Tarquinio Fornari

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Tarquinio Fornari
Contributi 11
La testimonianza di un collega “con le stellette”
L’infermiere militare
Sono più di mille, li trovi nell’Esercito, nella Marina, nell’Aeronautica (ma, anche nei Carabinieri e nella Polizia di Stato) e sono allo
stesso tempo parte integrante del corpus professionale sanitario infermieristico. Grazie alla sensibilità dimostrata verso questo
particolare operatore della salute da parte dalla Federazione Ipasvi, nonché quella manifestata delle Superiori Autorità militari a
tenere in considerazione le problematiche e i desiderata della categoria, l’infermieristica militare sta vivendo un momento
straordinario e propizio, che ha avuto espressione anche nella specifica sezione parallela al XIII Congresso Nazionale tenutosi a
Roma nel settembre 2002
DI
Tarquinio Fornari
TARQUINIO FORNARI*
HI È L’INFERMIERE MILITARE?
LA “MENTALITÀ LOGISTICA”
sesso di specifiche conoscenLa Sanità militare dell’Esercito italiano è istitu- Volendo fare un confronto con la figura infermie- ze che lo rendono competente
zione con caratteristiche complesse, inserita nel- ristica “civile”, si può dire che, pur esistendo status a fronteggiare situazioni d’ela “catena logistica” delle Forze Armate quale diversi, non esistono diversità nelle prestazioni pro- mergenza, con particolare at“corpo”. Questa ha una propria formazione tec- fessionali che essi sono chiamati a compiere. Tut- tenzione a pericoli di natura
nico-militare e professionale, personale e reclu- tavia, proprio in virtù del suo particolare status, al- Nbc (nucleare, biologico, chitamento. In tale contesto, l’infermiere è opera- l’infermiere militare viene chiesto “qualche cosa in mico). Il Pronto Soccorso in zotore sanitario che si colloca nella specifica real- più”: oltre a possedere gli stessi requisiti, gli stessi na d’operazione consiste nel
tà onde poter soddisfare autonomamente – sia titoli ed aver percorso lo stesso iter formativo ne- prestare le prime cure ad un fein tempo di pace che di guerra – agli specifici cessario per l’accesso al servizio sanitario naziona- rito, agendo con rapidità e tenendo sempre ben
bisogni assistenziali, in virtù della competenza le, deve infatti avere anche i requisiti psico-attitu- presente che la conservazione di una vita umana,
e capacità professionale acquisite che gli per- dinali richiesti per l’idoneità al servizio militare in- e della propria, può dipendere dalla tempestività e
mettono, al di là del rapporto prettamente ge- condizionato nonché la specifica formazione mili- dalla correttezza dell’intervento stesso; in tali sirarchico, di agire con autonomia e responsabi- tare di base prevista. Si può dire che questo opera- tuazioni l’infermiere concorre ad assicurare il manlità e di essere un’operatore sanitario affidabile tore sanitario professionale è una figura caratte- tenimento e il ripristino dell’efficienza del persoe in grado di saper erogare prestazioni sicure e rizzata da quella “militarità” che gli consente di con- nale combattente in virtù delle conoscenze fornidi alta qualità a tutta l’utenza che fruisce del ser- solidare la sua efficienza e funzionalità nell’unità tegli e che sono relative al soccorso immediato, al
vizio sanitario militare. L’infermiere militare è d’intenti, nel rigore morale, nel senso della disci- primo trattamento, allo sgombero, al risanamento
un sottufficiale di carriera, che ha regolarmen- plina e della gerarchia, nella silenziosa operosità, del campo di battaglia, all’infermieristica nelle rete seguito, in passato, lo specifico Corso trien- con un potenziale professionale impiegabile sia in trovie.
