L`integrazione scolastica dei disabili: problemi e prospettive

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L`integrazione scolastica dei disabili: problemi e prospettive
IRC E ALUNNI DISABILI/2
L’integrazione scolastica
dei disabili:
problemi e prospettive
«Abituati a convivere con la minorazione – e
a sopportarla – i disabili non ne hanno l’immagine insopportabile di chi è sano. E la fede non è una fuga, ma una conquista» (Giuseppe Pontiggia).
Per la riflessione
e l’azione didattica
Marcella Pomponi
pegnino ad avviare opportune iniziative per la
sensibilizzazione generale al problema della
disabilità: istanza urgente, visto che un’adeguata integrazione dei disabili è ancora lontana.
■ L’urgenza di tale istanza nasce soprattutto
dalle difficoltà, spesso molto ardue da superare, che la società nel suo insieme e le varie
istituzioni pongono davanti ai disabili come
ulteriori ostacoli, oltre a quelli intrinseci alla
loro condizione. E queste difficoltà persistono
nonostante le conquiste giuridiche e le favorevoli normative sociali degli ultimi anni.
1
CULTURA DELL’INTEGRAZIONE:
IL GIÀ FATTO E IL DA FARE
1.1. Un nuovo stimolo
all’impegno: il 2003,
anno europeo dei disabili
■ Il Consiglio dell’Unione Europea ha proclamato il 2003 «anno dei disabili» per sensibilizzare le istituzioni educative e l’intera
società civile al grave problema della tutela
dei disabili nei confronti delle varie forme di
discriminazione e di emarginazione più o meno palesi che ancora persistono, così che anch’essi possano giungere a godere di pari diritti (Decisione 3/12/2001).
Abbiamo qui, dunque, un nuovo stimolo perché i responsabili delle varie istituzioni si im-
■ L’iniziativa dell’anno dei disabili costituisce
dunque un’occasione per mobilitare gli stessi
disabili, le loro famiglie, i loro rappresentanti, le istituzioni scolastiche, le associazioni
culturali e religiose... al fine di proporre obiettivi politici, sociali, pedagogici nuovi ed estesi a tutti i livelli, e di far maturare decisioni
miranti all’integrazione.
1.2. Il servizio della scuola
e dell’IRC
■ Per quanto riguarda la scuola e l’IRC, ciascun operatore – nell’ambito della propria responsabilità e del proprio servizio – è chia-
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mato a far sue le intenzioni dei promotori
dell’anno europeo di sensibilizzazione al problema della disabilità, applicandole ai seguenti obiettivi:
• far in modo, attraverso iniziative adeguate,
che si accresca la sensibilità nel tutelare i disabili contro ogni forma di discriminazione,
così che possano godere di pieni e pari diritti;
• sviluppare una più adeguata sensibilizzazione alla comprensione dell’eterogeneità delle forme di handicap, in vista dell’attivazione
di interventi più mirati, e quindi più efficaci,
nelle varie istituzioni educative (specie la famiglia e la scuola) e nelle comunità sociali
(religiose e civili);
• operare perché venga intensificata la cooperazione tra i governi, le parti sociali, i servizi sociali, i gruppi di volontariato, gli stessi
soggetti disabili (insieme ai loro familiari),
così da evitare la frammentazione degli interventi e le carenze degli aiuti necessari;
• favorire la crescita di una coscienza più
sensibile al diritto dei bambini e dei giovani
disabili ad un pari trattamento nell’insegnamento;
• incoraggiare le istituzioni a riflettere e a discutere sulle misure necessarie per promuovere pari opportunità per i disabili in Europa
(favorendo anche l’emulazione tra i diversi
stati della Unione e la promozione di scambi
di esperienze efficaci, attuate nei vari Paesi);
• sollecitare i governi, le forze sociali, le varie organizzazioni... a tutelare i disabili da
ogni forma di discriminazione, sviluppando a
livello europeo una cooperazione tra il personale specializzato e i docenti, per una migliore integrazione scolastica.1
1.3. Un anno di particolare
attenzione alla disabilità
■ L’anno europeo dei disabili sollecita il
mondo politico, culturale, sociale e religioso
a ripensare il modo di rapportarsi con una
realtà «viva» che ci sta accanto, che ci provoca; che però molto spesso viene elusa perché
Questa vignetta di Quino e l’altra di Marcenaro
(a p. 64) sono utili stimoli per la conversazione
con gli allievi.
si è immersi in una vita sociale, marcata da atteggiamenti di indifferenza o estraneità, e
spesso segnata da egoismi personali.
È necessario diventare più consapevoli della
diversità, maturare nella cultura della diversità: ricordando che è quella stessa nella quale il disabile è immerso, alla quale partecipa
tutti i giorni. A tale cultura deve essere congiunta quella dell’integrazione, nella convinzione che la diversità è un frammento vivo e
vitale della cultura stessa.
È ormai chiaro che l’autonomia scolastica
(DPR 275, 1999) ha come principio fondante
la categoria della diversità. L’autonomia scolastica nasce con l’obiettivo di garantire il
successo formativo a tutti gli allievi. Questa
impresa è possibile se la si porta avanti sul
piano organizzativo e metodologico-didattico
nel rispetto della diversità di tutti gli allievi; e
tenendo presenti non solo i ritmi di apprendimento, ma anche gli stili apprenditivi e tutte le
caratteristiche personali.2
■
«http://www.ccssicilia.it/2003annoeuropeodisabili.com».
BINI S., Diversità ed educazione. Il presupposto e il fondamento del curricolo flessibile nella scuola dell’autonomia, Roma, Anicia, 2002.
1
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1.4. «Normalità» e «disabilità»
■ Da quanto si è detto appare evidente l’opportunità di dedicare un anno ai disabili. In
particolare sottolineiamo come esso solleciti i
vari settori della cultura a riflettere sui comportamenti comuni e diffusi nei confronti di
chi viene considerato «diverso»; e questo in
vista di un superamento della paura del limite e della dipendenza, per aprire sempre più le
menti agli aspetti «dissonanti» presenti nel
mondo della disabilità.
