Le Rose di Bologna,Nantes a Torino: gastronomia e creatività

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Le Rose di Bologna,Nantes a Torino: gastronomia e creatività
Experienze siciliane
Experienze al Cibo Nostrum. Tutto nasce dalla passione dello
chef Seby Sorbello e dalla sua voglia di far conoscere le
delizie che la sua regione regala.
Cibo Nostrum parte cinque anni da Zafferana Etnea. È qui,
nella stupenda struttura dell’Experia della famiglia Sorbello,
che è iniziata la nostra full immersion in queste Experienze
di Cibo Nostrum 2016 cioè “la dieta Mediterranea
delle due Sicilie”.
nel Regno
Tre giorni di manifestazione, con 70 giornalisti accreditati,
oltre 100 chef, e tanti operatori del settore. L’apertura
ufficiale è avvenuta domenica nella piazza di Zafferana
dominata dalla cattedrale di Santa Maria della Provvidenza
sotto la splendida luce siciliana, il mare sullo sfondo e alle
spalle, maestoso, l’Etna. Saluti di rito, assaggi dei prodotti
locali (immancabili i formaggi Zappalà), fritture e qualche
bollicina.
Per giornalisti ed operatori
del settore solo un piccolo
assaggio
in
attesa
di
riempire le bianche ed
eleganti sale dell’ Experia
per la cena curata dai
giovani (ma già quotatissimi
chef) “Tutti con la coppola” Sicilian Chefs & Friends ovvero
Giovanni Grasso,
Giuseppe Torrisi,
Giuseppe Raciti
capitanati da Simone Strano (chef di palazzo Montemartini a
Roma). Proposta per i numerosi invitati: arancino di alici e
cipolla rossa caramellata (punteggio alto), raviolone alla
parmigiana di melanzane, ragù di moscardini, stracciatella di
bufala, trancio di lampuga con zucchine, fave e acciughe e
per concludere con un Magnum Pr’estivo (da provare). Vini
Costantino, Cantine Nibali e Cantine Valenti.
Un inizio promettente che ci ha diretto verso l’intensa
giornata
di lunedì 23 maggio dove Cibo Nostrum si è
trasformato in “Taormina Cooking Fest- Omaggio a Aurelio
Bucioni “.
Experienze, incontro di cibo e turismo. Cibo Nostrum, infatti,
in questa edizione 2016 ha allargato lo sguardo creando a
Taormina un grande evento con oltre 120 cuochi in divisa che
hanno accolto oltre15000 visitatori.
Mentre sul palco sulla terrazza vista mare si alternavano
personalità e chef, accanto agli eleganti negozi di Corso
Umberto, la cucina italiana con i suoi preziosi ingredienti ha
soddisfatto e comunicato la sua insuperabile unicità, a
esperti e turisti entusiasti.
Sempre nella mattinata ben otto interessanti laboratori sul
pesce azzurro tenuti da chef dei maggiori ristoranti della
Sicilia.
Cena di chiusura, ma solo della giornata, con la Nazionale
Italiana cuochi “N.I.C. in Tour dove il Team manager Daniele
Caldarulo ha presentato il menù (non divulgabile e non
fotografabile!) che sarà presentato alle prossime Olimpiadi di
Erfurt in Germania. Per tutti gli altri Festa degli Chef al
Naxox Beach di Atahotel.
Non è facile riassumere nello spazio esiguo che la rete
richiede,
la nostra Esperienza a Cibo Nostrum.
Noi che
partecipiamo a tante manifestazioni possiamo solo dire che
l’atmosfera che si respira nell’organizzazione è tra le più
serene e coinvolgenti. Professionalità, efficienza e simpatia,
infatti, non sempre vanno di pari passo.
Se l’ideatore dell’evento è stato il pacifico ma vulcanico
Seby Sorbello, gli organizzatori attori dell’evento sono stati
l’ Associazione Provinciale Cuochi Etnei, la Federazione
Italiana Cuochi, l’ Unione Regionale Cuochi Siciliani, Chic
Chef, Le soste di U?idee, la Confederazione e Pasticceri
Italiani, Blu Lab Academy, F.i.s, Associazione Italiana
Celiachia Sicilia, Associazione Albergatori Taormina,
Associazione Imprenditori per Taormina.
Possiamo chiudere consigliandovi di farvi un nodo al
fazzoletto per il 2017: organizzatevi per una bella vacanza in
Sicilia includendo la giornata dei 100 chef nel vostro carnet
di viaggio queste Experienze di CiBo Nostrum.
