premio Mittner-1
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Magda Olivetti - I requisiti per una buona traduzione letteraria A) LA RESA DEI CONTENUTI La perfetta resa dei contenuti è un requisito minimo, così concepibile: 1) nessuna frase deve essere saltata o tradotta parzialmente. Ricordiamo che un criterio in uso ancora di recente nelle traduzioni in Francia (La Pléiade!) era il seguente: se una frase è incomprensibile, è meglio che il traduttore la salti a piè pari piuttosto che inventare una interpretazione sbagliata o comunque opinabile. Questo, se neppure il revisore della casa editrice ha la capacità e il tempo per trovare la soluzione corretta. Questo criterio, a mio avviso, non è accettabile. Può essere solo giustificato sul piano umano dal compenso infimo che riceve il traduttore in Europa e dalla fretta che l’editore gli mette perché termini la traduzione del libro ( o che egli stesso ha per non perder tempo e guadagnare qualcosa di più ). 2) Aggettivi, avverbi, preposizioni: di regola non andrebbero mai saltati; ma nel caso in cui disturbino il ritmo o la scorrevolezza del testo tradotto, è anche lecito ometterli nella frase di un periodo, tentando però sempre di recuperare il valore perduto nella frase immediatamente precedente o successiva dello stesso periodo, o nel periodo contiguo. Lo stesso vale quando una parola di una delle due lingue contiene più significati (o in minor numero) di ogni sua possibile traduzione, perché molto spesso i ‘campi semantici non si coprono’. E’ lecito, se strettamente necessario, eliminare qualche avverbio o congiunzione tedesca come ja, doch, so, eben, eigentlich ecc. … che nella versione italiana risulterebbero pleonastiche. Oppure trovare via via le molte soluzioni diverse nella lingua italiana. (Questo vale naturalmente (soprattutto) per le traduzioni dal tedesco verso l’italiano. 3) Non aggiungere mai parole (neppure una sola!) che servano a spiegare ciò che nel testo non è spiegato. Ogni ambiguità dell’originale va tradotta con un’altra ambiguità nella lingua di arrivo. 4) Quando l’originale contiene termini tecnici tipici di una scienza o mestiere, occorre informarsi accuratamente presso qualche specialista del campo. Questo anche quando l’autore ne fa un uso squisitamente letterario. Per esempio, nel romanzo di Ingeborg Bachmann Der Fall Franza, il fratello della protagonista è un geologo che usa alcuni termini della geologia di cui la sorella fa un uso ‘poetico’. Sta poi alla capacità inventiva del traduttore quale uso fare dei termini corrispondenti nella madrelingiua (cfr. Parte B) 5) Rispettare nei limiti del possibile la punteggiatura, la scansione dei periodi e delle frasi, tenendo però molto presenti le differenze nell’uso della punteggiatura e nella costruzione sintattico-grammaticale delle due lingue. La lingua tedesca è il regno del discorso ipotattico, l’italiano molto meno. Lo stesso dicasi per la scelta dei vocaboli. Il tedesco abbonda di parole astratte e di parole composte, l’italiano di parole concrete e di un lessico semplice e solo raramente composto. Abbiamo finora analizzato i requisiti minimi del buon traduttore letterario, che ne deifiniscono la serietà, l’attegiamento ‘etico’, B) LA RESA STILISTICA Qui si entra in un campo meno riconducibile a un ‘mestiere’ fatto di regole o regolette, ma è ciò che fa del traduttore letterario un interprete dell’arte a pieno titolo, come lo sono, per esempio, gli interpreti musicali. E’ ciò che distingue nettamente il traduttore letterario dal traduttore tecnico, per non parlare di quello in simultanea o in consecutiva. E lo distingue anche dal Traduttore di pura Saggistica. E quando si entra nel mondo dell’arte, è assai più difficile proporre regole o istruzioni che vengano in soccorso: forse si possono soltanto fare discorsi generali e indicativi. Ci sono però alcune cose di cui si deve avere consapevolezza: 6) Ogni scrittore - anche il meno dotato - ha un suo stile che lo rende riconoscibile. Chi più chi meno. Persino i diversi libri di uno stesso autore possono presentare stili in qualche modo diversi. A seconda del valore dello scrittore, esistono stili più o meno marcati e originali, più o meno complessi e raffinati, e stili alquanto scialbi e insignificanti. Come sappiamo, lo stile non è soltanto un bel vestito fatto indossare a un contenuto più o meno interessante. Leggendo alcune pagine -anzi spesso bastano poche righe- di un grande scrittore si può quasi sempre riconoscerne la sua ’ voce ‘: si può dire “Questo è Musil, questo è Thomas Mann, quello è Kafka”, proprio come, quando si accende la radio a concerto iniziato e ben presto si riconosce che “questo è Bach, “ e “quello è Mozart”. ll traduttore letterario che miri all’eccellenza deve saper rendere lo stile dell’autore che traduce. E’ la cosa più difficile, che richiede alcune specifiche virtù. Tanto più passando da una lingua ‘di piombo’(*) come il tedesco alla ‘lingua del bel canto’ che è l’italiano. Da una lingua che possiede una sintassi tanto saldamente quanto logicamente costruita e articolata come il tedesco a quella ‘lingua di gomma’(**) che è l’italiano. Eppure lo stile, ‘la voce’ di un autore è più forte di queste abissali differenze. Per riuscire in questa impresa occorre: 7)) anzitutto che il traduttore letterario sappia ‘scrivere bene’ nella propria lingua. Che dunque abbia letto molto nella sua lingua madre. O comunque abbia tratto dalle sue molte o poche letture profonde per quanto istintive ‘conoscenze’. Anche questa è una dote, perché il classico topo di biblioteca o lettore onnivoro e universale può anche non aver acquisito alcuna di quelle idee stilistiche indispensabili allo scrittore-ombra che è il buon traduttore. 