Le dissonanze fanno ovviamente riferimento
alle attese e alle conoscenze di una cultura
fondata sulla «normalità».
Ma proprio questo fa problema. Infatti, che
cosa è la normalità, o di quale normalità si
tratta?
Anzitutto si deve ricordare che non esiste
solo la diversità del disabile. Di «diversità» se
ne registrano tante nella nostra società: diversità dovute alla mancanza di quei beni materiali che sono generalmente diffusi in un
dato contesto sociale; diversità legate al fatto
che si appartiene a minoranze etniche, linguistiche, culturali e/o religiose; diversità che
nascono dalle ideologie politiche.
È tremendamente vero, però, che i «grandi
diversi» sono ancora oggi i disabili che, per
uno svantaggio permanente, non sono in grado di partecipare alla vita senza aiuti speciali.
In base a una prospettiva culturale perversa, i
«diversi» costituiscono quella categoria di
persone che mettono a repentaglio il tuo schema mentale, che ti costringono a rivedere i
tuoi parametri cognitivi. In una parola, uno
considera «diverso» colui che lo induce a
mettere in discussione il proprio quadro di
riferimento culturale.
fanno qualche «buona azione» nei confronti di
chi è disabile.
Troppo spesso si dimentica che la diversità
implica un intreccio sottile di rapporti nella vita quotidiana ed esprime una presenza che è
specifica (quella del disabile) e – nello stesso
tempo – collegata alla realtà sociale, nella
quale convivono sani e malati, «normali» e
«diversi».
Triste realtà sotto gli occhi di tutti (e di essa spesso le cronache danno notizia) è il fatto
che in molti contesti il disabile è ancora discriminato, o viene sopportato con «benevola
sufficienza»: in particolare nei luoghi in cui è
prevista in forma istituzionale la sua presenza
(più per beneficenza che riconoscimento di
un diritto).
■
1.5. Il lungo cammino
dell’integrazione
■
■ La cultura della diversità, purtroppo, è ancora vistosamente assente dalla media della
gente. Ed è assente anche in molti responsabili
delle istituzioni civili, sociali e pedagogiche,
che – trincerati nella propria «normalità» –
pensano di avere la coscienza a posto perché
È doveroso anzitutto rilevare che la scuola,
specie quella dell’obbligo, sembra essersi dotata – prima e maggiormente, rispetto ad altri
luoghi sociali – di strumenti adatti per rispondere ai bisogni educativi speciali dei disabili. Tuttavia, i responsabili scolastici e i
docenti devono diventare molto più consapevoli dell’aiuto da dare a tutti gli allievi per lo
sviluppo delle loro potenzialità personali, così che possa essere percorsa meglio la via della piena «integrazione».3
■
L’azione formativa della scuola ha come
istanza fondamentale il rispetto dell’identità
personale, sociale, culturale, religiosa di ciascuno degli alunni. «La scuola dell’autonomia
viene letta come scuola del riconoscimento e
della valorizzazione delle identità personali,
prima che delle identità delle realtà sociali,
evidentemente in ossequio ad una fedele interpretazione della concezione personalistica
che si ritrova delineata nella Costituzione re-
■
3
GELATI M., in www.pedagogiasperimentale.it, (by Pedagogia sperimentale e ricerca didattica, n. xx).
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zione tra il mondo degli alunni disabili e quello dei sani.
I docenti susciteranno interesse su questo versante con la presentazione, come prevede la
scuola dell’autonomia, di progetti significativi, capaci di «svegliare» le coscienze di tutti
(docenti, associazioni di volontariato, famiglie).
Tutto questo con il fine di dare alla «integrazione» un contenuto concreto e un marchio di
«qualità».
2.1. L’impegno dell’integrazione
(Marcenaro)
pubblicana del 1948 e che non può essere sacrificata alle logiche oggi emergenti del mondo economico e produttivo».4
Ma è giusto chiedersi quanto tale affermazione effettivamente valga se riferita all’integrazione dei disabili nella scuola.
E la risposta è questa: nella nostra scuola i disabili non trovano in genere piena soddisfazione alle loro richieste; e ciò sembra dovuto al
fatto di essere una scuola ancora meritocratica
e organizzata in base a una visione selettiva
dello studio. Così chi è disabile – per limiti o
menomazioni personali, di cui non è colpevole o responsabile – non va avanti.
Di qui l’esigenza di un forte impegno di rinnovamento.
■
2
COME REALIZZARE
L’INTEGRAZIONE
Ogni inizio di anno scolastico è caratterizzato da una «caduta a pioggia» di progetti di
ogni tipo, che il Collegio Docenti approva
(spesso con noia) pur di non “perdere altro
tempo”. Educazione ambientale, educazione
alimentare, educazione alla salute... sono proposte che ritornano con puntuale circolarità all’approvazione di questo organo collegiale.
A volte si ha l’impressione che la creatività –
pure presente in gran parte dei docenti – venga smorzata proprio quando ci si confronta
con il gruppo dei colleghi.
E dire che, con l’avvento dell’autonomia, la
scuola è invitata ad acquisire una sua soggettività culturale, organizzativa e progettuale,
una capacità di iniziativa, di elaborazione dei
piani di studio e di negoziazione nei confronti delle famiglie, dei soggetti pubblici e privati
esterni alla scuola. Proprio su questa base i
Collegi Docenti (ed in essi gli Insegnanti di
Religione) dovrebbero essere i difensori di
ufficio dei disabili e i volani trainanti nell’elaborazione di progetti educativi che tengano
adeguatamente presenti tali alunni. E questo
nella convinzione – in controtendenza – che il
servizio educativo è prioritario rispetto agli altri.
■
Quanto all’integrazione in ambito scolastico, c’è da chiedersi perché essa – nono-
■
Nella scuola, luogo di crescita e maturazione
culturale, i docenti sono chiamati a contribuire alla realizzazione di una vera integra-
4
BINI S., o.c., p. 8.