nale di formazione tecnico-professionale e, og- tempo di pace che di guerra, in funzione degli obietgi, il corso di laurea per infermiere, in virtù del tivi assistenziali cui deve tendere con la sua azio- COME AVVIENE IL RECLUTAMENTO
quale è abilitato all’esercizio della professione. ne. In virtù della sua specifica formazione si muo- Fare l’infermiere militare è sicuramente una scelOltre ad attenersi con disciplina e onore a tutti ve con versatilità in aree diverse, quale quella ospe- ta di valori, poiché occorre essere consci del fatto
i doveri di carattere militare, l’infermiere mili- daliera, quella territoriale e quella di mobilitazio- che la propria professionalità sarà richiesta, pritare collabora con l’ufficiale medico per orga- ne, ove porta il suo qualificato contributo grazie a ma o poi, in condizioni di lavoro decisamente estrenizzare la specifica attività, nel quadro della tu- quella “mentalità logistica” che lo contraddistin- me, dove oltre che la preparazione è richiesta una
tela globale della salute all’interno della propria gue dal collega civile. Infatti, nella mobilitazione – grande dose di coraggio personale. Per fare il sotforza armata. Inoltre egli è al servizio della na- ovvero il complesso di predisposizioni e di opera- tufficiale infermiere l’iter formativo è quello prezione nelle emergenze sanitarie e di protezione zioni pianificate per effetto delle quali le F.A. pos- visto per i “quadri non dirigenti” del Corpo sanicivile e al servizio della comunità internaziona- sono passare dall’ordinamento e dall’organizzazio- tario, che sono i marescialli i quali, secondo la più
le nel quadro delle missioni umanitarie e di pea- ne in tempo di pace a quelle di guerra – si inseri- recente riorganizzazione delle macro specializzace-keeping, che lo portano a prestare la sua ope- sce la logistica sanitaria, che dovrà essere cono- zioni del ruolo, svolgono le funzioni di personale
ra al di fuori dei confini nazionali risultando co- sciuta sia dal medico che dall’infermiere militare. sanitario infermieristico (laurea). Per entrare in
sì esposto oltre che ai quotidiani rischi profes- È nel contesto operativo del combattimento che questa categoria bisogna passare attraverso il consionali, anche a quelli di natura tipicamente mi- meglio si evidenzia la figura infermieristica sanita- corso per allievi marescialli alla Scuola sottufficiali
litare. Conseguire il titolo di infermiere nelle ria militare, quale operatore professionale in pos- dell’Esercito di Viterbo, bandito dal ministero della Difesa, ed acquisire in questa
Forze Armate rappresenta l’acfase la Laurea in “Scienze orgaquisizione di un attributo di parpropri atti, cioè con l’obbligo di risponnizzative e gestionali”. Successivaticolare prestigio e livello tecnidere del proprio operato se eseguito in
mente si potranno frequentare i
co-culturale, tant’è che a tale
modo non corretto. In particolare sarancorsi presso la Scuola di Sanità e
professionista viene chiesto di
no affrontate le problematiche connesse
Veterinaria di Roma Cecchignola.
operare e di agire in un conteIl Collegio Ipasvi di Perugia organizza, per con la responsabilità professionale. Da
il prossimo 29 novembre, un Convegno al una cattiva pratica professionale possosto che sempre più spesso riquale prenderà parte il maresciallo An- no infatti derivare conseguenze lesive dei
chiede capacità di gestione e di
I COMPITI
tonio Gentile del “Centro Selezione Na- diritti altrui, con conseguenze giuridiche,
controllo con l’obiettivo di riDELL’INFERMIERE
zionale” dell’Esercito di Foligno. Nel- di volta in volta, di carattere penale, cispondere in modo sempre più efMILITARE
l’ambito dell’incontro si parlerà di come vile, amministrativo, disciplinare derificace ed efficiente alla domanAl personale appartenente al ruol’espletamento dell’esercizio della pro- vanti, nel caso di specie, sia dallo status di
da in continua crescita di prelo dei marescialli sono attribuite
fessione infermieristica sia intrinseca- militare che dagli obblighi di iscritto al
stazioni sanitarie di qualità.
funzioni che richiedono un’ademente connesso con la responsabilità dei Collegio Ipasvi.
C
Perugia: un incontro
sulla responsabilità
12
Contributi
l’infermiere 7/2003
guata preparazione professionale. In tale ambito essi:
• sono di norma preposti ad unità operative, tecniche, logistiche, addestrative e ad uffici;
• svolgono, in relazione alla professionalità posseduta, interventi di natura tecnica-operativa nonché compiti di formazione e di indirizzo del personale subordinato;
• espletano incarichi la cui esecuzione richiede continuità
d'impiego per elevata specializzazione e capacità di utilizzazione di mezzi e strumentazioni tecnologicamente
avanzate.
