La comunicazione mediata dal computer nella didattica delle lingue

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La comunicazione mediata dal computer nella didattica delle lingue
Invited Papers
La comunicazione mediata
dal computer nella didattica
delle lingue straniere
Marta Guarda
Università di Padova (Italy)
[email protected]
Keywords: CMC; CALL; NBLT; foreign language education
Sin dagli inizi degli anni ‘90 del ventesimo secolo, la sempre maggior
diffusione del computer e l’avvento di internet hanno favorito la nascita di
una nuova forma di comunicazione che permette di superare le tradizionali
barriere spaziali e temporali, e che gli studiosi hanno chiamato Comunicazione
Mediata dal Computer (in inglese, Computer-Mediated-Communication, ovvero
CMC). Lo scopo di questo articolo è quello di fornire una breve descrizione
della CMC e delle sue caratteristiche distintive. Attraverso una panoramica
storica del rapporto tra CMC e CALL, termine che indica l’apprendimento
della lingua assistito dal computer (dall’inglese Computer-Assisted Language
Learning), nonché della relazione tra CMC e l’insegnamento della lingua
tramite reti locali o globali (Network-Based Language Teaching, o NBLT),
questo contributo cercherà inoltre di identificare i potenziali benefici della
comunicazione mediata dal computer nel campo della didattica delle lingue
straniere.
for citations:
Guarda M. (2012), La comunicazione mediata dal computer nella didattica delle lingue straniere,
Journal of e-Learning and Knowledge Society, Italian Edition, v.8, n.3, 17-30. ISSN: 1826-6223,
e-ISSN:1971-8829
|
Journal of e-Learning and Knowledge Society - IT
Vol. 8, n. 3, Settembre 2012 (pp. 17 - 30)
ISSN: 1826-6223 | eISSN: 1971-8829
| Invited Papers
- Vol. 8, n. 3, Settembre 2012
1 Introduzione
Una definizione molto conosciuta del concetto di comunicazione mediata
dal computer (CMC) è quella proposta da Susan Herring (1991, p. 1), secondo
la quale il termine CMC indica ogni tipo di «comunicazione che avviene tra
esseri umani attraverso la strumentalità del computer». Un’immagine ancor
più efficace è quella offerta da Trentin e Benigno (1997, p. 32), che vedono la
comunicazione mediata dal computer come l’insieme «di tutte quelle attività in
cui il computer è utilizzato per la comunicazione a distanza, e che comprendono
perciò la fruizione e il trasferimento di informazioni, lo scambio di e-mail, la
comunicazione audio-video, ecc.».
Oltre all’e-mail, i forum di discussione online e le chat sincrone sono stati
tra i primi strumenti che hanno accompagnato la nascita e la diffusione della
CMC. Tuttavia, attraverso il rapido sviluppo del web 2.01, la comunicazione
mediata dal computer può oggi contare su strumenti multimediali più partecipativi e interattivi, molti dei quali constituiscono open resources: i più conosciuti tra questi includono non solo blog, wiki, sistemi di videoconferenza (ad
es. Skype2) ed applicazioni per la condivisione di foto e video come Flickr3 e
YouTube4, ma anche i sempre più diffusi mondi virtuali (ad es. Second Life5), i
giochi virtuali multimediali (tra cui World of Warcraft6), i social network come
Facebook7 e MySpace8, nonché un crescente numero di applicazioni pensate
per la telefonia mobile, la maggior parte delle quali «ha poco o nulla a che
fare con ciò che viene comunemente chiamato computer» (Thorne, 2007, p.
442 – corsivo nell’originale)9.
Una chiara descrizione delle caratteristiche che concorrono a contraddistinguere la CMC da altre forme di comunicazione, compresa quella faccia a faccia,
è stata fornita nel 1997 da Mark Warschauer. Oggi, nell’era del web 2.0, tale
descrizione risulta essere ancora valida e attuale. Secondo Warschauer (1997),
una delle qualità distintive della CMC è quella di far convergere la dimensione
interattiva della lingua con quella riflessiva: grazie al computer e alla rete, infatti, qualsiasi utente può ora non solo comunicare, socializzare e condividere
idee, ma anche conservare e modificare contenuti, traendo perciò il massimo
Il termine ‘web 2.0’ (O’Reilly, 2005) si riferisce a una serie di principi e pratiche online che vedono nella collaborazione,
condivisione e trasformazione del contenuto un’alternativa alla sola fruizione di prodotti e risorse già disponibili online.
