sviluppo
aziendale futuro e preparare l’inserimento in azienda della nuova generazione. In questo modo è
possibile avere una base oggettiva di riferimento su cui impostare il confronto generazionale, la
formazione, la delega progressiva di responsabilità, la presa di decisioni.
La successione imprenditoriale deve essere preparata in ogni minimo particolare. Non può
essere automatica e scontata solo perché opera all’interno di un’impresa familiare di piccole
dimensioni, anzi: le problematiche più intense per quanto riguarda il passaggio generazionale si
affrontano proprio quando l’impresa è di natura familiare e di ridotte dimensioni.
Si stima che meno di un terzo delle imprese familiari sopravvive alla seconda generazione e
che solo il 15% la supera.38 In relazione all’incapacità delle imprese del nostro paese di superare le
crisi connesse al ricambio generazionale si è parlato addirittura di una sindrome Buddenbrook,
richiamando la parabola della famiglia al centro del romanzo di Thomas Mann39.
Date le peculiarità dell’impresa familiare, il problema del passaggio generazionale presenta
una pluralità di dimensioni tra loro strettamente connesse e richiede di essere affrontato integrando
una molteplicità di competenze. Oltre alle dimensioni più tradizionalmente considerate (giuridiche,
fiscali e patrimoniali-finanziarie), sono fondamentali quelle che sono patrimonio della consulenza
direzionale, nonché le competenze di natura psicologica, sociologica e comunicazionale necessarie
a gestire la dimensione del così detto patrimonio intangibile.40
Il processo di successione imprenditoriale alla guida delle imprese familiari si rivela
complesso perché il suo svolgimento è condizionato da diverse variabili, che possono avere natura
aziendale o ambientale (figura 3.1).
Al fine di approntare la strategia adatta per affrontare adeguatamente la transizione
generazionale occorre prendere in considerazione l’impatto di ciascuna variabile critica e
38
Dati Infocamere, 2003.
I Buddenbrok, libro pubblicato nel 1901, racconta il declino parallelo di una stirpe di commercianti di Lubecca e della
loro impresa. Tutto si consuma nell’arco di quattro generazioni: da Johann, il fondatore, spinto da un sano spirito
capitalista animale, sino a Hanno, disinteressato ai libri contabili e innamorato della musica e della morte, destinato a
morire di tifo.
40
Per la definizione di patrimonio intangibile cfr. capitolo 2.1, La struttura dell’impresa familiare.
39
42
considerare la successione imprenditoriale come un processo altamente “firm specific” (c.d.
“approccio contingente”, Boldizzoni 1990).
Figura 3.1 – Variabili che condizionano il processo di successione imprenditoriale nelle imprese di
minori dimensioni.
Grado di “familismo”
Innovazione
tecnologica
Successione
generazionale
Territorio in cui
l’impresa è insediata
Business dell’impresa
Dimensioni e fase di
sviluppo
FONTE: Compagno C., Nanut V. e Venier F, Nascita, sviluppo e continuità dell’impresa artigiana, Franco Angeli
1999.
Con la variabile grado di “familismo”, viene indicato il grado di coinvolgimento
dell’imprenditore e della sua famiglia a livello sia proprietario che gestionale nell’impresa.
Il controllo della famiglia ha un peso determinante sul processo di successione, soprattutto
in tutti quei casi in cui il nucleo familiare esige che il successore faccia parte della famiglia, a
prescindere dalla competenza.
Rispetto a questo punto un’indicazione è quella di svincolare l’impresa dalla famiglia.
Un’altra soluzione è quella di investire risorse in attività di prevenzione, sia sul versante
della formazione professionale del successore, pianificata con anticipo, sia sul fronte della
consulenza finalizzata a condurre per mano il successore nel processo di successione.
Lo stadio di sviluppo dell’impresa, per le imprese di piccole dimensioni, viene qui inteso
come presenza o meno di significative potenzialità di evoluzione, in termini di (Preti 1991):
-
aumento dimensionale;
-
evoluzione incrementale dell’assetto organizzativo, attraverso processi di apprendimento;
43
-
stipulazione innovativa di accordi strategici di collaborazione interaziendale;
-
evoluzione radicale dell’assetto organizzativo.
Anche l’attuale assetto organizzativo, comunque, influisce sul processo di successione
attraverso diversi fattori quali la “chiarezza strutturale”, la natura dei rapporti fra capi e
collaboratori e lo stile di leadership adottato dall’imprenditore.
Come evidenziato da Kroeger nel suo modello,41 lo stadio di evoluzione dell’impresa
condiziona le capacità e le abilità richieste al successore per interpretare nel modo più adeguato il
ruolo imprenditoriale. Uno stile “autocratico”, tipico di molti imprenditori di prima generazione,
può essere poco appropriato a gestire una nuova fase di sviluppo dell’impresa: può evidenziarsi la
necessità di adattare lo stile a nuovi contenuti, sempre però tenendo conto delle attese e delle
caratteristiche dei collaboratori. In quest’ottica se da una parte può essere preferibile e opportuna
l’introduzione in azienda di un successore dallo stile più democratico, dall’altra è importante
considerare che un cambiamento troppo repentino può provocare sconcerto, disorientamento,
sensazione di mancanza di punti di riferimento in collaboratori abituati ad una guida forte ed
energica.
La criticità di questo punto è legata al fatto che spesso nelle imprese familiari non è
possibile operare scelte rispetto alla designazione del successore, generalmente “predestinato” e
spesso riluttante ad assumere il ruolo più coerente con lo stadio di vita dell’impresa.
Anche il business in cui opera l’impresa influisce sul processo di successione
imprenditoriale. Vi sono alcuni settori economici che, per la loro natura o il loro status possono
dissuadere il figlio dal subentrare al padre; altri, invece, facilitano la convivenza tra le due
generazioni e favoriscono una transizione senza conflitti (Piantoni 1990).
Per quanto riguarda la variabile territorio in cui l’impresa opera, ci si riferisce alle
caratteristiche dell’habitat dell’azienda: presenza o assenza di imprenditorialità diffusa, forte o
debole cultura economica, valori sociali prevalenti, natura delle attività presenti nel polo geografico,
natura dei rapporti tra le imprese, importanza assegnata alla collaborazione interaziendale.
L’innovazione tecnologica è una variabile importante in quanto definisce la soglia minima
delle competenze richieste al successore.
Alle variabili sopra descritte possiamo aggiungerne altre che gli aziendalisti, in particolare di
matrice strategica e organizzativa, hanno studiato: le generazioni coinvolte (prima, seconda, terza e
oltre), il numero dei familiari, le caratteristiche dei padri e dei figli (età, capacità, competenze,
aspettative), la cultura prevalente nel sistema impresa-famiglia con riferimento ad elementi come,
ad esempio, il ruolo della donna.
41
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
44
3.1 Elementi che ostacolano la buona riuscita del passaggio
generazionale.
In una prima ipotesi, nelle imprese familiari, si definisce riuscito un processo di ricambio
generazionale che si conclude rispettando due esigenze: la funzionalità duratura dell’impresa ed il
mantenimento del controllo nelle mani delle famiglie dei discendenti.
In realtà la presenza, al termine del processo di ricambio generazionale, di familiari o di non
appartenenti alla famiglia negli organi di vertice dell’impresa non costituisce elemento rilevante ai
fini del giudizio sulla qualità del processo, osservato sia dal versante dell’impresa che da quello
della famiglia. Possono essere comunque assicurate la funzionalità duratura dell’impresa e la
continuità del controllo della famiglia anche nel caso siano nominati dei manager estranei alla
compagine familiare per la mancanza di successori familiari adatti.
Rimane il fatto che l’impresa è, almeno nelle intenzioni del suo fondatore, destinata ad
essere trasmessa alle successive generazioni di familiari, i cui componenti dovrebbero diventare
proprietari e responsabili della gestione d’impresa. Spesso il desiderio di trasmettere la proprietà
dell’impresa alla generazione emergente è più forte della razionalità economica che porterebbe a
privilegiare la vendita a terzi sia per il bene futuro dell’attività economica intrapresa che per l’unità
e la coesione della famiglia.
Tra gli svantaggi delle imprese familiari, infatti, quello che ha maggiori risvolti sociali
risulta essere collegato alla natura ereditaria del potere che non sembra in grado di garantire la più
efficace transizione intergenerazionale per il semplice motivo che l’imprenditorialità non è per sua
natura ereditaria.42 Sia la vis imprenditiva43 che la capacità manageriale possono non manifestarsi
affatto in generazioni successive. La prima e naturale reazione è quella di rifiuto a riconoscere la
mancanza o la carenza di queste capacità in seno alla famiglia. In questo modo però si esclude la
possibilità di avvalersi di altri potenziali talenti imprenditoriali a favore di individui selezionati
soltanto dal diritto di nascita e quindi non necessariamente dotati delle qualità necessarie per gestire
un’attività imprenditoriale.44
Il secondo genere di difficoltà cui vanno incontro le imprese familiari è legato alla
complessità del processo di trasferimento di un’impresa ed al fatto che l’imprenditore non ha alcuna
esperienza o conoscenza su come gestire la situazione. Le imprese familiari di piccole dimensioni
hanno generalmente una minor consapevolezza del problema “passaggio generazionale”.
L’imprenditore non sa a chi rivolgersi e dove cercare le informazioni necessarie. Le imprese più
42
Crf. Bertella V., La pianificazione del ricambio generazionale nell’impresa familiare, CEDAM 1995.
Per vis imprenditiva intendiamo lo spirito imprenditoriale, energia che costituisce la linfa vitale dell’impresa.
44
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
43
45
grandi di solito possono invece avvalersi della consulenza di esperti esterni a conoscenza della
legislazione pertinente e dei problemi da risolvere (fiscali, giuridici, finanziari e gestionali).
Di seguito sono elencati altri elementi che contribuiscono a rendere più complicato il
processo di passaggio generazionale, con particolare riferimento a quello intrafamiliare, alla guida
delle imprese familiari:
-
Attaccamento all’impresa.
Spesso l’imprenditore non riesce ad abbandonare la gestione dell’impresa che ha costituito e
in cui si identifica. Molti imprenditori, particolarmente quelli che hanno creato e sviluppato la
propria impresa dal nulla, sono riluttanti ad abbandonarla ed a prepararsi a trasferirla ad altri. Il
risultato è che generalmente la successione si effettua senza sufficiente preparazione: il
trasferimento al successore delle necessarie qualità e competenze si verifica molto in ritardo, e può
anche venir meno del tutto.
Gli aspetti interpersonali e il conseguente impatto psicologico sono decisamente accentuati
nelle imprese di più piccole dimensioni mentre, in quelle grandi, il passaggio di proprietà è più
frequentemente vissuto come un momento normale nella vita e nell’evoluzione dell’azienda e,
pertanto, viene adeguatamente programmato e progettato.45
-
Gestione accentrata.
Una gestione verticistica, priva di una struttura manageriale di supporto, comporta che nel
momento della successione l’unica persona in grado di conoscere i meccanismi di governo
dell’azienda è l’imprenditore stesso.
Come più volte evidenziato,46 generalmente il ciclo di vita delle imprese familiari si
identifica con quello dell’imprenditore nonché fondatore dell’azienda stessa. Il suo ritiro, per
raggiunti limiti di età, per malattia o per decesso, coincide talvolta con l’acquisizione da parte di
terzi dell’attività, altre volte con la sua dissoluzione (figura 3.1.1, pagina seguente).
E’ importante che nel momento della svolta, in cui si determinerà la cessazione o la
continuità dell’impresa, i successori siano a conoscenza dei meccanismi di gestione, siano in grado
di gestire il cambiamento e che il fondatore sia pronto a dare fiducia ai propri eredi.
-
Rimozioni totalizzanti e paura di invecchiare.
La normale e umana paura della morte e di invecchiare fa sì che il momento della
successione venga rimandato continuamente. Per questo spesso il processo di passaggio
generazionale non viene pianificato: un atto di pianificazione significherebbe affrontare le
problematiche di cui sopra e non rimuoverle.
45
Cfr. capitolo 2.3, L’impresa familiare domestica e l’influenza della famiglia e capitolo 2.4 Il ruolo dell’imprenditore
nelle imprese familiari domestiche.
46
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
46
-
Impulsività dell’imprenditore.
In alcuni casi l’imprenditore quando accetta di lasciare la gestione agli eredi agisce
d’impulso e tende a cedere il posto di controllo senza gradualità e in tempi brevi.
Sviluppo
Figura 3.1.1 – Ciclo di vita dell’impresa familiare.
Nascita
Sviluppo
Maturità
Declino/Sviluppo
Tempo
FONTE: Brunello T. e Bornello M., Passaggi Obbligai. La trasmissione e la continuità competitiva d’impresa nelle
Pmi, Franco Angeli 2003.
-
Sottovalutazione degli aspetti del passaggio generazionale.
Molto spesso non vengono valutati in misura adeguata i rischi di una successione mal gestita
poiché l’imprenditore ha la convinzione che gli eredi continueranno senza problemi la sua attività.
Il senior non considera che nel momento in cui lascerà la guida dell’impresa molti equilibri
cambieranno radicalmente.
-
Mancata pianificazione del processo di successione imprenditoriale.
Rimozioni
totalizzanti
e
paura
di
invecchiare,
impulsività
dell’imprenditore
e
sottovalutazione degli aspetti del passaggio generazionale sono la causa principale di una mancanza
di pianificazione del processo di successione. In generale studi empirici rilevano che i processi di
ricambio generazionale nelle imprese di più piccole dimensioni sono poco pianificati. Gli
imprenditori mostrano una bassa propensione a definire in anticipo l’uscita dall’azienda e non
formalizzano, in prevalenza, le modalità di passaggio del ruolo del proprietario e imprenditore alla
generazione successiva.
Come già evidenziato il successo e la fortuna dell’impresa nella fase di successione
imprenditoriale si deve alla volontà dell’imprenditore ed a quanto questo sia preparato a gestire il
47
ricambio generazionale. L’informazione e l’attenta pianificazione permettono di superare eventuali
ostacoli. La successione, se programmata, può certamente rappresentare un’opportunità di crescita e
di rinnovamento; in caso contrario il rischio è quello di compromettere il futuro di tutta l’impresa.
- “Diversità biografica” che corre tra i senior e gli junior.
I “vecchi” e i “giovani” possono anche convivere all’interno dell’azienda; per ovvie ragioni
storiche però gli uni e gli altri hanno sperimentato vite differenti. Ciò rende difficile armonizzare il
loro rapporto nella gestione d’impresa.
Farsi strada all’interno dell’azienda per il figlio è senz’altro complicato anche per “colpa del
padre” che non riesce a distinguere il proprio ruolo di uomo d’azienda da quello di pater familias.
Inoltre il legame del fondatore con l’impresa spesso lo rende avverso all’introduzione di
innovazioni organizzative e al trasferimento di funzioni decisionali ai propri eredi.
Per questo è importante raggiungere una sorta di equilibrio dei poteri, un delicato
meccanismo che fa i conti con la sintesi di visioni strategiche differenti e il tipo di competenze che
ciascuno è in grado di offrire.
- Il problema della vocazione degli eredi.
Accanto al problema della coesistenza in azienda tra diverse generazioni prima che il
passaggio di mano sia effettivamente avvenuto, c’è quello della vocazione degli eredi, che non
sempre sono intenzionati a raccogliere il testimone.
- Le competenze e la scarsa formazione dei successori.
Quando uno junior raggiunge cariche di primo piano, non è detto che detenga le abilità
necessarie per una buona gestione ed il know-how specifico del mercato in cui opera l’azienda di
famiglia. In parte questo va appreso con la formazione, in parte dovrebbe essere trasferito dai senior
che però spesso trovano difficile trasmettere conoscenze acquisite quasi a livello istintivo.
- Il problema del trasferimento delle conoscenze, della rete di contatti e di rapporti
personali.
L’esistenza di ostacoli significativi al trasferimento allo junior delle conoscenze e della rete
di contatti e di rapporti personali del senior comporta costi elevati in termini di opportunità per
l’azienda e di accumulo di competenze e di know-how, la cui sedimentazione è ovviamente tanto
maggiore quanto più lunga è stata la vita dell’impresa.
-
La delicatezza degli equilibri familiari.
Sono particolarmente delicati gli equilibri tra le diverse componenti familiari, qualora i figli
decidessero tutti quanti di entrare in azienda, con la necessità di adattare le proprie personali visioni
strategiche del business. E’ inoltre difficoltosa la delega di parte del potere decisionale verso alcuni
componenti del gruppo familiare: “Perché questo erede e non altri?”. La successione “prestabilita”
48
può provocare, negli altri componenti la famiglia e nei dipendenti, sentimenti di disaffezione verso
l’azienda, che inducono a vivere il lavoro come routine.
- Commistione tra “norme aziendali” e “norme familiari”.
L’imprenditore alla guida di un’azienda familiare si trova a capo sia della famiglia che
dell’impresa. L’autonomia delle decisioni imprenditoriali risulta dunque fortemente condizionata
dalle regole e dai legami familiari, con influenze negative su tutta la gestione delle risorse umane
all’interno dell’azienda.47
-
Pianificazione senza condivisione.
E’
una
forma
di
pianificazione
della
successione
imprenditoriale
accentrata
dall’imprenditore senza l’ausilio dei soggetti coinvolti nel processo di passaggio generazionale; il
rischio è quello che si creino incomprensioni e che si rimandi lo scontro tra eredi.
3.2 Gli attori del processo di successione imprenditoriale.
E’ opportuno che tutti coloro che, a diverso titolo, hanno interesse alla continuità
dell’impresa partecipino, nel rispetto del loro ruolo, ai momenti di passaggio generazionale alla
guida dell’impresa (Ciambotti 1991).
Gli attori principali della transizione imprenditoriale sono: i rappresentanti delle due
generazioni che originano il cambio (nel caso da noi esaminato “padre” e “figlio”), i dirigenti
dell’azienda, i collaboratori/consulenti/amici dei protagonisti della successione, le loro famiglie e,
all’esterno dell’ambito aziendale, tutti gli stakeholders che rappresentano interessi esterni: banche,
fornitori, clienti e, sia pure indirettamente, le associazioni di categoria e gli enti locali.
Come illustrato in figura 3.2.1, la successione imprenditoriale efficace può essere concepita
anche come la risultante di un processo di interazione tra i due attori principali, che comporta un
processo di condivisione e selezione di competenze. Questo processo, oltre a garantire il fisiologico
alternarsi alla guida dell’azienda (evitando di generare momenti di discontinuità e fasi di crisi) deve
permettere di mantenere o variare il sistema di valori, i metodi e le tecniche manageriali in modo
coerente con le esigenze di sviluppo aziendale.
I due protagonisti diretti, rappresentanti delle generazioni che si passano il testimone, sono
chiamati a gestire la delega del ruolo imprenditoriale. Questa situazione implica la necessità di
portare nel tempo persone differenti alla guida dell’impresa e di valutare l’opportunità di introdurre
modifiche nelle competenze che l’imprenditore deve apportare all’azienda.48
47
Cfr. capitolo 2.3, L’impresa familiare domestica e l’influenza della famiglia e capitolo 2.4, Il ruolo dell’imprenditore
nelle imprese familiari domestiche.
48
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
49
Figura 3.2.1 - Gli attori del processo di successione.
Imprenditore
Familiari e amici
- Dirigenti e
consulenti
aziendali
- Altri collaboratori
- Scambio e
selezione di
competenze
- Collaborazione e
consenso
Successore
- Fornitori/clienti
- Aziende di credito
- Associazioni
- Enti locali
ADATTATO DA: Compagno C., Nanut V. e Venier F., Nascita, sviluppo e continuità dell’impresa artigiana, Franco
Angeli 1999.
In particolare, se queste competenze critiche per l’efficace conduzione dell’azienda sono
rimaste inalterate nel tempo risulta chiaro che il percorso formativo del successore potrà ricalcare
quello seguito a sua tempo dall’attuale imprenditore e che la delega tra i due protagonisti potrà
essere esclusivamente operativa, cioè limitata allo svolgimento di una gamma di attività più o meno
ampia ed articolata.
Diverso, e più complesso, si presenta il caso in cui il processo di successione non si debba
limitare a concludere un avvicendamento ai vertici dell’azienda, ma debba anche favorire ed
incentivare la riformulazione del ruolo imprenditoriale. Tale riformulazione può essere richiesta
dalle mutate condizioni aziendali e/o ambientali. In presenza di nuove funzioni critiche, di strategie
emergenti di evoluzione aziendale, di rapida crescita ed espansione dell’azienda o, al contrario, di
involuzione del processo di sviluppo, l’imprenditore deve percepire queste novità e adattare i modi
e i tempi del proprio contributo in azienda.
50
Se il processo di successione si sovrappone a questa più ampia fase di passaggio vissuta
dall’azienda, il successore sarà chiamato ad esprimere, coerentemente con le mutate esigenze
aziendali, questo nuovo contributo e ad apportare le competenze innovative ad esso eventualmente
collegate. In questo caso la delega non sarà solo operativa, ma dovrà gradualmente assumere un
carattere strategico, che consiglia il momento della successione come occasione per riesaminare la
formula imprenditoriale dell’impresa, apportando ad essa, se è il caso, modifiche anche radicali. La
delega dovrà avere come oggetto anche la scelta delle attività su cui concentrarsi e la
riprogettazione delle modalità con cui quelle attività devono essere svolte (Preti 1991).
Figura 3.2.2 - Il rapporto tra delega del ruolo imprenditoriale, grado di continuità delle competenze
critiche e fasi del processo di successione imprenditoriale.
Alta discontinuità nel
tempo delle
competenze critiche
Delega
“strategica”
Elevata
Efficace delega
del ruolo
imprenditoriale
Delega
operativa
Alta continuità nel tempo
delle competenze
critiche
Ridotta
Preparazione
Ingresso e
convivenza
Presa del
comando
Fasi del processo di
successione
imprenditoriale
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
La natura, l’ampiezza e i contenuti della delega efficace sono naturalmente connessi anche
alle differenti fasi del processo di successione imprenditoriale (formazione, ingresso in azienda del
51
successore e convivenza con l’imprenditore, assunzione del comando da parte del successore),
(figura 3.2.2).
La forza di questa affermazione merita un chiarimento: si fa qui riferimento ad un processo
di successione imprenditoriale che tenga contemporaneamente presente le esigenze e le
caratteristiche dei singoli protagonisti come quelle, non meno importanti, dell’azienda la cui
continuità nel tempo non va dimenticato essere uno degli obiettivi da perseguire.
Le due prospettive vanno considerate in stretta interrelazione tra loro; appare infatti riduttivo
affrontare il problema della successione imprenditoriale solo in funzione delle caratteristiche e dei
conseguenti problemi delle persone coinvolte, relegando l’azienda in una posizione passiva. Un
efficace processo di successione inizia nella convinzione dell’imprenditore, della necessità di
assicurare continuità nel tempo all’azienda, oltre la propria permanenza (Bauer 1997).
Come precedentemente evidenziato definire il processo di passaggio generazionale significa
conoscere e pianificare lo sviluppo aziendale futuro, preparando l’inserimento dell’erede (o degli
eredi) rispetto a definiti fabbisogni di sviluppo. In tal modo è possibile avere una base oggettiva di
riferimento su cui impostare il confronto generazionale, la formazione, la delega progressiva di
compiti e responsabilità, l’assunzione di decisioni definite.
La successione imprenditoriale deve essere dunque integrata nelle problematiche gestionali e
strategiche, in questo senso, essa deve essere concepita come un processo che, con l’obiettivo
dichiarato di garantire continuità all’impresa pervenga alla delega della responsabilità attinente al
ruolo imprenditoriale (Preti 1991).
Approfondito il contenuto del rapporto tra i due protagonisti diretti del processo di
successione imprenditoriale e lo stretto legame esistente tra la natura della delega del ruolo
imprenditoriale e il grado di continuità delle competenze critiche richieste dall’azienda occorre
soffermarsi sul ruolo degli attori coinvolti.
Con riferimento all’area dei parenti e degli amici, l’obiettivo principale da perseguire è
quello di garantire un clima favorevole alla successione: il ruolo positivo della famiglia e di
eventuali amici coinvolti come esterni al processo di transizione imprenditoriale si svolge
soprattutto nella sfera della mediazione interpersonale e della creazione di spazi di confronto.
Gli attori che agiscono nell’area aziendale (dirigenti, consulenti di direzione, o collaboratori
in senso lato) devono contribuire alla formazione di una concezione realistica ed approfondita
dell’azienda: ciò deve avvenire a beneficio immediato dei protagonisti della successione. Questi
attori dovrebbero essere attentamente ascoltati sia dal senior che dallo junior, soprattutto in ordine
alle attese sull’evoluzione futura dell’azienda, e coinvolti nei tempi e nei modi più opportuni.
52
Di norma l’ambito dei collaboratori interni è l’unico polo dal quale possono provenire
informazioni aggiuntive sulla gestione aziendale rispetto a quelle già conosciute dai protagonisti.
I portatori di interessi esterni rappresentano una categoria eterogenea che include i fornitori
ed i clienti dell’impresa, le aziende di credito, le associazioni e gli enti locali. Sia pure con differenti
modalità e motivazioni, in tutti questi attori c’è interesse a supportare dall’esterno lo svolgimento
fisiologico e l’esito favorevole del processo di successione (Piantoni 1990).
3.3 Le differenti tipologie di processo successorio.
I protagonisti diretti della successione imprenditoriale, l’imprenditore e il successore,
possono assumere differenti caratteristiche.49
Combinando le variabili orientamento al futuro e disponibilità alla collaborazione e alla delega
otteniamo diverse modalità secondo cui i senior possono affrontare la successione (figura 3.3.1).
Figura 3.3.1 - La matrice dei “padri”: tipologie successorie dal punto di vista della generazione al
potere (Piantoni, 1990).
Orientamento al futuro
Basso, privilegia i
Alto, attento ai processi
risultati
Disponibilità alla
Bassa
Successione elusa
abdicazione
collaborazione e
alla delega
Successione con
Alta
Successione differita
Successione senza
abdicazione
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
49
Su questo particolare aspetto del processo di successione imprenditoriale si veda il ricco ed innovativo lavoro di G.
Piantoni (1990), alcune delle cui conclusioni sono qui riprese. L’unica differenza di una certa importanza attiene alla
maggiore enfasi data ai protagonisti della successione piuttosto che all’azienda. Nel capitolo successivo si farà
riferimento al livello di delega efficace e al grado di continuità delle competenze critiche richieste dall’azienda
all’imprenditore attuale e futuro: con ciò si pone l’accento maggiormente sulle esigenze provenienti dall’azienda,
piuttosto che sulla distanza imprenditore-successore e sulla disponibilità dell’imprenditore alla delega. In ogni caso lo
stesso Piantoni così definisce la natura della variabile “natura delle competenze apportate dal figlio rispetto a quelle del
padre”: “Un portatore di valide competenze innovative deve saper gestire l’impresa nel suo complesso o almeno in
quella funzione critica dove si evidenzia un problema rilevante. Deve essere in grado di mantenere o di rimettere
l’impresa al passo con i diretti concorrenti; oppure, meglio ancora, deve aiutarla a conseguire una posizione di
avanguardia con una reinterpretazione radicale della sua formula imprenditoriale. E’ tutto questo che intendiamo
quando enucleiamo nella “generazione emergente” coloro che sono depositari di competenza tradizionale o di knowhow innovativo”.
53
Le tipologie di processo successorio cui possono dare origine i differenti comportamenti
dello junior, sono invece definite considerando le variabili natura delle competenze apportate dal
figlio rispetto a quelle del padre e disponibilità all’attesa (figura 3.3.2).
Figura 3.3.2 - La matrice dei “figli”: tipologie successorie dal punto di vista della generazione al
potere (Piantoni, 1990).
Natura delle competenze apportate dal figlio
rispetto a quelle del padre
Disponibilità all’attesa
Tradizionali, ripetitive
Innovative
Bassa
Successione pretesa
Successione traumatica
Elevata
Successione fisiologica
Successione
nella continuità
coinvolgente
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
La combinazione di questi differenti approcci alla successione imprenditoriale origina a sua
volta diverse situazioni di confronto tra imprenditore e successore così come rappresentato
nell’ultima figura (figura 3.3.3).
La successione elusa è la fattispecie più complessa da gestire. Si suppone che il senior non
abbia ancora accettato l’idea della successione: l’imprenditore è orientato prevalentemente al breve
termine ed è restio a delegare compiti e responsabilità ai suoi collaboratori. Egli mostra una
profonda avversione psicologica nei confronti della successione. In tali situazioni spesso la fase di
preparazione non viene adeguatamente affrontata oppure le azioni vengono messe in atto senza
consapevolezza.
Il comportamento descritto è quello tipico dell’imprenditore-fondatore che ha dato origine
all’azienda facendo affidamento solo sulle sue competenze. Egli conosce tutto dell’impresa ed
opera in un settore sufficientemente stabile. Il suo orientamento alla delega sarà molto basso poiché
vorrà continuare ad essere messo al corrente di ogni cosa e, contemporaneamente, l’orizzonte
temporale preso a riferimento sarà di breve termine, in ciò incentivato dalla situazione competitiva
del settore.
In una situazione simile a quella delineata un ruolo molto importante può essere svolto dai
familiari e dai consulenti esterni. Entrambi questi soggetti devono consigliare l’imprenditore,
facendogli apprezzare, ad esempio, anche altri aspetti della vita, diversi da quelli inerenti l’impresa.
54
La successione differita si caratterizza per la presenza di un orientamento al breve termine,
ma anche di un atteggiamento favorevole nei confronti della nuova generazione e di un’elevata
disponibilità alla delega. Il processo di successione potrebbe quindi avvenire senza troppe difficoltà,
tuttavia l’orizzonte temporale ristretto fa sì che questo non abbia mai avvio. Le conseguenze
possono essere nel lungo periodo dannose per la riuscita della transizione generazionale e per la
sopravvivenza dell’azienda stessa.
La fase della convivenza delle due generazioni potrebbe essere protratta troppo a lungo
determinando l’alterazione di un rapporto senior-junior che inizialmente sembrava sufficientemente
equilibrato: con il passare del tempo, il successore sentirà sempre più la necessità di avere una
maggiore libertà di manovra in azienda, autonomia che l’attuale imprenditore non gli concede.
Se il giovane sperimenta tale situazione quando ancora non gli sono precluse altre possibilità
di successo, con ogni probabilità abbandonerà l’impresa paterna; nel caso opposto, si attenderà, in
un clima di crescente conflitto, la risoluzione naturale del problema.
Figura 3.3.3 – La matrice delle aree di successo-insuccesso (Piantoni, 1990).
“TIPOLOGIE DI FIGLIO”
“TIPOLOGIE
Successione
DI PADRE”
elusa
Successione
Successione
Successione
Successione
pretesa
traumatica
nella continuità
coinvolgente
DISAGIO IN VIA DI
SUPERAMENTO: grazie
al “figlio” il disagio si
stempera in vivibile
convivenza. Si prepara...
AREA DEL
CONFLITTO
(“la valle di
lacrime”)
Successione
con
abdicazione
AREA DEL
DISAGIO
Successione
differita
Successione
senza
abdicazione
DISAGIO EMERGENTE:
il “figlio” non è all’altezza
del “padre”: prepara un
cammino verso...
AREA DEL
CONSENSO
(“paradiso
terrestre”)
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
55
La successione con abdicazione si distingue per la presenza di un orientamento al futuro
molto elevato e per la mancanza di un’adeguata propensione alla delega. L’imprenditore
probabilmente ha compreso che l’azienda deve sopravvivere anche senza la sua presenza al vertice;
egli è tuttavia incapace di affrontare il processo di successione con gradualità e, quando avverte che
ormai è tempo per lui di ritirarsi, cede quasi istantaneamente ogni responsabilità al successore.
Questa tipologia di approccio comporta la mancata realizzazione della convivenza tra senior
e junior intesa come periodo di condivisione di esperienze e responsabilità. Il nuovo imprenditore si
vede investito all’improvviso di tutte le responsabilità e di tutti i poteri relativi alla gestione
dell’azienda ed è chiamato a dimostrare immediatamente le sue competenze che, spesso, avrà
sviluppato in autonomia.
I membri dell’organizzazione aziendale costituiscono l’unico elemento di continuità
dell’azienda e sarà dunque rilevante il loro comportamento.
La successione senza abdicazione è il tipo di successione sicuramente meno critico da
gestire. Sia la propensione alla delega, che l’orientamento al futuro sono elevati. L’imprenditore
senior è consapevole che l’impresa debba sopravvivere oltre la sua esistenza, ed è entusiasta di
poter trasmettere al figlio tutto quello che conosce circa l’azienda trasferendogli al contempo
specifiche responsabilità.
E’ necessario comunque che il senior colga il momento giusto in cui delegare le ultime
responsabilità al successore. La delega della presa delle decisioni deve essere graduale e continua
conducendo nei tempi previsti al termine del processo, altrimenti si corre il rischio che la situazione
assuma le caratteristiche tipiche della successione differita.
La successione pretesa e quella traumatica sono particolarmente difficili da affrontare.
La successione traumatica è caratterizzata dal verificarsi di eventi che non concedono la
possibilità di gestire il processo (morte del senior, suo impedimento o malattia). In questi casi di
successione non prevista spesso il coniuge o i figli in minore età sono totalmente estranei all’attività
d’impresa o ne sono coinvolti solo in forma marginale. Mancano loro non soltanto le capacità per
sostituire l’imprenditore, ma anche quelle per valutare la capacità di tenuta ed i comportamenti dei
collaboratori, la sensibilità per scegliere ed imporre una direzione nuova, le conoscenze per
esercitare nei confronti dell’uno o dell’altra le funzioni di indirizzo e di supervisione. In tale
situazione l’assistenza di una terza parte competente, di un consulente per l’esercizio del dirittodovere di proprietà, diventa essenziale.
A prima vista potrebbe sembrare che di fronte ad eventi del tipo esaminato ci sia ben poco
da fare a priori, se non predisporre le indicazioni sul chi fare intervenire all’evenienza. I possibili
56
interventi sono invece diversi e tanto più importanti quanto più piccola è l’impresa. A titolo
esemplificativo l’imprenditore senior dovrebbe:
1 – tenere costantemente aggiornati i membri della famiglia sulla situazione dell’impresa;
2 – individuare il “secondo in campo”, anche senza investirlo formalmente, ma avendolo
comunicato alla famiglia;
3 – costituire delle riserve per il pagamento degli oneri di successione;
4 – stipulare delle assicurazioni;
5 – individuare un terzo (un professionista, una società di consulenza, uno specialista di
“contract management”) da fare entrare in campo in caso di necessità, mantenendolo
informato sull’evoluzione dell’impresa e sui suoi problemi principali.
La successione pretesa vede l’impazienza del successore di subentrare all’imprenditore nella
guida dell’azienda. Le competenze che il successore apporta all’azienda sono omogenee rispetto a
quelle dell’imprenditore senior e ciò, vista la minore esperienza del primo, risulta essere un fattore
che aumenta ulteriormente la complessità del processo successorio.
Come già precisato, i giudizi circa l’influenza delle caratteristiche del successore
sull’efficacia del processo di successione dipendono dalle esigenze organizzative tipiche della fase
di sviluppo dell’azienda.50 In tale sede preme esclusivamente sottolineare la presenza di un clima
interpersonale non positivo.
La successione nella continuità è caratterizzata da elevata disponibilità all’attesa da parte del
successore e dalle omogeneità delle competenze dei due attori protagonisti. In questa situazione la
formazione del giovane avviene soprattutto attraverso training on the job ed implica uno stretto
rapporto professionale tra le due generazioni.
Infine la successione coinvolgente presenta un’elevata disponibilità all’attesa da parte del
successore ed una disomogeneità delle competenze di senior e junior.
La classificazione della successione imprenditoriale in differenti tipologie permette di
descrivere le personalità e le attese dei protagonisti principali del processo di passaggio
generazionale.
Tenendo presente che l’obiettivo principale di un efficace processo successorio è, come più
volte richiamato, quello di garantire la continuità dell’azienda, possiamo affermare che non esiste
un profilo-tipo o un comportamento ideale né per l’imprenditore, né per il successore: solo la
coerenza dinamica tra questi profili e il contesto aziendale di riferimento può determinare un
risultato positivo in termini di ricambio generazionale alla guida dell’impresa. Oltre al processo di
successione imprenditoriale, che riguarda un periodo di tempo più o meno ampio, è dunque
50
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
57
necessario indagare anche il contesto aziendale secondo una dimensione temporale congrua. Non è
sufficiente conoscere la situazione aziendale all’inizio del processo di successione: è necessario
indagare anche quella evolutiva che è possibile pianificare per il momento della definitiva presa di
comando da parte del successore. Questo intervallo temporale potrà essere molto breve o durare
interi anni. In ogni caso è necessario mettere a fuoco il processo di sviluppo atteso per l’azienda.
Il processo di sviluppo dell’impresa familiare di piccole dimensioni può prodursi lungo tre
direttrici: l’aumento delle dimensioni aziendali in termini di organico, il passaggio ad altro assetto
organizzativo e la stipulazione di accordi interaziendali di diversa natura. Raramente il processo di
sviluppo riguarderà contemporaneamente tutte e tre le direttrici: più probabilmente ne sarà
interessata principalmente una, in alcuni casi due.
Le differenti soluzioni relative ai momenti evolutivi delle aziende sono sintetizzate in figura
3.3.4.
Figura 3.3.4 – Il processo di sviluppo delle imprese di minori dimensioni: le situazioni-tipo.
Nessuna evoluzione
significativa attesa
Aumento
dimensionale
Evoluzione
incrementale
dell’assetto
organizzativo
Continuità
Stipulazione
innovativa di accordi
strategici,
evoluzione non
lineare dell’assetto
organizzativo,
presenza
contemporanea di
più situazioni-tipo.
Discontinuità
delle competenze necessarie
0
Complessità del contesto aziendale del
processo di successione imprenditoriale
100
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
L’eventuale contemporanea presenza nel percorso evolutivo di un’impresa delle diverse
possibili linee di sviluppo provoca un aumento della complessità da affrontare e rende discontinue,
alle volte obsolete, le competenze necessarie per farvi fronte.
58
Le situazioni-tipo descritte in figura 3.3.5 devono considerarsi come risposte aziendali
efficaci, cioè coerenti con il contesto ambientale e/o con le caratteristiche dell’organismo personale
dell’azienda.
Figura 3.3.5 – Le priorità (1 = elevata) di atteggiamenti e abilità dei protagonisti diretti del processo
di successione in differenti situazioni aziendali evolutive.
Nessuna
evoluzione
significativa
attesa
Atteggiamen
ti e abilità
dei
protagonisti
diretti del
processo di
successione
Atteggiamento
interpersonale
Atteggiamento
dell’imprenditore alla
delega
Coerenza
delle abilità
del
successore
Situazioni aziendali evolutive
Aumento
Evoluzione
dimensionale
incrementale
dell’assetto
organizzativo
Stipulazione
innovativa di
accordi
strategici,
evoluzione
non lineare
dell’assetto
organizzativo,
presenza
contemporanea di più
situazioni-tipo
2
2
1
3
3
3
2
1
1
1
3
2
FONTE: Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
I protagonisti diretti del processo di successione sviluppano due tipi di atteggiamenti: uno
interpersonale, l’uno verso l’altro, ed uno più strettamente organizzativo, come la disponibilità alla
delega imprenditoriale. Come già evidenziato, inoltre, è necessario valutare le abilità possedute dal
successore. Questi atteggiamenti e queste abilità sono ugualmente importanti ai fini di un buon esito
del processo di successione: tuttavia è possibile identificare una loro diversa priorità nelle varie
possibili situazioni evolutive vissute dall’azienda.51
Come si vede in figura se non è attesa alcuna significativa evoluzione organizzativa
dell’azienda interessata dal processo di successione, la variabile più rilevante al fine di garantire al
processo un risultato positivo anche dal punto di vista aziendale sembra essere la coerenza delle
abilità del successore. In questa fase non sono necessarie competenze innovative che anzi
verrebbero a minare la coerenza di base dell’azienda.
51
Cfr. Preti P., L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
59
Molto
meno
rilevante
risulta
essere
la
disponibilità
alla
delega
manifestata
dall’imprenditore: non è necessaria per l’efficace conduzione dell’azienda. La presenza di
continuità delle competenze critiche, assicurata dall’imprenditore con il suo maggior potere
istituzionale è più che sufficiente a garantire l’adeguata conduzione dell’azienda. Ovviamente però
la totale assenza di questa disponibilità alla delega potrà causare gravi problemi di convivenza al
successore. E’ necessario comunque tenere presente che nello schema si dà una differente priorità ai
fattori atteggiamento interpersonale, atteggiamento dell’imprenditore alla delega e coerenza delle
abilità del successore; la presenza di tutti e tre è però necessaria ai fini di un ipotetico ideale
processo di successione.
Nel caso di un aumento dimensionale anche consistente, la complessità del contesto
aziendale del processo di successione imprenditoriale rimane bassa, anche se superiore rispetto a
quella di partenza sia pure per aspetti più quantitativi che qualitativi, e le competenze del successore
devono sapervicisi adattare. Il grado di continuità delle competenze critiche è ancora elevato e ciò
giustifica l’identificazione delle stesse priorità della situazione precedente.
La situazione aziendale descritta come evoluzione incrementale dell’assetto organizzativo è
la meno complessa tra quelle che implicano discontinuità nelle competenze necessarie. In questa
situazione si prevede un passaggio graduale ad un assetto organizzativo più complesso. E’ proprio
la gradualità di tale passaggio, che può essere assimilata alla gradualità tipica di un normale
processo di successione, che conferisce maggiore importanza all’atteggiamento interpersonale
esistente fra le parti. Assieme agli altri due fattori, un buon clima incentiva il graduale passaggio di
consegne che, d’altra parte, è appunto reso possibile dal graduale incremento della complessità. Le
competenze del successore risultano essere meno importanti: esse possono essere eventualmente
acquisite o approfondite nel tempo.
Infine, la situazione aziendale evolutiva più complessa implica, nelle sue differenti modalità,
il passaggio ad una realtà aziendale completamente nuova in cui le precedenti competenze
risultano obsolete pur essendo, fino a questo passaggio, alla base del successo dell’azienda. In
quest’ultimo caso assume un’ importanza critica il proficuo atteggiamento dell’imprenditore nei
confronti della delega: solo in questo modo infatti abilità più coerenti alla situazione, che
naturalmente devono essere possedute dal successore, accedono nel minor tempo possibile alla
guida dell’impresa.
La successione è stata qui analizzata come una risposta efficace alle specifiche necessità
organizzative dell’azienda. Tra processo di sviluppo aziendale e processo di successione
imprenditoriale efficiente esiste un rapporto regolato sulla base dell’accelerazione tipica del primo.
Più i cambiamenti saranno rapidi e quindi probabilmente discontinui, maggiore sarà l’importanza
60
del ruolo dell’imprenditore e della sua disponibilità alla delega; al contrario in presenza di
evoluzioni aziendali caratterizzate da sostanziale omogeneità con il passato risulta più critico il
ruolo del successore che, fisiologicamente portato alla novità e alla rottura, dovrà attentamente
costruirsi delle competenze coerenti con il fabbisogno aziendale. Nelle situazioni di cambiamento
graduale delle caratteristiche organizzative aziendali sembra invece necessario che le energie siano
dedicate a fare in modo che tra i protagonisti si stabilisca un clima favorevole allo scambio di
informazioni e allo sviluppo di identità comuni.
La realtà è ovviamente più complessa di come è stata qui descritta, e non così ben definita;
in ogni caso queste schematizzazioni hanno il pregio di facilitare la riflessione.
3.4 Condizioni generali che facilitano il processo di ricambio
generazionale.
Come già evidenziato,52 le variabili che condizionano il processo di ricambio generazionale
sono molteplici, tra le altre: il successo reddituale e competitivo dell’impresa, la dimensione e il
tasso di sviluppo dell’impresa, il settore in cui l’impresa opera, il territorio nel quale l’impresa è
insediata, le generazioni coinvolte (prima, seconda, terza e oltre), il numero di familiari, le
caratteristiche dei padri e dei figli (età, capacità, competenze, aspettative), la cultura prevalente nel
sistema impresa–famiglia con riferimento ad elementi come, ad esempio, il ruolo della donna, la
struttura dell’impresa in particolare relativamente all’assetto organizzativo e alla presenza di
manager non appartenenti alla famiglia.
Secondo il configurarsi delle diverse variabili, ogni processo di ricambio generazionale
presenta aspetti particolari. Per definire delle linee d’azione specifiche dunque è necessario
esaminare attentamente le condizioni rilevanti in ogni singolo caso.
E’ possibile comunque identificare delle condizioni generali che agevolano un processo di
ricambio generazionale fisiologico:
a) concezione dei rapporti tra famiglia e impresa che garantisce autonomia all’impresa;
b) preparazione del subentro definitivo di una generazione all’altra attraverso un processo
composto di numerose fasi;
c) pianificazione del ricambio generazionale secondo un’ottica di processo con la quale
affrontare le diverse fasi;
d) alcuni atteggiamenti che favoriscono una reciproca attenzione tra le persone: umiltà, ascolto,
ricerca del positivo;
52
Cfr. capitolo 3, Il passaggio generazionale nelle imprese familiari.
61
e) preparazione di un adeguato profilo patrimoniale delle aziende di consumo delle famiglie
collegate.53
a) La concezione delle relazioni tra famiglia e impresa prevalente negli attori chiave di una
impresa familiare condiziona il processo di ricambio generazionale. Se prevale una concezione che
subordina gli interessi dell’impresa a quelli della famiglia,54 le conseguenze pratiche possono
essere: l’ingresso in azienda di giovani non adatti o non sufficientemente preparati per il lavoro
aziendale, verso il quale sono sospinti dalle “attese” che i genitori hanno nei loro confronti; il
presidio di funzioni aziendali da parte di familiari privi delle necessarie attitudini e competenze; la
suddivisione di alcune responsabilità che un corretto assetto organizzativo vorrebbe unificate; la
dispersione delle potenzialità manageriali di collaboratori non facenti parte della famiglia; una
direzione collegiale tra i familiari, una volta venuto meno il leader carismatico della generazione
adulta, che rallenta il processo decisionale e facilita il formarsi di “aree di dominio” dei singoli
familiari; il disagio organizzativo e forse anche l’aggravio per il conto economico derivanti
dall’uguale trattamento retributivo di persone che danno contributi tanto differenziati; la presenza di
qualche familiare che di fatto si accomoda in una posizione di rendita senza preoccuparsi del
contributo che non dà allo sviluppo dell’impresa; una commistione di ruoli (portatore di capitale –
risparmio, membro di organi di governo, membro della direzione generale, responsabile di
funzione) che rende estremamente difficile comprendere diritti e doveri specifici di ciascuno.55
Nel caso presentato, l’impresa può subire processi di progressivo indebolimento del
patrimonio di conoscenze manageriali (più rapido nei casi di figli la cui esperienza derivi solo dal
“microcosmo” dell’impresa di famiglia) e di immobilismo gestionale che, prima o poi, sfociano in
una crisi dell’impresa.
Nelle imprese familiari in cui, invece, prevale una concezione che garantisce all’impresa la
necessaria autonomia, si avranno i seguenti comportamenti: l’abbandono di ruoli manageriali da
parte di padri privi dell’energia e del vigore necessari; comportamenti dei padri solleciti a mostrare
gli aspetti positivi del proprio lavoro, ma attenti a evitare forzature nei confronti dei figli; l’ingresso
di giovani votati ad entrare in azienda, consapevoli della propria scelta e sufficientemente preparati;
un assetto organizzativo che valorizza le competenze professionali a prescindere dal fatto che le
persone che le possiedono appartengano o meno alla famiglia; il rispetto delle medesime regole
organizzative per tutti i dipendenti, compresi quelli appartenenti alla famiglia; l’impiego di persone
esterne (altri imprenditori, professionisti di fiducia, docenti di management, consulenti di direzione)
53
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
La concezione delle relazioni tra famiglia e impresa prevalente tra gli attori chiave dell’impresa familiare condiziona
in profondità la continuità dell’impresa stessa. Le concezioni sono tre: quella dell’impresa non distinta dalla famiglia,
quella della prevalenza della famiglia sull’impresa e quella dell’autonomia dell’impresa dalla famiglia (Corbetta 1995).
55
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
54
62
nel processo di valutazione dei figli; la preparazione a svolgere il ruolo di proprietario per tutti i
figli destinati ad assumere una partecipazione nel capitale di rischio dell’impresa; la distinzione,
nella composizione e nei compiti, tra assemblea dei soci, altri organi collegiali di governo e organi
di direzione; la cooptazione negli organi di governo e di direzione sulla base delle attitudini e delle
competenze delle persone e non delle quote di partecipazione al capitale proprio; il funzionamento
degli organi collegiali, pur se è sempre auspicabile la ricerca dell’unanimità, fondato sul principio
della maggioranza.56
In definitiva il processo di ricambio generazionale, nelle imprese in cui viene garantita la
necessaria autonomia dell’impresa dalla famiglia, mira a garantire all’impresa una proprietà
responsabile e preparata e un management idoneo a svolgere i compiti con successo e valutato in
base ai risultati. Queste sembrano essere valide premesse alla funzionalità duratura dell’impresa.
b) La seconda condizione per un ricambio generazionale senza traumi per l’impresa e la
famiglia consiste nel guardare al ricambio generazionale come a qualcosa che si manifesta in un
istante (semplificando, il momento del subentro formale della generazione emergente nei ruoli fino
ad allora occupati dalla generazione precedente) che conclude un processo composto da un insieme
di fasi che si svolgono in un periodo lungo.57
La pianificazione del processo di passaggio generazionale deve coinvolgere tutti gli aspetti
relativi all’interazione famiglia-proprietà-direzione d’impresa.
Le differenti fasi del processo di successione sono sinteticamente illustrate in figura 3.4.1
nella pagina seguente. Nella figura sono indicati anche i problemi più rilevanti che in ognuna delle
fasi devono essere risolti dall’imprenditore-fondatore che gestisce il passaggio di consegne e che,
contemporaneamente, ne subisce in modo diretto le conseguenze e dal successore, erede designato e
co-protagonista principale del processo di transizione.