Al personale che riveste il grado di “primo maresciallo” nonché di “luogotenente” sono attribuite funzioni che implicano un maggior livello di responsabilità, sulla base delle esigenze tecnico-operative stabilite in sede di definizione delle strutture organiche degli Enti e delle Unità. In tale contesto essi:
• sono diretti collaboratori dei superiori gerarchici che possono sostituire in caso di impedimento o di assenza;
• assolvono in via prioritaria, funzioni di indirizzo o di coordinamento con piena responsabilità per l’attività svolta.
Nell’area ospedaliera e territoriale, i compiti e le attribuzioni infermieristiche, sono quelle previste dalla vigente
normativa tecnico-professionale e tecnico sanitaria militare e – nello specifico settore – le sue principali funzioni sono rivolte:
• alla direzione, coordinamento e al controllo dell'attività infermieristica assistenziale (ricovero e cura);
• all’attività infermieristica militare specifica;
• all’assistenza sanitaria durante le esercitazioni a fuoco;
• alla prevenzione delle malattie infettive;
• all’igiene alimentare;
• all’igiene mentale;
• all’igiene sul lavoro;
• alla tenuta dei materiali;
• all’amministrazione medico-legale;
• alle disinfezioni e disinfestazioni (“piccole” e “medie”);
• alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti;
• ai mezzi di soccorso (intendendo con questo termine l’autoambulanza di tipo B, di tipo A e l’eliambulanza).
Alla responsabilità legata alla funzione ricoperta si cumula
quella per la competenza professionale; come la sfera della
responsabilità professionale è strettamente corrispondente
alla sfera di competenza, altrettanto la sfera di responsabilità funzionale è strettamente correlata alla sfera della qualifica funzionale con la quale il professionista si trova inquadrato nel contesto dell’Organizzazione cui appartiene. L’infermiere militare, in virtù del suo particolare status, è chiamato a rispondere in maniera “doppia” visto che, oltre ad attenersi a quanto previsto per l’esercizio professionale, sia in
regime di dipendenza che libero professionale, deve attenersi
a quanto previsto dai suoi doveri di carattere generale che
sono fissati dalla normativa disciplinare militare e sanitaria.
E questo perché l’infermiere ha una sua prassi medico-legale non delegabile legata alla sua funzione infermieristica che,
insieme a quella medica, completa a 360° l’attività sanitaria
primaria.
IL VALORE DI UNA SCELTA
Il corpus sanitario infermieristico militare, nel rispetto delle
nostre tradizioni che “devono” restare immutate poiché è in
queste che attingiamo la forza di essere noi stessi nel lavoro
e nella vita, può dare un notevole contributo al miglioramento
dell’Istituzione sanitaria militare a patto che si senta protagonista del mutamento. Riflessione, stimolo, dinamicità, “orgoglio” professionale, determinazione nel sentirsi risorsa strategica di primo piano, percezione del mutamento in qualità
di protagonista sono solo alcuni dei capisaldi da avere a riferimento in questa evoluzione. In questo passaggio, ciascun
infermiere militare ha in sé le risorse adeguate per conseguire traguardi di eccellenza personali ed istituzionali, non
solo in ambito del dicastero della Difesa, ma anche nel contesto dell’intera sanità nazionale con la forza dei suoi ideali,
con il quotidiano impegno e con il “senso dello Stato” che lo
caratterizza.
*Sottufficiale Infermiere, Area Tecnica
Stato Maggiore Difesa
A Ginevra la Conferenza
dell’International Council of Nurses
“COSTRUIRE
L’ECCELLENZA
ATTRAVERSO
L’EVIDENZA”
DI
P
GIOVANNI MUTTILLO*
iù di mille i partecipanti, provenienti da quasi
cento Paesi, alla conferenza internazionale “Costruire l’Eccellenza attraverso l’Evidenza”, organizzata dall’International Council of Nurses (Icn)
nelle giornate del 27, 28 e 29 giugno 2003 a
Ginevra. E per la prima volta hanno partecipato all’incontro alcuni colleghi italiani provenienti da diverse Regioni, tra cui una delegazione del Collegio Ipasvi Milano-Lodi, anche in
rappresentanza della Federazione nazionale dei
Collegi, e Santina Bonardi, presidente della Cnai
(Consociazione Nazionale Infermieri).