2
http://www.skype.com
3
http://www.flickr.com/
4
http://www.youtube.com/
5
http://secondlife.com/
6
http://us.battle.net/wow/en/
7
http://www.facebook.com
8
http://www.myspace.com
9
Per una panoramica più esauriente degli strumenti impiegati nella CMC, ed in particolare di quelli promossi dal web 2.0, si
veda Thorne (2007) e Guth e Thomas (2010).
1
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rendimento dalle potenzialità offerte dalla comunicazione sia orale che scritta.
Oltre a ciò, il computer offre oggi la possibilità di comunicare a interi gruppi
di persone, in tal modo scardinando le tradizionali barriere imposte dall’interazione uno-a-uno, e potenzialmente aprendo nuove modalità di comunicazione,
più egualitarie e meno inclini a provocare un senso di soggezione tra gli interlocutori. Nella descrizione fatta da Warschauer (op. cit.), un ulteriore elemento
che caratterizza la CMC è la sua totale indipendenza dal fattore spaziale: grazie
al computer e ad internet, infatti, gli utenti non devono più necessariamente
trovarsi nello stesso posto, ma possono accedere alle informazioni di interesse
e/o, nel caso della comunicazione in sincronicità, interagire con altri utenti
da qualsiasi luogo. Considerando che, nella comunicazione asincrona (ad es.
tramite la posta elettronica), gli interlocutori non necessitano più di essere
collegati alla rete nello stesso momento, appare chiaro come la comunicazione mediata dal computer abbia permesso una totale «separazione di spazio e
tempo», come suggerito da Giddens (1991, p. 20). Infine, secondo Warschauer
(op. cit.), la CMC offre la possibilità di pubblicare e distribuire documenti e
contenuti attraverso link multimediali tra computer localizzati in tutto il mondo: ciò significa che gli utenti collegati in rete possono ora accedere ad una
maggiore gamma di informazioni sotto forma di risorse multimediali, nonché
esplorarle attraverso il sistema di navigazione a ipertesti. Oltre a navigare il
web, gli stessi utenti possono ora produrre e condividere contenuti multimediali
da essi stessi creati, in tal modo contribuendo alla creazione dell’insieme di
informazioni e conoscenze rese disponibili online. Queste nuove possibilità
promosse dalla CMC richiedono l’attivazione di ciò che Lankshear e Knobel
chiamano «nuove competenze digitali» (2006), in altre parole l’abilità di padroneggiare il potenziale dei prodotti online in modo tale da creare, valutare, e
condividere una varietà di contenuti, e al tempo stesso rispettare le convenzioni
della comunicazione digitale.
Nel contesto della didattica delle lingue straniere, la CMC ha contribuito a
gettare le basi per un cambiamento nel modo in cui le lingue sono insegnate:
come suggerito da Thorne (2007, p. 424), attraverso le pratiche di CMC «gli
studenti sono passati dalla partecipazione a contesti comunicativi simulati nelle
loro classi ad interazioni autentiche con parlanti più esperti della loro lingua di
studio». In questo senso, la CMC ha rapidamente saputo sfruttare le opportunità
comunicative per offrire nuovi potenziali scenari di apprendimento. Come riconosciuto da Kramsch e Andersen già nel 1999, ancor prima dell’avvento del
web 2.0 e della diffusione della banda larga, il computer e internet «sembrano
avverare il sogno di ogni insegnante di lingue, ovvero quello di portare la lingua e la cultura di studio il più vicino e nella maniera più autentica possibile
agli studenti». Riferendosi alle nuove tecnologie digitali, Salaberry (1996) ha
notato come la rivoluzione apportata dal loro inserimento nella classe di lingua
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straniera non sia dovuta tanto alle loro caratteristiche strutturali, bensì al nuovo
approccio all’insegnamento che esse promuovo, un approccio in cui l’apprendente riveste il ruolo più importante: attraverso l’attiva partecipazione nella
costruzione di conoscenza (Ibidem), infatti, ogni studente ha ora la possibilità
e i mezzi per diventare artefice del proprio apprendimento, senza dover interamente affidarsi ad un insegnamento centrato sul docente.
