Le Rose di Bologna,Nantes a Torino: gastronomia e creatività
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Le Rose di Bologna,Nantes a Torino: gastronomia e creatività
Experienze siciliane Experienze al Cibo Nostrum. Tutto nasce dalla passione dello chef Seby Sorbello e dalla sua voglia di far conoscere le delizie che la sua regione regala. Cibo Nostrum parte cinque anni da Zafferana Etnea. È qui, nella stupenda struttura dell’Experia della famiglia Sorbello, che è iniziata la nostra full immersion in queste Experienze di Cibo Nostrum 2016 cioè “la dieta Mediterranea delle due Sicilie”. nel Regno Tre giorni di manifestazione, con 70 giornalisti accreditati, oltre 100 chef, e tanti operatori del settore. L’apertura ufficiale è avvenuta domenica nella piazza di Zafferana dominata dalla cattedrale di Santa Maria della Provvidenza sotto la splendida luce siciliana, il mare sullo sfondo e alle spalle, maestoso, l’Etna. Saluti di rito, assaggi dei prodotti locali (immancabili i formaggi Zappalà), fritture e qualche bollicina. Per giornalisti ed operatori del settore solo un piccolo assaggio in attesa di riempire le bianche ed eleganti sale dell’ Experia per la cena curata dai giovani (ma già quotatissimi chef) “Tutti con la coppola” Sicilian Chefs & Friends ovvero Giovanni Grasso, Giuseppe Torrisi, Giuseppe Raciti capitanati da Simone Strano (chef di palazzo Montemartini a Roma). Proposta per i numerosi invitati: arancino di alici e cipolla rossa caramellata (punteggio alto), raviolone alla parmigiana di melanzane, ragù di moscardini, stracciatella di bufala, trancio di lampuga con zucchine, fave e acciughe e per concludere con un Magnum Pr’estivo (da provare). Vini Costantino, Cantine Nibali e Cantine Valenti. Un inizio promettente che ci ha diretto verso l’intensa giornata di lunedì 23 maggio dove Cibo Nostrum si è trasformato in “Taormina Cooking Fest- Omaggio a Aurelio Bucioni “. Experienze, incontro di cibo e turismo. Cibo Nostrum, infatti, in questa edizione 2016 ha allargato lo sguardo creando a Taormina un grande evento con oltre 120 cuochi in divisa che hanno accolto oltre15000 visitatori. Mentre sul palco sulla terrazza vista mare si alternavano personalità e chef, accanto agli eleganti negozi di Corso Umberto, la cucina italiana con i suoi preziosi ingredienti ha soddisfatto e comunicato la sua insuperabile unicità, a esperti e turisti entusiasti. Sempre nella mattinata ben otto interessanti laboratori sul pesce azzurro tenuti da chef dei maggiori ristoranti della Sicilia. Cena di chiusura, ma solo della giornata, con la Nazionale Italiana cuochi “N.I.C. in Tour dove il Team manager Daniele Caldarulo ha presentato il menù (non divulgabile e non fotografabile!) che sarà presentato alle prossime Olimpiadi di Erfurt in Germania. Per tutti gli altri Festa degli Chef al Naxox Beach di Atahotel. Non è facile riassumere nello spazio esiguo che la rete richiede, la nostra Esperienza a Cibo Nostrum. Noi che partecipiamo a tante manifestazioni possiamo solo dire che l’atmosfera che si respira nell’organizzazione è tra le più serene e coinvolgenti. Professionalità, efficienza e simpatia, infatti, non sempre vanno di pari passo. Se l’ideatore dell’evento è stato il pacifico ma vulcanico Seby Sorbello, gli organizzatori attori dell’evento sono stati l’ Associazione Provinciale Cuochi Etnei, la Federazione Italiana Cuochi, l’ Unione Regionale Cuochi Siciliani, Chic Chef, Le soste di U?idee, la Confederazione e Pasticceri Italiani, Blu Lab Academy, F.i.s, Associazione Italiana Celiachia Sicilia, Associazione Albergatori Taormina, Associazione Imprenditori per Taormina. Possiamo chiudere consigliandovi di farvi un nodo al fazzoletto per il 2017: organizzatevi per una bella vacanza in Sicilia includendo la giornata dei 100 chef nel vostro carnet di viaggio queste Experienze di CiBo Nostrum. Roberta Capanni Soave Preview: origine, stile e valori Un appuntamento non solo con un vino, ma con un paesaggio che di recente ha ottenuto il riconoscimento di Paesaggio rurale di interesse storico, con la biodiversità, con un sistema di allevamento tradizionale, la pergola soavese, con vigneti storici e con una costanza produttiva: tutto questo alla base della due giorni dedicata all’anteprima del Soave che si è svolta nel chiostro del palazzo vescovile di Monteforte d’Alpone organizzata dal Consorzio Tutela Vini Soave. Il vigneto Soave è formato da 7000 ettari, 3000 piccole aziende, 55 milioni di bottiglie suddivise tra Soave e Soave classico in un territorio collinare, esportato in circa 70 paesi del mondo con una quota che supera l’80% della produzione. Terreno collinare, vitigno Garganega la cui presenza è documentata da oltre un millennio e Trebbiano di Soave. Per dimostrare la longevità di questo vino bianco si inizia con “Il Soave alla prova del tempo”, degustazione di dodici vini di varie annate dalla 2012 fino ad arrivare alla 2000, condotta dall’enologo Giovanni Ponchia e da Kerin O’Keefe di Wine Enthusiast, preceduta da una introduzione di Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Vini Soave. I vini degustati sono stati: Vigneto Runcata Soave Superiore 2012 Dal Cero Tenuta di Corte Giacobbe; Vigneto Sengialta Soave Classico 2011 Balestri Valda; Danieli Soave 2010 Fattori; Meridies Soave Classico 2010 Nardello; Sereole Soave 2009 Bertani; Fontego Soave 2009 La Cappuccina; Castelcerino Soave Superiore Classico docg 2008 Cantina di Soave; Monte Ceriani Soave 2007 Tenuta Sant’Antonio; I Tarai Soave 2007 Corte Moschina; Soave Classico 2006 Suavia; Contrada Salvarenza Soave Classico 2005 Gini; Cà Visco Soave Classico Superiore 2000 Coffele. L’appuntamento era dedicato all’assaggio in anteprima del 2015, oltre 100 etichette tra Soave doc classico, Soave doc Colli Scaligeri, Soave superiore docg, frutto di una annata interessante, ma complessa per le temperature al di sopra della media in alcuni periodi. In generale i vini degustati erano ricchi in sensazioni floreali, frutta matura e balsamici, buona sapidità e poca acidità. Si è parlato di vini vulcanici nel convegno-degustazione “Volcani Wines 2016”11 terroir vulcanici nel calice con il Master Sommelier John Szabo. Era presente anche Jane Nisbet Huseby, studentessa del Masters of Wine Institute di Londra che ha vinto il primo contest lanciato circa un mese fa dal Consorzio del Soave con un saggio dal titolo “Volcanic Wines, a new notion of terroir: explain how cross-territorial marketing and communication can be used as an opportunity for Soave and Italian volcanic wines” . Nel suo lavoro Jane ha colto il valore del fenomeno vulcano come leva di marketing territoriale. I vini degustati provenivano da zone viticole di origine vulcanica da ogni parte del mondo, dal Soave ai Monti Lessini, da Ustica alla Sardegna, dalla Francia all’Ungheria passando per Spagna, Germania, Grecia ed anche Israele sulle alture del Golan. Il Consorzio di Tutela ha di recente editato un volume dal titolo Volcanic Wines in italiano e inglese, risultato degli otto anni di ricerca e di lavoro condotti sul tema del vulcano in collaborazione con studiosi ed esperti di settore. Piera Genta Le Rose di Bologna In un bellissimo pomeriggio di Maggio e come diceva il Poeta “ben venga Maggio ben venga la Rosa che dei Poeti e’ il fiore” siamo sulle colline di Casalecchio nel giardino di Villa Marescalchi Visconti presso la Cantina Tizzano. La cantina sostiene i progetti SlowFood, per presenziare alla anteprima della presentazione dei due nuovi presidi del sodalizio concernenti il Salame Rosa e il Lyon Mortadella in budello gentile del salumificio Negrini. Alberto Adolfo Fabbri, presidente nazionale del collegio dei garanti di SlowFood, ha organizzato questo evento per un gruppo di selezionati e fortunati ristoratori, giornalisti, gourmet, chef, sommelier ed invitati. Dopo un piacevole brindisi con il Pignoletto Spumante ci viene servita la Mortadella Classica abbinata con il Pignoletto Frizzante. Luca Visconti nel suo prologo ha precisato che fu in occasione della venuta di Napoleone in Italia, fra l’altro il corso brevilineo era grande amico della Famiglia Marescalchi, che le Mortadelle e i salumi cominciarono ad essere poste in budello. Notizie della Mortadella Felsina Bononia Bologna si trovano nei documenti fin dal 1200. Non a caso nei menu’ di tutto il mondo la Mortadella viene indicata con l’appellativo di Bologna. Dino Negrini ha sapientemente illustrato con dovizia di particolari le caratteristiche dei salumi dell’azienda di famiglia. Presente Annarita Negrini che cura le vicende societarie e Gianni Negrini patron del salumificio che segue le produzioni e le selezioni degli animali. Proseguiamo con il Prosciutto Cotto Alta Qualità Julius che abbiniamo al Pignoletto Fermo e riscontriamo un buonissimo mariage. Prendo un calice di Pignoletto Spumante per gradire come sempre questo eccellente vino e aspetto al tavolo in gradita compagnia di Franco Rossi del Ristorante Franco Rossi di Via Goito, di Giovanni Ferrari della Antica Trattoria del Cacciatore di Casteldebole e Silvano Sabbioni del Cristy di Anzola Emilia, la Mortadella Lyon in budello gentile. Il pane che ci accompagna ai tavoli e’ impastato con pasta madre del nostro territorio realizzato dal Forno Palladino, sciocco come dicono i toschi per meglio apprezzare i salumi. Il mio abbinamento con la Barbera Frizzante di Tizzano è azzeccatissimo. La sfumatura gustativa abboccata si intona con la nota della Barbera. Arriva il Salame Rosa. Fondamentale il taglio a mano con la mitica Berkel dice Nicoletta Negrini: il taglio con l’affettatrice elettrica altera la temperatura del salume. Nicoletta segue da anni con successo il mercato estero. L’ azienda negli anni ha acquisito una serie di rosse affettatrici Berkel che adopera nelle degustazioni non solo in Italia, quindi la collezione mantiene vive le macchine destinandole al loro impiego naturale. Un calice di Barbera nella versione ferma esalta questa perla davvero unica della gastronomia cittadina. Il Salame Rosa si distingue dalla Mortadella per la lavorazione delle