La scelta di prendere parte all’iniziativa si è basata su una valutazione del Collegio Milano-Lodi in merito alla condizione degli infermieri in
Italia e nel mondo: gli scenari lavorativi ed i
contesti professionali sono mutevoli, le condizioni di lavoro differenti, ma le sfide sembrano
essere identiche. Ed altrettanto identiche potrebbero essere le soluzioni. Da ciò discende la
necessità di un confronto internazionale grazie
al quale individuare le risposte alle principali
criticità della professione, prime fra tutte la carenza infermieristica (che ha portato a situazioni di emergenza in realtà politiche e geografiche anche molto diverse dalla nostra), seguita dal conseguente burn-out (con elevati livelli di insoddisfazione dei professionisti del
nursing) e dall’esigenza di prestare un’adeguata attenzione alla qualità dell’assistenza, a garanzia del servizio reso all’utente.
Tra i relatori di particolare rilievo la principessa Muna di Giordania, patrono per il nursing e
l’ostetricia all’Organizzazione Mondiale della
Sanità – Sezione Regionale del Mediterraneo
Orientale, Stephen Lewis, inviato speciale delle Nazioni Unite per la lotta all’Hiv ed all’Aids,
Linda Aiken, ricercatrice e docente di Scienze
Infermieristiche al Center for Health Outcomes
and Policy Research di Philadelphia, Sheila Tlou,
leader per la salute ed il nursing in Africa, e l’italiana Julita Sansoni, rappresentante della Cnai
(Consociazione Nazionale Infermieri).
Le tematiche trattate hanno spaziato fra i diversi ambiti professionali, con interventi sulle
principali criticità del nursing: dai livelli di assistenza alla sicurezza dei professionisti, dalla
visibilità della professione alla gestione del personale, dall’informazione al paziente alla misurazione degli outcome, dall’Evidence Based Nursing alle classificazioni internazionali. Senza
trascurare temi di scottante attualità, come l’as-
sistenza al malato di Sars, la cura del malato di
Aids e la persistente carenza infermieristica.
Un aspetto di primaria importanza, nel contempo causa ed effetto della carenza, sembra essere
la forte migrazione di infermieri, non solo dai
Paesi in via di sviluppo ai Paesi sviluppati, ma anche tra realtà affini. Una migrazione fondamentalmente determinata da condizioni di lavoro inadeguate che attiva i “fattori pull” (ovvero fattori
di attrazione), come le paghe elevate, il contesto
lavorativo, le risorse a disposizione dei sistemi
sanitari, le opportunità di carriera, i percorsi formativi post-base e la stabilità politica del Paese.
“Questi elementi – spiegano all’Icn – vengono
sfruttati con sapienza da alcuni Paesi sviluppati,
che non sono riusciti a mantenere un numero
adeguato di figure professionali infermieristiche,
per attrarre professionisti dall’estero. Sull’altro
fronte, inoltre, la migrazione è anche determinata dai “fattori push” (che respingono, ndr) del
Paese d’origine, come i bassi livelli salariali, la carenza delle risorse e delle attrezzature necessarie all’esercizio della professione, i numerosi rischi professionali, l’instabilità economica del Paese, portando alla forte migrazione di figure professionali”. “Le soluzioni ci sarebbero – aggiungono i relatori – si tratterebbe di migliorare le
condizioni di lavoro, gli stipendi e l’immagine
della professione nei vari Paesi, perché spesso un
infermiere preferisce lavorare nel Paese d’origine, a patto che il contesto sia favorevole, o comunque sostenibile”. Ma sarebbe importante anche che ci fossero dei flussi reciproci, per non
lasciare dei vuoti incolmabili.
