scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 03 dicembre 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
03/12/2013 Corriere della Sera - Roma
Sanità israeliana e Gemelli: siglato l'accordo
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03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Sclerosi multipla tra blog e forum la narrazione che può aiutare
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03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Pelle e allergie nei bambini l'effetto inquinamento
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03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Contrordine dei dentisti sugli impianti Si torna al ponte
8
03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Terapia genica, quando davvero funzionano le staminali
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03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Curarsi con le erbe
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03/12/2013 La Repubblica - Nazionale
Non serve più un ricovero neanche per fare un'estrazione
12
03/12/2013 La Repubblica - Bari
Piove nel reparto di Ginecologia i ricoveri nelle sale operatorie
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03/12/2013 Il Giornale - Nazionale
La tua dieta? La decide il sangue
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03/12/2013 Il Giornale - Nazionale
Cento milioni per Vitaldent, i dentisti in «franchising»
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03/12/2013 Il Secolo XIX - Genova
Un ago contro i tumori San Martino all'avanguardia
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03/12/2013 ItaliaOggi
Inidoneità, le Asl fuori dalle verifiche mediche
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03/12/2013 QN - La Nazione - Firenze
Abuso con effetti devastanti «Pugno duro con chi sgarra»
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03/12/2013 Il Fatto Quotidiano
Il cesareo alla donna italiana e lo choc dell'eugenetica inglese
20
02/12/2013 Medicina Naturale
Buone e cattive notizie
21
02/12/2013 Medicina Naturale
Liberarsi dai pregiudizi e imparare ad ascoltare
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02/12/2013 NCF
Stati Uniti e malattie rare
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02/12/2013 NCF
Malattie autoimmuni Spiragli di cura?
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
18 articoli
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Corriere della Sera - Roma
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Maxiemergenze
Sanità israeliana e Gemelli: siglato l'accordo
F. D. F.
Un sofisticato centro di simulazione medica avanzata e un ospedale «silente», pronto all'intervento in caso di
grandi emergenze sanitarie. Sono questi i principali obiettivi cui mira l'accordo di collaborazione per
programmi di cooperazione sanitaria siglato ieri a Roma, nell'ambito del vertice intergovernativo Italia Israele, tra l'Università Cattolica del Sacro Cuore e due centri sanitari israeliani, il Chaim Sheba Medical
Center di Tel Aviv e il Rambam Health Care Campus di Haifa. Il progetto si prevede che sarà realizzato nel
Policlinico Gemelli.
L'intesa prende spunto dalla grande esperienza maturata dalla sanità in Israele in occasione dei tanti attentati
e scontri bellici che negli ultimi decenni lo hanno colpito: in considerazione del fatto che Roma e l'Italia
potrebbero essere oggetto di futuri attentati, le autorità governative dei due Pesi hanno deciso di sviluppare
questo progetto di collaborazione per potenziare le strutture capitoline anche dal punto di vista della ricerca e
della formazione.
Formalmente si tratta di «lettere di intenti» che, firmate ieri, preludono a un articolato accordo di cooperazione
finalizzato a promuovere, nel triennio 2013-2016, la realizzazione presso il Policlinico Gemelli di un ospedale
«silente», dotato di cento posti letto potenziali da attivare in caso di maxi-emergenze sanitarie, e la
cooperazione nel campo della simulazione medica, con previsione di attività formative e di ricerca dedicate
alla gestione degli interventi di prima necessità e alla simulazione avanzata. «Questo accordo rappresenta un
passo importante - ha spiegato il rettore dell'Università Cattolica, Franco Anelli - in prospettiva saremo in
grado di garantire al Paese ulteriori e qualificate risorse mediche in caso di gravi necessità per i cittadini e di
offrire, sia per la formazione che per l'aggiornamento professionale delle nuove generazioni di medici, un
luogo unico nel suo genere dove poter accrescere le proprie competenze e abilità cliniche e chirurgiche».
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RSALUTE Le terapie
Sclerosi multipla tra blog e forum la narrazione che può aiutare
MAURIZIO PAGANELLI
Sclerosi multipla tra blog e forum la narrazione che può aiutare Quanta è la distanza tra "morbo-patologia"
(disease: aspetti e risvolti clinico-medici) e l'"essere malati" (illness, con tutte le implicazioni emotive e
relazionali)? È la medicina narrativa a coglierne differenze e significati. Mentre l'Istituto Superiore di Sanità e
Asl 10 di Firenze ed European Society for Health and Medical Sociology stanno lavorando alle linee guida
basate sulle mille storie di repubblica.it (iniziativa Viverla tutta), ora un report sui malati di Sclerosi multipla
condotto dalla Fondazione Istud, Business school indipendente, certifica la forza di social network, blog e
forum. Duecento storie online di pazienti indagate con lo strumento dell'analisi transazionale (scelta per il suo
focus relazionale): storie di illness più che di disease (un rapporto 5 a 2) anche se scrivendo sono sintomi,
farmaci e corpo a prevalere rispetto alle emozioni (paura, rabbia, gioia, dolore, vergogna). Amori, partner,
solitudine, famigliae relazioni, fede fanno parte delle storie di illness. «Il web appare spazio ideale per
condividere emozioni, aprirsi al mondo in una condizione che porterebbe invece all'isolamento», ragiona
Maria Giulia Marini, responsabile area sanità dell'Istud. L'indagine individua atteggiamenti diversi a seconda
delle fasi della Sclerosi multipla: «I neo-dignosticati - raconta Marini - cercano di capire cosa succederà (su
Google e Wikipedia, molto criticato per l'impostazione); gli intermedi si attivano per capire strategie e centri
migliori; infine "i senior", saggi che danno supporto emotivo, sostengono e alimentano la speranza».
L'indagine, supportata da Novartis, è stata accolta da pazienti e associazioni come un "riconoscimento, un
sentirsi rispecchiati". «Ora l'obiettivo è sensibilizzare la classe medica, "migliorare" le info su wikipedia, creare
una rete delle reti. E indagare sui lati nascosti: maternità e sessualità», dice la responsabile Istud.
«Web come sola finestra. Il web ha cambiato quel maledetto giorno della diagnosi... ha traghettato la mia
paura in una realtà quotidiana», scrive la blogger Maria. Online la malattia è spesso personificata. Ce lo
ricordano anche i fan della blogterapia, relativamente al tumore, su oltreilcancro.it. La "bestiaccia", diceva
AnnastaccatoLisa, tra le fondatrici (ora c'è una associazione che continua la sua battaglia). Che Scriverne fa
bene, titolo del suo libro (sarà presentato a Roma, Palazzo Congressi, Fiera piccola e media editoria, giovedì
ore 18, nell'ambito di Viverla Tutta sostenuta da Pfizer) lo assicura la blogger Giorgia Biasini, anche lei
fondatrice di oltreilcancro.it. Intanto la medicina narrativa approda al San Carlo di Potenza (Oscar del bilancio
2013) nel progetto per "umanizzare le cure" e formare il personale. Con al centro il paziente "nella sua
totalità".
LA SCHEDA IL PROGETTO Viverla tutta, su repubblica.it ha raccolto 4 mila storie di malati e familiari su cui
gli esperti stanno elaborando linee guida LA RICERCA Il metodo della medicina narrativa è stato applicato a
blog e forum sulla sclerosi multipla dall'Istud su 200 racconti IL RACCONTO L'impiego della narrazione nella
pratica clinica è uno strumento che, secondo vari studi, migliora la qualità di assistenza e cura IL
LABORATORIO Nella Asl 10 di Firenze da circa dieci anni progetti e laboratori con approccio narrativo
Esperienze anche a Foligno, Catania e Cagliari
PER SAPERNE DI PIÙ www.istud.it http://oltreilcancro.it
Foto: SCRIVERNE FA BENE Giorgia Biasini 152 pagine 16 euro Zona editrice
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RSALUTE La pediatria
Pelle e allergie nei bambini l'effetto inquinamento
GIUSEPPE DEL BELLO
Pelle e allergie nei bambini l'effetto inquinamento Polveri, elementi chimici e scorie, industriali e da traffico. Le
conseguenze dell'inquinamento si scontano anche sulla pelle. In particolare dei bambini, primi bersagli della
dermatite atopica. I dati indicano un aumento della patologia cutanea che oggi, rispetto al passato, nel 20%
dei casi, persiste fino a 7 anni.
Numeri triplicati che hanno fatto scattare l'allarme dei relatori intervenuti al focus promosso da Paidòss
(Osservatorio nazionale salute infanzia e adolescenza) nell'ambito dell' "International network on Children's
Health, environment and safety", che si è appena concluso a Gerusalemme. Dagli ultimi rilevamenti si scopre
che, oltre agli inquinanti noti, se ne contano di nuovi, tra cui i metalli pesanti (palladio in particolare), che
originano dalle marmitte catalitiche. Gli effetti sulla pelle si esprimono attraverso la dermatite atopica con
irritazioni, eczemi, eritemi e desquamazioni. Sul banco degli imputati finisce anche l'inquinamento indoor,
caratterizzato all'interno delle mura domestiche da polveri, acari, peli di animalie alimenti ricchi di allergeni.
Un mix nocivo che si aggiunge alla mutazionee perdita della funzionalità del gene Flg (Filaggrina), fattore di
rischio per la dermatite che, però, nonostante presente, nel 40% di bambini non si manifesta.