Roberta Capanni
Soave Preview: origine, stile
e valori
Un appuntamento non solo con un vino, ma con un paesaggio che
di recente ha ottenuto il riconoscimento di Paesaggio rurale
di interesse storico, con la biodiversità, con un sistema di
allevamento tradizionale, la pergola soavese, con vigneti
storici e con una costanza produttiva: tutto questo alla base
della due giorni dedicata all’anteprima del Soave che si è
svolta nel chiostro del palazzo vescovile di Monteforte
d’Alpone organizzata dal Consorzio Tutela Vini Soave.
Il vigneto Soave è formato da 7000 ettari, 3000 piccole
aziende, 55 milioni di bottiglie suddivise tra Soave e Soave
classico in un territorio collinare, esportato in circa 70
paesi del mondo con una quota che supera l’80% della
produzione. Terreno collinare, vitigno Garganega la cui
presenza è documentata da oltre un millennio e Trebbiano di
Soave.
Per dimostrare la longevità di questo vino bianco si inizia
con “Il Soave alla prova del tempo”, degustazione di dodici
vini di varie annate dalla 2012 fino ad arrivare alla 2000,
condotta dall’enologo Giovanni Ponchia e da Kerin O’Keefe di
Wine Enthusiast, preceduta da una introduzione di Aldo
Lorenzoni, direttore del Consorzio Vini Soave.
I vini
degustati sono stati: Vigneto Runcata Soave Superiore 2012 Dal
Cero Tenuta di Corte Giacobbe; Vigneto Sengialta Soave
Classico 2011 Balestri Valda; Danieli Soave 2010 Fattori;
Meridies Soave Classico 2010 Nardello; Sereole Soave 2009
Bertani; Fontego Soave 2009 La Cappuccina; Castelcerino Soave
Superiore Classico docg 2008 Cantina di Soave; Monte Ceriani
Soave 2007 Tenuta Sant’Antonio; I Tarai Soave 2007 Corte
Moschina; Soave Classico 2006 Suavia; Contrada Salvarenza
Soave Classico 2005 Gini;
Cà Visco Soave Classico Superiore
2000 Coffele.
L’appuntamento era dedicato all’assaggio in anteprima del
2015, oltre 100 etichette tra Soave doc classico, Soave doc
Colli Scaligeri, Soave superiore docg, frutto di una annata
interessante, ma complessa per le temperature al di sopra
della media in alcuni periodi. In generale i vini degustati
erano ricchi in sensazioni floreali, frutta matura e
balsamici, buona sapidità e poca acidità.
Si è parlato di vini vulcanici nel convegno-degustazione
“Volcani Wines 2016”11 terroir vulcanici nel calice con il
Master Sommelier John Szabo. Era presente anche Jane Nisbet
Huseby, studentessa del Masters of Wine Institute di Londra
che ha vinto il primo contest lanciato circa un mese fa dal
Consorzio del Soave con un saggio dal titolo “Volcanic Wines,
a new notion of terroir: explain how cross-territorial
marketing and communication can be used as an opportunity for
Soave and Italian volcanic wines” . Nel suo lavoro Jane ha
colto il valore del fenomeno vulcano come leva di marketing
territoriale.
I vini degustati provenivano da zone viticole di origine
vulcanica da ogni parte del mondo, dal Soave ai Monti Lessini,
da Ustica alla Sardegna, dalla Francia all’Ungheria passando
per Spagna, Germania, Grecia ed anche Israele sulle alture del
Golan. Il Consorzio di Tutela ha di recente editato un volume
dal titolo Volcanic Wines in italiano e inglese, risultato
degli otto anni di ricerca e di lavoro condotti sul tema del
vulcano in collaborazione con studiosi ed esperti di settore.
Piera Genta
Le Rose di Bologna
In un bellissimo pomeriggio di Maggio e come diceva il Poeta
“ben venga Maggio ben venga la Rosa che dei Poeti e’ il fiore”
siamo sulle colline di Casalecchio nel giardino di Villa
Marescalchi Visconti presso la Cantina Tizzano.
La cantina sostiene i progetti SlowFood, per presenziare alla
anteprima della presentazione dei due nuovi presidi del
sodalizio concernenti il Salame Rosa e il Lyon Mortadella in
budello gentile del salumificio Negrini.
Alberto Adolfo Fabbri, presidente nazionale del collegio dei
garanti di SlowFood, ha organizzato questo evento per un
gruppo
di
selezionati
e
fortunati
ristoratori, giornalisti, gourmet, chef, sommelier ed
invitati.
Dopo un piacevole brindisi con il Pignoletto Spumante ci viene
servita la Mortadella Classica abbinata con il Pignoletto
Frizzante.
Luca Visconti nel suo prologo ha precisato che fu in occasione
della venuta di Napoleone in Italia, fra l’altro il corso
brevilineo era grande amico della Famiglia Marescalchi, che le
Mortadelle e i salumi cominciarono ad essere poste in budello.