carni scelte all’uopo che vengono tritate solo in parte e tagliate a coltello dai norcini. La degustazione si conclude con un piacevole conversare fra i fortunati partecipanti. Molto interessante il seminario dal vivo che ha consentito di degustare ed apprezzare questo perle rosa della gastronomia Felsinea vanto della storica azienda Negrini in gustoso abbinamento con il paesaggio ed i vini della Cantina Tizzano. Grazie a Nicoletta, Annarita, Gianni e Dino Negrini e ai loro salumi, a Luca Visconti, Gabriele Forni e alla Cantina Tizzano e ultimo ma non ultimo ad Alberto Adolfo Fabbri. > Umberto Faedi Nantes a Torino: gastronomia e creatività Grazie al progetto del 2013 “Torino incontra la Francia” Nantes, capoluogo della Loira Atlantica è stata alcune volte ospite di Torino. Spettacolare l’installazione scientifica Aéroflorale II ideata e progettata dalla compagnia La Machine di Nantes: una vera e propria serra volante che ha viaggiato per il mondo collezionando i vegetali più diversi, al fine di svelare agli abitanti delle città che l’accolgono l’incredibile patrimonio della biodiversità che nel maggio del 2013 era atterrata nella centrale Piazza Castello. Questa volta Nantes ritorna per festeggiare i vent’anni di presenza in Italia di Roche Bobois, marchio simbolo di stile e design contemporaneo, un evento che ha visto coinvolti, in contemporanea altri 9 negozi italiani (nelle città di Bologna, Firenze, Monza, Napoli, Palermo, Perugia e Torino. Un appuntamento esclusivo organizzato in collaborazione con Atout France Italia, Ente per lo sviluppo del Turismo Francese in Italia, pensato proprio come un itinerario immaginario attraverso le eccellenze e le bellezze di Francia e di Nantes in particolare. Con l’occasione abbiamo potuto scambiare qualche battuta con Xavier Theret, responsabile della promozione internazionale e scoprire quelle che sono le dieci buone ragioni per la visita della città, dalle machines de l’île nel sito dei vecchi cantieri navali che hanno ricevuto il premio dell’attrazione più originale al mondo al villino costruito su una ciminiera con vista sull’estuario della Loira, diventato per 60 km un percorso di arte contemporanea con sculture ed architetture di artisti di fama internazionale alla gastronomia. Per sentirsi bene a tavola con una cucina che si articola tra mare e terra per il quinto anno consecutivo è stata preparata la guida “Les Tables de Nantes”, 120 ristoranti di cui 27 new entry e 12 indirizzi di enoteche senza tralasciare i food trucks, i mercati rionali ed il calendario in cui acquistare in modo ottimale i prodotti dell’agricoltura. I ristoranti inseriti sono scelti da una giuria di volontari appassionati e valorizzano l’identità della cucina nantese legata alla sua storia marittima ed alla posizione geografica. Da maggio a settembre sulle banchine della Loira nel cuore del Parc des Chantiers viene installata sotto una struttura architettonica smontabile “La cantine du Voyage”, un bar ristorante con 300 coperti. Attenzione particolare al Muscadet, un vino bianco secco AOC vinificato principalmente nella Loire-Atlantique, a sud di Nantes con il Melon de Bourgogne. Si presta molto bene ad essere abbinato ai frutti di mare ed ai formaggi caprini della regione della Loira. Piera Genta Dodici champagne a Bologna I vini della regione della Champagne sono conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo. Les Champagnes des Vignerons raggruppa quasi il 100% dei produttori di questo particolare vino francese e si sono presentati a Bologna per far conoscere alcune di queste produzioni. La Masterclass e la degustazione aperta al pubblico si sono tenute nel suggestivo Palazzo Pepoli in Via Castiglione. Nel corso della Masterclass, che si doveva prenotare, i dodici Vignerons selezionati tra i cinquemila aderenti al Sindacato hanno presentato uno dei loro vini provenienti dalle quattro regioni entro i confini delle quali si può ottenere ed appellare il vino Champagne. Le quattro regioni sono: Vallee de La Marne, Cote des Bar, Cote des Blancs e Montagne de Reims. In questi territori si coltivano le uve che danno vita allo Champagne che sono Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier. Negli anni i prezzi delle uve hanno subito notevoli variazioni attestandosi recentemente ad una media di sei euro al chilogrammo. I dodici Vignerons partecipanti hanno presentato ciascuno la propria cantina alla Masterclass e successivamente e’ seguito l’assaggio di tutte le referenze. A seconda della regione di provenienza si sono alternati nei nostri bicchieri vini con spiccate sensazioni floreali di fiori bianchi freschi o evoluti e note fruttate di frutti bianchi o rossi acerbi o maturi. Una media di perlage fine e abbastanza persistente e colori molto belli varianti da giallo con riflessi verdognoli a giallo oro e nel caso dell’unico Rose’ presentato una magnifica sfumatura buccia di cipolla. Alla fine della Masterclass ci siamo spostati nel salone nel quale i dodici Vignerons avevano allestito i tavoli per la presentazione