Un esempio di successo in questo senso è stato
illustrato da Shariffa Saif al-Jabri, direttore degli Affari Infermieristici del ministero della Salute dell’Oman: una partnership tra il Sultanato dell’Oman ed il Corpo infermieristico dell’Esercito degli Stati Uniti, ha risolto, seppur in parte, il problema dell’eccessiva immigrazione di figure infermieristiche. “Stiamo attuando un piano di nazionalizzazione della forza lavoro infermieristica – spiega al-Jabri – con risultati molto soddisfacenti, conseguiti attraverso la valorizzazione della professione, l’istituzione del Consiglio di Infermieristica ed Ostetricia, la regolamentazione dell’esercizio professionale e la realizzazione del corso di laurea in Scienze Infermieristiche. In questo percorso, un ruolo fondamentale viene svolto dalla condivisione di informazioni e dalla collaborazione a livello in-
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ternazionale”. Così l’Oman è stato classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra i dieci Paesi al mondo con la migliore copertura del sistema sanitario (Report
dell’Oms, 2000).
Sempre in merito all’importanza del contesto lavorativo,
inoltre, si è rilevato come dei semplici cambiamenti a livello organizzativo potrebbero avere una forte influenza
positiva sulla carenza infermieristica e sugli outcome dei
professionisti del nursing e dei pazienti. Infatti, come ha
sostenuto Linda Aiken, l’organizzazione del lavoro è fra le
cause/effetti principali dell’emergenza,: “L’eccessivo carico di lavoro, conseguenza della carenza, porta sovente gli
infermieri ad elevati livelli di insoddisfazione, ad una situazione di burn-out e ad una spinta all’abbandono, ben
quattro volte superiore alle condizioni che si verificano in
un contesto di normalità. Ciò, in una sorta di circolo vizioso, si riflette sull’emergenza, aggravandola ulteriormente”.
E i risultati della ricerca “International Hospital Outcomes”,
attuata dal Center for Health Outcomes and Policy Research
dell’Università della Pennsylvania, confermano questa ipotesi, evidenziando l’impatto dell’ambiente lavorativo sulla
qualità dell’assistenza. Lo studio, basato su un campione di
otto team interdisciplinari di ricerca infermieristica in Canada, Stati Uniti, Germania, Nuova Zelanda e Regno Unito, ha evidenziato come la carenza infermieristica, l’insoddisfazione ed i livelli di burn-out – strettamente connessi
l’uno all’altro – influiscano profondamente sui risultati dei
pazienti. “Quando il rapporto paziente/infermiere passa da
4/1 ad 8/1 i casi di burn-out raddoppiano, il 75% del personale segnala di essere insoddisfatto del proprio lavoro ed
i tassi di mortalità aumentano del 30%. Dall’analisi emerge inoltre che, se nelle strutture ospedaliere il rapporto paziente/infermiere fosse 4/1, si potrebbero registrare circa
20.000 casi di decesso in meno”, spiega Aiken.
In relazione all’emergenza, le statistiche evidenziano una
situazione allarmante: i livelli di burn-out sono molto elevati (43% negli Stati Uniti e 36% in Canada) e l’insoddisfazione si assesta su valori simili (rispettivamente 41% e
33%), con importanti conseguenze sulla spinta ad abbandonare il posto di lavoro. Trend in aumento in tutti i
Paesi presi in considerazione dall’analisi, soprattutto nel-
la popolazione inferiore ai trent’anni. Ciò dimostra come
generalmente vi sia una concreta e diffusa difficoltà, da
parte delle strutture sanitarie, ad attrarre e mantenere
personale infermieristico. Le risposte al problema potrebbero essere diverse: migliori possibilità di carriera,
adeguata distribuzione dei carichi di lavoro, ma anche,
come sostiene Linda Urden dell’American Nurses Credentialing Center, “ l’importante apporto dei dirigenti infermieristici, i quali possono assicurare che il contesto lavorativo sia adeguato alla pratica professionale”.
