la cura genera…cura - Comunità Chiara Luce

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la cura genera…cura - Comunità Chiara Luce
LA CURA GENERA…CURA
La cura ed il prendersi CURA è una PRO-VOCAZIONE GENERATIVA che produce, attraverso un’azione
“relazionale” collettiva, CAMBIAMENTO ed interconnessione dei SISTEMI: INDIVIDUALE, FAMILIARE,
SOCIALE, CULTURALE, ECONOMICO, PRODUTTIVO.
La cura, la pro-tensione eterocentrica verso l’altro da sé, è una dimensione affettiva intrinseca della natura
umana: il prendersi cura è una vocazione che appartiene a tutti gli esseri umani in quanto esseri “intimamente
relazionali”. Siamo biochimicamente, se così si può dire, “costretti” a prenderci cura degli altri e chi si oppone
a tale spinta endogena, rischia di “ammalarsi” di egocentrismo, dinamica emotiva fisiologica solo nella prima
infanzia. Abbiamo un sistema sociale, economico, produttivo tendenzialmente malato/affaticato, non per
assenza di conoscenze e competenze, ma perché fragile/insicuro per la presenza di movimenti autocentrici ed
anti-generativi, tesi a celare la primaria vocazione del prendersi cura di sé e degli altri.
L’etimologia della parola cura, comprende due significati di fondo intimamente legati tra loro: il primo è
l'atteggiamento di vigilanza, di sollecitudine, di attenzione nei confronti dell'altro. Il secondo è quello di
preoccupazione e inquietudine perché la persona che ha cura di un'altra si sente coinvolta e affettivamente
legata a questa.
La dimensione intimamente relazionale della natura umana, appartiene a tutte le persone del mondo,
indistintamente ed incondizionatamente. Il riconoscimento dell’altro diverso da sé e “fuori da sé”, la
valorizzazione dei processi/percorsi di differenziazione nella costruzione delle identità personali, familiari,
sociali, professionali; la pro-mozione delle “multi-appartenenze” significative e complementari tra loro; la protensione eterocentrica verso la “sintonizzazione” con i bisogni delle persone che incontriamo nel “qui ed ora”
della nostra esperienza relazionale, in qualsivoglia contesto interattivo e di vita, non può che “produrre
inclusione, integrazione ed interdipendenza/reciprocità. Una economia capace di tenere insieme,
creativamente ed in una prospettiva generativa, questi valori intrinsecamente appartenenti e fondanti
la condizione umana, può concretamente pro-vocare i talenti di ciascuno, le risorse psicoaffettivo/cognitive
delle persone, da estrinsecare tanto nell’ambiente lavorativo quanto negli altri ambiti di vita affettiva (famiglia,
amici, ecc.). Ciascuno di noi e tutti insieme possiamo partecipare alla costruzione di un mondo economico
che, per la sua parte, sia disposto a “prendersi cura” della persona e dei progetti di vita delle persone, con
l’obiettivo prioritario di pro-muovere continuità, complementarietà e congruenza tra esperienze lavorative ed
esperienze emotivo/relazionali, verso “appartenenze multiple ed inclusive”, significative e piene di senso
affettivo coscientizzato e consapevolizzato. Un adulto generativo che vive in contesti generativi è una persona
che ha costruito una dimensione affettiva di sé e del sé dinamicamente integrata ed interdipendente tra mondo
interno e realtà esterna “fuori da sé”, tra spazi vitali personali e spazi vitali sociali e lavorativo/produttivi.
La “cura ed il prendersi cura” rappresenta la strategia economica più produttiva ed inclusiva/funzionale per
gli equilibri intrasistemici ed intersistemici micro (personale e familiare) e macro (comunità, imprese, mondo).
I significati della cura comprendono il reale ed il simbolico, le rappresentazioni affettive soggettive della realtà
e la vita reale; le attese, i bisogni, le occupazioni e le preoccupazioni, le fatiche personali e l’Alterità.
Una persona quando si sente cercata, vista, ascoltata, compresa, accolta incondizionatamente,
protetta/sicura, riconosciuta, nei diversi contesti di vita affettivo/relazionale, è una persona “felice”, capace
di sviluppare “risonanza mentale (Siegel 2001)” ed esprimere i “talenti” in misura certamente superiore e più
dinamica rispetto a coloro che vivono senza “appartenenze” significative, soprattutto e non solo in ambito
lavorativo.