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stante che i suoi principi siano acquisiti a livello pedagogico e didattico – non si realizzi
a beneficio di tutti gli allievi.
Ecco, in proposito, qualche osservazione, che
richiama responsabilità della scuola e più ampie responsabilità sociali.
• Mentre le statistiche dicono che circa il
12% della popolazione mondiale è soggetta a
menomazioni e disabilità varie, una parte notevole della società tende ancora a non prendere coscienza di tale realtà e a non riconoscere a tutti i diritti che loro competono.
• Quanto alla «cultura delle diversità» si deve constatare che – nonostante i dibattiti politici, sociali, religiosi, pedagogici – essa non
è un dato già acquisito.
• Di qui l’impegno per ogni scuola di far maturare una cultura della diversità, così da permettere a ciascun alunno di vivere la propria
diversità.
• Quindi la scuola non può permettersi di negare la «diversità», ma deve invece riconoscerla e valorizzarla. Deve attivare l’attenzione verso i bisogni differenziati e realizzare
un’integrazione che sia trasversale ad ogni
intervento educativo. Ciò richiede una continua riflessione, critica e la trasformazione a livello di mentalità e di comportamenti.
• Ogni famiglia – proprio perché ne ha il diritto – deve essere messa in condizione di assicurare a un figlio disabile quanto è necessario a far sì che le sue potenzialità, anche se limitate, possano avere la massima realizzazione.
• Bisogna fare in modo che il ragazzo disabile
– che ha gli stessi diritti dei suoi coetanei –
possa maturare la sua personalità e acquisire
le competenze che lo rendono in grado di inserirsi in un ambito lavorativo idoneo.
2.2. Quadro di riferimento
normativo
■ I docenti e i responsabili della istituzione
scolastica devono prendere chiara coscienza
che l’integrazione dei disabili nelle classi
«normali» non appartiene all’ordine della discrezionalità ma è un dovere da cui non ci si
può sottrarre. In proposito vengono riportati
per una riflessione i quattro punti del comma
1, punto 1, della Legge 5 febbraio 1992, n.
104: Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Vi si dice che la Repubblica:
• garantisce il pieno rispetto della dignità
umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona menomata o disabile e ne promuove la piena integrazione nella famiglia,
nella scuola, nel lavoro e nella società;
• previene e rimuove le condizioni... che
impediscono lo sviluppo della persona umana...; la partecipazione della stessa persona
disabile alla vita della collettività, nonché la
realizzazione dei diritti civili...;
• persegue il recupero (il più completo possibile!) funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali...;
• predispone degli interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona disabile.
■ Al di là della lodevole dichiarazione di intenti, non sembra che la realtà dei disabili abbia tratto molti benefici da questo intervento.
In concreto, se chi nella nostra società ha la
responsabilità istituzionale non mette in atto le
mediazioni necessarie (politiche, economiche, sociali), non si conclude niente. Le buone intenzioni, pur proclamate, non cambiano
gli eventi della storia!
2.3. Quadro di riferimento
scolastico
■ Relativamente all’integrazione scolastica
la legge quadro sopra citata (art. 13 legge
104) prevede la realizzazione di:
– una programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con
altre attività presenti sul territorio gestite da
enti pubblici o privati;
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– una dotazione alle scuole di attrezzature
tecniche, di sussidi didattici e di ogni altra
forma di ausilio... anche mediante convenzioni con centri specializzati aventi funzione
di consulenza pedagogica, di produzione e
adattamento di specifico materiale didattico.
La scuola è il luogo in cui la normativa
sull’integrazione dei disabili dovrebbe trovare la sua naturale e piena attuazione. Ma non
dare per scontato che ciò avvenga.
Le ragioni di questa inadeguatezza della scuola non possono essere addossate alla classe
docente, che da sempre vi ha speso la sua
professionalità in modo quasi eroico.
Si constata infatti che quanto la normativa
(sulla carta) assicura, nella realtà è stato realizzato solo in poche isole felici della scuola
italiana. Solo lì ha avuto luogo una vera integrazione, come prevista dalla legge. E questo
perché tra le affermazioni di principio e la
prassi c’è spesso una carenza di risorse umane e materiali dovuta ad un’inadeguata copertura finanziaria. Di fronte ad un problema
così importante per la crescita culturale di un
Paese, si lascia sola la classe docente, che deve così sopperire ad una scarsa sensibilità
della classe politica verso le priorità sociali!
■
■ Nella logica dell’autonomia ogni scuola
dovrebbe mettere a frutto il finanziamento di
cui dispone per decidere le priorità nell’utilizzo delle risorse. In tale direzione e con la
sensibilità che gli è propria, l’Insegnante di
Religione deve insistere, nell’ambito degli organi competenti, perché nel bilancio preventivo venga contemplato un fondo per i disabili;
e contribuirà all’elaborazione e alla presentazione di un progetto completo di obiettivi,
motivazioni pedagogico-didattiche, risorse
necessarie, preventivo di spesa.
2.4. Quadro di riferimento
attuativo
■ Il Ministro della pubblica istruzione provvede... (art. 14 legge 104):
• ad attivare forme sistematiche di orientamento scolastico e professionale, particolarmente qualificate per i disabili, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
• ad organizzare attività educative secondo il
criterio della flessibilità nell’articolazione delle sezioni e delle classi (anche aperte), in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;
• a garantire la continuità educativa fra i diversi tipi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra gli insegnanti del
ciclo inferiore e quelli del ciclo superiore ed il
massimo sviluppo dell’esperienza scolastica
della persona disabile in tutti gli ordini e gradi di scuola...
■ Non pare – eccetto qualche isola felice –
che questo «provvedere» istituzionalizzato
abbia avuto un’effettiva e generalizzata realizzazione. Resta comunque la possibilità che
qualche cireneo della scuola se ne faccia carico in prima persona, e convinca e trascini gli
altri! Questo «cireneo» potrà essere un insegnante più sensibile e, perché no, l’insegnante di Religione (per i motivi profondamente
morali e di professionalità docente che lo
spingono a cercare di ottenere il massimo bene per tutti gli allievi).