e la degustazione di tutti i vini delle loro cantine. Mi sono così soffermato ad assaggiare altri vini ed in particolare i Rose’ assieme ad amici e colleghi giornalisti e sommelier che mi hanno invidiato molto non essendo riusciti ad iscriversi in tempo alla Masterclass. Anche nel caso dei Rose’ i colori hanno spaziato da un rosa pallido a un rosato intenso, da un rame intenso ad un color rame scarico al gia’ citato buccia di cipolla. Questa varietà di toni e sfumature e’ ovviamente dovuto alla provenienza dei vini da una delle quattro regioni dello Champagne citate. I dodici Vignerons che hanno dato vita a questa proficua ed interessante giornata sono: Jaillant& Co. di Torvilliers, Masson di Ville sur Arce, Morel di Les Riceys, Boatas & Fils di Avize, Delong Marlene di Allemant, Pierre Boever et Fils Tauxieres – Mutry, Guy de Chassey di Louvois, Lutun Courtagnon, Pierre Malingre di Prouilly, Jerome Blin Vincelles, Lucien Lemaire di Damery e Laurent Lequart Passy- Grigny. di di di di Voglio ringraziare questi Vignerons che hanno sicuramente mostrato offrendo in degustazione i loro vini un aspetto particolare, e forse poco conosciuto alla maggior parte dei consumatori, della Champagne e spero che la Città di Bologna che trae origine pure dai franzosi Galli Boi gli sia piaciuta. Ma non ho dubbi! Voglio ringraziare la dottoressa Angelique Petelet per la gentilezza e l’Ambasciata Francese di Milano. Umberto Faedi Anteprima Degustazioni Puglia L’iniziativa “Anteprima Degustazioni” promossa dal Movimento Turismo del vino della Puglia in occasione della 50^ edizione del Vinitaly ha offerto l’occasione non solo di degustare le novita’ enologiche di una regione sempre in fermento, ma soprattutto di farsele raccontare direttamente dal produttore. Iniziamo con l’Antica Cantina, San Severo (Foggia). Ci troviamo nella parte settentrionale della Puglia nell’agro Daunio in una delle più antiche cantine della regione, attiva dal 1933, che trasforma le uve di ben 500 soci, mille ettari vitati certificati, 3 milioni e mezzo di bottiglie, di cui 70% rosso ed il rimanente bianco. Una realtà che fonda le radici nella storia del territorio e vuole trasmettere al consumatore il concetto di qualità. Premiata di recente dalla Camera di Commercio come Azienda longeva di successo con indice di massima affidabilità; impegnata nella valorizzazione dei vitigni del territorio e proprio in questo momento sta cercando di ottenere il riconoscimento per Montepulciano di Puglia, un vitigno piuttosto presente in Puglia impiegato per la produzione del San Severo Rosso Doc, come ci racconta l’enologo Felice Cota, ma che non può essere indicato in etichetta. Ho focalizzato la mia degustazione sulla linea Castrum che nel nome riporta la città di San Severo, la quale nel XII secolo era chiamata proprio “Castrum Sancti Severi”. Questa località è posizionata al centro dell’Alto Tavoliere, fra le colline pre-appenniniche della Daunia ed il promontorio del Gargano. Tre tipologie: bianco, rosato e rosso. Il bianco è ottenuto da bombino, trebbiano e malvasia. Delicate nuances floreali e fruttate. In bocca si avverte la percentuale aromatica della malvasia, unita ad una buona acidità e con ritorni floreali di gelsomino e fiori di campo. In ultimo emergono lievi note erbacee. Buona la freschezza e la sapidità. Il rosso ottenuto da Montepulciano e Sangiovese, pieno il gusto con note fruttate si intersecano a sentori di confettura, di ciliegia, tannino evidente con buona persistenza gusto-olfattiva. Altra linea i Nobiles, un interessante Nero di Troia, maturato in vasche di acciaio, ricco, austero, si apre con note fruttate di prugna e mora, amarena. Attacco leggermente tannico, speziato nel finale. Molto elegante e raffinato. Proseguiamo con Botrugno di Brindisi, subito notiamo la scritta che accompagna il logo aziendale, Viti e vini cultori. Un particolare che significa molto. Incontro il titolare, Sergio Botrugno, agronomo, Azienda familiare, una delle ultime cantine private di antica costruzione ancora in attività. Trenta ettari di vigneto nel Salento, in prossimità del mare su terreni sabbiosi. Le vigne sono ancora allevate ad alberello, come è tradizione da queste parti, almeno per chi desidera raggiungere un’elevata qualità del prodotto ed insieme un’elevata tipicità. Ci soffermiamo con Minù, un Minutolo in purezza, diverso dal colore carico con profondità e carattere, la salinità ed il frutto. Una interessante interpretazione del territorio che ha un forte legame con le caratteristiche geologiche dell’areale. Buona consistenza che può durare nel tempo. Ed ancora Arcione che da idea della tradizione, alberello di negroamaro, un vino antico, colore brillante, niente legno, vinoso, con sentori frutti rossi maturi e dopo l’ossigenazione note di radice di liquirizia. Intenso, caldo e di buona morbidezza, di media acidità e, come tutti i vini di Botrugno, di pronunciata sapidità. Il tannino un po’ astringente ma in fase di miglioramento. Una cantina al centro del paese, aperta tutto l’anno, che vende al dettaglio, export in Germania. 