Alcune riflessioni sulla CURA possono aiutare a comprendere l’esigenza biopsichica, sociale, culturale, oltre
che l’essenza stessa della condizione umana di “essere in relazione”, soggetti profondamente relazionali, a
partire dall’attaccamento primario non ancora differenziato madre/figlio/a.
E’ opportuno sottolineare che la nostra condizione umana è caratterizzata da endogena fragilità e
vulnerabilità, rispetto alla quale è paradossale pensare di poter fronteggiare questa condizione con un
atteggiamento/movimento egoico/autocentrico finalizzato al “controllo” tanto onnipotente/regressivo quanto
aleatorio della realtà esterna, per evitare di entrare in contatto con le proprie “frammentarietà/frammentazioni”
interne. E’ vero invece che chi ci può aiutare è proprio l’altro diverso da sé, in una prospettiva di convivenza
con l’Alterità, proprio perchè esistiamo grazie alla relazione con e per qualcun altro, da quella primaria nella
primissima infanzia in poi. Un figlio che non viene cercato, visto da un genitore, madre in primis, non cerca se
stesso e non da significato alla sua esistenza.
E’ altresì necessario specificare che la disponibilità a prendersi cura degli altri è altresì un
atteggiamento/comportamento presuntuoso, perché considera l’implicita capacità di prendersi cura di sé
stessi, delle proprie fragilità e vulnerabilità (frammentazioni dell’Io). Il primo atto di cura, pertanto, per pensare
realisticamente di poter essere risorsa per gli altri, è accogliere, conoscere e riconoscere le proprie fragilità,
rimanere in contatto con esse, per integrarle dinamicamente con le risorse/capacità di cui ciascuno è sempre
portatore. Prendersi cura delle proprie fragilità è proprio uno dei primi passi per la conoscenza più profonda
dei potenziali affettivo/cognitivi/creativi disponibili ed attivabili. Andrò brevemente a declinare alcuni dei bisogni
primari dell’uomo, per evidenziare la stretta correlazione tra identità personale, familiare, sociale,
professionale/lavorativa, culturale e l’esigenza sempre più impellente e significativa, nel nostro tempo, della
cura e del prendersi cura, per cambiare il mondo e per produrre quella “inclusione produttiva” a cui più volte
ha fatto riferimento Luigino Bruni ed altri autorevoli economisti.
 Una prima competenza/capacità di chi si prende cura è quella di esprimere, manifestare
negli atteggiamenti e nei comportamenti: ATTENZIONE, INTERESSE, CURIOSITA’, che coincide con uno dei
bisogni primari dell’uomo, dalla primissima infanzia in poi: bisogno di ESSERE VISTO, CERCATO. (slide)
Una persona in ambiente lavorativo, se consideriamo la sfera dell’identità professionale, sarà sempre più in
grado di esprimere i potenziali: attitudini, capacità, creatività, motivazione, socialità quanto più lo stesso
contesto socio/lavorativo è in grado di promuovere la prospettiva eterocentrica di cura, di attenzione, di
riconoscimento, di rinforzo (contesto generativo), di risonanza mentale, per e con i singoli ed il gruppo di
lavoro (dirigenti, operatori, ecc.) che a titolo diverso concorrono alla produzione di beni e servizi.
Questa esperienza se sperimentata in ambito lavorativo, verrà comunque generalizzata e produrrà
cambiamento anche negli altri ambiti di vita affettivo/relazionale della stessa persona, in un auspicabile
continuum tra mondo lavorativo e realtà familiare e viceversa, vita socio-affettiva e dialogo con sé stessi.

Ulteriore abilità di chi si prende cura è la: SOLLECITUDINE, VIGILANZA, DILIGENZA, molto
prossimi al bisogno di ESSERE ASCOLTATO (slide).
Gli apprendimenti relativi al funzionamento ed alla conoscenza di sé, si strutturano solo a seguito di un
percorso relazionale, dalla prima infanzia in poi, caratterizzato dallo scambio dinamico tra mondo interno e
realtà esterna, tra spazio vitale soggettivo e spazio sociale primario e secondario. L’apparente costo da
sostenere per rispondere funzionalmente a questo bisogno è il “tempo”, variabile che sempre più
nevroticamente, nel nostro sistema sociale ed economico, condiziona e contamina la qualità delle relazioni.