Perché? «È un segnale che rivela come la dermatite atopica dipenda sempre più da fattori correlati
all'ambiente esterno, agli stili di vita e ai cambiamenti degli ultimi 50 anni - risponde il presidente Paidòss
Giuseppe Mele - L'ipotesi è che l'interazione tra fattori ambientali e genetici, induca la riacutizzazione della
patologia».
Il termine "atopica" designa un'abnorme risposta cutanea a stimoli apparentemente normali provenienti
dall'ambiente esterno, spiega Pompeo Donofrio, docente alla scuola di specializzazione in Dermatologia alla
Federico II di Napoli: «L'iperattività si manifesta a livello della cute nei primi due anni e coinvolge volto e
pieghe degli arti, tra cui gomito e ginocchia, dove compaiono chiazze arrossate, umide e piccole. Per la
prevenzione vanno utilizzati indumenti bianchi (i coloranti possono essere tossici) ed evitate aree a rischio
per sostanze sensibilizzanti». E se la profilassi non basta? «Bisogna instaurare un trattamento a lungo
termine - risponde il coordinatore di Paidòss Giuseppe Ruggiero con creme emollienti che contrastino la
secchezza e ripristino la barriera cutanea. Poi, per rispettare l'igiene, si ricorre a detergenti specifici, con o
senza antisettici. E infine, negli ultimi due minuti del bagno, vanno immessi in vasca oli che contrastino la
disidratazione. Sul versante farmaci, i corticosteroidi topici rappresentano la prima scelta su cute
infiammata». I consigli comportamentali includono una dietoterapia, conclude Mele, «specialmente in inverno,
quando l'alimentazione deve comprendere maggior consumo di frutta e verdura (vitamine e sali minerali),
pesce, grassi vegetali, fibre e cereali».
PER SAPERNE DI PIÙ www.paidoss.it www.sidapa.it
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RSALUTE La medicina
Contrordine dei dentisti sugli impianti Si torna al ponte
ANNAMARIA MESSA
Contrordine dei dentisti sugli impianti Si torna al ponte Si mitiga l'overdose di impianti biotech. I pazienti fanno
marcia indietro, i dentisti cominciano a ripensarci. Oggi si risparmia su tutto e se proprio non si può fare a
meno di andare dal dentista per ripristinare vuoti e masticazione si cerca di ricorrere a ponti, corone e protesi
mobili. Con ricostruzioni anche meno invasive e complesse rispetto agli impianti.
«Sempre di più il paziente si accontenta della dentiera, più economica di altre soluzioni avanzate», conferma
Roberto Callioni, Servizio Studi Andi, l'Associazione Nazionale Dentisti Italiani che ha realizzato (con GSK)
un'indagine sull'incidenza della protesi rimovibile e l'ha presentata nel recente congresso scientifico a Roma.
«Sulla salute dentale non bisogna abbassare la guardia, rinviare le cure spesso porta a spese ancora
maggiori in seguito. Anche in questo settore prevenire è uguale a risparmiare», fa notare il presidente Andi
Gianfranco Prada. «C'è un giusto ritorno alla centralità del paziente, del piano di trattamento in cui l'impianto
è visto come un mezzo per rimettere i denti quando le terapie convenzionali non possono più essere messe
in atto. Non c'è un trattamento migliore, la letteratura è concorde, lo si è ribadito anche nel ventennale
dell'American Accademy Implantology - precisa Tiziano Testori, responsabile Implantologia e Riabilitazione
Orale IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Università Milano - Gli impianti cambiano la vita in chi non ha
proprio denti, soprattutto inferiori. È importante decidere dopo una diagnosi precisa e la valutazione di fascia
d'età, condizione medica, preferenze, grado di collaborazione. Il paziente richiede gli impianti perché si sente
vecchio con la protesi totale, bisogna capirlo. Ma vanno valutati i rischi e saper dire no se sono maggiori dei
benefici. Nell'arcata superiore protesi fatte bene sono molto funzionali, a volte non sono stabili perché sotto ci
sono pochi denti. Sistemando bene l'arcata inferiore (dove le protesi sono difficili da stabilizzare), la protesi
superiore non crea più problemi».
Dentiere e scheletrati non solo quindi come ripiego economico? «In questi anni ci siamo fatti prendere dal
vortice della implantologia dimenticando che anche la protesi mobile è un ottimo presidio protesico», ammette
Laura Strohmenger, Clinica Odontoiatrica Università di Milano. «Oltre la metà dei dentisti (52,7%) li giudica
dignitosi dispositivi protesici, efficaci e meno invasivi di altri e la ricerca ne ha riaffermato la validità», precisa
Callioni. «Con l'avvento dell'implantologia, molti pazienti si sono allontanati dalle protesi. Certo, come in ogni
caso, bisogna fare riabilitazione, partendo da masticazione, igiene valida, uso corretto dell'adesivo e così
via», sottolinea Lilia Bortolotti, odontoiatra, Università Bologna.
I CONSIGLI PROSPETTIVE ODONTOIATRICHE È il titolo della rivista con le informazioni sulla prevenzione
dentale infantile. www.aio.it
Le carie sono in aumento ma si possono prevenire
Secondo i dati diffusi dal Collegio dei docenti, negli ultimi 5 anni è cresciuta del 15% l'incidenza della carie:
oggi colpisce 120 mila bimbi entro i 4 anni e 250 mila tra i ragazzini di 12 anni. «La sigillatura - spiega Delogu
- previene molte di quelle 250 mila infezioni. Se, come ho proposto, 96 milioni del fondo sanitario nazionale
intervenissero a coprire le sigillature dei molari in tutti i 600 mila figli di famiglie con reddito Isee inferiore a 8
mila euro annui lordi, farebbero un salto di qualità la vita dei pazienti, gli odontoiatri e la sanità pubblica
sarebbe affiancata da una rete di presidi di massima affidabilità e qualità». (a. mes.)
PER SAPERNE DI PIÙ www.andi.it www.aslrma.com
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RSALUTE La ricerca
Terapia genica, quando davvero funzionano le staminali
LUIGI NALDINI *
Terapia genica, quando davvero funzionano le staminali Un anno da ricordare: il 2013 resterà certamente
impresso nella memoria di tutti noi ricercatori del Tiget. Cinque mesi fa abbiamo infatti annunciato sulla rivista
Science che per la prima volta al mondo la terapia genica con vettori derivati da Hiv, il virus responsabile
dell'Aids, funziona su due gravi malattie genetiche, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di WiskottAldrich. Con tecniche di ingegneria genetica abbiamo trasformato il virus in un veicolo efficace ed innocuo
della terapia e siamo riusciti a inserire nelle cellule staminali prelevate dal midollo osseo dei pazienti una
versione corretta del gene responsabile della loro patologia: una volta reintrodotte nell'organismo, queste
cellule sono state in grado di ripristinare la funzione che era venuta a mancare, con un significativo effetto
terapeutico.
Dopo oltre dieci anni di ricerca in laboratorio, nonché di investimenti in risorse umane ed economiche da
parte della Fondazione Telethon e dell'Istituto San Raffaele, abbiamo finalmente visto un risultato concreto
dei nostri sforzi. E, cosa ancora più importante, abbiamo potuto dare una risposta ai pazienti, dopo che per
tanti anni ci eravamo sentiti in perenne ritardo rispetto alla loro malattia.
Sei bambini, provenienti da diverse parti del mondo, hanno avuto un notevole miglioramento nelle loro
condizioni di salute e possono oggi sperare in un futuro migliore. Stanno crescendo come i loro coetanei,
vanno all'asilo o a scuola, conducono una vita normale che prima della terapia non sembrava possibile. Altri
dieci hanno già ricevuto il trattamento: speriamo di poter prossimamente annunciare anche per loro simili
benefici. Se questi risultati saranno confermati nel tempo e su altri pazienti, contiamo sul fatto che possano
aprire la strada allo sviluppo di nuove terapie anche per altre malattie. Infatti il nostro lavoro non si ferma qui:
nel corso del prossimo anno contiamo di avviare due nuovi studi clinici per valutare l'efficacia della terapia
genica su altre due gravi malattie genetiche, la mucopolisaccaridosi di tipo 1 e la talassemia. Parallelamente,
in laboratorio stiamo studiando quella che potrebbe essere l'evoluzione della terapia genica: grazie a veri e
propri bisturi molecolari, un giorno potremo correggere gli errori direttamente sul Dna, come se fossimo dei
correttori di bozze davanti a un testo. Ma se questo è un possibile futuro, il presente sono quei bambini
sorridenti che oggi grazie alla ricerca Telethon hanno una speranza in più.
Ad oggi, Telethon ha investito in ricerca oltre 394 milioni di euro, finanziando 2.470 progetti che hanno
prodotto oltre 9.350 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali e soprattutto hanno permesso di
sviluppare 27 diverse strategie terapeutiche * Direttore Istituto San RaffaeleTelethon per la terapia genica
(Tiget) di Milano
PER SAPERNE DI PIÙ www.telethon.it www.unisr.it/persona.asp?id=340
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Curarsi con le erbe
Naturale non è innocuo viaggio tra le interazioni e gli effetti indesiderati Segnalazioni e divieti
ELVIRA NASELLI
Curarsi con le erbe Naturale non è innocuo viaggio tra le interazioni e gli effetti indesiderati Segnalazioni e
divieti NELVIRA NASELLI aturale non vuol dire innocuo. E infatti tra i farmaci a base di erbe medicinali,
registrati e utilizzati come tali, che rispondono a criteri di efficacia, sicurezza e qualità, ed integratori sempre a
base di erbe, in vendita in farmacia, erboristeria, negozi specializzati e sul web c'è una bella differenza.