Dai dati della ricerca emerge inoltre un ulteriore aspetto di primaria importanza, che ha un notevole impatto sugli outcome dei pazienti: si tratta della formazione del
personale infermieristico, analizzata e dibattuta anche a
livello internazionale. Infatti, laddove aumenta la percentuale di infermieri con una formazione universitaria,
i tassi di mortalità dei pazienti sono significativamente
più contenuti. Per ogni incremento del 10% del personale infermieristico con formazione a livello universitario, si registra una diminuzione della mortalità del 6%,
“Da cui discende che, se le strutture sanitarie degli Stati
Uniti disponessero ad esempio del 60% di personale infermieristico con formazione universitaria, si potrebbero registrare 14.000 casi di decesso in meno (20%), per
procedure chirurgiche comuni, rispetto alla situazione
attuale”, afferma Aiken.
Quindi, l’ambiente e la formazione hanno influenze fondamentali sugli outcome per gli infermieri ed i pazienti, indipendentemente dal contesto culturale e sociale di riferimento.
Se a problematiche comuni a livello internazionale, possono corrispondere soluzioni simili, si può quindi arrivare a
parlare di Nursing come Comunità Globale, in cui anche
le ipotesi di intervento divengono affini. In tal senso, ha
sottolineato la relatrice italiana Julita Sansoni, è opportuno che vi siano dei linguaggi condivisi, come nel caso della Classificazione internazionale per la pratica infermieristica (Icnp), in grado di consentire il confronto tra le organizzazioni, le strutture e le discipline sanitarie nei diversi Paesi. È necessario realizzare un maggior numero di ricerche infermieristiche su base internazionale, finanziate
dai diversi Paesi coinvolti: dagli studi e dal benchmark do-
Lettera
Sono un infermiere professionale e lavoro in un Dea (Dipartimento Emergenza Accettazione) di
un ospedale romano. Vorrei fare un’analisi della situazione degli infermieri in Italia. Leggo le riviste che ogni mese il Collegio Ipasvi (Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari, Vigilatrici d’infanzia) ci invia a casa, leggo i giornali, guardo la televisione, parlo con i colleghi in ospedale e
nelle cliniche private e mi rendo conto che per noi, in Italia, non c’è speranza. In particolare il
Collegio di cui sopra ci riempie la testa e il cuore di notizie sul futuro roseo della professione, sulla laurea infermieristica, sui profili professionali, sul fatto che non siamo più “paramedici” bensì una figura che opera in équipe con il medico... e penso, anzi so, che sono tutte stupidaggini!
La realtà è un’altra: siamo una professione allo sbando che si regge sui miracoli dei singoli professionisti che giorno e notte, sottopagati e sfruttati, si ammazzano letteralmente di lavoro nelle cliniche private e negli ospedali. Ci sono realtà nelle quali un infermiere professionale lavora
da solo con trenta malati di Alzheimer, con turni massacranti e uno stipendio da fame; gli ospedali, una volta pubblici, sono diventati Aziende ospedaliere dove si pensa solo ai DRG (Desease Related Group), ai necessari ma schifosi soldi, perdendo di vista il ruolo centrale del malatoutente, di noi esseri umani che in qualunque momento possiamo diventare malati. L’opinione pubblica non ci considera affatto: quando in televisione o sui giornali ci sono servizi sulle professioni che lavorano durante le feste, si parla di polizia, carabinieri, vigili del fuoco, guardia di finanza, medici, giornalai, volontari, mai degli infermieri; al contrario quando succede qualcosa
nei reparti i primi ad essere denunciati dai pazienti, dai parenti e dal Tribunale dei diritti del
malato siamo noi infermieri, sui quali, oltre a tutti i rischi professionali ai quali andiamo incontro (malattie infettive a trasmissione ematica e respiratoria, problemi muscolari ed ortopedici,
radiazioni ionizzanti, sindrome del burn out, ecc. ecc.) ricadono tutte le responsabilità, anche
quelle che non dipendono da noi. C’è una spaventosa carenza di personale perché nessuno vuole più fare l’infermiere e cosa si fa per correre ai ripari? Si chiamano cooperative di infermiere
straniere, albanesi, rumene, polacche, filippine, che spesso non sanno nemmeno parlare l’italiano, con diplomi che magicamente vengono equiparati in pochissimo tempo e un ignobile ritorno
al “caporalato”. Non si danno incentivi e aumenti di stipendio ad operatori e professionisti che
svolgono un lavoro difficile, tecnico, psicologico, educativo, stressante, impegnativo, sul quale si
basa tutta la sanità. I soldi non sono tutto è vero, ma quando si fanno i turni lavorando matti-
Comitato Infermieri Dirigenti
Le problematiche organizzative in un contesto competitivo come quello attuale sono caratterizzate dalla sempre
più marcata attenzione al servizio del “consumatore”.