2.5. Considerazioni
pedagogico-didattiche
La pedagogia speciale dell’integrazione dice che c’è una profonda e radicale differenza
fra inserimento e integrazione dei disabili nel
processo scolastico. Mentre infatti l’inserimento può essere ridotto alla sola presenza fisica, in una scuola, di un allievo disabile, senza che ciò impegni a cambiare qualcosa, l’integrazione implica invece un progetto e un
processo di adattamento reciproco e dunque di
cambiamento.
■
Ma integrare gli alunni in situazione di disabilità nelle classi scolastiche ha senso solo
■
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se si parte dal presupposto che ogni insegnante è impegnato a predisporre un piano
di insegnamento basato su un apprendimento commisurato alle condizioni dei soggetti.
Questo principio didattico vale sia per gli allievi normali – che così sono messi nella condizione di essere considerati soggetti attivi al
centro del processo didattico –, che per quelli con disabilità, che possono in questo modo
usufruire di uguali possibilità, sia pure nella
situazione di un apprendimento condizionato
dai limiti posti dal proprio handicap.
■ L’insegnamento individualizzato è un modo d’intervento didattico caratterizzato dalla
sistematica flessibilità, con l’impiego di tecniche scelte di volta in volta per ottimizzare
l’apprendimento in funzione delle varianti
specifiche ed individuali dell’allievo.
Con riferimento specifico all’IRC possiamo
fare queste esplicitazioni:
• l’educazione religiosa, anche quella dell’allievo in situazione di disabilità, è prima di
tutto «educazione dell’uomo», perché la religiosità è una caratteristica squisitamente umana della personalità;
• la rivelazione cristiana insegna che ogni
persona è «limitata», perché storicizzata ed
esposta al male: si può dire quindi che è «handicappata». Per questo l’educazione religiosa
specifica per gli allievi con disabilità è valida
anche per quelli normali, fatti salvi gli adattamenti alle esigenze caratteristiche di ciascuna persona;
• l’educazione religiosa a scuola si deve
preoccupare di tutti coloro che hanno bisogno
di essere «normalizzati», «socializzati» e «integrati» a qualsiasi livello, ma deve dimostrare attenzione particolare per i ragazzi e gli
adolescenti con maggiori difficoltà vitali.5
Come per tutte le discipline, anche per
l’IRC, l’integrazione degli allievi con disabilità in una classe normale suppone che si verifichino queste condizioni:
• programmi e testi didattici uguali per tutti,
resi essenziali secondo la capacità di comprensione;
• coinvolgimento di tutti gli insegnanti e non
solo affidamento all’insegnante di sostegno;
■
• preparazione e richiesta di collaborazione a
tutti i componenti la classe in cui sono inseriti
gli allievi con disabilità;
• facilitazione delle attività secondo le specifiche esigenze.
Quando si verificano situazioni come quelle a cui ora accenneremo, non si può certo
parlare d’integrazione,6 ma piuttosto di vanificazione di ogni sforzo pedagogico e didattico:
• i ragazzi con specifiche difficoltà d’apprendimento vengono «parcheggiati» in qualche spazio riservato, senza coinvolgerli minimamente nel processo comune;
• gli alunni con disabilità vengono «emarginati» sistematicamente dalla classe, trattati a
parte e affidati al solo insegnante di sostegno;
• durante la lezione si mette a fianco dell’alunno disabile l’insegnante di sostegno con
l’unico compito d’essere ripetitore o traduttore
simultaneo;
• non si coinvolgono tutti i docenti nel piano
individualizzato e non si responsabilizzano
tutti i compagni di classe (mentre dovrebbero
capire che essi stessi possono fare da mediatori tra il «programma» e i coetanei in difficoltà).
■
■ Quelli richiamati sono principi didattici ormai acquisiti, validi per tutte le discipline, e
descritti nei manuali della didattica speciale.
Il passaggio dall’inserimento all’integrazione,
dai principi giuridici e pedagogici alle indicazioni applicative pratiche presuppone il
cambiamento della mentalità sociale e culturale, la preparazione specialistica degli insegnanti (comuni e di sostegno), il superamento delle difficoltà di adattamento ad ogni tipo
di handicap e di soggetto.
■ Di conseguenza, ogni insegnante deve verificare che nella programmazione educativa
fatta dal Consiglio di classe siano presenti:
• gli obiettivi educativi specifici per la classe,
«http://www.bologna.chiesacattolica.it/irc/archivio_autore/morante_giuseppe_html».
6
MORANTE G.-V. ORLANDO, Disabili. Integrazione scolastica ed insegnamento della religione cattolica. Ricerca socio-pedagogico-didattica, Roma, LAS, 2002.
5
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considerando gli eventuali livelli di partenza
degli alunni e una possibile scaletta graduale
del loro raggiungimento (con l’individuazione di specifici obiettivi essenzializzati per gli
alunni con disabilità);
• la differenziazione e la flessibilità degli
obiettivi formativi per gli alunni della classe e
il rispetto dell’identità personale e socio-culturale;
• le iniziative didattiche suggerite, indicate,
intraprese (come gli interventi differenziati
di sostegno, le attività compensative e d’arricchimento, i percorsi didattici integrativi);
• la differenziazione delle metodologie e delle tecniche didattiche, adattandole alle diverse situazioni degli allievi.
Anche agli Insegnanti di Religione viene
chiesto il pesante impegno supplementare di
acquisire nuove competenze «professionali»
in relazione alla didattica speciale dell’integrazione. E devono farlo anche se, purtroppo,
non si sentono incoraggiati e sostenuti da tutto un contesto sociale e politico.
■
3
QUALI URGENZE
PER L’INSEGNANTE
DI RELIGIONE CATTOLICA?