Questi ultimi, infatti, non danno certezze su qualità e quantità di principio attivo, tipo di estratto utilizzato,
sicurezza ed efficacia. Si rischia, insomma, di prendere qualcosa che potrebbe non funzionare, funzionare
troppo, interagire con alcuni farmaci, potenziandone o diminuendone l'effetto, provocare allergie ed
intossicazioni. Dei rischi legati ad un uso disinvolto delle erbe medicinali si è occupato il convegno
cagliaritano della Siaic, la Società italiana di allergologia ed immunologia clinica. «Alcuni di questi prodotti
sono usati come farmaci, ma non lo sono - premette Francesca Menniti Ippolito, coordinatrice del sistema di
fitosorveglianza dell'Istituto superiore di sanità - e poiché è ignota l'efficacia, il rischio per chi li assume
dovrebbe essere zero.
Non è così: il nostro sistema ha registrato 900 segnalazioni spontanee, circa 120 ogni anno, con ricoveri per
epatopatie, crisi asmatiche, reazioni allergiche e problemi gastrointestinali. Alcune reazioni avverse erano
legate a prodotti omeopatici».
La preoccupazione maggiore è legata alla falsa percezione di sicurezza. «Qualsiasi sostanza ingerita sottolinea Sebastiano Gangemi, direttore Uoc. di allergologia e Immunologia Clinica all'università di Messina ha una sua farmacocinetica e farmacodinamica, e interagisce con i farmaci. Se poi si tratta di una miscela di
più erbe, la cosa è più complicata. Le categorie più a rischio sono gli allergici e chi segue terapie multiple,
come gli anziani, per le possibili interazioni e le preesistenti patologie».
Sebbene molti abbiano un'attività farmacologica, gli integratori non sono registrati come farmaci.
«Pochissimi i farmaci - premette Gioacchino Calapai, professore di Farmacologia all'università di Messina la serenoa repens, il cardo mariano, l' iperico. La registrazione come farmaco costa e bisogna produrre studi
clinici di efficaciae sicurezza. La notifica, invece, quella degli integratori, costa 160 euro e non impone
paletti».
Né dà informazioni, con il risultato che chi usa questi prodotti non sa che rischi corre. «Alcuni hanno effetti
sfavorevoli sui farmaci anticoagulanti - precisa Furio Colivicchi, direttore Uoc di Cardiologia del San Filippo
Neri di Roma - l'estratto d' aglio, preso a lungoe in dosaggi elevati, può modificare l'assetto della
coagulazione aumentando il rischio emorragico, il gingko biloba può provocare aritmie cardiache, il decotto di
biancospino abbassa pressione e frequenza cardiaca, il che non va bene per tutti. L'estratto di mirtillo, usato
per proteggere la retina, ha un fortissimo effetto di amplificazione su antiaggreganti e anticoagulanti. Il
consiglio? Chi assume farmaci per patologie importanti deve sempre informare il medico». Cosa che pochi
fanno. «Il riso rosso fermentato - continua Calapai, membro italiano del comitato dei prodotti a base di erbe
medicinali dell'Ema - ha un effetto statino-simile, l'Hypericum perforatum, efficace nelle depressioni mediomoderate, interferisce con il metabolismo dei farmaci, in particolare la ciclosporina.
La cimicifuga racemosa, usata per i disturbi della menopausa, è stata immessa di nuovo in commercio dopo
casi di epatiti e andrebbe evitata in chi ha problemi epatici.
Il ginseng interagisce con gli anticoagulanti, il citrus aurantium, usato per dimagrire, ha tossicità cardiaca. Il
Piper Methysticum, o Kava Kava, ritirato in Italia dopo alcuni casi di epatiti fulminanti, è in vendita altrove;
infine nei soggetti con propensione all'ipertiroidismo andrebbe evitato il Fucus vesiculosus ». ©
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LIQUIRIZIA Attenti a non esagerare con gomme pasticche o radici perché ci sono casi riportati di
ipertensione da eccesso di consumo
PER SAPERNE DI PIÙ www.epicentro.iss.it/focus/erbe/aggiornamenti.asp www.ema.europa.eu
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Non serve più un ricovero neanche per fare un'estrazione
(a. mes.)
Chi ha problemi di emofilia (4.300 in Italia, per lo più maschi) o è tra gli 8.800 italiani con malattie
emorragiche congenite la paura del dentista ce l'ha sempre e comunque, indipendentemente dal dolore che
potrebbe provare. Gli basta pensare ai suoi rischi di difficile coagulazione e di possibili emorragie. Spaventa
anche solo l'ablazione del tartaro, figuriamoci se c'è da fare un'estrazione o mettere un impianto. D'altra parte
a non intervenire si corre un altro rischio: trascurare una bocca che invece va comunque curata.
Tranquillizzanti le indicazioni terapeutiche derivate dall'esperienza che hanno compiuto insieme a Roma e
nel Lazio l'Istituto Odontoiatrico Eastman e il Centro Emofilia del Policlinico Umberto I. Hanno messo a punto
e collaudato un modello di cura odontoiatrica proprio per chi soffre di emofilia o di malattie emorragiche.
Grazie a nuove tecniche e a protocolli di alta sicurezza, niente più bisogno di ricovero e niente più paura del
dentista.
In passato, per un'adeguata copertura emostatica nei trattamenti odontoiatrici, ci voleva l'ospedale: in media
cinque giorni di degenza. Oggi, con determinati accorgimenti, per questi "pazientia rischio" basta
l'ambulatorio, cure più accessibili e meno onerose.
«Abbiamo attivato dei sistemi PAC, Prestazioni Ambulatoriali Complesse, per trattarli a livello ambulatoriale,
senza ricorrere al regime di ricovero», spiega Francesco Riva, Unità Operativa di Chirurgia
Odontostomatologica Eastman. «Questo ha determinato una netta riduzione dei costi di gestionee una
migliore aderenza al trattamento del paziente. Tra il 2007 e il 2013 sono stati sottopostia trattamenti chirurgici
invasivi 50 pazienti (42 maschi e 8 femmine) con disturbi congeniti della coagulazione. Senza ricorrere
all'ospedalizzazione abbiamo effettuato 156 chirurgie, facendo registrare 0 casi di sanguinamento o
complicazioni da infezioni post operatorie».
Sull'esperienza portata avanti nel Lazio ampio confronto a Roma in un workshop organizzato oltre che
dall'Eastman anche dalla Federazione Associazioni Emofilici e dall'Associazione Emofilici del Lazio. Si pensa
di esportare il modello in altre regioni.
Intanto lo stesso Francesco Riva ha presentato un doppio decalogo rivolto a pazienti e medici per consentire
agli emofilici e a chi ha una malattia emorragica congenita di affrontare con sicurezza la cura della bocca.
Fondamentale più che mai la prevenzione: visite di controllo e igiene orale professionale almeno una volta
l'anno, controlli semestrali per i bambini durante la dentizione decidua. Tre cose che l'emofilico deve sempre
avere con sé: tesserino (o placca metallica) con dati anagrafici e patologia ematologica, recapiti telefonici
dell'ematologo curante e del Centro Emofilia di riferimento e nome del farmaco prescritto per il controllo
dell'emostasi
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
RSALUTE La coagulazione
03/12/2013
La Repubblica - Bari
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Piove nel reparto di Ginecologia i ricoveri nelle sale operatorie
Al Policlinico sospesi gli interventi ordinari per accogliere le partorienti
FRANCESCA RUSSI
PIOVE acqua a scuola e in ospedale. A Bari i temporali hanno mandato in tilt non solo le lezioni, ma anche gli
interventi chirurgici. Il weekend di maltempo ha provocato cadute di calcinacci al palazzo di Giurisprudenza
dell'Università, infiltrazioni nel solaio del reparto di Ginecologia del Policlinico di Barie il crollo della
controsoffittatura nell'istituto tecnico commerciale "Giulio Cesare". Oltre all'allagamento di strade e
sottopassaggi. Da ieri, a causa dell'acqua penetrata all'ultimo piano del reparto di Ginecologia che ospita le
sale parto, le nascite sono state spostate nelle sale operatorie e l'attività ordinaria chirurgica è stata
momentaneamente sospesa. Garantite solo le urgenze. Ma, spiegano dal Policlinico di Bari, c'è già stato un
sopralluogo dei tecnici per riparare il solaio e bloccare le perdite; da oggi, poi, parte dell'attività chirurgica
ginecologica sarà trasferita nel blocco operatorio C dove c'è l'unità cardiovascolare.