Le aziende sanitarie devono di conseguenza perseguire
contemporaneamente obiettivi diversi quali quelli dell’innovatività, della qualità, della flessibilità e dell’equilibrio dei costi; per poter conseguire questi obiettivi le
aziende devono dotarsi di una elevata capacità di coordinamento delle proprie attività.
L’organizzazione per processi rappresenta forse il miglior
tentativo di dare una risposta adeguata e coerente a questi problemi, così come la promozione del governo clinico nei Distretti e nei Dipartimenti è un’innovazione strategica per aggiungere più qualità al sistema ed integrare
i percorsi assistenziali nel territorio e in ospedale.
Questi e altri argomenti saranno sviluppati e approfonditi
durante il Corso-Convegno del Comitato Infermieri Dirigenti
(C.I.D.), che si terrà ad Orvieto il 4-5-6 Dicembre prossimi.
Per informazioni tel. 0763-344666
vrebbe discendere una politica di sviluppo estesa su scala
globale ed orientata ad obiettivi comuni, con una maggiore propensione, da parte anche dei decisori politici, ad attuare i modelli di successo sviluppati in altri contesti.
*Presidente del Collegio Ipasvi di Milano - Lodi
(La bibliografia delle ricerche citate
è disponibile sul sito: www.icn.ch)
na, pomeriggio e notte, quando non esistono feste, quando si ha una famiglia e magari dei figli,
ci si rende conto che veniamo pagati in modo veramente ridicolo!
Un’ultima cosa, una implorazione ai colleghi infermieri che ogni secondo si dedicano ad assistere
e spesso salvare altri esseri umani: dobbiamo essere uniti, sempre, per impedire di essere “violentati” ogni giorno da chi vuole dividerci, comandarci, sfruttarci, farci essere dei burattini e semplici “lavapadelle” agli occhi delle persone, dei medici ma soprattutto dei pazienti, il fulcro della nostra professione. Non lasciamo che le giuste lamentele che ogni giorno si sentono in corsia,
negli ambulatori, negli spogliatoi, rimangano sterili parole dette al vento. È ora di crescere come professione, di maturare come esseri umani e come professionisti!
Credo di essere un’infermiere molto bravo, professionale, umano che ama questa professione e
che, a maggior ragione soffre moltissimo nel vederla “violentata” ogni giorno; mi piange il cuore nel dover scrivere questa lettera ma non posso rimanere in silenzio mentre intorno a me, a noi,
si svolge una immensa farsa che ci vede testimoni ridicoli ed inconsapevoli!
Spero che questa lettera verrà pubblicata e presa in considerazione anche se so che si tende ad
eliminare chi dà fastidio, chi và controcorrente, chi, lavorando in prima linea e non dietro una
scrivania con uno stipendio di tremila euro al mese, sperimenta sulla propria pelle la realtà e la
drammaticità della vita.
Roma, 29 Agosto 2003
Alessandro Iacovone
Uno sfogo estivo? Non solo. Sono convinta che molti riconosceranno nelle parole di
questo collega i problemi, le amarezze e le preoccupazioni che rendono spesso difficile
il nostro lavoro. La pubblichiamo perché davvero non vogliamo, come scrive Iacovone,
“che le giuste lamentele che ogni giorno si sentono in corsia, negli ambulatori, negli
spogliatoi, rimangano sterili parole dette al vento. È ora di crescere come professione,
di maturare come esseri umani e come professionisti!”. Questo è l’obiettivo del nostro
lavoro nella Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi: parliamone di più. Insieme...
Annalisa Silvestro
Presidente Federazione Nazionale Collegi Ipasvi