2 CMC nella didattica delle lingue straniere: CALL e NBLT
I computer sono stati usati nella didattica delle lingue straniere sin dagli anni
‘60 del secolo scorso, determinando la nascita di quelle pratiche che gli studiosi
e gli esperti hanno denominato CALL, ovvero apprendimento della lingua
assistito dal computer. In generale, il termine CALL si riferisce alla «ricerca
e studio degli utilizzi del computer nell’insegnamento e nell’apprendimento
di una lingua» (Levy, 1997, p. 1). Come ricordato da Warschauer (1996b), i
primi esempi di CALL traevano per lo più ispirazione da un approccio comportamentale all’insegnamento della lingua, secondo il quale l’apprendimento
doveva avvenire attraverso esercizi di produzione meccanica, memorizzazione
e ripetizione di specifici pattern grammaticali (Richards & Rodgers, 1986).
In tal senso, le prime pratiche di CALL comprendevano esercizi ripetitivi – i
cosiddetti drills (Levy, 1997) – che avevano come obiettivo quello di aiutare
l’apprendente a padroneggiare la grammatica e il lessico stranieri attraverso
la ripetizione di risposte agli stimoli forniti dal computer. Tali pratiche erano
basate sul concetto che il computer dovesse funzionare come un «tutor», ovvero
come un «mezzo per fornire materiale didattico allo studente» (Warschauer,
1996b, p. 4).
Ciò che Warschauer chiama la «seconda fase» di CALL (Ibidem), emersa in
congiunzione con l’approccio comunicativo all’insegnamento della lingua, ha
dato il via all’emergere di nuove pratiche di apprendimento, caratterizzate da
una maggiore attenzione all’uso autentico delle forme linguistiche, da un bisogno di stimolare gli apprendenti nel generare essi stessi espressioni linguistiche
originali invece di manipolare quelle fornite dai computer, nonché dalla nuova
enfasi sulla creazione di un ambiente più libero, in cui gli studenti si sentissero
incoraggiati a creare, esplorare e sperimentare con la lingua senza essere giudicati sull’appropriatezza dei propri prodotti (Underwood, 1984, p. 52). Come
suggerito da Warschauer (1996b), questa seconda fase di CALL ha stimolato
l’implementazione di una grande varietà di programmi per l’apprendimento
linguistico. Gli esercizi pratici ne costituivano ancora una parte importante, ma
non più nella forma dei vecchi drills: al contrario, le nuove pratiche di CALL
hanno visto la nascita di giochi linguistici ed esercizi di ricostruzione del testo
che miravano a fornire ai discenti accresciute opportunità per creare, scegliere
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e controllare le proprie risposte. Al contempo, altre pratiche emerse in questo
periodo si sono distanziate nettamente dal modello del computer come tutor, e
hanno invece proposto attività innovative, nelle quali le tecnologie erano usate
come stimoli per il processo di apprendimento. Secondo Warschauer (Ibidem,
p. 4), tali attività avevano come obiettivo quello di «stimolare le capacità di
discussione, scrittura e ragionamento critico del discente, più che incoraggiarlo
a scoprire le riposte esatte».