E’ essenziale che nella pianificazione del processo successorio sia individuato come aspetto
tipico il momento della delega progressiva (organizzativa e poi strategica) delle decisioni connesse
all’attività imprenditoriale. Viene in questo modo enfatizzata l’importanza del cambiamento
organizzativo, unito al cambiamento istituzionale.
E’ necessario precisare che nella realtà i vari momenti, che nello schema sono presentati
come distinti, possono intrecciarsi; le problematiche così si sommano e si scontrano, accrescendo il
grado di complessità che l’imprenditore e il suo successore devono saper gestire (Bretella 1997).
Per quanto riguarda il processo di ricambio generazionale intrafamiliare, possiamo
sintetizzare i passaggi affrontati nella fase “durante la successione” in questo modo:
56
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
“Il grande segreto per affrontare con successo il tema della successione familiare in azienda è quello di convincersi
che non siamo di fronte a un fatto, ma a un processo” (G. Piantoni).
57
63
- formazione dello junior;
- ingresso dello junior in impresa;
- periodo “della convivenza” tra senior e junior;
- subentro al senior e “presa del comando” da parte dello junior.
Figura 3.4.1 – Pianificazione delle fasi del processo di successione.
Prima della successione
1. Autoconvincimento a
“dover lasciare”.
2. Discussione sul futuro
dell’impresa (che tipo di
transizione attuare?).
3. Necessità di “sedare sul
nascere” i conflitti tra i
familiari.
Durante la successione
1. Scelta e designazione del
successore.
2. Responsabilizzazione del
successore:
- scelta della strategia di
entrata in azienda
- formazione e sviluppo
delle sue qualità
- trasmissione di
esperienze e
“conoscenze tacite”.
3. Convincimento della
famiglia e ottenimento del
suo appoggio.
4. Convincimento dei
dipendenti e graduale
conquista di credibilità e
legittimazione.
5. Convincimento
dell’ambiente e degli
stakeholders dell’impresa
(clienti, debitori, fornitori,
banche).
6. Ritiro dell’imprenditore
fondatore o continuatore.
Dopo la successione
1. Gestione dei cambiamenti
(di cultura, di stile, di
leadership, di
atteggiamento
imprenditoriale).
2. Sviluppo di relazioni
efficaci.
3. Gestione dei rapporti con
la precedente leadership
e dell’influenza da questa
derivante.
4. Acquisizione di
esperienza professionale
e conoscenze tecnicodirezionali.
FONTE: Ciambotti (1991).
Pur con grande cautela, data la specificità di ogni singolo caso,58 sono state avanzate
valutazioni sui percorsi formativi per i successori, sulle modalità di ingresso degli junior in impresa,
sull’”incontro” dei diversi tipi di senior e di junior nel periodo della convivenza e nel momento
della conclusione del processo successorio.59
Prima di entrare nell’impresa familiare è importante che il figlio termini gli studi. I giovani
devono poter scegliere la scuola media superiore e poi eventualmente la facoltà universitaria più
adatta alle proprie capacità e che suscita in loro interesse. Qualsiasi esperienza scolastica ben
approfondita può essere funzionale all’esercizio di un ruolo imprenditoriale.
58
Come già evidenziato (introduzione al capitolo 3, Il passaggio generazionale nelle imprese familiari) i casi sono
differenti da impresa ad impresa, essendo molteplici le variabili che influiscono sul processo di passaggio
generazionale.
59
Cfr. capitolo 3.3, Le differenti tipologie di processo successorio.
64
E’ indubbio che un corso di studi universitari seguito con impegno favorisce la formazione
di una cultura di base che può risultare utile nell’attività imprenditoriale. Se lo junior non manifesta
un interesse chiaro relativamente ad un determinato percorso formativo, i genitori lo possono
indirizzare verso studi più funzionali all’attività imprenditoriale che si suppone in futuro andrà a
svolgere.
Una volta terminati gli studi è bene che i giovani facciano una esperienza di lavoro in altre
aziende,60 allo scopo di imparare:
- le dinamiche organizzative non inquinate dalla loro identità di “figli di imprenditori”;
- i contenuti di una cultura imprenditoriale diversa;
- alcune tecnicalità gestionali.61
Queste esperienze presentano anche il vantaggio di consentire allo junior di misurare le
proprie capacità in un ambiente dove gli inevitabili insuccessi iniziali non pregiudicano né la
possibilità di apprendimento, né il proseguo della carriera e neppure la propria credibilità nei
confronti dei futuri collaboratori. L’esperienza esterna, inoltre, fa sì che il giovane possa inserirsi in
azienda con un qualche titolo, a prescindere dal cognome che porta.
In alcuni casi è impossibile per lo junior svolgere per un periodo un’attività di lavoro
all’esterno, essendo richiesto il suo inserimento immediato nell’impresa di famiglia. In queste
situazioni può essere utile per lui interrompere ogni tanto il lavoro in azienda seguendo corsi di
formazione con la possibilità di incontrare dirigenti e giovani figli di imprenditori di altre imprese.
Completato in modo idoneo il cammino formativo, il giovane può fare il proprio ingresso
nell’impresa. La carriera dello junior, dal momento in cui entra in azienda, deve essere progettata
ad hoc tenendo conto delle esigenze e delle opportunità dell’azienda, nonché delle caratteristiche
del giovane.
I figli non devono svolgere necessariamente le stesse esperienze dei padri. Ciò può essere
corretto se l’impresa ha mantenuto le stesse caratteristiche che aveva 15 o 20 anni prima e se i figli
sono adatti a queste esperienze. Oggi per essere imprenditori in realtà è necessario imparare molte
più cose di quante ne dovesse imparare la generazione precedente e il training deve essere
accelerato. Differenti esperienze di lavoro nelle varie aree aziendali sono utili per condividere e
capire a fondo la condizione di tanti collaboratori; non è però pensabile che tali esperienze possano
prolungarsi per molto tempo come si usava fare una volta.
60
Recenti ricerche empiriche confermano tuttavia una bassa mobilità dei giovani figli di imprenditori (cfr. G. Rovati,
Giovani imprenditori 2000: responsabilità aziendali, orientamenti culturali e partecipazione associativa, working
paper, 1992).
61
Cfr. Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, Guido Corbetta, EGEA 1995.
65
E’ essenziale che lo junior sia sollecitato ad assumersi limitate responsabilità dirette. In
questo modo sarà possibile mettere alla prova le capacità del giovane, in particolare quella di
prendere decisioni, senza pregiudicare la vita dell’impresa.
Lo junior dovrà inoltre seguire ed affiancare il padre per apprendere il più possibile il
patrimonio di “conoscenze tacite”, ossia l’insieme di conoscenze che, oltre a non essere
appropriabili da terzi contro la volontà di chi le detiene, non possono essere trasferite sotto forma di
un elenco di cognizioni, informazioni ed istruzioni. Sono conoscenze inseparabili dall’azione, che si
trasmettono di padre in figlio lavorando fianco a fianco. E’ bene che il successore partecipi ad
alcune riunioni e ad alcuni incontri tra il padre e i collaboratori, i fornitori, i clienti e altri attori
critici per il successo dell’impresa. Essi hanno necessità di capire se il giovane ha o meno le
capacità necessarie per assumere la guida dell’impresa.
Gli elementi che dovrebbero agire sulla velocità del percorso di carriera del giovane in
azienda sono:
- il desiderio del padre di delegare alcune responsabilità;
- il tasso di sviluppo dell’impresa e, quindi, delle posizioni di responsabilità che si creano;
- le capacità dei collaboratori del padre di assumersi maggiori responsabilità;
- le capacità del figlio.62
Il passaggio finale, se il giovane ha dimostrato di possedere le doti imprenditoriali adatte, è
il subentro nel ruolo del padre. Per facilitare questo passaggio è possibile mettere in atto alcuni
comportamenti, tratti da casi di successo studiati:63
- il figlio e il padre si “comunicano” le reciproche attese;
- il padre rinuncia progressivamente ad alcuni contenuti del proprio ruolo investendo via via il figlio
di nuove responsabilità ed evitando di non trasmettere alcun potere al figlio sino alla propria
scomparsa oppure di esercitare tutti i poteri sino ad una certa data per poi trasmetterli integralmente
e improvvisamente al figlio;
- il figlio ricerca per il padre un ruolo che gli consenta di non staccarsi completamente dall’azienda;
- il padre comprende che dalla presa di comando del figlio può derivare un rinnovamento della
formula imprenditoriale che consentirà all’impresa da lui fondata di migliorare i propri risultati.
Spesso imprenditori di successo dopo anni di attività aumentano la propensione a non modificare la
formula imprenditoriale esistente anche a fronte di cambiamenti ambientali che consiglierebbero
62
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
Crf. Marchini I., Piccole imprese e imprese emergenti, in “Piccola Impresa/Small Business”, n. 1, 1988 e il punto di
vista di uno storico in Chiesi A., Fattori di persistenza del capitalismo familiare, in “Stato e Mercato”, n. 18, dicembre
1986, p. 442.
63
66
qualche revisione. Il figlio invece, pur nel rispetto del lavoro svolto dal genitore, dovrebbe sentirsi
libero nell’introdurre modifiche alla formula imprenditoriale del senior.
c) La terza condizione per un processo di ricambio generazionale senza traumi per l’impresa
e per la famiglia riguarda l’atteggiamento con il quale si procede lungo il processo di successione:
occorre attraversare le diverse fasi con un’ottica di processo e non secondo un’ottica obiettivo di
tipo rigido.
Seguendo un’ottica obiettivo si definiscono dei traguardi come stati futuri da perseguire,
sviluppando un piano tempificato: così facendo tutti gli accadimenti non previsti dal piano vengono
rifiutati o guardati con atteggiamento a priori negativo. L’ottica di processo considera invece una
visione di uno stato futuro basata su informazioni disponibili nel presente: si decidono uno o due
primi passi del processo e una volta compiuti, si valutano le esperienze originatesi e su queste si
adatta la visione per il futuro e si definiscono ulteriori passi nel processo.
Con riferimento al ricambio generazionale, l’impiego appropriato dell’ottica di processo
consente: di sfruttare la conoscenza acquisita in modo graduale; di rispettare i processi evolutivi
riguardanti le persone, le condizioni della famiglia e quelle dell’impresa; di non creare aspettative
ingiustificate nei padri, nei figli e in tutti coloro che sono coinvolti nel processo; di mantenere
elevati il grado di attenzione e di impegno di tutti perché da questo dipende la direzione che il
processo prenderà nelle fasi successive.64
d) Un processo di ricambio generazionale efficace si fonda sulla condivisione di certi
atteggiamenti di fondo da parte degli attori impegnati nel processo. Sono atteggiamenti che devono
consentire di non deviare dai principi condivisi e favorire la creazione di un clima costruttivo in cui
possano essere apprezzati contributi originali e positivi al problema della successione. Si pensi ad
atteggiamenti come i seguenti:
- un atteggiamento di umiltà, per cui tutte le persone impegnate nel processo di successione sono
pronte a riconoscere i propri limiti;
- un atteggiamento di ascolto che faciliti lo scambio di esperienze con altri imprenditori, figli di
imprenditori, professionisti e consulenti impegnati nei processi di successione e la comprensione
profonda delle esigenze di miglioramento/rinnovamento dell’impresa;
- un atteggiamento di ricerca del positivo in ogni situazione, che induca a non perdere mai la fiducia
di trovare una valida soluzione ai problemi ed ai conflitti.
e) Un’ultima condizione che facilita un processo di ricambio generazionale fisiologico
riguarda più propriamente la successione ereditaria: occorre preparare un adeguato profilo
patrimoniale delle aziende di consumo delle famiglie coinvolte nell’attività d’impresa.
64
Cfr. Corbetta G., Le imprese familiari. Caratteri originali, varietà e condizioni di sviluppo, EGEA 1995.
67
L’attenzione a questa condizione è, di norma, poco diffusa nelle imprese familiari di piccole
e medie dimensioni, di prima generazione e non aperte a soci non familiari.
Si tratta di un tema complesso la cui trattazione approfondita deve tenere conto
congiuntamente delle condizioni economiche (reddituali, finanziarie e patrimoniali) delle imprese e
delle aziende di consumo e delle norme civili e fiscali. Ci sono comunque due regole generali che
dovrebbero essere rispettate in ogni processo di ricambio generazionale.
Innanzi tutto in ogni momento una parte del patrimonio della famiglia dovrebbe essere
disponibile per affrontare gli oneri derivanti da eventi imprevisti, come gli oneri fiscali in casi di
morte o gli oneri derivanti dalla liquidazione di soci familiari che desiderino lasciare l’impresa. Il
valore della quota di patrimonio familiare da lasciare disponibile è strettamente collegato al valore
dell’impresa.
In secondo luogo dato che spesso non è possibile prevedere con sufficiente anticipo chi tra i
familiari potrebbe decedere, sarebbe bene frazionare il patrimonio tra i familiari, al fine di ridurre in
ogni caso gli oneri fiscali derivanti dalla successione. Questa operazione è delicata: è necessario
adottare un criterio per la suddivisione delle quote ed il senior è giustamente preoccupato di non
perdere il controllo dell’impresa prima che i giovani della famiglia siano idonei alla sua
conduzione. Nel concreto, le imprese familiari e i professionisti che le assistono hanno messo a
punto tutta una serie di strumenti che possono adeguatamente soddisfare le varie esigenze.
Alle cinque condizioni esaminate, che consentono un processo di ricambio generazionale
fisiologico, si deve aggiungere l’impegno di intelligenza, volontà ed energia adeguate da parte di
tutti gli attori.
68
4. La successione imprenditoriale in Italia ed in Europa.
La Commissione Europea ha riconosciuto l’importanza che dovrebbe essere data al
passaggio generazionale: l’insuccesso di questa fase preclude la possibilità per l’azienda di
proseguire un cammino di modernizzazione e di crescita. Secondo ripetute ricerche, l’80-85% delle
imprese familiari scompare entro la terza generazione (due su tre non superano la seconda)
La Commissione Europea ha valutato che due imprese su tre scompaiono entro 5 anni dalla
formale trasmissione d’impresa con la perdita di circa 300.000 posti di lavoro l’anno in Europa; ben
il 10% dei fallimenti, sempre in Europa, risulta dovuto all’inadeguatezza dei diversi operatori nel
governare i processi di trasmissione. Circa un terzo di tutte le imprese dell’Unione Europea sono
destinate a passare di mano nei prossimi 10 anni, con percentuali del 25 – 40 % a seconda degli stati
membri. Ciò significa che, ogni anno, cambiano di proprietà in media 610.000 piccole e medie
imprese (300.000 piccole e medie imprese con dipendenti e 310.000 costituite dal solo titolare), con
potenziali ripercussioni per 2,4 milioni di posti di lavoro.65
L’importanza dei trasferimenti di imprese è evidenziata anche dai dati nazionali. La
Germania si aspetta circa 354.000 trasferimenti di imprese nel corso dei prossimi 5 anni.66 In
Francia si stima che le imprese interessate saranno 600.000 nel corso del prossimo decennio.67 In
Italia è stato previsto per i prossimi dieci anni un potenziale di trasferimento del 40% di tutte le
imprese.68 In Austria il 23% delle imprese sarà oggetto di trasferimento nel corso del periodo 20042013.69 In Svezia, tra le 45.000 e le 50.000 imprese con dipendenti dovranno subire un cambio
generazionale nel corso dei prossimi 10 anni.70 Nel Regno Unito, lo Small Business Service ha
stimato che per un terzo dei proprietari di PMI il trasferimento di proprietà dell’impresa rischia
l’insuccesso.71 Anche se non sono interamente comparabili, le informazioni disponibili lasciano
pensare che questo fenomeno rivesta una grande importanza per l’insieme dell’Europa.
La figura 4.1 nella pagina seguente dà un’idea di sintesi delle dimensioni del fenomeno in
Italia.
65
Cfr. Report del primo Expert Group presentato al seminario di Vienna sul Transfer of business (23 – 24 settembre
2002). L’Expert Group è un gruppo di esperti costituito per aiutare la Commissione Europea nello svolgimento del
Progetto Best, relativo al trasferimento della proprietà delle imprese (transfer of business). L’obiettivo principale del
progetto era quello di monitorare l’applicazione della raccomandazione della Commissione del 1994 sulla successione
delle imprese (cfr. documento 1 in appendice), identificare misure di sostegno e proporre settori per azioni future.
66
Institut für Mittelstandsforshung, Bonn, 2005.
67
Vilain (2004), La trasmission des PME artisanales, commerciales, industrielles et de services, avis ed rapport du
conseil èconomique et social.
68
Seminario Europeo sul Trasferimento di Imprese, Vienna 23 e 24 settembre 2002, Relazione Finale.
69
Mandl, 2004, Trasferimenti di imprese e successioni in Austria, Atti della 27° Conferenza nazionale dell’Istituto delle
piccole imprese.
70
Generationsskiften I företag-Problemanalys av vilka effekter förväntas av kommande generationsskiften företag,
2004.
71
Passing the baton – encouraging successful business transfer – Evidence and Key stakeholder opinion, 2004.
69
Figura 4.1 - Passaggio generazionale in Italia.
Imprenditori con più di 60 anni
43% del totale
Imprenditori familiari coinvolti ogni anno nel passaggio generazionale
66 mila
Dipendenti interessati dal passaggio generazionale (nel ’99)
220 mila
Imprese a rischio ogni anno
20 mila
Posti a rischio ogni anno
65 mila
Numero di imprese che nei prossimi 10 anni dovranno affrontare il problema 40% del totale
Presenza di un discendente nel gruppo di comando dell’azienda
70% del totale
Imprenditori che manifestano l’intenzione di lasciare l’azienda a un familiare
68% del totale
Imprenditori che considerano il passaggio generazionale un fenomeno 80% del totale
gestibile con grandi difficoltà o impossibile da gestire
FONTE: Sda Bocconi, 1999.
I dati esposti si commentano da soli. Gli imprenditori con più di 60 anni sono il 43% del
totale: in Italia l’imprenditore-fondatore è portato a rimanere in azienda fino a tarda età, non tanto
formalmente quanto piuttosto nel mantenimento dell’influenza decisionale.
In Italia ci sono attualmente quasi cinque milioni di imprese iscritte nel Registro tenuto dalle
Camere di commercio (tra ditte individuali e artigiane, società di persone e capitali) ed è stata
stimata (dati Infocamere, Sole 24 Ore) nel 5,1 % del totale la percentuale di imprese italiane che
hanno attualmente un’età “critica”, dove cioè è in atto oppure è imminente una transizione
generazionale (percentuale mai raggiunta in passato) .72
Dall’analisi Le PMI italiane: una ricerca quantitativa svolta dall’Università Bocconi nel
2003, il 65,6% degli imprenditori di imprese familiari italiane di piccole e medie dimensioni ha
dichiarato che il processo di successione che li ha portati al vertice dell’azienda è stato preparato
soprattutto “sul campo”. Si sono avuti una responsabilizzazione graduale e l’affiancamento dei
genitori nell’88% dei casi.
Gli imprenditori hanno inoltre seguito corsi di formazione (29%) ed hanno svolto esperienze
professionali prima di entrare in azienda (27%). Nel 30% dei casi sono i senior che hanno trasmesso
agli junior i valori di famiglia quali serietà, correttezza, onestà e dialogo attraverso azioni
specifiche.
Tra gli imprenditori senior il 21% sta preparando il ricambio successivo, il 35% sta
pianificando come prepararlo, il 32% pensa sia ancora presto e il 12% non intende programmarlo.73
72
73
Cfr. www.kit.brunello.net.
Cfr. Basile M., Una nuova generazione per l’albergo di domani, Turismo e ospitalità nel Trentino n. 7 luglio 2007.
70
4.1 Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea.
La trasmissione delle imprese è un problema di enorme rilievo della politica d’impresa della
Commissione Europea74.
Come già precedentemente evidenziato ogni anno centinaia di imprese europee rischiano di
chiudere per l’insuccesso del ricambio generazionale nella gestione dell’azienda, con la
conseguente perdita di numerosi posti di lavoro.
Dopo la creazione e la crescita, la trasmissione è la terza fase cruciale nel ciclo di vita
dell’impresa75.
L’azione della Commissione Europea in questo campo risale al 28 e 29 gennaio 1993, ad
una conferenza da essa organizzata a Bruxelles per fare il punto sulla situazione negli Stati membri
e definire le pratiche migliori nel campo della trasmissione delle imprese. Ad essa seguì una vasta
consultazione di tutte le parti interessate sulla base di un’apposita comunicazione76 che condusse
all’adozione, il 7 dicembre 1994, di una raccomandazione ufficiale relativa alla trasmissione delle
piccole e medie imprese, indirizzata dalla Commissione Europea agli Stati membri77.
Nella raccomandazione la Commissione identificava le misure amministrative e legali che
avrebbero potuto, e tuttora potrebbero, facilitare il trasferimento d’impresa. Esse riguardano i
seguenti aspetti:
•
sensibilizzare l’imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale
operazione finché è ancora in vita;
•
creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione;
•
consentire all’imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua
disposizione gli strumenti adeguati;
•
assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso
di uno dei soci o dell’imprenditore;
•
assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione
ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza dell’impresa;
•
incoraggiare fiscalmente l’imprenditore a trasferire la sua impresa tramite vendita o cessione
ai dipendenti, soprattutto quando non vi sono successori nell’ambito della famiglia.
74
Valorizzare al massimo il potenziale delle PMI nel campo dell’occupazione, della crescita e della competitività,
proposta di decisione del Consiglio relativa ad un Terzo programma pluriennale per le piccole e medie imprese (PMI)
nell’Unione europea (1997-2000), COM(96) 98 def. Del 20 marzo 1996.
75
Programma integrato a favore delle PMI e dell’artigianato, COM(94) 207 def. Del 3 giugno 1994.
76
Azioni a favore delle PMI, Comunicazione della Commissione sulla trasmissione delle imprese. GU C 204 del
23.7.1994, pag. 1.
77
Cfr. documento 1 in appendice, Raccomandazione della Commissione sulla successione nelle piccole e medie
imprese, 94/1069/CE, 7 dicembre 1994, Gazzetta ufficiale n. L 385 del 31/121994.
71
L’articolo 9 della raccomandazione stabiliva che, entro il 31 dicembre 1996, gli Stati
membri avrebbero dovuto presentare una relazione sui progressi compiuti. Già nel corso del 1996,
la Commissione aveva invitato tutti gli Stati membri a comunicare informazioni provvisorie sulle
iniziative intraprese rispetto ai vari elementi della raccomandazione e sulle modifiche che essi
intendevano apportare alla legislazione vigente.
Nella sua proposta di decisione al Consiglio, relativa al Terzo programma pluriennale a
favore delle PMI, la Commissione manifestava l’intenzione di presentare nuove iniziative, come
un’azione concertata, in base alla valutazione del seguito dato alla raccomandazione del 1994. La
decisione del Consiglio del 9 dicembre 1996, sul Terzo programma pluriennale, ha confermato
l’obiettivo di continuare gli sforzi in questo senso.78 Memore di tale decisione, la Commissione
europea ha organizzato, il 3 e 4 febbraio 1997, a Lille (Francia), il Forum europeo sulla
trasmissione delle imprese.
Eccone una sintesi:
•
l’impresa dev’essere sempre in condizione di trasmissibilità;
•
la trasmissione d’impresa non è una vendita, ed il passaggio non va inteso nel senso
puntuale del termine, cioè connesso al momento del passaggio formale di proprietà;
•
è invece un processo, di medio-lunga durata, che va preparato, gestito, accompagnato;
•
la prima difficoltà da affrontare è quella di sensibilizzare gli imprenditori senior ad
organizzarsi in tempo;
•
per sviluppare il potenziale del continuatore è necessario porlo in condizioni di esprimere
un’esperienza di responsabilità sua, autonoma;
•
i governi dovranno cooperare con tutti gli altri protagonisti sul territorio a salvaguardare,
anche con legislazione ad hoc, il bene comune: l’impresa;
•
per governare il problema è necessario passare dall’approccio normativo a quello
volontaristico. Imporre modelli obbligatori non ha senso. Bisogna partire dalla realtà
dell’impresa;
•
la complessità del problema richiede uno sforzo multidisciplinare: generalisti e specialisti
devono cooperare con ottica comune;
•
all’interno delle aziende tutte le forze potenzialmente interessate, inclusi a pieno titolo i
sindacati, dovranno essere coinvolte a tutela e beneficio del patrimonio comune, l’impresa,
che deve risultare l’unica vincente;
78
Cfr. GU L 6 del 10.1.1997, pag. 25.
72
•
nel caso delle piccole e medie imprese la terminologia e le regole classiche per la gestione
d’impresa, nate dalla logica delle imprese di grosse dimensioni, vanno non tanto mandate in
pensione quanto piuttosto integrate con altre;
•
in coerenza con ciò nuovi strumenti vanno individuati, collaudati e diffusi (“disseminati”)
come buone pratiche, in base non tanto alle loro premesse teoriche, vere o presunte che
siano, ma al loro buon funzionamento applicativo;
•
in particolare, bisogna considerare ogni trasmissione come un caso unico, urge una diagnosi
sistematica delle relazioni all’interno dell’impresa.
Altro elemento fondamentale da evidenziare: a Lille viene dichiarata l’irruzione delle
emozioni, come logica che logica non è, che prevale tuttavia sulle argomentazioni e sulle tecniche
razionali ed economiche in senso stretto. 79
La valutazione delle informazioni fornite dagli Stati membri e il dibattito nelle sessioni
plenarie e nei vari seminari del forum sono i risultati descritti nella Comunicazione della
Commissione relativa alla trasmissione delle piccole e medie imprese 28.03.1998, 98/C 93/02.
In questa comunicazione la Commissione Europea esorta i paesi membri a prendere una serie di
misure di cornice, tali da rendere l’intero territorio dell’Unione più ricettivo ai processi di
trasmissione. Le necessità poste in evidenza dalla Commissione sono così schematizzabili:
•
semplificazione amministrativa degli atti di compravendita;
•
prescrizione di meccanismi di valutazione dell’avviamento aziendale più appetibili per i
potenziali acquirenti di imprese a rischio di cessazione;
•
iniziative pubbliche e private tese alla sensibilizzazione, all’informazione e alla formazione
degli imprenditori;
•
ruolo delle molteplici figure di intermediari (avvocati, notai, commercialisti) necessari nella
valutazione di ogni possibile opzione per la successione;
•
atteggiamento più amichevole e positivo che dovrebbe essere adottato dagli istituti di credito
verso l’erogazione di prestiti alle Pmi che devono far fronte agli elevati costi di acquisto
durante la trasmissione d’impresa.
Mentre si andava preparando un nuovo forum, però, la Commissione Europea è stata
costretta a prendere atto del deludente esito della Comunicazione. La sordità ai messaggi era ancora
molto diffusa pressoché in tutta Europa.
79
Cfr Brunello T. e Bornello M., Passaggi obbligati. La trasmissione e la continuità competitiva d’impresa nelle Pmi,
Franco Angeli 2003, ed il sito internet www.kit.brunello.net.
73
Il Consiglio dei Ministri d'Europa di Lisbona 2000, orientato alla competitività, ha indicato
come obiettivo di sintesi per l'Unione Europea nel 2010 quello di diventare l'economia basata sulla
conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile. Nell'ambito di tale intento, è stato attivato il Progetto BEST, focalizzato su temi
strategici, fra i quali la trasmissione d'impresa.
Nel marzo del 2000 è stata attivata una nuova azione, con la costituzione di un primo un
gruppo di esperti all’interno delle Direzione Generale “Industria” (Expert Group, guidato da
Bruxelles) sulla trasmissione d’impresa con l’obiettivo di:
•
verificare in che misura i governi dei paesi membri abbiano dato seguito alle esortazioni
contenute nei documenti della Commissione, sostanzialmente tecniche, giuridiche e
legislative;
•
fare un inventario della situazione nei vari paesi, con lo scopo di dare un quadro di lettura
unitario europeo;
•
segnalare le buone pratiche, di successo, di cui estendere l’applicazione;
•
proporre linee-guida comuni, che potranno essere poi fatte proprie, più o meno
approfonditamente, a discrezione dei diversi paesi membri.
Dopo due anni di lavoro, questo primo Expert Group ha prodotto un report80, il cui
contenuto chiave è stato presentato al seminario di Vienna sul Transfer of business, con oltre 200
partecipanti coinvolti sul tema, il 23-24 settembre 2002.
Il report del primo Expert Group, presentato a Vienna, contiene i seguenti elementi
essenziali:
•
lancia ancora una volta un grido d’allarme, accompagnato da una serie di verifiche sul grado
di realizzazione delle raccomandazioni ai paesi membri;
•
pone una serie di considerazioni sulle possibili misure di supporto organizzativo, e non più
soltanto legislativo, e giuridico-fiscale per le imprese e le diverse strutture, a vario titolo
coinvolte nei processi di trasmissione;
•
presenta un piano d’azione molto operativo (Action Plan).
Per quanto riguarda il primo punto, l’allarme è partito da una considerazione di carattere
generale:
•
80
non c’è consapevolezza del problema, sia in ambiente pubblico che in ambiente privato;
Seminario europeo sul Trasferimento di Imprese, Vienna 23 e 24 settembre 2002, Relazione Finale.
74
•
spesso si è troppo concentrati sull’investire per far nascere nuove imprese, e così non si
investe abbastanza per mantenere in vita quelle esistenti.
Come ben sa ogni imprenditore, è 5-6 volte più facile conservare i clienti esistenti che
trovarne di nuovi. Questo viene confermato anche da una recente indagine francese citata al
seminario di Vienna: in media ogni start-up riuscito genera due nuovi posti di lavoro mentre
ogni trasmissione di impresa riuscita ne mantiene 5, la resa comparativa (a parità
d’investimento) è di 100:250 a favore della trasmissione;
•
dal 25 al 40 % delle piccole e medie imprese europee dovranno affrontare la trasmissione
nei prossimi 10 anni;
•
5 milioni di PMI (circa un terzo delle imprese europee) dovranno essere trasferite a nuovi
titolari;
•
610.000 sono le imprese a rischio ogni anno (di cui 300.000 senza dipendenti) per un totale
di 2.100.000 posti di lavoro l’anno.
Gli altri punti cardine del corpo del report sono i seguenti:
•
la durata di un processo di trasmissione si situa fra i cinque ed i dieci anni;
•
nel 2002, in Europa, 1/3 dei titolari di PMI avevano più di 50 anni;
•
solo circa la metà delle misure raccomandate dalla Commissione ai vari paesi membri sono
state da essi implementate;
•
gli imprenditori senior ritengono di avere esperienza di guida d’azienda, ma difficilmente si
rendono conto che trasmettere l’impresa è generalmente un’esperienza che si fa una sola
volta nella vita;
•
mentre c’è una cultura di base per far nascere le nuove imprese e ci sono intere biblioteche,
cattedre universitarie ed esperienze di business school per la gestione corrente di esse, una
cultura della trasmissione deve ancora formarsi. Sono diversi i profili di coloro che
dovrebbero intervenire: governi, cultura, sistema imprese;
•
si propongono 35 buone pratiche, provenienti da diverse esperienze concrete europee;
•
si definiscono indicatori comuni, che consentano di confrontare ed aggregare utilmente i
dati che si auspica siano raccolti periodicamente da fonti pubbliche. Finora in tutta Europa
infatti le analisi dei dati sono state attuate a macchia di leopardo, in modo non omogeneo.
A conclusione del report è riportato un piano d’azione. Dopo aver ricordato che occorre dare
alla trasmissione pari importanza che alla nascita di nuove imprese (questo il messaggio portante) si
raccomanda di:
75
•
attivare un centro virtuale d’eccellenza europeo, raccordato con analoghi centri nei diversi
stati membri;
•
creare una borsa delle PMI in fase di trasmissione;
•
promuovere seminari, forum e incontri, nazionali e trasnazionali;
•
scambiare quali buone pratiche strumenti innovativi, adeguati al tema;
•
impostare osservatori di monitoraggio d’iniziativa pubblica.
Già ad ottobre 2002 si è andato a costituire un secondo Expert Group (Progetto MAP 2002).
Tale gruppo è nato con l’intenzione di portare a livello governativo-ministeriale i contenuti dei
lavori svolti sino a quel momento. Il suo compito si è concluso nell’estate del 2003.
In modo del tutto imprevedibile gli esiti del primo report hanno innescato una reazione nei
governi dell’Unione, tanto che il Consiglio dei ministri UE, dal marzo 2003, dà cittadinanza
formale alla trasmissione d’impresa, dichiarando che ad essa va dedicata almeno la stessa
importanza riservata allo start-up (nascita di nuove imprese).
I risultati delle analisi effettuate dal secondo Expert Group (datati estate 2003) contengono
notizie sui passi avanti fatti dai vari paesi, inclusi quelli dell’allargamento UE, nel frattempo
coinvolti. Indica che in Italia è il Veneto la prima area che si candida come Centro d’eccellenza
virtuale, inteso a raccordarsi con il Centro d’eccellenza europeo promosso da Bruxelles. Secondo la
relazione finale del progetto MAP 2002 i trasferimenti di imprese dovrebbero ricevere la stessa
attenzione politica delle creazioni di imprese, e il trasferimento a terzi dovrebbe essere agevolato e
occorrerebbe adottare ulteriori misure per incoraggiare una pianificazione per i trasferimenti in
tempo utile.81
La Commissione ha riaffermato nel febbraio 2005 la sua adesione alla partnership di
Lisbona per la crescita e l’occupazione82 e ha definito nel novembre dello stesso anno un quadro
politico globale per le piccole e medie imprese nel quale l’importanza dei trasferimenti di proprietà
delle imprese è pienamente riconosciuta.83
Nel marzo 2006 la Commissione delle Comunità Europee ha redatto una comunicazione
rivolta al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al
Comitato delle Regioni: Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e
l’occupazione. I trasferimenti di proprietà delle imprese – La continuità grazie ad un nuovo avvio.
In tale documento si fa “un punto della situazione” relativamente ai trasferimenti di imprese in
81
Relazione finale del progetto MAP 2002, Commissione europea (2003).
Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona, Comunicazione al Consiglio
europeo di primavera COM(2005) 24.
83
Attuare un programma comunitario di Lisbona. Una politica moderna a favore delle PMI per la crescita e
l’occupazione, Commissione europea (2005) COM(2005) 551.
82
76
Europa: si evidenzia il livello di attuazione della raccomandazione del 1994 da parte degli stati
membri e vengono espresse le raccomandazioni per i futuri lavori.
Nello specifico relativamente all’attuazione della raccomandazione del 1994, si evidenziano
i seguenti punti:
•
i progressi fatti dagli stati membri sono ancora insufficienti;
•
in particolare gli sforzi di sensibilizzazione devono essere intensificati;
•
l’ambiente finanziario spesso non è favorevole al trasferimento d’impresa;
•
la ristrutturazione di un’impresa per preparare un trasferimento non presenta gravi problemi;
•
è oggi più facile creare una piccola impresa sotto forma di società a responsabilità limitata;
•
generalmente la continuità delle società di persone può essere garantita mediante un
contratto di società;
•
le imposte di successione sono abolite o ridotte in molti paesi;
•
vi sono poche agevolazioni fiscali in caso di vendita a terzi.
Le raccomandazioni per i futuri lavori sono:
•
concentrare l’attenzione politica sia sui trasferimenti di proprietà che sulle creazioni di
imprese;
•
garantire adeguate condizioni finanziarie;
•
aumentare la sensibilizzazione, tenere conto dei fattori qualitativi e incoraggiare il tutorato
(“mentoring”);
•
organizzare mercati trasparenti per i trasferimenti di proprietà delle imprese;
•
garantire che i sistemi fiscali siano favorevoli ai trasferimenti di proprietà;
•
creare le infrastrutture adeguate per una generale attuazione delle raccomandazioni.84
4.2 Selezione di buone pratiche europee.
Presentiamo di seguito esempi di buone pratiche europee, una panoramica di diversi metodi
adottati per sostenere con successo le piccole e medie imprese europee nella delicata fase di
passaggio generazionale.
84
Cfr. documento 2 in appendice, Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Il
trasferimento di proprietà delle imprese – La continuità grazie ad un nuovo avvio, comunicazione della Commissione
al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni,
Commissione delle Comunità Europee COM(2006) 117 definitivo, Bruxelles 14.03.2006.
77
Alcuni di questi esempi sono stati selezionati tra i casi descritti nella relazione finale del
Progetto sul trasferimento delle imprese (Progetto Best) o tra quelli presentati al Seminario europeo
sul trasferimento delle imprese tenuto a Vienna il 23-24 settembre 2002.
Altri casi riportati sono stati selezionati nel quadro degli scambi di buone pratiche
nell’ambito delle Carta europea per le piccole imprese,85 considerando quelli relativi al tema del
passaggio generazionale. Ogni anno infatti, sulla scorta delle discussioni con gli Stati membri,
vengono selezionati una serie di settori prioritari di intervento per la Carta. Per l’esercizio 20052006 tra i settori chiave sui quali individuare e scambiare buone pratiche c’era anche quello del
sostegno alle imprese, sia per le nuove fondazioni che per i trasferimenti d’impresa.
Sportello unico per i trasferimenti di proprietà
Industrie – und Handelskammer Erfurt, www.erfurt.ihk.de.
La Camera di commercio e industria (Industrie – und Handelskammer, IHK) di Erfurt ha creato uno
sportello unico per gli imprenditori in fase di trasferimento. I cedenti e gli acquirenti interessati
possono incontrare consulenti legali e fiscali, rappresentanti di banche, di organismi di sviluppo e
della comunità in cui risiedono, i quali forniscono loro le informazioni necessarie in un’unica sede.
Il consulente dell’IHK che conosce l’impresa interessata ed è stato responsabile di essa in passato
organizza l’incontro con gli esperti e prende parte alla consultazione.
L’obiettivo del progetto è quello di riunire le informazioni su tutti gli aspetti inerenti ai
trasferimenti di proprietà in un’unica sede.
Portale d’informazione
Ministero federale dell’Economia e del lavoro di Berlino, www.nexxt.org.
L’iniziativa nexxt sul trasferimento di imprese è un progetto del Ministero federale dell’economia e
del lavoro in cooperazione con varie organizzazioni e banche. Sotto il marchio comune nexxt, è
stata creata una piattaforma d’azione per riunire tutte le parti interessate. Nel sito Internet
www.nexxt.org si possono trovare informazioni di ogni tipo riguardanti il trasferimento di imprese.
I partner dell’iniziativa organizzano seminari e altre attività, allo scopo di fornire informazioni sul
85
La Carta europea per le piccole imprese, creata dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000, è un intervento a
sostegno delle piccole imprese. Essa mira a stimolare la Commissione e gli Stati membri a intraprendere azioni nei dieci
settori chiave in cui è suddivisa. E’ ad oggi un documento essenziale per la politica in materia di piccole e medie
imprese e funge da quadro per lo scambio di buone pratiche e per l’apprendimento reciproco.
78
passaggio generazionale ed indicare mezzi concreti per risolvere i problemi. Questa iniziativa aiuta
gli imprenditori ad affrontare in tempo utile i problemi del trasferimento di un’impresa.
L’obiettivo del progetto è dunque quello di fornire informazioni on-line in modo coordinato.
Una struttura di sostegno per le successioni nelle imprese familiari
Raad voor her Zelfstanding Ondernemerschap, Holland, www.rzo.nl.
Il Consiglio per l’imprenditorialità (RZO) ha sviluppato, in cooperazione con una banca (RABO) e
un’azienda di contabilità (BDO) una struttura di sostegno per la successione nelle imprese familiari
denominata Dal progetto singolo ad un percorso di sostegno generale: verso un metodo integrato
di informazione e consulenza sul trasferimento delle imprese familiari. Il progetto comprende una
serie di attività organiche in materia di sensibilizzazione, seminari di formazione e consulenza
individuali. L’obiettivo era riunire le risorse di una serie di organizzazioni diverse per fornire
informazioni ad un pubblico più ampio di quello che poteva essere raggiunto singolarmente da
ciascuna di esse. Il progetto pilota è stato organizzato in collaborazione con la camera di commercio
del Rijnland e con l’associazione di categoria dei panificatori. Centinaia di imprenditori hanno
partecipato alle riunioni e la loro risposta è stata estremamente positiva. Il progetto è stato
trasformato in un piano d’azione a disposizione delle altre camere di commercio e organizzazioni di
categoria affinché possano avere tutte le informazioni necessarie per organizzare programmi
analoghi.
L’obiettivo del progetto è dunque quello di fornire sostegno per le successioni nelle imprese
familiari in modo coordinato.
Consulenza informativa
Chris Martin & Associates, United Kingdom, www.chrismartinassoc.co.uk.
Chris Martin & Associates ha sviluppato un processo di consulenza per aiutare gli imprenditori a
identificare il capitale intellettuale e le competenze fondamentali per la conduzione dell’impresa. Il
processo è particolarmente idoneo per le piccole aziende specializzate a conduzione diretta, e si
articola in una serie di fasi specifiche che permettono di raggiungere una conoscenza approfondita
delle componenti fondamentali del processo di successione.
L’assistenza fornita mette a disposizione dell’imprenditore strutture, quesiti ed esempi. La
consulenza prevede altresì una serie di fasi che consentono all’imprenditore di individuare i punti di
forza dell’impresa e le diverse opzioni per realizzare la successione. Questo processo permette agli
79
imprenditori di visualizzare la propria attività in modo nuovo, agevolando quindi un approccio
solido e ben fondato al problema della successione.
Programma superiore per il rafforzamento delle imprese familiari
EOI Escuela de Negocios, Madrid, http://www.eoi.es.
La EOI Escuela de Negocios (Scuola di gestione aziendale, EOI) ha organizzato un Programma
superiore per il rafforzamento delle imprese familiari destinato ai cedenti e ai successori potenziali
di imprese familiari.
Gli obiettivi sono permettere a chi intende trasferire la propria impresa di applicare criteri razionali,
come in altre situazioni imprenditoriali e guidare i potenziali successori nella preparazione di un
piano strategico per l’impresa che si apprestano a rilevare.
Il programma dura circa 11 settimane ed è organizzato in due moduli: Gestione della successione e
Piano strategico. Il primo fornisce una diagnosi dell’impresa alla luce della prossima successione e
costituisce un forum per la discussione di casi pratici. Il secondo comprende vari seminari sui
principali aspetti della gestione aziendale, che permettono di mettere in luce i punti di forza e di
debolezza dell’impresa per il futuro.
Consulenze per i trasferimenti di proprietà
Ministero dell’Industria e commercio in collaborazione con i Centri dell’occupazione e dello
sviluppo economico (centri T&E), Finlandia, www.te-keskus.fi, www.yritssuomi.fi, aprile 2002 –
dicembre 2007.
I Centri finlandesi per l’occupazione e lo sviluppo economico (centri T&E) offrono uno strumento
aziendale denominato Passaggio delle consegne (ViestinVaihto) che aiuta a gestire il passaggio
generazionale. Il servizio è destinato alle piccole e medie imprese che cercano di realizzare un
passaggio generazionale sistematico e controllato. Il servizio contribuisce a specificare la posizione
e le aspettative dell’imprenditore cedente e del successore. Esso esamina inoltre i possibili candidati
alla successione, determina il valore finanziario dell’impresa, chiarisce gli aspetti fiscali e giuridici,
e infine valuta le possibilità di finanziamento dei metodi di transizione alternativi.
Al termine dell’analisi, l’imprenditore può disporre di un programma scritto comprendente i
proposti provvedimenti di attuazione. Vengono messi in rilievo anche i problemi che necessitano di
ulteriori chiarificazioni. Il servizio comprende consulenze specifiche e personalizzate per un
periodo di tre giorni.
80
L’obiettivo del programma è dunque quello di fornire un sostegno personalizzato alle imprese e
nello specifico: contribuire ad una preparazione attenta e tempestiva del passaggio generazionale
e/o del cambiamento di proprietà, contribuire alla selezione di opzioni e soluzioni sulla base di
analisi adeguate, affrontare le questioni che impongono chiarimenti più approfonditi.
Sono stati elaborati piani per il passaggio generazionale per 521 imprese (aprile 2002 – settembre
2005), ed alcuni di questi sono già stati applicati, contribuendo all’aumento della consapevolezza
riguardo alla necessità di iniziare tempestivamente i preparativi per un passaggio generazionale.
Forum di discussione
Wirtschaftskammer OO Linz, www.wko.at/ooe.
Team Beratung è un programma della camera economica dell’Austria superiore, che offre agli
imprenditori la possibilità di incontrare esperti nei campi del diritto del lavoro e della legislazione
sociale e fiscale per discutere il modo migliore di trasferire la loro impresa. Analoghi programmi
sono disponibili anche presso le camere economiche delle altre province austriache.
L’obiettivo del progetto è quello di creare una piattaforma di discussione con esperti in diversi
settori.
Portale “guichet unique pur entreprises”
Ministère de l’Economie et du Commerce extérieur, www.entreprises.lu, novembre 2004.
Il portale “guichet unique pu entreprises” (sportello unico per le imprese) è una piattaforma on line
che funge da interfaccia di comunicazione tra le imprese, l’amministrazione pubblica e le
organizzazioni imprenditoriali. E’ stato sviluppato da quattro ministeri e attualmente contiene
informazioni, dettagli sulle procedure amministrative e consigli pratici per ciascuna fase del ciclo di
vita di un’impresa.
L’obiettivo è quello di offrire alle imprese un catalogo delle procedure delle varie amministrazioni;
fornire un accesso semplice alle informazioni, strutturate in base al ciclo di vita di un’impresa e
permettere alle imprese di seguire i propri dossier.
Grazie a questo sportello è possibile per gli imprenditori risparmiare tempo e denaro essendoci il
raggruppamento in uno sportello unico dell’insieme delle informazioni e dei servizi gestiti da varie
entità.
81
In qualità di portale d’informazione del governo, il servizio deve offrire un contenuto neutrale
approvato dalle amministrazioni interessate. Il suo contenuto è frutto di una procedura che
coinvolge tutti i principali soggetti pubblici e privati interessati.
Programma nazionale volto a facilitare la trasmissione di imprese
NUTEK, the Swedish Agency for Economic and Regional Growth, www.nutek.se, gennaio 2005 –
giugno 2007.
Questo programma comprende misure volte a sensibilizzare, istruire e formare le imprese e i loro
consulenti, a proporre consulenze e strumenti per la preparazione dei trasferimenti di imprese
nonché misure volte a facilitare gli incontri tra venditori ed acquirenti. Il programma è stato
sviluppato e realizzato in cooperazione stretta con Almi (la federazione delle imprese private in
Svezia) la confederazione delle imprese svedesi e la rete delle imprese familiari.
L’obiettivo del programma è quello di tenere almeno una riunione di informazione ogni sei mesi in
ogni regione per comunicare informazioni sull’importanza del lancio in tempo utile della procedura
di trasferimento e le varie conseguenze di un cambio di proprietà.
Finora il livello di soddisfazione dei proprietari di imprese che hanno partecipato alle riunioni di
informazione è stato dell’80%.
Altri obiettivi: diffusione dell’informazione sui mercati per gli acquirenti ed i rappresentanti di
commercio delle piccole imprese e misure di promozione dello spirito imprenditoriale, in
particolare nei giovani, con informazioni sull’acquisizione di un’impresa come alternativa all’avvio
di una nuova.
I destinatari del progetto sono imprese gestite da un imprenditore di oltre 50 anni, ma anche
acquirenti potenziali, segnatamente giovani, interessati all’acquisizione di un’impresa esistente
come alternativa al lancio di una nuova.
Sono state svolte circa 50 riunioni di informazione in tutta la Svezia, formazione riguardante ad
esempio il processo di trasferimento di un’impresa al nuovo proprietario, gli aspetti psicosociali e
finanziari.
C’è stato uno sforzo congiunto delle organizzazioni di imprese nazionali, regionali e locali per
raggiungere in modo efficiente ed efficace le piccole imprese.
Questa misura è stata in parte ispirata dalle raccomandazioni del progetto Best sul trasferimento
d’impresa.
82
4.3 Lo Stato Italiano ed i provvedimenti presi relativamente al
passaggio generazionale nelle piccole e medie imprese.
Le azioni di intervento in Italia in risposta alla Raccomandazione della Commissione
Europea sulla successione nelle piccole e medie imprese (GU L 385 del 31.12.1994)86 sono partite
dalla definizione del focus di interesse: le micro, piccole e medie imprese. Questa affermazione può
sembrare banale, ma in realtà essa costituisce un elemento di chiarificazione che non è da dare per
scontato.
In Italia infatti quando si parla di ricambio generazionale vengono prese in considerazione
famiglie, padri, figli; le loro aspettative, le loro relazioni, i loro fabbisogni formativi. Si parla di
patrimoni da separare fra eredi, di modalità giuridiche affinché la famiglia continui a mantenere la
proprietà. Tutto si è sempre molto incentrato sui soggetti e sulle controparti in causa. Anche
nell’approccio consulenziale al problema è difficile svincolarsi da un rapporto prevalentemente
centrato sui fabbisogni delle persone, sulla compensazione delle richieste, ecc.
Mettere le imprese al centro dell’attenzione ha invece significato lavorare non solo sulla
successione ma anche sulla trasmissione: ovvero porsi il problema di un avvicendamento nei ruoli
imprenditoriali non solo tra padri e figli ma anche fra senior e junior non vincolati da alcun legame
di parentela.
Evidentemente quest’approccio ha implicato la necessità di approfondire e riflettere su tutta
l’esperienza legata alla tematica delle imprese familiari.
Per quanto riguarda il coordinamento degli interventi a favore della trasmissione d’impresa
gli attori sul terreno sono: imprese, associazioni, camere di commercio, istituzioni pubbliche e
private. Questi sono chiamati a incentivare sempre di più le azioni di sistema che favoriscano
l’interscambio e la circolazione di informazioni e sollecitazioni sul tema.
Sul piano puramente imprenditoriale, la soluzione del problema richiede un maggiore
impegno da parte delle aziende che si devono preparare a sviluppare sistemi manageriali più
moderni rispetto a quelli risultanti meramente dalle relazioni interpersonali all’interno della
famiglia, ad allargare se necessario la compagine proprietaria e ad affrontare il processo di apertura
del capitale per finanziare la necessaria espansione delle proprie attività.
86
Cfr. documento 1 in appendice, Raccomandazione della Commissione sulla successione nelle piccole e medie
imprese, 94/1069/CE, 7 dicembre 1994, Gazzetta ufficiale n. L 385 del 31/12/1994.