Notizie della Mortadella Felsina Bononia Bologna si trovano
nei documenti fin dal 1200.
Non a caso nei menu’ di tutto il mondo la Mortadella viene
indicata con l’appellativo di Bologna.
Dino Negrini ha sapientemente illustrato con dovizia di
particolari le caratteristiche dei salumi dell’azienda di
famiglia.
Presente Annarita Negrini che cura le vicende societarie e
Gianni Negrini patron del salumificio che segue le produzioni
e le selezioni degli animali. Proseguiamo con il Prosciutto
Cotto Alta Qualità Julius che abbiniamo al Pignoletto Fermo e
riscontriamo un buonissimo mariage.
Prendo un calice di Pignoletto Spumante per gradire come
sempre questo eccellente vino e aspetto al tavolo in gradita
compagnia di Franco Rossi del Ristorante Franco Rossi di Via
Goito, di Giovanni Ferrari della Antica Trattoria del
Cacciatore di Casteldebole e Silvano Sabbioni del Cristy di
Anzola Emilia, la Mortadella Lyon in budello gentile.
Il pane che ci accompagna ai tavoli e’ impastato con pasta
madre del nostro territorio realizzato dal Forno
Palladino, sciocco come dicono i toschi per meglio apprezzare
i salumi. Il mio abbinamento con la Barbera Frizzante di
Tizzano è azzeccatissimo.
La sfumatura gustativa abboccata si intona con la nota della
Barbera. Arriva il Salame Rosa. Fondamentale il taglio a mano
con la mitica Berkel dice Nicoletta Negrini: il taglio con
l’affettatrice elettrica altera la temperatura del salume.
Nicoletta segue da anni con successo il mercato estero. L’
azienda negli anni ha acquisito una serie di rosse
affettatrici Berkel che adopera nelle degustazioni non solo in
Italia, quindi la collezione mantiene vive le macchine
destinandole al loro impiego naturale.
Un calice di Barbera nella versione ferma esalta questa perla
davvero unica della gastronomia cittadina. Il Salame Rosa si
distingue dalla Mortadella per la lavorazione delle carni
scelte all’uopo che vengono tritate solo in parte e tagliate a
coltello dai norcini.
La degustazione si conclude con un piacevole conversare fra i
fortunati partecipanti.
Molto interessante il seminario dal vivo che ha consentito di
degustare ed apprezzare questo perle rosa della gastronomia
Felsinea vanto della storica azienda Negrini in gustoso
abbinamento con il paesaggio ed i vini della Cantina
Tizzano. Grazie a Nicoletta, Annarita,
Gianni e Dino Negrini e ai loro salumi, a Luca Visconti,
Gabriele Forni e alla Cantina Tizzano e ultimo ma non ultimo
ad Alberto Adolfo Fabbri.
> Umberto Faedi
Nantes a Torino: gastronomia
e creatività
Grazie al progetto del 2013 “Torino incontra la Francia”
Nantes, capoluogo della Loira Atlantica è stata alcune volte
ospite di Torino. Spettacolare l’installazione scientifica
Aéroflorale II ideata e progettata dalla compagnia La Machine
di Nantes: una vera e propria serra volante che ha viaggiato
per il mondo collezionando i vegetali più diversi, al fine di
svelare agli abitanti delle città che l’accolgono
l’incredibile patrimonio della biodiversità che nel maggio del
2013 era atterrata nella centrale Piazza Castello.
Questa volta Nantes ritorna per festeggiare i vent’anni di
presenza in Italia di Roche Bobois, marchio simbolo di stile e
design contemporaneo, un evento che ha visto coinvolti, in
contemporanea altri 9 negozi italiani (nelle città di Bologna,
Firenze, Monza, Napoli, Palermo, Perugia e Torino. Un
appuntamento esclusivo organizzato in collaborazione con Atout
France Italia, Ente per lo sviluppo del Turismo Francese in
Italia, pensato proprio come un itinerario immaginario
attraverso le eccellenze e le bellezze di Francia e di Nantes
in particolare.
Con l’occasione abbiamo potuto scambiare qualche battuta con
Xavier Theret, responsabile della promozione internazionale e
scoprire quelle che sono le dieci buone ragioni per la visita
della città, dalle machines de l’île nel sito dei vecchi
cantieri navali che hanno
ricevuto
il
premio
dell’attrazione più originale al
mondo al villino costruito su
una
ciminiera
con
vista
sull’estuario
della
Loira,
diventato per 60 km un percorso
di arte contemporanea con sculture ed architetture di artisti
di fama internazionale alla gastronomia. Per sentirsi bene a
tavola con una cucina che si articola tra mare e terra per il
quinto anno consecutivo è stata preparata la guida “Les Tables
de Nantes”, 120 ristoranti di cui 27 new entry e 12 indirizzi
di enoteche senza tralasciare i food trucks, i mercati rionali
ed il calendario in cui acquistare in modo ottimale i prodotti
dell’agricoltura. I ristoranti inseriti sono scelti da una
giuria di volontari appassionati e valorizzano l’identità
della cucina nantese legata alla sua storia marittima ed alla
posizione geografica. Da maggio a settembre sulle banchine
della Loira nel cuore del Parc des Chantiers viene installata
sotto una struttura architettonica smontabile “La cantine du
Voyage”, un bar ristorante con 300 coperti.