Un ulteriore utilizzo del computer nell’approccio comunicativo a CALL
è stato quello secondo il quale le tecnologie dovevano essere strumento per
l’apprendimento (Warschauer, op. cit., p. 5): invece di funzionare come mezzo
per fornire materiale didattico, il computer doveva permettere ai discenti di
accedere, raccogliere ed elaborare le informazioni utili all’apprendimento attraverso esperimenti pratici di formulazione di ipotesi e problem-solving. In tal
senso, i programmi di scrittura e i programmi di controllo grammaticale erano
– e rimangono tuttora – tra i più usati per fornire supporto all’apprendimento
attraverso le tecnologie. Un’altra pratica CALL emersa in questo periodo è
l’analisi di corpora, in altre parole raccolte sistematiche e organizzate di testi in
formato elettronico, attraverso la quale gli studenti potevano accedere all’esplorazione di testi autentici al fine di formulare delle conclusioni sulle regole o
i pattern linguistici da essi stessi identificati durante l’analisi. Questa pratica,
altresì detta Data-Driven-Learning (Jonhs, 1991), ha aiutato a consolidare una
nuova immagine dell’apprendente, visto ora sempre più come un ricercatore
egli stesso, affiancato e guidato dall’insegnante, il quale assume un ruolo come
facilitatore del processo di ricerca (Bernardini, 2004).
L’approccio comunicativo all’apprendimento linguistico assistito dal computer sembra essere stato favorito dalla sempre maggiore influenza delle teorie proposte da Hymes (1972) e Halliday (1973). In particolare, la teoria
della competenza comunicativa proposta da Hymes, con la sua enfasi sulla
componente socioculturale del linguaggio (Richards & Rodgers, op. cit., p.
70), e l’approccio proposto da Halliday, che esalta le dimensioni funzionali
della lingua, hanno certamente contribuito a spostare l’attenzione sull’aspetto
comunicativo e funzionale dell’uso del linguaggio. Benché entrambe queste
teorie guardassero in realtà ai processi di acquisizione della prima lingua, i
sostenitori dell’approccio comunicativo le hanno considerate come potenziali
chiavi di lettura dei processi di apprendimento della seconda lingua e della
lingua straniera (Richards & Rodgers, op. cit., p. 71).
Questa prospettiva si è rivelata terreno fertile per l’emergere di un approccio
socio-cognitivo all’insegnamento della lingua straniera, nel quale la lingua
oggetto di insegnamento non era più vista solamente come una serie di sole
competenze grammaticali, bensì veniva arricchita di competenze discorsive,
sociolinguistiche e strategiche (Canale & Swain, 1980). All’interno di tale
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paradigma socio-cognitivo, le pratiche di CALL hanno iniziato ad adottare
in maniera sempre maggiore task autentici, in cui lo sviluppo di competenza
comunicativa10 era considerato come il frutto della partecipazione dell’apprendente nell’interazione sociale in reali contesti comunicativi. Come suggerito
da Kramsch e Thorne (2002, p. 85), questo processo ha portato, con il tempo,
ad un cambiamento radicale nel modo in cui le tecnologie venivano usate nella
classe di lingua, aiutando molti insegnanti ad abbandonare il loro approccio
cognitivista alla conoscenza e all’apprendimento, per abbracciare un nuovo
orientamento, più radicato nel potenziale offerto dal contesto sociale, e perciò
più collaborativo ed interattivo, nel favorire lo sviluppo linguistico. Secondo Warschauer e Kern (2000), l’emergere di una dimensione socio-cognitiva
nell’insegnamento della lingua ha aperto la strada a ciò che essi chiamano
Network-Based Language Teaching (NBLT), un approccio che costituisce la
«terza fase» dell’apprendimento della lingua assistito dal computer (Warschauer, 1996b). Descritto come «insegnamento linguistico realizzato attraverso l’uso
di computer collegati tra loro attraverso reti locali e globali» (Warschauer e
Kern, op. cit., p.1), NBLT si differenzia da CALL in quanto promuove non più
la semplice interazione con i computer, ma l’interazione con altri parlanti della
lingua di studio attraverso i computer e le loro reti (Ibidem): sotto questa luce,
perciò, il computer serve come supporto per l’attività collaborativa e comunicativa, e contribuisce ad aumentare le potenzialità del processo di apprendimento
sia online, durante l’interazione, che offline, durante le attività di riflessione
(Meskill & Ranglova, 2000, p. 23).