83
Dal punto di vista delle istituzioni di governo delle economie, una risposta efficace non può
essere che globale, dovendo necessariamente trattare in maniera unitaria o coordinata i vari aspetti
di carattere culturale, normativo, fiscale e di sostegno finanziario evitando interventi settoriali87.
I governi nazionali sono stati invitati con appositi provvedimenti normativi comunitari ad
adottare interventi diretti ed indiretti in favore del passaggio generazionale88.
Sul piano giuridico, si è chiesto agli Stati membri di favorire i casi di trasformazione di un’impresa
che risultino più adeguati alle esigenze del cedente e/o del cessionario mentre sul piano fiscale,
viene incoraggiata una politica tributaria che non ostacoli il trasferimento d’impresa.
In questo contesto, per dare seguito alle linee di intervento suggerite dalla Commissione
Europea, è stato costituito nel marzo 2000 un gruppo di esperti comunitari sulla trasmissione
d’impresa (Expert Group)89 con l’obiettivo di verificare e completare le diverse misure prese dagli
Stati membri ed analizzare l’applicazione della raccomandazione comunitaria a riguardo.
Al gruppo di esperti comunitari sulla trasmissione d’impresa, su delega del Ministero delle
Attività Produttive italiano (Direzione Sviluppo Produttivo e Competitività), è stata chiamata a
partecipare Unioncamere in rappresentanza delle Camere di commercio italiane.
Oltre a misure giuridiche e fiscali, nelle quali non entro nel merito in questa sede, per quanto
riguarda le misure di supporto al trasferimento d’impresa in Italia si è affrontato il problema sulla
base delle singole problematiche riscontrate dalla raccomandazione comunitaria del 1994.
In generale gli imprenditori sono molto spesso poco propensi a pensare al passaggio di
proprietà della loro impresa: viene visto soltanto il futuro immediato e non si programma la vendita
delle società o il suo trasferimento ai figli.
La formazione è importante per sviluppare negli imprenditori le conoscenze e le attitudini
necessarie per un trasferimento d’impresa. Corsi di formazione specifici per i cedenti e i successori
forniscono agli imprenditori le conoscenze e gli strumenti per programmare e attuare il processo di
trasferimento.
La grande maggioranza delle piccole e medie imprese è gestita dai proprietari. Le regole
tradizionali di gestione insegnate nelle università o in altre sedi, come, per lo più, la letteratura
esistente in materia, riguardano le imprese medie e grandi. Per i proprietari-dirigenti di piccole e
medie imprese occorrono competenze alternative e/o aggiuntive rispetto a quelle dei dirigenti alle
dipendenze di una grande impresa.
87
Cfr. Spagnoli C., Business transfer in Italy: some notes and comments, proposals of lines of actions for future,
Unioncamere Roma giugno 2000, www.unioncamere.it.
88
Cfr. capitolo 4.1, Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea..
89
Cfr. capitolo 4.1, Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea.
84
Includere il trasferimento d’impresa nel curriculum ordinario della formazione degli
imprenditori permetterebbe di sensibilizzare e di dare informazione di base su questa fase
particolare del ciclo di vita di un’impresa e darebbe anche modo ai potenziali giovani imprenditori
di prepararsi a creare la loro propria impresa acquistandone una esistente, che il proprietario è
intenzionato a cedere. Le attitudini imprenditoriali del successore infatti non sono sempre sufficienti
a garantire la continuità d’impresa.
Oltre alla sensibilizzazione e alla formazione sul tema della trasmissione altro tema riguarda
il coordinamento delle strutture e organizzazioni di sostegno delle piccole e medie imprese. In
questo senso in Italia si è cominciata a sviluppare soltanto da poco una cultura diffusa specifica.
Un’azione più ampia dovrà coinvolgere tutte le parti direttamente o indirettamente interessate alla
continuità delle imprese (istituzioni, società private, associazioni di imprenditori, camere di
commercio, parti sociali, ecc.)
Nel 1998 ha avuto inizio l’attività dell’Associazione Italiana delle Imprese Familiari
(Aidaf), che ha apportato il suo contributo alla causa impegnandosi nel sensibilizzare il Governo
sull’importanza del problema della trasmissione, organizzando numerosi incontri monografici sul
tema interpellando studiosi di imprese familiari di fama mondiale. Sono inoltre state attivate
numerose iniziative editoriali, formative e consulenziali in genere per sensibilizzare le imprese.
4.4 Selezione di buone pratiche italiane.
Tra gli esempi di buone pratiche europee, selezionati tra i casi descritti nella Relazione
finale del progetto sul trasferimento delle imprese, presentati al Seminario europeo sul
trasferimento delle imprese tenuto a Vienna il 23-24 settembre 2002 o selezionati nel quadro degli
scambi di buone pratiche nell’ambito delle Carta europea per le piccole imprese, ci sono anche
alcuni casi italiani.
Informazione per i giovani imprenditori
Formaper, Camera di commercio di Milano, www.formaper.it.
Formaper, l’organismo per la formazione della camera di commercio di Milano, informa
sistematicamente i nuovi imprenditori sull’opportunità di rilevare un’impresa anziché di crearne una
nuova. L’attività di informazione è anche integrata da attività di formazione specifiche nel corso
delle quali i giovani imprenditori possono incontrare operatori più esperti. Negli ultimi quattro anni
85
più di 1000 partecipanti sono stati raggiunti da questa iniziativa, ed è stato organizzato un corso
speciale intitolato La successione nelle imprese di famiglia: tra ragione e desiderio.
Kit brunello, Check-up di autoanalisi
Atelier Studio Centro Veneto90 Vicenza, www.kit.brunello.net.
Il kit.brunello91 è stato realizzato da Toni Brunello92. Si tratta di un check-up di autoanalisi per le
piccole e medie imprese, che riguarda in modo specifico i processi di trasferimento delle imprese
familiari. E’ stato pubblicato, per la prima volta, come inserto al settimanale Mondo Economico
delle Edizioni Il Sole 24 Ore. Durante il 1998 è stato oggetto del Progetto Europeo Relais93, ideato
e condotto da Studio Centro Veneto ed appoggiato da alcuni partner europei particolarmente
sensibili al tema dello sviluppo generazionale94. Il kit.brunello è stato applicato a più di 400 imprese
italiane, contiene 100 domande che aiutano gli imprenditori, i dirigenti, i consulenti e i contabili a
comprendere i punti di forza e di debolezza del trasferimento delle imprese.
Questo può avvenire:
•
In maniera molto personalizzata per le imprese individuali. Quest’analisi è utile per la
pianificazione di un processo di trasferimento di impresa specifico pluriennale secondo un
progetto personalizzato in quattro fasi. Comprende non soltanto gli aspetti tecnici
(finanziari, fiscali, legali, organizzativi, assicurativi, ecc.) ma anche un’analisi emotiva,
psicologica/interpersonale e della leadership.
•
In modo più impersonale per un gruppo di piccole e medie imprese. Tali analisi di gruppo
possono aiutare le organizzazioni istituzionali o le quasi-istituzioni (associazioni, governi
regionali, camere di commercio) a mettere a fuoco e a capire, in maniera omogenea, i diversi
aspetti dei trasferimenti d’impresa in un ambito specifico. Fornisce una base di dati per
un’efficace informazione sul territorio e “mostra” in modo molto diretto come programmare
e strutturare azioni di risposta coordinate e coerenti.
Laboratorium, Analisi della trasmissione per società e aree territoriali
Atelier Studio Centro Veneto Vicenza, www.studiocentroveneto.com.
90
Studio Centro Veneto è un “atelier italiano per lo sviluppo generazionale” che offre una serie di servizi a
“famigliedimpresa”, associazioni di categoria, istituzioni, professionisti specialisti, sindacati, banche.
91
Cfr. www.kit.brunello.net.
92
Esperto Unione Europea per Programmi Integrati Mediterranei e Passaggio Generazionale.
93
Il Progetto Relais, in parte finanziato dalla DG 23, istituzione dell’Unione europea Politica delle imprese,
commercio, turismo ed economia sociale, si è sviluppato in modo unitario e coordinato attraverso sei seminari
riguardanti il passaggio generazionale in altrettanti paesi europei.
94
Altro termine utilizzato per indicare passaggio generazionale.
86
Il Laboratorium per i trasferimenti d’impresa è una procedura strutturata, composta di sottoazioni
standard e ripetibili, che avvalendosi anche del kit.brunello ha l’obiettivo di analizzare la situazione
di trasmissione per singole imprese oppure per specifiche regioni o aree territoriali.
Transfbiz on-line Exchangeletter, Notiziario sulla trasmissione
Atelier Studio Centro Veneto in collaborazione con il Centro Produttività Veneto, Fondazione
Giacomo Rumor,Vicenza, www.studiocentroveneto.com.
Notiziario inviato periodicamente ad istituzioni, dirigenti, consulenti, formatori, liberi
professionisti, intermediari, imprenditori. Fornisce informazioni mirate su iniziative (italiane ed
europee) indagini, ricerche, articoli sul tema della successione imprenditoriale. E’ disponibile in
italiano ed in inglese e raggiunge complessivamente più di 6.000 interlocutori selezionati, numero
in costante crescita.
Rafforzare la sensibilizzazione riguardo ai trasferimenti di imprese: un’alleanza nazionale tra
soggetti istituzionali e privati
Unioncamere Roma, www.unioncamere.it/trasfimpresa.htm, settembre 2000.
Al fine di sviluppare una strategia di rete nazionale riguardo ai trasferimenti di imprese, i vari
soggetti direttamente o indirettamente interessati sono stati inizialmente individuati a livello
nazionale e regionale. Sono stati innanzitutto riuniti 73 esperti, in un seminario conclusosi con la
redazione di una Carta dei trasferimenti di imprese. In seguito è stata organizzata una conferenza
nazionale volta a: elaborare un quadro coerente della politica dei trasferimenti di imprese basato
sulle raccomandazioni del Progetto Best, accelerare le azioni in corso tramite la rete delle camere di
commercio, organizzare uno showroom di buone pratiche per scambiare le esperienze e lanciare un
premio per incentivare i mass media ad affrontare il tema dei trasferimenti di imprese attraverso una
strategia di comunicazione su vasta scala.
Gli obiettivi del progetto sono: attuare le raccomandazioni del Progetto Best sullo sviluppo di una
strategia nazionale di messa in rete, individuare, motivare e riunire i soggetti nazionali in possesso
dell’esperienza necessaria in tema di trasferimento di impresa, elaborare una Carta della
trasmissione d’impresa.
I destinatari del progetto sono le piccole e medie imprese, ma anche le istituzioni del settore
pubblico e privato.
87
I risultati finora raggiunti sono stati l’attuazione delle varie raccomandazioni del Progetto Best sulla
trasmissione di imprese, la creazione di un ufficio tecnico presso il Ministero delle attività
produttive, l’elaborazione di una Carta dei trasferimenti di imprese, l’organizzazione di seminari di
sensibilizzazione e di attività di formazione a livello locale.
Per la prima volta in questo settore è stata lanciata una strategia completa condivisa dai partner
istituzionali, dalle imprese e dagli intermediari. Le sinergie tra i diversi destinatari locali sono state
sfruttate al massimo. C’è stata la partecipazione di 103 camere di commercio.
88
5. La successione imprenditoriale nelle imprese
turistico-ricettive del Trentino: l’indagine Operazione
Ascolto.
Per affrontare nel migliore dei modi le sfide che pone il sistema economico oggi (come la
globalizzazione, internet e le nuove tecnologie, la riqualificazione delle risorse umane) è necessario
che le imprese siano innanzitutto solide internamente con una gestione, un’organizzazione ed una
leadership stabile e resistente.
Perché questo si realizzi è importante innanzitutto che venga superata con successo la fase di
successione imprenditoriale.95 Molte imprese turistico-ricettive del Trentino sperimenteranno a
breve il processo di passaggio generazionale, o lo stanno già sperimentando, con tutte le
conseguenti implicazioni gestionali, finanziarie ed emotive.
L’indagine Operazione Ascolto, commissionata dal consiglio direttivo del Gruppo dei
Giovani Albergatori del Trentino (in seguito GAT), si è posta come obiettivo quello di sondare gli
atteggiamenti, le percezioni e le aspettative dei giovani imprenditori turistici del Trentino per
definire le linee guida sulle quali successivamente strutturare delle attività specifiche a sostegno del
passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive trentine.
Si è dunque posta in essere una ricerca di marketing, strumento essenziale per individuare i
bisogni anche latenti dei consumatori (nel caso in esame i giovani imprenditori turistici trentini)
sulla cui base definire ed offrire un servizio più idoneo a soddisfarli (servizio marketing oriented).
Fondamentale per la buona riuscita del progetto è stato il sostegno del presidente
dell’Associazione Albergatori ed Imprese Turistiche del Trentino (in seguito ASAT) Natale Rigotti,
del direttore Roberto Pallanch e della giunta esecutiva degli albergatori senior cha hanno dimostrato
grande attenzione e partecipazione alle iniziative del GAT ed hanno supportato l’Operazione
Ascolto mettendo a disposizione tempo, strutture e risorse.
I risultati dell’indagine sono stati presentati da me personalmente durante l’Assemblea
Provinciale GAT tenutasi giovedì 24 maggio 2007 presso l’Hotel Krone a Baselga di Pinè e nel
corso dell’Assemblea Nazionale Giovani Albergatori Federalberghi del 23 novembre 2007 a
Rimini. All’Operazione Ascolto è stato inoltre dedicato ampio spazio nel mensile dell’ASAT
Turismo e ospitalità nel Trentino.
E’ in atto un processo di rilettura e concretizzazione di quanto emerso dall’analisi dei
risultati dell’indagine, lavoro cui dà un contributo importante la presente tesi di laurea specialistica
95
Cfr. capitolo 3, Il passaggio generazionale nelle imprese familiari.
89
e che porterà alla definizione da parte del consiglio direttivo GAT del piano strategico relativo alle
attività del gruppo.
5.1 Il Gruppo Giovani Albergatori del Trentino.
Il GAT nasce per iniziativa dell’Associazione Albergatori Provinciale e grazie al lavoro di
un gruppo promotore formato da 26 giovani albergatori.
Tale gruppo, coordinato da Andrea Borlotti in stretta collaborazione con il presidente ed il
direttore di ASAT di allora Franco Mizzaro e Remo Casagranda, lavora all’elaborazione della
statuto e degli scopi sociali.
Nel dicembre del 1986 si tiene l’assemblea costituente del gruppo che nomina il primo
presidente, Alberto Barbieri.
A Barbieri succedono Fausto Aldrighetti, Fausto Mottes, Emanuela Felicetti e Massimo
Raffaelli. A seguito della presidenza di Massimo Raffaelli si costituirà un comitato di presidenza
composto da Franco Pedrotti, Diego Zorzi e Marisa Cornella.
Il 30 novembre 2006 viene eletto l’attuale Presidente dei GAT, Guglielmo Lasagna, che
costituisce un nuovo comitato di presidenza per avere al suo fianco Christian Armani ed Elisa
Ressegotti.
I Giovani Albergatori, fin dalla costituzione, si confrontano con il corrispondente gruppo
dell’Alto Adige (HGJ) con il quale si instaura un rapporto privilegiato.
Il Gruppo prende parte a due importanti organismi quali il Comitato Nazionale Giovani
Albergatori (CNGA) di Federalberghi ed il Coordinamento Giovani Imprenditori del Trentino e
svolge un ruolo propositivo nel campo della formazione e dell’innovazione imprenditoriale, anche
attraverso l’organizzazione di convegni ed incontri.
Il GAT ha inoltre promosso e continua a proporre, in collaborazione con le principali realtà
imprenditoriali e cooperative del Trentino, iniziative di promozione dei prodotti non solo turistici
della nostra provincia, attività di formazione nelle scuole e progetti di sviluppo intersettoriale.
Il Gruppo è oggi strutturato in 13 sezioni periferiche e conta sulla partecipazione di oltre 150
soci, giovani di età compresa tra i 18 ed i 39 anni, non soltanto giovani albergatori ma più in
generale giovani imprenditori del settore turistico trentino.
90
5.2 Metodologia, contesto dell’indagine e studio preparatorio.
Per dare scientificità ai risultati che sarebbero emersi dall’indagine Operazione Ascolto, il
consiglio direttivo del GAT (committente dell’indagine) ha chiesto l’intervento tecnico di
impostazione della ricerca ed elaborazione dei risultati all’ufficio marketing ASAT (marketing
manager dott.ssa Monica Basile).
La mia partecipazione è stata attiva in tutte le fasi del progetto: lo ho seguito sia in qualità di
stagiaire presso l’ufficio marketing dell’Associazione sia come componente del consiglio direttivo
GAT inserita nel gruppo di lavoro Operazione Ascolto.
L’indagine è stata effettuata nei mesi di aprile e maggio 2007.
Il target oggetto d’indagine è costituito da imprenditori turistici trentini di età compresa tra i
18 ed i 39 anni, iscritti e non iscritti ad ASAT e/o GAT. Alcuni nominativi sono stati individuati dai
componenti del consiglio direttivo del GAT e dalla giunta esecutiva senior, altri sono stati raccolti
prendendo come riferimento un data base di giovani albergatori già esistente presente in
Associazione.
Sono stati organizzati otto incontri, in diverse zone del Trentino: a Vigo di Fassa per la Val
di Fassa, Madonna di Campiglio per la Val Rendena, Ziano di Fiemme per la Val di Fiemme,
Andalo per l’Altipiano della Paganella, Torbole per l’alto Garda, S. Martino di Castrozza per il
Primiero, Trento per la Vallagarina e la Valsugana, Terzolas per le Valli di Non e Sole.
Gli strumenti di marketing utilizzati durante gli incontri territoriali per lo svolgimento
dell’indagine sono il questionario ed il focus group.
Complessivamente i questionari raccolti sono stati 74 ed i focus group condotti 696.
Una volta definiti gli obiettivi ed il target oggetto di indagine, si è proceduto con lo studio
preparatorio, che consiste nel raccogliere informazioni e documenti relativamente alla popolazione
e alla tematica prescelta, siano essi contributi a carattere teorico oppure ricerche già condotte da
altri studiosi.97 Il fine è quello di specificare e precisare in maniera più articolata struttura ed
obiettivi della ricerca.
Quella dello studio preparatorio (detto anche preliminare) è sicuramente una fase
estremamente importante nell’ambito della realizzazione di un processo di ricerca, a cui tuttavia
molto spesso non viene dedicata particolare attenzione nei manuali di metodologia.
96
A Trento ed a San Martino di Castrozza infatti, vista la mancata partecipazione agli incontri di un numero sufficiente
di giovani imprenditori turistici, i focus group non sono si sono tenuti.
97
La fecondità e pertanto il valore di un processo di ricerca, al di là di quelli che sono i risultati conoscitivi specifici che
ha permesso di conseguire, si può individuare proprio anche nella sua capacità di fornire spunti ed elementi utili per
indagini successive.
91
Per quanto riguarda l’Operazione Ascolto, il ricorrere ad uno studio preliminare è stato un
passaggio nato quasi spontaneamente durante la prima fase di definizione degli obiettivi d’indagine.
E’ stata fatta un’indagine bibliografica e sitografica, volta a rintracciare studi e ricerche già
esistenti rispetto al tema del passaggio generazionale, con particolare attenzione alla realtà delle
piccole e medie imprese a gestione familiare.
Lo studio preliminare ha svolto molteplici funzioni ed è stato particolarmente rilevante
nell’economia complessiva dell’indagine: si sono tratte una serie di idee e spunti relativamente a
“cosa indagare” nello specifico.
In particolare lo studio preparatorio è stato utile per mettere in evidenza gli aspetti della
realtà considerata maggiormente problematici e comunque degni di interesse; per rendersi conto
degli elementi ancora poco indagati, affrontando i quali si è tentato di rendere la presente indagine il
più possibile interessante ed originale;98 per rilevare i fattori che si sono dimostrati sinora di
maggiore importanza per comprendere le dinamiche in atto all’interno della realtà studiata; per far
emergere spunti per la definizione di ipotesi che sono poi state messe alla prova empiricamente con
l’indagine.
Lo studio preliminare ha inoltre fornito preziose indicazioni relativamente a “come
indagare” la realtà, quali strumenti di marketing utilizzare.
Ci si è serviti in parte di tecniche e strumenti già impiegati nelle indagini di riferimento che
hanno dimostrato, in quell’occasione, di essere particolarmente efficaci.
Alcuni elementi e passaggi di tali ricerche sono stati replicati pari pari, ad esempio
utilizzando particolari domande. Questa è un’operazione assolutamente legittima in quanto
ovviamente viene riconosciuta in maniera esplicita e citata, nel presente rapporto di ricerca, la fonte
da cui sono state tratte le domande.99
Infine, lo studio preliminare ha consentito la raccolta di elementi che, una volta terminata la
rilevazione sul campo, hanno facilitato l’analisi e l’interpretazione dei dati raccolti.
5.3 Gli strumenti d’indagine.
Focus group e questionario sono gli strumenti di marketing utilizzati per lo svolgimento
dell’indagine. Si è affiancato lo strumento del focus group, tecnica di ricerca non standard, a quello
98
Uno studio preliminare debitamente condotto fa evitare di dire cose già dette da altri che hanno affrontato i medesimi
argomenti, senza portare alcun elemento di novità, di fare ricerche sostanzialmente inutili in quanto il tema indagato è
già stato ampiamente scandagliato.
99
Cfr. documento 3 in appendice, Indagini prese come riferimento per lo studio preparatorio.
92
del questionario, tecnica di ricerca standard, in quanto l’indagine sviluppata presenta caratteri di
ricerca esplorativa oltre che descrittiva.100
Possiamo definire standard i metodi e le tecniche di ricerca che ci permettono di raccogliere
informazioni, relative alla realtà studiata, che possono essere interamente organizzate e inserite
all’interno di una matrice dei dati101. Tali metodi vengono detti standard in quanto, affinché sia
possibile la costruzione della matrice, la ricerca deve essere condotta in maniera altamente
standardizzata: per ogni unità di analisi devono essere prese in considerazione, nello stesso ordine,
le medesime variabili. I metodi e le tecniche non standard, al contrario, sono quelle attraverso le
quali vengono raccolte informazioni non interamente (ed in molti casi per nulla) riconducibili ad
una matrice di dati.
Una stessa realtà può essere studiata facendo ricorso a tecniche di indagine differenti. A
tecniche differenti corrisponderanno risultati differenti, di natura diversa. La scelta di una tecnica
piuttosto che di un’altra dipende dai particolari obiettivi conoscitivi che il ricercatore intende
perseguire con un determinato studio.
Nel corso dell’Operazione Ascolto con il questionario si sono indagati la distribuzione in
termini strettamente quantitativi su tutta la popolazione studiata di determinate opinioni, situazioni
o caratteristiche (età, titolo di studio, sesso, ecc.).
Avvalendosi della tecnica non standard, il focus group, è stato possibile invece studiare
l’atteggiamento degli intervistati relativamente a determinate problematiche, come ad esempio
conoscere le motivazioni che li spingono a desiderare di ricevere un certo tipo di formazione, quelle
che li spingono a ritenere i senior una risorsa per l’azienda, ecc..102
Sia le tecniche di ricerca standard che quelle non standard sono caratterizzate da pregi e
difetti: i due approcci non risultano pertanto in opposizione quanto piuttosto legati da un rapporto di
complementarietà. Per questo motivo la decisione è stata quella di utilizzare entrambe le
metodologie, focus group e questionario: gli studi più efficaci ed esaustivi sono quelli che sanno
combinare al loro interno l’impiego sia di tecniche di ricerca standard che di tecniche non standard.
100
La ricerca esplorativa è volta a chiarire la natura del problema, accresce la familiarità del ricercatore con esso. I
metodi utilizzati sono essenzialmente la ricerca documentale e gli studi qualitativi, come il focus group. La ricerca
descrittiva ha invece maggiore valenza quantitativa. L’obiettivo in questo caso è quello di fornire il maggior numero
possibile di informazioni per descrivere un mercato, un target, ecc. senza però cercare di stabilire rapporti di causaeffetto tra fattori e di formulare previsioni. La ricerca descrittiva vuole fornire una fotografia, fare il punto i una
questione o di un problema. I metodi di raccolta dei dati sono ben definiti, si utilizzano ad esempio i questionari, che
derivano da domande ed ipotesi precise.
101
La matrice di dati è una griglia in cui ad ogni riga corrisponde un caso studiato e ad ogni colonna una variabile presa
in considerazione. Ogni riga della matrice è un vettore, in quanto raccoglie tutti i dati relativi ad una specifica unità di
analisi studiata, così come ogni colonna è un vettore, raccogliendo tutti i dati relativi ad una specifica variabile. I
quadratini che compongono la matrice dei dati, frutto dell’incrocio dei vettori–riga e dei vettori–colonna sono detti
celle. Ogni cella della matrice contiene un dato e uno solo.
102
Cfr. capitolo 6, Conclusioni e capitolo 5.7, Risultati dell’indagine.
93
La necessità dell’uso congiunto dei due approcci è un punto su cui va registrandosi un sempre più
ampio consenso in via teorica, a cui però non fa ancora seguito un numero altrettanto ampio di
ricerche effettivamente condotte secondo questa prospettiva103.
I dati raccolti mediante un’indagine di tipo standard possono essere rapidamente e con
relativa facilità sottoposti ad elaborazioni di tipo informatico e statistico, che forniscono in tempi
molto brevi informazioni sintetiche e di carattere generale relativamente alla popolazione studiata.
Facendo ricorso ad indagini di tipo standard, però, si paga un prezzo piuttosto elevato: inserire un
soggetto, una persona, con le sue caratteristiche, i suoi giudizi ed i suoi punti di vista all’interno di
un vettore di una matrice dati, dove tutte le informazioni non possono che essere registrate in forma
estremamente sintetica, rappresenta una sorta di violenza nei confronti della realtà. Non tutte le
informazioni che possono interessarci, del resto, si prestano così bene ad essere espresse in forme
standardizzate. La standardizzazione comporta una notevole perdita di informazioni, tollerabile però
nella misura in cui il ricercatore è appunto interessato all’aggregazione e alla generalizzazione dei
dati raccolti.
Il questionario dunque non permette una approfondita raccolta delle opinioni delle unità di
analisi. L’utilizzo esclusivo di questo strumento d’indagine per lo svolgimento dell’Operazione
Ascolto avrebbe reso estremamente difficile l’emergere di elementi inaspettati, a priori non previsti,
che sono stati colti invece grazie al focus group e che si sono rivelati estremamente rilevanti entro la
realtà studiata ed indispensabili per la sua comprensione.
La tecnica di indagine del focus group ha permesso di scavare in profondità nella realtà
oggetto di studio e di raccogliere informazioni non distorte dall’esigenza di una forzosa
standardizzazione.104
Il focus group, per contro, presenta però il limite della ridotta possibilità di aggregare e
generalizzare le informazioni raccolte. In altre parole questa tecnica di rilevazione non standard
permette di comprendere in maniera sostanzialmente esaustiva la posizione di un soggetto e magari
anche la natura di un fenomeno specifico, ma non dà la possibilità di conoscere da quanti altri
membri di una data popolazione tali posizioni o fenomeni siano condivisi, perlomeno nelle linee
essenziali, o meno.
Per concludere è bene evidenziare che è necessario fare attenzione a non commettere
l’errore di ritenere che la ricerca di tipo standard, potendo fare ampio ricorso alla statistica ed a
tecniche di elaborazione di carattere matematico e informatico, goda di una maggiore dignità
103
Cfr. Castelli M., Indagare col questionario. Introduzione alla ricerca sociale di tipo standard, Vita e Pensiero 2005.
“Potremmo probabilmente descrivere il compito della ricerca standard come quello di dimensionare fenomeni in
base ad un vocabolario, e quello della ricerca non standard come quello di creare le categorie analitiche in base a cui
ciò è possibile – le voci di quel vocabolario” (Nigris 2003).
104
94
scientifica rispetto a quella non standard. La scientificità di una metodo di rilevazione non dipende
dall’impiego di tecniche di carattere matematico, ma dall’applicazione rigorosa di un metodo,
dall’attenersi ai fatti empiricamente rilevabili e dalla pubblicità delle procedure impiegate.
5.3.1 Il focus group.
Il focus group, detto anche intervista di gruppo o intervista di gruppo focalizzata, è una
tecnica di ricerca che nasce negli Stati Uniti ad opera di due sociologi degli anni ’40 del Novecento,
K. Levin e R. Merton.
L’intervista con il focus group è lo strumento di ricerca esplorativa più complesso. Si tratta
di un metodo psico-sociologico, i cui fondamenti teorici risiedono nelle dinamiche di gruppo e nella
sociometria105. Il suo obiettivo è quello di raccogliere con vari strumenti (registrazioni audio,
presenza di osservatori, appunti, ecc.) tutti gli scambi ed i contributi di chi interviene nella
discussione e quindi di ottenere il maggior numero di informazioni possibili o di dati o di opinioni
in un tempo limitato.
La discussione, guidata da un moderatore specializzato in queste tecniche, ha lo scopo di
individuare gli atteggiamenti, i comportamenti delle persone nei confronti di un determinato
argomento, nonché di approfondire e spiegare le motivazioni che sottendono ai medesimi.
Il moderatore, a seconda della situazione contingente, può esercitare un vero e proprio ruolo
di guida alla discussione oppure può fornire una serie di stimoli e strumenti affinché i partecipanti
riescano ad autogestire il più possibile le relazioni e l'interrelazione. Si distingue tra i focus group
autogestiti, cioè caratterizzati da un basso grado di strutturazione, e quelli impostati che sfruttano,
in modo più o meno flessibile, una sorta di guida (detta anche griglia) di intervista106.
Generalmente il moderatore è assistito da un osservatore, che svolge mansioni di tipo
logistico e organizzativo prima, durante e dopo la costituzione del gruppo. Nella fase che precede la
realizzazione del focus group ha il compito di costituire il gruppo di discussione e di individuare
una sede di svolgimento ‘neutra’ che non sia connotata in modo negativo da un punto di vista
sociale. Durante lo svolgimento del focus group svolge un ruolo di assistenza al conduttore: dalla
registrazione dell’incontro, all’annotazione di indicazioni e commenti sulla conduzione da parte del
conduttore, all’osservazione delle dinamiche e del clima che si instaura all’interno del gruppo. In
105
La sociometria è una tecnica di rilevazione dei rapporti personali all’interno dei gruppi umani, elaborata da Jacob
Levy Moreno.
106
La guida di intervista consiste in una serie di domande che il conduttore sottopone agli intervistati con l’accortezza
di considerarle non più che un canovaccio dal quale partire e al quale fare riferimento senza però attenersi ad esso in
modo rigido, ma adattandolo alla dimensione psico-sociale del gruppo e al tipo di relazione che si è instaurata tra i suoi
membri e con il conduttore (cfr. documento 4 in appendice, Guida d’intervista).
95
una fase successiva, immediatamente dopo la conclusione del focus group, l’osservatore deve
comunicare al conduttore le impressioni ‘a caldo’ su conduzione e dinamiche del gruppo in modo
da tenerne conto nella gestione dei focus group seguenti.
Diversamente dal colloquio individuale107 e dalla semplice intervista con questionario, il
focus group permette di innescare delle dinamiche di gruppo, quindi delle interazioni, che
consentono una maggiore spontaneità, una caduta delle resistenze dei partecipanti, un maggior
confronto e di conseguenza una migliore comprensione di problematiche, aspettative e reali
opinioni relativamente all’oggetto di discussione. E’ dimostrato che i gruppi sono un mezzo molto
utile per ottenere reazioni dirette a proposte di prodotti o servizi e vanno sicuramente preferiti alle
interviste in profondità quando l’argomento concerne prodotti o servizi che sono fruiti in un
contesto sociale. Le interviste di gruppo focalizzate consentono altresì verifiche dirette e lo sviluppo
di progettualità conseguenti i risultati.
L’intervista di focus group consiste nel riunire un piccolo gruppo di almeno 6/7 e non più di
12/13 individui che un moderatore fa parlare liberamente per una o più sedute di un problema che
interessa tutti. Un numero inferiore di persone potrebbe inficiare le dinamiche di gruppo, mentre un
numero superiore tende spesso a censurare l’intervento delle opinioni contrarie o deboli, non
permettendo a tutti i partecipanti di esprimere al meglio le proprie idee. Il focus group deve durare
almeno 90 minuti e non oltre 120 minuti.
L’indagine Operazione Ascolto ha utilizzo come strumento di rilevazione il focus group
semistrutturato, condotto seguendo una griglia di intervista. La partecipazione è stata in media di
una decina di persone, con punte anche di 13 soggetti; la discussione generalmente si è protratta per
un’ora e mezza circa. Durante il dibattito ho avuto il compito, in qualità di osservatore, di generare
una serie di informazioni grezze in forma di trascrizioni.
La conduzione di un focus group prevede quattro fasi principali:
1 – Riscaldamento. E’ la fase più delicata: in essa si determina l’esito del focus group. Spesso
moderatore e osservatore sono percepiti con diffidenza dagli intervistati, quali intrusi indagatori; è
bene quindi mitigare il clima con un approccio amichevole e “soft”. Si inizia a stimolare la
comunicazione sul contenuto: nel caso in esame questo è stato fatto con un giro di tavolo di
opinioni, ma è possibile utilizzare anche la tecnica del metaplan108. Si invitano i partecipanti a
107
Il colloquio individuale, o intervista in profondità, consiste in interviste semistrutturate oppure biografiche. Si tratta
di interviste in cui ne le domande ne tanto meno le risposte sono rigidamente prefissate o codificate a priori. Tali
strumenti di rilevazione vengono utilizzati correntemente nelle ricerche sociologiche per la raccolta di notizie di ordine
qualitativo, relative al percorso di vita dei soggetti, alle scelte da loro compiute nel percorso di vita, al modo di
svilupparsi delle relazioni sociali.
108
Il metaplan è una metodologia molto semplice di facilitazione che funge da rompighiaccio iniziale e che connette un
argomento o tema che sembra distante dai partecipanti al focus group con le loro conoscenze e le esperienze pregresse.
Si chiede agli intervistati di scrivere su un post–it la loro idea riguardo un argomento preciso. Si possono poi raccogliere
96
riflettere su un tema generico che deve essere sempre più specificato ed indagato nella direzione
utile rispetto ai fini preposti, seguendo i ragionamenti e le parole degli intervistati stessi e facendone
emergere le criticità.
2 – Relazione. In questa fase si indaga il clima del gruppo; è perciò opportuno fare domande su
tematiche di interesse comune e condiviso.
3 – Consolidamento. E’ il momento in cui, di norma, emergono le problematiche più sentite: è
perciò importante, oltre a lasciare che il gruppo metta in evidenza le proprie criticità, tentare di
calmare i partecipanti affinché non si verifichino conflitti per evitare che il focus group diventi uno
“sfogatoio” di problemi più di affermazione professionale e personale che di necessità
professionale.
4 – Distacco. La quarta fase è quella dell’allontanamento: per evitare di deludere le aspettative dei
partecipanti che a questo punto, se la tecnica di ricerca è stata condotta ed utilizzata nel modo
appropriato, sono in piena sintonia con il moderatore, in cui ripongono fiducia, è bene attuare un
distacco graduale, lasciando che il gruppo si sfaldi da sè in modo naturale.
La tecnica del focus group presenta, oltre alla rapidità ed ai costi contenuti, una serie di altri
vantaggi:
•
il carattere informale permette di cogliere le percezioni spontanee, che precedono le
razionalizzazioni, le trasformazioni e le deformazioni che nascono da una riflessione più
lunga;
•
l’intervista con il focus group permette di verbalizzare il problema scoprendo ed analizzando
parole ed espressioni usate dagli intervistati:109ad esempio molte informazioni che vengono
utilizzate nelle pubblicità sono emerse da questi dibattiti;
•
si tratta di un metodo i cui risultati sono facilmente interpretabili da parte dei decisori, che
possono seguire in diretta gli sviluppi della discussione.110
Altri vantaggi dell’intervista di gruppo (Wells, 1974):
•
è un meccanismo di creazione di ipotesi nei casi in cui non si sa molto sul problema da
analizzare;
tutti i post–it su una lavagna o fogli mobili e quindi leggerli ad alta voce. La fase più importante del metaplan consiste
poi nel raggruppare i post–it per somiglianza, contiguità o differenza, cioè in base ad un criterio specifico.
109
Il termine affiancamento generazionale, che spiegherò e riprenderò spesso nei capitoli 5.7 e 6.1 del presente
elaborato, sta ad indicare il periodo di tempo in cui in azienda padre e figlio lavorano fianco a fianco. All’affiancamento
generazionale hanno fatto riferimento per la prima volta gli stessi intervistati durante il primo dei focus goup condotti
(Val di Fassa).
110
I decisori, nello specifico il consiglio direttivo del GAT ed in particolare il presidente Guglielmo Lasagna con la
giunta esecutiva, hanno seguito i focus group assistendo in diretta agli sviluppi della discussione. Questo è stato utile
successivamente per una loro più immediata comprensione della sintesi dei risultati dell’indagine presentata.
97
•
è flessibile, a differenza dell’indagine tradizionale che opera in base ad uno schema fisso e
rigido di domande;
•
riduce drasticamente la distanza tra l’intervistato (che fornisce le informazioni utili alla
ricerca) e colui che utilizza queste informazioni;
•
contempla anche i casi di comportamento del consumatore come, per esempio,
“Se...altrimenti...”, risposte che difficilmente emergono da un’indagine standard;
•
gli intervistati si stimolano a vicenda ed in questo modo si ottengono spontaneamente un
numero di informazioni superiore rispetto a quanto avviene con le interviste individuali;
•
i risultati emergono in una forma facilmente comprensibile per tutti.
D’altra parte questa tecnica di indagine presenta anche dei limiti:
•
gli intervistati non rappresentano un campione del target di popolazione, a causa del loro
numero e della procedura di convocazione. La validità esterna del risultato è pertanto
limitata;
•
l’interpretazione dei risultati è altamente soggettiva e non è possibile effettuare analisi
quantitative del tipo “percentuale di individui che la pensano così”;
•
data l’assenza di un questionario strutturato, che consentirebbe di annullare l’influenza del
moderatore e soprattutto quella dell’osservatore che registra la discussione o che ne analizza
il contenuto, le interpretazioni, i risultati e le conclusioni possono essere alterate senza
riuscire a valutare l’importanza e la natura dell’errore;
•
in una situazione di gruppo alcuni individui possono manifestare atteggiamenti o
comportamenti che non sempre rispecchiano le loro abitudini. A volte le situazioni di
gruppo generano, per motivi di cortesia o di inerzia, una certa tendenza al conformismo;
•
le interviste con i focus group non si prestano all’analisi delle motivazioni profonde degli
individui né a trattare questioni troppo delicate o personali (domande sensibili). In questi
casi è necessario ricorrere alle interviste individuali.111
Il focus group dunque è uno strumento prezioso in casi come quello in esame in cui:
-
Il fenomeno è poco indagato, c’è poca letteratura in argomento ed il ricercatore ha necessità
di capirne di più; i focus group possono essere una delle risposte (semmai non l’unica) in
quanto consente di avere rapidamente una serie di suggestioni utilizzabili per
concettualizzare l’oggetto di ricerca.
111
Questo è uno dei motivi per cui l’Operazione Ascolto è andata ad indagare alcuni aspetti ritenuti “sensibili” come ad
esempio la forma secondo la quale l’intervistato lavora in azienda (dipendente, collaboratore familiare, socio), se
intende proseguire in futuro con la gestione dell’impresa, se trova buono il modello di gestione della propria famiglia,
dati personali come livello di istruzione ed età, ecc. con lo strumento del questionario.
98
-
Sì è nell’ambito di studi organizzativi (quindi in particolare operativi, ma non
necessariamente), per acquisire informazioni e, assieme, per realizzare una rete, favorire uno
scambio, costruire un setting utilizzabile anche successivamente dal ricercatore; in questo
caso il focus group è anche un pretesto, un’occasione, un set dove si instaurano relazioni che
possono essere assolutamente pertinenti e importanti per il prosieguo della ricerca. Nello
specifico la partecipazione ai focus group dell’Operazione Ascolto è stata un’opportunità di
incontro per i giovani imprenditori del settore turistico-ricettivo trentino: ha permesso loro
di conoscersi, di scambiarsi idee, di intervenire e confrontarsi su argomenti comuni. Gli
incontri territoriali sono stati dunque anche momenti di aggregazione che hanno contribuito
a rendere il gruppo più unito e coeso.
-
Il focus group viene utilizzato come tecnica sussidiaria, che contribuisce alle rilevazioni
fatte attraverso altri strumenti di indagine (nel caso in esame il questionario) come momento
di chiarificazione concettuale e di approfondimento.
5.3.2 Il questionario.
Il questionario è un insieme rigidamente prefissato di domande, che devono essere poste a
tutti i soggetti studiati nello stesso modo e nello stesso ordine, e che quasi sempre prevedono per il
rispondente la possibilità di scegliere tra un ventaglio di risposte alternative anch’esse rigidamente
prefissate. Lo scopo è quello di produrre i dati necessari agli obiettivi di un progetto di ricerca.
Questo strumento di misurazione, registrazione ed archiviazione delle informazioni raccolte
direttamente presso gli intervistati, assume la forma di domande, chiuse e aperte, a seconda che agli
intervistati vengano proposte o meno le risposte possibili.
Il questionario rappresenta l’interfaccia tra i quattro partecipanti all’indagine:
-
decisore: colui che necessita di informazioni specifiche per risolvere un problema
decisionale;
-
ricercatore: chi ha il ruolo di tradurre un problema di ricerca in domande di ricerca;
-
intervistatore: chi deve raccogliere informazioni attendibili presso gli intervistati e
instaurare un rapporto di fiducia nel processo di comunicazione;
-
intervistati: coloro che hanno il compito di accettare di comunicare le informazioni richieste
con la massima precisione.
Una delle caratteristiche fondamentali di un buon questionario è il suo grado di
standardizzazione. Perché questo sia alto, la formulazione e l’ordine delle domande devono essere
identici per tutti gli intervistati, le domande devono essere non ambigue e facilmente comprensibili
99
da parte di intervistati aventi profili molto diversi, il questionario deve essere somministrato a tutti
gli intervistati nelle stesse condizioni.
Il miglior questionario è quello che riuscirà a trasmettere un messaggio percepito (piuttosto
che compreso) in modo identico dal maggior numero possibile di persone e che susciterà la stessa
reazione (risposta) da parte di individui simili. (Deroo e Dussaix, 1980).
Il rispetto di questa condizione di standardizzazione è importante perché, se osservata, essa
permette di considerare le risposte ottenute come confrontabili tra loro e come tali sfruttabili dal
punto di vista statistico.
Come per tutti gli strumenti di ricerca, anche per il questionario, la fase di costruzione e
preparazione è fondamentale per l’ottenimento di risultati significativi.
Non esistono delle regole univoche per la composizione di un questionario; nonostante
questo molti ricercatori offrono orientamenti che riducono al minimo la probabilità ed il pericolo di
invalidità dei dati nell’elaborazione dei questionari.112
La procedura di elaborazione seguita per la definizione del questionario Operazione Ascolto
si rifà all’opera di Boyd e Westfall (1972):
1 – Stabilire le informazioni necessarie: scelta del tema e degli obiettivi dell’indagine.
Essendo il questionario un collegamento tra le esigenze di informazione ed i dati da
raccogliere, il ricercatore deve poter disporre di un elenco dettagliato delle esigenze di informazione
e di una chiara identificazione del gruppo dei soggetti da intervistare. Sapere rispetto a quali realtà
si desiderano ottenere informazioni è fondamentale per definire le domande da inserire nel
questionario.
2 – Determinare il tipo di somministrazione del questionario.
La decisione relativa a come verrà somministrato il questionario deve essere presa prima
della realizzazione dello strumento di rilevazione o comunque nelle sue fasi iniziali in quanto, in
base al tipo di risposta, cambia il modo in cui si può o si deve costruire il questionario stesso, le
accortezze per la sua preparazione.
Rispetto alle modalità di somministrazione, le possibilità sono molteplici. La scelta tra le
alternative presentate dipende in larga misura dal tema e dagli obiettivi della ricerca, dal tipo di
popolazione studiata, dalle risorse economiche ed umane del gruppo di ricerca.
I
questionari
dell’indagine
Operazione
Ascolto
sono
stati
autosomministrati.
L’autosomministrazione prevede che il questionario venga consegnato direttamente al soggetto a
112
Per correttezza nel presente elaborato viene riportato in appendice (documenti 5 e 6) il testo completo del
questionario e l’elaborazione dei dati raccolti. In questo modo chiunque ha a disposizione tutti gli elementi necessari per
un’adeguata interpretazione dei dati raccolti, per valutare la fondatezza delle interpretazioni degli stessi effettuata dai
ricercatori e per sottoporre alla critica della comunità scientifica lo strumento di rilevazione impiegato.
100
cui deve essere somministrato e che quest’ultimo lo compili autonomamente, leggendo le domande
e registrando lui stesso le risposte. Una volta compilato il questionario deve essere riconsegnato ai
ricercatori.
La
tecnica
dell’autosomministrazione
con
restituzione
immediata,
utilizzata
per
l’Operazione Ascolto, presenta il vantaggio di avere un tasso di risposta piuttosto elevato ed un
costo della rilevazione molto contenuto, dal momento che un solo incaricato può raccogliere molti
questionari in un breve periodo di tempo. L’influenza del rilevatore inoltre è tendenzialmente molto
bassa e si ha la garanzia dell’anonimato.
Il questionario autosomministrato con restituzione immediata presenta poi altri vantaggi: la
possibilità per l’intervistato di ottenere spiegazioni dal rilevatore nel caso di domande poco chiare,
la conoscenza del momento esatto in cui avviene la somministrazione, la certezza che a rispondere
sia effettivamente la persona prevista.
Tra gli svantaggi troviamo l’impossibilità di verificare che il rispondente consideri tutte le
domande e che lo faccia nell’ordine previsto, il questionario deve essere piuttosto corto e molto
facile sia nella struttura che nelle domande, sono ridotte le possibilità di rendersi conto di eventuali
difetti del questionario e di ottenere durante la somministrazione informazioni aggiuntive circa i
rispondenti. Nonostante la presenza di un rilevatore che a richiesta può intervenire, persone con
problemi di vista o di comprensione rispetto ad un testo scritto si troveranno in difficoltà. Dopo la
rilevazione inoltre sarà necessario un lavoro di ricodifica o di “pulizia” dei questionari, anche se
probabilmente meno impegnativo rispetto a quanto avviene nel caso di autosomministrazione con
restituzione differita nel tempo. Un altro problema dell’autosomministrazione con restituzione
immediata è quello di non dare la possibilità ai rispondenti di consultare documenti eventualmente
necessari per fornire in maniera accurata una particolare risposta.
3 – Definire il contenuto delle singole domande ed il tipo di domande da usare.
Una volta accertato l’obiettivo dell’indagine, il tipo di informazioni richieste e il metodo da
seguire per la raccolta dei dati, il ricercatore è pronto ad iniziare la fase di formulazione delle
domande.
Il questionario sviluppato per l’Operazione Ascolto presenta domande a scala, domande
chiuse e domande dicotome. Non sono state utilizzate domande aperte113: sono difficili da
codificare in sede di rielaborazione dei dati, permettono all’intervistato di rispondere anche andando
fuori tema rispetto alla domanda e spesso non ottengono alcuna risposta perché richiedono un
maggiore impegno da parte dell’intervistato. Per indagare “modalità di risposta creative”
113
Le domande aperte prevedono che gli intervistati rispondano liberamente alla domanda: le risposte non sono
predefinite dal ricercatore e consentono piena libertà espressiva del soggetto intervistato.
101
dell’intervistato e gli eventuali chiarimenti e approfondimenti a risposte date nel questionario, è
stato utilizzato, come già evidenziato, lo strumento del focus group.
Le domande chiuse prevedono un ventaglio di risposte definite a priori dal ricercatore.
Esse presentano il vantaggio che, innanzitutto, sia che si abbia a che fare con un questionario
somministrato mediante intervista sia, e a maggior ragione, con un questionario autosomministrato,
risultano molto più rapide e meno stancanti e impegnative per il rispondente rispetto a quelle aperte.
Le domande chiuse inoltre costringono l’intervistato a concentrarsi su quello che è l’oggetto
specifico della domanda, non consentendogli divagazioni invece possibili, come già detto, nel caso
delle domande aperte. In aggiunta a ciò, la presenza di un ventaglio di possibili risposte
predeterminate contribuisce molto spesso a chiarire il significato della domanda. Il vantaggio
principale però è dato dall’immediatezza della codifica delle risposte e dalla conseguente rapidità
del lavoro di inserimento dei dati all’interno di una matrice predisposta per la loro analisi.114
Il primo e più consistente limite delle domande chiuse consiste nel fatto che queste non
permettono la rilevazione di situazioni, realtà, atteggiamenti e opinioni che il ricercatore non aveva
previsto potessero emergere. Infatti se una modalità di risposta, pure rilevante, non è stata inclusa
tra quelle possibili non potrà essere fornita dal rispondente. Di conseguenza è possibile che un
rispondente non trovi alcuna risposta in cui identificarsi che corrisponda in pieno alla sua
condizione specifica o alla sua opinione: se una tale situazione si ripete più volte nel questionario, il
senso di fastidio provato dall’intervistato può sfociare anche nella decisione di interrompere
l’intervista o la compilazione. Le domande chiuse inoltre permettono al soggetto studiato di
rispondere a caso: la presenza di un ventaglio di risposte prefissate fornisce la possibilità di
esprimere un parere anche rispetto a questioni di cui non si ha la minima conoscenza, sulle quali
non si ha nessuna opinione o che addirittura neppure esistono. Da ultimo, le modalità di risposta
possono presentare, al pari delle domande, difetti di formulazione che possono distorcere in maniera
anche estremamente pesante il dato raccolto.
La formulazione delle alternative di risposta alle diverse domande, deve essere fatta
innanzitutto in modo che le modalità di risposta risultino chiare, comprensibili e non ambigue. Esse
devono rispondere ai requisiti di esaustività e mutua esclusività. Per esaustività si intende la
completezza delle alternative di risposta presentate, che devono coprire tutte le situazioni possibili.