3.1. Un’adeguata
preparazione professionale
e una particolare attenzione
alle famiglie
La disabilità non è soltanto espressione di
una menomazione patologica individuale; è
anche indizio rivelatore della comune condizione umana, strutturalmente costituita come limite, ferita ed esposta al rischio.
Spesso si chiede a un Insegnante di Religione
■
un lavoro che può apparire improbo, dato il
tempo limitato d’insegnamento. Bisogna essere sempre più convinti che il docente di
questa disciplina si gioca l’efficacia del suo
servizio nella conoscenza delle normative,
nella competenza e nella capacità propositiva
di progetti educativi seri, nell’iniziativa di sfidare «la noia» del quotidiano originata dal
susseguirsi di incontri «istituzionali» che non
hanno ricadute formative sulla massa degli
alunni.
Egli può essere la «voce provocatoria» per
spendere bene risorse umane e finanziari: nel
Collegio docenti, nel Consiglio d’Istituto, nel
rapporto scuola-famiglia.
■ Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, riafferma «il principio ispiratore di ogni azione della Chiesa in questo campo...è che la persona disabile è un soggetto
umano a pieno titolo, i cui diritti innati permangono sacri e inviolabili. Pertanto è doveroso che si favorisca, per quanto è possibile,
il suo inserimento nel tessuto vivo dei rapporti
sociali, giacché ogni emarginazione non può
non incidere negativamente sulla sua maturazione umana e sulla realizzazione delle potenzialità, spesso assai ricche, di cui è portatore. La comunità ecclesiale deve farsi testimone, con la parola e con l’azione, di questo
convincimento, che in essa è rafforzato dalla
luce della fede».
È un impegno che deve diventare la mappa
progettuale di ogni IdR, quale testimone di ciò
che insegna e di ciò in cui crede.
■ L’IdR deve anche rivolgere un’attenzione
particolare alle famiglie degli alunni disabili: il
loro impegno nell’educazione di un figlio in
difficoltà può metterne a dura prova le energie,
può sfociare in stanchezza e sfiducia. La famiglia non deve sentirsi sola nelle battaglie
per il diritto a una vita dignitosa per i figli.
In particolare si consideri il fatto che la presenza di un disabile può dare origine a dinamiche che rendono difficile il clima familiare,
portando anche a conseguenze estreme. Le
conseguenze disastrose della solitudine in cui
vive la famiglia sono spesso oggetto di cronaca nera nei mezzi di comunicazione sociale.
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Le riflessioni finora sviluppate sono determinanti per affrontare con professionalità il problema dell’integrazione. Sono condizioni fondamentali per costruire progetti d’integrazione che saranno in seguito arricchiti con altre
proposte metodologiche diversificate, relative
alle varie tipologie di disabilità.
In ogni caso le proposte didattiche tenderanno a far superare agli insegnanti la mentalità
del «già pronto», della ricetta facile, presentando proposte motivate. Perché il fare diventa efficace solo se è sostenuto da salde
giustificazioni teoriche e da un’adeguata conoscenza della normativa in atto.
3.2. Appunti
per una programmazione
pedagogico-didattica
■ Il grafico (a p. 70) richiama i punti nodali
attorno ai quali deve ruotare la progettazione
educativa e didattica (PEI, POF, Piano individuale di lavoro disciplinare). Vengono così
anticipati i presupposti su cui «costruire» gli
itinerari didattici.
La scuola in cui sono presenti alunni disabili,
sollecitata proprio da questa presenza, può e
deve diventare un’autentica comunità educante. Le risorse umane interne alla scuola, in
stretta collaborazione con i genitori di tutti
gli alunni, si impegnano a formare l’alunno
disabile, mettendo così in atto un processo di
integrazione, capace di cambiare la mentalità delle nuove generazioni e promuovere
una cultura dell’accoglienza.
Il grafico mostra anche un altro elemento sul
quale l’Insegnante deve far leva: è l’individuazione delle risorse umane e tecnologiche al
di fuori della scuola. Perché la scuola dell’autonomia non si esaurisce tutta dentro le
mura scolastiche, ma trova nell’ambiente
esterno quell’aula decentrata dove attinge risorse, esperienze, conoscenze.
In conclusione si deve affermare che nel caso del mondo così crudamente presente, ma
■
anche così sfuggente della disabilità, il confronto e il dialogo, la collaborazione e la richiesta di aiuto ad associazioni di volontariato, l’incontro e il confronto con altre scuole che vivono gli stessi problemi, l’utilizzo
di strutture idonee per il disabile presenti nel
territorio... sono tutte sinergie che fanno sì
che la scuola realizzi «per tutti» una «qualità»
dell’insegnamento più produttivo.
Gli Insegnanti di Religione possono inoltre
avvalersi, grazie alla normativa vigente, della
possibilità di organizzare nell’ambiente scolastico incontri con esperti rivolti più alle famiglie che ai ragazzi, al fine di un coinvolgimento attivo in un processo formativo umano
e religioso che possa avere una ricaduta sui
propri figli. Tematiche utili potrebbero essere
le seguenti:
– presentazione e descrizione delle tipologie
di disabilità degli alunni presenti nella scuola;
– processi di maturazione sessuale della preadolescenza sia in alunni sani che disabili;
– ruolo, modalità e modelli alternativi di una
formazione religiosa in un mondo in cui i
ruoli della famiglia, della scuola e dell’ambiente e della chiesa sono in continua evoluzione.
■
Il problema dell’integrazione scolastica dei
disabili costituisce oggi una sfida per gli Insegnanti: contribuire a fa sì che gli alunni disabili non siano più «velati» o passivi, ma
siano ascoltati e visti come protagonisti.
■
BIBLIOGRAFIA
• CANEVARO A. (ed.), Handicap e scuola. Manuale per l’integrazione scolastica, Roma, La
Nuova Scientifica, 1983.
• VIANELLO R., Difficoltà di apprendimento, situazioni di handicap, integrazione, Azzano
San Paolo (BG), Edizioni Junior, 1999.