Bisognerà aspettare gennaio, invece, per gli interventi di riparazione del soffitto nella scuola superiore "Giulio
Cesare" di viale Einaudi. Gli studenti, ieri mattina, hanno trovato quasi tutte le aule e i corridoi del secondo
piano allagati e parte della controsoffittatura crollata. "Piove nelle aule - racconta Rossella Ragone,
rappresentante d'istituto - Non siamo disposti ad aspettare ancora studiando in scuole insicure". Così i
ragazzi si sono mossi in corteo verso il palazzo della Provincia sul lungomare di Bari. Alla protesta si sono
uniti anche gli studenti dell'alberghiero "Perotti" di via Celso Ulpiani in cui i termosifoni sono spenti a causa
della rottura della pompa di calore, le aule sono troppo piccole e manca la palestra. «L'edilizia scolastica
deve diventare una priorità» attaccano i ragazzi dell'Unione degli studenti. A ricevere gli studenti sono stati
l'assessore all'Ambiente Giovanni Barchetti, il capo di Gabinetto Mario Ruggiero, e il capo dell'Ufficio tecnico
Aldo Lastella. Gli amministratori hanno assicurato risposte in tempi rapidi: la pompa di calore del "Perotti"
sarà sostituita entro questa settimana e il rifacimento del manto e della controsoffittatura del "Giulio Cesare",
un progetto da 200mila euro già pronto ma bloccato dal Patto di stabilità, partirà a gennaio. A chiedere una
soluzione per la palestra al "Perotti" - c'è quella negli spazi adiacenti dell'istituto "Panetti" - c'era anche la
preside Rosangela Colucci a cui Lastella ha garantito il raggiungimento di un'intesa. Il maltempo, infine, ha
causato il distacco di un pezzo di cornicione dal palazzo di Giurisprudenza. «Serve una ricognizione dello
stato degli edifici» chiedono gli studenti di Link.
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Foto: LA PROTESTA Gli studenti davanti alla Provincia.
Una delegazione è stata ricevuta: i lavori al Giulio Cesare bloccati dal patto di stabilità. La promessa: "A
gennaio partiranno"
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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Il caso Infiltrazioni anche in alcune scuole, gli studenti assediano la Provincia
03/12/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:192677, tiratura:292798)
La tua dieta? La decide il sangue
Per il gruppo «0» uova e frutta, per gli «A» verdura, per i «B» latticini: agli «AB» il lusso di essere onnivori LA
SCOPERTA Un naturopata Usa ha messo in relazione abitudini a tavola e Dna
Gianluca Grossi
Lo scrittore nipponico che si firma con lo pseudonimo Jamais Jamais ritiene che ogni gruppo sanguigno sia
riconducibile a un certo di tipo di carattere; e che quindi in base alla firma ematica che differenzia ognuno di
noi sia possibile stabilire con chi andremmo più d'accordo. Una guida sull'argomento è letteralmente andata a
ruba. In Italia siamo lontani da questo tipo di «teorie», tuttavia anche da noi sta facendosi largo l'affascinante
ipotesi che il gruppo sanguigno possa suggerire il tipo di dieta più idonea per il nostro benessere e la nostra
salute. Seguendola potremmo tenere a bada obesità, allergie e sindromi metaboliche. Solo per citare alcune
delle tante disfunzioni legate all'alimentazione. Si chiama «emodieta» e, piano piano, contemporaneamente
al diniego di molti specialisti, sta coinvolgendo sempre più italiani. Di che cosa si tratta? Il riferimento è a una
serie di alimenti altamente consigliati (o sconsigliati) per specifici gruppi sanguigni e a un particolare gruppo
di proteine, le lectine, che reagirebbero con il sangue in modo diverso provocando, per esempio,
incompatibilità alimentari. Peter J. D'Adamo, il naturopata americano che per primo ha sviluppato l'emodieta
dice che ogni gruppo sanguigno è relazionabile a un preciso status sociale che rimanda alla preistoria. Il
gruppo zero, il più antico, discenderebbe dai primi uomini che vivevano di caccia e raccolta; il gruppo A dai
primi agricoltori che cambiarono anche stile di vita divenendo sedentari; il gruppo B sarebbe rappresentato
dal Dna tipico dei pastori asiatici e si sarebbe differenziato circa 10mila anni fa, fra le popolazioni mongole e
caucasiche; il gruppo AB, infine, sarebbe il più recente, il più diversificato e includerebbe un po' delle
caratteristiche di tutti gli altri. Sulla base, dunque, di un preciso gruppo sanguigno sarebbe possibile formulare
diete peculiari, rimandando a usi e costumi nutrizionali che affondano le loro radici agli albori della civiltà. Gli
appartenenti al gruppo zero, per via dell'attitudine a correre e a cacciare dei propri avi, possiedono un
metabolismo veloce, figlio di progenitori che si nutrivano di carne e vegetali spontanei. Oggi dovrebbero stare
lontani dai cereali, «sconosciuti» ai loro stomaci, e fare qualcosa per migliorare il proprio sistema immunitario,
più fragile e delicato rispetto agli altri. Gli individui del gruppo A sono predisposti per consumare
abbondantemente alimenti vegetali, come accadeva ai propri antenati, dediti esclusivamente all'attività
agricola. Gli appartenenti al gruppo B, i nomadi, avevano una dieta diversificata; mangiavano un po' di tutto,
con una predilezione particolare per carne e latticini. L'AB è il più complesso e recente, riguarda una piccola
fetta dell'umanità, compresa fra il 2 e il 5%; si sarebbe formato dalla «fusione» fra il gruppo A e B ed è
riconducibile a individui che possono nutrirsi un po' di tutto, ma con moderazione. Nonostante la curiosità
suscitata in molti italiani dall'emodieta (anche grazie a figure come il dottor Piero Mozzi, autore di vari libri
sull'alimentazione), l'intellighenzia scientifica insorge, ritenendola poco attendibile per non dire del tutto
sconclusionata. Seguendola, infatti, ci sarebbe il rischio di nutrirsi malamente, finendo per andare incontro a
patologie anche serie. Gli appartenenti al gruppo 0, per esempio, potrebbero accusare problemi articolari;
quelli del gruppo A, ammalarsi di anemia e disturbi epatici; il gruppo B potrebbe essere suscettibile al diabete
e l'AB a disfunzioni cardiache. Spara a zero sull'emodieta anche l'American Journal of Clinical Nutrition,
prestigiosa rivista statunitense, secondo la quale non esiste prova scientifica in grado di avvalorare la sua
attendibilità. L'EMODIETA Proteine, carboidrati, grassi. A ogni gruppo sanguigno corrisponde un preciso
regime alimentare. E proprio dall'osservanza di un sistema nutrizionale meticoloso è possibile ottenere dei
buoni risultati in termini di mantenimento del corretto peso corporeo e della salute generale Particolarmente
indicati i prodotti a base di uova : sì a omelette, frittate e uova alla coque. Anche la frutta è perfetta.
Controindicati i cereali e quindi la tradizionale pasta all'italiana e piatti come la minestra d'orzo Il gruppo B
non ha grosse controindicazioni, ma per un maggiore benessere dovrebbe dare spazio soprattutto al latte , ai
prodotti caseari e alla carne Il gruppo AB è considerato l' onnivoro per eccellenza che, seppur con
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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LA NUOVA MODA LIGHT IN CUCINA Carattere e regime alimentare
03/12/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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moderazione, può mangiare di tutto Il gruppo sanguigno A può nutrirsi di qualunque prodotto ortofrutticolo ,
ma dovrebbe eliminare dalla dieta la carne e i latticini . Banditi, quindi, bistecche ai ferri, formaggi, insaccati
03/12/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Cento milioni per Vitaldent, i dentisti in «franchising»
Finanziamento con Intermediate Capital per sviluppare la rete di centri odontoiatrici
RE
Una iniezione di 100 milioni come rifinanziamento e allo scopo di sostenere il piano di espansione
internazionale. A beneficiarne è Vitaldent, il maggior network di centri odontoiatrici in Europa, che ha siglato
un accordo con Intermediate Capital Group. All'operazione hanno partecipato Icg in qualità di arranger e
Mediobanca come coordinator . Ad Aquisio Advisors Munich, invece, il ruolo di advisor finanziario. Tra i trenta
marchi più riconosciuti, secondo una ricerca condotta in Spagna, Vitaldent è leader di mercato nella penisola
iberica e in Italia. I 100 milioni di finanziamento, spiega una nota, serviranno a esplorare nuove opportunità
nei mercati attraverso i punti di forza della società: tecnologia, innovazione e professionalità. Per Vitaldent è
importante consolidare, attraverso l'iniezione concordata, la quota di mercato in Spagna, rendere sempre più
capillare la presenza in Italia e avviare la propria espansione in Polonia. Il volume d'affari è attualmente di
circa 450 milioni, risultato che Vitaldent punta a migliorare attraverso una crescita del 7,5% ogni anno nel
prossimo quinquiennio. Le previsioni relative al margine operativo lordo per il 2013 ammontano a circa 33
milioni di euro, con un progresso del 6% rispetto al 2012. Grazie a un modello di business unico nel suo
genere, in parte in franchising e in parte di proprietà, Vitaldent eroga trattamenti odontoiatrici in un network di
ambulatori: nei 460 centri, tra gestione diretta e gestione in franchising , lavorano oltre 3.400 medici
odontoiatri. Complessivamente sono 7.200 le persone occupate. Nei centri Vitaldent sono stati curati 5,7
milioni di pazienti, con 400mila nuovi utenti ogni anno. L'organizzazione prevede anche un network di
laboratori odontotecnici allo scopo di fornire un servizio a 360 gradi. Vitaldent, fondata nel 1989 da Ernesto
Colman, ha dato vita nel 1999 a Vitaldent Foundation: associazione senza scopo di lucro con l'obiettivo di
promuovere e far conoscere a tutta la popolazione la buona prassi di una corretta igiene orale. La
Fondazione svolge la propria attività in Spagna, Italia e Portogallo.