Attenzione particolare al Muscadet, un vino bianco secco AOC
vinificato principalmente nella Loire-Atlantique, a sud di
Nantes con il Melon de Bourgogne. Si presta molto bene ad
essere abbinato ai frutti di mare ed ai formaggi caprini della
regione della Loira.
Piera Genta
Dodici champagne a Bologna
I vini della regione della Champagne sono conosciuti ed
apprezzati in tutto il mondo. Les Champagnes des Vignerons
raggruppa quasi il 100% dei produttori di questo particolare
vino francese e si sono presentati a Bologna per far conoscere
alcune di queste produzioni.
La Masterclass e la degustazione aperta al pubblico si sono
tenute nel suggestivo Palazzo Pepoli in Via Castiglione. Nel
corso della Masterclass, che si doveva prenotare, i dodici
Vignerons selezionati tra i cinquemila aderenti al Sindacato
hanno presentato uno dei loro vini provenienti dalle quattro
regioni entro i confini delle quali si può ottenere ed
appellare il vino Champagne.
Le quattro regioni sono: Vallee de La Marne, Cote des Bar,
Cote des Blancs e Montagne de Reims. In questi territori si
coltivano le uve che danno vita allo Champagne che sono
Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier.
Negli anni i prezzi delle uve hanno subito notevoli variazioni
attestandosi recentemente ad una media di sei euro al
chilogrammo. I dodici Vignerons partecipanti hanno presentato
ciascuno la propria cantina alla Masterclass e successivamente
e’ seguito l’assaggio di tutte le referenze.
A seconda della regione di provenienza si sono alternati nei
nostri bicchieri vini con spiccate sensazioni floreali di
fiori bianchi freschi o evoluti e note fruttate di frutti
bianchi o rossi acerbi o maturi.
Una media di perlage fine e abbastanza persistente e colori
molto belli varianti da giallo con riflessi verdognoli a
giallo oro e nel caso dell’unico Rose’ presentato una
magnifica sfumatura buccia di cipolla.
Alla fine della Masterclass ci siamo spostati nel salone nel
quale i dodici Vignerons avevano allestito i tavoli per la
presentazione e la degustazione di tutti i vini delle loro
cantine.
Mi sono così soffermato ad assaggiare altri vini ed in
particolare i Rose’ assieme ad amici e colleghi giornalisti e
sommelier che mi hanno invidiato molto non essendo riusciti ad
iscriversi in tempo alla Masterclass.
Anche nel caso dei Rose’ i colori hanno spaziato da un rosa
pallido a un rosato intenso, da un rame intenso ad un color
rame scarico al gia’ citato buccia di cipolla.
Questa varietà di toni e sfumature e’ ovviamente dovuto alla
provenienza dei vini da una delle quattro regioni dello
Champagne citate.
I dodici Vignerons che hanno dato vita a questa proficua ed
interessante giornata sono: Jaillant& Co. di Torvilliers,
Masson di Ville sur Arce, Morel di Les Riceys, Boatas & Fils
di Avize, Delong Marlene di Allemant, Pierre Boever et Fils
Tauxieres – Mutry, Guy de Chassey di Louvois, Lutun
Courtagnon, Pierre Malingre di Prouilly, Jerome Blin
Vincelles, Lucien Lemaire di Damery e Laurent Lequart
Passy- Grigny.
di
di
di
di
Voglio ringraziare questi Vignerons che hanno sicuramente
mostrato offrendo in degustazione i loro vini un aspetto
particolare, e forse poco conosciuto alla maggior parte dei
consumatori, della Champagne e spero che la Città di Bologna
che trae origine pure dai
franzosi Galli Boi gli sia
piaciuta. Ma non ho dubbi! Voglio ringraziare la dottoressa
Angelique Petelet per la gentilezza e l’Ambasciata Francese
di Milano.
Umberto Faedi
Anteprima Degustazioni Puglia
L’iniziativa “Anteprima Degustazioni” promossa dal Movimento
Turismo del vino della Puglia in occasione della 50^ edizione
del Vinitaly ha offerto l’occasione non solo di degustare le
novita’ enologiche di una regione sempre in fermento, ma
soprattutto di farsele raccontare direttamente dal produttore.