• ESPOSITO A.-P. IMPARA, L’insegnante specializzato. Aspetti normativi e didattico-metodologici, Roma, Armando, 1996.
• TRISCIUZZI, L. FRATINI, L. GALANTI, M.A., Manuale di pedagogia speciale, Roma-Bari, Laterza, 2000.
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• JANES D., Didattica speciale per l’integrazione. Un insegnamento sensibile alle differenze,
Gardolo (TN) Erickson, 200.
• CHARLES, C.M., Gestire la classe. Teorie della disciplina di classe e applicazioni pratiche,
Roma LAS, 2002 (Ed. di M. Comoglio).
ALUNNO DISABILE E QUALITÀ DELL’INTEGRAZIONE
Conoscenza dell’alunno in situazione.
Valorizzare le potenzialità del disabile,
le sue capacità e attitudini più che prestare attenzione alle carenze.
Rilevazione dei bisogni.
Individuazione delle risorse umane e
tecnologiche dentro
e al di fuori della
scuola.
Favorire l’accoglienza.
Attenzione ai bisogni differenziati.
Attenzione ai linguaggi degli alunni in
difficoltà: non esiste solo la parola o
l’apprendimento cognitivo. Pluralità di
linguaggi e pluralità di apprendimento;
pluralità di attività didattiche.
Attenzione alla progettualità: il fine ultimo dell’integrazione del disabile è un
suo dinamico «progetto di vita», vicino
e lontano, nel tempo e nello spazio attento alla situazione esistente.
Fine dell’integrazione è: formare un
adulto inserito nella società, superando
ogni atteggiamento assistenziale. Il disabile entra a pieno diritto anche nel
processo produttivo: non deve rimanere
un eterno bambino.
Alunno disabile + famiglia + scuola +
compagni + insegnanti + istituzioni =
alunno disabile integrato e avviato a
diventare adulto e a inserirsi nel
gruppo sociale più ampio.
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Sensibilizzare tutto
il personale della
scuola (docenti,
non docenti, alunni
e genitori) ai problemi dell’alunno
disabile.
Coinvolgimento
della famiglia del
disabile nella fase
progettuale e nel
percorso educativo.
Non devono verificarsi dissonanze
tra la famiglia e la
scuola.
Assistenza allo studio a casa, a scuola con i compagni
e con un tutor.
STRUMENTI DI LAVORO
«Vogliamo
stare insieme
per sempre...»
Un giovane parla
della sua
esperienza affettiva.
Un documento
per un confronto
A cura
di Roberto Filippetti
Nota per l’utilizzazione
PRESENTAZIONE
Tre e-mail a un educatore
■ Proponiamo tre e-mail, pervenute a Roberto Filippetti, in seguito a una sua lezione su
Dante (tenuta nel giugno scorso, in una località delle Dolomiti, nel contesto di una vacanza di «Gioventù studentesca»).
Le e-mail sono state scritte da un giovane di
17-18 anni. In esse parla dei suoi problemi
esistenziali, dando rilievo soprattutto a quelli
attinenti alla dimensione affettiva, alla luce e in
dialogo con la sua scelta religiosa cristiana.
Questo «documento di vita» può costituire
uno stimolo per una conversazione in classe,
un efficace reattivo per un confronto.
■
Il contesto ideale in cui si colloca questo
strumento di lavoro è l’intervento di R. Filippetti
su «Insegnare Religione», 1/2003, pp. 54-63
(«Desiderio del cuore e incontro con Cristo»);
e a tale intervento rimandiamo per una sua utilizzazione ottimale. È tuttavia possibile farne
anche un uso totalmente autonomo.
■
Il sussidio può essere utilizzato in più modi,
secondo le esigenze della classe.
Qui diamo in proposito qualche suggerimento,
come esempio.
• Consegnato in fotocopia a ciascun allievo, il
testo viene letto individualmente, sottolineando i punti di maggiore accordo o disaccordo, e prendendo appunti su quanto si intende comunicare a tutta la classe.
• Il testo viene letto ad alta voce da una o più
persone; nel mentre, ciascuno annota le proprie reazioni (positive, problematizzanti, o negative) in vista della conversazione.
• Sia nell’una come nell’altra modalità, il confronto sia ordinato, con l’attenta «regia» dell’IdR.
• Sia sempre esigita la serietà e fondatezza
delle ragioni che si portano e dei giudizi che
si danno.
• Si operi per far giungere ad abbozzare (almeno!) una sintesi; che può essere:
– orale o scritta (con un prodotto finale che
proviene dal contributo di tutti alla sua formulazione);
– di stile espositivo (distaccato, oggettivo);
– in forma di breve articolo di giornale o rivista;
– in forma di lettera all’autore delle tre e-mail
presi in considerazione, in cui gli allievi gli diranno che cosa li ha colpiti, che cosa condividono, in che cosa eventualmente discordano.
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■ Ovviamente, l’IdR può servirsi di questo
documento con libertà: citando alcuni passaggi particolarmente significativi, problematizzando alcune affermazioni, evidenziando la
prospettiva cristiana...
Il documento è utile soprattutto per mettere a
fuoco il rapporto tra la dimensione affettiva e la
scelta di fede. (PD)
«VOGLIAMO STARE INSIEME
PER SEMPRE...»
1. Ciao. Sono L., uno di quelli che ha cenato
con te domenica sera dopo la testimonianza
spettacolare che hai fatto. Non ho in mente
delle cose precise da chiederti o da dirti, ma
sono rimasto così colpito dopo averti sentito
che non potevo non raccontarti; d’altronde
quando ci si innamora di una persona gli si
racconta tutto quello che succede.
Questa vacanza da questo punto di vista è
stata spettacolare, è indubbiamente la più bella che ho fatto e facendo il mio bell’esamino di
coscienza alla sera rimanevo stupito del fatto
che ogni giorno mi «innamoravo» di una persona: è la prima volta che mi succede di essere così colpito da così tante persone in così poco tempo.