Come suggerito in precedenza, le ragioni per la diffusione del NBLT devono
essere cercate non tanto nei progressi tecnologici dell’epoca, ma anche e soprattutto nelle nuove correnti che hanno ispirato teorie e pratiche di insegnamento,
e che hanno preso vita grazie all’influenza del socio-costruttivismo, una teoria
che enfatizza «l’aspetto sociale e culturale della formazione di conoscenze,
l’importanza della collaborazione tra individui e gruppi, nonché un approccio
alla pedagogia che abbia l’apprendente e i suoi bisogni al centro» (Kern et al.,
2008: 281). Come emerge dalla letteratura riguardante le pratiche di NBLT fin
dai primi anni ‘90 del ventesimo secolo, un approccio all’apprendimento della
lingua mediato dai computer può potenzialmente soddisfare tutte le dimensioni
appena citate: è per questo che il NBLT è stata definito come un’attività prettamente socio-cognitiva (Warschauer & Kern, op. cit., p. 11), in cui «l’aspetto
cognitivo e quello sociale si sovrappongono» (Ibidem, p. 5) e l’interazione e
partecipazione in comunità linguistiche autentiche assumono un ruolo centrale
nel processo di apprendimento.
Secondo Canale e Swain (1980, p. 6), il termine competenza comunicativa designa l’abilità di usare una lingua straniera in
modo appropriato, ovvero secondo le norme ed aspettative della comunità dei pralanti nativi di quella lingua. In questo senso,
la competenza comunicativa è una componente della più generale competenza linguistica.
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Come il nome stesso suggerisce, le attività di NBLT possono avvenire attraverso reti locali o globali: nel primo caso, l’interazione sincrona o asincrona
avviene tra apprendenti che appartengono ad una stessa classe o istituto. Reti
globali, invece, sono quelle che costituiscono la base per pratiche di CMC che
coinvolgono studenti in luoghi geografici diversi, anche lontani, e che promuovono attività di discussione ed interazione via internet (Belz, 2001). La nozione
di NBLT globale comprende anche un insieme di pratiche che confluiscono nel
termine ‘telecollaborazione’: intese come scambio culturale tra studenti geograficamente lontani e con diversi background linguistici e culturali, le pratiche
di telecollaborazione sono organizzate all’interno di contesti istituzionali quali
scuole o università e, attraverso l’uso delle nuove tecnologie digitali, mirano
a favorire lo sviluppo di abilità linguistiche nella lingua straniera, competenze
digitali nonché consapevolezza interculturale (Guth & Helm, 2010). Al di là
della sua natura globale, ciò che distingue la telecollaborazione da altri tipi di
pratiche appartenenti al NBLT è la specificità dei suoi obiettivi: nonostante
lo sviluppo di abilità linguistiche continui ad occupare un ruolo centrale, la
telecollaborazione è specificamente orientata verso l’apprendimento interculturale, ed ha perciò lo scopo specifico di sviluppare e stimolare la competenza
comunicativa interculturale (nell’accezione definita da Byram 1997), nonché
le capacità critiche dei partecipanti.
Estendendosi al di là dei confini spaziali della classe, e raggiungendo potenzialmente un grandissimo numero di parlanti e studenti di una lingua, la
telecollaborazione ha attirato l’attenzione di insegnanti e ricercatori nel campo
della didattica delle lingue straniere. Di conseguenza, negli ultimi anni è stato
pubblicato un sempre maggior numero di studi che guardano agli effetti dei
progetti di telecollaborazione ed al loro potenziale in termini di apprendimento.
Tra questi, un’interessante quantità di progetti descritti nella letteratura risulta
aver coinvolto due o più gruppi di partecipanti da paesi/culture diversi, ognuno
dei quali è impegnato ad apprendere una lingua straniera che è lingua madre
dell’altro gruppo (ad es. Belz e&Vyatkina, 2005; Furstenberg et al., 2001).
Oltre a questo tipo di scambi, detti anche bilingui, altri progetti descritti nella
letteratura hanno coinvolto solo una delle lingue dei partner coinvolti (O’Dowd,
2006; Jauregi & Bañados, 2010) oppure una lingua franca (Helm et al., 2012;
Liaw, 2009).