Foto: PROGETTI Uno dei 460 ambulatori di odontoiatria che fanno capo a Vitaldent. Sono 5,7 milioni i
pazienti curati nei vari centri
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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Il caso Leader in Italia e Spagna
03/12/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 18
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Un ago contro i tumori San Martino all'avanguardia
L. CAS.
BRUCIARE i tumori con un ago rovente, permettendo al paziente di uscire dall'ospedale dopo appena due
giorni di ricovero: per la prima volta in Italia in un centro alcologico, quello del San Martino di Genova, viene
applicata una particolare tecnica chirurgica che permette di eliminare rapidamente i noduli tumorali: «Si opera
introducendo nel fegato - spiega l'epatologo Paolo Borro - un ago che viene guidato tramite ecografia e che
una volta raggiunto il tumore diventa rovente, bruciando il nodulo. L'intervento è in anestesia totale e dura tra
i dieci e i quindici minuti: in questo modo si riducono i rischi e i tempi di degenza per il paziente, oltre ai costi
per il servizio sanitario». La tecnica viene usata sui tumori di piccole dimensioni, due o tre centimetri, e sinora
è stata applicata con successo su tre pazienti: «Prima i malati - aggiunge Claudio Montaldo, assessore alla
Sanità della Regione Liguria - veni vano sottoposti a cure più invasive oppure si rivolgevano agli ospedali di
altre regioni che applicavano questa tecnica. Adesso non ci saranno più fughe di pazienti: Genova è
all'avanguardia avendola messa a punto in un centro specializzato come quello alcologico regionale». Del
resto in Liguria le malattie legate al consumo di alcol sono la terza causa di morte: «Siamo la terza regione
per consumo di alcol procapite - spiega Gianni Testino, vice presidente della Società Italiana di Alcologia - e il
consumo inizia in età sempre più giovane: nell'entroterra il primo bicchiere arriva tra gli 11 e i 14 anni, spesso
in famiglia. I risultati si vedono ogni mese al Gaslini con diversi ricoveri per intossicazione acuta: sino ai 18
anni il fegato non è maturo e non riesce ad affrontare neppure una birra media».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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SVOLTA NELLA CURA DELLE MALATTIE DEL FEGATO
03/12/2013
ItaliaOggi
Pag. 38
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Inidoneità, le Asl fuori dalle verifiche mediche
Nuova disciplina in materia di organismi sanitari competenti all'accertamento dell'inidoneità per motivi di
salute del personale docente. Dall'11 settembre 2013, data di entrata in vigore della legge 8 novembre 2013,
n. 128, e per effetto di quanto dispongono l commi 5 e 7 dell'articolo 15, sono solo le commissioni mediche di
verifica di cui all'articolo 194 del codice dell'ordinamento militare integrate - senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica - da un rappresentante del ministero dell'istruzione, designato dal competente ufficio
scolastico regionale, quelle legittimate ad esprimere tali tipologie di giudizio nei confronti dei docenti. Non
sono più legittimate le commissioni mediche già operanti presso le aziende sanitarie locali, come
prevedevano l'articolo 19, comma 12, del decreto legge 98/2011 e il relativo decreto attuativo del ministero
dell'istruzione 12 settembre 2011. A dare le indicazioni operative e il dipartimento dell'amministrazione
generale del personale del ministero dell'economia e delle finanze con la circolare n. 966 del 19 novembre
201, avente per oggetto «l'accertamento delle condizioni di inidoneità del personale docente del comparto
scuola come richiesto dalla legge 8 novembre 2013, n. 128». A parere del dipartimento, infatti, i commi 5 e 7
della citata legge 128/2013, non facendo più alcun riferimento alle commissioni mediche integrate operanti
presso le aziende sanitarie locali, ne avrebbero escluso la competenza ai fini dell'accertamento dalla idoneità
o inidoneità del personale docente della scuola alla propria funzione per motivi di salute. A supportare la tesi
sostenuta dal dipartimento ci sarebbe la circostanza che in sede di conversione nella legge 128/2013 del
decreto legge 12 settembre 2013, n, 104, dal comma 5 dell'articolo 15 era stato eliminato il riferimento alle
commissioni mediche operanti presso le aziende sanitarie locali, riferimento presente invece nel testo
originario. Con la circolare viene precisato anche il ruolo che deve svolgere il rappresentante del ministero
dell'istruzione, ruolo che consiste unicamente nel partecipare unicamente alla fase conclusiva della procedura
sanitaria, ossia all'emissione del conclusivo giudizio medico-legale. L'esame fisico e il giudizio diagnostico
deve essere effettuato esclusivamente da uno o più medici componenti la commissione.In ordine infine al
giudizio di inidoneità o meno alle funzioni di docenza l'interessato, si sottolinea nella circolare, potrà
presentare ricorso, nella via amministrativa, entro dieci giorni dalla notificazione del giudizio di idoneità
effettuata a cura dell'amministrazione, alle commissioni mediche di seconda istanza del ministero della
difesa. L'interpetazione del Tesoro avrà come effetto non solo il dilatarsi dei tempi per essere sottoposti a
visita, considerato che la sede della commissione medica di verifica funziona solo in ciascun capoluogo di
regione e non in ciascuna sede provinciale dove operavano le commissioni mediche dell'Asl, ma anche
maggiori costi che graveranno sul lavoratore che deve intraprendere l'iter.© Riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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La nota dell'economia: controlli accentrati presso le commissioni regionali
03/12/2013
QN - La Nazione - Firenze
Pag. 5
(diffusione:136993, tiratura:176177)
Parla Patussi, responsabile del Centro di Careggi
«ECCO LE DUE potenze opposte del vino: uno è il veleno che trascina all'ozio, l'altro fa alzare nello stesso
tempo il calice e il pensiero». Così Edmondo De Amicis descriveva nel 1890 l'antinomia legata all'alcol.
L'ambivalenza rimane ancora oggi, e riduce la percezione di pericolo legata all'alcol rispetto alle sostanze
illegali. Al primo posto come fattore di incidenti stradali, violenza domestica, perdita del lavoro e costi sociali e
sanitari, il fenomeno dell'alcol presenta in Toscana numeri allarmanti. Troviamo nel 2011 circa 9mila accessi
in ospedale e 5713 solo al pronto soccorso nel 2012. La concentrazione maggiore è nell'area vasta fiorentina,
con il 60%, la minore nel senese, con il 2%. Proprio l'Asl fiorentina, dal 1996 al 2012, è passata da 601 a
1365 pazienti. La fascia di età più alcoldipendente è i 20 e i 29 anni per le donne e 40-49 per gli uomini. Per
quanto riguarda i minori, il centro di Alcologia di Careggi ne ha in carico circa 50. Oltre all'approccio clinico, è
sempre più applicata la strategia preventiva che mette in campo soprattutto le forze del volontariato.
Valentino Patussi è il coordinatore del centro Alcologico regionale e di Careggi: fitta la rete di raccordo con le
associazioni dei Club Alcologici territoriali di zona, in collaborazione con Cesvot. Professor Patussi, sempre
più attenzione all'alcol? L'alcol etilico, componente di tutte le bevande alcoliche, è una sostanza psicoattiva
che induce dipendenza superiore alle droghe illegali. E' un noto cancerogeno con effetti tossici sui nostri
organi, fegato e sistema nervoso in primis. Quando si può parlare di alcoldipendenza? L'alcoldipendenza non
è un malattia, ma una risposta allo stimolo chimico dell'alcol. L'Organizzazione mondiale della Sanità la
definisce come un insieme di fenomeni fisiologici in cui l'alcol riveste per l'individuo una priorità sempre
maggiore rispetto alle abitudini precedenti. Come affrontare il problema? «Non basta il solo approccio
medico-biologico-farmacologico. Il fenomeno va affrontato anche da un punto di vista sociale, economico e
politico. Un impegno importante viene dal volontariato, soprattutto dall'associazione dei club alcologici
territoriali». La fascia di età più colpita? «Negli accessi al pronto soccorso per intossicazione acuta, nei
ricoveri per patologia cronica e nelle positività all'alcoltest troviamo al primo posto la fascia dai 30 ai 50 anni".
Problemi e patologie? «Si parla di circa 200 diverse malattie e del 7,4% di tutte le disabilità e delle morti
premature». Quanto può servire una legge? «La legge è importante ma non basta. Bisogna dare
un'informazione corretta sui rischi, non influenzata da interessi economici, come è avvenuto in passato per il
tabacco. E poi sicuramente far rispettare la legge sul divieto di vendita ai minori e sull'aumento dei controlli
alla guida, regolamentare la pubblicità». Quale il messaggio da lanciare? «L'approccio ecologico-sociale,
ideato dal professor Vladimir Hudolin, offre tutti gli strumenti per affrontare con maggior responsabilità la
questione. I club alcologici territoriali, comunità multifamiliari che affrontano i problemi e le patologie
alcolcorrelate, sono un modello facilmente replicabile. Tutto questo non deve essere scambiato per
proibizionismo. E' necessario rendere consapevoli i cittadini dei rischi che derivano da determinati stili di
vita». Laura Tabegna
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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Abuso con effetti devastanti «Pugno duro con chi sgarra»
03/12/2013
Il Fatto Quotidiano
Pag. 13
(tiratura:100000)
Il cesareo alla donna italiana e lo choc dell'eugenetica inglese
Cateria Soffici
Londra La vicenda è fumosa, ma una cosa è certa: una donna italiana ha partorito in Inghilterra e i servizi
sociali britannici le hanno tolto la bambina perché la madre, definita "maniaca depressiva bipolare" era
giudicata non in grado di occuparsene. La storia risale a 15 mesi fa e viene alla luce ora sul Sunday
Telegraph. Secondo la versione dell'avvocato della donna Brendan Fleming di Birmingham, l'avrebbero
narcotizzata e fatta partorire con un cesareo, togliendole la neonata. Ora è partita l'azione legale per
riprendere la bambina. "In 40 anni non ho mai visto un caso del genere", ha detto Fleming. In effetti, la storia
raccontata fa impressione. Tanto che il deputato liberaldemocratico John Hemming ha preannunciato
un'interrogazione in Parlamento. Il nome della madre non è stato reso noto perché la legge inglese impedisce
di rivelare particolari di processi dove sono coinvolti minori. Il Telegraph ha scritto che la donna era in
Inghilterra per un corso di addestramento all'aeroporto londinese di Stansted, quartier generale della Ryan
Air. È stata colta da un attacco di panico, pare perché non trovava più i passaporti delle altre due figlie, in
Italia con la nonna. Era in un hotel ed è stata chiamata la polizia. Le hanno fatto ciò che in Italia si
chiamerebbe Trattamento sanitorio obbligatorio: cioé è stata ricoverata a forza in un ospedale psichiatrico.