8)) costui deve possedere un forte senso del ritmo e un ottimo orecchio musicale. Il traduttore deve avere, come si suol dire ‘orecchio’. 9) In generale e’ bene che la traduzione sia ‘scorrevole’, cioè fluida, che il lettore non inciampi continuamente nelle parole, ma che la sua versione si possa leggere come un flusso di parole che si susseguono secondo ritmi e cadenze che non invitino al sonno o invece disturbino l’orecchio del lettore. E’ fondamentale che la traduzione proceda seguendo ‘l’eufonia della propria lingua’ (***). Questo va bene se l’autore stesso scrive a questo modo, come quasi sempre nella letteratura ‘classica’ che arriva fino a metà del Novecento, ma non funziona per scrittori più moderni, che hanno spesso trasformato la lingua con un passaggio analogo a quello dei compositori musicali che dalla musica classica sono passati a quella atonale o dodecafonica. Nel tradurre tali scrittori occorre spesso fare il contrario, cioè non far scorrere affatto i periodi e le frasi, quando l’originale è pieno di asperità e di impennate, ma sforzarsi di riprodurre perfettamente queste dissonanze, in modo però che non sembrino maldestri inciampi o stonature. Ciò richiede –oltre all’orecchio- un un’enorme sforzo di immedesimazione con l’autore, con il testo,originale. Moderni a parte, questo è comunque un consiglio valido per ogni testo di qualsiasi autore. Quanto alla resa delle metafore e in generale delle immagini, è sempre consigliabile che il traduttore proietti su uno schermo della propria mente la scena, la figura, i discorsi e i movimenti, contenuti nella pagina che sta per tradurre, e poi li rovesci sulla carta espressi in parole sue, nella sua lingua. 10)) E’ bene che il traduttore, quando affronta un nuovo testo, si crei- possibilmente con immediatezza, a caldo e non a freddo- alcune, anche poche, idee-guida, da seguire poi nel corso del suo lavoro. Se deve tradurre Kafka, per esempio, dovrà aver capito che si tratta di uno scrittore che scrive come se disegnasse a matita in bianco e nero sopra un foglio interminabile di carta bianca, che egli scrive un prosa limpida, totalmente priva di metafore e anche quasi senza mai nominare i colori. Eppure questi colori , quando è necessario, riesce a farceli vedere. Che i suoi personaggi ‘si muovono’ come in una sequenza cinematografica assolutamente priva di dissolvenze. Che, per fare un altro esempio, Musil scrittore e ingegnere, fa uso in egual misura di metafore prese dal mondo della scienza o direttamente dalla natura, che c’è un equilibrio perfetto fra descrizione della psiche e descrizione della mente dei suoi personaggi, che c’è una visione ampia del mondo e delle cose, ampia ordinata e insieme anche poetica. Non basterebbe che il traduttore mettesse in fila fedelmente le parole necessarie a tradurre quei testi, per ottenere lo stesso effetto? Non è così: quelle poche ma forti consapevolezza gli daranno quel quid in più e lo guideranno a rendere molto più efficace la resa. Esistono , credo, delle idee-guida, alle quali il traduttore non può e non deve rinunciare. Per ogni libro che traduce, dovrà crearsele e seguirle, per arrivare felicemente in fondo. Che nel caso di certi autori è indispensabile non spezzare periodi e frasi (il farlo sarebbe deleterio!) anche se l’italiano lo richiederebbe, pena la perdita ‘strutturale’ del testo e quindi dello stile diciamo ‘geometrico’ dello scrittore. Questo non è fondamentale per tutti gli scrittori. Occorre valutare caso per caso e imporsi questa disciplina sempre e soltanto quando è indispensabile. Postilla Ciò detto, non si deve mai dimenticare che anche il traduttore ha un proprio ‘stile’, poiché egli è uno scrittore a pieno titolo, se anche la sua arte consiste nella ‘resa’ e non nella ‘creazione ‘ del libro, proprio come i direttori di orchestra, i pianisti, i cantanti, i danzatori ecc, con la debite differenze: Tutti questi ‘interpreti dell’arte’ hanno uno strumento proprio (il violino, la bacchetta, l’ugola, il corpo ecc.) che si distingue da quello del ‘genio creativo’, mentre il traduttore usa lo stesso strumento (la penna, il PC) un fatto imbarazzante che rende il traduttore meno orgoglioso della propria arte, Inoltre, mentre tutti gli altri ‘artisti’ hanno un pubblico che li giudica nel momento stesso del loro lavoro, il povero traduttore non ha di queste gratificazioni immediate. Anzi, si potrebbe dire che più è bravo e meno lo si nota, e meno il lettore comune va a cercarne il nome sul testo. E invece quando traduce male, al lettore inferocito potrebbe anche venir voglia di conoscere il nome di quella persona sciagurata che ha ridotto così il suo scrittore preferito! Probabilmente si potrebbero dare ancora molti altri consigli che, una volta seguiti, conducano a una buona traduzione. Ma credo che chi riesca già a seguire questi pochi, è certamente sulla buona strada per diventare un ottimo traduttore di letteratura. Note (*) Definizione di T. Bernhard. (**) Definizione di I. Calvino (***) Citazione da San Gerolamo