Iniziamo con l’Antica Cantina, San Severo (Foggia). Ci
troviamo nella parte settentrionale della Puglia nell’agro
Daunio in una delle più antiche cantine della regione, attiva
dal 1933, che trasforma le uve di ben 500 soci, mille ettari
vitati certificati, 3 milioni e mezzo di bottiglie, di cui 70%
rosso ed il rimanente bianco. Una realtà che fonda le radici
nella storia del territorio e
vuole trasmettere al
consumatore il concetto di qualità. Premiata di recente dalla
Camera di Commercio come Azienda longeva di successo con
indice di massima affidabilità; impegnata nella valorizzazione
dei vitigni del territorio e proprio in questo momento sta
cercando
di
ottenere
il
riconoscimento per Montepulciano
di Puglia,
un vitigno
piuttosto presente in Puglia
impiegato per la produzione del
San Severo Rosso Doc, come ci
racconta l’enologo Felice Cota,
ma che non può essere indicato
in etichetta.
Ho focalizzato la mia degustazione sulla linea Castrum che nel
nome riporta la città di San Severo, la quale nel XII secolo
era chiamata proprio “Castrum Sancti Severi”. Questa località
è posizionata al centro dell’Alto Tavoliere, fra le colline
pre-appenniniche della Daunia ed il promontorio del Gargano.
Tre tipologie: bianco, rosato e rosso. Il bianco è ottenuto da
bombino, trebbiano e malvasia. Delicate nuances floreali e
fruttate. In bocca si avverte la percentuale aromatica della
malvasia, unita ad una buona acidità e con ritorni floreali di
gelsomino e fiori di campo. In ultimo emergono lievi note
erbacee. Buona la freschezza e la sapidità. Il rosso ottenuto
da Montepulciano e Sangiovese, pieno il gusto con note
fruttate si intersecano a sentori di confettura, di ciliegia,
tannino evidente con buona persistenza gusto-olfattiva.
Altra linea i Nobiles, un interessante Nero di Troia, maturato
in vasche di acciaio, ricco, austero, si apre con note
fruttate di prugna e mora, amarena. Attacco leggermente
tannico, speziato nel finale. Molto elegante e raffinato.
Proseguiamo con Botrugno di Brindisi, subito notiamo la
scritta che accompagna il logo aziendale, Viti e vini cultori.
Un particolare che significa molto. Incontro il titolare,
Sergio Botrugno, agronomo, Azienda familiare, una delle ultime
cantine private di antica costruzione ancora in attività.
Trenta ettari di vigneto nel Salento, in prossimità del mare
su terreni sabbiosi. Le vigne sono ancora allevate ad
alberello, come è tradizione da queste parti, almeno per chi
desidera raggiungere un’elevata qualità del prodotto ed
insieme un’elevata tipicità. Ci soffermiamo con Minù, un
Minutolo in purezza, diverso dal colore carico con profondità
e carattere, la salinità ed il frutto.
Una interessante
interpretazione del territorio che ha un forte legame con le
caratteristiche geologiche dell’areale. Buona consistenza che
può durare nel tempo. Ed ancora Arcione
che da idea della
tradizione,
alberello di negroamaro, un vino
antico, colore brillante, niente
legno,
vinoso, con sentori frutti
rossi maturi e dopo l’ossigenazione
note di radice di liquirizia. Intenso,
caldo e di buona morbidezza, di media
acidità e, come tutti i vini di
Botrugno, di pronunciata sapidità. Il
tannino un po’ astringente ma in fase
di miglioramento. Una cantina al centro
del paese, aperta tutto l’anno, che vende al dettaglio, export
in Germania. 80mila bottiglie.
Ma il mio viaggio continua….
Piera Genta
Piceno:
scoprire
un
territorio e i suoi vini
La vitivinicoltura rappresenta la migliore espressione del
Piceno. Negli ultimi anni la produzione enologica di questo
territorio che si trova nella parte sud delle Marche, unica
regione italiana al plurale, ha raggiunto importanti traguardi
legati al riconoscimento dei vini originati dai vitigni
autoctoni del territorio.
La Società Cooperativa Agricola VINEA ha sede in Offida che ha
ottenuto la denominazione Doc nel 2001e nel 2011 la Docg e da
tre anni organizza l’evento “Picenopen” con lo scopo di
valorizzare il territorio, i prodotti dell’agricoltura, la
storia e la cultura di questa porzione delle Marche. Le radici
agricole affondano nella storia e hanno avuto sviluppo grazie
soprattutto all’impegno dei produttori. Sono cinquanta i
produttori associati a VINEA e quarantuno le cantine aderenti
al Consorzio Vini Piceni. Molte di queste aziende producono un
gradevole olio di oliva extravergine pure nella versione bio,
olive destinate al consumo come Oliva Tenera Ascolana del
Piceno Dop e presentate nella famosa versione fritta
all’Ascolana nonché una vasta gamma di cereali.