Dopo 5 settimane, l'avrebbero narcotizzata e fatta partorire per sottrarle la neonata. Il Console d'Italia Sarah
Castellani, spiega che le autorità italiane sono state avvisate solo dopo il parto, perché la donna non ha
chiesto il loro intervento prima: "Abbiamo un accordo bilaterale sui detenuti se un cittadino italiano viene
arrestato le autorità britanniche ci avvisano. Ma se viene ricoverato non hanno nessun obbligo". Q U I N D I È
STATO IL TRIBUNALE del minori inglese a contattare il tribunale dei minori italiano, per avvisare che la
donna era lì e che non era in grado di intendere e di volere. La donna soffre di un disturbo bipolare e per
questo le erano state tolte anche le prime due figlie, il cui padre è un americano tornato a vivere in America,
che erano state affidate alla nonna italiana (madre della donna). Perché il padre biologico della neonata non
si è fatto vivo? È un africano, vive in Italia e quando l'hanno contattato è stato chiaro che non ha alcuna
intenzione di prendersene cura. Quindi i servizi sociali inglesi hanno deciso di trattenere la bambina. Secondo
quando risulta al console Castellani, il desiderio della madre non sarebbe tanto di riavere la figlia con sé, ma
di riunire tutte e 3 le figlie e di poterle mandare in America, dal padre biologico delle prime due, dove a
occuparsene sarebbe un parente. Ma il tribunale dei minori inglesi si è opposto perché non c'è nessun
legame di sangue con la terza bambina. Storia ingarbugliata. Dove certamente la notizia del cesareo lascia
esterrefatti, ma il console Castellani chiarisce: "È un dettaglio che non sapevamo e va verificato. Forse le
condizioni della donna non erano tali da farle affrontare un parto. La donna è tornata in Italia per proseguire
una cura psichiatrica". L'avvocato spiega: "Abbiamo trattato altri casi del genere. Bambini tolti subito alla
madre e dati in adozione. Sono casi di abbandono o di problemi psichiatrici".
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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IL CASO
02/12/2013
Medicina Naturale - 6 novembre 2013
Pag. 5
(tiratura:5000)
Buone e cattive notizie
a cura di Elio Rossi - [email protected]
Come avviene nei programmi di giornalismo di inchiesta che si rispettino, diamo oggi le buone e le cattive
notizie. La campagna avviata da qualche mese per modifi care i costi di registrazione in Italia dei medicinali
omeopatici ha cominciato a produrre i suoi frutti migliori. Grazie all'impegno di medici, operatori del settore e
pazienti, e last but not least, grazie al lavoro di tessitura della mediazione fra aziende produttrici da una parte
e AIFA e Ministero della salute dall'altra compiuto da un pugno di "deputati coraggiosi", che vogliamo in
questa sede una volta tanto citare e ringraziare, Donata Lenzi e Filippo Fossati, della commissione Affari
Sociali della Camera, è stato raggiunto un accordo con il Governo e l'AIFA. Sono state riviste le tariffe di
autorizzazione con fortissime riduzioni, avvicinandosi così ai parametri in vigore negli altri stati europei, in
particolare quelli di maggiore riferimento quali Francia e Germania. Possiamo quindi tranquillamente
affermare che sono stati determinanti la mobilitazione e il sostegno di quanti hanno creduto negli obiettivi
promossi dalla campagna che chiedeva alle autorità preposte di non imporre regole inadeguate e costi
sproporzionati, che avrebbero limitato ed escluso dal mercato moltissimi medicinali omeopatici, impedendo di
fatto ai cittadini la possibilità di esercitare la libertà di scelta terapeutica, un principio fondante il Ssn.
Nonostante questi primi risultati decisamente positivi, e rimanendo comunque in attesa che gli accordi
raggiunti siano al più presto seguiti da una formalizzazione che permetta a tutte le componenti del settore di
dormire sonni più tranquilli, la mobilitazione tuttavia non può considerarsi ancora conclusa. È ora necessario
sostenere la proposta dell'immediata ricostituzione di un tavolo di confronto fra le Aziende produttrici ed AIFA
per la defi nizione nel dettaglio delle procedure per la registrazione e la defi nizione dei requisiti dei dossier
tecnici del medicinale omeopatico e antroposofi co richiesti per ottenere l'autorizzazione, che naturalmente
devono porre particolare attenzione alla specifi cità del settore. Soprattutto sono da riconsiderare i tempi
necessari alle aziende omeopatiche e ad AIFA per espletare le pratiche relative all'applicazione delle norme
vigenti, eventualmente valutando l'opportunità di prorogare i tempi di attuazione della normativa stessa, e in
particolare, tenuto conto della volontà di confermare comunque la scadenza del 2015 prevista da tempo
come termine fi ssato per la consegna, ma questa data andrebbe semmai intesa non come data fi nale ma
come l'inizio del percorso per il rinnovo delle registrazioni. È interessante notare come il discorso sulla
regolamentazione dei medicinali omeopatici, che ha sollevato notevoli problemi fi no alla minaccia molto
concreta della sparizione dal mercato di questi prodotti, sia arrivato ai clamori della ribalta più o meno nel
periodo in cui è comparsa sui giornali, peraltro con poca evidenza, la notizia pubblicata sulla rivista
Environment International da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze ambientali dell'Università di
Nijmegen (Olanda) che l'area attorno a Milano ha il poco invidiabile primato di avere il più alto inquinamento
da farmaci d'Europa ed essere il 12% del totale di tutta la penisola. La contaminazione ambientale da
antibiotici e antitumorali, le categorie di farmaci prese in considerazione dalla ricerca, è elevata anche in tutta
la pianura padana, nella provincia di Roma e in Campania cosi come in Europa: oltre a Milano ci sono Parigi,
Londra, Cracovia e il bacino della Ruhr. In precedenza altri studi avevano evidenziato che a contaminare
l'ambiente è un mix di farmaci, soprattutto antibiotici, antipertensivi, medicine per il sistema cardiocircolatorio,
antiepilettici e antinfi ammatori. Quali le possibili conseguenze sulla salute, soprattutto delle categorie più
deboli, come anziani, bambini, donne incinte? Diffi cile dirlo, al momento. Saranno necessari altri studi di più
lungo termine, ma intanto ragioniamo su problemi quali l'aumento esponenziale delle reazioni allergiche a
farmaci e alimenti, delle resistenze all'antibiotico, dei disturbi del sistema immunitario e così via. Paradossale
quindi in una situazione di inquinamento ambientale così grave e crescente e dalle possibili conseguenze non
solo sanitarie ma anche economiche così importanti, il problema delle massime autorità sanitarie del paese in
questi mesi sia stato cercare di ostacolare la diffusione di un fenomeno che di per sé può rappresentare una
valida alternativa all'abuso farmacologico e al danno ambientale che ne sta derivando.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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EDITORIALE
02/12/2013
Medicina Naturale - 6 novembre 2013
Pag. 14
(tiratura:5000)
Liberarsi dai pregiudizi e imparare ad ascoltare
Con Giovanni Fasani, mediCo omeopata e psiCoterapeuta milanese, abbiamo riFlettuto sul ruolo odierno e
Gli sviluppi Futuri della mediCina naturale e i suoi rapporti Con quella allopatiCa.