3 Potenziali benefici della CMC sull’apprendimento della lingua straniera
Molta della letteratura condotta negli ultimi vent’anni ha identificato una
vasta serie di potenziali benefici della CMC – sia in reti locali che globali – sul
processo di apprendimento della lingua straniera. Alcuni studiosi (si veda, ad
esempio, Kramsch et al., 2000; Hanna & De Nooy, 2003) hanno evidenziato
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come la comunicazione mediata dal computer possa stimolare la dimensione
dell’autenticità delle attività di insegnamento su almeno due fronti: da un
lato, offrendo agli studenti la possibilità di interagire con un pubblico vero;
dall’altro, fornendo loro i mezzi per accedere e discutere di argomenti che
sono vicini e rilevanti alle loro vite e ai loro interessi. Altri, numerosi studi
hanno esaminato il potenziale della comunicazione digitale nel favorire più
alti gradi di equità tra gli studenti rispetto all’interazione faccia-a-faccia tipica
dell’insegnamento tradizionale (Graddol, 1991; Sayers, 1995). Altri ancora
hanno riconosciuto nella CMC un efficace strumento per innalzare il livello di
partecipazione generale, sia in termini quantitativi che qualitativi, alle attività
di apprendimento (ad es. Beauvois, 1998a; Sullivan & Pratt, 1996).
La motivazione è certamente una delle dimensioni su cui la ricerca sulla
CMC, sin dalle origini, si è focalizzata maggiormente e con i risultati più interessanti: alcuni studi hanno sottolineato come l’esposizione a contesti autentici
come quelli offerti dalla CMC abbia comportato maggiori livelli di motivazione
tra gli apprendenti (Kern, 1996; Thorne, 2008). Altri (ad es. Beauvois, 1998b;
Blake & Zyzik, 2003) hanno visto l’aumento della motivazione tra gli studenti
come un effetto di un accresciuto senso di autonomia nel processo di apprendimento (Warschauer, 1996c), nonché come frutto della partecipazione in un
ambiente – quello digitale –che gli apprendenti considerano più rassicurante.
L’aspetto dell’autonomia è un altro elemento chiave nella ricerca sui benefici della CMC nell’apprendimento della lingua straniera. Maggiori livelli di
indipendenza sono stati identificati come frutto di una serie di fattori: le pratiche
di scrittura ed esplorazione di informazioni promosse dalla CMC; l’interazione
con altri parlanti della lingua di studio, siano essi madrelingua o apprendenti;
nonché l’incoraggiamento da parte degli insegnanti a monitorare autonomamente il proprio apprendimento (si veda, tra gli altri, Cloke, 2010; Schwienhorst, 2003). Una pratica di NBLT che è profondamente radicata nel concetto
dell’autonomia è il cosiddetto tandem learning, una forma di telecollaborazione
bilingue nella quale coppie di studenti di due paesi diversi interagiscono e si
aiutano reciprocamente nelle loro rispettive lingue madri. Il tandem learning è
stato descritto come un’attività che, oltre ad offrire la possibilità di sviluppare
competenze linguistiche e culturali, ha un grande potenziale in termini di reciprocità ed autonomia (Kötter, 2002; O’Rourke, 2005).
La comunicazione mediata dai computer è anche stata riconosciuta come un
fattore di stimolo per lo sviluppo di abilità pragmatiche e linguistiche (Thorne,
2003; Belz & Kinginger, 2003). Nonostante i benefici ampiamente illustrati
nella letteratura, alcuni studiosi rimangono tuttora scettici nel considerare la
CMC come un fattore determinante nel potenziamento di tali abilità: ricerche
condotte da Lee (2006) e Tudini (2003), ad esempio, hanno suggerito l’importanza di osservare i benefici a lungo termine dell’esposizione alla CMC, così
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Marta Guarda - La comunicazione mediata dal computer nella didattica delle lingue straniere
da accertare se tale forma di comunicazione possa davvero avere degli impatti
sostanziali e durevoli sui processi di apprendimento. Da una diversa prospettiva, Ware e O’Dowd (2008) hanno sottolineato come, nelle pratiche globali di
NBLT, la correzione grammaticale acquisti spesso un ruolo secondario ai fini
principalmente comunicativi dell’interazione: un aspetto, questo, che sembra
diminuire notevolmente il potenziale della CMC nello sviluppo di competenze
linguistiche.