80mila bottiglie. Ma il mio viaggio continua…. Piera Genta Piceno: scoprire un territorio e i suoi vini La vitivinicoltura rappresenta la migliore espressione del Piceno. Negli ultimi anni la produzione enologica di questo territorio che si trova nella parte sud delle Marche, unica regione italiana al plurale, ha raggiunto importanti traguardi legati al riconoscimento dei vini originati dai vitigni autoctoni del territorio. La Società Cooperativa Agricola VINEA ha sede in Offida che ha ottenuto la denominazione Doc nel 2001e nel 2011 la Docg e da tre anni organizza l’evento “Picenopen” con lo scopo di valorizzare il territorio, i prodotti dell’agricoltura, la storia e la cultura di questa porzione delle Marche. Le radici agricole affondano nella storia e hanno avuto sviluppo grazie soprattutto all’impegno dei produttori. Sono cinquanta i produttori associati a VINEA e quarantuno le cantine aderenti al Consorzio Vini Piceni. Molte di queste aziende producono un gradevole olio di oliva extravergine pure nella versione bio, olive destinate al consumo come Oliva Tenera Ascolana del Piceno Dop e presentate nella famosa versione fritta all’Ascolana nonché una vasta gamma di cereali. Siamo arrivati a Colli del Tronto per sistemarci in hotel in attesa di cominciare il tour nelle Colline del Piceno. Settemilacinquecento sono gli ettari vitati complessivi e le cantine aderenti al Consorzio sono presenti all’Enoteca Regionale delle Marche di Offida, nella quale dopo il saluto del presidente e del direttore del Consorzio partecipiamo alla degustazione anonima di dodici Passerina Offida Docg annata 2015. La Passerina è uno dei vitigni bianchi autoctoni più diffusi nel territorio ed è parente stretto del Pagadebit molto coltivato sulle colline della Romagna. Può essere vinificato nella versione Igt o Docg, la differenza sta nelle limitazioni delle rese per ettaro e molti produttori si orientano verso la Igt. Le interpretazioni delle Cantine che abbiamo degustato hanno in comune degli ottimi colori e profumi floreali con diverse sensazioni al palato. Dopo aver effettuato assaggi nelle cantine visitate e in occasione della cena di gala la mia opinione è che allo stato attuale la migliore espressione di questo vitigno sia nella versione Spumante Brut. Breve sosta e passiamo all’assaggio anonimo di ventidue proposte di Pecorino Offida Docg annata 2014. Queste piante amano la collina e l’esposizione ad est. Media di profumi gradevoli con note fruttate e floreali e rilevanti sfumature di colori tendenti a uno splendido dorato. Al palato diverse le sensazioni, rilevo una costante di acidità comunque accettabile. Altra sosta e poi via con undici versioni anonime di Rosso Piceno Superiore dal 2014 al 2011. Media di profumi intensi con note di bacca rossa, spezie e frutta di bosco. Colori intensi e marcati, al gusto ho rilevato una realtà che ha bisogno di proseguire il cammino intrapreso. Chiudiamo la tornata con l’assaggio di nove Offida Docg Rosso delle annate dal 2013 al 2009 rigorosamente anonimi come gli altri vini. Profumi intensi di frutta rossa, frutti di bosco e note speziate di pepe e tabacco. Al palato si rileva una certa struttura e una buona persistenza. La sosta per il pranzo la effettuiamo nei locali dell’Enoteca e abbiamo la possibilità di assaggiare formaggi e salumi locali, ottime verdure alla griglia e una gustosa peperonata, il fritto incluse le famose olive quindi deliziosi ravioli, ottime lasagne al pomodoro e gli spaghetti di Campofilone. Baccalà, frittura di pesce, il mare con l’importante porto di San Benedetto del Tronto è a una manciata di chilometri, completano il pranzo chiuso da una deliziosa torta. In abbinamento i vini degustati in mattinata che erano stati rivelati con apposito elenco. Andiamo a visitare la cantina De Angelis a Castel di Lama e assaggiamo un Rosato Spumante Marche Igt davvero gradevole. Passiamo ad una Passerina e ad un Pecorino ed infine ad un Rosso Piceno. Concludiamo la visita assaggiando l’olio extravergine ottenuto dagli olivi delle colline aziendali. Torniamo in hotel e ci prepariamo alla cena di gala che si tiene ad Ascoli Piceno presso il Caffè Meletti, storico locale arcinoto per l’Anice fin dal 1800. Lo chef del Meletti ha preparato come aperitivo un misto di fritti abbinati a Passerina Brut: davvero un gradevole mariage. Gli chef marchigiani Moreno Cedroni ed Enrico Recanati hanno preparato in alternanza le portate che sono state nell’ordine una oliva Ascolana da comporre, un brodetto di pesci, crostacei e molluschi con sentori di anice stellato, ravioli di seppia al vapore imbibiti di brodo leggero di cumino con Mosciolo selvatico di Portonovo. Il secondo piatto capretto, caprino e asparagi selvatici ha preceduto Castagnole ripiene di crema al limone, cremoso di cioccolato bianco e sorbetto al mandarino. Poi noci, fragole e lemongrass prima della piccola pasticceria. Le portate sono state abbinate a seconda della preferenza dei partecipanti che potevano scegliere