Questa cosa l’ho detta anche a una mia amica ed è rimasta quasi «shockata» perché non
pensava che uno si possa innamorare di diverse persone (per di più di un uomo!), ma è
successo così. Volevo dirlo anche all’assemblea finale di oggi (ma non ho fatto in tempo).
Quando ci hai parlato tu, ma anche quando ci
ha parlato G. e don I. ... era spettacolare il
modo con cui ci dicevate le cose, una sicurezza, una certezza bestiale, quando uno incontra una persona così contenta, certa della
vita, non può non innamorarsi. Visto che ti ho
nominato (a tua insaputa) mio grande amico,
ti racconto un po’ di me, di come sta andando.
Inizio subito con la cosa che mi prende la
maggior parte della giornata: la scuola. Come
ti avevo già detto io faccio il liceo scientifico e
sono al terzo anno, devo dire che è andato
molto bene e devo ammettere che da un certo punto di vista mi sono quasi veramente appassionato a certe materie, probabilmente è
stato proprio l’avvento di certe materie come la
filosofia, la letteratura italiana, inglese e latina
che mi hanno attratto e convinto a capire che
vale la pensa studiarle.
In particolare la prima parte della letteratura
italiana mi ha colpito, Dante è stato una sorpresa, alla fine era proprio un figo, un genio, è
stato proprio bello studiarlo e la Divina Commedia mi è piaciuta tantissimo. Fa venire i brividi l’idea che abbia veramente compiuto quel
viaggio, ma non perché è passato per mille posti a volte quasi schifosi ma proprio perché ha
avuto la possibilità di avere svelato il segreto di
tutto subito, avere la certezza che quello in cui
credeva era vero e non aveva vissuto, creduto per niente. Dio c’è e avere la possibilità di
vederlo così chiaramente come lo ha visto lui
è sicuramente una bella esperienza, o meglio: la più bella esperienza.
Però non devo per niente essere triste perché
non ho fatto il viaggio di Dante: da questa vacanza torno con la certezza della presenza di
Cristo qui di fianco a me; in questa settimana
lo sentivo vicinissimo, è stata proprio una grazia questa vacanza, si torna a casa certi, contenti, cambiati, cresciuti. Sono cresciuto, probabilmente la settimana scorsa non mi sarei
mai messo alla scrivania di sera per scrivere
una mail a uno che ho avuto modo di conoscere solo per un paio d’ore, d’altronde sono
queste le cose che cambiano la vita, c’è sempre un incontro alla base di tutto, lo dicevi te,
è scritto sul tuo foglio: «è attraverso l’umano
che mi raggiunge Gesù», è attraverso una
persona, è attraverso un volto che ti colpisce,
che Gesù ti fa capire che c’è, allora ti capita un
giorno che ti svegli e la prima persona che vedi ti colpisce per come ti guarda e allora dici:
«ho capito».
Mi è successo più o meno così: c’era una ragazza che mi piaceva e allora la sera concentravo le mie preghiere chiedendo al Signore se era quella la ragazza giusta (sembra
una cavolata, ma è successo tutto così facilmente e velocemente); un giorno vedo una
mia amica che conoscevo da tre anni (solo di
sfuggita) e come c’è scritto nella scuola di comunità c’è stato un momento dove ho presentito che fosse lei: «ecco è lei»... ed è inco-
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minciata una grande amicizia, adesso siamo
innamorati tutti e due e siamo «insieme» da
circa un annetto.
La parola insieme la metto tra virgolette e di
solito la dico a bassa voce, è strano ma mi
sento un po’ a disagio quando la dico, sono a
disagio perché adesso la concezione dello
stare insieme è un po’ una cavolata: conosco
tantissime persone che si mettono insieme, si
mollano, si rimettono, ma io non voglio essere
insieme così, io voglio una ragazza con cui
stare insieme per sempre.
In quest’ultimo periodo ho riletto un libro: Jack
frusciante è uscito dal gruppo, e mi sono ritrovato tantissimo in Alex e Aidi, nel modo in
cui stavano insieme, solo che io sono certo
che rimarrei insieme a lei anche dopo un anno durante il quale non ci si potesse mai vedere (sembra strano a un solo anno di distanza). Sono certo di continuare a stare con
lei.
Nello stare insieme siamo stati aiutati tantissimo dagli adulti della nostra comunità, con
una serie di consigli che ci fanno essere veramente contenti; io sono contentissimo, vorrei essere innamorato di tutti e tutto come sono innamorato di lei! sarebbe tutto ancora più
bello; anche per questo mi ha colpito Dante:
avere la coscienza che Cristo c’è dentro la
mia ragazza (che poi è quella con i capelli
corti neri seduta dall’altra parte del tavolo)
non è la cosa più semplice della vita, anzi
adesso come adesso ricordarmelo sempre
tutte le volte che la vedo è una delle cose che
mi è più difficile, però Dante era contentissimo
e innamoratissimo anche se lei era morta,
chissà come dovrei essere contento io visto
che la mia è viva! Mi fanno un po’ paura questi anni che devono venire, perché sono tanti,
ma prego tutti i giorni per questo! L. 22/06/02
2. [...] Grazie mille per la risposta che mi avevi dato, con lei sono proprio contento, per usare una frase tua: «Lui, l’Amore, reso esperienza qui e ora attraverso l’incontro con lei,
l’amore per lei», è proprio così, è proprio vero che poi quando capisci che Gesù ti vuole
bene attraverso quella persona lì cerchi di vederlo in tutte le altre persone, se no è da stupidi essere contento solo con una persona
piuttosto che essere contento con invece cento persone! Però è difficile ricordarselo sempre, insomma, alla fin fine quando sei lì, tipo,
abbracciato sul divano che stai parlando con
lei, non so, della scuola, è difficile pensare
che è Gesù, però è una bella sfida.