Il rispondente deve trovare sempre una modalità di risposta in cui riconoscersi. Perché questo
obiettivo sia conseguito sono fondamentali lo studio preparatorio e l’effettuazione di un buon
pretest115. Per mutua esclusività si intende invece il fatto che ciascuna modalità di risposta non
presenti alcuna sovrapposizione di significato con le altre. I requisiti di esaustività e di mutua
114
115
Cfr. capitolo 5.6, Elaborazione ed analisi dei dati raccolti con lo strumento del questionario.
Cfr. nelle pagine seguenti la fase 6, Verificare e sperimentare il questionario.
102
esclusività sono quindi soddisfatti se e nella misura in cui ogni rispondente trova sempre una
risposta in cui riconoscersi e una soltanto.
Per tutta una serie di motivi come la necessità di tenere entro un certo limite le dimensioni
del questionario, gli specifici obiettivi e interessi della ricerca, le esigenze legate al processo di
elaborazione e analisi dei dati e alla significatività dei risultati e la necessità di tenere alto il livello
di concentrazione del rispondente, le modalità di risposta proposte non possono essere in numero
particolarmente elevato. In proposito non esiste una regola precisa ma tuttavia domande con un
numero di risposte possibili superiori a otto/dieci risultano estremamente faticose per i rispondenti e
non possono pertanto essere incluse nel questionario se non in maniera del tutto occasionale. Per
soddisfare questo criterio in alcuni casi sono necessari degli accorpamenti e delle semplificazioni: si
creano delle macrocategorie che risultano molto più maneggevoli ed utili ai fini descrittivi ed
interpretativi.
Durante la compilazione del questionario è bene introdurre alcuni accorgimenti volti a
eliminare almeno alcuni dei difetti delle domande chiuse precedentemente illustrati.
Innanzitutto è utile inserire, in relazione alle domande volte ad indagare opinioni o
atteggiamenti, tre le varie possibili anche la risposta “non so”. Questo per scongiurare il rischio, di
cui si è detto, che alcuni rispondano in maniera del tutto casuale non avendo una propria opinione o
non conoscendo l’argomento specifico su cui vengono interrogati. Con riferimento a quanto appena
detto è però possibile obiettare che l’inserimento della modalità di risposta “non so” potrebbe
indurre alcuni ad optare per essa solo per pigrizia o per il timore di prendere posizione. Solitamente
è ritenuto però opportuno l’inserimento della modalità di risposta “non so”: le distorsioni da questa
introdotta sono realisticamente inferiori rispetto a quelle che si otterrebbero non introducendola.
Un altro problema di cui si è parlato è quello della possibilità che alcune persone non
trovino la risposta in cui riconoscersi e, fatto forse ancora più grave, che problemi o situazioni
rilevanti ma non previste dal ricercatore, e quindi non incluse tra le possibili modalità di risposta,
non emergano dallo studio realizzato. La soluzione è quella di inserire tra le alternative di risposta
anche la voce “altro”, con la richiesta, se prescelta, di esprimere in forma del tutto libera la propria
posizione o condizione.
Oltre alle domande chiuse, nel questionario sono state utilizzate anche come già detto le
domande dicotome e le domande a scala.
Le domande dicotome sono una forma estrema di domande multiple: consentono
all’intervistato solo due risposte possibili, come sì/no o d’accordo/non d’accordo, e così via.
Le domande a scala prevedono l’utilizzo di scale di misurazione di vario tipo per la
misurazione di atteggiamenti o opinioni. L’obiettivo è quello di misurare il livello di consenso,
103
preferenza o importanza; collocando gli individui su un’unica scala di valutazione è possibile
confrontare le loro posizioni.
Due sono i tipi di scale: la scala ordinale, in cui le risposte sono numerate in ordine
progressivo, e la scala di intervalli, che ha le proprietà della scala ordinale, con l’aggiunta della
possibilità di interpretare le differenze tra i valori. La distinzione tra le due scale è importante,
poiché le operazioni matematiche permesse sono diverse per ognuna di esse.
Nel questionario strumento di indagine dell’Operazione Ascolto è stata utilizzata la scala di
intervalli, essendo la più adatta per le risposte alle domande sull’importanza o sulle preferenze.
Nello specifico è stata inserita la scala Likert, che attribuisce etichette descrittive ad ogni categoria.
E’ uno strumento che parte da presupposti molto semplici: consiste in una serie di affermazioni
(items) semanticamente collegate tra loro. Ognuna delle domande viene sottoposta agli interrogati
sulla stessa gamma di possibili giudizi o reazioni. I giudizi di scelta (items) sono generalmente 5,
ma possono essere anche di numero inferiore o superiore.
Nel caso in esame sono stati utilizzati 3 giudizi di scelta: la proposta non ti piace per niente,
la proposta è sufficientemente valida, la proposta ti piacerebbe molto. Ad ognuno di questi giudizi è
stata attribuita un’etichetta: 1, 6, 9. Si è optato per l’utilizzo di una scala con un numero limitato di
etichette in quanto è dimostrato che gli intervistati sono attratti dalle etichette, ed utilizzano quasi
esclusivamente le posizioni intermedie. Se si fa uso delle chiusure verbali la massima
concentrazione di risposte avviene proprio in coincidenza delle etichette.
Il punto logico di partenza delle scale Likert è che è possibile costruire un continuum di
scelta che va dall’estremo negativo all’estremo positivo passando attraverso situazioni intermedie di
accettazione o negazione decisamente orientate, oltre che prevedere un’area centrale di indifferenza.
L’utilizzo del sistema illustrato permette di:
- approntare strumenti che riescono rapidamente interiorizzabili per la semplicità della
meccanica richiesta da parte dell’intervistato,
- operare rapide trascrizioni dei risultati,
- ridurre al minimo la possibilità di influenzare l’intervistato da parte dell’intervistatore,
- ridurre enormemente la possibilità di errore lungo tutto il percorso di rilevazione/elaborazione.
Concludendo dunque ogni tipologia di domanda presenta caratteristiche diverse e comporta
una serie di vantaggi e svantaggi. Questo è il motivo per cui domande a scala, chiuse e dicotome
sono state utilizzate in modo alternato all’interno del questionario Operazione Ascolto: i vari aspetti
della tematica oggetto della ricerca sono stati così sondati in modo coerente ed attendibile.
Facendo riferimento al contenuto le domande possono essere classificate in:
- domande di base: quesiti sulle caratteristiche anagrafiche, genere, professione, reddito, ecc.;
104
- domande di filtro: quesiti che permettono di decidere i temi e le problematiche da sottoporre
all’intervistato;
- domande strutturali: quesiti che riguardano attributi fondamentali dell’intervistato in relazione alla
ricerca;
- domande di comportamento: quesiti che riguardano fatti, esperienze concrete dell’intervistato.
4 – Formulare le domande.
Le domande devono essere formulate in modo che siano facilmente comprensibili da parte
degli intervistati e che, allo stesso tempo, non diano loro indicazioni sulle possibili risposte. Per
ottenere questo risultato è necessario:
•
Verificare la necessità o meno dell’inserimento di una determinata domanda: evitare di
inserire domande interessanti ma non direttamente riferite alle informazioni richieste. La
situazione ideale è quella di avere un questionario in cui vengono poste tutte le domande
veramente importanti ma nessuna di più. Ciò dev’essere fatto per trovare una mediazione,
un punto di equilibrio tra l’esigenza di costruire un questionario il più breve possibile (per
ridurre il numero dei questionari incompleti e dei rifiuti alla compilazione, per evitare che le
ultime risposte vengano date in modo frettoloso ed impreciso, per ridurre i costi di
somministrazione, di codifica e di inserimento dei dati, di elaborazione ed analisi delle
informazioni raccolte) e la tendenza del ricercatore, che ambisce alla conoscenza più
completa possibile del tema trattato, di costruire un questionario piuttosto lungo. Per
avvicinarsi a questo ideale è importante condurre un serio studio preparatorio per fare
emergere gli aspetti rilevanti della tematica indagata.116
•
Fare attenzione al livello linguistico delle domande: il linguaggio e la terminologia
impiegati devono essere adeguati alla popolazione indagata. Se il questionario viene
somministrato a soggetti con titoli di studio differenti, ad esempio, il linguaggio utilizzato
deve essere calibrato sulle capacità di comprensione di coloro che hanno il minore bagaglio
culturale, sempre però evitando di porre questioni anche complesse in maniera troppo
semplicistica.
•
Verificare che le domande siano poste nel modo più breve possibile.
•
Verificare che le domande contengano soltanto un elemento: alcune domande possono
contenere due o più elementi. Se due o più elementi vengono mantenuti in una sola
domanda, l’interpretazione diviene impossibile: in tal caso è necessario formulare più
domande invece di una sola. Le domande che contengono più di un elemento sono
tipicamente quelle che presentano l’avverbio “perché”.
116
Cfr. capitolo 5.2, Metodologia, contesto dell’indagine e studio preparatorio.
105
•
Fare in modo che le domande siano riferite a questioni concrete e non astratte, che
rientrano nelle esperienze dell’intervistato: in tal modo il questionario è più facilmente
compilabile anche da individui a basso livello di istruzione che in genere hanno poca
dimestichezza con le forme del pensiero astratto.
•
Verificare che le informazioni richieste non siano difficili da procurare ne da ricordare per
l’intervistato.
•
Verificare che non ci siano domande a cui l’intervistato probabilmente non vorrà
rispondere (c.d. domande sensibili): questo problema assume una rilevanza minore quando
si utilizzano questionari anonimi e autosomministrati.
•
Fare in modo che le domande del questionario siano rilevanti sia per la ricerca che per il
rispondente: le domande dovrebbero riguardare realtà che hanno a che fare con l’esperienza
dei rispondenti. Le domande volte ad indagare opinioni, ad esempio, dovrebbero essere
relative a situazioni realmente significative per i soggetti studiati. L’intervistato potrebbe
altrimenti infastidirsi ed interrompere l’intervista oppure rispondere in modo superficiale o
casuale. Per rispettare questa regola è possibile ricorrere a domande condizionate, domande
cioè che non vengono poste a tutti i rispondenti ma soltanto a coloro che hanno dato una
particolare risposta ad una precedente domanda, detta domanda filtro. Ad esempio, facendo
riferimento al questionario Operazione Ascolto, indicheranno se sono dipendenti,
collaboratori familiari o soci rispondendo alla domanda “Se sì con che forma?” soltanto
coloro che hanno risposto in modo affermativo alla precedente (“Lavori attualmente in
azienda?”).
•
Cercare di formulare domande che non influenzino in modo significativo le risposte
ottenute. A tal proposito gioca un ruolo rilevante non soltanto il contenuto della domanda
ma anche la forma e le parole attraverso cui questa viene concretamente espressa. Le
domande di un questionario dovrebbero essere formulate del modo più neutro possibile, in
modo da ridurre al minimo il rischio di spingere, al di là di quello che è il contenuto della
domanda stessa, i rispondenti verso la scelta di una piuttosto che di un’altra modalità di
risposta.
5 – Stabilire la sequenza delle domande.
Le domande e le parti del testo devono essere concatenate su un unico filo logico,
aggregando i quesiti relativi ad uno stesso argomento in un’unica batteria o set di domande. Evitare
un numero eccessivo di domande e porle secondo un ordine logico può agevolare l’intervistato e
consentirgli così di concentrarsi sulla tematica trattata.
106
Per porre le domande secondo un ordine logico è sufficiente seguire alcuni semplici
accorgimenti:
•
Mettere tra loro vicine domande relative ad un medesimo argomento o area tematica:
questo aiuta la concentrazione del rispondente, che può focalizzare con relativa calma un
particolare aspetto della sua esperienza e ricostruirlo con maggiore precisione.
•
Disporre le varie sezioni del questionario e le varie tematiche affrontate secondo un ordine
logico, in modo da accostare argomenti fra loro in qualche modo adiacenti: ciò permette di
rendere meno traumatico il passaggio da un’area tematica ad un’altra, fatto che potrebbe
disorientare anche non poco il rispondente.
•
Non saltare troppo spesso da un piano temporale ad un altro e rispettare il più possibile un
qualche ordine cronologico, per lo meno all’interno di ogni singola area tematica.
•
Chiedere prima le informazioni che entrano poi in gioco in domande successive: questo
facilita al rispondente il processo di ricostruzione delle informazioni che vengono richieste.
•
Usare la tecnica cosiddetta dell’imbuto: nell’affrontare qualsiasi argomento cioè è
opportuno prima porre le domande di carattere più generale e via via quesiti sempre più
specifici. Il rispondente in questo modo può focalizzare il tema in oggetto e cominciare a
prendere confidenza con risposte in genere non particolarmente impegnative o
compromettenti, per poi addentrarsi sempre più ed in maniera più dettagliata
nell’argomento, prendendo piano piano confidenza anche con il fatto di dover esprimere
giudizi sempre più specifici e netti.
•
Mettere sempre all’inizio del questionario domande a cui è facile rispondere: questo
permette al rispondente di prendere confidenza con il questionario e di mettersi a proprio
agio, di scacciare l’eventuale senso di timore causato dall’idea di essere sottoposto a una
qualche forma di interrogazione e di esame, creando un clima positivo che faciliterà la
somministrazione. Il primo impatto con il questionario non deve essere traumatico: ciò
potrebbe comportare la rinuncia, da parte del rispondente, a prestare la propria
collaborazione.
•
Porre le domande più importanti e complesse verso la metà del questionario: più o meno a
metà questionario infatti ormai il rispondente ha preso confidenza con lo strumento di
rilevazione ma non è ancora subentrato il fattore stanchezza che, verso la fine della
somministrazione, porta qualsiasi soggetto a rispondere in modo frettoloso.
•
Mettere alla fine del questionario domande particolarmente facili e rapide: a fine
questionario l’intervistato comincerà ad essere stanco oltre che desideroso di finire
107
rapidamente la somministrazione. Per questi due motivi la concentrazione sarà inferiore e le
risposte saranno date distrattamente.
•
Fare attenzione alla posizione delle domande di base117: ci sono alcune domande che
compaiono praticamente in ogni questionario e che vengono definite di base in quanto
relative ad alcune variabili fondamentali per definire il profilo del soggetto studiato. Sono le
variabili socio–demografiche, relative ad età, sesso, titolo di studio, ecc.. Sono quesiti
semplici, che possono essere posizionati all’inizio o alla fine del questionario. Se le
domande di base non entrano poi in gioco in altre parti del questionario (come invece spesso
avviene) e non vengono utilizzate come filtro per selezionare i soggetti da intervistare, allora
è bene posizionarle alla fine per evitare di trasmettere al rispondente una spiacevole
sensazione di schedatura.
Per creare un’atmosfera distesa ed agevolare il flusso di informazioni tra intervistato ed
intervistatore, è bene predisporre una lettera accompagnatoria oppure una frase introduttiva al
questionario con le istruzioni per la compilazione ed in cui si esplicitano i riferimenti
dell’organizzazione che realizza l’indagine, gli obiettivi della ricerca e l’importanza della
compilazione del questionario da parte dell’intervistato, al quale si assicura che non vi sono risposte
giuste o sbagliate, che sarà garantito il suo anonimato e che le sue risposte saranno analizzate in
modo confidenziale.
6 – Verificare e sperimentare il questionario.
Nella fase di redazione di un questionario è utile, in termini sia di risparmio di tempo e
risorse che di qualità dei risultati, l’effettuazione di un pre-test, ossia una somministrazione di prova
dello strumento, una verifica in situazioni simulate, per testarne le parti e le eventuali criticità (la
formulazione delle domande, il loro ordine, le domande superflue, ecc.).
Per l’effettuazione del pre-test dell’indagine Operazione Ascolto, il questionario è stato
somministrato ai componenti del consiglio direttivo dei Giovani Albergatori del Trentino.
L’analisi dei risultati di questa verifica, ha permesso di accertare che tutte le domande
necessarie per il raggiungimento degli obiettivi dell’indagine fossero contemplate dal questionario.
Si è giunti alla stesura definitiva dello strumento di rilevazione aggiustandolo sulla base
delle annotazioni, dei commenti e delle risultanze emerse da questa fase di pre-test.
117
Per la definizione di domande di base cfr. nelle pagine precedenti la fase 3, Definire il contenuto delle singole
domande ed il tipo di domande da usare.
108
5.4 Campionamento e rappresentatività dell’indagine.
Per quanto riguarda le unità di analisi sulle quali applicare lo strumento di indagine, è
possibile raccogliere informazioni da ogni singolo componente della popolazione target attraverso
un censimento oppure selezionare una porzione di popolazione scegliendo un campione118. Il primo
approccio è tipico delle ricerche di mercato industriali, in cui il target di popolazione è composto da
100-300 unità. Nella maggior parte dei casi tuttavia la popolazione è molto più numerosa: il costo
ed il tempo necessari per contattare ogni componente del target sarebbero proibitivi. In tali casi si fa
ricorso al campionamento che consiste nella procedura attraverso la quale vengono selezionate le
unità statistiche che entreranno a far parte del campione.
Le tecniche di campionamento possono essere divise in due ampie categorie: le tecniche di
campionamento probabilistiche e le tecniche di campionamento non probabilistiche.
Vengono dette tecniche di campionamento probabilistiche quelle in virtù delle quali ogni
elemento che compone la popolazione studiata ha, rispetto a tutti gli altri, la stessa probabilità di
entrare a far parte del campione oppure una probabilità, anche se differente da quella degli altri
elementi, nota e diversa da zero. Il grande pregio delle tecniche di campionamento probabilistiche è
quello di dare vita a campioni, che per estensione vengono anch’essi detti probabilistici, studiando i
quali è possibile ottenere informazioni che possono essere legittimamente, seppure entro certi limiti,
estese all’intera popolazione indagata, con un margine di errore molto piccolo e comunque
calcolabile.
Le tecniche di campionamento non probabilistiche, a differenza di quelle probabilistiche
appena descritte, non permettono di generalizzare all’intera popolazione i risultati ottenuti studiando
i campioni con esse ricavati.
Il campione studiato con l’Operazione Ascolto è di tipo non probabilistico; nello specifico è
stato utilizzato quello che viene chiamato campione pratico o autoselezionato. I campioni pratici
sono campioni occasionali, la cui costituzione è basata essenzialmente sulla praticità e sulla facilità
e non sul desiderio di rappresentatività.
Oltre al tipo di campione studiato è anche la tecnica di indagine non standard di cui ci si è
avvalsi, il focus group, che rende impossibile l’estensione dei risultati ad una popolazione più
ampia. Questa tecnica se indubbiamente permette di individuare la gamma delle possibili posizioni
su una determinata questione di interesse per la ricerca, non consente però di conoscere la loro
distribuzione nella popolazione. Secondo alcuni autori, tuttavia, tale svantaggio andrebbe
ridimensionato.
118
Il campione è l’insieme delle unità di analisi effettivamente studiate.
109
Stewart e Shamdasani (1990) ad esempio ritengono che, se la popolazione da cui è stato
estratto il campione è abbastanza omogenea, la generalizzazione non è del tutto illegittima, anche se
sarà meno specifica e più provvisoria. Heath (1987 – 1988), giustamente, fa notare che la scarsa o
nulla generalizzabilità dei risultati non è un problema se l’uso dei focus group è finalizzato alla
costruzione di strumenti da utilizzare in una successiva indagine survey. Più in generale come
sottolineano Morgan e Krueger (1993), non sempre la generalizzazione rientra tra gli obiettivi della
ricerca.
Nel caso dell’Operazione Ascolto, infatti, obiettivo della ricerca non voleva essere quello di
riprodurre nel campione i caratteri numerici dell’universo, seguendo un criterio di rappresentatività
strettamente statistico, quanto piuttosto quello di individuare gli aspetti cruciali di un fenomeno,
quello del passaggio generazionale, e le specifiche richieste dei giovani imprenditori turistici
intervistati interessati all’argomento che ritengono utile poter partecipare ad un gruppo come quello
dei GAT dal quale essere suppportati durante la delicata fase della successione imprenditoriale. I
risultati dell’indagine non sono dunque rappresentativi di tutti i giovani albergatori ed imprenditori
del settore turistico-ricettivo del Trentino, ma esclusivamente di coloro che, tra questi, si sono
sentiti particolarmente coinvolti dall’iniziativa da presentarsi agli incontri territoriali e prendere
posizione rispetto agli stimoli proposti.
5.5 Elaborazione ed analisi dei risultati emersi dal focus group.
Sono possibili vari livelli di analisi del materiale informativo emerso dai focus group: da
semplici descrizioni narrative, basate sulle note prese durante la discussione di gruppo, a più
complesse e rigorose analisi delle trascrizioni delle registrazioni. La scelta del tipo di analisi
dipende dal tempo e dalle risorse disponibili, ma anche e soprattutto dagli obiettivi di ricerca e dal
modo in cui si intende utilizzare i risultati. Per effettuare un’analisi dei dati è necessario infatti
innanzi tutto ripensare all’obiettivo della ricerca: è questo che la guida.
Al di là del fatto che venga condotta un’analisi più o meno approfondita, ci sono delle
considerazioni di carattere generale da tenere presente:
1 - Le note relative alla discussione devono essere prese in maniera accurata. E’ importante
la presenza dell’assistente del moderatore che si occupa di questo. Le note scritte possono includere
i punti critici della discussione, citazioni degne di nota, osservazioni importanti (come momenti di
silenzio, il linguaggio del corpo, indicazioni su come si è svolto il focus group, dichiarazioni
ironiche o contraddittorie). Le note scritte sono rilevanti in quanto possono raccogliere anche
elementi non catturabili dal registratore. E’ importante che tutte le annotazioni vengano prese prima
110
che termini il focus group ed i partecipanti se ne vadano. Una volta che tutti se ne sono andati è
infatti difficile, se non impossibile, risalire a tali informazioni e riaggregarle.
2 - Spesso alcune parole o frasi espresse, se centrali per lo studio, meritano attenzione ed
un’indagine più approfondita. Quando ciò avviene è possibile indagare più a fondo l’argomento con
domande del tipo “Dimmi di più” oppure “Potresti farmi un esempio?” oppure “Potresti spiegarti
meglio per favore? Non sono sicuro di avere capito cosa intendi...”
3 – Vanno raccolte le informazioni di base (età, titolo di studio, genere, ecc.), utili per
l’indagine, relative ai partecipanti. E’ possibile chiederle direttamente agli intervistati oppure fare
loro compilare un modulo per garantire riservatezza, se si tratta di domande particolarmente
sensibili.
4 – Al termine di ogni focus group è possibile ed utile cercare un feed-back da parte dei
partecipanti: a tale scopo prima del commiato il moderatore o un suo assistente possono proporre ai
membri del gruppo una sintesi delle principali posizioni emerse, chiedendo loro di integrarla o
modificarla, se lo ritengono necessario. In questo modo la prima elaborazione dei risultati passa al
vaglio del gruppo che li ha prodotti.
5 - Dovrebbe essere condotto un debriefing tra moderatore ed assistente durante i 30 minuti
successivi alla chiusura del focus group, una volta che i partecipanti se ne sono andati.
L’obiettivo è quello di rilevare i temi più importanti discussi e gli eventuali elementi
imprevisti, le differenze di contenuto tra il focus group appena concluso ed i precedenti, elementi e
citazioni da ricordare ed eventualmente riportare nel report finale, eventuali cambiamenti da
introdurre per la conduzione dei focus group successivi.
6 – E’ importante iniziare il processo di elaborazione delle informazioni il più presto
possibile: è consigliabile non reputare l’analisi del focus group una fase finale della ricerca, da
affrontare dopo aver concluso la raccolta dei dati.
Subito dopo ogni focus group, entro le ventiquattro ore seguenti, e comunque precedenti alla
discussione successiva, il materiale emerso dovrebbe essere sistemato e sottoposto ad una prima
elaborazione. In pratica, a seconda del livello di analisi scelto, si dovrà sviluppare e integrare le note
prese durante la discussione, trascrivere la registrazione, leggere le trascrizioni, vedere l’eventuale
videoregistrazione per annotare i comportamenti. Questa prima elaborazione serve per non perdere
preziose impressioni ed interpretazioni immediate, formulate dal team di moderatori/osservatori
durante il focus group o subito dopo, per controllare che il tipo di informazione prodotta
corrisponda effettivamente a quella desiderata ed intervenire in tempo su eventuali problemi emersi,
per utilizzare i primi risultati per la costruzione/modifica della guida d’intervista o per individuare
temi di particolare interesse da approfondire.
111
7 - L’analisi dovrebbe essere sistematica e controllabile: ciò significa che il processo che ha
portato alle conclusioni dovrebbe essere esplicitato e ripercorribile e l’esposizione dei risultati
sostenuta da segmenti delle trascrizioni e delle registrazioni. Mettere a disposizione del lettore e
della comunità scientifica un corpus testuale (costituito da registrazioni audio e/o video e dalle loro
trascrizioni)119 permette di aumentare il grado di ispezionabilità della base empirica e di attenuare la
tradizionale debolezza attribuita all’analisi del materiale raccolto con tecniche non standard.
8 - Occorre tenere presente che l’unità di analisi non può essere altro che il gruppo, non il
singolo partecipante. Gli interventi di ogni individuo infatti sono stati espressi nel corso di una
discussione e hanno subito l’influenza degli altri membri del gruppo, per cui non si può sapere se le
opinioni espresse sarebbero state differenti qualora la persona si fosse trovata da sola o avesse
interagito con persone diverse. Gli interventi del singolo individuo perciò non sono indipendenti da
quelli degli altri partecipanti e non possono essere estrapolati dal contesto nel quale sono stati
espressi. Naturalmente questo introduce ulteriori problemi nell’analisi dei risultati: la specificità
rende spesso difficile la comparabilità dei risultati persino di una stessa serie di focus group e del
tutto illecita la loro generalizzabilità al di là della particolare situazione da cui sono emersi.
L’analisi, quindi, deve procedere considerando ogni focus group nella sua interezza, e i
risultati non vanno riferiti ai singoli partecipanti ma al gruppo nel suo insieme.
9 - Periodicamente è possibile revisionare la strategia di analisi ed aggiustarla, se
necessario: procedendo con l’indagine potrebbe rivelarsi necessario modificare il grado di rigore
con cui viene effettuata l’analisi.
Si può decidere ad esempio di condurre dei focus group addizionali rispetto a quelli che si
era deciso di tenere in partenza. Oppure può accadere che dopo un ragionevole numero di focus
group alcuni elementi importanti per la ricerca già sono stati rilevati; in questo caso il ricercatore
può eliminare alcune domande o ridurre il tempo loro dedicato in quanto si rivelano improduttive,
causatrici di confusione o ridondanti. Ciò permette di introdurre nuove domande di
approfondimento e migliorare così lo studio.
La ricerca qualitativa è dunque dinamica e deve “rispondere” alla situazione. Le proprietà di
una ricerca qualitativa assumono che il ricercatore prenda delle decisioni e vada a ridefinire le
domande che vengono poste anche durante la conduzione del focus group.
10 - E’ bene che i membri dell’équipe presenti ai focus group (moderatori, assistenti,
osservatori) partecipino alla fase di analisi: essi hanno ascoltato la discussione ed osservato
l’interazione tra i partecipanti e possono quindi fornire contributi fondamentali.
119
Cfr. documento 7, Trascrizioni focus group e documento 8, Analisi focus group, in appendice.
112
11 – E’ auspicabile che l’analisi sia effettuata da più persone, anziché da una sola. L’analisi
potrebbe essere realizzata in gruppo, oppure separatamente dai vari membri dello staff per poi
essere sottoposta a confronto.
Ciò serve ad aumentare la base intersoggettiva delle conclusioni, particolarmente importante
nel focus group in cui ampio spazio è inevitabilmente lasciato al giudizio soggettivo dell’analista o
degli analisti. Essi infatti hanno il compito di individuare le posizioni principali emerse, sviluppare
un sistema di categorizzazione, selezionare segmenti rappresentativi delle opinioni espresse, fornire
interpretazioni, ecc., tutte operazioni che comportano un grande margine di discrezionalità.
L’analisi effettuata sul materiale prodotto dai focus group è principalmente di tipo ermeneutico120;
spesso non viene effettuata alcuna analisi statistica, se non a volte un semplice conteggio di
frequenze finalizzato all’individuazione delle opinioni prevalenti.
L’ampio spazio lasciato alla discrezionalità del ricercatore nell’interpretazione dei dati ha
sollevato molte critiche. La partecipazione di più persone all’analisi, e comunque il confronto tra le
loro differenti posizioni, può limitare il rischio di interpretazioni arbitrarie.
12 - L’analisi deve essere dettagliata e si deve basare sulle note scritte.
La trascrizione delle discussioni va ordinata nelle varie sezioni o blocchi tematici previsti.
Dopo aver riordinato la trascrizione per blocchi tematici è possibile calcolare le frequenze
delle opinioni e dei suggerimenti che si sono ripetuti, per identificare quelli maggiormente
condivisi. Vanno anche considerate le estensioni dei consensi alle eventuali opinioni contrarie.
Particolare attenzione va prestata alle risposte che per qualche ragione sembrano essere degne di
nota, anche se sentite solo una volta: spesso vanno ad identificare problemi o opportunità che altri
partecipanti non hanno colto. E’ importante inoltre annotare suggerimenti o criticità che ci si
aspettava di sentire e che non sono state espresse.
Non tutti i risultati devono essere riportati: quelli che non riguardano gli argomenti da
indagare devono essere esclusi. Nei casi in cui si è in dubbio sull’inclusione nell’analisi di un
qualche elemento emerso durante la discussione, è necessario tornare sugli obiettivi dell’indagine
per verificare l’utilità di considerare o meno quella determinata posizione.
13 - L’analisi può essere di tipo verticale oppure orizzontale: è possibile comparare tra loro
più gruppi oppure analizzare un argomento in particolare non facendo distinzioni tra i gruppi. La
seconda modalità è quella adottata per l’Operazione Ascolto: le analisi delle discussioni dei
differenti gruppi inizialmente si sono tenute separate ma successivamente, una volta terminata
120
L’ermeneutica è in filosofia la metodologia dell’interpretazione, dal greco arte dell’interpretazione, traduzione,
chiarimento e spiegazione. Essa nasce in ambito religioso con lo scopo di spiegare la (corretta) interpretazione dei testi
sacri. In seguito assume un respiro più ampio tendente a dare un significato a tutto ciò che è di difficile comprensione.
In questo senso può essere vista come la teoria generale delle regole interpretative.
113
anche la rielaborazione dei dati rilevati con i questionari, si è prodotto un report di sintesi dei
risultati unico.
In estrema sintesi è possibile così schematizzare l’analisi delle trascrizioni prodotte al
termine di ogni focus group:
a – lettura dell’intera trascrizione e sua riorganizzazione per blocchi tematici;
b – annotazione degli elementi da evidenziare e calcolo delle frequenze;
c – considerare le opinioni contrarie ed i suggerimenti che ci si aspettava di sentire e che non sono
emersi;
d – prima grezza scrittura dei risultati trovati;
e – confronto di questa prima analisi con le annotazioni relative al debriefing;
f – dalle trascrizioni ricavare le citazioni per illustrare al meglio i risultati;
g – lettura di quanto scritto e definizione di un sommario con i risultati e i punti conclusivi da
evidenziare ;
h – allegare una copia della guida alla discussione e altri elementi pertinenti allo studio.
5.6 Elaborazione ed analisi dei dati raccolti con lo strumento del
questionario.
Una volta completata la rilevazione dei dati, il processo più importante consiste nella loro
analisi. In questa fase i dati raccolti “allo stato grezzo” devono essere tramutati in informazioni che
contribuiranno a rispondere alle domande del decisore.
Prima che le informazioni raccolte sui moduli cartacei vengano inserite su supporto
informatico (operazione detta anche di caricamento dei dati) è necessario effettuare il cosiddetto
lavoro di pulizia dei questionari. Tale lavoro consiste nella lettura, da parte di incaricati addestrati
allo scopo o di componenti l’équipe di ricerca, di tutti i questionari al fine di individuare e, dove
possibile, correggere eventuali errori di compilazione: ad esempio potrebbe essere necessario
rendere leggibili risposte scarabocchiate, oppure cancellare risposte date a domande condizionate
che non dovevano essere poste a quel rispondente, oppure inserire laddove possibile le risposte
mancanti (ad esempio se in un questionario non è stato risposto alla domanda “Lavori attualmente
in azienda?” ma è stata data risposta alla successiva “Se sì, con che forma?” sappiamo che il
soggetto intervistato lavora in azienda), oppure ancora correggere errori formali di registrazione
delle risposte, come quando le modalità di risposta vengono prescelte sottolineandole anziché
barrando il numerino corrispondente.
114
Terminate queste operazioni di pulizia i dati riportati sui questionari possono essere inseriti
su supporto informatico, in una matrice dati elettronica predisposta allo scopo.
Una volta disponibile la matrice dati elettronica, si deve procedere ad una nuova operazione
di pulizia dei dati, da effettuare questa volta direttamente col computer, sulla matrice stessa. Tale
operazione è necessaria sia per individuare errori e incoerenze eventualmente sfuggite durante la
revisione precedente all’inserimento dei dati, sia per correggere errori di trascrizione avvenuti
durante il caricamento.
Questo lavoro di pulizia avviene calcolando con il computer, domanda per domanda, la
distribuzione di frequenza delle risposte ottenute. Ciò permette di individuare i così detti wild
codes, vale a dire codici che non corrispondono in realtà a nessuna modalità di risposta, e che sono
quindi stati inseriti per errore: se ad esempio alla domanda relativa al genere, che prevede il codice
di risposta ‘1’ per i maschi e ‘2’ per le femmine, si trova il codice ‘3’, questo significa che c’è stato
un errore di trascrizione. In seconda battuta, mettendo in relazione le risposte date a domande
differenti, da prendere in considerazione due alla volta, è possibile individuare alcune situazioni
manifestamente incoerenti: ad esempio ragazzi di 19 anni che risultano già laureati, chi ha risposto
di non lavorare nell’azienda di famiglia ma alla domanda successiva risponde che già la dirige, e
così via. Tali errori e incoerenze a volte possono essere corretti direttamente facendo riferimento
agli altri dati presenti nella matrice, altre volte possono essere corretti riprendendo in mano il
questionario cartaceo. Analizzando la matrice è possibile fare emergere molti degli errori ma non
tutti. A volte infatti l’errore non è dovuto alla trascrizione in matrice bensì ad un’errata registrazione
sul questionario e, nel questionario stesso, non sono presenti elementi che permettono di risalire alla
risposta corretta. In tali casi non si potrà far altro che cancellare la o le informazioni errate lasciando
il dato mancante (soluzione comunque migliore rispetto all’inserimento di un’informazione errata).
Sarà difficile individuare sul questionario errori di compilazione da parte del rispondente se questo,
semplicemente, per sbaglio registra una risposta anziché un’altra e questo errore non dà vita a
nessuna incoerenza particolare.
E’ possibile anche che alcuni errori di trascrizione avvenuti durante il caricamento dei dati
non emergano analizzando la matrice. In particolare, a meno che questo non dia vita a incoerenze
rispetto ad altre risposte, non sarà possibile individuare l’inserimento di un codice errato che però
risulta tra quelli possibili: si è detto, ad esempio, di come si possa individuare facilmente l’errore se
alla domanda relativa al genere è stato inserito un 3 anziché un ‘1’ (maschio) oppure un ‘2’
(femmina); ma non sarà possibile farlo se è stato trascritto un ‘1’ anziché un ‘2’.
Una volta completata la pulizia dei dati raccolti e riempita la matrice, si passa all’analisi dei
dati stessi. L’analisi può essere di diverso tipo: si parla di analisi monovariata nel caso in cui venga
115
considerata una variabile alla volta, di analisi bivariata nel caso si considerino i rapporti tra due
diverse variabili e di analisi multivariata nel caso in cui le variabili siano tre (qui si può parlare
anche di analisi trivariata) o più di tre.
L’analisi effettuata sui dati rilevati nel corso dell’Operazione Ascolto è di tipo monovariato.
Questo genere di analisi costituisce un passaggio imprescindibile per qualsiasi lavoro di
presentazione delle informazioni raccolte oltre che il punto di partenza per tutte le altre forme di
elaborazioni dei dati.
E’ possibile individuare almeno quattro funzioni differenti, nel processo complessivo di
ricerca, svolte dall’analisi monovariata. Innanzitutto l’analisi monovariata fornisce di per sè già
moltissime informazioni, seppure unicamente di carattere descrittivo, rispetto alla realtà oggetto di
studio, costituendo l’ossatura portante di qualsiasi rapporto di ricerca. In secondo luogo, come già
segnalato nel precedente capitolo, consente di affinare il lavoro di pulizia della matrice dei dati,
segnalando la presenza di eventuali wild codes. In terzo luogo, fornisce al ricercatore una serie di
informazioni che rendono possibili alcune operazioni di elaborazione dei dati necessarie per
effettuare le successive analisi, quelle cioè di tipo bi-, tri-, e multivariato. Da ultimo, la
presentazione ordinata e completa dei dati raccolti, realizzata appunto nelle forme dell’analisi
monovariata, fornisce al ricercatore e all’intera comunità scientifica l’elemento essenziale per
giudicare la qualità del lavoro compiuto e soprattutto la fondatezza ed i limiti delle interpretazioni
svolte.121
L’analisi monovariata si articola su tre passaggi.
Il primo consiste nella costruzione della distribuzione di frequenza, vale a dire l’elenco
ordinato (laddove quest’ordine esiste) di tutte le modalità della variabile associate alle rispettive
frequenze. Per quanto riguarda l’Operazione Ascolto, sono state calcolate frequenze, percentuali e
percentuali valide.
Il secondo passaggio è l’individuazione di alcuni valori caratteristici, elementi capaci di
fornire indicazioni sintetiche circa l’andamento complessivo della distribuzione. Tali valori
caratteristici sono di due tipi. Abbiamo innanzitutto i valori di tipicità (detti anche valori di
tendenza centrale), che mirano ad individuare la singola modalità della variabile considerata meglio
capace di rappresentare, da sola, l’intero andamento della variabile stessa entro una data
popolazione. Nell’indagine in oggetto si sono calcolati come valori di tendenza centrale la moda e
la media aritmetica.122 Abbiamo poi valori di equilibrio/squilibrio e di dispersione/concentrazione,
121
A questo scopo in appendice del presente elaborato viene riportato il questionario impiegato e l’indicazione delle
frequenze rilevate relative a ciascuna modalità di risposta (cfr. documento 5, Questionario e documento 6, Elaborazione
dati questionario, in appendice).
122
La moda è stata calcolata per le risposte alle domande dicotomiche e a scelta multipla, la media aritmetica per le
risposte alle domande per scale di misurazione (cfr. documento 6, Elaborazione dati questionario, in appendice).
116
il cui obiettivo è invece quello di dare un’indicazione appunto sintetica del modo in cui i casi
studiati si distribuiscono tra le diverse modalità della variabile considerata.
Il terzo ed ultimo passaggio è dato infine dalla rappresentazione grafica della distribuzione
di frequenza studiata.
5.7 Risultati dell’indagine.
La fase finale del processo di ricerca consiste nell’interpretare le informazioni e nel trarre le
conclusioni utili a sostegno delle decisioni che devono essere prese dal committente dell’indagine.
Il rapporto di ricerca deve comunicare i risultati in modo efficace e significativo al pubblico
cui è rivolto e deve convincere coloro cui è presentata l’analisi dell’attendibilità del risultato.
Per evitare di incorrere in un eccesso di tecnicismo nell’esposizione dei risultati,
fondamentale è l’interazione costante tra committenti e ricercatori.
Per l’Operazione Ascolto, oltre a quello esposto nel presente elaborato, si sono sviluppati
altri due differenti rapporti di ricerca: uno più articolato ed approfondito, da presentare alla giunta
esecutiva e quindi al consiglio direttivo GAT, sulla cui base sviluppare il piano strategico delle
attività dei Giovani Albergatori, ed uno più sintetico, breve ma comunque esaustivo, per
l’esposizione di quanto emerso dall’indagine durante l’Assemblea Provinciale ASAT del 25 maggio
2007 a Baselga di Pinè e nel corso dell’Assemblea Nazionale Giovani Albergatori Federalberghi
tenutasi il 23 novembre 2007 a Rimini.
5.7.1 Identikit degli intervistati.
Sono stati intervistati imprenditori turistici trentini di età compresa tra i 18 ed i 39 anni, sia
iscritti che non al Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino.
Come illustrato nei grafici in pagina seguente, il 97% degli intervistati è laureato e/o
diplomato. Nello specifico i laureati sono il 19%.
I ragazzi sono la maggioranza, pur essendo le donne abbastanza presenti (29% del totale).
117
Principalmente ragazzi
Istruiti
Sesso
Titolo di studio
Scuola
dell'obbligo
3%
Laurea
19%
Femmina
29%
Alberghiero
12%
Maschio
71%
Di età compresa tra i 18 ed i 29 anni
La maggioranza, il 65%, non ha
Età
35-39
11%
Superiori
66%
ancora raggiunto i 30 anni. Coloro che
18-24
19%
hanno dai 35 ai 39 anni sono poco
rappresentati: ciò probabilmente è dovuto
al fatto che molti di loro hanno già
30-34
24%
partecipato
al
Gruppo
Giovani
Albergatori in passato e dal compimento
dei 33 anni sono stati coinvolti nelle
25-29
46%
attività dei senior.
5.7.2 Il lavoro in azienda.
Il presente.
Dai risultati dell’analisi dei focus group è emerso come alla guida delle aziende turisticoricettive trentine non avvenga un vero e proprio passaggio generazionale, ma un affiancamento
generazionale o collaborazione intergenerazionale: i genitori “ci sono sempre in azienda” e
supportano i figli nella gestione.
I giovani sono occupati in azienda (97%) e ed il 50% lo è in qualità di socio.
118
Occupati attivamente in azienda
Spesso soci
Lavori attualmente in azienda?
Se sì, con che forma?
Dipendente
18%
No
3%
Socio
50%
Collab.
familiare
32%
Sì
97%
La maggior parte dei giovani inizia gradualmente a lavorare in azienda svolgendo una
pluralità di mansioni (sala, reception, cucina, ecc.), soprattutto in realtà di piccole dimensioni. A
queste attività è affiancata quella di gestione del sito internet, di promozione attraverso internet, di
gestione delle prenotazioni tramite posta elettronica; l’autonomia attribuita ai giovani in questo
campo probabilmente è dovuta alla loro dimestichezza con informatica e nuove tecnologie.
L’esperienza dei senior è considerata dagli junior una risorsa: ”E’ importante essere
affiancati da chi ha un occhio sui costi, sa come stabilire i prezzi e gestire la burocrazia, tenere i
rapporti con le banche”. I genitori in azienda continuano a decidere soprattutto relativamente ad
aspetti di amministrazione della struttura, tengono sotto controllo i costi, elaborano una politica di
prezzo, gestiscono i rapporti con il personale dipendente, fornitori e clienti oltre ad occuparsi di
adempimenti burocratici.
Gli junior rispettano l’esperienza dei senior dunque, ma la considerano anche un vincolo dal
quale lentamente sottrarsi e conquistarsi spazi di autonomia: “i senior ascoltano le proposte che
provengono dai giovani, ma le decisioni finali le prende il papà capo-famiglia”; “... è difficile far
capire ai senior i cambiamenti che è necessario apportare in azienda per adeguarsi a quanto sta
avvenendo nel mercato”; “se sei ascoltato dai senior ed essi accolgono le tue proposte allora sei più
motivato a lavorare, altrimenti non ti appassioni, non ti senti un datore di lavoro ma un dipendente”.
119
Dirigenti
Il 76% degli intervistati ha già
Dirigi già l'azienda?
concluso oppure si trova nel processo di
Autonomamente
20%
No
24%
apprendimento
attraverso
l’affiancamento
con i genitori:
ƒ
il 20% dei giovani lo ha già
concluso
infatti
dirige
autonomamente l’azienda;
Affiancati
dai
genitori
56%
ƒ
il 56% dei giovani si trova nel
processo di passaggio ossia dirige
assieme ai genitori.
Per il 24% del totale dei giovani impegnati con il lavoro in azienda, la fase
dell’affiancamento generazionale deve ancora cominciare.
Affiancati dai senior nella gestione
Percentuali
Come è avvenuto il passaggio dalla gestione dei tuoi genitori alla tua?
44%
17%
Propensione alla
delega dei
genitori
Processo
protrattosi per
lungo tempo
17%
10%
6%
Senza gradualità
6%
Genitori restii a
Ho preteso di
delegare attività dirigere l'azienda
Altro
Tra i casi in cui il passaggio di consegne nella gestione è già avvenuto o è in fase di
svolgimento, per il 44% è stato caratterizzato da un’elevata propensione alla delega da parte dei
genitori. I senior sono stati restii a delegare la conduzione dell’azienda ed il processo di cambio
generazionale alla sua guida si è protratto per molto tempo nel 23% dei casi (17% + 6%).
120
Il futuro.
I giovani intervistati dirigeranno la loro azienda in futuro
Se ancora non lo fai, in futuro dirigerai
l'azienda?
Come
Non so
20%
evidenziato
precedentemente, tra coloro che già
lavorano in azienda il 24% non la dirige
ed il 56% lo fa ma con l’affiancamento
No
3%
dei genitori; di questi il 77% ritiene che
dirigerà comunque l’azienda in futuro, in
media tra quasi 5 anni (tempo medio 4,96
Sì
77%
anni).
Solo il 3% rifiuta questa possibilità, optando per l’affitto della struttura oppure per
l’affidamento della gestione ad un direttore, rispettivamente il 50% di coloro che non intendono
proseguire con l’attività. Nessuno pensa di vendere.
5.7.3 Formazione ed innovazione.
Giovani sicuri delle proprie competenze
Molti
Se dirigerai l'azienda, o sei indeciso,
pensi di avere le conoscenze necessarie?
intervistati
(56%)
affermano di avere già le competenze e
conoscenze
necessarie
per
dirigere
l’azienda di famiglia, probabilmente forti
No
44%
del fatto che la maggior parte di loro “ci
lavora da sempre” e che quindi ha
Sì
56%
appreso un patrimonio di conoscenze
“lavorando
vicino
al
genitore
ed
imparando dai suoi comportamenti ed
atteggiamenti”.
121
Giovani disposti ad apprendere
Temi prioritari da approfondire in seminari o corsi di formazione
7,8
7,5
7,3
Voto medio (1-9)
7,2
7,2
5,4
Strategie di
marketing
Analisi e
gestione dei
costi
Nuove modalità Studi di fattibilità
di gestione
economicofinanziari
Esperienza in
altre aziende
turistiche
europee
Creazione di
consorzi
Il 44% dei giovani che dirigerà l’azienda di famiglia o che già la dirige, ritiene di dover
approfondire le proprie conoscenze. La partecipazione a seminari o corsi di formazione ha
suscitato però interesse anche in coloro che sostengono di avere già le conoscenze necessarie per
dirigere l’azienda di famiglia: parte di loro ha infatti indicato quali temi ritiene prioritario
approfondire.
Sono ritenute importanti tutte le attività formative proposte, fatta eccezione per la
possibilità di ottenere informazioni circa la creazione di consorzi tra imprese turistiche (voto
medio 5,4: non raggiunge la sufficienza).
Dai risultati dei focus group emerge anche la volontà di seguire corsi di formazione
sull’utilizzo di nuove tecnologie e nello specifico di internet.
Giovani “innovatori nella tradizione”
Ritieni ancora valido il modello di gestione della tua famiglia?
44%
Percentuali
39%
11%
6%
0%
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
Pur ritenendo valido il modello di gestione dell’azienda della propria famiglia, per il 55%
degli intervistati è molto e moltissimo valido, tutti i rispondenti credono nell’importanza
dell’innovazione.
122
Il 41% è molto e moltissimo innovatore, il 59% ritiene abbastanza necessaria l’introduzione
di cambiamenti; nessuno crede che sia poco o per niente necessaria l’introduzione di innovazione in
azienda.
Ritieni sia necessario portare innovazione nella tua azienda?
Percentuali
59%
35%
0%
0%
Per niente
Poco
6%
Abbastanza
Molto
Moltissimo
I giovani intervistati sono quindi innovatori nella tradizione: la continuità dei valori di
fondo dell’impresa è l’elemento che permette ai cambiamenti che intervengono nella strategia e
nella gestione di non “snaturare” il carattere familiare dell’azienda.
Innovazione attraverso strategie ed azioni di marketing
Quali le innovazioni da apportare nella gestione della tua azienda?
8,3
7,7
7,6
7,5
Voto medio (1-9)
6,5
Indagini di
customer
satisfaction
Fidelizzazione
clientela
Strategie di
marketing
5,9
Rapporti di lavoro
Network di
Esternalizzazione
duraturi con i
imprese di
servizi
dipendenti
domanda-offerta
turistica
5,9
Formazione
dipendenti
I giovani hanno interesse ad introdurre nelle proprie aziende principalmente azioni di
marketing (voto medio 7,9). In particolare si rivelano interessati ad indagini di customer
satisfaction, azioni per la fidelizzazione della clientela, identificazione di strategie di marketing
(prezzo, distribuzione, promozione) che permettano di incrementare le vendite.
L’importanza attribuita all’innovazione è emersa anche dai risultati dell’analisi dei focus
group: l’intenzione è quella di sfruttare maggiormente internet e le nuove tecnologie ed introdurre
nelle aziende un’organizzazione di tipo più manageriale.
Nello specifico gli intervistati vorrebbero ricevere corsi manageriali dal taglio pratico che
trattano contenuti multidisciplinari quali ad esempio: gestire i rapporti con i clienti e con il
123
personale, seguire corsi gestionali, per l’utilizzo di internet, di controllo di bilancio. Le forme di
apprendimento richieste sono innovative: tavole rotonde e testimonianze con manager che hanno
ottenuto buoni risultati, viaggi studio per analizzare esempi e soluzioni trovate da altre realtà
turistiche.
5.7.4 Il futuro del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino.
Interessati all’attivazione di una sezione locale di Giovani Albergatori Trentini
Ritieni sia utile l'attivazione di una sezione
Giovani Albergatori locale?
Per la quasi totalità dei rispondenti
(96%) è utile l’attivazione di una sezione
No
4%
locale di Giovani Albergatori.