L’assenza di competenze relazionali dei sistemi: individuale, familiare, sociale, economico, sintomatica
espressione di una “insicurezza” generalizzata e diffusa, produce inevitabilmente “stagnazione”, ripiego
regressivo verso tentativi onnipotenti/disfunzionali di controllo della realtà, al servizio di istanze
ansiogene/egocentriche di ricerca di stabilità emotiva, affettiva, cognitiva/razionale, proprio contro la
generatività e la cura e per l’esclusione e l’estraneazione.

Chi è disposto a prendersi cura, valorizza la dimensione dell’AFFETTIVITA’ della persona, quale
componente vitale della condizione umana, che veicola ed orienta gli agiti, i comportamenti verso
l’autorealizzazione ed il benessere personale, familiare, sociale, comunitario, professionale, economico, in una
prospettiva di integrazione, inclusione e complementarietà affettivo/cognitiva delle esperienze. L’affettività può
essere connessa ad un altro bisogno primario dell’uomo che è quello di ESSERE COMPRESO (slide).
Un contesto relazionale, quale quello lavorativo, capace di “comprendere” la vita delle persone, di coglierne i
processi interpretativi della realtà in un tentativo sintonico di condivisione, permette a tutti di conservare la
consapevolezza delle proprie fragilità e nello stesso tempo di pro-vocare l’espressione dei potenziali, dei
talenti soggettivi per il bene comune, producendo sistemi aperti e disposti ad interagire ed interconnettersi….
camminando insieme.
 La cura e il prendersi cura tra i vari significati ha anche quello di TUTELA, CUSTODIA, che risponde
ad un altro bisogno fondamentale dell’uomo che è quello di SICUREZZA. La RESPONSABILITA’ nella
costruzione delle relazioni consta proprio nel far sentire le atre persone adeguatamente protette, riconosciute,
rassicurate, perché possano al meglio esprimere la dimensione di sé e del sé, in rapporto agli obiettivi
perseguiti nel “qui ed ora” della esperienza e nei diversi contesti entro cui ciascuno di noi è chiamato a
“parlare di sé”, da quello familiare a quello lavorativo/produttivo, da quello amicale a quello culturale, e così
via. L’atteggiamento di tutela insito nella cura, inoltre, comprende ed include la occupazione e la
preoccupazione non solo per e con la persona perché ad essa legata ed affettivamente coinvolta, ma con la
stessa intensità anche per la famiglia, la comunità locale, l’impresa, l’ambiente naturale e le risorse
della terra, verso i quali appare oggi più diffuso un comportamento negligente e maltrattante.
 La cura risponde ad altri primari bisogni della persona su cui ci potremmo soffermare perché
altrettanto significativi(slide).
I significati della cura sono correlati evidentemente e sinergicamente con i significati della GENERATIVITA’: i
sistemi generativi sono sistemi aperti (individuale, familiare, sociale, comunitario), disposti ad essere in
relazione con il mondo esterno, a proiettarsi verso il futuro, a connettere passato, presente e futuro, ad
accettare il “rischio” di ciò che ancora non si conosce. La generatività appartiene all’uomo, e per poter essere
espressa ha bisogno della presenza degli altri diversi da sé. Il Modello Operativo Interno di sé, che si struttura
nei primi anni di vita, è soggetto a processi/percorsi evolutivi di dinamico cambiamento e la persona, nella
quotidiana fatica di mediazione tra mondo interno e realtà esterna, tra confini dell’Io e del Noi, apprende ad
essere generativo grazie all’esempio, la testimonianza, la presenza, la cura di chi vive per e con lui, in ogni
ambito/contesto di vita, all’interno dell’azienda come in famiglia, ecc.. Le persone possono sviluppare il loro
potenziale generativo maggiormente in contesti “generativi” e la “responsabilità” di ciascuno di noi, laddove è
chiamato ad operare, è proprio quella di pro-muovere percorsi generativi e comportamenti virtuosi orientati a
valorizzare ed a prendersi cura delle persone e delle relazioni, verso un cultura inclusiva, solidale, capace di
“cercare, vedere e riconoscere” gli altri nei diversi contesti di vita, perché ogni persona è sempre portatrice di
risorse e di differenze.