Caterina Lazzarini
Dottor Fasani, sono ormai diversi anni che esercita come medico omeopata. Quali devono essere, secondo
lei, i rapporti tra medicina occidentale e naturale? Quando, qualche decennio fa, omeopatia, medicina
tradizionale cinese e ayurvedica hanno iniziato a diffondersi in Europa e in Occidente erano viste come
"alternative" alla medicina ufficiale allopatica: erano alternative nell'approccio al paziente, come erano naturali
e non chimici i medicinali utilizzati. Oggi questa visione va rivista perché le medicine non convenzionali si
stanno evolvendo anche tenendo conto delle ricerche e degli avanzamenti della medicina ufficiale. Posso
citare a questo proposito un settore dell'omeopatia, quello che fa riferimento all'omotossicologia, che utilizza
anche rimedi originati da farmaci in bassa diluizione centesimale e perfino decimale, come ad esempio le
citochine, per modularne l'azione e diminuirne gli effetti collaterali, basandosi sulle conoscenze più avanzate
dell'immunologia. L'omeopatia si è evoluta dalla sua nascita e vanno riconosciuti gli sforzi che vengono fatti
nel campo degli studi clinici per la validazione dei rimedi omeopatici affinché vengano allineati agli standard
richiesti dalla comunità scientifica. D'altro canto alcune specialità tipicamente occidentali stanno utilizzando in
misura sempre maggiore strumenti come l'agopuntura, e, per alcune patologie semplici, anche i medici più
legati alla medicina occidentale stanno iniziando a consigliare rimedi naturali come il mirtillo americano nel
caso di cistiti o i fitoestrogeni nella menopausa. È più giusto quindi considerale medicine complementari ed è
molto importante che chi le esercita abbia una formazione medica universitaria allopatica. In Occidente le
medicine non convenzionali sono armi in più che consentono di affrontare problemi di salute o malattie che i
trattamenti allopatici non risolvono in maniera soddisfacente, anche a causa degli effetti collaterali causati
dalla loro azione a volte troppo invasiva. Le terapie complementari hanno un impatto meno violento sul
malato perché stimolano una risposta modulata che dà al paziente la possibilità di reagire raggiungendo un
nuovo equilibrio. Farmaci allopatici in omeopatia. Ci può spiegare meglio? Le molecole che costituiscono
alcuni farmaci allopatici, come le citochine o i farmaci biologici, sono in grado di interagire generalmente con
uno specifico recettore di un messaggero responsabile, in concorso con altri messaggeri, dei meccanismi di
regolazione e funzionamento del nostro organismo. La medicina convenzionale utilizza queste molecole a un
dosaggio elevato, molto superiore a quello presente in natura: di conseguenza si può creare un blocco o
un'eccessiva stimolazione di un singolo elemento del sistema di autoregolazione dell'organismo, che squilibra
di conseguenza tutti gli altri che dipendono dal sistema alterato. Il loro stesso utilizzo, ma a basso dosaggio,
come quello che avviene con alcuni rimedi omotossicologici in diluizione fino alla 4 centesimale o in decimale,
può permettere di intervenire cercando di stimolare i meccanismi di modulazione progressiva e di recupero
del livello di funzionamento fisiologico dei diversi sistemi dell'organismo. Ho potuto capire quanto sia
importante l'impatto del farmaco sulla nostra fisiologia grazie all'esperienza raggiunta nel Servizio di
Psicodiagnostica e di Psicologia clinica dell'Ospedale di Paderno Dugnano di cui era responsabile il dottor
Flavio Mombelli, medico molto importante per la mia formazione, che mi ha avvicinato alla psicofarmacologia
classica e mi ha mostrato come i farmaci utilizzati in psichiatria possano avere effetti molto diversi se usati a
un dosaggio inferiore a quello usualmente raccomandato ed in associazione tra diversi principi attivi. Questo
non ha nulla a che fare con l'omeopatia in quanto si tratta dell'utilizzazione di farmaci veri e propri, ma pone
l'attenzione su quanto sia rilevante in alcuni casi cercare di intervenire ricercando un'azione di modulazione
dolce ed articolata che rispetti la complessità del funzionamento del nostro organismo, in questo caso del
cervello, piuttosto che impattarlo con relativa "violenza". A dosi "ridotte" è possibile usare in combinazione
molecole con diverso meccanismo d'azione per modulare i neurotrasmettitori coinvolti nella malattia,
rispettando peraltro proprio la loro stessa complessità ed evitando per quanto possibile gli effetti collaterali
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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L'intervista
02/12/2013
Medicina Naturale - 6 novembre 2013
Pag. 14
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 03/12/2013
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causati da un'eccessiva invasività dei dosaggi più elevati e dallo squilibrio causato dall'azione concentrata su
un solo neurotrasmettitore. I farmaci usati in psichiatria sono spesso mirati a un singolo neurotrasmettitore,
ma poiché il cervello funziona grazie a una complicata interazione di più messaggeri si rischia di bloccare o
sovrastimolarne una parte e provocare effetti indesiderati. Utilizzando più farmaci ma a dosaggio
relativamente basso si può cercare di modulare più sistemi di trasmissione contemporaneamente riuscendo
ad avere una risposta più "naturale" da parte di tutto il sistema. Come integra le due visioni nella sua pratica
quotidiana? Anche se attualmente la mia attività medica è più orientata alla psicoterapia, ci sono ancora molti
pazienti che seguo da diversi anni come omeopata e agopuntore e per i quali sono il "medico di riferimento";
poi non mancano pazienti con pluripatologie, quindi con trattamento farmacologici costanti in atto, inviati
anche da specialisti convenzionali che pensano che un approccio non convenzionale, come ad esempio
l'agopuntura per il mal di schiena, possa giovare evitando loro un ulteriore aggravio del carico farmacologico.
La mia diagnosi è basata sulla storia, sugli esami di laboratorio e strumentali, sulla valutazione clinica e
psichica e ogni sintomo è calato e "pesato" nel contesto del paziente e della sua malattia. La mia formazione
medica di tipo occidentale e le mie conoscenze di omeopatia e medicina cinese e complementari mi
consentono di utilizzare un approccio terapeutico estremamente diversificato e adattabile alle esigenze del
paziente. In genere un nuovo paziente viene da me per cercare una soluzione ad un problema, spesso
cronico, che i diversi specialisti non sono riusciti a risolvere, e non tanto perché sia convinto a priori della
bontà dell'approccio omeopatico. Devo dire che preferisco che sia così perché in questo modo mi lascia
molta libertà di cura e posso quindi adottare una strategia mista, magari sfruttando i vantaggi dati dall'impiego
a basso dosaggio. Penso che sia importante lavorare per il benessere del paziente e non evitare di usare una
terapia che può essere utile solo perché non rientra nei nostri abituali schemi di pensiero. Nella mia attività
non ho mai avuto contrasti con i medici di medicina generale e ho rapporti di stima e fiducia reciproca con
molti specialisti con i quali collaboro nel rispetto delle reciproche competenze. Credo che in futuro sia
necessario uscire dalla contrapposizione medico convenzionale e non convenzionale per arrivare ad essere
medici con diversi strumenti terapeutici che possono integrarsi e convivere; utilizzarli o meno dipende solo dal
fatto che possano o meno essere utili al benessere del paziente. Ha qualche caso di cui ci vuole parlare?
Qualche anno fa si è presentata nel mio studio una ragazza di 15 anni accompagnata dalla madre. La
ragazza stava male: era inappetente, aveva nausea ed era dimagrita. Era così stanca da non riuscire ad
andare a scuola. Nell'anamnesi era presente da diversi mesi anche una mononucleosi. Sono venute da me
molto preoccupate perché medici di una struttura molto qualificata specializzata nei disturbi dell'alimentazione
avevano posto diagnosi di anoressia. Una diagnosi che non mi convinceva. Pur essendo di fronte ai sintomi
classici di questo disturbo, l'ascolto della figlia, della madre e del loro vissuto, mi hanno indirizzato verso altre
interpretazioni del quadro clinico. Grazie alla mia preparazione di psicoterapeuta mi sono preso la
responsabilità di sconsigliare il proseguimento di un percorso di terapia per l'anoressia, ritenendolo sbagliato
in questo caso. Ho iniziato quindi a trattare la mononucleosi che a mio parere non era del tutto risolta e
poteva essere responsabile della sintomatologia. Ho seguito questa paziente curandola con una terapia
antivirale, antinfiammatoria e di rinforzo basata su rimedi omeopatici a basso dosaggio. Ho gestito
personalmente anche il piano alimentare con una dieta mirata. Dopo due anni i valori sono tornati nella
norma e il recupero è stato completo con grossa soddisfazione mia e dalla paziente che grazie al recuperato
benessere ha ritrovato voglia ed energia per dare corpo alla sua passione narrativa, scrivendo un libro giallo
e riuscendo a pubblicarlo. Questo caso conferma come sia estremamente importante basare la parte
diagnostica su tutta la storia e sulla coincidenza temporale dei sintomi, sulla familiarità e sul contesto, che
danno un altro valore ed un altro peso al sintomo stesso. Curare questa ragazza per l'anoressia non solo non
avrebbe risolto la situazione ma avrebbe creato nuovi ed altri problemi. Questo caso purtroppo è un esempio
di come l'eccessiva specializzazione e la "decontestualizzazione" dei sintomi può danneggiare la medicina.
L'eventuale invio a colleghi specialisti deve avvenire solo dopo aver fatto un'accurata diagnosi di primo livello
che deve essere scrupolosa ed analitica, deve raccogliere il maggior numero di dati possibile affinché si
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Medicina Naturale - 6 novembre 2013
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possa avere una adeguata prospettiva terapeutica. Nel caso che ho raccontato non posso dire che gli esperti
che hanno posto diagnosi di anoressia abbiano sbagliato. Se lo psichiatra si trova di fronte ad un'adolescente
con astenia, inappetenza, nausea e dimagramento non sbaglia se leggendo questi sintomi all'interno della
sua specialità, fa una diagnosi di anoressia, perché dà per scontato che altre possibili malattie che portano a
quell'insieme di sintomi siano già state valutate ed escluse. Bisognerebbe riuscire, grazie all'ascolto del
paziente, della sua storia, dei sui sintomi, ad arrivare a comprendere la malattia nella sua totalità e
complessità. Nella mia pratica clinica grazie alla formazione anche olistica sono facilitato rispetto ai colleghi di
formazione solo allopatica perché sul piano diagnostico e terapeutico di primo livello posso avvalermi di
maggiori possibilità di intervento. Come deve essere il medico del futuro? Deve esser un medico esperto
nell'ascolto. Si parla molto di medicina narrativa, ma quale medico riesce ad applicarla? Il medico di medicina
generale è oberato dalla burocrazia e quello specializzato è giusto che si occupi del suo campo. Ora manca
una figura, che una volta era proprio il medico di famiglia che si occupava della persona , un compito che in
ogni caso richiede grande conoscenza e grande studio. Bisogna davvero imparare ad ascoltare liberi da
pregiudizi, capire chi è il paziente, che cosa sta vivendo e che cosa gli è successo. È questo il presupposto di
una cura efficace, convenzionale e non.