La
sezione
locale
di
Giovani
Albergatori dovrebbe essere soprattutto un
gruppo
di
futuri
dirigenti
che
si
confrontano su temi di interesse comune e
Sì
96%
per i quali devono essere organizzate
attività formative adeguate.
Visione, questa, confermata anche dai focus group: “il Gruppo Giovani dovrebbe
abbattere le barriere che spesso sono presenti tra albergatori”, “è importante il confronto e lo
scambio tra persone che fanno lo stesso lavoro per tenersi aggiornati e dare delle risposte ai
propri dubbi”. “Un Gruppo che approfondisce tematiche comuni agli alberghi, che identifica
una linea comune da tenere (ad esempio sul target di clientela su cui puntare e le relative
strategie da adottare)”, “che sviluppa reciproche collaborazioni ed alleanze, per far fronte ad
esempio ai momenti di overbooking o per creare dei gruppi di acquisto”.
Il Gruppo Giovani Albergatori Trentini come occasione di confronto e formazione
Voto medio (1-9)
A tuo giudizio la sezione Giovani Albergatori locale è un gruppo di
7,9
7,9
6,0
Futuri dirigenti che necessita di
formazione adeguata
Figli di imprenditori con interessi
lavorativi comuni
124
Amici che si incontrano e
organizzano attività ludiche
Partecipazione attiva dell’Associazione in futuro in un “sistema Trentino”
Voto medio (1-9)
Qual'è il ruolo futuro dell'Associazione Albergatori in un "sistema Trentino"?
8,2
8,0
7,7
7,6
5,7
Promuovere il Trentino
con le istituzioni
Sviluppare progetti
turistici
Attivare progetti con
altri imprenditori
Sviluppare le relazioni Impegnarsi soprattutto
tra attori della località
nel sindacale
L’associazione albergatori in futuro dovrebbe soprattutto occuparsi di promozione, in
collaborazione con le istituzioni (voto medio 8,2); in secondo luogo di marketing turistico
territoriale assieme alle altre categorie economiche ed attori dei sistemi turistici locali (voto
medio 7,8). Scarso l’interesse per l’impegno nel sindacale (voto medio 5,7).
Dai focus group emerge che i giovani desiderano “contare di più nel sistema turistico
della loro zona, proponendo strategie e progetti concreti anche alle altre categorie” al fine di
“attrarre uno specifico target di clientela, fornire servizi anche innovativi che sono richiesti dai
clienti”.
Indagine apprezzata
Il 94% degli intervistati ha trovato utile avere la possibilità di esprimere la propria
opinione circa l’impostazione da dare alle attività del Gruppo dei Giovani Albergatori
Trentini.
125
126
6. Conclusioni.
Nell’indagine in oggetto si è scelto di affrontare il tema successione imprenditoriale
partendo dal punto di vista del continuatore, del giovane che raccoglie l’eredità della generazione
precedente per “reinvestirla” nell’attuale contesto. I giovani imprenditori turistici trentini che hanno
preso parte all’indagine sono, come più volte specificato, quelli toccati dal tema del passaggio
generazionale e che sentono la necessità di affrontare l’argomento, gli interessati ad una
partecipazione al Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino (in seguito GAT) ed i maggiormente
attivi a livello di responsabilità associative della categoria.
Per arricchire l’indagine ed avere così un quadro più completo ed esaustivo possibile della
complessità della situazione sarebbe necessario indagare anche il punto di vista dei senior e quello,
più difficile da raggiungere, di senior e junior disinteressati all’argomento passaggio generazionale.
6.1 Il tema dell’affiancamento generazionale.
Il termine affiancamento generazionale è stato espresso per la prima volta dai giovani
intervistati durante il primo focus group condotto (Val di Fassa).
Essi hanno evidenziato come alla guida delle loro aziende non avvenga un vero e proprio
passaggio generazionale, ma un affiancamento. Il passaggio di gestione è graduale e basato sulla
convivenza delle due generazioni, che si trovano continuamente a confronto. Questa realtà è stata
poi confermata anche durante le successive interviste di gruppo focalizzate.
L’affiancamento dei senior è essenziale affinché gli junior assorbano lo spirito ed i valori,
oltre che la tecnica, dell’impresa. Per loro sicuramente è importante respirare “l’aria del rischio”,
che è tipica delle famiglie degli imprenditori.
Un tempo invece di passaggio generazionale venivano utilizzati termini come ricambio o
addirittura trapasso generazionale. Parole di questo tipo contribuiscono a far sentire gli
imprenditori senior ormai inutili, gettati, trapassati, accantonati dal palcoscenico aziendale, sociale
e familiare. I senior così allontanano l’idea di affrontare il problema della successione, non allettati
dagli scenari del futuro che li vedono assenti.
Parlare invece di passaggio generazionale o di continuità d’impresa, altro termine oggi
molto usato, dà al senior la percezione che il proprio nome, la propria impresa ed il proprio
percorso, impostati in tanti anni di fatiche, avranno un futuro, un seguito ed uno sviluppo.
127
Anche per un buon successo della successione imprenditoriale è di vitale importanza che gli
junior continuino a considerare i senior una risorsa123 cui appoggiarsi fin quando vorranno avere un
ruolo in azienda, cercando di offrire loro però uno spazio ben definito.
Mentre infatti lo junior con il tempo da dipendente va diventando leader, il senior, se non ha
voluto scegliere liberamente di dedicarsi ad altro, non diventa dipendente, e neppure consulente (il
che implicherebbe, quasi fosse remunerato, una sorta di obbligo ad ascoltarlo). Esso potrebbe
ritagliarsi il ruolo di consigliere, ascoltato liberamente e libero di esprimersi. Se non vissuti come
imposizioni, i consigli, sono ascoltati con più relax e più costruttivamente messi in pratica dai
continuatori. Alternativamente il senior potrebbe occuparsi della gestione settoriale di una parte
non centrale dell’azienda, parziale e ben definita, come un determinato ufficio, ad esempio, o
un’area aziendale. In tale caso il senior dovrà però essere libero di occuparsene in piena autonomia,
come se fosse un fornitore o un cliente esterno, padrone in casa propria. Da non dimenticare poi la
possibilità di assunzione di altri ruoli che comportino un impegno, anche se più limitato: un ruolo
associativo, culturale (ad esempio dirigente di società sportive), sociale (centri o fondazioni),
politico. Ultimi, ma lungi dallo scartarli, gli hobbies personali, come il golf, ecc.
All’imprenditore senior dovrebbero essere assicurate, con il massimo anticipo possibile, le
basi per una rendita economica una volta avvenuto il suo ritiro. Si devono creare condizioni
oggettive che consentano ai senior di avere una rendita personale adeguata, altrimenti c’è il rischio
che questi si sentano mortificati e insoddisfatti del proprio operato. Nel caso in cui l’impresa, a
seguito di scorpori patrimoniali a favore dei senior, si trovasse nelle condizioni di non poter più
contare sulle garanzie immobiliari, dovranno essere gli stessi junior ad assumere ulteriori impegni
in un’ottica di rinnovazione e continuità.
Sempre per assicurare un corretto ed efficace svolgimento del processo di successione, il
senior dovrebbe essere stimolato da una serie di confronti: riflettere sentendo colleghi toccati dal
tema, anticipare gli eventi preparando un progetto generale per la transizione, valutare ottiche
diverse ascoltando anche gli altri componenti della famiglia, ripartire il rischio analizzando ed
articolando l’insieme aziendale familiare, imprenditoriale, immobiliare.
Importante è guardare al problema della successione imprenditoriale orientandosi
all’evoluzione, allo sviluppo ed alla convivenza generazionale. I senior dovrebbero trasmettere le
proprie conoscenze ed esperienze al giovane, accettando però nello stesso tempo di lasciare spazio
alle loro idee e progetti e di delegare, gradualmente, la responsabilità; i giovani, invece, dovrebbero
123
Gli junior intervistati, durante i focus group, hanno più volte puntualizzato che i senior sono per loro una risorsa: “E’
importante essere affiancati da chi ha un occhio sui costi, sa come stabilire i prezzi e gestire la burocrazia, tenere i
rapporti con le banche” (cfr. capitolo 5.7.2 Il lavoro in azienda).
128
essere in grado di trovare un equilibrio tra la spinta del proprio spirito di iniziativa e la voglia di
trovare i propri spazi, e il rispetto e la disponibilità ad imparare dall’esperienza dei padri.
Ci sono una serie di atteggiamenti che lo junior dovrebbe adottare per riuscire a conquistarsi
una sempre maggiore autonomia in azienda. In primo luogo dovrebbe essere coinvolto nella vita
aziendale ancora prima di farne parte a pieno titolo: i compiti in azienda dovrebbero essere divisi in
modo tale che il giovane possa addossarsi la piena responsabilità (anche in termini decisionali) di
un settore specifico, anche se piccolo. In questo modo non sarà costretto ad assumere drasticamente
la gestione dell’intera azienda senza aver avuto occasione, precedentemente, di familiarizzare con
essa.
In secondo luogo lo junior dovrebbe disegnare auto-progetti junior di medio termine, atti ad
inserirsi nell’evoluzione complessiva dell’impresa. Per delineare tali progetti va tracciato un
percorso, con diverse tappe di transizione, ed un chiaro obiettivo collegato con il possibile futuro
ruolo dello junior nell’impresa. I cardini sono il ruolo, il raccordo ai clienti e ai servizi/prodotti. Il
risultato dovrà essere valutabile, soprattutto in termini di credibilità imprenditoriale per il futuro,
nel modo più oggettivo possibile, anche se non sempre ci può essere una quantificazione in cifre.
Per la valutazione conteranno molto una serie d’indicatori, come la considerazione da parte di
interlocutori esterni, quali fornitori, clienti, mondo del credito, sindacato, strutture accessorie.
Questa sarà tanto più credibile quanto più verrà espressa con fatti concludenti come ad esempio
l’assunzione di impegni economici, attivi o passivi, di un certo peso. La credibilità dello junior sarà
letta dal senior con particolare attenzione alla luce delle valutazioni e dei giudizi espressi, in modo
sia esplicito che implicito, dai vari soggetti, sia interni che esterni, che sono comunque coinvolti
nell’attività dell’impresa.
Da ultimo, lo junior dovrebbe occuparsi inizialmente in azienda di aree nuove, dove i senior
sono ignoranti: internet e nuove tecnologie, qualità, sicurezza, attività che richiedono l’uso delle
lingue. In tale modo sarà più facile che le sue azioni vengano apprezzate dal senior.
In sintesi dunque gli junior per arrivare ad avere un ruolo di maggiore rilievo in azienda e
piano piano subentrare ai senior dovrebbero:
ƒ
mirare ad obiettivi innovativi;
ƒ
lavorare per auto-progetti;
ƒ
parlare, e se necessario negoziare, con i risultati alle spalle;
ƒ
pretendere di essere posti nella condizione di fare errori piccoli, veloci ed economici;
ƒ
sviluppare competenze in settori in cui i senior sono meno ferrati (come internet e nuove
tecnologie, lingue, ecc.);
ƒ
non sovrapporre le rispettive gerarchie di famiglia ed impresa;
129
ƒ
negoziare, con flessibilità, non tanto sulle specifiche cose da fare, quanto sui motivi per
cui è il caso di farle;
ƒ
imparare a riconoscere quando il senior va mollando;
ƒ
non mancargli di rispetto rovinando la sua immagine;
ƒ
cogliere le occasioni per celebrare, sinceramente, il senior.124
Per superare indenni la fase di affiancamento generazionale è fondamentale che tra senior e
junior venga sviluppato un disegno comune dell’intero processo. La progettazione può essere
effettuata nell’ambito del kit.brunello.125 Tale disegno dinamico comune sarà quasi necessariamente
a piste o linee evolutive multiple, con riferimento a senior e junior, e ad altri attori. L’obbiettivo
chiave è quello di facilitare la costruzione di una nuova leadership, atta a continuare la precedente,
nel modo meno traumatico possibile.
Il passaggio generazionale implica di per sè, come fattore fisiologico, un cambiamento di
cultura. Perché questo abbia successo è necessario passare attraverso modelli di organizzazione
ibridi, vale a dire di transizione: non di totale rottura, ma di cambiamento graduale dallo schema di
gestione del senior a quello dello junior.
E’ importante che senior e junior nel periodo di affiancamento generazionale evitino
accuratamente la commistione/confusione dei ruoli (sindrome dello scambio dei mondi). Chi opera
nelle piccole e medie imprese familiari ha una pluralità di ruoli: coinvolgimento imprenditoriale,
ruolo familiare, lavoro operativo diretto in azienda. E’ fondamentale non incrociare o confondere
questi ruoli, le esigenze che postulano, le giuste diverse modalità per la loro remunerazione.
Nell’area dei rapporti affettivi il rapporto è fra genitori e figli. I comportamenti sono di
conseguenza improntati all’amore ed all’affetto. Se tali rapporti sono vissuti come tali, come
rapporto genitori/figli, allora tutto bene. Nell’area dei rapporti interpersonali aziendali la relazione
invece è tra capo e dipendente, o fra collaboratori. I comportamenti, di conseguenza, sono
improntati alla funzionalità e al ruolo (gerarchico). Se vengono applicati come tali, rapporto di
rispetto gerarchico, allora tutto bene. Se però vengono incrociati, dai figli ad esempio con lo
sminuire il genitore in azienda, o dai genitori col dire ad figlio che propone una valida innovazione
“Non vorrai mancar di rispetto a tuo padre?” Questo implica un incrocio pericoloso. Il rispetto dei
ruoli e delle ragioni dei singoli personaggi implica un atteggiamento concentrato sulla relazione
interpersonale, che riconosca l’interlocutore, sia egli senior o junior, e che tenga conto dei fatti, del
quadro d’insieme, e delle emozioni.
124
Cfr. Brunello T. e Bornello M., Passaggi Obbligati. La trasmissione e la continuità d’impresa nelle Pmi, Franco
Angeli 2003.
125
Cfr. capitolo 4.4, Selezione di buone pratiche italiane e capitolo 6.7.2, Percorso individuale.
130
6.2 I diversi esiti del processo di trasmissione.
Il vissuto soggettivo dei giovani imprenditori turistici intervistati rispetto alla loro
esperienza di passaggio generazionale è stato esplorato tramite la rilevazione della loro percezione
relativamente allo stadio in cui si trova il passaggio generazionale nella propria azienda ed a come
questo è andato sviluppandosi. I due argomenti sono stati indagati con il questionario ed
approfonditi durante i focus group.
Come rilevato con l’indagine ed illustrato nel capitolo precedente e nel capitolo 5.7 Risultati
dell’indagine, nella maggior parte dei casi padre e figlio vivono un lungo periodo spalla a spalla
nella gestione prima che vi sia l’effettiva successione alla guida dell’azienda.
Fermo restando questo, possono essere individuati differenti gradi di partecipazione dei senior
al processo di passaggio generazionale:
•
lo stoico: si metterà a capo del nuovo progetto che lo vedrà poi passare il testimone,
governando il suo stesso ritiro;
•
il co-pilota: parteciperà attivamente allo sviluppo di un progetto di fondo con sotto-progetti
graduali e raccordati fra loro (quello più auspicabile);
•
il sornione indifferente: talora sotto sotto apertamente ostile, ma non tale da distruggere il
progetto e con esso l’impresa.
Queste sono ipotesi non sempre ottimali, alle volte scettiche, nei confronti di una continuità
condivisa; sono però lontane dalla posizione limite in cui l’ostilità, la gelosia, la vischiosità e
l’ostruzionismo sono tali per cui la distruzione dell’impresa è un rischio sempre dietro l’angolo.
A seconda dei diversi atteggiamenti di senior e junior si possono avere differenti esiti del
processo di successione imprenditoriale, definiti da G. Piantoni, autore di importanti contributi sul
tema del passaggio generazionale:126
•
La successione elusa è tipica di un senior con orientamento strategico al breve termine e
scarsa consapevolezza del problema, oltre che assai restio a delegare attività a collaboratori
e junior. Nell’indagine tra coloro che già dirigono l’azienda autonomamente o con
l’affiancamento dei genitori, circa il 6% sta vivendo o ha vissuto questa situazione.
Probabilmente il senior in questo caso è un imprenditore che non ha ancora accettato l’idea
della successione, spaventato in maniera più o meno consapevole del vuoto esistenziale che
si aprirà dopo il suo ritiro. Si tratta di solito di un imprenditore che ha creato l’azienda dal
nulla, di cui sa tutto e che in fondo non considera gli altri alla sua altezza.
126
Cfr. capitolo 3.3, Le differenti tipologie di processo successorio.
131
•
La successione differita è la situazione in cui si sono trovati il 17% degli intervistati che
dirigono l’azienda. Si caratterizza per un approccio positivo nei confronti dell’idea di
“passare la mano”, unito ad una considerazione altrettanto positiva nei confronti della nuova
generazione ed una disponibilità formale alla delega. Tutto ciò all’interno di un quadro
strategico caratterizzato, come nella situazione precedente, da un orizzonte temporale
limitato. In sostanza, l’imprenditore accetta l’idea della successione imprenditoriale,
dichiara a parole di volerla realizzare, ma nei fatti è un processo che si protrae
indefinitamente, perpetuando la convivenza in azienda delle due generazioni, senior e
junior, con quest’ultimo che attenderà in un clima di crescente conflitto la soluzione naturale
del problema.
•
La successione con abdicazione è l’esito di un atteggiamento da parte del senior di apertura
al futuro ma di scarsa propensione alla delega. Nel caso in esame gli intervistati che hanno
vissuto o stanno vivendo questa situazione sono il 10%. L’ipotesi è che il senior abbia
compreso la necessità e anzi l’opportunità di passare la mano, ma non ha ancora accettato
l’idea che l’azienda possa sopravvivere senza di lui. E’ incapace di affrontare il processo di
successione con gradualità, con il rischio sostanziale che il passaggio generazionale avvenga
all’improvviso, senza le opportune azioni di accompagnamento e crescita dello junior.
•
La successione senza abdicazione è caratterizzata da elevata propensione alla delega e
orientamento al futuro del senior, quindi è la successione meno critica da gestire. Un gran
numero di intervistati sostiene di vivere attualmente o di aver vissuto questa tipologia di
passaggio generazionale (44% di coloro che già dirigono l’azienda autonomamente o con
l’affiancamento dei genitori). L’unico elemento di incertezza è la scelta di tempo per il
passaggio di consegne, cui è necessario prestare la dovuta attenzione pena il trasformarsi del
processo in una successione differita.
Le successioni più difficili da gestire sono quella pretesa e quella traumatica. La prima, che
ha interessato il 6% degli intervistati dirigenti d’azienda, è caratterizzata dall’impazienza dello
junior. La seconda è dovuta al verificarsi di eventi, come la morte del senior, suo impedimento o
malattia, che non concedono la possibilità di gestire il processo (nella categoria “altro”, 17%).
Entrambe sfuggono ad un processo pianificato, e la seconda in particolare è difficilmente risolvibile
senza l’aiuto di consulenti esterni o di manager che gestiscano la fase di transizione. 127
127
Per i differenti esiti del processo di trasmissione cfr. Ferrari F., Il passaggio generazionale delle PMI. La gestione
della trasmissione d’impresa tra rischi e opportunità”, Franco Angeli 2005.
132
Il passaggio generazionale viene spesso percepito come un evento nodale perché si tratta di
un processo in corso, che sta avvenendo: c’è qualcosa che cambia. Il suo successo/insuccesso
dipende molto dai diversi atteggiamenti di senior e junior.
6.3 Giovani innovatori nella tradizione.
L’ipotesi di riferimento è quella che la propensione all’innovazione da parte del giovane e la
sua consapevolezza che questa sia necessaria, siano il punto di partenza fondamentale oggi per lo
sviluppo del settore turistico trentino.
Nell’indagine sono stati presi in considerazione due aspetti: da una parte il valore attribuito
dal giovane all’innovazione e le tipologie di innovazione da apportare in azienda e dall’altra la
tendenza dello junior a rimanere fedele al modello di gestione della generazione che lo ha
preceduto.
Dai risultati emersi è possibile osservare come per la totalità dei giovani intervistati sia
necessario apportare innovazione in azienda; di questi il 41% ritiene sia necessario apportarne molta
e moltissima, il 59% abbastanza. Gli junior sono dunque consapevoli dell’importanza
dell’innovazione e sono motivati a realizzare progetti innovativi: intensificazione e miglioramento
dell’uso di internet e nuove tecnologie, instaurazione di rapporti di lavoro duraturi con i dipendenti,
introduzione in azienda di azioni di marketing (indagini di customer satisfaction, fidelizzazione
della clientela, strategie di marketing), fino alla completa riorganizzazione dell’attività dell’azienda
con una gestione di tipo più manageriale.
Le idee innovative di alcuni imprenditori junior trovano con difficoltà lo spazio per essere
realizzate: spesso il senior “fa fatica a capire i cambiamenti” ed in azienda alla fine “è ancora lui
che decide, che ha l’ultima parola”.
Il senior in anni di lavoro ha sviluppato un modello di conduzione aziendale di successo che
lo soddisfa. E’ convinto che la sua sia la formula imprenditoriale che funziona, quella vincente. Per
gli junior invece, come è stato confermato dai risultati dell’indagine, quasi sempre in questo
modello c’è qualcosa da cambiare.
E’ comprensibile che i senior abbiano difficoltà a rimettere tutto in discussione: si
domandano perché intervenire sulla loro organizzazione che, anche se ovviamente migliorabile, sta
funzionando bene. Inoltre il fatto di proporre o apportare mutamenti all’azienda per il senior non
significa soltanto innovare ma anche ridimensionare il proprio ruolo: ecco che riappare il
133
“fantasma” del ricambio o del trapasso generazionale.128 Si và ad agire proprio in quella sfera
dell’immagine, della realizzazione di sè, del prestigio, dell’ambizione e dell’orgoglio che, ultimo
gradino della scala di Maslow, 129 più sta a cuore al senior leader.
I gradini inferiori della scala, che implicano la sicurezza e quindi la considerazione dei
fattori economici, l’appartenenza ad un gruppo e quindi la ragionevolezza delle valutazioni, il
riconoscimento e quindi l’armonizzazione dei reciproci ruoli, passano in secondo piano. Non
agiscono, perché il senior può permettersi di ignorarli.
Gli junior, che ritengono di vedere chiaramente aspetti da migliorare, esigenze di mercato
nuove, applicazioni tecnologiche od organizzative da apportare, sono irritati spesso dalla posizione
dei senior. Il senior tende a guardare il percorso aziendale futuro facendo riferimento alle sue
esperienze passate, a quanto già vissuto, mentre lo junior guarda avanti, più affascinato dalle attese,
dagli stimoli e dalle sfide che consapevole dei rischi e pericoli che contemporaneamente i senior
esperti, nella stessa situazione, tendono a vedere nel nuovo. Sarebbe veramente fare un torto al
senior pretendere che ignorasse il rischio che si corre con un’eventuale politica avventata, anche se
potenzialmente vincente grazie alla sua forza innovatrice.
Affermando quindi che “è difficile far capire ai senior i cambiamenti” è importante tenere
presente gli aspetti emozionali che entrano in gioco: dalle paure di compromettere assetti aziendali,
a quelle ancora più radicate di vedere mettere in discussione la propria immagine, alla sensazione da
parte di chi si sente ancora ben vivo di essere superato, scartato ed escluso.
In questo contesto spesso è inefficace la razionale tecnica dell’analisi dei punti di forza e
debolezza per sostenere la validità di una proposta innovativa. Per sensibilizzare gli imprenditori ed
assicurarsi una preparazione accurata della trasmissione l’imprenditore junior dovrà presentare la
volontà determinata di attivare una politica tesa a mantenere in vita l’impresa.
Il continuatore che subentra alla guida dell’azienda le dovrà dare un’impronta propria ed il
senior dovrà essere sostenuto con gradualità nell’idea di dare spazio all’innovazione. L’impresa
imboccherà un cammino nuovo, che non presenta sicurezze a priori e che dovrà essere interpretato
da un nuovo leader, che avrà il compito di correggere, innovare, impostare in modo alternativo
rispetto al passato.
Secondo il classico modello del ciclo di vita,130 l’impresa familiare inevitabilmente
attraversa, come altri organismi viventi, quattro fasi fondamentali: la nascita, lo sviluppo, la
128
Cfr. capitolo 6.1, Il tema dell’affiancamento generazionale.
Scala dei bisogni tratteggiata da Maslow, in cui nella fascia più alta si trovano coloro che sono sensibili soprattutto
alla realizzazione di se stessi, alla valorizzazione della propria immagine e del proprio prestigio personale e sociale.
130
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
129
134
maturità, il declino. Ad ogni fase è possibile abbinare dei nomi corrispettivi ad un quadrante della
matrice del BCG131 (figura 6.3.1):
•
Star, come una stella del cinema, indica quell’impresa che superata la fase della nascita, si
trova in piena esplosione sul mercato.
•
Cash Cow, “mucca da mungere”, richiama la maturità, dal rendimento meno esplosivo ma
piuttosto duraturo: una durata che i titolari delle imprese (assai poco realisticamente) si
augurerebbero non avesse a finire mai, così da non vedere il buio del declino.
•
Dog, cane, è la definizione riservata alla fase terminale, al declino. Per evitare tale
incombente evenienza, serve un rilancio innovativo a rivitalizzare l’impresa. 132 Questo è ciò
che gli junior potenziali continuatori intervistati hanno captato, e che con grande entusiasmo
vorrebbero mettere in pratica.
E’ la fase in cui, secondo il modello del ciclo di vita dell’impresa familiare proposto da
Kroeger,133 alla guida dell’azienda, perché vi sia un ulteriore sviluppo, è necessario subentri
un successore/riorganizzatore.
Il cambiamento ed il rischio ad esso associato è però anche ciò che i senior temono. Questo
momento, caratterizzato dalla contraddizione tra la visione del senior e quella dello junior, è detto
dilemma.
Lo scatto del tragitto che parte dal dilemma nel grafico del BCG è dovuto all’innovazione e
sta a significare il salto mentale, apparentemente assurdo, che le nuove visioni delle figure junior
rappresentano il più delle volte per i senior. La linea di tendenza verso il declino, però, impone un
cambiamento di fondo, di rotta, per realizzare il quale sono necessari una serie di cambiamenti
minori. Non ci può essere continuità competitiva se si propone sempre lo stesso prodotto/servizio.
131
La matrice BCG (matrice crescita/quota) viene ideata negli anni settanta dal BCG (Boston Consulting Group),
società di consulenza leader nel settore delle strategie aziendali fondata da Bruce D.Henderson nel 1963. Il principale
obiettivo del metodo proposto dal BCG è assistere il management nell’individuare le differenti esigenze di cash flow dei
vari business facenti parte del portafoglio di un gruppo. Si tratta cioè di uno strumento di analisi del portafoglio, tramite
il quale il management decide come allocare le risorse tra le varie attività.
I parametri utilizzati per la classificazione sono:
ƒ Tasso di crescita del mercato sull’asse verticale, è una misura dell’attrattività del mercato.
ƒ Quota di mercato relativa sull’asse orizzontale, misura la forza dell’impresa in quel mercato.
Dalla combinazione di questi due elementi si possono individuare 4 tipi di attività:
ƒ Question Mark: sono attività con una bassa quota in mercati ad alta crescita. Richiedono investimenti per poter
crescere e diventare stars.
ƒ Rising Star: prodotti/attività con un’alta quota in mercati in forte crescita. Possono ritenersi attività di successo,
che richiedono minori investimenti per continuare a crescere, per poi trasformarsi in cash cows.
ƒ Cash Cow: attività con un’alta quota, in mercati a bassa crescita. Possono ritenersi attività di successo, che
richiedono minori investimenti, più che altro “difensivi”. Sono “mucche” da cui “mungere” denaro per
finanziare le altre attività.
ƒ Dog: attività con una quota bassa in un mercato a bassa crescita. Possono generare profitti appena sufficienti al
pareggio, o addirittura perdite, per cui il management potrebbe decidere di disinvestire.
132
Cfr. Passaggi Obbligati. La trasmissione e la continuità competitiva d’impresa nelle Pmi, Toni Brunello e Michele
Bornello, Franco Angeli 2003.
133
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
135
Figura 6.3.1 – La curva di vita e la matrice del BCG.
9
8
DILEMMA!?
7
Crescita
6
5
4
3
2
1
0
Nascita
Star
Cash-cow
Declino (Dog)/Sviluppo
Tempo
FONTE: Brunello T. e Bornello M., Passaggi Obbligati. La trasmissione e la continuità competitiva d’impresa nelle
Pmi, Franco Angeli 2003.
Relativamente all’altra dimensione esplorata con l’indagine, quella riguardante la fedeltà
dello junior al modello di gestione della generazione precedente, le risposte si concentrano sulla
voce “molto”: il 44% degli intervistati trova il modello di gestione adottato dai senior molto valido.
Il 39% degli intervistati ritiene tale modello abbastanza valido, mentre l’11% lo trova moltissimo
valido. Soltanto per il 6% degli intervistati le modalità di gestione dei senior sono poco valide. Il
modello di conduzione dell’azienda adottato dai senior viene considerato dalla maggioranza degli
intervistati come una base cui fare riferimento da due punti di vista differenti: da un lato rappresenta
una sicurezza a cui appoggiarsi in quanto già sperimentato e già efficace, dall’altro diventa un
valido punto di partenza su cui andare a costruire il proprio modello di gestione ed il proprio
progetto.
Come gli intervistati hanno ben rilevato oggi non bastano più le sole competenze
professionali acquisite abbinate a doti caratteriali di decisione e volontà; per gestire un’azienda ci si
deve dotare di nuovi strumenti per essere pronti ai continui cambiamenti del mercato, delle
tecnologie, delle modalità di interazione.134 L’economia si modifica moltissimo in pochissimo
tempo: oggi tra senior e junior c’è un abisso in termini di strategie richieste dal mercato e di
mentalità da assumere.
134
Ricordiamo le parole di Charles Darwin, celebre evoluzionista: “Non è il più forte che sopravvive, nè il più
intelligente, ma quello più sensibile al cambiamento”. Con queste parole Charles Darwin individua le caratteristiche per
“sopravvivere” alle continue evoluzioni cui siamo sottoposti noi e le organizzazioni in cui operiamo.
136
Nell’era della globalizzazione la modifica degli equilibri del mercato mondiale, le nuove
tecnologie e l’importanza delle strutture di rete, richiedono competenze che i giovani, a differenza
dei senior, hanno oggi la possibilità di acquisire.
L’avvento della globalizzazione da un lato e lo sviluppo delle tecnologie e dei trasporti
dall’altro hanno contribuito in ugual misura a mutare in modo radicale lo scenario dell’economia
nel mondo. La società di oggi è caratterizzata dal punto di vista sociologico da una crescente
mobilità sociale e dal crollo di alcuni vincoli tradizionali. Essa, pervasa da competitività, velocità,
rischiosità e mobilità, non solo sta vivendo una serie molto ampia di mutamenti culturali, politici e
sociali, ma anche una profonda svolta sul piano economico. Il fenomeno della globalizzazione ha
reso necessaria un’importante ristrutturazione del modo di intendere il mercato e del “fare impresa”,
dettando nuove regole in termini di strategie e priorità.
Lo sviluppo tecnologico, l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, di trasporto e delle reti
informative ha sostanzialmente scardinato i tradizionali vincoli spazio–temporali. Lo spazio si è
ristretto per via delle disponibilità di trasporti sempre più rapidi, ma soprattutto grazie all’avvento di
internet e della comunicazione in tempo reale che, attraverso i mass media e il computer, rende tutto
raggiungibile in tempi brevissimi.
Oggi molte imprese, non soltanto turistiche e non soltanto trentine, si trovano nella
situazione per cui il limitarsi alla creazione di un prodotto di qualità non è sufficiente: occorre saper
far fronte alla concorrenza di aziende straniere, differenziarsi, saper presentare al meglio il proprio
prodotto. Sempre più importante è riuscire a creare e mantenere validi contatti con l’esterno
dell’azienda e sapersi relazionare: mentre un tempo si lavorava in azienda e basta, oggi “si lavora
con il mondo esterno” ed è necessario imparare a “fare marketing”, a presentare il proprio
prodotto/servizio sul mercato come il migliore. Per fare questo e così cercare di competere in un
mondo sempre più globale è necessario lavorare in rete, aspetto emerso anche durante le
discussioni di gruppo focalizzate,135 ed avere punti di riferimento (aderire ad esempio ad una
cooperativa, appoggiarsi all’associazione di categoria, ecc.).
Per far sopravvivere le proprie imprese e farle crescere è necessario adottare una mentalità di
tipo imprenditoriale, una logica di competitività, rischio e apertura, anche in quei settori che fino ad
una decina di anni fa potevano permettersi il lusso di concentrare tutte le loro energie unicamente
sul prodotto/servizio, trascurando il resto (il networking, il marketing, la formazione, le risorse
umane, ecc.).
Il passaggio generazionale è l’occasione per modificare “il proprio modo di fare impresa”.
Gli junior possiedono strumenti culturali molto potenti, tecnici, tecnologici e non solo. Essi hanno
135
Cfr. capitolo 6.6, Fare rete.
137
maggiore dimestichezza con le tecniche di base necessarie, come la conoscenza dell’informatica e
delle lingue e possiedono una cultura maggiore di quella delle generazioni precedenti per cimentarsi
in queste nuove forme di attività. I giovani hanno una più lunga prospettiva temporale della
valorizzazione degli investimenti effettuati, dello sfruttamento delle competenze acquisite, della
capacità di trarre profitto dalla rete di relazioni che si costituisce attorno all’impresa. Infine hanno
maggiori aspettative, maggiore entusiasmo, da cui deriva anche una maggiore propensione al
rischio.
I giovani imprenditori turistici trentini dovranno saper cogliere le opportunità che la realtà di
oggi offre loro sviluppando un modo diverso di fare turismo che però non perda i valori di fondo
dell’impresa. Come gli junior hanno correttamente percepito, senior e junior devono trovare un
equilibrio tra la stabilità della tradizione aziendale familiare e i nuovi modi di “fare impresa”. La
continuità dei valori di fondo è l’elemento che permette ai cambiamenti che intervengono nella
strategia e nella gestione di non snaturare il carattere familiare dell’impresa. Il mercato oggi è
globale ma acquisiscono per il cliente sempre maggiore importanza il locale, il clima familiare, le
tradizioni e gli usi caratteristici di ogni luogo. Si deve arrivare ad un posizionamento a livello
globale dei prodotti tipici e delle caratteristiche locali conservando un forte legame con il territorio.
6.4 Organizzazione manageriale.
Una delle innovazioni che i giovani imprenditori turistici partecipanti all’indagine hanno
indicato di voler introdurre nella loro impresa è quella di dare all’azienda un assetto più
manageriale. Questo è inteso dagli intervistati come il ricorso ad una più marcata suddivisione dei
compiti ed all’attribuzione di maggiori responsabilità per ogni area aziendale ad un determinato
dipendente (ad esempio per la gestione della sala da pranzo dotarsi di un capo sala). L’esigenza è
sentita principalmente dagli imprenditori turistici che, tra quelli intervistati, sono proprietari delle
aziende di maggiori dimensioni.
Il modello dell’impresa di piccole dimensioni, impegnata nelle primissime fasi della propria
crescita (da noi intesa non tanto e non solo in termini di evoluzione dimensionale, ma di evoluzione
della complessità136), sovente rimanda alla figura del “dirigente-proprietario”, unico soggetto
deputato alla gestione aziendale di problemi sostanzialmente contingenti, che fonda le proprie
decisioni sulla base della propria esperienza on the job e della personale percezione delle sfide
provenienti dall’ambiente esterno.
136
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
138
Oggi l’evoluzione qualitativa dei compiti dell’imprenditore-proprietario rispecchia
l’avanzare di processi di differenziazione ed articolazione che investono organizzazioni che, da
semplici, muovono in direzione di una maggiore complessità.
Mentre gli anni ’70 hanno rappresentato un periodo caratterizzato da una crisi economica
che segna una certa discontinuità coi precedenti trend di sviluppo e che impone al management la
gestione delle sfide inerenti la governabilità dei sistemi aziendali, gli anni successivi pongono
problemi relativi all’interdipendenza flessibile, all’innovazione tecnologico-organizzativa e alla
conseguente riqualificazione delle risorse umane.
Le criticità elencate sono condivise sia da parte delle aziende di grandi dimensioni che dalle
piccole imprese familiari. Questo unito alla formulazione di nuove soluzioni da parte di entrambe
svela, da un lato, l’incongruenza di quelle affermazioni che interpretavano la grande azienda come
la sede privilegiata delle soluzioni più innovative e la piccola impresa familiare come la sede dei
processi imitativi e, dall’altro, limita le posizioni teoriche che riconducevano le piccole imprese al
“regno” dell’informalità e della flessibilità produttiva, tecnico-organizzativa e della gestione della
forza lavoro.
La vera sfida per l’impresa di minori dimensioni può essere individuata sempre più
nell’inserimento di modalità di gestione dei problemi e delle risorse orientate ad un contenuto di
carattere manageriale, e quindi fondanti le proprie risposte sia sulle innate capacità creative già in
parte richiamate dalla teoria classica con riferimento all’imprenditore-proprietario, che sul ricorso a
comportamenti amministrativi e a sistemi manageriali di supporto coerenti ai caratteri peculiari
delle dimensioni limitate di impresa, dove lo sviluppo della struttura organizzativa prevede la messa
a
punto
di
responsabilità
e
competenze
specialistiche
generalmente
non
possedute
dall’imprenditore-proprietario.
Sono elementi particolarmente critici per la piccola impresa la crescita non solo economica,
ma anche culturale dell’organizzazione e dell’imprenditore, il consolidamento dell’azienda dal
punto di vista delle relazioni extra-organizzative (realizzazione di accordi, associazioni, fusioni,
joint-venture vantaggiose) e la riqualificazione strategica della direzione.
La complessa natura delle sfide che la piccola impresa familiare deve affrontare, lo sviluppo
di strategie di qualità, parallelamente alla crescita del peso rivestito dal ruolo della programmazione
dell’attività dell’azienda, implicano evoluzioni organizzative che, se da un lato fondano le basi del
proprio successo sulla tipica flessibilità delle piccole imprese, dall’altro richiedono un controllo
programmato di tale flessibilità, limitando in parte il peso dell’informalità nell’organizzazione del
lavoro della piccola impresa.
139
Da ultimo è importante puntualizzare l’essenzialità del mantenimento costante del
“controllo” della gestione dell’azienda da parte dei membri della famiglia proprietaria, come
evidenziato anche dagli junior durante le discussioni di gruppo focalizzate.
Generalmente si ritiene che la via maestra per la continuità delle piccole e medie imprese sia
quella di affidare l’azienda ai manager, anziché ai membri della famiglia.
In realtà tale soluzione si rileva spesso inefficace per vari motivi. Innanzitutto difficilmente
la dimensione delle imprese familiari permette l’inserimento di manager davvero competenti, che
d’altronde non è facile reperire sul mercato. In secondo luogo i manager sono meno coinvolti in
azienda rispetto agli imprenditori titolari che si impegnano invece al massimo, fino in fondo,
vivendo in prima persona il rischio imprenditoriale. Da ultimo il proseguimento della conduzione
familiare può essere visto come il percorso più appetibile in quanto un diretto discendente del
titolare appare maggiormente idoneo di un manager esterno a portare avanti i valori a fondamento
dell’impresa e, se adeguatamente preparato, può essere in grado di innovare ed evolvere l’impresa
senza perdere l’immagine di coesione e tradizione che rappresenta sicuramente un valore aggiunto
nell’offerta verso la clientela.
In assenza di manager esterni saranno però allora i membri della famiglia che dovranno, a
garanzia del futuro dell’impresa, professionalizzarsi. La professionalizzazione andrà a completare le
doti, lo spirito imprenditoriale e le capacità tecniche trasmesse loro dai senior.
6.5 Formazione.
Il 56% dei giovani imprenditori intervistati nel corso dell’Operazione Ascolto ritiene di
possedere già le conoscenze necessarie per dirigere l’azienda di famiglia. Questo risultato
probabilmente è dovuto al fatto che i giovani imprenditori turistici trentini sono nati e cresciuti in
azienda e vivendo al suo interno si sentono in qualche modo da subito parte integrante dell’attività
dei genitori, fatto che in altri settori non è così scontato.
Relativamente all’argomento formazione agli intervistati è stato chiesto di esprimere la
propria opinione circa temi che vorrebbero approfondire partecipando a seminari o corsi specifici. A
questa domanda hanno risposto non soltanto coloro che ritengono di non avere le conoscenze
necessarie per dirigere l’azienda (44%): tra i rispondenti ci sono anche molti giovani appartenenti a
quel 56% sicuro delle proprie conoscenze. Anche chi ritiene di essere già sufficientemente
preparato per gestire l’azienda di famiglia, dunque, riconosce l’importanza della formazione. Tale
consapevolezza è emersa oltre che dai risultati del questionario, anche da quelli delle discussioni di
gruppo focalizzate.
140
I giovani imprenditori intervistati vorrebbero avere la possibilità di seguire corsi manageriali
di taglio pratico che trattano contenuti multidisciplinari come ad esempio la gestione dei rapporti
con i clienti (fidelizzazione della clientela e indagini di customer satisfaction) e con il personale e
strategie di marketing. Essi vorrebbero frequentare corsi gestionali, per l’utilizzo di internet e delle
nuove tecnologie, per l’analisi e la gestione dei costi.
Si tratta di tematiche molto specifiche che possono riguardare problemi contingenti della
vita aziendale e che sono vissuti dall’imprenditore come aree critiche. La formazione in questo caso
è da ritenersi parte integrante del servizio che il soggetto promotore offre ai futuri imprenditori e
deve tendere a fornire un aiuto alla sistematizzazione e alla presentazione dell’idea imprenditoriale.
Per la trattazione di tali tematiche ben si addicono iniziative di formazione brevi, concentrate e dal
contenuto molto pratico. Si tratta di un’attività di supporto al potenziale imprenditore che alterna a
fasi di formazione in aula attività di progettazione sul campo e in cui il ruolo di docente spesso si
accompagna a quello di tutor.
Gli stessi intervistati, durante le discussioni di gruppo focalizzate, richiedono forme di
apprendimento innovative: tavole rotonde e testimonianze con manager che hanno ottenuto buoni
risultati, viaggi di studio per analizzare esempi e soluzioni trovate da altre realtà turistiche.
Molta importanza è stata attribuita al potersi confrontare con imprenditori che “sono
arrivati”, che hanno affrontato la fase del passaggio generazionale e “ce l’hanno fatta”. Si
potrebbero organizzare incontri fra senior e junior chiedendo loro di portare casi vissuti, la loro
esperienza relativamente alla fase del passaggio generazionale ma anche in generale di conduzione
dell’azienda.
Altre attività formative utili per sostenere i giovani imprenditori che si apprestano a
sostituire il senior nella gestione dell’azienda di famiglia sono: sviluppare abilità coerenti con gli
assetti organizzativi richiesti dallo sviluppo aziendale e introdurre maggiore managerialità in
azienda.137
Il processo di parallelo e coerente sviluppo dell’azienda e dell’imprenditore può essere
inteso come il succedersi al comando dell’azienda di diverse figure imprenditoriali.138 Ogni
progetto organizzativo per essere realizzato richiede un particolare profilo imprenditoriale: se non
esistono le condizioni personali perché questo si concretizzi è necessario ricorrere ad adeguate
iniziative formative.
Il primo obiettivo di tali iniziative deve essere quello di agevolare la presa di coscienza della
situazione specifica vissuta dall’azienda, delle collegate abilità richieste all’imprenditore e delle
eventuali carenze esistenti. Questa parte deve essere privilegiata rispetto a quella più universalistica
137
138
Cfr. capitolo 6.4, Organizzazione manageriale.
Cfr. capitolo 2.5, Il ciclo di vita dell’impresa familiare: il modello di Kroeger.
141
della proposizione di consolidate tecniche manageriali anche se l’impresa di minori dimensioni ne è
in larga parte ancora sprovvista.139
Queste due impostazioni colgono bisogni che le imprese di minori dimensioni presentano
durante le fasi dei cambiamenti istituzionali e strategici, dello sviluppo organizzativo e della
crescita dimensionale.
L’erogazione di questi servizi formativi dovrebbe essere fatta secondo due modalità
differenti: nel secondo caso sarà preponderante la tradizionale lezione in aula, mentre nel primo si
dovrà alternare la comunicazione ad una via docente-imprenditore a momenti di lavoro personale
e/o di gruppo su propri specifici problemi aziendali che favoriscano l’approfondimento analitico. La
parte normativa in questo ultimo caso dovrebbe riguardare tre fattori: la realizzazione dell’assetto
organizzativo, l’adeguamento delle competenze dell’imprenditore e il processo di cambiamento
organizzativo.
I diversi fabbisogni formativi qui identificati e caratterizzanti l’imprenditore che opera in
aziende di dimensioni minori possono sembrare il contributo da pagare alla “moda” della
formazione permanente, più un perfezionamento dunque che una necessità.
In realtà è indubbio che all’aumentare delle dimensioni aziendali e della complessità
strategico-organizzativa dell’impresa le abilità richieste al suo interno passano da tecnicospecialistiche a manageriali-relazionali.140 L’imprenditore dovrà comunque adeguare le sue
capacità, o diverrà un potenziale ostacolo al processo di sviluppo dell’impresa.
Tra le abilità altamente formative e di grande utilità per un successivo inserimento di
successo dello junior in azienda rientrano indubbiamente le esperienze di lavoro all’esterno.141
Dalle rilevazioni effettuate con il questionario emerge un certo interesse degli intervistati
relativamente alla possibilità di fare delle esperienze di lavoro esterne, ad esempio in altre aziende
turistiche europee. Troppo spesso sia junior che senior nelle nostre imprese turistiche trentine
“vivono all’interno del recinto della loro azienda” prendendo poco in considerazione alternative
altre e diverse dal semplice “far crescere il figlio in azienda”. Il rischio è quello di chiudersi ad
affrontare le sole “battaglie interne”, senza confronti. E’ importante invece che i giovani futuri
imprenditori siano avviati ad esperienze esterne, dove non hanno nessuno che li previene in caso di
errori. Inserendosi in una realtà diversa da quella della loro struttura potranno apprendere piccoli
segreti da cui prendere spunto per portare innovazione all’interno della propria azienda.
139
Cfr. Preti P., L’organizzazione della piccola impresa, nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
Cfr. Preti P., L’organizzazione della piccola impresa, nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA 1991.
141
Cfr. capitolo 3.4, Condizioni generali che facilitano il processo di ricambio generazionale.
140
142
Nei casi in cui per vari motivi lo junior non ha la possibilità di fare questa esperienza, è
importante che venga comunque posto nella condizione di poter fare piccoli errori, “veloci ed
economici”.
Oltre a quella in aula è dunque indispensabile anche la formazione sul campo per “plasmare”
i leader di domani. Questo significa formare le figure junior a prendersi carico di obiettivi e
risultati, assumersi responsabilità, risponderne e motivare il proprio operato, avendo presente che la
leadership dovrà esprimersi sia verso l’esterno (il mercato) come spunto imprenditoriale, che verso
l’interno (la compagine aziendale e familiare) come punto di riferimento personale. Sono le
condizioni di difficoltà che svelano il leader, e sono gli altri che lo riconoscono tale.
Tornando alla formazione in aula, un investimento in tal senso dovrebbe essere fatto anche
per aiutare coloro che rispondendo alle domande del questionario si sono detti indecisi se continuare
o meno con l’attività di famiglia a fare chiarezza: questa categoria costituisce una percentuale del
20% di coloro che ancora non dirigono l’azienda.
Il cambio generazionale è un momento determinante anche perché sembrano esserci sempre
meno giovani disposti ad investire ed a rischiare, forse a causa del contesto economico non
favorevole. Secondo la Comunicazione delle Commissione europea COM(2006) 117 definitivo,
meno della metà degli europei intende svolgere un’attività autonoma: la maggioranza preferisce un
lavoro dipendente.142
A tale situazione il consiglio direttivo del GAT ha risposto attivando il Progetto Scuola
2007/2008.
Il progetto consiste in una serie di percorsi formativi tenuti dai giovani albergatori stessi
all’interno delle scuole trentine per offrire agli studenti un’educazione all’imprenditorialità ed in
particolare a quella relativa al settore turistico, per riscoprire il significato che ha ed il valore che
arriva ad acquisire. Durante i corsi, che prevedono moduli formativi differenti in scuole elementari,
medie e superiori, si parla anche più in generale di turismo e del suo ruolo nell’economia trentina.
Per poter disporre nei prossimi anni di personale motivato, formato e competente,143 non sono
previsti soltanto percorsi formativi diretti ai futuri imprenditori turistici ma anche moduli rivolti ai
loro futuri possibili collaboratori.
142
Cfr. documento 2 in appendice, Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Il
trasferimento di proprietà delle imprese – La continuità grazie a un nuovo avvio, Comunicazione della Commissione al
Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM(2006)
117 definitivo, Bruxelles 14.03.2006.
143
Gli junior durante le interviste di gruppo focalizzate hanno lamentato la scarsa competenza e professionalità dei loro
dipendenti, insufficiente per consentire l’offerta di un servizio di qualità al cliente e per introdurre in azienda
un’organizzazione di tipo più manageriale. La causa di questa situazione viene attribuita dagli intervistati ad una
formazione non adatta ed all’assenza di motivazione, dovuti alla visione distorta che, a loro parere, si ha oggi in
Trentino del settore turismo. Il lavoro nel turismo è visto come svilente, faticoso, stagionale e dunque da svolgere
soltanto “come ripiego” per un breve periodo di tempo nell’arco della vita.
143
Il gruppo di lavoro di riferimento per questo progetto all’interno del consiglio direttivo del
GAT è costituito da Elisa Ressegotti e Christian Armani. Il Progetto Scuola sarà sostenuto nel
corso dell’anno scolastico 2007/2008 sulla base di un calendario stilato in accordo con gli istituti
coinvolti. L’intenzione è di replicarlo per i due anni scolastici successivi incrementando il numero
degli istituti.