La B. poi mi ha chiesto se potevo andare in vacanza (gratis!) con le medie per dare una mano agli insegnanti: è stato bellissimo, poi è
venuta anche E. (la mia Beatrice), è lì è stato
proprio difficile non stare vicini: hai la possibilità di fare una settimana senza adulti che ti
guardano, con la ragazza di cui sei innamorato, diciamo che la tentazione di stare perennemente con lei c’è, ed è forte, ma invece
siamo riusciti a stare staccati, ci siamo divertiti di più, poi le volevo più bene quando la
sera ci salutavamo prima di andare a letto,
sono contento di come ci siamo trattati quella
settimana, una sera c’era una stellata stupenda e siamo stati fuori insieme (faceva un
freddo boia) pensa che quando stavamo per
rientrare ci siamo fermati e abbiamo detto un
Gloria insieme, una cosa che non avremmo
mai fatto se non avessimo la certezza della
Sua presenza che ci fa stare assieme così.
Sono contento. [...] L. 24/07/02.
3. L’altra settimana ti ho scritto che cambiavo
e-mail. Tutti, ma dico tutti mi hanno chiamato
per chiedermi cosa volesse dire 2678, il motivo principale è che nessuno di quelli che conosco ha un indirizzo fatto solo di un numero
e l’ho fatto per differenziarmi un po’; poi il criterio con cui ho scelto il numero è molto complesso: ho deciso per 2678 in quanto 26 è il
capitolo della Vita nova di Dante da cui ho
scelto i versi 7 e 8 che dicono: «e par che sia
una cosa venuta / da cielo in terra a miracol
mostrare» perché mi sembrava fosse la più
riassuntiva di quel che sto vivendo adesso.
[...] Con E. va benissimo, stiamo benissimo insieme e una cosa che mi ha colpito tantissimo
da un po’ è che sto benissimo con lei, tipo alle mostre del Meeting: ne abbiamo viste tante
insieme e stavo tanto attento alle mostre; un
anno fa non riuscivo a stare con lei per queste
cose perché pensavo solo a lei, adesso riesco
e sono contento perché possiamo trovarci a
studiare e studio davvero, poi abbiamo il momento dove stiamo insieme e parliamo di noi
ma è un altro momento; sono contento perché
ogni giorno mi sembra di aver toccato il massimo invece ogni giorno è sempre di più.
Ho incominciato ad andare a messa tutti i
giorni, è importante, prego tantissimo anche
perché se è lei che devo sposare passeranno
ancora tanti anni e allora prego tanto perché
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lei stia bene, non le succeda niente, parliamo
tantissimo ormai del per sempre. Ce lo siamo
detti che vogliamo stare insieme per sempre
ma non è come i ragazzini che se lo dicono
con già in mente un’altra ragazzina, io glielo dico ma perché lo voglio veramente, io desidero il matrimonio perché con lei sento Gesù
più vicino, e preghiamo tanto perché Lui ci
faccia capire se è questo che vuole.
Ormai con l’inizio della scuola preghiamo poco insieme perché ovviamente non ci vediamo
spessissimo da soli (e poi in montagna c’erano delle stellate stupende, qui è triste il cielo).
Ultimamente abbiamo parlato tanto dei baci
anche con i nostri responsabili adulti: alla fine
è inutile sprecare una cosa così bella come i
baci, abbiamo capito che anche i baci devono
essere una preghiera, io in ogni bacio devo
chiedere a Gesù che anche attraverso il bacio
lui si faccia più presente, è difficile perché uno
si dimentica e poi quando glielo dai non cambia niente se non che il significato del bacio
assume un valore cento volte più grande di
quello che è il semplice ti voglio bene.
Ti scrivo queste cose (alcune non le ho dette
a nessuno) perché nelle risposte che mi hai
dato alle due mail che ti ho mandato mi hai
sempre detto cose che mi facevano capire in
quello che facevo che cosa era giusto, allora te
le scrivo così mi dici come sto andando dopo
un anno e mezzo che sono insieme a lei. Grazie mille. L. 07/10/02.
ELLEDICI:
SUSSIDI PER L’IRC
M.G. CIRAVEGNA - F. CRAVERO
FARE RELIGIONE
Una guida in tre volumi per gli insegnanti di
religione cattolica nelle scuole medie e superiori.
Volume 1. Iniziare l’anno scolastico
Pagine 160, £ 6,20
Come partire con il piede giusto e sopravvivere
allo stress di inizio anno.
Volume 2. Strumenti per insegnare
Pagine 160, £ 6,20
Lavagna & company: come utilizzare le risorse
più semplici.
Volume 3. Tenere lezione
Pagine 144, £ 6,70
Per condurre, ripensare e preparare le lezioni.
AUTORI VARI
INSEGNARE LA RELIGIONE CON L’ARTE
Volume 1. Il mistero dell’Incarnazione
Pagine 64, £ 7,00
Il progetto presentato nel volume traduce quan-
to ormai consolidato nella prassi scolastica che
indica, tra i criteri metodologici da privilegiare
nell’insegnamento della religione, la valorizzazione dei documenti artistici.
Dopo un’ampia introduzione teorica, il libro entra nello specifico prendendo in considerazione
tre opere d’arte riguardanti il mistero dell’Incarnazione: L’Annunciazione (Beato Angelico), La
natività (Jacopo Torriti) e L’adorazione dei Magi
(Giotto).
LE STRADE DELLA VITA
Perché l’ora di religione
Coproduzione Elledici Multimedia
Audiovideo Messaggero Padova
Videocassetta di 30 minuti £ 16,50
La prima videocassetta per parlare dell’ora di religione a scuola e in famiglia. Un video costruito
per suscitare curiosità nei ragazzi indecisi o che
hanno scelto di non avvalersi dell’IRC. Gli interventi di alcuni noti personaggi della cultura e
dello spettacolo (Susanna Tamaro, Sergio Zavoli, Ron, don Antonio Mazzi...) accrescono i
motivi di interesse per i destinatari: i ragazzi di
terza media e delle superiori.
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