Siamo arrivati a Colli del Tronto per sistemarci in hotel in
attesa di cominciare il tour nelle Colline del Piceno.
Settemilacinquecento sono gli ettari vitati complessivi e le
cantine aderenti al Consorzio sono presenti all’Enoteca
Regionale delle Marche di Offida, nella quale dopo il saluto
del presidente e del direttore del Consorzio partecipiamo alla
degustazione anonima di dodici Passerina Offida Docg annata
2015. La Passerina è uno dei vitigni bianchi autoctoni più
diffusi nel territorio ed è parente stretto del Pagadebit
molto coltivato sulle colline della Romagna. Può essere
vinificato nella versione Igt o Docg, la differenza sta nelle
limitazioni delle rese per ettaro e molti produttori si
orientano verso la Igt.
Le interpretazioni delle Cantine che abbiamo degustato hanno
in comune degli ottimi colori e profumi floreali con diverse
sensazioni al palato. Dopo aver effettuato assaggi nelle
cantine visitate e in occasione della cena di gala la mia
opinione è che allo stato attuale la migliore espressione di
questo vitigno sia nella versione Spumante Brut. Breve sosta e
passiamo all’assaggio anonimo di ventidue proposte di Pecorino
Offida Docg annata 2014. Queste piante amano la collina e
l’esposizione ad est. Media di profumi gradevoli con note
fruttate e floreali e rilevanti sfumature di colori tendenti a
uno splendido dorato. Al palato diverse le sensazioni, rilevo
una costante di acidità comunque accettabile.
Altra sosta e poi via con undici versioni anonime di Rosso
Piceno Superiore dal 2014 al 2011. Media di profumi intensi
con note di bacca rossa, spezie e frutta di bosco. Colori
intensi e marcati, al gusto ho rilevato una realtà che ha
bisogno di proseguire il cammino intrapreso. Chiudiamo la
tornata con l’assaggio di nove Offida Docg Rosso delle annate
dal 2013 al 2009 rigorosamente anonimi come gli altri vini.
Profumi intensi di frutta rossa, frutti di bosco e note
speziate di pepe e tabacco. Al palato si rileva una certa
struttura e una buona persistenza.
La sosta per il pranzo la effettuiamo nei locali dell’Enoteca
e abbiamo la possibilità di assaggiare formaggi e salumi
locali, ottime verdure alla griglia e una gustosa peperonata,
il fritto incluse le famose olive quindi deliziosi ravioli,
ottime lasagne al pomodoro e gli spaghetti di Campofilone.
Baccalà, frittura di pesce, il mare con l’importante porto di
San Benedetto del Tronto è a una manciata di chilometri,
completano il pranzo chiuso da una deliziosa torta. In
abbinamento i vini degustati in mattinata che erano stati
rivelati con apposito elenco. Andiamo a visitare la cantina De
Angelis a Castel di Lama e assaggiamo un Rosato Spumante
Marche Igt davvero gradevole. Passiamo ad una Passerina e ad
un Pecorino ed infine ad un Rosso Piceno. Concludiamo la
visita assaggiando l’olio extravergine ottenuto dagli olivi
delle colline aziendali. Torniamo in hotel e ci prepariamo
alla cena di gala che si tiene ad Ascoli Piceno presso il
Caffè Meletti, storico locale arcinoto per l’Anice fin dal
1800.
Lo chef del Meletti ha preparato come aperitivo un misto di
fritti abbinati a Passerina Brut: davvero un gradevole
mariage. Gli chef marchigiani Moreno Cedroni ed Enrico
Recanati hanno preparato in alternanza le portate che sono
state nell’ordine una oliva Ascolana da comporre, un brodetto
di pesci, crostacei e molluschi con sentori di anice
stellato, ravioli di seppia al vapore imbibiti di brodo
leggero di cumino con Mosciolo selvatico di Portonovo. Il
secondo piatto capretto, caprino e asparagi selvatici ha
preceduto Castagnole ripiene di crema al limone, cremoso di
cioccolato bianco e sorbetto al mandarino. Poi noci, fragole e
lemongrass prima della piccola pasticceria. Le portate sono
state abbinate a seconda della preferenza dei partecipanti che
potevano scegliere nella carta dei vini composta da
trentasette vini delle tipologie Offida Docg Passerina, Offida
Docg Pecorino, Rosso Piceno Superiore Doc e Offida Docg Rosso.