Chi è Giovanni Fasani Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia e la specializzazione in Igiene e Medicina
preventiva si avvicina all'agopuntura e frequenta la scuola SoWen. Conosce l'omeopatia grazie all'incontro
con Attilio Speciani e Piero Gianfranceschi con i quali collabora per una quindicina d'anni, sviluppando con
loro in par ticolare il tema delle intolleranze alimentari. Con la seconda specializzazione in psicoterapia inizia
la sua attività di psicoterapeuta collaborando per dieci anni come specialista esterno nel Servizio di
Psicodiagnostica e di Psicologia clinica dell'Ospedale di Paderno Dugnano (medico responsabile Flavio
Mombelli). Per una decina di anni, fino al 2008, lavora presso il Centro del San Raffaele-Resnati di Milano
nell'ambulatorio di Agopuntura e di Omeopatia. Attualmente è iscritto negli elenchi dei Medici Esper ti in
Medicine Non Convenzionali dell'Ordine dei Medici di Milano ed esercita come psicoterapeuta e medico
omeopata-agopuntore in regime privato.
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NCF - N.9 - novembre 2013
Pag. 6
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In tema di Stati Uniti e di malattie rare c'è un'interessante valutazione, pubblicata dalla PhrmA
(Pharmaceutical research & manufacturers of America): le ditte americane che fanno ricerca biofarmaceutica
hanno in ballo, in fase di studio clinico o di approvazione della FDA, 452 prodotti contro malattie rare: dai
disturbi autoimmuni a quelli neurologici, dalle malattie infettive alle genetiche. Negli USA è "rara" una malattia
che colpisce meno di 200.000 persone. Le malattie rare sono circa 7000. Gli americani colpiti sono circa 30
milioni, uno su dieci. Secondo la FDA, un terzo delle approvazioni di nuovi medicinali nell'ultimo quinquennio
riguardava malattie rare. Quest'anno sono stati approvati 13 farmaci orfani, comprendenti terapie per le
malattie di Cushing e di Gaucher e per la fibrosi cistica. Tra i 452 farmaci per malattie rare attualmente in
sviluppo ce ne sono fra gli altri: 105 per forme rare di cancro, 85 per malattie genetiche, 65 per tumori del
sangue, 32 per disturbi neurologici, 28 antinfettivi e 20 per malattie respiratorie.
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Stati Uniti e malattie rare
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NCF - N.9 - novembre 2013
Pag. 66
(tiratura:6500)
Malattie autoimmuni Spiragli di cura?
Un farmaco recentemente approvato dall'FDA e caratterizzato da un particolare meccanismo d'azione ha
dato risultati positivi nel trattamento dell'artrite reumatoide e apre la strada alla sperimentazione di questa
classe di medicinali per la cura di altre malattie autoimmuni
Gabriele Costantino
Tra le varie categorie patologiche, le malattie autoimmuni costituiscono un caso di particolare interesse, sia
dal punto di vista della comprensione del meccanismo eziopatologico, che dal punto di vista della terapia. In
generale, nelle malattie autoimmuni il sistema immunitario del soggetto attacca in maniera anomala e
temporalmente sostenuta elementi del proprio organismo, producendo un'alterazione morfologica e
funzionale del tessuto, del distretto o dell'organo colpito. In realtà, le reazioni autoimmuni sono estremamente
frequenti e costituiscono uno dei meccanismi più efficienti attraverso cui gli organismi complessi assolvono i
propri meccanismi di difesa. Nella malattia autoimmune, per motivi largamente ignoti, il sistema immunitario
non è in grado di "spegnere" la reazione autoimmune, o di confinarla nel distretto sede del processo
infiammatorio e questo crea l'alterazione cronica e patologica. Questo meccanismo di aberrante
funzionamento del sistema immunitario può colpire virtualmente tutti i tessuti e Spiragli di cura? tutti gli
organi, e anche l'organismo intero, dando luogo alle malattie autoimmuni sistemiche. Malattie di grande
diffusione sono descrivibili come malattie autoimmuni: malattie infi ammatorie intestinali quali il morbo di
Crohn o la colite ulcerativa, l'endometriosi, o il Lupus eritematoso sistemico, solo per citarne alcune.
Caratteristica comune di tutte queste malattie è che generalmente non impattano sulla " quantità " di vita che
aspetta il malato, ma ne diminuiscono fortemente la " qualità ". Trattamenti terapeutici che non siano quindi
solo sintomatici, ma che riescano il più possibile a silenziare la risposta autoimmunitaria aberrante, sono di
grandissimo valore medico e sociale. L'artrite reumatoide Un caso particolare, diffuso e ben conosciuto di
malattia con una forte componente autoimmune è l'artrite reumatoide. Nell'artrite reumatoide, il sistema
immunitario del paziente non riconosce la membrana sinoviale che riveste le articolazioni, la attacca e
provoca un sostenuto stato infi ammatorio. La membrana sinoviale reagisce all'infi ammazione aumentando
di volume dando origine al cosiddetto panno sinoviale. Nel tempo, il panno sinoviale produce l'erosione della
cartilagine e la sua graduale distruzione. Il processo infi ammatorio proliferativo può estendersi all'osso e a
tutti i tessuti che circondano l'articolazione, provocando nel paziente uno stato di invalidità funzionale. La
malattia è nota da molto tempo, le prime descrizioni cliniche risalgono alla seconda metà del XIX secolo, e
sinora i trattamenti terapeutici proposti al malato sono essenzialmente sintomatici e non scevri da effetti
collaterali anche gravi. Tra i farmaci sintomatici giuocano un ruolo essenziale i FANS, e in particolare la
classe dei coxib, inibitori selettivi della COX-2, i corticosteroidi, e anche gli analgesici, per il controllo del
dolore articolare. Sono noti, e impiegati in alcuni casi anche da molto tempo, dei trat
tamenti che tendono alla modifi ca della malattia, intervenendo sul meccanismo di comparsa della risposta
autoimmune. È interessante osservare che molti di questi trattamenti sono stati identifi cati su base empirica,
e in alcuni casi addirittura partendo da premesse errate. È il caso della sulfosalazina, impiegata sulla base
dell'idea che l'artrite fosse causata da uno streptococco, oppure dai sali d'oro, nella credenza che il
micobatterio della tubercolosi fosse coinvolto nella malattia. Un altro trattamento di una certa rilevanza clinica
è quello con il metotrexato, che ad alte dosi è un moderato immunosoppressore. Tutti questi trattamenti,
tuttavia, non sono esenti da effetti collaterali anche signifi cativi, e da un certo numero di soggetti non
rispondenti, fi no al 30-40% nel caso del trattamento con sali d'oro. L'impiego di immunosoppressori o
immunomodulatori di nuova generazione, quali per esempio l'azatioprina, oppure anticorpi contro TNF , quali
l'adalimumab , costituisce un reportorio medico di grande interesse e potenzialità.
Un meccanismo d'azione innovativo In questo quadro, è molto interessante discutere la recente
approvazione da parte della Food and Drug Administration di un farmaco con un meccanismo d'azione
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completamente innovativo. Parliamo di Tofacitinib (fi gura 1), un farmaco sviluppato da Pfi zer quale inibitore
di una particolare sottofamiglia di protein kinasi, le cosiddette Janus Kinase (JAK). Il meccanismo d'azione è
particolare, perché Tofacitinib, inibendo la fosforilazione di proteine intracellulari, blocca e interferisce con il
cosiddetto pathway JAK-STAT. In pratica, l'effetto d i Tofacitinib è quello di modulare la trascrizione di geni,
inibire la produzione di mediatori infi ammatori e di sopprimere l'azione dei cosiddetti geni STAT-1-dipendenti.
L'attività immunomodulante e anti-infi ammatoria di un inibitore delle protein chinasi è particolarmente
interessante. Inibitori chinasici sono in uso terapeutico o in fase avanzata di studio clinico per molte patologie,
dimostrando con ciò la loro "druggability". Questo è stato confermato dai trials clinici eseguiti da Pfi zer sulla
artirte reumatoide, che hanno successivamente portato all'approvazione del farmaco da parte della Food and
Drug Administration. D'altra parte, l'azione immunomodulante e antinfi ammatoria si accompagna
inevitabilmente a un certo numero di effetti collaterali. Per questo motivo, l'agenzia europea non si è allineata
alla FDA, e ha, per adesso, rifi utato l'autorizzazione. Infatti, pur confermando l'effi cacia del farmaco,
vengono posti seri dubbi sulla sicurezza, in particolare con riferimento all'aumento dell'incidenza di malattie
infettive (per esempio Herpes Zoster) nei pazienti trattati. In ogni caso, i giudizi molto positivi sull'effi cacia
aprono la strada alla successiva sperimentazione di questa classe anche per altre malattie autoimmuni.
Afferenze dell'autore Gabriele Costantino, Dipartimento di Farmacia. Università degli Studi di Parma [email protected] 1 - Struttura di Tofacitinib, inibitore di JAK e approvato dalla FDA per il
trattamento dell'artrite reumatoide.