Sempre con lo scopo di far riflettere sul rapporto tra turismo, cultura e identità e sulla
visione che i giovani trentini hanno del futuro di questo importante settore dell’economia, per
sensibilizzarli circa il significato del turismo per la realtà economica trentina, l’Associazione
Albergatori ed Imprese Turistiche del Trentino (in seguito ASAT) ha promosso il concorso per le
scuole Il turismo: un’idea mia. Il concorso, in partnership con gli Assessorati Provinciali
all’Istruzione e al Turismo, ha registrato la partecipazione di oltre 400 studenti che hanno presentato
270 elaborati, fra disegni, ricerche, plastici e dipinti.
Com’è avvenuto per il Progetto Scuola, per il concorso Il turismo: un’idea mia e per le
mostre ad esso collegate (esposizione prima al Castello del Buonconsiglio, poi presso l’Istituto
Culturale Ladino “Majon di Fascegn” di Vigo di Fassa, quindi nel Palazzetto Polifunzionale del
Comune di Fai della Paganella), per l’attivazione di progetti formativi è necessario che il GAT operi
in concerto con le istituzioni, ciascuna coinvolta in un segmento dell’istruzione e della formazione,
e con altri soggetti che intervengono nel settore turistico, questo anche per arrivare all’integrazione
oggi da tutti molto auspicata.
6.6 Fare rete.
Per la quasi totalità dei giovani imprenditori turistici intervistati (90%) è utile l’attivazione
di una sezione GAT locale. Essa dovrebbe essere soprattutto un gruppo di futuri dirigenti che si
confrontano su temi di interesse comune per i quali organizzare attività formative adeguate.
I rispondenti ritengono che la partecipazione al GAT sia un modo per mettere a disposizione
le proprie conoscenze ed esperienze, per riconoscere le opportunità che accomunano i diversi settori
economici e per cercare una risposta trasversale nuova ai problemi, affinché tutte le giovani imprese
possano migliorare e crescere.
Il gruppo è visto dunque come un punto di contatto e di confronto non solo fra le diverse
realtà del mondo dell’imprenditoria giovanile turistica trentina, ma anche fra i vari settori al fine di
individuare delle linee di intervento comune e fare rete con altre categorie economiche.
“E’ importante il confronto e lo scambio tra persone che fanno lo stesso lavoro per tenersi
aggiornati e dare delle risposte ai propri dubbi” e ancora “un gruppo che approfondisce tematiche
144
comuni agli alberghi, che identifica una linea comune da tenere (ad esempio sul target di clientela
su cui puntare e le relative strategie da adottare) che sviluppa reciproche collaborazioni ed alleanze,
per far fronte ad esempio ai momenti di overbooking o per creare gruppi di acquisto”. “E’
importante lo scambio con altre persone impegnate nel settore turistico: si può sempre imparare
qualcosa, magari cercando di capire come altri sono riusciti a risolvere determinate situazioni e
problematiche che ci si presentano”.
Per il futuro il GAT si pone come obiettivo quello di occuparsi di promozione, in
collaborazione con le istituzioni (voto medio 8,2), in secondo luogo di marketing turistico
territoriale assieme alle altre categorie economiche ed attori dei sistemi turistici locali (voto medio
7,8). Scarso l’interesse per l’impegno nel sindacale (voto medio 5,7).
I giovani desiderano “contare di più nel sistema turistico della zona, proporre strategie e
progetti concreti anche alle altre categorie” al fine di “attrarre uno specifico target di clientela,
fornire servizi anche innovativi che sono richiesti dai clienti”.
Gli junior intervistati sono consapevoli che oggi per poter sviluppare il proprio territorio è
necessario che le varie categorie economiche lavorino in rete. La collaborazione è fondamentale.
Interagendo con le altre categorie economiche ed interessandosi all’acquisizione di
competenze riguardanti settori differenti dal proprio è inoltre possibile utilizzarne idee e conoscenze
ed adattarle alle esigenze della propria attività, per renderla maggiormente competitiva e moderna.
In conclusione dunque i giovani imprenditori del settore turistico-ricettivo del Trentino
valutano positivamente il lavoro in rete, tra loro ma anche con le altre categorie economiche. Essi
riconoscono la sua fondamentale importanza per l’efficienza e il successo dell’azienda, in quanto
valore aggiunto alla stessa.
6.7 Ruolo attivo del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino
a sostegno della successione imprenditoriale.
Aiutare le imprese a sviluppare le loro attività è fondamentale, in particolare in
corrispondenza delle svolte importanti del loro ciclo di vita. E’ evidente che un sostegno di qualità
alle imprese contribuisce in maniera decisiva alla competitività ed al dinamismo di un’economia
moderna. Molte imprese individuali possono confermare che l’assistenza delle organizzazioni di
sostegno è decisiva per il loro sviluppo.
Con il termine servizi di sostegno alle imprese ci si riferisce a quei servizi, aventi origine in
iniziative di politica pubblica miranti ad aiutare le imprese o gli imprenditori a sviluppare con
successo le relative attività ed a rispondere efficacemente alle sfide lanciate dall’ambiente
145
economico, sociale e materiale.144 I servizi di questa natura sono di norma forniti direttamente agli
imprenditori o al personale da organizzazioni pubbliche o private, o da soggetti singoli. Essi, in ogni
caso, agiscono perseguendo obiettivi attinenti alla politica pubblica, di solito per conto della
pubblica amministrazione.
Il sostegno alle imprese può prevedere servizi relativamente semplici, come ad esempio la
fornitura di contatti o di elementi d’informazione basilari. Il servizio può però anche essere più
approfondito, se prevede la messa a disposizione di locali e di uffici o di servizi di tutorato,
l’accesso a finanziamenti o a reti. I servizi di sostegno alle imprese fanno parte di un gruppo più
ampio di misure di sostegno per i quadri e gli imprenditori, programmi destinati a sostenere le
imprese ed incentivi fiscali che perseguono la stessa finalità.
Concentrarsi sulla questione della successione imprenditoriale però introduce un forte
elemento di novità rispetto ai tradizionali problemi legati alle imprese.
L’attenzione non viene rivolta a una particolare classe di imprese, quanto piuttosto a ogni
singola unità aziendale, intesa nella sua unicità e specificità.
Occuparsi di successione vuol dire preoccuparsi che “quella” impresa sopravviva, non che
eventualmente un’altra occupi i suoi dipendenti o presidi il mercato abbandonato, bensì che si salvi
una specifica idea imprenditoriale, anche se piccola.
Si tratta di salvare quelle forme produttive che con la loro flessibilità e originalità hanno
permesso lo sviluppo del nostro Paese e che hanno prodotto un tessuto economico capace di
generare ricchezza, esportare beni locali e servizi innovativi, raggiungere elevati livelli di
occupazione.
Per trasmettere un’impresa si devono affrontare questioni legate agli aspetti societari
esistenti e futuri, agli aspetti finanziari, ai costi fiscali, agli ostacoli di tipo organizzativo e
tecnologico interni all’azienda e agli aspetti psicologici sia dei trasmettitori che degli junior.
Questi problemi possono essere risolti soltanto con un approccio di tipo multidisciplinare.
I progetti e le iniziative proposte, per essere veramente efficaci, devono avere il pregio di
coinvolgere sia il settore pubblico, per i necessari aiuti finanziari e per la capillare e autorevole
presenza su tutto il territorio nazionale, sia il settore privato, nella veste di tutti quei professionisti e
associazioni di rappresentanza imprenditoriale che con le loro competenze possono assistere le
imprese durante il processo di passaggio generazionale.
Proprio in questo sta il ruolo attivo che può assumere il Gruppo dei Giovani Albergatori
Trentini. Come è emerso dall’indagine il 56% degli intervistati si trova nella fase di affiancamento
144
Cfr. Creare servizi di prima classe a sostegno delle imprese, documento di lavoro dei servizi della Commissione
SEC (2001) 1937, Bruxelles 28.11.2001.
146
generazionale e tra coloro che ancora non dirigono in prima persona l’azienda il 77% ritiene che lo
farà comunque in futuro, in media tra quasi 5 anni.
Il GAT dovrebbe essere un supporto e punto di riferimento a sostegno dei giovani
imprenditori che si trovano ad affrontare la successione imprenditoriale fornendo a “tutto tondo”
una serie di servizi.
Per arrivare a questo è necessario prevedere un percorso collettivo, da strutturare sulla base
di quanto emerso dall’analisi dei risultati dell’indagine, ed uno individuale, che potrebbe essere
organizzato secondo la logica del kit.brunello.145
Il percorso collettivo a sostegno della successione imprenditoriale dovrebbe consistere in
una serie di azioni di sistema, orientate a dare supporto al gruppo di micro e piccole imprese
turistico-ricettive trentine, relativamente ai problemi che durante il passaggio generazionale le
accomunano. Azioni personalizzate per le singole imprese andranno invece a costituire il percorso
individuale: una seria autoanalisi assistita per affrontare la fase di affiancamento e di successione
con un adeguato progetto, ed un appropriato periodo di monitoraggio.
6.7.1 Percorso collettivo.
Le imprese devono avere la possibilità di preparare anticipatamente la successione. Per farlo
è consigliabile l’implementazione di percorsi virtuosi collettivi cui poi far seguire il percorso
individuale.
Per quanto riguarda le istituzioni (Governo, Regioni ed Enti Locali) il loro contributo
dovrebbe consistere nel creare una cornice favorevole alla trasmissione.
I report del primo e del secondo Expert Group (2002 e 2003) dell’Unione Europea,146 sono
un’ottima base per permettere ai governi nazionali o locali di seguire questa via, emettendo norme
legislative mirate.
Le istituzioni nazionali e locali, le associazioni, le camere di commercio, le banche, sono
coloro che potrebbero/dovrebbero per primi farsi carico di iniziative mirate, utili a generare una
consapevolezza diffusa su tutto il territorio.
I mezzi concreti sono innanzitutto indagini locali sulla situazione, cui segua una seria
disseminazione dei risultati attraverso i media. Così come documentato dalla letteratura sul tema147
dunque il primo approccio al problema consiste in un’indagine esplorativa, una ricercazione.
145
Come già precedentemente evidenziato (Cfr. capitolo 4.4, Selezione di buone pratiche italiane), il kit.brunello è uno
strumento specifico che, primo in Europa già nel 1998, ha ricevuto dall’Unione Europea il riconoscimento di buona
pratica per la trasmissione.
146
Cfr capitolo 4.1, Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea.
147
Con l’Operazione Ascolto si è posto in essere un primo approccio conoscitivo alla questione
della continuità d’impresa nelle aziende turistico-ricettive del Trentino, seguendo un percorso di
indagine che permetta di comprendere meglio le caratteristiche specifiche del problema e le
tipologie di servizi per aiutare gli imprenditori junior intervistati ad affrontare la successione
imprenditoriale.
Questionari a senior e junior, interviste ad opinion leaders, testimonianze, e qualsiasi altra
iniziativa possa inserirsi nel tema delle continuità d’impresa sono tutti spunti utili a tenere alta
l’attenzione su questo tema spesso non sufficientemente analizzato e considerato. Giovano pure
azioni informative e di sensibilizzazione, interviste a chi ha superato il problema e soprattutto la
diffusione di strumenti di analisi o auto-test semplici, atti a far comprendere con limitato impegno
come una singola famiglia o impresa si situi rispetto alla sfida della trasmissione.
I percorsi virtuosi collettivi consistono dunque in alcune buone pratiche di carattere
generale, utili a creare le premesse per la consapevolezza ambientale ai fini della trasmissione.
L’obiettivo è quello di estendere la responsabilità ed il coinvolgimento della continuità competitiva
a tutti gli operatori sul territorio, considerando l’impresa un bene sociale.
Prendendo spunto dai percorsi virtuosi collettivi progettati dall’Atelier Studio Centro
148
Veneto
e considerando i risultati dell’indagine effettuata, il GAT potrebbe strutturare come segue
un percorso a sostegno del passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive trentine:
ƒ
istituire un osservatorio quanti–qualitativo sulla trasmissione: tale osservatorio
dovrebbe periodicamente porre in essere delle indagini del tipo dell’Operazione Ascolto;
ƒ
proporre dei corsi formativi ad hoc, strutturati considerando quanto emerso dall’analisi
dei risultati delle indagini di cui sopra;149
ƒ
dotarsi di esperti (consulenti aziendali, consulenti fiscali, esperti legali, esperti contabili,
banche e notai) per offrire consulenza ai giovani imprenditori turistici e così assicurare il
corretto svolgimento del processo di trasmissione d’impresa;
ƒ
consulenza e formazione dovranno essere organizzate in raccordo con enti pubblici ma
anche in network con la cultura locale: università, business school, altri operatori
qualificati operanti sul tema della continuità;
ƒ
istituzione di un centro per seguire l’impresa durante la fase di affiancamento e nel
delicato momento della transizione generazionale: consulenti per la definizione di un
147
Cfr. Ferrari F., Il passaggio generazionale delle Pmi. La gestione della trasmissione d’impresa tra rischi e
opportunità, Franco Angeli 2005 e Brunello T. e Bornello M., Passaggi Obbligati. La trasmissione e la continuità
competitiva d’impresa nelle Pmi, Franco Angeli 2003.
148
Cfr. capitolo 4.4, Selezione di buone pratiche italiane.
149
Per quanto riguarda nello specifico l’Operazione Ascolto, cfr. capitolo 6.5, Formazione.
148
percorso individuale ad hoc per ogni azienda che sia interessata ad avvalersi del
centro;150
ƒ
l’acquisizione, l’affinamento, l’approfondimento e la disseminazione di buone pratiche;
ƒ
una banca di casi.
Il polo così costituito potrebbe raccordarsi con il Centro virtuale d’eccellenza lanciato
dall’Unione Europea a Bruxelles nel Piano d’azione del primo rapporto sul business transfer,
presentato a Vienna nel settembre 2002,151 che fra l’altro sollecita la creazione di simili poli locali.
6.7.2 Percorso individuale.
Con riferimento alla trasmissione, le imprese hanno esigenze in parte comuni, in parte
diverse in funzione della loro dimensione, struttura ed altre caratteristiche specifiche.
Per percorso individuale a sostegno delle imprese turistiche trentine in fase di passaggio
generazionale intendiamo una gamma di misure di sostegno differenziate e mirate alle diverse fasce
potenzialmente interessate, che raggruppiamo in questo modo:
ƒ
Micro imprese (0-10 dipendenti);
ƒ
Piccole e medie imprese (11-250 dipendenti).
Le micro imprese sono quelle che risultano meno sensibili ad attivarsi per affrontare il
problema successione per tempo.
Per queste si può applicare un programma di autoanalisi leggera, tale da non richiedere più
di un’ora di tempo alle imprese interessate e da effettuarsi eventualmente on-line. Il modello si
fonda su uno strumento d’analisi, versione sintetica del kit.brunello, che presenta una duplice
funzionalità.
ƒ
da un lato mette in evidenza in modo personalizzato gli aspetti critici delle singole imprese;
ƒ
dall’altro genera un riepilogo, impersonale, con la tabulazione dei diversi problemi comuni.
Per le piccole e medie imprese l’autoanalisi potrà invece essere più consistente e
personalizzata, con l’applicazione del kit.brunello in versione estesa. Tale strumento mira a
delineare un profilo delle singole imprese in fase di passaggio generazionale, offrendo un modellocornice, in cui collocare, con i suoi connotati, ogni azienda in transizione. Tale profilo
personalizzato sarà il presupposto per un progetto di trasmissione a sua volta personalizzato.
Il kit.brunello risulta essere così strutturato:
150
151
Cfr. capitolo 6.7.2, Percorso individuale.
Cfr. capitolo 4.1, Cosa è stato fatto a livello di Comunità Europea.
149
1 – L’identikit. Ha per obiettivo l’analisi degli attori (senior, junior, manager, familiari,
interlocutori diversi) e dei meccanismi di snodo (dalla leadership personale in azienda e in famiglia,
ai rapporti/conflitti fra senior e potenziali continuatori, alle differenti tipologie di carriera di questi
ultimi, alle modalità di passaggio delle consegne).
2 – Il punto della situazione. Ha per obiettivo l’analisi degli aspetti strategici e tattici, nelle varie
sfaccettature che i processi di trasmissione implicano. Sono definiti strategici quegli aspetti al venir
meno dei quali la sopravvivenza della stessa impresa è a grave rischio. Sono definiti invece tattici
quegli aspetti pur importanti e utili che però da soli non sono determinanti per la continuità
d’impresa.
3 – La progettazione della trasmissione. E’ il momento della definizione delle linee da impostare,
raccordo fra l’analisi ed i piani futuri.
4 – Monitoraggio della transizione. In tale fase viene posto sotto controllo il piano di lavoro,
necessariamente flessibile, scaturito dalla fase di progettazione.152
Alla gestione pilotata del processo complesso (kit.brunello) seguono le linee operative per
l’impresa, per le figure junior, per le figure senior.
Il kit.brunello, kit interattivo per il monitoraggio del passaggio generazionale nelle aziende
familiari, è presente sul sito internet www.kit.brunello.net.
Il ruolo del GAT, relativamente al percorso individuale, dovrebbe essere quello di fornire gli
strumenti necessari ad affrontarlo ed un’assistenza all’autoanalisi.
6.7.3 Infrastruttura culturale.
Perché un’operazione come la definizione ed attuazione di un intervento strutturato a
sostegno del passaggio generazionale nelle imprese turistico-ricettive trentine abbia successo, è
importante che siano integrate nell’ottica della trasmissione d’impresa competenze generali e
specialistiche già consolidate. Oltre ovviamente all’associazione di categoria ed all’ente pubblico,
dovrebbero intervenire strutture rappresentative come:
ƒ
i sindacati, che coinvolgono i loro funzionari di supporto alle imprese;
ƒ
le associazioni di consulenti, esperti di strategia ed organizzazione sia individuali che
come società di consulenza;
ƒ
le associazioni di professionisti di area fiscale, legale, organizzativa, finanziaria,
assicurativa, ecc.
152
Cfr. Brunello T. e Bornello M., Passaggi Obbligati. La trasmissione e la continuità competitiva d’impresa nelle Pmi,
Franco Angeli 2003.
150
L’intera infrastruttura culturale dovrebbe occuparsi di elaborare un programma a sostegno
della trasmissione in un clima di scambio reciproco, nella prospettiva della continuità competitiva.
Il contributo può essere dato da un lato dai generalisti, la cui esperienza si è focalizzata sulla
tematica della continuità, dall’altro dagli specialisti, che vanno ad aggiungere alle proprie
competenze specifiche (fiscali, organizzative, psicologiche, economiche) il nuovo approccio proprio
della trasmissione.
Un intervento di questo tipo permette di affrontare il tema della continuità d’impresa
considerando i diversi suoi aspetti e la sua ricchezza sta nel clima d’interscambio tra i vari
partecipanti.
6.8 In sintesi.
La motivazione e la passione che nutrono per il lavoro nell’azienda di famiglia i giovani
imprenditori turistici, target oggetto dell’indagine Operazione Ascolto, costituiscono presupposto
necessario affinché vi sia successo e continuità d’impresa.
Esse sono la prima eredità che i genitori lasciano ai propri figli e diventano la prima
condizione perché si verifichi una “richiesta” di passaggio generazionale per alimentare la
continuità d’impresa.
Secondo quanto espresso dagli junior intervistati in azienda non avviene un vero e proprio
passaggio generazionale, ma un affiancamento: il senior per molto tempo sostiene lo junior nella
gestione. Questa situazione è vista positivamente dagli junior, che considerano l’esperienza dei
senior e lo scambio reciproco una risorsa.
Lo junior fin da giovane è coinvolto nell’attività di famiglia. Quando cresce poi, però, non
deve essere considerato un semplice dipendente all’interno dell’azienda, in rapporto subordinato al
padre, quando non al nonno: è importante che gli sia data una certa autonomia e responsabilità.
Nonostante in alcuni casi vi siano scontri e difficoltà per “far capire ai senior i cambiamenti”
e per assumere gradualmente sempre più “libertà d’azione” in azienda, il 44% degli intervistati che
già dirigono la struttura autonomamente o con l’affiancamento dei genitori descrive in modo
positivo il proprio passaggio generazionale. Esso è avvenuto o sta avvenendo secondo il modello
della successione senza abdicazione, successione meno critica da gestire essendo caratterizzata da
un’elevata propensione alla delega ed orientamento al futuro dei senior.
Per quel che riguarda poi la richiesta di imprenditorialità che la situazione economica attuale
impone, è possibile evidenziare una risposta positiva da parte dei giovani intervistati, consapevoli di
questa necessità dettata dal mercato globale.
151
L’innovazione, la formazione, il dotarsi di un’organizzazione di tipo più manageriale e la
validità dei collaboratori sono caratteristiche imprenditoriali tipiche, trasversali ai vari settori
economici. L’importanza data dai giovani a queste variabili diventa indicativa della loro tendenza,
più o meno consapevole, ad abbracciare una logica imprenditoriale nella gestione delle loro
aziende.
Oggi le nuove tecnologie, l’avvento di internet, la conseguente importanza della
comunicazione e del lavoro in rete, hanno portato delle modifiche probabilmente irreversibili del
mercato e della società. In seguito alla globalizzazione del mercato e dello sviluppo in questo senso,
della comunicazione e della diffusione dell’informazione, la competitività imprenditoriale si
sviluppa non più soltanto in un ristretto raggio d’azione, ma su scala mondiale.
L’innovazione appare oggi molto più necessaria di un tempo. Una delle forme possibili
attraverso cui apportare questo cambiamento in azienda è il passaggio generazionale, con il
subentro nella gestione del giovane successore/riorganizzatore, ed in particolare il modo in cui il
processo successorio viene gestito e vissuto.
La nuova generazione è più permeabile alla metamorfosi innovativa ed il giovane che vuole
“prendere le redini della sua azienda” assume il ruolo di anello di congiunzione tra la società che
cambia e il modello di gestione della generazione precedente. Egli avrà il compito di innovare nel
rispetto della tradizione: la continuità dei valori di fondo dell’impresa è l’elemento che permette ai
cambiamenti che intervengono nella gestione di non snaturarne il carattere familiare. La continuità
che la presenza del giovane permette di assicurare all’azienda familiare non è più soltanto quella di
eredità, di mera sopravvivenza dell’azienda, ma è una nuova forma di continuità, che presuppone la
capacità del giovane di costituire una realtà aziendale nuova, integrando l’esperienza del modello
paterno con gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.
Sicuramente il campione intervistato è rappresentativo di quella realtà di giovani
imprenditori del settore turistico-ricettivo del Trentino intraprendenti che, grazie all’apertura di
mentalità dell’intera famiglia, hanno la possibilità di esprimersi e sperimentarsi, migliorando non
soltanto le proprie capacità e potenzialità ma anche, come conseguenza, quelle della propria
azienda. Esiste però sicuramente anche una realtà più statica, in cui il giovane non riesce (o non
cerca di) trovare i propri spazi per aprirsi alle novità e alle prospettive del mercato in continuo
cambiamento, innescando un circolo vizioso che ne amplifica l’isolamento.
Si auspica che i risultati della presente indagine, e le riflessioni a loro seguite, oltre ad
essere la base per la definizione da parte del GAT di un progetto a sostegno del passaggio
generazionale nelle imprese turistico-ricettive trentine, possano rivelarsi un utile spunto per i
giovani che si trovano a vivere questa seconda realtà delineata.
152
Il progetto Operazione Ascolto vuole essere uno stimolo per le nuove generazioni, uno
strumento di divulgazione, un documento di facile fruizione, grazie al quale attingere una rinnovata
fiducia nel futuro e nuove prospettive.
153
154
Appendice.
Documento 1 - 94/1069/CE: Raccomandazione della Commissione, del 7 dicembre 1994, sulla
successione nelle piccole e medie imprese (Testo rilevante ai fini del SEE).
Gazzetta ufficiale n. L 385 del 31/12/1994 PAG. 0014 – 0017.
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità
europea, considerando che il Consiglio ha adottato la decisione 89/490/CEE relativa al
miglioramento del contesto delle imprese (1); che il programma di sostegno per le piccole e medie
imprese previsto da detta decisione è stato riveduto dalla decisione 91/319/CEE (2); che esso ha
confermato il suo impegno a sostenere il consolidamento delle azioni svolte a favore delle imprese
con la sua risoluzione del 17 giugno 1992 (3); considerando che con la sua decisione 93/379/CEE
(4), il Consiglio ha adottato, con effetto dal 1° luglio 1993, un programma destinato a rafforzare gli
indirizzi prioritari e ad assicurare la continuità della politica per le imprese; che tale programma
riguarda soprattutto il miglioramento del contesto giuridico, fiscale e amministrativo delle imprese e
prevede l'esame specifico della successione nelle imprese; considerando che il Libro bianco sulla
crescita, la competitività e l'occupazione menziona la successione nelle imprese quale settore
prioritario cui apportare dei miglioramenti (5); considerando che il programma integrato a favore
delle PMI e dell'artigianato del 3 giugno 1994 (6) prevede una raccomandazione della Commissione
sulla successione nelle imprese, nell'ambito dei contributi comunitari intesi a migliorare il contesto
in cui operano le imprese; considerando che la Commissione, nella sua comunicazione sul
miglioramento del contesto fiscale delle piccole e medie imprese (7), annuncia un'iniziativa intesa
ad alleggerire il regime fiscale applicabile alle successioni e alle donazioni; considerando che nella
sua risoluzione del 10 ottobre 1994 (8), il Consiglio invita gli Stati membri e la Commissione ad
esaminare le disposizioni in vigore che intralciano la costituzione, la crescita e la successione nelle
imprese; considerando che la Commissione ha proceduto a tale esame e ha constatato che ogni anno
diverse migliaia di imprese sono obbligate a cessare la loro attività a causa di difficoltà
insormontabili inerenti alla successione; che tali liquidazioni hanno ripercussioni negative sul
tessuto economico delle imprese nonché sui loro creditori e lavoratori; considerando che tale perdita
di posti di lavoro e di benessere economico è particolarmente deplorevole in quanto essa non è
dovuta alle forze di mercato, ma ad un'insufficiente preparazione della successione e
all'inadeguatezza di alcune parti della legislazione degli Stati membri, soprattutto in materia di
diritto societario, successorio e fiscale; considerando che interventi volti a sensibilizzare, informare
e formare gli imprenditori affinché preparino efficacemente la loro successione finché sono ancora
155
in vita sono atti ad aumentare le probabilità di riuscita della successione stessa;
considerando che un certo numero di modifiche alle leggi degli Stati membri consentirebbe di
facilitare considerevolmente il buon esito della successione; considerando che uno degli ostacoli al
buon esito della successione è costituito dalla difficoltà per i successori di finanziare il compenso
per gli altri coeredi e che alcuni strumenti di finanziamento adeguati dovrebbero essere disponibili
in tutti gli Stati membri; considerando che, per preparare la successione, può risultare necessario
cambiare la forma giuridica dell'impresa adottando la forma più adeguata per il buon esito di tale
operazione; che le imprese non dispongono, in tutti gli Stati membri, di un diritto di trasformazione
che consenta di cambiare la loro forma giuridica senza procedere allo scioglimento e alla
costituzione di un nuovo ente; che tali operazioni comportano dei costi e delle procedure
amministrative nonché un periodo di insicurezza per i soci e i terzi; considerando che la società per
azioni è una delle forme giuridiche che rispondono maggiormente alle esigenze della successione;
che, tuttavia, la società per azioni pone condizioni rigorose dal punto di vista della costituzione e
della gestione quotidiana; che tali condizioni sono generalmente concepite per società per azioni
con un vasto azionariato al fine di proteggere i soci e i terzi; che alcune di queste non sembrano
essere necessarie nel caso di un imprenditore che intende costituire, nel quadro della sua famiglia,
una società per azioni al fine di facilitare la successione; considerando che alcune tecniche o forme
giuridiche facilitano la successione consentendo di distinguere tra potere gestionale e proprietà
dell'impresa; considerando che l'adozione da parte di un'impresa della forma giuridica più adeguata
per il buon esito della successione non dovrebbe essere ostacolata dalle modalità fiscali; che quanto
detto vale anche per tutte le altre operazioni di preparazione alla successione quali l'apporto di
attivi, la fusione, la scissione e lo scambio di quote sociali; considerando che, nella maggior parte
degli Stati membri, la società di persone viene sciolta quando uno dei soci muore, a meno che il
contratto di società non disponga altrimenti; che in altri gli atti unilaterali di un socio possono essere
incompatibili con il contratto di società e che le leggi non indicano quale disposizione prevale; che
tale discordanza può creare, nel caso del decesso di un socio, un conflitto che mette in pericolo la
continuità della società e può anche comportarne la liquidazione; considerando che quando uno dei
soci di una società di persone o l'imprenditore individuale decede, i coeredi sono, nella maggior
parte degli Stati membri, tenuti a pronunciarsi sul destino dell'impresa all'unanimità; che la vita
dell'impresa può quindi essere messa in pericolo dalla semplice volontà contraria di uno degli eredi;
considerando che uno dei principali ostacoli al buon esito della successione familiare è costituito dal
correlativo onere fiscale; che il pagamento delle imposte di successione o di donazione rischia di
mettere in pericolo l'equilibrio finanziario dell'impresa e quindi la sua sopravvivenza; che siffatto
regime impositivo pone le imprese europee in una situazione svantaggiosa rispetto alla concorrenza
156
mondiale; considerando che l'esigenza del pagamento immediato delle tasse di successione o di
donazione può costringere gli eredi dell'impresa a realizzare una parte degli attivi o a vendere
l'insieme dell'impresa ovvero a porla in liquidazione; considerando che per la valutazione del valore
dell'impresa è opportuno tener conto dell'eventuale deprezzamento del valore dell'impresa in
seguito alla successione; considerando che oggi è più difficile che in passato trovare un successore
nell'ambito della famiglia; che la vendita dell'impresa è una forma di trasferimento che deve essere
facilitata per assicurare la sopravvivenza dell'impresa, soprattutto quando la successione non può
avvenire nell'ambito familiare; che è indispensabile indurre l'imprenditore a organizzare la
successione finché è ancora in vita; considerando che l'acquisto dell'impresa da parte dei dipendenti
è una forma di trasferimento che deve essere incoraggiata; che essa consente di assicurare la
continuità dell'impresa nonché il trasferimento del know-how e dell'esperienza acquisita;
considerando che alcuni Stati membri hanno già adottato misure intese a facilitare la successione
nelle imprese; che alcune pratiche potrebbero essere recepite in altri Stati membri,
FORMULA LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
Articolo 1
Obiettivi
Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per facilitare la successione nelle
piccole e medie imprese al fine di assicurare la sopravvivenza delle imprese ed il mantenimento dei
posti di lavoro. In particolare, essi sono invitati ad adottare le misure più adeguate, a completamento
del quadro giuridico, fiscale e amministrativo, al fine di:
- sensibilizzare l'imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione
finché è ancora in vita;
- creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione;
- consentire all'imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua
disposizione gli strumenti adeguati;
- assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso di
uno dei soci o dell'imprenditore;
- assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione
ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza dell'impresa;
- incoraggiare fiscalmente l'imprenditore a trasferire la sua impresa tramite vendita o cessione ai
dipendenti,
soprattutto
quando
non
vi
sono
successori
nell'ambito
della
famiglia.
Articolo 2
Informazione
È opportuno incoraggiare le iniziative pubbliche e private che hanno per oggetto la
157
sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli imprenditori e, quindi, la preparazione della
loro successione, al fine di assicurare il buon esito della successione nelle piccole e medie imprese.
Articolo 3
Contesto finanziario
È opportuno offrire alle piccole e medie imprese un contesto finanziario che favorisca il buon esito
della successione.
Articolo 4
Preparazione della successione
È opportuno offrire agli imprenditori gli strumenti appropriati per preparare adeguatamente la
successione. A tal fine, gli Stati membri sono invitati a:
a) prevedere un diritto di trasformazione delle imprese, in virtù del quale queste possano passare nel rispetto dei diritti di terzi e dei soci - da una forma giuridica a un'altra, senza che sia necessaria
la dissoluzione dell'impresa o la costituzione di un nuovo soggetto;
b) consentire alle PMI di organizzarsi nella forma di una società per azioni che abbia un numero
molto limitato di azionisti e la cui costituzione e la cui gestione siano semplificate rispetto a quelle
delle società per azioni con titoli ampiamente diffusi tra il pubblico;
c) consentire la costituzione di una società per azioni con un unico socio, nei termini previsti
dall'articolo 6 della dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio (1);
d) all'atto della tassazione delle attività intese a separare il potere decisionale dalla proprietà
dell'impresa, riconoscere la necessità economica degli atti giuridici realizzati al fine di facilitare la
successione e, all'occorrenza, prendere le misure per autorizzarli e promuoverli;
e) indipendentemente dagli obblighi che risultano dal diritto comunitario, applicare il principio della
neutralità fiscale alle operazioni preparatorie delle successioni quali l'apporto di attivi, la fusione, la
scissione e lo scambio di quote sociali. Il principio della neutralità fiscale dovrebbe essere applicato
anche alle imposte di bollo e di registro e ad altri analoghi tributi.
Articolo 5
Continuità delle società di persone e delle imprese individuali
È necessario assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di
decesso di uno dei soci o dell'imprenditore. A tal fine, gli Stati membri sono invitati a:
a) prevedere il principio della continuità della società di persone, nel caso del decesso di un socio,
consentendo agli altri soci di decidere in merito alla continuità della società con o senza la
partecipazione degli eredi del socio deceduto, liquidando se del caso, la quota del defunto; il
contratto di società può derogare al principio della continuità della società;
158
b) se l'eventuale contraddizione tra il contratto di società e le disposizioni testamentarie o le
donazioni non è stata risolta, introducano nella loro legislazione nazionale una norma in base alla
quale il contratto di società prevalga sugli atti unilaterali di uno dei soci;
c) provvedere affinché, nel caso del decesso di un socio di una società di persone o di un
imprenditore individuale, il diritto della famiglia, il diritto successorio e, in particolare, la norma
dell'unanimità per le decisioni prese nel quadro della comunione dei beni, non possano mettere in
pericolo la continuità dell'impresa;
d) provvedere affinché la liquidazione della quota del defunto, di cui alla lettera a), nonché il
pagamento della liquidazione agli eredi minoritari, che discende dalla lettera c), non possano
mettere in pericolo la sopravvivenza dell'impresa. A tal fine è opportuno prevedere che, se le parti
optano per un pagamento scaglionato, la liquidazione si basi sul valore commerciale dell'impresa,
compreso l'avviamento, mentre se una parte esige il pagamento immediato, la liquidazione si basi
sul valore contabile.
Articolo 6
Regime fiscale della successione ereditaria e della donazione
È opportuno assicurare la sopravvivenza dell'impresa con un'adeguata disciplina fiscale della
successione ereditaria e della donazione. A tal fine, gli Stati membri sono invitati ad adottare una o
più delle seguenti misure:
a) ridurre, purché l'attività dell'impresa prosegua in modo effettivo per un certo periodo minimo, i
tributi sugli attivi strettamente legati all'esercizio dell'impresa in caso di trasferimento tramite
donazione o successione ereditaria, in particolare le imposte di successione, di donazione e di
registro;
b) offrire agli eredi la possibilità di scaglionare o di dilazionare il pagamento delle imposte sulla
donazione o sulla successione ereditaria, a condizione che essi proseguano l'attività dell'impresa
nonché accordare esenzioni dal pagamento degli interessi;
c) provvedere affinché la valutazione fiscale dell'impresa possa tener conto dell'andamento del suo
valore nei mesi successivi al decesso dell'imprenditore.
Articolo 7
Trasferimento a terzi
È opportuno incoraggiare l'imprenditore a prevedere, finché è in vita, il trasferimento a terzi quando
la successione non può essere realizzata nell'ambito della famiglia. A tal fine, gli Stati membri sono
invitati a:
a) esonerare, almeno in parte, il reddito delle plusvalenze o del reddito da capitale sugli attivi
dell'impresa in caso di vendita, in particolare quando l'imprenditore che effettua la vendita ha
159
raggiunto l'età di 55 anni; incentivare fiscalmente il reinvestimento dei proventi della vendita
dell'impresa in un'altra impresa non quotata in borsa ed operante nella produzione o vendita di beni
o servizi;
b) facilitare fiscalmente la cessione dell'impresa ai dipendenti tramite la riduzione della tassazione
delle plusvalenze sulla cessione delle quote ai dipendenti e l'esenzione dalle imposte di registro,
agevolazioni fiscali legate alla concessione di mezzi finanziari ai dipendenti per la realizzazione
dell'acquisto o tramite una dilazione della tassazione fino alla data in cui il dipendente vende le sue
quote; tali misure dovrebbero essere applicate anche alle imprese o alle cooperative costituite dai
dipendenti.
Articolo 8
Concertazione reciproca
Gli Stati membri sono invitati a informarsi e a consultarsi reciprocamente, unitamente con la
Commissione, per trarre vantaggio dagli scambi di esperienza e delle migliori soluzioni pratiche in
materia di successione nelle piccole e medie imprese e, in particolare, per l'attuazione delle misure
proposte nella presente raccomandazione.
Articolo 9
Relazione
Affinché la Commissione possa valutare i progressi compiuti, gli Stati membri sono invitati a
comunicare, entro il 31 dicembre 1996, il testo delle principali norme giuridiche, regolamentari e
amministrative che essi adottano per dare effetto alla presente raccomandazione e a informare la
Commissione su tutte le ulteriori modifiche in tale campo.
Articolo 10
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 7 dicembre 1994.
Per la Commissione
Raniero VANNI d'ARCHIRAFI Membro della Commissione
(1) GU n. L 239 del 16. 8. 1989, pag. 33.
(2) GU n. L 175 del 4. 7. 1991, pag. 32.
(3) GU n. C 178 del 15. 7. 1992, pag. 8.
(4) GU n. L 161 del 2. 7. 1993, pag. 68.
(5) Libro bianco, parte A, Un'economia più competitiva, pag. 14 e parte B, punto 2.7, Proposte e
soluzioni, pag. 75.
(6) COM(94) 207 def. del 3. 6. 1994.
(7) GU n. C 187 del 9. 7. 1994, pag. 5.
(8) GU n. C 296 del 22. 10. 1994, pag. 6.
(1) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 40.
160
Documento 2 - COM(2006) 117 definitivo: Comunicazione della Commissione al Consiglio, al
Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l’occupazione.
Il trasferimento di proprietà delle imprese – La continuità grazie a un nuovo avvio.
COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE Bruxelles, 14.03.2006 PAG. 0003 – 0012.
1. INTRODUZIONE
1.1. Un terzo delle imprese europee deve affrontare un trasferimento di proprietà.
La Commissione europea ha riaffermato nel febbraio 2005 la sua adesione alla partnership di
Lisbona per la crescita e l’occupazione1 e ha definito nel novembre dello stesso anno un quadro
politico globale per le PMI nel quale l’importanza dei trasferimenti di proprietà delle imprese è
pienamente riconosciuta.2 La popolazione europea sta invecchiando e il potenziale di trasferimento
di proprietà delle imprese tende ad aumentare. Un terzo dei capi di impresa dell’Unione europea,
per la maggior parte alla guida di imprese familiari, si ritireranno nei prossimi dieci anni. In base
alle stime, questo fenomeno potrebbe riguardare sino a 690.000 piccole e medie imprese e 2,8
milioni di posti di lavoro ogni anno.3 I trasferimenti di imprese sono complessi e troppo spesso non
coronati da successo, non già per il fatto che le imprese in quanto tali non siano vitali, ma
unicamente a causa dei problemi che si incontrano durante la fase di trasferimento. Per aumentare la
concorrenzialità dell’Europa, è indispensabile migliorare l’ambiente economico dei trasferimenti di
proprietà delle imprese e rafforzare le misure di sostegno.
L’importanza dei trasferimenti di imprese è evidenziata anche dai dati nazionali. La Germania si
aspetta circa 354.000 trasferimenti di imprese nel corso dei prossimi cinque anni.4 In Francia si
stima che le imprese interessate saranno 600.000 nel corso del prossimo decennio.5 In Italia è stato
previsto per il prossimo decennio un potenziale di trasferimento del 40% di tutte le imprese6. In
Austria, il 23% delle imprese sarà soggetto a trasferimento nel corso del periodo 2004-2013.7 In
Svezia, tra 45.000 e 50.000 imprese con dipendenti dovrà subire un cambio generazionale nel corso
dei prossimi dieci anni.8 Nel Regno Unito, lo Small Business Service ha stimato che per un terzo dei
proprietari di PMI il trasferimento di proprietà dell’impresa per motivi di età rischia l’insuccesso.9
Anche se non sono interamente comparabili, le informazioni disponibili lasciano pensare che questo
fenomeno rivesta una grande importanza per l’insieme dell’Europa.
161
1.2. I trasferimenti di proprietà favoriscono lo spirito imprenditoriale.
In passato le imprese erano di solito trasferite nell’ambito della famiglia e questi trasferimenti si
svolgevano generalmente senza scosse. Le imprese familiari conservano un certo spirito
imprenditoriale nell’ambito della società e costituiscono un incubatore naturale per i giovani
imprenditori. Per il loro orientamento nel lungo termine, le imprese familiari sono un vettore di
stabilità nelle nostre economie e sono all’origine di numerose prassi di vera responsabilità
sociale delle imprese. Tuttavia, essendo oggi più facile accedere all’istruzione, le giovani
generazioni hanno altre opzioni oltre a quella di continuare l’impresa familiare.
Essendo inoltre le famiglie meno numerose, i capi di impresa hanno meno possibilità di trovare un
successore nell’ambito della famiglia, anche perché l’ambiente sempre più competitivo richiede
competenze molto elevate in materia di gestione e di direzione d’impresa. In questo contesto, è
particolarmente preoccupante che ancora oggi le figlie non siano spesso percepite come potenziali
successori dai proprietari di imprese (di solito di sesso maschile).10
1.3. Non tutte le imprese possono essere soggette a trasferimento…
Non vi è contraddizione tra un certo tasso di mortalità delle imprese e la loro sostituzione con nuove
imprese, da un lato, e un’economia innovativa e in espansione dall’altro. Non tutte le imprese sono
trasferibili. Il trasferimento di un’impresa pone un problema particolare nei settori in recessione o in
ristrutturazione.
Inoltre, il trasferimento è più difficile per le piccole imprese e per quelle il cui proprietario svolge
un ruolo dominante. In futuro, vedremo più trasferimenti a terzi. Ma non è facile
trovare un successore al di fuori della famiglia. Il gruppo di età più attivo per la creazione di
un’impresa si ridurrà nel corso dei prossimi decenni. Inoltre, meno della metà degli europei intende
svolgere un’attività autonoma: la maggioranza preferisce un lavoro dipendente. Infine, malgrado i
vantaggi rappresentati dall’acquisizione di un’impresa esistente (strutture di produzione già
disponibili, rete di clientela, notorietà della società, ecc.), anche le persone interessate ad una
carriera di imprenditore preferiscono spesso creare loro stesse una nuova società.
162
1.4. … ma i trasferimenti riusciti offrono un grande potenziale di crescita e di
occupazione.
Quando le imprese falliscono unicamente a causa di problemi collegati alla fase di trasferimento, il
capitale economico come il know-how, i contatti stabiliti ed altri beni immateriali viene perduto,
scompaiono posti di lavoro e la crescita economica è indebolita.
Un fallimento nel trasferimento di proprietà di imprese competitive è particolarmente
pregiudizievole nelle regioni che già subiscono un declino economico o nelle regioni rurali, nelle
quali la scomparsa di una sola impresa può essere sufficiente a distruggere il tessuto economico.
Un tasso di riuscita più elevato nei trasferimenti avrà invece effetti benefici immeditati
sull’economia europea. In media le imprese esistenti mantengono cinque posti di lavoro mentre una
nuova impresa ne genera solo due11. Inoltre il tasso di riuscita delle imprese trasferite è più elevato
di quello delle imprese di nuova creazione.
La presente comunicazione ricorda agli Stati membri quanto sia importante creare le condizioni
adeguate per il trasferimento di imprese. Rende conto delle iniziative precedenti e attuali della
Commissione europea e degli Stati membri in questo settore e mette in luce un certo numero di
buone prassi. Trae inoltre conclusioni su ciò che gli Stati membri e la Commissione europea
possono fare ancora per aumentare il tasso di successo dei trasferimenti di imprese nel prossimo
futuro.
2. L’ATTUAZIONE DELLA RACCOMANDAZIONE DEL 1994 DA PARTE DEGLI STATI MEMBRI.
2.1. I progressi sono ancora insufficienti.
Nella sua comunicazione del luglio 1994, la Commissione europea ha identificato quattro problemi
tipici dei trasferimenti: (1) garantire la continuità delle società di persone e delle imprese
individuali; (2) preparare i trasferimenti attraverso l’adozione della forma giuridica meglio
adeguata; (3) incoraggiare i trasferimenti a terzi e (4) facilitare i trasferimenti nell’ambito della
famiglia tramite adeguate misure fiscali.12 Nel dicembre 1994, la Commissione ha pubblicato una
raccomandazione sul trasferimento delle piccole e medie imprese13 nella quale invita gli Stati
membri:
• a incoraggiare le iniziative volte a sensibilizzare, informare e formare i capi di imprese, in modo
da garantire una preparazione in tempo utile dei trasferimenti;
• offrire un ambiente finanziario che favorisca la riuscita del trasferimento;
• prevedere possibilità giuridiche per ristrutturare un’impresa prima del suo trasferimento;
163
• stabilire i principi giuridici che consentano di garantire la continuità della società di persone e
delle imprese individuali in caso di decesso di uno dei soci o dell’imprenditore;
• favorire la sopravvivenza dell’impresa mediante un’adeguata tassazione della successione
e della donazione;
• incoraggiare fiscalmente l’imprenditore a vendere la sua impresa a terzi.
Nel 1998, la Commissione ha incoraggiato in una seconda comunicazione gli Stati membri a
intensificare i loro sforzi, in particolare semplificando la legislazione e le formalità amministrative,
prevedendo riduzioni fiscali adeguate e facilitando l’accesso al sostegno finanziario in caso di
acquisizione di un’impresa.14 Nel 2000, un gruppo di esperti nominato dagli Stati membri ha
constatato che meno della metà delle raccomandazioni del 1994 aveva prodotto misure concrete. Il
gruppo ha raccomandato di moltiplicare gli sforzi per creare mercati per i trasferimenti a terzi,
sviluppare migliori strumenti di formazione e intensificare la ricerca sulle questioni connesse ai
trasferimenti15. Secondoquesta relazione, i trasferimenti di imprese dovrebbero ricevere la stessa
attenzione politicadelle creazioni di imprese, e il trasferimento a terzi dovrebbe essere agevolato e
occorrerebbe adottare ulteriori misure per incoraggiare una pianificazione per i trasferimenti in
tempo utile.16
Vi è oggi ulteriore spazio per miglioramenti: come indica la tabella allegata, solo il 55% dei settori
d’azione raccomandati nel 1994 sono stati interessati da misure di attuazione (vecchi Stati membri
60%, nuovi Stati membri 45%, ogni colonna rappresenta una raccomandazione del 1994). Nei nuovi
Stati membri risulta un maggior numero di soluzioni efficienti per quanto riguarda il diritto
societario, forse per il fatto che tale branca del diritto è stata creata solo recentemente nella maggior
parte di questi paesi ed ha quindi potuto basarsi su esempi efficaci. I vecchi Stati membri hanno
adottato un maggior numero di misure di sostegno, sono più attivi in materia di sensibilizzazione e
garantiscono un quadro più favorevole per le vendite ai dipendenti.17
2.2. Gli sforzi di sensibilizzazione devono essere intensificati.
La preparazione di un trasferimento di proprietà è complessa, prende tempo ed è spesso rimandata a
causa delle pressanti esigenze della quotidianità. In particolare i proprietari che hanno creato la loro
impresa aspettano quanto più tempo possibile per timore che la perdita del controllo dell’impresa
non rechi pregiudizio al loro status nell’ambito della società e della famiglia.
Circa la metà dei paesi dell’UE hanno introdotto misure di sensibilizzazione e creato istituti
incaricati dell’informazione e della formazione in materia di trasferimento d’impresa (tabella,
colonna 2). Questo non è tuttavia sufficiente vista la centrale importanza del tema. Queste misure
164
saranno particolarmente efficaci se sono mirate su imprese particolari come avviene nei Paesi Bassi
e in Austria, paesi nei quali le camere di commercio inviano a tutti i proprietari di imprese che
hanno superato una certa età una lettera nella quale si sottolinea che il trasferimento di un’impresa
deve essere preparato in tempo utile. È inoltre necessario fare comprendere ai nuovi imprenditori
potenziali che l’acquisizione di un’impresa esistente può essere in molti casi un’alternativa
interessante alla creazione di un’impresa.
2.3. L’ambiente finanziario spesso non è favorevole.
Il trasferimento di un’impresa richiede in generale più capitali della creazione di un’impresa poiché
occorre pagare non solo gli attivi materiali e finanziari, ma anche i rapporti con i clienti e i fornitori,
la reputazione, le aspettative di utili futuri, ecc. Gli strumenti finanziari previsti per la creazione di
imprese non sono sempre sufficienti a finanziare un trasferimento di proprietà.
Quando una piccola impresa è trasferita a una persona privata o a un’altra piccola impresa, non
esistono generalmente garanzie particolarmente importanti e il rimborso del debito connesso al
trasferimento dipende unicamente dalla liquidità dell’impresa. È quindi necessario esaminare da
vicino la situazione dell’impresa e ciò genera costi di transazione relativamente elevati. Le banche
ritengono spesso che i costi e i rischi siano sfavorevoli rispetto al volume del finanziamento, in
particolare per le piccole imprese.
Per le imprese di medie dimensioni, il finanziamento adeguato sarà spesso una combinazione di
capitali propri, di finanziamento mezzanino e di debito, tenuto conto degli interessi delle parti
interessate e dei limiti di rimborso dell’impresa. Accade a volte che non si riesca ad individuare una
soluzione su misura entro il tempo necessario a mantenere in funzione un’impresa potenzialmente
in grado di sopravvivere. Con il nuovo programma per la competitività e l’innovazione, la
Commissione ha proposto di sostenere la fornitura diretta di capitali quasi propri (finanziamento
mezzanino) e di garanzie per ripartire il rischio di tali transazioni. L’iniziativa della Commissione
“Joint European Resources for Micro to Medium Enterprises” aiuterà le autorità responsabili per i
programmi di coesione a colmare le lacune nell’elaborazione di ingegneria finanziaria. Per aiutare a
finanziare i trasferimenti, prestiti a tasso d’interesse ridotto vengono proposti in Belgio e in
Lussemburgo. In Danimarca, in Francia e in Austria, esistono garanzie di prestito che diminuiscono
il premio di rischio. In Irlanda, sono disponibili esoneri per l’investimento, compreso il
trasferimento di proprietà delle imprese. Misure più indirette sono i servizi di consulenza e le basi di
dati gestite dalle banche, che aiutano a valutare meglio il valore di un’impresa. Dei 25 paesi dell’UE
meno della metà forniscono un’assistenza finanziaria diretta o indiretta al fine di promuovere i
165
trasferimenti d’impresa (tabella, colonna 3). Le misure personalizzate per i trasferimenti sono rare;
gli aiuti alle creazioni di imprese possono in generale essere utilizzati anche per finanziare i
trasferimenti.