La mattina seguente siamo ritornati all’Enoteca di Offida per
una degustazione retrospettiva di Offida Doc Pecorino 2011. In
degustazione 13 vini tutti anonimi con la nota comune di
bellissimi colori e profumi intensi e floreali. Gusti al
palato ovviamente differenti con una diversità oscillante tra
l’evoluzione forse eccessiva e la giustezza. Pranzo in Enoteca
come il giorno prima con un trionfo di salumi e formaggi,
fritto e olive all’Ascolana e poi ottime tagliatelle coi
porcini, le splendide lasagne, i ravioli. E poi fritto di
pesce, asparagi, verdure grigliate e un’ottima torta. Il tutto
in abbinamento con i vini dell’Enoteca a scelta. Una piccola
sosta e poi siamo andati alla Cantina Cooperativa dei Colli
Ripani a Ripatransone. Moltissimi soci conferitori e
settecento circa gli ettari vitati per questa azienda nata nel
1967.
La grande struttura permette la realizzazione sia di vini
tradizionali che biologici e di una linea dedicata
all’Horeca. Degustiamo una Passerina Spumante molto gradevole
11,50°, una ferma, un Pecorino, un Rosso Piceno Doc e lo
stesso in versione Bio e sono entrambi gradevoli. Davvero
un’ottima impressione. Alcuni vini fanno un passaggio nella
barricata composta da 350 botti e altri evolvono nei tonneaux
da 500 e 1000 oppure nelle vasche di cemento. Ci spostiamo
alla Azienda Biologica Centanni situata a Montefiore dell’Aso.
I giovani nipoti dei fondatori ci fanno degustare una
Passerina Spumante con buoni sentori e bel perlage, una
Passerina Docg 2015 e un Pecorino 2014 13,80° molto fruttato.
Assaggiamo l’olio extravergine originato dalle colline
circostanti dalle quali si vede l’Adriatico davvero gustoso e
chiudiamo la visita con un Marche Rosso Igt 2010 14,50°
davvero sorprendente dedicato ai fondatori della cantina.
La cena di saluto serale si tiene ad Offida presso l’Osteria
Ophis che ha sede nel Palazzo Alessandrini risalente al 1700.
Lo chef presenta una pasticceria salata davvero sfiziosa che
precede carciofi arrosto guarniti da ventricina di Fracassa e
lardo abruzzese. Arriva poi una ricotta cotta con pinoli,
asparagi, caciotta di vacca e zafferano. Un risotto di
primavera molto delicato con finto Taleggio che è un Monte
Piceno ci prepara ad un agnello con salsa di alici, capperi e
tonno e ad un delizioso maiale in agrodolce con patate.
Biscottini Brownies al cioccolato, frutta secca e Varnelli,
biscotti funghetti offidani dei quali si tramanda la ricetta
ma nessuno la rivela. I vini a scelta fra quelli degustati
nelle giornate dell’educational.
Questo educational si conclude con la gradevole impressione di
aver visitato un territorio gradevole che ti da la sensazione
di tranquillità e pulizia, che custodisce storia, cultura e
propone edifici storici rilevanti e non ultimi vini ed olio
extravergine di notevole spessore. Un gradito ringraziamento
a Luigi Massa di VINEA che ci ha sopportato e agevolato in
ogni richiesta, a Tiziana Desantis simpatica e bravissima nel
tradurre tutto il possibile per i numerosi giornalisti
stranieri e al Consorzio, l’Enoteca Regionale di Offida e i
produttori. Il Piceno merita una visita davvero.
Umberto Faedi
Taste
Etna:
week-end
all’insegna del gusto e della
bellezza
Nell’incantevole cornice dell’Esperia Palace Hotel di
Zafferana Etnea si è svolta l’edizione 2016 di Taste Etna,
intensa kermesse culinaria dal programma ricchissimo.
Taste Etna è stato un mix di chef, prodotti del territorio,
paesaggi. Sempre impeccabile e autenticamente cordiale
l’accoglienza del padrone di casa Seby Sorbello, presidente
dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, e della sua
incredibile mamma Enza Cutuli che di questo luogo è la vera
anima.
Si è iniziato con i cooking show di Giuseppe Raciti di Zash
(Riposto) che ha presentato il suo “polpo croccante ai sapori
della terra del Vulcano”, un polpo cotto con aglio e rosmarino
in padella per due ore e accompagnato da macco di fave e
finocchietto. A seguire Moreno Emmi di Talè (Piedimonte Etneo)
che ha presentato “Il latte di cavaddro” con ragusano Dop su
crema di asparagi selvatici e mozzarella, tartare di gambero e
salsa agrodolce all’arancia, cialda di pistacchio di Bronte e
crumble d’acciughe.