nella carta dei vini composta da trentasette vini delle tipologie Offida Docg Passerina, Offida Docg Pecorino, Rosso Piceno Superiore Doc e Offida Docg Rosso. La mattina seguente siamo ritornati all’Enoteca di Offida per una degustazione retrospettiva di Offida Doc Pecorino 2011. In degustazione 13 vini tutti anonimi con la nota comune di bellissimi colori e profumi intensi e floreali. Gusti al palato ovviamente differenti con una diversità oscillante tra l’evoluzione forse eccessiva e la giustezza. Pranzo in Enoteca come il giorno prima con un trionfo di salumi e formaggi, fritto e olive all’Ascolana e poi ottime tagliatelle coi porcini, le splendide lasagne, i ravioli. E poi fritto di pesce, asparagi, verdure grigliate e un’ottima torta. Il tutto in abbinamento con i vini dell’Enoteca a scelta. Una piccola sosta e poi siamo andati alla Cantina Cooperativa dei Colli Ripani a Ripatransone. Moltissimi soci conferitori e settecento circa gli ettari vitati per questa azienda nata nel 1967. La grande struttura permette la realizzazione sia di vini tradizionali che biologici e di una linea dedicata all’Horeca. Degustiamo una Passerina Spumante molto gradevole 11,50°, una ferma, un Pecorino, un Rosso Piceno Doc e lo stesso in versione Bio e sono entrambi gradevoli. Davvero un’ottima impressione. Alcuni vini fanno un passaggio nella barricata composta da 350 botti e altri evolvono nei tonneaux da 500 e 1000 oppure nelle vasche di cemento. Ci spostiamo alla Azienda Biologica Centanni situata a Montefiore dell’Aso. I giovani nipoti dei fondatori ci fanno degustare una Passerina Spumante con buoni sentori e bel perlage, una Passerina Docg 2015 e un Pecorino 2014 13,80° molto fruttato. Assaggiamo l’olio extravergine originato dalle colline circostanti dalle quali si vede l’Adriatico davvero gustoso e chiudiamo la visita con un Marche Rosso Igt 2010 14,50° davvero sorprendente dedicato ai fondatori della cantina. La cena di saluto serale si tiene ad Offida presso l’Osteria Ophis che ha sede nel Palazzo Alessandrini risalente al 1700. Lo chef presenta una pasticceria salata davvero sfiziosa che precede carciofi arrosto guarniti da ventricina di Fracassa e lardo abruzzese. Arriva poi una ricotta cotta con pinoli, asparagi, caciotta di vacca e zafferano. Un risotto di primavera molto delicato con finto Taleggio che è un Monte Piceno ci prepara ad un agnello con salsa di alici, capperi e tonno e ad un delizioso maiale in agrodolce con patate. Biscottini Brownies al cioccolato, frutta secca e Varnelli, biscotti funghetti offidani dei quali si tramanda la ricetta ma nessuno la rivela. I vini a scelta fra quelli degustati nelle giornate dell’educational. Questo educational si conclude con la gradevole impressione di aver visitato un territorio gradevole che ti da la sensazione di tranquillità e pulizia, che custodisce storia, cultura e propone edifici storici rilevanti e non ultimi vini ed olio extravergine di notevole spessore. Un gradito ringraziamento a Luigi Massa di VINEA che ci ha sopportato e agevolato in ogni richiesta, a Tiziana Desantis simpatica e bravissima nel tradurre tutto il possibile per i numerosi giornalisti stranieri e al Consorzio, l’Enoteca Regionale di Offida e i produttori. Il Piceno merita una visita davvero. Umberto Faedi Taste Etna: week-end all’insegna del gusto e della bellezza Nell’incantevole cornice dell’Esperia Palace Hotel di Zafferana Etnea si è svolta l’edizione 2016 di Taste Etna, intensa kermesse culinaria dal programma ricchissimo. Taste Etna è stato un mix di chef, prodotti del territorio, paesaggi. Sempre impeccabile e autenticamente cordiale l’accoglienza del padrone di casa Seby Sorbello, presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, e della sua incredibile mamma Enza Cutuli che di questo luogo è la vera anima. Si è iniziato con i cooking show di Giuseppe Raciti di Zash (Riposto) che ha presentato il suo “polpo croccante ai sapori della terra del Vulcano”, un polpo cotto con aglio e rosmarino in padella per due ore e accompagnato da macco di fave e finocchietto. A seguire Moreno Emmi di Talè (Piedimonte Etneo) che ha presentato “Il latte di cavaddro” con ragusano Dop su crema di asparagi selvatici e mozzarella, tartare di gambero e salsa agrodolce all’arancia, cialda di pistacchio di Bronte e crumble d’acciughe. Poi la volta di Giuseppe Nicotra di Terra e Sorsi di Nicosia (Trecastagni) che, invece, propone la carne: un filetto di maiale cotto a basse temperature, affinché mantenga tutta la sua naturale e gustosa succulenza, bardato al pistacchio di Bronte e composta di agrumi. Andrea Macca di Donna Carmela (Riposto) ha proposto un piatto che fa l’occhiolino al Giappone: un polpo in salsa teriyaki siciliana, fatta con riduzione di mosto di Nerello Mascalese, aceto di casa e salsa di soia, con salsa di patate all’agro e té matcha. Originale e decisamente a chilometro zero il piatto di Lina Castorina di 4 Archi (Milo): un’arancina farcita con il cavolo trunzo di Aci, una specialità dell’orto divenuta Presidio Slow