2.4. La ristrutturazione di un’impresa per preparare un trasferimento non presenta
gravi problemi.
Soprattutto nelle piccole imprese il legame tra l’impresa e l’imprenditore titolare è spesso
particolarmente stretto ed è quindi opportuno che un cambio di struttura avvenga prima del
trasferimento. Il successore può inoltre ritenere utile modificare la forma giuridica per adeguarla al
nuovo processo di adozione delle decisioni o al numero di proprietari/dirigenti. Il successo di un
trasferimento è notevolmente minacciato se un cambio di forma giuridica richiede la liquidazione
dell’impresa.
Nella grande maggioranza dei paesi dell’UE, esistono misure che consentono di modificare la forma
giuridica dell’impresa e in particolare di agevolare la sua costituzione in società di capitali (tabella,
colonna 4). Le disposizioni di questo tipo sono sia integrate in modo esplicito nella legge, sia
dedotte a partire da principi giuridici generali.
La ristrutturazione giuridica di un’impresa può comportare oneri finanziari supplementari (ad
esempio imposta sulle plusvalenze, imposta sulle società) o il pagamento di spese di registrazione e
di imposte di registro. La direttiva 90/434/CEE del Consiglio (direttiva “Fusioni”) prevede il riporto
dell’imposizione sulle plusvalenze ma si applica unicamente alle ristrutturazioni transfrontaliere e
non alle ristrutturazioni interamente nazionali, né alla trasformazione di un’impresa individuale in
una società a responsabilità limitata. Le agevolazioni fiscali sono inoltre soggette a talune
condizioni, ad esempio gli attivi trasferiti devono rimanere effettivamente connessi alla stabile
organizzazione situata nello Stato membro della società trasferita. Infine, questa direttiva non
disciplina le imposte indirette sui trasferimenti di proprietà come i diritti di registro sul
trasferimento di attivi immobiliari.
Queste ultime imposte sono state identificate dallo studio del 2001 sulla fiscalità delle imprese18
come un ostacolo grave alle ristrutturazioni, nella misura in cui l’impresa può essere obbligata a
pagare fino al 10% del valore degli attivi immobiliari. Un numero relativamente importante di paesi
hanno adottato disposizioni al fine di alleggerire gli oneri nel quadro di un trasferimento (tabella,
colonna 5).
166
2.5. È oggi più facile creare una piccola impresa sotto forma di società a responsabilità limitata.
La società a responsabilità limitata presenta numerosi vantaggi in caso di trasmissione. Questo tipo
di società è giuridicamente indipendente dal proprietario e non cessa di esistere alla morte di
quest’ultimo. È inoltre più facile ripartire le azioni tra gli eredi in funzione della loro quota
nell’eredità ed è possibile riacquistare azioni per concentrare il potere di decisione e risarcire gli
eredi non interessati all’impresa.
Per le piccole imprese, è possibile che le procedure di gestione estremamente rigide applicabili alle
società a responsabilità limitata siano eccessivamente vincolanti (ad esempio numero minimo di
azionisti, elevato capitale minimo richiesto, obbligo di creare un consiglio di amministrazione,
formalità riguardanti le assemblee generali e requisiti relativi alla contabilità, ai controlli e alle
interazioni). Quattordici paesi dell’UE dichiarano di avere adottato semplificazioni specifiche per le
piccole società a responsabilità limitata (tabella, colonna 6).
Rispetto alla situazione esistente al momento in cui è stata adottata la raccomandazione della
Commissione, è ormai possibile nella maggior parte dei paesi creare una piccola impresa come
impresa a responsabilità limitata o anche come società anonima con un solo membro (o al massimo
due). Questa evoluzione segna un netto miglioramento. In molti paesi, le norme riguardanti ad
esempio la contabilità sono state semplificate, in particolare per le imprese di dimensioni
particolarmente piccole e per le imprese che non hanno azioni quotate in borsa (tabella, colonna 7).
2.6. La continuità delle società di persone può essere garantita mediante un contratto di società?
In generale, le società di persone sono sciolte in conseguenza del decesso di uno dei soci ma è
generalmente possibile garantire continuità mediante un adeguato contratto di società, che prevarrà
anche sulla volontà individuale di un partner in caso di disaccordo (tabella, colonna8).
Se un’impresa è trasferita a più di un erede, possono esservi interessi divergenti in merito alla
decisione di mantenere o liquidare l’impresa. In Lettonia e in Austria, non è obbligatorio che tutti
gli eredi siano unanimemente favorevoli al mantenimento in attività dell’impresa, e anche nei pochi
paesi nei quali sembra essere sufficiente una decisione a maggioranza è necessario rispettare alcune
condizioni. In linea generale, i sistemi giuridici privilegiano il diritto del singolo erede piuttosto che
la continuità dell’impresa (tabella, colonna 9).
Uno dei mezzi per garantire la continuità dell’impresa in caso di decesso del proprietario è il
contratto di successione. Anche se questo tipo di contratto si è rivelato estremamente utile in alcuni
167
paesi, è ancora vietato nella maggior parte degli altri. Solo la Spagna, la Francia, la Lettonia,
l’Ungheria, Malta, l’Austria e la Finlandia hanno indicato che questo tipo di accordo è consentito.
2.7. Le imposte di successione sono abolite o ridotte in molti paesi.
Quando le imposte di successione sottraggono liquidità e attivi dell’impresa, queste entrate fiscali a
breve termine possono essere più che bilanciate dalle perdite di entrate a lungo termine risultanti
dalla chiusura di un’impresa. L’Estonia, l’Italia, Cipro, la Slovacchia e la Svezia hanno abolito le
tasse di successione. In Spagna, in Irlanda e in Finlandia la base imponibile può essere ridotta se
l’impresa è trasferita e mantenuta in attività per molti anni.
Nel Regno Unito, il trasferimento del capitale di gestione può essere completamente esonerato.
Altri paesi prevedono quote esenti da imposta o altre agevolazioni fiscali. 21 paesi hanno abolito
l’imposta di successione sui trasferimenti di imprese o concedono un trattamento preferenziale al
fine di ridurre il carico fiscale (tabella, colona 10). Oltre alla riduzione del debito fiscale,
un’eccessiva riduzione del capitale di gestione può essere evitata anche consentendo di rinviare il
pagamento delle imposte di successione e/o di ripartire il loro pagamento su un periodo più lungo.
Tali possibilità sono dichiarate da 18 paesi (tabella, colonna 11).
2.8. Vi sono poche agevolazioni fiscali in caso di vendita a terzi.
Per non scoraggiare il trasferimento a terzi, i sistemi fiscali devono riconoscere che gli utili
imponibili provenienti dalla vendita rappresentano un aumento di valore che ha avuto luogo
nell’arco di un lungo periodo di tempo. Meno della metà dei paesi hanno introdotto soluzioni volte
ad evitare un’esagerata imposizione progressiva dei redditi personali in rapporto a tali utili (tabella,
colonna 12), ad esempio esoneri fiscali (sino a una certa soglia) in Francia e Irlanda, riduzioni dei
tassi d’imposizione (Belgio, Germania, Austria) o agevolazioni per quote decrescenti (Regno
Unito). Queste disposizioni sono spesso soggette a speciali condizioni (età minima del venditore,
trattamento di favore specifico concesso una sola volta).
Un trasferimento tramite vendita può portare alla luce riserve soggette a imposta. Solo un piccolo
numero di paesi prevede agevolazioni fiscali specifiche sul reddito nel caso in cui i ricavi di una
vendita siano reinvestiti in un’altra impresa. Alcune agevolazioni esistenti sono persino state abolite
(tabella, colonna 13). La direttiva “Fusioni” prevede il riporto delle riserve, ma il campo di
applicazione di tale direttiva è limitato alle ristrutturazioni transfrontaliere (vedi sopra). Inoltre, la
168
direttiva esclude ad esempio i trasferimenti per i quali più del 10% del prezzo d'acquisto è pagato in
contanti.
Se non è possibile trovare un successore nella famiglia, il trasferimento ai dipendenti può spesso
garantire la continuità dell’impresa. Tuttavia, solo alcuni Stati membri incoraggiano questo tipo di
trasferimento mediante agevolazioni fiscali specifiche sul reddito (tabella, colonna 14). Quando
esistono, queste misure sono concepite in generale per favorire la partecipazione finanziaria dei
dipendenti piuttosto che i trasferimenti di imprese.
3. RACCOMANDAZIONI PER I FUTURI LAVORI.
Le successive raccomandazioni rinforzano quelle del 1994 laddove i progressi risultano insufficienti
e riflettono i cambiamenti del contesto economico avvenuti nel corso dell’ultimo decennio.
3.1. Concentrare l’attenzione politica sia sui trasferimenti di proprietà che sulle creazioni di
imprese.
Dal momento che le imprese trasferite hanno in media un tasso di successo più elevato e generano
più posti di lavoro delle nuove imprese, la successione o l’acquisizione di un’impresa esistente
dovrebbe essere promossa sistematicamente quale alternativa alla creazione di imprese. È
opportuno chiedersi, per qualunque misura di sostegno alla creazione di imprese, se la stessa
iniziativa non potrebbe applicarsi anche ai trasferimenti. In alcuni paesi, può sembrare più urgente
per il momento favorire le creazioni di imprese, ma anche la predisposizione di condizioni volte ad
agevolare la continuità delle imprese costituisce un incentivo alle attività imprenditoriali.
3.2. Garantire adeguate condizioni finanziarie.
La promozione delle successioni riguarda in particolare il finanziamento dei trasferimenti di
imprese. Gli aiuti alla creazione di imprese, i prestiti e le garanzie dovrebbero essere disponibili non
solo per creare una nuova impresa ma anche per riprendere un’impresa esistente. Occorre inoltre
tener conto, nel dimensionare gli strumenti, che le imprese trasferite richiedono spesso più
finanziamenti delle nuove imprese.
Considerando la crescente importanza dei trasferimenti a terzi, le garanzie per i capitali proprio i
capitali quasi propri nelle PMI dovrebbero comprendere gli investimenti dei fondi locali o regionali
che forniscono il capitale iniziale e/o di avvio, nonché il finanziamento mezzanino, al fine di ridurre
le difficoltà che incontrano le PMI a causa della loro struttura finanziaria e dei problemi connessi ai
169
trasferimenti (in questo contesto, vedi l’articolo 18, punto 2, del programma proposto per
l’innovazione e la competitività attualmente in discussione dinanzi al Parlamento europeo e al
Consiglio).
3.3. Aumentare la sensibilizzazione, tenere conto dei fattori qualitativi (“soft”) e incoraggiare il
tutorato (“mentoring”).
Numerosi insuccessi avrebbero potuto essere evitati se i trasferimenti fossero stati pianificati con
sufficiente anticipo e se fosse stato richiesto il parere di specialisti. Gli Stati membri dovrebbero
sostenere o organizzare attività (ad esempio attraverso le camere di commercio) al fine di
sensibilizzare i proprietari di imprese sulla necessità di una preparazione in tempo utile. Gli Stati
membri dovrebbero prevedere in particolare approcci diretti come l’invio di lettere personalizzate ai
proprietari di imprese che hanno superato una certa età. Inoltre, gli interlocutori importanti delle
piccole imprese (consulenti fiscali, contabili, banche, ecc.) dovrebbero essere inseriti nelle
campagne di sensibilizzazione.
Specialmente per i fondatori delle imprese è difficile dal punto di vista psicologico passare la mano
e assistere alle modifiche introdotte dai nuovi proprietari. Un tutoraggio di terzi neutri e informati
può aiutare a superare queste difficoltà. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente e
sostenere i sistemi di tutoraggio proposti ad esempio dalle camere di commercio e dell’artigianato e
da organismi simili.
Come ha chiesto il Parlamento europeo, la Commissione prenderà in considerazione il lancio di un
progetto pilota “Trasferimento di competenze mediante tutorato nelle PMI” al fine di migliorare la
gestione delle risorse umane stabilendo i principi di una formazione europea e di un programma di
tutoraggio che comporta il trasferimento delle conoscenze e delle competenze fondamentali ed
essenziali per la trasmissione delle imprese.19
3.4. Organizzare mercati trasparenti per i trasferimenti di proprietà delle imprese.
Al fine di facilitare i trasferimenti a terzi, i contatti tra gli acquirenti potenziali e i venditori
dovrebbero essere favoriti attraverso la predisposizione e il sostegno di servizi imparziali per le
parti interessate. Questi servizi devono andare al di là della semplice creazione di una base di dati
per le imprese trasferibili e comprendere un servizio di mediazione globale al fine di garantire
trasferimenti ordinati e ben strutturati in uno spirito di partnership.
170
Il progetto MAP 2004 “Favorire mercati trasparenti per il trasferimento di imprese” esamina le
buone prassi nell’ambito dei sistemi esistenti di contatto tra gli acquirenti e i venditori per il
trasferimento di PMI a terzo. Ad esempio, in Germania, in Francia, in Italia, in Lussemburgo, nei
Paesi Bassi e in Austria esistono mercati gestiti dalle camere di commercio o da istituzioni
imparziali simili.
3.5. Garantire che i sistemi fiscali siano favorevoli ai trasferimenti di proprietà.
In un certo numero di paesi, le imposte sulle successioni e le donazioni sono state riformate al fine
di agevolare i trasferimenti nell’ambito della famiglia. Per quanto riguarda le imposte che
colpiscono i trasferimenti ai terzi, vale a dire l’imposta sui redditi personali, l’imposta sulle società,
l’imposta sulle plusvalenze, solo alcuni paesi sembrano aver seguito le raccomandazioni del 1994; a
volte alcune misure sono state persino abolite. Si raccomanda di prevedere esoneri (parziali) per
l’imposta sul reddito per quanto riguarda gli utili derivanti dalla vendita di un’impresa se il
proprietario si avvicina all’età del pensionamento, nonché agevolazioni specifiche per i redditi
reinvestiti in un’altra impresa o utilizzati per finanziare il ritiro del proprietario dell’impresa.
Occorrerebbe fare di più per incoraggiare la vendita delle imprese ai dipendenti. In particolare, sono
stati applicati con successo in alcuni paesi esoneri fiscali per gli investimenti dei dipendenti nella
propria impresa (piani di risparmio, piani di azioni e piani di opzioni per l’acquisto di azioni con
vantaggi fiscali).
3.6. Creare le strutture adeguate per una generale attuazione delle raccomandazioni.
Solo gli Stati membri, le loro amministrazioni nazionali, regionali e locali, nonché le organizzazioni
di sostegno alle imprese possono creare le condizioni adeguate per garantire il successo dei
trasferimenti di imprese. Oltre alle riforme delle leggi e dei regolamenti, sarà importante la
creazione di un’infrastruttura di sostegno in grado di raggiungere le centinaia di migliaia di imprese
in Europa che dovranno affrontare nel corso dei prossimi anni un trasferimento. Questa
infrastruttura comprende la diffusione dell’informazione agli amministratori e a coloro che
garantiscono il sostegno, la formazione dei formatori, lo sviluppo di materiale didattico, kit di
strumenti e numerose attività collegate.
171
172
Note.
1
Commissione europea (2005), Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona,
comunicazione al Consiglio europeo di primavera, COM(2005)24.
2 Commissione
europea (2005), Attuare il programma comunitario di Lisbona. Una politica moderna a favore delle PMI
per la crescita e l’occupazione, COM(2005)551.
3 Informazioni
4 Institut
5
ricavate dalla relazione del progetto BEST sui trasferimenti di proprietà delle PMI, 2002.
für Mittelstandsforschung, Bonn, 2005.
Vilain (2004), La transmission des PME artisanales, commerciales, industrielles et de services, avis et rapport du
conseil économique et social.
6 Seminario
7 Mandl,
Europeo sul Trasferimento di Imprese, Vienna 23 e 24 settembre 2002, Relazione Finale.
(2004), Trasferimenti di imprese e successioni in Austria, Atti della 27a Conferenza nazionale dell’Istituto delle
piccole imprese.
8
Generationsskiften I företag – Problemanalys av vilka effekter förväntas av kommande generationsskiften företag,
2004.
9 Passing
the baton – encouraging successful business transfer – Evidence and key stakeholder opinion, 2004.
10 Keese,
D. (2002), Geschlechtsspezifische Nachfolgeprobleme in kleinen und mittleren Unternehmen,
in: Wirtschaftspsychologie, vol. 4, pp. 34-38.
11 Relazione
12
sul progetto BEST sul trasferimento delle piccole e medie imprese, maggio 2002.
Comunicazione della Commissione sul trasferimento di imprese. Azioni a favore delle PMI, GU C 204, del
23.7.1994, pagg. 1-23.
13
Raccomandazione della Commissione sul trasferimento delle piccole e medie imprese, GU L 385 del 31.12.1994,
pagg. 14-17.
14 Comunicazione
della Commissione sul trasferimento delle piccole e medie imprese, GU C 93 del 28.3.1998, pagg. 2-
21.
15 Relazione
sul progetto BEST sul trasferimento delle piccole e medie imprese, maggio 2002.
16 Commissione
17 Queste
europea (2003), relazione finale del progetto MAP 2002, agosto 2003.
valutazioni devono essere interpretate con prudenza poiché l’efficacia delle varie misure non è
comparabile.
18 SEC
(2001) 1681, La fiscalità delle imprese nel mercato interno.
19 Linea
di bilancio del PE 02 02 03 03, progetto pilota ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 2, del
regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del 25.6. 2002 che stabilisce il regolamento finanziario
applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
173
Documento 3 – Indagini prese come riferimento per lo studio preparatorio.
9 CAMERA DI COMMERCIO DI MANTOVA - Servizio studi e informazione statistica
economica, 2006
"I giovani imprenditori mantovani e la successione d’impresa. Approfondimenti, interviste ed
un’indagine sui giovani imprenditori agricoli.”
9 UNINDUSTRIA PADOVA GGI e DSE – Unione degli industriali della Provincia di Padova,
Gruppo Giovani Imprenditori in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche “M.
Fanno” dell’Università degli Studi di Padova, Giugno 2002
“Imprese al buio. Investire nella successione imprenditoriale come vantaggio competitivo.”
Documento 4 - Guida d’intervista.
Passaggio generazionale.
1. Apriamo la discussione dal primo dei due blocchi tematici presenti nel questionario, il
passaggio generazionale: dirigi già autonomamente l’azienda di famiglia?
- Credi che in futuro ci sarà sempre una suddivisione dei compiti?
- Perciò tutta la famiglia lavora in azienda assieme, non c’è un vero e proprio “passaggio
generazionale”?
2. In quali ambiti dell’azienda ritieni che i giovani debbano portare innovazione?
- Ci sono casi in cui i senior lasciano aree di competenza ai giovani?
- Quali cambiamenti i senior faticano a comprendere?
- Sui cambiamenti a vostro avviso si sta verificando qualcosa di forte che i senior non
capiscono?
3. I senior hanno in genere l’ultima parola; sono loro che decidono anche per quanto riguarda il
settore di cui ti occupi?
4. Altre cose sulla gestione? Voi volete portare avanti l’attività di famiglia?
Il futuro dei Giovani Albergatori Trentini.
1. Qual’è a vostro parere il ruolo del Gruppo dei Giovani Albergatori del Trentino locale?
2. Come vedete il Gruppo Giovani Albergatori da qui a 2/3 anni, volete essere soltanto un gruppo
di amici, oppure occuparvi anche del sindacale o di cose più tecniche?
174
Documento 5 – Questionario.
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Il questionario è anonimo; ti si chiede di scegliere tra ‘Sì o No’ oppure tra le varie alternative proposte.
Indica con una X la scelta fatta.
A. PASSAGGIO GENERAZIONALE
A1. Lavori attualmente in azienda?
Sì
No
A2. Se sì con che forma?
Dipendente
Collaboratore familiare
Socio
Sì, con il supporto dei miei genitori
No
A3. Dirigi già l’azienda?
Sì, autonomamente
A4. Se già dirigi l’azienda, come si è svolto/si sta svolgendo il passaggio dalla gestione dei tuoi
genitori alla tua? (Indica una sola risposta)
I miei genitori sono stati per lungo tempo restii a delegarmi attività
Si è protratto per lungo tempo nonostante i miei genitori sembrassero disponibili a delegarmi attività
All’improvviso, non c’è stata gradualità
Con un’elevata propensione alla delega ed orientamento al futuro da parte dei miei genitori
Ho preteso io stesso di poter dirigere autonomamente l’azienda
Altro…
A5. Se non è così, pensi che in futuro dirigerai in prima persona l’azienda di famiglia?
Sì
No
Non so
175
A6. Se sì tra quanti anni?
1
2
3
4
5
6
7
8
9
A7. Se intendi dirigere l’azienda, o comunque sei indeciso, pensi di avere le conoscenze
necessarie per farlo?
Sì
No
A8. Se no, quali temi desidereresti approfondire partecipando a seminari o corsi di
formazione/stage?
(Dai dei voti da 1 a 9: 1 la proposta non ti piace per niente, 6 la proposta è sufficientemente valida, 9 la
proposta ti piacerebbe molto)
- Nuove modalità di gestione
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Strategie di marketing
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Analisi e gestione dei costi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Studi di fattibilità economico – finanziari
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Creazione di consorzi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Esperienza diretta di gestione di altre aziende turistiche europee
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Altro…
1
2
3
4
5
6
7
8
9
A9. Se non intendi gestire direttamente l’azienda, quale pensi possa essere il suo futuro?
Sarà venduta
Verrà affittata
Verrà gestita da un direttore
A10. Ritieni sia necessario introdurre cambiamenti, cioè portare innovazione nella tua azienda?
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
A11. Se sì, quali ritieni siano le innovazioni che si potrebbero apportare nella gestione della tua
azienda?
(Dai dei voti da 1 a 9: 1 la proposta non ti piace per niente, 6 la proposta è sufficientemente valida, 9 la
proposta ti piacerebbe molto)
-
Indagini sulla soddisfazione del cliente, customer satisfaction
-
Identificare strategie di marketing (prezzo, distribuzione, promozione,…) per incrementare le vendite
1
2
3
4
5
6
7
8
9
1
2
3
4
5
6
7
8
9
-
Instaurare rapporti di lavoro duraturi con i dipendenti
1
2
3
4
5
6
7
8
9
-
Formazione continua dei dipendenti
1
2
3
4
5
6
7
8
9
-
Creare network di imprese coinvolte in circuiti di domanda-offerta turistica
1
2
3
4
5
6
7
8
9
-
Esternalizzazione di servizi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
-
Azioni di marketing che rafforzino la fedeltà del cliente
1
2
3
4
5
6
7
8
9
A12. Ritieni sia ancora valido il modello di gestione dell’azienda della tua famiglia?
Per niente
Poco
Abbastanza
176
Molto
Moltissimo
B. IL FUTURO DEI GIOVANI ALBERGATORI TRENTINI (GAT)
B1. Ritieni utile l’attivazione di una sezione Giovani Albergatori locale?
Sì
No
B2. Se sì, come la vedi ?
(Dai dei voti da 1 a 9: 1 la proposta non ti piace per niente, 6 la proposta è sufficientemente valida, 9 la
proposta ti piacerebbe molto)
- Come un gruppo di amici che si incontra e organizza attività ludiche
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Come un gruppo di figli di imprenditori che si confronta su temi di interesse comune
1
2
3
4
5
6
7
8
9
1
2
3
4
5
6
7
8
9
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Come un gruppo di futuri dirigenti che necessita di una formazione adeguata
- Altro…
B3. Ritieni sia utile poter esprimere la tua opinione circa la strada che il gruppo giovani
Sì
No
dovrebbe intraprendere?
B4. Quale ruolo a tuo avviso può giocare in futuro l’Associazione Albergatori in un “sistema
Trentino”?
(Dai dei voti da 1 a 9: 1 la proposta non ti piace per niente, 6 la proposta è sufficientemente valida, 9 la
proposta ti piacerebbe molto)
- Collaborare con altre categorie economiche attivando progetti condivisi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Collaborare attivamente con le istituzioni per la promozione del Trentino
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Partecipare alla definizione di progetti di sviluppo turistico
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Contribuire a sviluppare le relazioni tra attori dei sistemi turistici locali
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Impegnarsi soprattutto nel sindacale
1
2
3
4
5
6
7
8
9
- Altro…
1
2
3
4
5
6
7
8
9
DATI PERSONALI ANONIMI
Ti prego di indicare con una X:
Età:
18-24
M
Sesso:
Titolo di studio:
25-29
30-34
F
Scuola dell’obbligo
Superiori
Istituto alberghiero
Laurea
Ufficio Marketing ASAT
Aprile 2007
177
35-39
Documento 6 – Elaborazione dati questionario.
Rielaborazione dati questionario "Operazione Ascolto"
A. PASSAGGIO GENERAZIONALE
Lavori attualmente in azienda?
Validi
Sì
No
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
67
90,54
97,10
2
2,70
2,90
69
93,24
100,00
5
6,76
5
6,76
74
100,00
Se sì, con che forma?
Validi
Dipendente
Collab. familiare
Socio
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
12
16,22
17,65
22
29,73
32,35
34
45,95
50,00
68
91,89
100,00
6
8,11
6
8,11
74
100,00
Dirigi già l'azienda?
Validi
Sì, autonomamente
Affiancati dai genitori
No
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
14
18,92
20,00
39
52,70
55,71
17
22,97
24,29
70
94,59
100,00
4
5,41
4
5,41
74
100,00
Come si è svolto il passaggio dalla gestione dei tuoi genitori alla tua?
Validi
Genitori restii a delegare attività
Processo protrattosi per lungo
tempo
Senza gradualità
Propensione alla delega dei
genitori
Ho preteso di dirigere l'azienda
Altro
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
3
4,05
6,25
178
8
5
10,81
6,76
16,67
10,42
21
3
8
48
26
26
28,38
4,05
10,81
64,86
35,14
35,14
43,75
6,25
16,67
100,00
Totale
74
100,00
Se ancora non lo fai, pensi che in futuro dirigerai in prima persona l'azienda di
famiglia?
Perc.
Frequenza Percentuale valida
31
41,89
77,50
1
1,35
2,50
8
10,81
20,00
40
54,05
100,00
34
45,95
34
45,95
74
100,00
Validi
Sì
No
Non so
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Tra quanti anni pensi dirigerai in prima persona l'azienda di famiglia?
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
AxI
2
3
2
3
9
2
1
1
4
2
6
6
12
45
12
7
8
36
totale
risposte valide
media
134
27
4,96
Se dirigerai l'azienda, o sei indeciso, pensi di avere le conoscenze necessarie?
Perc.
Frequenza Percentuale valida
34
45,95
55,74
27
36,49
44,26
61
82,43
100,00
13
17,57
13
17,57
74
100,00
Validi
Sì
No
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Quali temi desidereresti approfondire partecipando a seminari o corsi di
formazione/stage?
Nuove modalità di gestione
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
AxI
0
1
0
0
5
9
8
0
2
0
0
25
54
56
179
8
9
9
15
72
135
totale
risposte valide
media
Strategie di marketing
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
344
47
7,32
AxI
0
1
0
0
3
6
9
6
26
0
2
0
0
15
36
63
48
234
totale
risposte valide
media
Analisi e gestione dei costi
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
398
51
7,80
AxI
0
0
0
2
5
4
15
4
20
0
0
0
8
25
24
105
32
180
totale
risposte valide
media
Studi di fattibilità economico-finanziari
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
totale
risposte valide
media
374
50
7,48
AxI
0
1
0
0
4
7
11
4
11
0
2
0
0
20
42
77
40
99
280
39
7,18
180
Creazione di consorzi
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
totale
risposte valide
media
AxI
2
2
4
1
5
5
3
5
2
2
4
12
4
25
30
21
40
18
156
29
5,38
Esperienza diretta di gestione di altre aziende turistiche europee
Frequenza
AxI
1
0
0
2
2
4
3
1
3
4
1
4
5
5
25
6
3
18
7
11
77
8
1
8
9
18
162
totale
risposte valide
media
301
42
7,17
Se non intendi gestire direttamente l'azienda, quale pensi possa essere il suo futuro?
Validi
Venduto
Affitto
Gestito da un direttore
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
0
0,00
0,00
4
5,41
50,00
4
5,41
50,00
8
10,81
100,00
66
89,19
66
89,19
74
100,00
Ritieni sia necessario portare innovazione nella tua azienda?
Validi
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
Totale
Mancanti Non risponde
Perc.
Frequenza Percentuale valida
0
0,00
0,00
0
0,00
0,00
39
52,70
59,09
23
31,08
34,85
4
5,41
6,06
66
89,19
100,00
8
10,81
181
Totale
8
74
Totale
10,81
100,00
Quali innovazioni si potrebbero apportare nella gestione della tua azienda?
Indagini di customer satisfaction
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
AxI
0
0
1
1
0
6
5
15
44
0
0
3
4
0
36
35
120
396
totale
risposte valide
media
Identificare strategie di marketing
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
594
72
8,25
AxI
0
0
1
0
3
6
6
13
14
0
0
3
0
15
36
42
104
126
totale
risposte valide
media
326
43
7,58
Instaurare rapporti di lavoro duraturi con i dipendenti
Frequenza
AxI
1
0
2
0
3
0
4
0
5
6
6
13
7
15
8
18
9
22
0
0
0
0
30
78
105
144
198
totale
risposte valide
media
555
74
7,50
182
Formazione continua dei dipendenti
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
AxI
5
2
1
5
8
11
20
7
4
5
4
3
20
40
66
140
56
36
totale
risposte valide
media
370
63
5,87
Creare network di imprese coinvolte in circuiti di domanda-offerta
turistica
Frequenza
AxI
1
2
2
2
2
4
3
2
6
4
2
8
5
6
30
6
17
102
7
14
98
8
13
104
9
10
90
totale
risposte valide
media
Esternalizzazione di servizi
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
444
68
6,53
AxI
1
2
4
7
15
13
12
7
8
0
4
12
28
75
78
84
56
72
totale
risposte valide
media
409
69
5,93
Azioni di marketing che rafforzino la fedeltà del cliente
Frequenza
AxI
1
0
2
1
183
0
2
3
4
5
6
7
8
9
0
0
3
5
13
18
21
0
0
15
30
91
144
189
totale
risposte valide
media
471
61
7,72
Ritieni sia ancora valido il modello di gestione dell'azienda della tua famiglia?
Validi
Per niente
Poco
Abbastanza
Molto
Moltissimo
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
0
0
0
3
4,05
5,56
21
28,38
38,89
24
32,43
44,44
6
8,11
11,11
54
72,97
100,00
20
27,03
20
27,03
74
100
B. IL FUTURO DEI GIOVANI ALBERGATORI TRENTINI
(GAT)
Ritieni sia utile l'attivazione di una sezione giovani albergatori locale?
Validi
Sì
No
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
71
95,95
95,95
3
4,05
4,05
74
100,00
100,00
0
0,00
0
0,00
74
100,00
Come vedi la sezione giovani albergatori locale?
Come un gruppo di amici che si incontra e organizza attività ludiche
Frequenza
AXI
1
3
3
2
3
6
3
3
9
4
6
24
5
5
25
6
12
72
7
16
112
8
10
80
9
6
54
184
totale
risposte valide
media
385
64
6,01
Come un gruppo di figli di imprenditori che si confronta su temi di interesse comune
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
0
0
4
1
4
5
0
0
6
5
30
7
19
133
8
17
136
9
26
234
totale
risposte valide
media
537
68
7,90
Come un gruppo di futuri dirigenti che necessita di una formazione adeguata
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
2
6
4
0
0
5
0
0
6
7
42
7
11
77
8
19
152
9
29
261
totale
risposte valide
media
538
68
7,91
Ritieni sia utile poter esprimere la tua opinione circa la strada che il gruppo giovani dovrebbe
intraprendere?
Validi
Sì
No
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
65
87,84
94,20
4
5,41
5,80
69
93,24
100,00
5
6,76
5
6,76
74
100
Quale ruolo a tuo avviso può giocare in futuro l'associazione albergatori in un "sistema
Trentino"?
Collaborare con altre categorie economiche attivando progetti condivisi
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
1
3
185
4
5
6
7
8
9
totale
risposte valide
media
1
0
12
15
18
27
4
0
72
105
144
243
571
74
7,72
Collaborare attivamente con le istituzioni per la promozione del Trentino
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
0
0
4
0
0
5
1
5
6
5
30
7
10
70
8
23
184
9
35
315
totale
risposte valide
media
604
74
8,16
Partecipare alla definizione di progetti di sviluppo turistico
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
0
0
4
2
8
5
2
10
6
2
12
7
13
91
8
26
208
9
29
261
totale
risposte valide
media
590
74
7,97
Contribuire a sviluppare le relazioni tra attori dei sistemi turistici locali
Frequenza
AXI
1
0
0
2
0
0
3
0
0
4
1
4
5
1
5
6
16
96
7
14
98
8
16
128
9
23
207
186
totale
risposte valide
media
Impegnarsi soprattutto nel sindacale
Frequenza
1
2
3
4
5
6
7
8
9
totale
risposte valide
media
538
71
7,58
AXI
5
1
9
3
9
19
11
10
6
5
2
27
12
45
114
77
80
54
416
73
5,70
DATI PERSONALI ANONIMI
Età
Validi
18-24
25-29
30-34
35-39
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
14
18,92
18,92
34
45,95
45,95
18
24,32
24,32
8
10,81
10,81
74
100
100
0
0
0
0
74
100
Sesso
Validi
Maschio
Femmina
Totale
Mancanti Non risponde
Totale
Totale
Perc.
Frequenza Percentuale valida
48
64,86
70,59
20
27,03
29,41
68
91,89
100
6
8,11
6
8,11
74
100
Titolo di studio
Validi
Scuola dell'obbligo
Superiori
Alberghiero
Laurea
Totale
Mancanti Non risponde
Perc.
Frequenza Percentuale valida
2
2,70
2,70
49
66,22
66,22
9
12,16
12,16
14
18,92
18,92
74
100
100
0
0
187
Totale
0
74
Totale
0
100
Documento 7 – Trascrizioni focus group.
TRASCRIZIONE
Focus Group Val di Fassa – 20.04.2007
M.B.: Discutiamo sui due blocchi tematici presentati nel questionario. Il primo riguardava il
passaggio generazionale.
-
Qualcuno di noi gestisce già in prima persona l’hotel, ma è sempre utile l’aiuto dei genitori. E’
importante il loro sostegno per avere “un occhio sui costi”, per la burocrazia e per stabilire i prezzi. E
poi è necessaria la formazione. Senza una guida è problematico decidere circa gli investimenti.
Sono importanti l’affiancamento dei genitori e la formazione (anche perché cambiano le modalità di
gestione).
-
E’ quasi impossibile gestire l’azienda da soli: si rischia di non avere più il contatto con il cliente. Non
si è più il “padrone di casa che parla con gli ospiti” ma solo il “titolare d’azienda che gestisce i
dipendenti”. Gestendo l’albergo affiancati dai genitori è possibile suddividere i compiti. Le persone si
specializzano.
M.B.: Quindi credi che in futuro ci sarà sempre una suddivisione dei compiti?
-
Sì, i giovani sono importanti soprattutto per quanto riguarda l’aspetto informatico e per ad esempio
controllare il bilancio (cosa che però può essere effettuato anche da esperti, attraverso
l’associazione).
-
Sono necessarie persone con esperienza: i giovani da subito lavorano in azienda ma spesso non
hanno le conoscenze di un manager o per l’utilizzo di nuove tecnologie. Sarebbero necessari corsi di
formazione. E’ impossibile gestire tutto da solo: è necessaria una divisione dei compiti.
M.B.: Quindi tutta la famiglia lavora, non c’è un vero e proprio “passaggio generazionale”?
-
I genitori ci sono sempre in azienda; magari non fanno più le cose che a loro piacciono meno.
-
Nell’azienda di famiglia comunque fai un po’ di tutto, poi magari ti specializzi in un determinato
settore.
-
I giovani devono portare novità e fantasia in azienda (i senior non lo fanno più).
M.B.: In quali ambiti?
-
Un po' in tutti i settori.
-
Il passaggio generazionale risulta dilazionato nel tempo anche perché le nostre sono aziende mediopiccole, quindi devi coprire un po’ tutte le aree dell’hotel.
-
Più che di passaggio parliamo di collaborazione intergenerazionale. Il senior ha esperienza e può
dare indicazioni importanti (su eventuali problemi che si potrebbero presentare). Sia i giovani che i
genitori sono risorse per l’azienda.
M.B.: Ci sono casi in cui i senior lasciano aree di competenza ai giovani?
- E’ possibile… spesso però è difficile far capire ai senior i cambiamenti.
M.B.: Quali cambiamenti?
188
- Ad esempio investimenti strutturali (non riesco a far capire a mio papà che l’hotel è vecchio) oppure
lasciare che sia il giovane a fare il conto al cliente (il senior si occupa sempre della cassa). Forse il
problema è che i senior non ci vedono pronti a gestire altri debiti, altri servizi,…
M.B.: Relativamente alle innovazioni a vostro avviso si sta verificando qualcosa di forte che i
senior non capiscono?
- Nel mio caso abbiamo un campeggio e siamo in cinque in famiglia, cinque soci. Le decisioni vengono
prese in modo democratico. Ognuno dice quello che pensa. E’ un buon modo per decidere. Siamo
cinque persone che lavorano in cinque aree diverse del campeggio.
Le decisioni sono state prese così da quando abbiamo iniziato l’attività assieme, è avvenuto in modo
naturale ed automatico.
Nel suo particolare ambito ognuno ha libertà di azione per le cose meno importanti.
Mio padre è la figura di riferimento ed è sempre interessato a quanto proposto dai giovani.
-
Credo che questo sia l’unico modo per andare d’accordo.
-
Per me invece è diverso: ho un “PAPA’ CAPO-FAMIGLIA”.
-
Anche per me è così.
M.B.: E’ così anche per quanto riguarda il settore di cui ti occupi?
- Io porto le mie proposte, che poi vengono valutate.
- Ovviamente se sei ascoltato sei più motivato a lavorare, altrimenti non ti appassioni.
- E non ti senti più un datore di lavoro, ma un dipendente.
- Io posso esprimere la mia idea ed in molti casi è accettata. Discuto più che altro con mio papà e
assieme decidiamo. Per quanto riguarda animazione ed intrattenimento le cose le propongo io e poi
sono io a metterle in atto.
M.B.: Altre cose sulla gestione? Voi volete portare avanti l’attività di famiglia?
- Chi è qui oggi ovviamente è interessato a proseguire con l’attività.
M.B.: Come vedete il Gruppo Giovani Albergatori da qui a 2/3 anni, volete essere soltanto un
gruppo di amici, oppure vorreste occuparvi anche del sindacale o di cose più tecniche?
- Lavoro in sala d’estate e d’inverno faccio il maestro di sci: non ho tempo per seguire l’ufficio e la
burocrazia. Dovesse essere necessario occuparsi anche di quello dovrei imparare e allora magari
assumere un’altra persona che si occupa del bar, … prendere un altro dipendente. Potrebbe essere una
buona idea quella di appoggiarsi ai GAT per snellire gli adempimenti.
- Penso che nessuno voglia lavorare senza l’aiuto dei genitori: grazie alla loro presenza ognuno si
occupa delle cose che più lo appassionano. A me piace proporre cose nuove. Ognuno deve fare il lavoro
per il quale è più portato: io ad esempio preferisco il contatto con i clienti e mi piace fare il “ragazzo di
casa”.
- Penso siano interessanti corsi sull’organizzazione di buffet, ecc. ; sono però essenziali anche corsi
gestionali e di conduzione dell’azienda. Inoltre sarebbe utile ci fosse qualcuno che si occupa ad esempio
dell’haccp, ecc…
- A me interesserebbero corsi per l’utilizzo di internet e per la gestione dei rapporti con il cliente. Si
dovrebbero organizzare corsi intensivi fuori stagione (metà aprile – metà giugno), magari tre giorni a
settimana. Ho visto che TSM organizza dei corsi ma sono molto impegnativi in termini di tempo ed
incompatibili con le nostre stagioni lavorative.
189
M.B.: Ci sono rapporti avviati tra TSM e l’associazione, dunque se avete particolari curiosità o
cose da richiedere ci può essere comunicazione.
- Sono interessanti indubbiamente i corsi per bar, cucina, ecc. ma se in futuro dirigerai l’azienda il barista
non lo farai tu: assumerai un dipendente e tu ti occuperai di altro (conti, organizzazione, ecc.).
- Questo però dipende anche dalla dimensione dell’azienda: nelle aziende piccole ci si deve occupare un
po’ di tutto.
- Ma devi tenere conto che prima o poi non ci saranno più i tuoi genitori, e allora la segreteria, le
prenotazioni, i rapporti con i clienti toccheranno a te.
- Magari però si potrebbe trovare una persona più portata che si occupa di questo.
- Io credo sia meglio che il padrone, la famiglia si occupi della gestione: la gestione familiare è la forza
del Trentino.
- Uno comunque se la deve sentire, non ci devono essere imposizioni. In famiglia si deve trovare la
persona più predisposta alla gestione e direzione.
M.B.: Forse sarebbe utile avere delle “pillole multidisciplinari” sul management dell’azienda
- Sì, dei corsi per la gestione del personale e dei rapporti con il cliente.
- Corsi non troppo teorici e molto pratici.
- Sarebbe utile avere un confronto “con chi è già arrivato”, con chi è più grande di noi e gestisce
autonomamente l’azienda.
- Più che lezioni in aula sarebbero utili delle tavole rotonde con dei testimoni.
- Sì, oppure comunque dei corsi che prevedano anche delle testimonianze.
- Ho sempre avuto delle responsabilità in azienda. Da qualche mese però è mancato mio padre
improvvisamente ed ho avuto parecchi problemi con la burocrazia, all’inizio è stato difficile.
- Nella mia famiglia è mia sorella che si occupa della burocrazia, dunque per me non ci sono problemi.
- Sono entrato in società da qualche anno, mi occupo della cucina. Nel mio settore ho una certa
autonomia ma per le cose importanti è mio papà che decide.
- Da qualche anno mi occupo di prenotazioni e di gestione. E’ importante concentrarsi sull’aspetto della
gestione, anche se si deve saper fare un po’ di tutto in azienda. Meglio prepararsi gradualmente che
dover subentrare di punto in bianco. Per quanto riguarda i rapporti con la clientela, è importante ad
esempio essere a conoscenza di preferenze ed abitudini degli stranieri.
- Gestisco cucina e bar e mi occupo dei relativi acquisti. Non ho molto tempo per occuparmi di altro: mia
mamma pensa alla burocrazia. Se un giorno dovessi occuparmi della burocrazia dovrei prendere più
dipendenti in cucina. Ma questo lo vedo molto lontano: mia mamma “non vuole mollare”.
- La mia situazione è simile. L’hotel è medio-piccolo, siamo in quattro in famiglia. Si decide
confrontandosi ma l’ultima parola spetta sempre ai genitori. Io mi occupo soprattutto di cose innovative,
come internet.
- Sarebbe interessante fare delle visite formative, visitare dei luoghi turistici con caratteristiche simili alle
nostre, magari con la guida di esperti.
Ufficio Marketing Asat
Aprile, 2007
190
TRASCRIZIONE
Focus Group Val Rendena – 26.04.2007
M.B.: Vorremmo testare la vostra opinione relativamente al GAT. Qui da voi il gruppo è già solido?
Quali attività vi piacerebbe fare in futuro? Quali azioni vorreste portare avanti?
- Ultimamente il gruppo dei GAT si trova soprattutto a fine stagione. Generalmente facciamo una cena per
dire come è andata la stagione. Forse sarebbe importante trovarsi più di frequente per parlare di punti
importanti per la località.
M.B.: Quali?
- Strutture che mancano, servizi da proporre ai clienti.
M.B.: E il gruppo potrebbe giocare un ruolo importante in questo?
- Sì.
M.B.: Quali servizi mancano?
- Piscina, centro benessere, cinema, un campo sportivo serio.
- Un’idea sarebbe quella di incontrarsi e cercare delle soluzioni per soddisfare il cliente anche in assenza di
strutture.
M.B.: Quindi vorreste trovare assieme un modo per fronteggiare con dei servizi le mancanze
strutturali.
- Ad esempio quest’anno non c’è stata neve e Campiglio non offre alternative allo sci. E’ importante avere
delle alternative, sia per gli sciatori che per i non sciatori. Un pregio di Campiglio è la sua comodità: senza
prendere la macchina o dover camminare tanto si ha tutto vicino, si raggiunge facilmente la seggiovia. Però
c’è ancora tanto da fare.
Sarebbe importante anche incontrarsi per “darsi una direzione unica”: individuare un target di clientela unico
sul quale concentrare le azioni di marketing. Un paese piccolo deve avere un’unica linea da seguire.
M.B.: Sempre riguardo al target di clientela “su cui puntare”, c’è altro?
- Sono d’accordo con quanto sostiene il mio collega. Oggi ognuno “va per conto suo” mentre sarebbe
importante che almeno per la maggior parte decidesse un’unica linea, una sola strategia da seguire.
- Per Campiglio si parla di clientela medio-alta, ma per attrarre e conservare questo tipo di clientela sono
necessarie strutture e servizi adatti. Il Gruppo Giovani Albergatori potrebbe essere d’aiuto in questo, magari
si potrebbero fare degli incontri e delle indagini per analizzare le tendenze, cosa viene offerto in Svezia,
America, per rimanere sempre al top ed anticipare le mode.
- Il GAT potrebbe assumere il ruolo di una sorta di regia, lavorando anche assieme alle altre categorie
economiche di Campiglio, al consiglio comunale, agli altri paesi, ecc.: noi abbiamo più comuni è manca un
po’ una regia. Il GAT potrebbe assumere questo ruolo, essere un propulsore per il futuro.
M.B.: Quali sono allora le azioni prioritarie di intervento? Creare dei servizi?
- E’ importante l’informazione. Ogni famiglia si occupa del suo hotel e non è informata circa quello che sta
facendo l’APT, il Comune, il Parco,…
Un gruppo coeso come il GAT potrebbe essere un veicolo di informazione e di pubblicità. Si dovrebbe creare
una sorta di network.
- L’APT dovrebbe interagire maggiormente con il GAT e dovrebbe informare.
191
- Il GAT dovrebbe interagire con i vari enti (Parco, APT, consiglio comunale…) per dire la propria e per
occuparsi anche del marketing della località (individuando il target di clientela, ecc.).
M.B.: Come vedete la vostra attività da qui a 10 anni? Sarete voi a gestire l’azienda di famiglia?
- Penso di sì.
M.B.: Ritenete si possa parlare di passaggio generazionale o è più un affiancamento?
- Si parla di un affiancamento generazionale: lo stacco è difficile e lento nel tempo un po’ per tutti.
M.B.: Da qui a 10 anni pensate che la vostra situazione lavorativa in azienda sarà uguale a quella di
adesso? O vedete delle aree della gestione in cui sarete più autonomi?
- Ci si augura di avere sempre più spazio, lentamente si “conquista terreno”.
M.B.: Ci sono comunque delle aree in azienda in cui avete già la possibilità di decidere in prima
persona?
- Penso sia diverso caso per caso: i miei genitori ad esempio hanno 4 alberghi, e io in un certo senso ne
gestisco uno. Personalmente quindi ho una certa autonomia pur avendo comunque “le spalle sempre un po’
coperte”.
M.B.: Quali potrebbero essere secondo voi i corsi di formazione che vi permetterebbero di gestire al
meglio l’azienda? Lo chiedo perché poi verranno organizzati di conseguenza corsi formativi o visite
specifiche...
- Sicuramente la formazione è fondamentale per poter gestire un settore dell’azienda, toglie le insicurezze.
M.B.: La formazione dovrebbe essere fatta sul campo oppure in aula?
- Dovrebbe essere fatta in entrambi i modi.
M.B.: Quali argomenti vi potrebbero interessare?
- Marketing, gestione dei costi, pricing.
- Gestione del personale
- L’organizzazione aziendale in se: nel mio caso l’azienda è familiare, la gestione non è di tipo
imprenditoriale. Penso che oggi sia tempo per le nostre aziende di passare da una gestione familiare ad una
più imprenditoriale. Abbiamo sempre vissuto una gestione a carattere familiare: fare il salto è difficile ma
necessario.
M.B.: Ma in tal caso cosa si dovrebbe innovare in azienda?
- Prima di tutto l’approccio mentale: si potrebbe investire in azienda in modo diverso, anche vedere come le
altre aziende sono gestite può essere utile.
- Io ad esempio ho delle difficoltà per quanto riguarda la gestione del personale. Mentre prima si poteva
instaurare un rapporto quasi di amicizia con il personale perché l’azienda era di tipo familiare, ora è
necessario trovare un giusto distacco, una certa distanza e formalità.
M.B.: In conclusione voi vedere il GAT più come un gruppo imprenditoriale che un gruppo di amici.
Sentite la necessità di “fare lobby” per il marketing e delle azioni in collaborazione con l’APT ed altri
enti.
Emerge la necessità di una gestione più imprenditoriale delle vostre aziende, dei rapporti con il
personale, dei servizi, del marketing.
Ufficio Marketing
Aprile 2007
192
TRASCRIZIONE
Focus Group Val di Fiemme – 02.05.2007
M.B.: Vorremmo testare la vostra opinione relativamente al GAT.
- Io ho partecipato soltanto ad una cena in passato, non ho esperienza. Comunque partecipare ad un gruppo
di questo tipo sarebbe un’opportunità di confronto con persone che fanno lo stesso lavoro, una possibilità di
avere uno scambio.
Il gruppo potrebbe essere un riferimento per dubbi e perplessità.