Il nostro tempo è viceversa più caratterizzato da una tendenza egoica ed autocentrica, orientata non verso
una prospettiva futura, ma verso la soddisfazione individuale ed immediata, nel tentativo tanto
ansiogeno/nevrotico quanto immaturo/adolescenziale, e pertanto destinato a fallire, di “controllare” e “gestire”
le relazioni, gli altri, il mercato, i profitti in funzione del principio di piacere qui ed ora. Ciò risolve,
apparentemente, le insicurezze e le incertezze soggettive, sociali, culturali che comunque continuiamo ad auto
produrre. Il nostro “tempo storico” è più marcato dalla frammentazione, dalla fragilità, dalla insicurezza,
dinamiche rappresentate sintomaticamente dalla cosiddetta “sindrome della relazionalità debole”,
dall’indebolimento dei legami e dalla perdita di senso/significato dell’intersoggettività/interdipendenza. La
generatività è invece fiduciosa apertura temporale, è innovazione sociale che viene agita dall’interno, in
contatto quotidiano con la vita e le sue fatiche e gioie. E’ anche affidamento e fiducia in se stessi e negli altri
con cui si condivide un progetto, un’impresa; un sistema aperto e disposto a scoprire nuove forme di
“economia civile, sociale, ambientale, di comunione”, centrando l’attenzione sulla qualità delle relazioni
costruite e da costruire, nella prospettiva di dinamiche interconnessioni/reti tra persone, comunità, imprese.
Infatti l’azione generativa è spesso “un’azione collettiva”, proprio perché costruisce e sostiene “relazioni plurali
e pro-muove appartenenze multiple”.
I 7 criteri della generatività, così come riportato da più autori:
1. VALORE ED INTRAPRENDENZA: la generatività è dismisura, dono, disponibilità a sopportare il
rischio e la fatica di una scommessa mai garantita. In quanto disponibilità a spendersi creativamente
per qualche cosa di bello, di buono e di vero, la generatività da forma e concretezza al valore mentre
lo afferma;
2. INNOVAZIONE E MOBILITAZIONE: quale sguardo inedito sul mondo, essa trascende il dato di fatto,
aprendo così strade innovative che sono capaci di mobilitare e valorizzare risorse umane e
strumentali diffuse, non ancora impiegate o disperse;
3. FEDELTA’ E FIDUCIA: radicata in un terreno che la precede e aperta ad un futuro che la supera, la
generatività non si stanca di costruire le condizioni della fiducia, investendo sui legami e significati
condivisi attorno ad filo di senso che comprende azioni, pensiero ed esperienza;
4. AFFETTIVITA’ E DESIDERIO: via per dare corpo al desiderio di realizzazione, di pienezza, di realtà,
la generatività muove la passione e l’affettività, ci apre agli altri e ci libera dalla prigione di noi stessi e
dalle angustie della situazione presente;
5. ADEGUATEZZA E RIFORMISMO: generare implica compromettersi con il mondo, non per accettarlo
così com’è, ma per cambiarlo dall’interno, un po per volta. Nel rendere ciò che viene generato
adeguato al mondo, la generatività cui sforma dal basso, e in continuità con una storia di cui è parte,
le forme istituzionali della vita sociale;
6. SENSIBILITA’ E SOSTENIBILITA’: la generatività è sensibile al mondo circostante, di cui riconosce
la potenzialità ma anche la fragilità. Attenta a non sfruttare il contesto sociale e ambientale, essa se
ne prende cura, esprimendo così una forma di veglia e vigilanza, ma presenza sull’umano;
7. RESISTENZA E SACRIFICIO: la generatività non fugge il conflitto ma lo attraversa; non si arrende di
fronte alle difficoltà né si scoraggia per il fallimento, che possono anche aiutare a riaggiustare la
direzione. Sollecitata dalla contingenza che le viene incontro, essa cerca di imprimere una spinta di
rinascita dentro la realtà, che “rende sacra” attraverso la dedizione e l’impegno.
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Erikson: la generatività è dell’identità adulta. Il soggetto adulto è generativo se e in quanto si sa occupare (si
prende cura) di ciò che ha generato e non è preoccupato da se stesso, cioè non è nella posizione di
“stagnazione”.
Mc Adams & de St Aubin, 1992: la generatività ha una sua processualità dinamica: dar vita, curare, lasciar
andare, rivolta a qualsiasi oggetto generativo ( e non solo al figlio) ed a qualsiasi progetto generativo. “Curare”
senza “lasciar andare” è tradire la generatività che appunto vive di spinta anti-narcisistica e di un progetto che
supera chi l’ha messo in moto.
Per concludere Vi propongo il decalogo delle DIECI A di chi decide quotidianamente di occuparsi di cura
generativa in ogni ambito della vita in cui è chiamato ad operare: (slide).
LA CURA E’ UNA PRO-VOCAZIONE GENERATIVA: buona cura e buona impresa a tutti.