Food, un’eccellenza da riscoprire e valorizzare. Il giorno dopo si è cominciato con Peppe Arcidiacono di In un angolo di mondo (Acireale) che stuzzica il palato con una ‘mpanata’ con impasto a lunga lievitazione di farina da grani antichi siciliani farcita con cavolo trunzo stufato in padella, formaggio pepato fresco, olive nere. Dopo è stata la volta di Seby Sorbello del Parco dei Principi (Zafferana Etnea) che ha strappato alla platea più di un applauso con “La triglia nel giardino dell’Etna”, un piatto che non ha stagione e racchiude in sé la parte emersa e la parte sommersa del Vulcano che lascia, attraverso gli scogli di pietra lavica, la sua impronta anche a mare; un filetto di triglia di scoglio, passato in una pastella di birra e farina di tumminia e poi fritto in olio evo e adagiato su un leggero purè di sedano rapa e accompagnato con verdure di stagione appena scottate: una delizia! E poi Seby ci ha stupito con un dolce, un omaggio alla mela cola dell’Etna servita in forma di gelato, di soufflé e di composta: mai il frutto del peccato fu così tentatore! Elia Russo di Villa Neri (Linguaglossa) ha proposto un mignon di maialino nero cotto a bassa temperatura, souté di cime di rapa e spuma di macco di fave ai semi di finocchio riccio. Giovanna e Santo Musumeci della pasticceria Musumeci (Randazzo), padre e figlia, hanno presentato “L’evoluzione del cannolo”, un dessert composto da una cialda di cannolo sulla quale si adagia una mousse di ricotta; e poi, a sorpresa, un gelato gastronomico al pecorino con composta di cipolle e composta di pere conference che può essere un originale antipasto o un buon finale. Infine Marco Cannizzaro di Km. Zero (Catania) cui va il merito di rivalutare un pesce, a torto, troppo spesso ritenuto povero: l’alalunga; il suo piatto è stato una crema di finocchi sul fondo del piatto, agro di lamponi, l’alalunga cucinata in padella e finita in forno (con una percentuale del 10 per cento di vapore), due foglioline di menta e la cipolla in agrodolce. Di contorno ai cooking show tanti corner di produttori d’eccellenza: i salumi da maialino nero, le bibite tradizionali, marmellate e oli bio, formaggi tipici. La parte alcolica è curata dall’eccellente sommelier Mauro Cutuli che guida le degustazioni di birre artigianali e vini dell’Etna. Certamente chi ha avuto la fortuna di partecipare ha vissuto due giornate di puro godimento. Anna M. Martano Elba: Aleatico e non solo Ritrovare e recuperare i territori che già più di 2000 anni fa erano coltivati a vite, far comprendere la tipicità dei suoi vitigni autoctoni e la resa di quelli alloctoni, parlare di abbinamenti con le tradizioni gastronomiche dell’isola: è questa la finalità di ElbAleatico la manifestazione che si è svolta all’isola d’Elba domenica 17 aprile nella parte storica di Portoferraio. L’Elba, la più grande isola dell’Arcipelago toscano vista non solo come meta di vacanza estiva ma come ciò che realmente è, con la sua grande storia, le sue coltivazioni, la sua cultura. Oggi in molti credono che l’isola non territorio vocato alla coltivazione della vite perché la macchia mediterranea ha preso il sopravvento sui circa 5000 ettari un tempo dedicati alla sua coltivazione ma Plinio il Vecchio:ne parlava come : “Isola feconda di vino”. Oggi 250 ettari è ciò che rimane di quella storia ma la voglia di tornare a fare vino è tornata: “Non c’era casa che non avesse la sua vigna, vigna che arrivava quasi sulla porta di casa – racconta Antonio Arrighi durante la presentazione della manifestazione e dei vini elbani alla delegazione di giornalisti di Arga manifestazione. Toscana che sono intervenuti alla E che l’isola sia stata “feconda di vino” lo dimostrano anche i recenti ritrovamenti a San Giovanni di una fattoria dove sono state trovate grandi anfore in terracotta contenitori di vino. E da qualche anno anche Arrighi ha iniziato a produrre vino conservandolo nella terracotta con risultati di assoluto rispetto. ElbAleatico ha puntato sul prodotto tipico dell’isola, l’aleatico un vitigno semiaromatico a bacca nera che all’Elba regala un meraviglioso Elba Aleatico Passito. Aziende e vigneti sono presenti in tutte le zone dell’isola, ognuna con le sue caratteristiche, con la sua conformazione, la diversità dei suoli che influisce sui vini e dona profumi e sapidità.Tratti di pianura che degradano al mare, colline assolate e ventose, colline riparate dai venti, montagna è questo il panorama che l’Elba aveva e sta riacquistando con fatica anche perché il Parco in cui è immersa vigila attentamente su ogni richiesta di recupero dei vecchi terrazzamenti che erano il paesaggio tipico di quest’isola a 41 miglia dalla costa toscana. I vini bianchi tradizionali come l’Ansonica vitigno assolutamente “mediterraneo”dalla buccia spessa e resistente, il Procanico (trebbiano toscano) , il Vermentino, il Moscato, Sangiovese e Aleatico oggi troviamo varietà come il Viogner, lo Chardonnay, Merlot e il Sirah. Susy Macchioni sommelier della delegazione AIS Isola d’Elba è stata l’eccellente il tutor della delegazione di giornalisti ARGA Toscana durante la degustazione dei vini: dall’Elba Bianco, all’Elba Ansonica, al Vermentino dell’Elba, all’Elba rosso e l’Elba Rosso Riserva, al magnifico Rosato per finire con il l’aleatico passito. Menzione speciale della delegazione per i passiti dell’azienda Acquabona e de La Galea una mini produzione con affinamento in acciaio che rimanda tutta la magia che l’Aleatico passito può regalare. 