Ciò che queste ultime osservazioni sembrano suggerire è l’importanza di
sviluppare attività mirate per aiutare gli studenti a focalizzare l’attenzione
sugli aspetti formali, e non solo sul contenuto, della comunicazione. Anche
nell’ambito della collaborazione online, tale focus può aiutare gli apprendenti a
combinare i benefici della riflessione metalinguistica con quelli dell’efficienza
nell’interazione e negoziazione di significati. Secondo Ware e Perez Cañado
(2007), le odierne pratiche collaborative online dovrebbero sempre includere
attività focalizzate sull’analisi formale della lingua, giacché esse possono avvalersi della possibilità di lavorare con testi prodotti direttamente dagli studenti,
e perciò perfettamente adatti a rispondere ai loro reali bisogni. Esempi pratici
di tali attività organizzate in contesti di CMC sono offerti, tra gli altri, da Levy
e Kennedy (2004) e Belz (2006).
Conclusioni
Questo articolo ha cercato di descrivere, seppur brevemente, le caratteristiche distintive della comunicazione mediata dal computer, nonché la sua
evoluzione nel tempo in relazione alla didattica delle lingue straniere. Sin dagli
anni ‘60 del secolo scorso, quando le prime pratiche di CALL hanno iniziato ad
emergere, il computer ha assunto un ruolo chiave nell’insegnamento e apprendimento di una lingua straniera. Inizialmente considerato come un veicolo per la
trasmissione del sapere, il computer ha gradualmente visto il suo ruolo modificarsi in un mezzo di accesso e modifica del sapere stesso, in tal modo offrendo
ai discenti la possibilità di prendere il controllo del loro processo cognitivo e di
apprendimento. Parallelamente all’emergere dei nuovi approcci socio-cognitivi
nel campo della didattica, e anche grazie al rapido sviluppo di internet e delle
nuove tecnologie, le pratiche di insegnamento della lingua straniera hanno
potuto beneficiare del potenziale della CMC in modo da offrire agli studenti
nuove opportunità per costruire, negoziare e condividere le loro conoscenze
attraverso l’interazione con altri parlanti attivi su reti locali e/o globali. Come
questo breve contributo ha cercato di dimostrare, il computer e la CMC hanno
da sempre avuto un ruolo privilegiato nell’ambito della didattica delle lingue
straniere, un campo in cui CMC ha dimostrato di avere grosse potenzialità in
termini di sviluppo di competenze, maggiore motivazione e partecipazione,
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nonché accresciuta autenticità, rispetto a ciò che viene generalmente attributo
alla classe tradizionale.
Mentre le tecnologie continuano nella loro costante evoluzione, nuovi modi
di comunicazione si stanno sviluppando: negli ultimi anni, la rapida crescita
delle applicazioni multimediali portatili, come ad esempio i cellulari o i lettori
personali di file audio (tra i quali il conosciutissimo IPod), hanno non solo
aperto nuove strade per l’interazione tra persone, ma hanno anche cominciato
a cambiare il modo in cui l’insegnamento e l’apprendimento vengono realizzati
(Chinnery, 2006). Nel campo dell’apprendimento della lingua straniera, queste
innovazioni tecnologiche hanno iniziato ad offrire nuovi modi per stimolare
l’acquisizione di competenze linguistiche, comunicative e digitali. L’effetto di
questi processi è l’emergere, accanto al CALL, di nuove pratiche di apprendimento della lingua assistite dai dispositivi mobili (MALL in inglese, ovvero
Mobile-Assisted Language Learning). Come sembra essere indicato dalla crescente disponibilità di tali dispositivi, nei prossimi anni l’apprendimento appare
essere destinato ad avvenire ‘on the move’, in movimento, in altre parole in
modi che amplificheranno sempre più le opportunità di accedere all’informazione e di comunicare con altre persone da ogni luogo e in qualsiasi momento,
sia dentro che fuori le mura della propria classe.
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