M.B.: Perciò lo vedete come un luogo di scambio?
- Sì, come un gruppo di giovani che si incontra ed un modo per trovare delle risposte a dubbi, e per
aggiornarsi.
M.B.: Fareste delle riunioni frequenti?
- E’ necessario essere partecipi e contribuire; il gruppo non può essere solo un bacino da cui prendere
informazioni quando interessa. Penso che ci dovrebbero essere delle riunioni non troppo formali ma
abbastanza frequenti.
M.B.: Come vi sembra l’idea di trovarsi “tra simili”?
- E’ interessante, può essere un momento in cui emergono problemi comuni, in cui c’è uno scambio di
informazioni. Si possono trovare soluzioni coinvolgendo anche altre istituzioni, ed organismi provinciali.
M.B.: Quindi vorreste contare di più in Trentino? Il gruppo dovrebbe farsi portavoce delle esigenze
degli albergatori?
- Sì, gli alberghi hanno più o meno le stesse esigenze e gli stessi problemi. Trovarsi in un gruppo simile
permette di avere una reciproca collaborazione, ad esempio nei momenti di overbooking può essere utile
conoscere qualcuno verso cui “dirottare i clienti”, avere la possibilità di “scambiarsi” tra amici un dipendente
valido, chiedere informazioni,…
M.B.: Quindi in qualche modo fare network?
- Sì.
M.B.: Che altro può fare l’associazione?
- Può organizzare corsi di formazione ad esempio. E’ interessante l’idea di organizzare direttamente nelle
valli i corsi obbligatori (invece che soltanto a Trento).
- E’ molto interessante anche il Progetto Scuola, per inculcare nella popolazione trentina un’idea buona di
turismo, che è visto spesso con occhi malvagi dalla comunità.
- C’è una visione distorta dell’hotel, del turista e di tutto quello che c’è dietro.
- Ai locali che non lavorano nel turismo direttamente la stagione “dà fastidio”.
- Qui in valle si sente molto questo.
- E’ necessario far cambiare la mentalità: il lavoro in hotel è anche bello, lo si deve fare capire partendo dai
bambini. Non è poi così brutto dover lavorare anche di domenica; poi lavori 6-7 mesi l’anno e gli altri sei più
libero.
- Già si comincia dalle scuole medie ad avere una visione distorta: per i professori all’alberghiero deve
andare soltanto chi non ha voglia di studiare. Anche dagli stessi bambini e dai genitori i lavori di barista e di
cameriere sono visti come degradanti.
- In Austria ed in Alto Adige è diverso perché c’è una differente “cultura turistica”.
193
M.B.: Il problema quindi non è soltanto il reperimento di manodopera.
- No, io vorrei che camerieri e baristi fossero contenti del lavoro che fanno.
M.B.: Quindi far passare l’orgoglio e la professionalità del lavoro nel turismo.
- Tanti ad esempio finita la scuola alberghiera preferiscono andare a lavorare in fabbrica, fare l’operaio. E’
necessario fare capire cosa vuol dire fare il cameriere ed il barista.
M.B.: C’è una visione un po’ distorta dunque?
- C’è l’idea ancora del cameriere di 30/40 anni fa: oggi il cameriere non è più un servitore dei turisti visti
“padroni”.
- Secondo me la visione non è così negativa: è l’occupazione stagionale che è vista in modo negativo.
Questo anche perché qui in zona c’è poca disoccupazione.
- E’ vero forse la stagionalità influisce.
- Da noi sono pochissimi quelli che frequentano la scuola alberghiera per poi andare a fare realmente il
cameriere.
M.B.: Ma chi ha fatto la scuola alberghiera a Tesero poi non lavora qui?
- No, fanno altri lavori.
- Secondo me il gruppo giovani dovrebbe puntare sulla formazione e sul definire un data base di persone
qualificate da occupare nelle nostre aziende.
E’ necessario invertire la rotta della formazione per il turismo, che è da terzo mondo.
- E’ importante avere dei collaboratori validi.
- Probabilmente tra qualche anno si dovrà assumere soltanto personale dell’est, perché qui non si sa più
“dove prendere”.
- C’è molto personale dell’est senza professionalità, perciò magari sarebbe interessante organizzare per loro
dei corsi di formazione.
- Comunque l’ Ente Bilaterale153 già li fa e gratuiti per lingue, cucina, vini,…
M.B.: Immaginate il GAT tra due o tre anni; cosa vorreste aver fatto? Come vi vedete?
- E’ fondamentale portare avanti il gruppo ed essere numerosi. E’ importante l’aggregazione per poi
continuare, consolidare il gruppo per uno scambio di idee e di informazioni.
M.B.: Il gruppo deve quindi essere forte, consolidato, basato su interessi comuni.
- Sì, è un modo per avere un punto di riferimento per confrontarsi e parlare. Se ho un problema posso
trovare aiuto.
- Per trovarsi tra 3/4 anni più forti però è importante portare a termine progetti concreti: le cose importanti per
me sono il problema dei dipendenti e della loro formazione. Secondo me si potrebbe puntare su scuole
private.
153
Per Ente Bilaterale si intende l’Ente Bilaterale Turismo e Commercio del Trentino che svolge i compiti ad esso attribuiti dal Contratto
Collettivo Nazionale di Lavoro del Turismo, dagli accordi collettivi nazionali e territoriali e eventualmente previsti da norme di legge in
materia di occupazione, mercato del lavoro, sostegno al reddito dei lavoratori, formazione e qualificazione professionale. L'Ente
Bilaterale Turismo del Trentino ha lo scopo di promuovere, organizzare e attuare a livello provinciale interventi
- di osservazione e studio del mercato del lavoro
- di incontro tra domanda e offerta di lavoro
- di formazione e qualificazione professionale
- di sostegno al reddito dei lavoratori coinvolti in ristrutturazioni
- di carattere sociale in favore dei lavoratori
- di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sul lavoro
194
Per quanto riguarda invece il breve periodo è possibile agire sulla formazione formando il personale
straniero.
- E’ importante anche la nostra formazione, non parlo soltanto di quella obbligatoria come HCCP, 626,… ma
anche ad esempio corsi di inglese, tedesco,… specifici. Magari fatti qui vicino e tarati bene per il nostro
livello di conoscenza e per le nostre necessità.
- Il ruolo di fare promozione che aveva il gruppo giovani un tempo per me è ormai superato (ci sono altri che
se ne occupano). E’ meglio puntare soltanto su un paio di progetti come ad esempio formazione dei
dipendenti ed il Progetto Scuola.
- Sono d’accordo con tutto quanto è stato detto tranne che sul fatto che si dovrebbe puntare sulle scuole
private. Penso ci vorrebbe semplicemente più comunicazione tra gli albergatori e le scuole pubbliche
esistenti, gli albergatori dovrebbero far sapere alle scuole cosa richiedono ai dipendenti per poter lavorare
nelle proprie aziende. Sarebbe importante fare più incontri scuola-lavoro.
- Si dovrebbe stimolare la passione dei dipendenti.
- Per quanto riguarda la nostra formazione, sarebbero interessanti corsi per poter usare al meglio il
computer.
M.B.: Voi volete continuare con l’attività di famiglia?
- Penso di sì ma è difficile sapere a lungo termine cosa succederà.
M.B.: Vedete il cambio generazionale alla guida dell’azienda come una cosa normale? O pensate che
in azienda avvenga piuttosto un affiancamento generazionale?
- Per quanto mi riguarda il cambio è già avvenuto.
- I miei genitori mi hanno delegato molto, ma loro ci sono sempre in azienda.
M.B.: Vi sentite autonomi nel lavoro in azienda?
- Se il senior ha fiducia il giovane è autonomo, ma il giovane deve dimostrare passione e volontà. E’
importante che i giovani abbiano una certa autonomia, altrimenti si stufano.
M.B.: L’affiancamento dei genitori è a tempo indeterminato?
- Penso di no.
- Per me ancora ci sono i miei genitori, il passaggio sarà graduale, piano piano l’autonomia penso diverrà
completa tra 3/4 anni. Probabilmente sarà una cosa naturale.
- Una volta appreso tutto ciò che c’è da apprendere delle diverse aree dell’hotel si potrà proseguire da soli.
- Un’altra cosa per cui potrebbe essere d’aiuto il GAT è quella di fare in modo che gli albergatori entrino nelle
classi dirigenziali, un po’ come avviene anche in Alto Adige. E’ importante che gli albergatori siano presenti,
un po’ ovunque nelle istituzioni, ecc… così poi il turismo assume più importanza.
- Tanti giovani studiano magari fino a tarda età, poi però fanno fatica a rientrare in azienda, ad un lavoro
duro come quello dell’albergatore. E’ importante che studino, ma poi magari il week-end dovrebbero dare
una mano in azienda.
- Secondo me tanti giovani non hanno autonomia perché i genitori non si fidano dei figli.
Ufficio Marketing
Aprile 2007
195
TRASCRIZIONE
Focus Group Altipiano della Paganella – 04.05.2007
M.B.: Vorremmo testare la vostra opinione relativamente al GAT. Qual’è a vostro parere il ruolo del
Gruppo di Giovani Albergatori della zona? Tra un paio d’anni cosa desiderereste aver fatto in
comune?
- Interazione con l’Unione Commercio154.
- Anche in passato si è tentato spesso di costituire un Gruppo Giovani Albergatori Attivo, ma è sempre stato
difficile per l’associazione raggiungere i giovani albergatori.
M.B.: Cosa intendi per difficoltà a raggiungere i giovani albergatori?
- L’associazione ha sempre trovato difficoltà a coinvolgerci.
M.B.: Quindi, per il futuro, cosa si dovrebbe fare?
- Io sono iscritta all’Unione Commercio. Ho un pub, quindi anche soltanto per il nome mi sento più vicina
all’Unione Commercio.
- Per me andrebbe bene costituire un gruppo giovani, che nell’Unione non esiste. Comunque noi giovani già
ci incontriamo al bar per dire come è andata la stagione, ecc…
M.B.: Non pensi ci sia differenza tra il parlarne al bar ed il trovarsi come gruppo di giovani
dell’associazione a discutere dei problemi?
- Sicuramente. Se ti incontri al bar tutto quello che emerge rimane lì, senza seguito. Se ti incontri come
associazione è diverso.
M.B.: Quali potrebbero essere i problemi da risolvere e gli obiettivi del GAT?
- Occuparsi delle manifestazioni ad esempio.
- Personalmente sono sempre un po’ diffidente circa i gruppi giovani: non hanno la forza politica e le risorse
su cui possono invece contare i senior. La costituzione di un gruppo di questo tipo potrebbe essere positiva
per trattare argomenti comuni, lottare contro l’invidia e la diffidenza che spesso c’è tra albergatori. Si è legati
dall’età e dalla stessa carriera.
- Si potrebbe parlare concretamente e sinceramente dell’andamento della stagione e progettare qualcosa
per quella successiva. Spesso tra albergatori non si dice la verità: è necessario invece abbattere le barriere,
essere uniti e così più forti.
- Si potrebbero anche organizzare corsi di formazione professionali. I senior hanno imparato con
l’esperienza quello che sanno sulla gestione dell’albergo ma spesso hanno difficoltà ad insegnare ai giovani.
A questo dovrebbe far fronte l’associazione con una formazione adeguata.
- Trovarsi spesso sarebbe bello ma c’è sempre il problema del tempo. Noi poi partecipiamo e discutiamo
molto al bar ed alle riunioni dei senior.
- E’ vero, ma se andassimo alle riunioni dei senior con qualcosa di definito e condiviso è più facile portare
avanti dei progetti.
M.B.: Preferireste fare più incontri di lavoro o più incontri ludici, come cene, ecc.?
- Sarebbe il caso di fare più incontri di lavoro anche se spesso sono poco attrattivi.
M.B.: In questi incontri in particolare di cosa vorreste discutere?
154
Con Unione e Commercio si intende Unione Commercio Turismo Servizi Professioni e Piccole Medie Imprese della Provincia di
Trento.
196
- Generalmente i giovani albergatori assumono in azienda delle funzioni dirigenziali, quindi più che altro di
dovrebbe discutere di problemi organizzativi dell’azienda.
- Si dovrebbero organizzare corsi di formazione; la soluzione di problemi relativi ai servizi mancanti nella
località è più il ruolo di altri enti come Apt, ASAT (senior),…
- Si dovrebbe parlare di come è andata la stagione e di problemi di organizzazione dell’azienda. Discutere e
parlare concretamente e sinceramente, anche circa gli obiettivi da raggiungere per la località.
M.B.: Quali sarebbero gli obiettivi?
- Al bar parliamo della stagione, di problemi con il personale,… riunirsi come gruppo GAT sarebbe una cosa
più seria, strutturata e concreta. Gli obiettivi si definiranno piano piano andando avanti.
- Sono d’accordo, sicuramente è importante trovarsi per “tirare fuori” nuove idee…
- Il problema è che siamo tre paesi diversi, ci sono delle differenze, anche per quanto riguarda il modo di
lavorare.
M.B.: Ma quali potrebbero essere le cose comuni, che accomunano un po’ tutti i paesi?
- Ad esempio l’organizzazione del nostro lavoro, del personale, la gestione dell’hotel, il fatto di avere o meno
il portiere di notte.
- Anche il fatto del proporre la mezza pensione o la pensione completa: in Alto Adige si è deciso di proporre
la mezza pensione e tutto è organizzato di conseguenza. Si potrebbe pensare di proporre solo la mezza
pensione, vedere se conviene anche con il personale. In questo modo lavorerebbero di più anche i rifugi.
- Bisogna vedere però se anche i genitori sono d’accordo… e se il cliente è disposto a mangiare fuori.
- Si deve pensare anche all’organizzazione del personale: qualcuno dice che è più facile organizzarsi per la
mezza pensione, però io non so come fanno. Secondo me il personale comunque è in casa, lo si paga,
quindi è meglio fare la pensione completa.
M.B.: Altro sul problema della divisione tra i paesi dell’altipiano?
- C’è un certo “distacco” tra i vari paesi. Il GAT può essere un modo per ridurre le distanze ed aumentare la
collaborazione.
- Si creano spesso “clan” e gruppi chiusi, anche tra i senior; il GAT potrebbe essere un bel modo per unirsi.
- Anche per fare lobby.
- Il confronto tra albergatori di paesi diversi potrebbe essere interessante. Mi chiedo sempre ad esempio
perché a Molveno non aprono più d’inverno?
- Oggi però le cose stanno cambiando, sempre più albergatori aprono anche in inverno. Ci sono sempre più
giovani che gestiscono le aziende e si devono recuperare i molti investimenti fatti.
- Anche perché adesso c’è più richiesta, a Molveno d’inverno ci sono i polacchi. La gente non si spaventa
più se deve dormire a 5 km dalle piste.
- E’ un problema di mentalità comunque: anche ad Andalo abbiamo le stagioni rigide.
- E’ anche bello poter chiudere fuori stagione.
- Sì, ma è bello anche avere la consapevolezza e l’opportunità di poter cambiare.
M.B.: Sono state introdotte le problematiche dell’innovazione. Cosa vorreste cambiare nella gestione
dei vostri hotel e nella località?
- Ad esempio fare rete tra noi: se io sono chiuso e conosco un altro hotel che in quel periodo è aperto che ha
il wellness, allora mando da lui i miei clienti.
In generale si deve stare sempre al passo con i tempi e fare continue migliorie, anche nel paese.
197
- I giovani riescono a capire meglio le innovazioni ed il trend del turismo. Ad esempio il CAPE finora non ha
preso molto piede probabilmente perché non è stato capito. Il Gruppo dei Giovani Albergatori potrebbe
aiutare a fare rete ed ha sviluppare contatti. Qui i fornitori che girano sono i soliti, potremmo avere una
maggiore forza contrattuale se fossimo uniti nei confronti dei fornitori.
- Sì, ma è complesso farlo.
- Sarebbe sufficiente una carta bollata con un tot di strutture che chiede un abbassamento dei prezzi.
- Non è così facile.
- Però potrebbe portare dei vantaggi, è allora che la gente si riunisce, se vede dei vantaggi, culturali,
economici e di gestione, non solo per motivi ludici.
- Concordo sul fatto che si potrebbero ottenere dei vantaggi culturali e per quanto riguarda la gestione
dell’azienda, ma sono un po’ in dubbio circa il vantaggio economico.
M.B.: Altre innovazioni?
- Sfruttare di più internet. Oggi tutti hanno un proprio sito internet. Magari se ne potrebbe fare uno unico che
riunisca gli hotel di Andalo, Fai e Molveno.
- Ma ci sono già tanti siti: trentino.to, apt,…
- Sì ma sono confusi.
- Nel sito internet si potrebbero inserire gli hotel suddivisi per categorie.
- Un po’ lo fa trentino.to, ma in base ai club di prodotto ed ai suoi pacchetti, non c’è una vera e propria
suddivisione per categoria.
- A noi però mancano il tempo e le competenze per fare questo.
- A volte è molto complicato fare un sito che illustri bene…
- Però le prenotazioni on-line ad esempio sono un po’ un limite: sono molto standardizzate mentre da noi il
cliente ha determinate richieste particolari da soddisfare e questo lo puoi fare solo per telefono (vuole quella
determinata camera, con la vista davanti, ecc…)
- In fondo il fatto che la prenotazione sia standardizzata può essere anche un vantaggio.
- Comunque in internet le cose semplici sono le migliori. Intanto si può fare un sito che dà visibilità, poi
magari in futuro si possono sviluppare cose più complicate come le prenotazioni on-line.
- Pensa che se vai su google e cerchi “vacanza trentino” Andalo è all’ultimo posto.
- Bisognerebbe fare un sito unico posizionato meglio su google e con gli hotel suddivisi per categorie.
- Internet è uno strumento immediato e sempre più usato. Le informazioni che si trovano sono più recenti, e
comunicare è meno costoso.
- La crisi delle agenzie di viaggio infatti è avvenuta per via di internet: ormai è la vetrina per eccellenza delle
strutture.
M.B.: Secondo voi i giovani albergatori hanno tutti gli strumenti, le competenze, per sfruttare
internet?
- Abbiamo bisogno di corsi di formazione specifici, però si deve sempre passare per i senior per organizzarli.
M.B.: Ma la necessità di formazione c’è?
- Oggi è necessario saperci fare con internet. Ci vorrebbe però una persona che se ne occupa quasi
esclusivamente. E’ lunga stare dietro alle richieste e rispondere alle e-mail, ed io non ho il tempo.
M.B.: Ora lavori in sala. In futuro però magari potresti occupare tu questo spazio, occuparti tu di
internet…
198
- Attualmente se ne occupa un po’ mia mamma, ma un domani se rilevassi io l’albergo sarei in ufficio al
posto di mio papà e dovrei occuparmi anche di internet.
M.B.: Voi già gestite autonomamente delle aree all’interno dell’albergo?
- Tutto quello che riguarda il computer e internet, prenotazioni ed e-mail.
- Sì, anche io, ma comunque con la supervisione dei genitori.
M.B.: Vorreste avere della formazione su questi argomenti?
- Sicuramente su molte cose relative al turismo di oggi siamo più preparati dei nostri genitori. Anche per
quanto riguarda la gestione della clientela, che è cambiata nel tempo. Oggi spendendo relativamente poco si
può andare a Sharm: il cliente pretende sempre di più e mio papà questo non lo capisce.
Un esempio sono le risposte alle e-mail. Mio papà non capisce che il modo di rispondere è importante, fa sì
che il cliente scelga una struttura anziché un’altra. Il cliente manda la richiesta ad un gran numero di hotel ed
in base alle risposte ricevute sceglie.
- Magari incontrandoci come GAT potremmo trovare assieme la risposta migliore, il formato migliore per
rispondere alle richieste.
- Internet è l’argomento più sentito dai giovani perché è la cosa di cui maggiormente ci occupiamo.
- Noi stessi se vogliamo andare in vacanza cerchiamo su internet.
- Dobbiamo individuare bene su quali siti, magari si eventi, è meglio pubblicizzarci; anche questo i senior
non capiscono.
- Siamo noi giovani che dobbiamo portare queste innovazioni.
M.B.: Altre innovazioni?
- Magari sull’organizzazione aziendale; quella familiare non è più adatta, è necessario un’organizzazione più
“per settori”. E’ un’evoluzione comunque difficoltosa e costosa, il personale deve essere di più. Oggi certe
strutture iniziano ad essere grandi e con certi numeri con la gestione familiare si impazzisce.
- Sì, ma dipende dalle dimensioni dell’hotel.
- Certo, ma non è proprio così vero: ci sono anche hotel piccoli che sono organizzati in modo più
manageriale.
- Per fare questo però devi trovare delle persone fidate a cui puoi delegare. Hai perciò bisogno di persone
qualificate.
- I nostri genitori facevano tutto in albergo. Forse oggi sarebbe più corretto delegare ai dipendenti e noi
limitarci a dirigere. E’ difficile però trovare del personale fidato e formato a cui puoi delegare.
- Si potrebbe creare un data base a livello nazionale del personale che accetta di iscriversi con un feedback
degli hotel in cui questi hanno lavorato.
- Penso che per avere personale formato e qualificato sarebbe importante dare delle prospettive di carriera.
- Si può anche formare all’interno dell’azienda e dare all’interno delle prospettive di carriera.
- Sì ma nelle aziende di altri settori economici le prospettive di carriera sono chiare, nel nostro campo invece
è tutto meno definito: io parlo della formazione e di rendere chiare le prospettive di carriera, in modo che i
dipendenti siano invogliati a lavorare nel turismo.
- Ma negli hotel è tutto più difficile e meno definito.
- Anche cercare un capo-sala ed una governante è difficile qui ad Andalo, allora si assumono persone da
fuori.
M.B.: Che ne pensate dell’idea che era emersa di fare lavorare l’hotel tutto l’anno?
199
- Difficile, ci sono dei mesi come in autunno in cui è praticamente impossibile secondo me. Magari potremmo
puntare su un’altra clientela per il “fuori stagione”, ad esempio su gruppi di tedeschi.
M.B.: Ma se i clienti ci fossero? Terreste aperto?
- Bisognerebbe che la località offrisse qualcosa di unico per attirare la clientela, qualcosa che offre solo
Andalo.
- Per poter tenere aperto tutto l’anno deve essere l’intera località che si organizza, non solo l’hotel.
- Il fatto di aprire o meno tutto l’anno dipende anche dalle dimensioni della struttura. Se fai tutto in famiglia lo
puoi fare, se hai un hotel troppo grande no.
- Il “fuori stagione” serve anche comunque per l’adeguamento della struttura.
- Ovviamente non tutti devono tenere aperto, qualcuno può chiudere. Poi ovvio che per tenere aperto in
autunno ed in primavera si deve puntare su un determinato tipo di clientela, come i pullman di tedeschi,
ecc…
- Sono loro che si muovono nel fuori stagione.
- Se si aprono gli hotel però deve seguire un po’ tutta la località.
Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
TRASCRIZIONE
Focus Group Alto Garda – 07.05.2007
M.B.: Quale dovrebbe essere secondo voi la funzione del GAT?
- Credo sia importante avere un’associazione alla base per portare avanti dei progetti.
- Sì, dovrebbe essere occuparsi di portare avanti dei progetti, ad esempio per migliorare l’offerta di servizi ai
clienti che è un po’ scarsa nel basso Sarca. Solo il lago e la montagna non bastano più, anche se gli
albergatori spesso pensano siano sufficienti. Ad esempio noi attualmente stiamo cercando di portare avanti
un progetto per la realizzazione di uno bikepark.
Invece che evolvere stiamo “andando indietro”, invece che ampliare l’offerta la riducono, ad esempio qui sul
Garda stanno togliendo tutte le discoteche. In questo modo stiamo perdendo tutto il turismo giovanile.
Gli hotel sono moderni ma mancano tutti gli altri servizi che dovrebbe offrire una località turistica.
A mio parere dovremmo unirci per costruire un prodotto turistico che soddisfi la clientela e per assicurare
vivibilità alla zona.
- Il gruppo si potrebbe occupare anche di organizzare manifestazioni per il “fuori stagione”, per cercare di
destagionalizzare. Gli eventi non dovrebbero essere organizzati nei periodi in cui comunque ci sono già tanti
turisti: si rischia di sovraccaricare la località e così di non dare al cliente un buon servizio (è il caso del Surf
Festival). Ad esempio il Campionato del mondo di surf organizzato a fine settembre ci ha permesso di
aumentare l’occupazione delle camere in quel periodo.
- Noi facciamo parte dell’associazione “Torbole eventi” nata lo scorso anno proprio per far fronte ai problemi
di congestione che ci sono stati lo scorso anno per via del Surf Festival.
- Come clientela abbiamo i tedeschi che sono rimasti fedeli alla località e qualche inglese. Oggi però non
basta più essere passivi. Non è sufficiente lavorare soltanto in casa propria: è importante impegnarsi per la
località nel complesso.
200
M.B.: Sareste interessati ad attivare un tavolo di confronto con gli altri operatori economici della
zona? In tal caso quali sarebbero gli obiettivi?
- Sicuramente sarebbe utile. Secondo me dovremmo sfruttare le opportunità che ci vengono date dalla
località: dovremmo puntare su un turismo sportivo.
- Non è che a noi non interessino i turisti anziani: vanno benissimo i pullman di anziani per inizio e fine
stagione, ma per luglio ed agosto dovremmo cercare di puntare su un turismo giovane, d’elite e che
spende...
M.B.: Quindi vorreste cercare di attirare un nuovo target di clientela?
- Sì, ed il GAT dovrebbe attivarsi per organizzare eventi anche fuori stagione.
- Non si devono eliminare gli eventi che si propongono in alta stagione, secondo me. L’importante è che
vengano aggiunte manifestazioni fuori stagione.
- Sarebbe importante che i progetti venissero portati avanti assieme alle altre categorie economiche.
- Per la nostra località sarebbe anche importante realizzare le infrastrutture che mancano. Ad esempio
adesso in zona abbiamo soltanto una discoteca. Per i giovani non viene offerto nulla. Il GAT potrebbe
occuparsi di risolvere questo problema, anche magari chiedendo aiuto alla Provincia.
- In effetti ad esempio non riusciamo ad attirare la clientela russa perché la sua immagine del lago di Garda
è quella di una località per anziani.
- Sono d’accordo con quanto è stato detto. Per realizzare tutto questo però il GAT dovrebbe avere a
disposizione fondi, risorse economiche, e dovrebbe esserci un certo supporto da parte degli organi di
governo del territorio.
- Se si sceglie una determinata tipologia di clientela su cui concentrarsi devono essere d’accordo tutte le
categorie economiche. Adesso il Garda è una località per anziani: la causa sono state determinate scelte
politiche ed economiche fatte in passato.
- E’ importante cercare di lavorare tutto l’anno e realizzare strutture, che possono essere utilizzate anche dai
residenti. I residenti devono credere nella propria zona e nelle prospettive che le può dare il turismo, soltanto
in questo modo si possono evitare attriti tra turisti e residenti.
- Nell’immaginario collettivo in ogni caso la vacanza al lago viene considerata una “vacanza relax”, questo
non avviene soltanto per il lago di Garda. In realtà il lago di Garda ha sempre avuto una clientela abbastanza
giovane, è che ultimamente penso sia sia sbagliato qualcosa nel fare promozione.
M.B.: Quale potrebbe essere allora il ruolo del GAT?
- Quello di confrontarsi e di cercare di influenzare chi di dovere per cambiare le cose.
- Credo che il primo passo che dovrebbe affrontare il GAT sia quello di andare oltre le divisioni, cominciando
dal creare un unica associazione con l’Unione Commercio.
- I giovani dovrebbero “smarcarsi” dalle due associazioni e creare un gruppo unico, magari cominciando con
lo scrivere una volta sul giornalino di un’associazione ed una sul giornalino dell’altra.
- Con un’unica associazione si potrebbe evitare di sprecare soldi, forze e personale.
- I giovani dovrebbero trovare una via d’uscita a tale divisione.
- Si nota comunque ultimamente una volontà diffusa all’unificazione.
- Giusto. I giovani dovrebbero unirsi e lentamente andare a creare un’associazione unica sotto il tetto della
Confturismo. Anche i vertici provinciali sarebbero d’accordo: in questo modo non dovrebbero andare ad
interagire con due associazioni ma soltanto con una.
201
M.B.: Ci sono altri obiettivi che il GAT dovrebbe perseguire?
- Noi come “Club delle matricole”, il gruppo di cui faccio parte, abbiamo cominciato ad incontrarci così, senza
struttura e senza appoggio di nessuna associazione, uniti da temi comuni e dall’età, per poi far arrivare le
nostre idee nei centri di comando. E’ importante discutere di cose concrete: segmenti di mercato,
infrastrutture, progetti di orientamento e formazione per investire sui giovani,...
L’età non può essere l’unico collante: servono obiettivi concreti da raggiungere, progetti da portare avanti per
il futuro della località.
- Credo che il GAT potrebbe essere utile prima come sostegno per fare in modo che le idee di noi giovani
siano applicate all’interno delle nostre aziende, che i senior comprendano le innovazioni che proponiamo; in
secondo luogo dovrebbe essere un aiuto per far sì che quanto proponiamo per la località sia preso in
considerazione nei centri decisionali.
- Spesso è difficile far combaciare gli interessi di associazioni di categorie economiche diverse a livello
provinciale. A livello locale invece trovare un’unica linea anche tra giovani di categorie economiche differenti
dovrebbe essere più semplice.
- Ci sono vari problemi a livello di territorio: è importante che vengano affrontati da tutte le categorie
economiche assieme. Per decidere relativamente alle soluzioni ai vari problemi ed ai progetti da
intraprendere si devono creare tavoli di lavoro trasversali alle varie categorie economiche.
- Anche io ritengo sia molto importante “fare sistema”; oltretutto anche dare ad un’associazione ad esempio
il peso di organizzare da sola gli eventi sarebbe troppo impegnativo.
I vari progetti dunque dovrebbero essere portati avanti dal “territorio nel complesso”: per lo sviluppo turistico
di una località devono essere coinvolte tutte le categorie economiche.
- Soltanto che si continua a dire “largo ai giovani” ma poi dai luoghi che contano, dove vengono prese le
decisioni, i giovani solitamente sono esclusi.
Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
TRASCRIZIONE
Focus Group Val di Non e Val di Sole – 11.05.2007
M.B.: Come vedete voi il GAT? Qual’è secondo voi il suo ruolo?
- Penso che sia innanzitutto un gruppo di amici che poi rimane nel tempo. Però è importante non pensare
soltanto al divertimento.
- Dovrebbe occuparsi di inculcare nei giovani la passione per il lavoro di cameriere, di cuoco. Sono lavori
che volendo ti permettono di girare il mondo.
- Penso che inizialmente dovrebbe essere un luogo in cui confrontarsi, per risolvere problemi comuni. Inoltre
dovrebbe occuparsi di formazione.
- Penso che la partecipazione ad un gruppo di questo tipo sia importante perché ti permette di allargare la
visione al di fuori della tua valle, di confrontarti anche con giovani di altre zone del Trentino.
M.B.: Quali argomenti vorreste trattare con altri giovani come voi, impegnati nel turismo?
- Di turismo in generale, di stagioni, di organizzazione del lavoro, di gestione alberghiera,...
202
- Magari potremmo “fare rete” tra albergatori ed altri operatori turistici per occuparci di promozione, di vendita
di pacchetti e di prodotti della valle.
- Sono d’accordo. Spesso invece in Val di Sole ognuno “vede di fare soltanto il suo”. Spesso succede anche
nel fissare i prezzi: le strutture grandi stabiliscono i loro prezzi e le piccole vengono “schiacciate”. Spero che
in futuro i giovani riescano a risolvere queste divisioni.
- Bisognerebbe cercare di formare un gruppo solido che si incontra spesso.
- Sì, ma in molti vedono la partecipazione a queste cose come una perdita di tempo.
- Io per un periodo ho insegnato alla suola alberghiera, ed ho visto che i giovani sono veramente poco
stimolati.
- Forse uno dei motivi è che ancora non pensano al loro futuro. Io ad esempio sono stata responsabilizzata
da subito. Secondo me ci sono tanti giovani che non pensano proprio al lavoro in azienda: lasciano che lo
facciano i genitori, finché ci sono.
- Anche perchè è dura fare l’albergatore.
M.B.: Quali innovazioni ritenete si potrebbero apportare nelle vostre aziende?
- Siamo noi giovani che dobbiamo innovare: io ad esempio ho fatto delle esperienze di lavoro in altri alberghi
per poi portare piccole novità nella mia azienda.
- In azienda ci si deve introdurre poco a poco; tuo papà non ti dirà mai “adesso porta avanti tu l’azienda” così
di punto in bianco. Deve essere una cosa graduale.
- In azienda ad esempio si potrebbero apportare innovazioni che si vedono frequentando la scuola
alberghiera, oppure lavorando in altre strutture. Ad esempio introdurre nuovi approcci di gestione
dell’albergo.
- Nel mio caso vorrei introdurre un orario più flessibile per quanto riguarda le colazioni. In Inghilterra ad
esempio si può fare colazione tutto il giorno. Nell’albergo in cui lavoravo all’Isola d’Elba la colazione veniva
servita fino alle 12:30.
- In generale si dovrebbero rinnovare i servizi offerti.
M.B.: Avete altre idee sul ruolo che dovrebbe assumere il GAT?
- Io lo vedo innanzitutto come un luogo di incontro, tra amici, per organizzare cene, ecc.. Forse perché nel
mio caso ho sempre dovuto aiutare in albergo e sono cresciuta un po’ a rinunce rispetto ai miei coetanei che
non avevano attività. Il GAT è un’occasione per fare nuove amicizie con cui svagarsi. Poi il parlare di lavoro
verrà di conseguenza, perché alla fine è quello che ci accomuna. E’ più facile conservare amicizie di questo
tipo, con persone che capiscono il lavoro che faccio e le rinunce, con le quali coincide il proprio tempo libero
e con cui è possibile magari anche andare in vacanza assieme.
- Giusto: siamo innanzitutto giovani, poi albergatori. Però ritengo sia importante anche avere un obiettivo.
Secondo me il GAT dovrebbe occuparsi anche di organizzare corsi e visite formative in altre zone turistiche.
- Con il gruppo si dovrebbe parlare delle proprie problematiche, si può trovare qualcuno che ti consiglia, ma
è importante anche svagarsi: formazione e divertimento dovrebbero essere due elementi che si affiancano. Il
GAT deve essere un misto delle due cose.
- Si dovrebbe parlare di problemi della località. Ad esempio ultimamente ci stiamo svendendo: ad inizio e
fine stagione lavoriamo soltanto con i polacchi, che pagano poco.
- Avere la possibilità di confrontarsi con altri giovani, con altre realtà, è una linfa incredibile per andare
avanti.
203
- E’ importante il confronto: tra noi non dobbiamo avere paura di dirci come stanno le cose veramente.
- Un altro problema è quello dei dipendenti. Adesso non c’è neanche più il libretto di lavoro al quale potevi
fare riferimento per vedere l’esperienza di un dipendente, il loro percorso. Spesso i dipendenti non sono
formati: se vuoi fare il cameriere devi aver fatto un determinato tipo di percorso, non è giusto che ti debba
formare io albergatore.
Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
Documento 8 – Analisi focus group.
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi in Val di Fassa
il 20.04.2007 presso il Ristorante “Daniel Zen” a Vigo di Fassa.
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
Il giovani albergatori vorrebbero potersi appoggiare al Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini per:
¾
Avere la possibilità di prendere sempre più confidenza con la gestione di tutti gli ambiti aziendali. E’
fondamentale la formazione: nel futuro il loro ruolo sarà quello di gestire l’albergo e per questo sono
necessarie conoscenze adeguate. Sono necessari corsi di formazione per avere un aiuto ed una
guida nella gestione dell’azienda. “Sono indubbiamente interessanti i corsi per bar, cucina,… ma se
prendi in mano l’azienda il barista non lo fai tu: assumi un dipendente per questo e tu ti occupi di
altro”.
Nella prospettiva di dover dirigere l’albergo i giovani vorrebbero avere delle “pillole multidisciplinari”
sul management, in particolare sulle nuove tecnologie e l’utilizzo di internet, sui rapporti con il cliente
e con il personale. Sono state richieste tavole rotonde, corsi pratici, testimonianze e visite formative
in zone turistiche simili alle proprie: “…sarebbe interessante potersi confrontare con chi è già
arrivato, con chi è più grande di noi…”.
¾
“Snellire gli adempimenti burocratici”. Il problema della burocrazia è rilevante: “ho avuto parecchi
problemi con la burocrazia, quando ho iniziato ad occuparmene è stato difficile”, “Io gestisco bar e
cucina. Mia mamma si occupa della burocrazia ma se un giorno avessi io questo ruolo dovrei
interessarmi meno a bar e cucina per dedicarmene quasi completamente”.
Il tema del passaggio generazionale
¾
-
Più che di un passaggio generazionale alla guida delle aziende dei giovani del luogo avviene un
“affiancamento generazionale”. “C’è un processo di collaborazione intergenerazionale…” “I genitori
ci sono sempre in azienda” “E’ importante cominciare ad occuparsi della gestione dell’azienda
gradualmente, non farlo di punto in bianco”.
L’affiancamento dei genitori è visto come una risorsa dagli junior. Esso permette di:
avere a disposizione l’esperienza dei senior: è importante essere affiancati da chi ha “un occhio sui
costi, sa come stabilire i prezzi e gestire la burocrazia”,
suddividere i compiti tra i familiari: “gestendo l’albergo da soli tale suddivisione non è fattibile”, “è
quasi impossibile gestire da soli: si rischia di perdere il contatto con il cliente”.
204
¾
Il tema dell’innovazione è particolarmente sentito: “…siamo noi giovani a dover portare novità e
fantasia in azienda, i senior ormai non lo fanno più…”.
I giovani ritengono di dover innovare la loro azienda un po’ in tutti i settori. Spesso
però
“è
difficile far capire ai senior i cambiamenti”. Ad esempio per quanto riguarda gli investimenti strutturali:
“Non riesco a far capire a mio papà che l’hotel è vecchio”.
¾
I genitori discutono le problematiche relative all’azienda con i figli, ma nella maggior parte dei casi
sono ancora i primi che, alla fine, prendono le decisioni: “Io porto le mie proposte che poi vengono
valutate. Ovviamente se sei ascoltato sei più motivato a lavorare, altrimenti non ti appassioni”. Nei
propri particolari ambiti di competenza, in ogni caso, ogni componente della famiglia per quanto
riguarda l’assunzione di decisioni meno rilevanti ha una certa “libertà di azione”.
Indagine effettuata da Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi in Val Rendena
il 26.04.2007 presso gli Uffici Apt Madonna di Campiglio.
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
Il gruppo giovani si dovrebbe trovare per discutere “punti importanti per la località”:
¾
A Madonna di Campiglio “sono le strutture che mancano, i servizi da proporre al cliente”.
“Quest’anno non c’è stata neve e qui a Campiglio non ci sono servizi e strutture alternative allo sci
per i turisti” . Le strutture mancanti sono ad esempio piscina, centro benessere, campo sportivo,… Il
gruppo giovani potrebbe trovarsi per studiare un modo per soddisfare le richieste del cliente anche
in assenza di strutture.
¾
Il Gruppo dei Giovani Albergatori dovrebbe essere “una sorta di regia”, la zona di Campiglio è
costituita da più comuni ed è molto sentita la mancanza “di una guida” che individui per la località
un’unica linea di azione. “Sarebbe importante trovarsi per andare in un’unica direzione: individuare
un target di clientela unico su cui fare marketing”; la clientela su cui i giovani di Madonna di
Campiglio ritengono di dover puntare maggiormente la promozione è di tipo medio-alto.
¾
Analizzare i trend di mercato, “analizzare le tendenze, cosa viene offerto in Svezia, America, per
stare al top ed anticipare le mode”.
¾
“Il Gruppo Giovani Albergatori dovrebbe fare rete ed interagire con enti quali Parco, Apt,…” ed
essere “veicolo di informazione”.
Il tema del passaggio generazionale
¾
Più che di un passaggio generazionale alla guida delle aziende dei giovani del luogo avviene un
“affiancamento generazionale”. “Lo stacco è difficile, lento nel tempo un po’ per tutti”. I giovani
all’interno dell’albergo di famiglia “hanno una certa autonomia ma le spalle sono sempre un po’
coperte”.
205
¾
La formazione è sentita come fondamentale per poter “prendere in mano un settore dell’azienda”,
“toglie le insicurezze”. L’argomento che interessa maggiormente è il marketing seguito dalla gestione
dei costi e del personale e dalle nuove modalità di organizzazione delle aziende.
¾
I giovani vorrebbero passare da una gestione familiare ad una più imprenditoriale delle loro aziende.
Indagine effettuata dall’Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi in Val di Fiemme
il 02.05.2007 presso l’Hotel Nele a Ziano di Fiemme.
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
Il Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini dovrebbe effettuare delle riunioni non troppo formali ma
abbastanza frequenti. Esso viene visto come:
¾
•
Un luogo in cui definire e portare a termine progetti concreti:
Il progetto scuole già in atto ha suscitato particolare interesse: “è un modo per far passare l’orgoglio
e la professionalità di coloro che lavorano nel turismo”. “Spesso in Trentino c’è una visione distorta
del lavoro nel turismo e del turista”, “In Austria ed in Alto Adige è diverso, c’è una differente cultura
turistica”.
E’ necessario riuscire a cambiare il modo di pensare comune: “dagli stessi bambini
e
dai
genitori i lavori di barista e di cameriere sono visti come degradanti”, “così chi
fa
la
scuola
alberghiera lo fa non per passione ma perché non ha voglia di studiare”,
“probabilmente anche il fatto
che il lavoro nelle nostre strutture è un’occupazione
stagionale influisce
negativamente”.
“Dobbiamo riuscire a far capire ai bambini che
il lavoro in hotel ha
anche degli aspetti positivi”.
• Formazione del personale: “è importante avere dei collaboratori validi e motivati”, è necessario
“puntare sulla formazione dei dipendenti” e “creare un data base di personale dipendente
qualificato”.
• Formazione degli albergatori: “non soltanto formazione obbligatoria come HCCP, 626,…; sarebbe
interessante avere anche la possibilità di partecipare a corsi di inglese, tedesco e di utilizzo del
computer”.
¾
Un’opportunità di scambio e di confronto con persone che fanno lo stesso lavoro, un’occasione per
“tenersi aggiornati” e per “trovare risposte ai propri dubbi”, “un punto di riferimento per confrontarsi e
parlare, dove posso trovare aiuto se ne ho bisogno dal punto di vista professionale”.
¾
Il portavoce delle esigenze degli albergatori presso altre istituzioni ed organismi provinciali. E’
importante che gli albergatori “siano presenti anche nelle classi dirigenziali, un po’ come avviene in
Alto Adige”.
Il tema del passaggio generazionale
¾
Più che di un passaggio generazionale alla guida delle aziende dei giovani del luogo avviene un
“affiancamento generazionale”. “I miei genitori mi hanno delegato molto, ma loro ci sono sempre…”.
L’affiancamento non è a tempo indeterminato: l’assunzione di una sempre maggiore
autonomia è
vista dagli junior come un qualcosa che avverrà “in modo naturale”.
Indagine effettuata da Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
206
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi sull’Altipiano della Paganella
il 04.05.2007 presso l’Hotel Piz Galin ad Andalo
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
Il Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini dovrebbe trovarsi soprattutto effettuando degli incontri di lavoro. La
sua costituzione potrebbe portare dei vantaggi economici, culturali e di gestione delle aziende alberghiere.
In particolare il Gruppo Giovani dovrebbe:
¾
“Abbattere le barriere” che spesso sono presenti tra i singoli albergatori e tra gruppi di albergatori dei
diversi paesi della zona: confrontarsi, “parlare in modo sincero” dell’andamento della stagione
trascorsa e di eventuali problemi relativi ad esempio all’organizzazione dell’azienda ed ai rapporti
con il personale. “Anche al bar parliamo della stagione, di problemi con il personale,… ma penso
che riunirsi come gruppo di giovani albergatori sia più utile in quanto più serio e strutturato e con
conseguenze più concrete”, anche “un confronto tra albergatori dei differenti paesi potrebbe essere
interessante”
¾ Definire progetti e soluzioni per il futuro:
• Analizzare vantaggi e svantaggi dell’offrire al cliente soltanto la mezza pensione oppure del dare
anche la possibilità della pensione completa: implicazioni sull’organizzazione del personale;
• “Indagare circa la possibilità di aprire l’albergo tutto l’anno”, individuando il giusto target di
clientela ed eventualmente organizzando l’intera località di conseguenza. La possibilità
dell’apertura annuale però “dipende dalle dimensioni dell’hotel” ed inoltre “il fuori stagione serve
anche per l’adeguamento della struttura”.
• Creare un unico sito web per i tre paesi (Andalo, Molveno e Fai della Paganella) in cui inserire
tutti gli hotels suddivisi per categorie e fare in modo che appaia tra i primi nella serie dei risultati
ottenibili sui principali motori di ricerca.
• Trovare un modo per motivare i dipendenti, formarli adeguatamente e dargli delle prospettive di
carriera. “Sarebbe interessante la creazione un data base di personale qualificato a livello
nazionale”.
¾
Organizzare corsi di formazione professionali specifici in particolare sull’utilizzo di internet.
¾
Formare una sorta di “corporazione” per avere una maggiore forza contrattuale nei confronti dei
fornitori.
¾
“Fare lobby”.
Il tema del passaggio generazionale.
¾
I giovani in azienda dovrebbero portare innovazione:
•
Sfruttare maggiormente internet
•
Introdurre un’organizzazione aziendale di tipo più manageriale.
¾
Gli junior hanno una certa autonomia per quanto riguarda prenotazioni, gestione dei rapporti con la
clientela, e-mail ed in generale l’utilizzo di internet ma “sempre con la supervisione dei genitori”.
Indagine effettuata dall’ Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
207
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi nell’Alto Garda
il 07.05.2007 presso il Ristorante Villa Cian a Torbole
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
Per i giovani albergatori dell’Alto Garda il Gruppo dei Giovani Albergatori dovrebbe:
¾
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
¾
Attivare un tavolo di confronto con i diversi operatori turistici della zona: è importante che “i problemi
del territorio ed i progetti che si vanno a definire vengano affrontati da tutte le categorie economiche
della zona assieme”, “per lo sviluppo turistico di un territorio è importante coinvolgere tutte le
categorie economiche”.
Nello specifico:
Individuare un target di clientela “su cui puntare”: si pensa soprattutto ad un turismo giovane e di
tipo medio alto, che abbia una possibilità di spesa abbastanza elevata. Negli ultimi anni il lago di
Garda è visto sempre più come una “zona turistica per anziani” e “questa è la conseguenza di
determinate scelte politiche fatte in passato”.
“Definire un prodotto turistico per soddisfare il target di clientela individuato, ma anche per
assicurare ai residenti la vivibilità della zona”: organizzare eventi, costruire nuove strutture e
migliorare le esistenti (ed esempio discoteche per i giovani).
“Destagionalizzare” organizzando degli eventi aggiuntivi a quelli esistenti nei periodi di bassa
stagione, evitando così il ”sovraccarico di turisti in alta stagione”. L’interesse circa la possibilità di
lavorare tutto l’anno è diffuso.
Sostenere il progetto, già in atto, dello sviluppo di un “bikepark” nell’Alto Garda.
Costituire un unico gruppo di Giovani Albergatori Trentini, trasversale alle due associazioni
attualmente esistenti.
In futuro sarebbe importante che l’Associazione degli Albergatori fosse una soltanto, per “evitare di
sprecare soldi, forze e personale”, “anche i vertici provinciali vorrebbero ci fosse un’unica
associazione, così avrebbero un solo interlocutore anziché due“, “i giovani dovrebbero trovare una
via d’uscita all’attuale divisione”.
Indagine effettuata dall’Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
Indagine sulle attese
dei Giovani Albergatori Trentini
Risultati dell’analisi del focus group tenutosi nelle Valli di Non e Sole
Il giorno 11.05.2007 presso l’Hotel Pippo a Terzolas.
Cosa vorrebbero i giovani albergatori dal Gruppo dei Giovani Albergatori Trentini.
I giovani albergatori delle Valli di Non e Sole vorrebbero che il gruppo giovani fosse:
¾
Un’occasione di incontro tra persone che hanno la stessa professione, un luogo in cui confrontarsi,
parlare di turismo, stagioni, metodi di lavoro, gestione alberghiera, e organizzare corsi e visite
formative. Sarebbe necessario un cambio di mentalità rispetto all’idea di Trentino turistico ereditata
dai genitori: “Ogni albergatore in Val di Sole vede soltanto il suo, non collabora con gli altri: spero
208
che noi giovani riusciremo a superare questo problema”, “Avere la possibilità di confrontarsi è una
linfa incredibile per andare avanti nella gestione delle nostre aziende”.
¾
ƒ
ƒ
¾
Un gruppo che si occupa di risolvere problemi comuni:
Ci sono delle difficoltà a trovare personale formato e qualificato. E’ stata proposta la reintroduzione
del libretto di lavoro.
Creare una sorta di “rete tra albergatori” che si occupi di promozione delle due valli e di vendita di
pacchetti turistici.
Un modo per trovare nuove amicizie con cui svagarsi: “E’ importante avere un gruppo di amici che
ha il mio stesso tempo libero, magari per andare anche in vacanza assieme”.
Il tema del passaggio generazionale
¾
ƒ
ƒ
ƒ
¾
I giovani della zona vorrebbero portare soprattutto innovazione nelle loro aziende, “fare delle
esperienze di lavoro fuori casa, per vedere delle realtà diverse e poi implementare nella propria
azienda gli spunti raccolti”.
In particolare le innovazioni che si vorrebbero apportare sono:
Introdurre un nuovo approccio di gestione alberghiera.
Rendere l’orario per le colazioni più flessibile : “In Inghilterra in albergo la colazione è servita tutto il
giorno”, “Ad esempio all’Isola d’Elba è possibile fare colazione fino alle 12:30”.
Rinnovare i servizi alberghieri offerti.
I giovani dovrebbero essere “introdotti a poco a poco nel lavoro in azienda”, il passaggio dalla
gestione dei senior a quella degli junior non può essere improvviso, è importante che avvenga “in
modo graduale”.
Indagine effettuata dall’Ufficio Marketing ASAT
Maggio 2007
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