16 i produttori del Consorzio di Tutela Vini Elba Doc: Acquabona, Acquacalda, Allori Guido, Arrighi, Cecilia, la Chiusa, La fazenda, La Galea, Le Ripalte, Le Sughere, Mazzarri, Mola, Montefabbrello, Sapereta, Terre del Granito, Valle di Lazzaro. Insieme ai vini anche le specialità agroalimentari dell’isola che i migliori chef hanno preparato per la manifestazione, su tutte le seppiette col nero su pappa al pomodoro e crema di burrata. Al centro del chiostro che ospitava la manifestazione l’isola dei dolci con le tipiche produzioni elbane prime fra tutte la “stiaccia briaca” prodotta con l’Aleatico, un dolce da fine pasto da gustare proprio con questo vino passito. Due le versioni quella di Capoliveri, come quella ottima di Alessio Baldetti e di sua moglie Maria Grazia che segue una ricetta tradizionale con farina, olio extra vergine di oliva, pinoli, noci, mandorle, scorza di arancio e di limone fresca, Aleatico e quella di Rio Marina che vede l’aggiunta di Alchermes. Roberta Capanni Istruzioni per l’uso nella comunicazione dell’agroalimentare A Verona, in una tavola rotonda promossa dall’Ufficio Stampa del Consorzio Prosecco Doc su «L’Agroalimentare patrimonio del made in Italy. Istruzioni per l’uso nella comunicazione ai giorni nostri», numerosi tecnici della materia hanno esposto il loro punto di vista sul senso e sul valore della comunicazione nel settore dell’agroalimentare italiano. Come fare una “buona” comunicazione e quali dovrebbero essere gli ingredienti necessari è la tematica discussa ieri, 11 aprile 2016, al Padiglione Prosecco Doc – Prosciutto San Daniele Dop del Salone Vinitaly, con moderatore Pier Battista Bergonzi, vice direttore de ‘La Gazzetta dello Sport’ e curatore della rubrica ‘GazzaGolosa’, oltre che scrittore e sommelier AIS. Al dibattito hanno partecipato Stefano Zanette presidente del Consorzio Prosecco Doc, Mario Emilio Cichetti direttore del Consorzio Prosciutto San Daniele, Alessandro Regoli direttore di ‘WineNews’, Tiziano Marson capo redattore de ‘La Tribuna di Treviso’, Sissi Baratella del Blog ‘GardiniNotes’ e Luca Giavi direttore del Consorzio Prosecco Doc. Attraverso richiami alle proprie esperienze personali e raffronti con la storia del giornalismo, i conferenzieri si sono confrontati sulla “idea” di un buon giornalismo, che abbia efficacia non solo in termini di “notizia” bensì di “presa” sul pubblico che si vuole raggiungere, giacché oggi, al tempo dei social, il mondo della comunicazione è completamente cambiato. Pier Bergonzi, introducendo il tema, ha voluto specificare che alcune regole auree valgono sempre per una notizia, e sono essenzialmente tre: verifica, qualità, originalità, insegnare bene nelle scuole di giornalismo. da Per Alessandro Regoli “servono responsabilità e buon senso”. Ha espresso l’impressione “di vivere una sorta di proibizionismo di ritorno”, perché gli sembra eccessiva la tendenza a “demonizzare” il consumo del vino, per tenere, ad esempio, i giovani lontani dall’alcol. “Serve un’informazione che induca comportamenti virtuosi, consumi moderati e consapevoli”, magari insegnando ad abbinare il vino alle pietanze, e dissuadendo dal bere a stomaco vuoto. “Anche associare il consumo di vino al divertimento e agli eventi culturali porta un messaggio più adeguato”. Mario Emilio Cichetti, del Consorzio San Daniele, ha confidato: “ci aspetteremmo dai media una maggior cura nel dare le notizie. Purtroppo il settore agroalimentare in Italia il più delle volte viene ripreso dai media solo in termini folkloristici o scandalistici”. Tiziano Marson ha spiegato la sua posizione da giornalista: “Comunicazione e informazione sono due cose ben distinte. Noi facciamo informazione quindi selezioniamo tra le tante notizie che ci arrivano in redazione quelle che reputiamo interessanti per i nostri lettori. E siamo consapevoli dell’impatto che una notizia non verificata potrebbe avere a livello internazionale oggi che le testate locali, tramite il web, in poche ore possono rimbalzare a New York o a Hong Kong. Ma questo non ci deve dissuadere dal pubblicare notizie che noi riteniamo di pubblico interesse”. A conclusione del confronto di opinioni, il presidente del Consorzio Prosecco Stefano Zanette, con allusione alle molteplici notizie che periodicamente sconvolgono il mondo enogastronomico Made in Italy, ha commentato: “a mio avviso, un ingrediente necessario per fare giornalismo è la curiosità. Smascherare vicende negative è una delle cose che ci si attende dal “buon giornalismo” e noi siamo favorevoli ad una corretta informazione e disposti a collaborare”. Maura Sacher