Poi la volta di Giuseppe Nicotra di Terra e Sorsi di Nicosia
(Trecastagni) che, invece, propone la carne: un filetto di
maiale cotto a basse temperature, affinché mantenga tutta la
sua naturale e gustosa succulenza, bardato al pistacchio di
Bronte e composta di agrumi. Andrea Macca di Donna Carmela
(Riposto) ha proposto un piatto che fa l’occhiolino al
Giappone: un polpo in salsa teriyaki siciliana, fatta con
riduzione di mosto di Nerello Mascalese, aceto di casa e salsa
di soia, con salsa di patate all’agro e té matcha. Originale e
decisamente a chilometro zero il piatto di Lina Castorina di 4
Archi (Milo): un’arancina farcita con il cavolo trunzo di Aci,
una specialità dell’orto divenuta Presidio Slow Food,
un’eccellenza da riscoprire e valorizzare.
Il giorno dopo si è cominciato con Peppe Arcidiacono di In un
angolo di mondo (Acireale) che stuzzica il palato con una
‘mpanata’ con impasto a lunga lievitazione di farina da grani
antichi siciliani farcita con cavolo trunzo stufato in
padella, formaggio pepato fresco, olive nere. Dopo è stata la
volta di Seby Sorbello del Parco dei Principi (Zafferana
Etnea) che ha strappato alla platea più di un applauso con “La
triglia nel giardino dell’Etna”, un piatto che non ha stagione
e racchiude in sé la parte emersa e la parte sommersa del
Vulcano che lascia, attraverso gli scogli di pietra lavica, la
sua impronta anche a mare; un filetto di triglia di scoglio,
passato in una pastella di birra e farina di tumminia e poi
fritto in olio evo e adagiato su un leggero purè di sedano
rapa e accompagnato con verdure di stagione appena scottate:
una delizia! E poi Seby ci ha stupito con un dolce, un omaggio
alla mela cola dell’Etna servita in forma di gelato, di
soufflé e di composta: mai il frutto del peccato fu così
tentatore!
Elia Russo di Villa Neri (Linguaglossa) ha proposto un mignon
di maialino nero cotto a bassa temperatura, souté di cime di
rapa e spuma di macco di fave ai semi di finocchio riccio.
Giovanna e Santo Musumeci della pasticceria Musumeci
(Randazzo), padre e figlia, hanno presentato “L’evoluzione del
cannolo”, un dessert composto da una cialda di cannolo sulla
quale si adagia una mousse di ricotta; e poi, a sorpresa, un
gelato gastronomico al pecorino con composta di cipolle e
composta di pere conference che può essere un originale
antipasto o un buon finale.
Infine Marco Cannizzaro di Km. Zero (Catania) cui va il merito
di rivalutare un pesce, a torto, troppo spesso ritenuto
povero: l’alalunga; il suo piatto è stato una crema di
finocchi sul fondo del piatto, agro di lamponi, l’alalunga
cucinata in padella e finita in forno (con una percentuale del
10 per cento di vapore), due foglioline di menta e la cipolla
in agrodolce.
Di contorno ai cooking show tanti corner di produttori
d’eccellenza: i salumi da maialino nero, le bibite
tradizionali, marmellate e oli bio, formaggi tipici. La parte
alcolica è curata dall’eccellente sommelier Mauro Cutuli che
guida le degustazioni di birre artigianali e vini dell’Etna.
Certamente chi ha avuto la fortuna di partecipare ha vissuto
due giornate di puro godimento.
Anna M. Martano
Elba: Aleatico e non solo
Ritrovare e recuperare i territori che già più di 2000 anni fa
erano coltivati a vite, far comprendere la tipicità dei suoi
vitigni autoctoni e la resa di quelli alloctoni, parlare di
abbinamenti con
le tradizioni gastronomiche dell’isola: è
questa la finalità di ElbAleatico la manifestazione che si è
svolta all’isola d’Elba domenica 17 aprile nella parte storica
di Portoferraio.
L’Elba, la più grande isola dell’Arcipelago toscano vista non
solo come meta di vacanza estiva ma come ciò che realmente è,
con la sua grande storia, le sue coltivazioni, la sua cultura.
Oggi in molti credono che l’isola non territorio vocato alla
coltivazione della vite perché la macchia mediterranea ha
preso il sopravvento sui circa 5000 ettari un tempo dedicati
alla sua coltivazione ma Plinio il Vecchio:ne parlava come :
“Isola feconda di vino”.
Oggi 250 ettari è ciò che rimane di quella storia ma la voglia
di tornare a fare vino è tornata: “Non c’era casa che non
avesse la sua vigna, vigna che arrivava quasi sulla porta di
casa – racconta Antonio Arrighi durante la presentazione della
manifestazione e dei vini elbani alla delegazione di
giornalisti di Arga
manifestazione.
Toscana
che
sono
intervenuti
alla
E che l’isola sia stata “feconda di vino” lo dimostrano anche
i recenti ritrovamenti a San Giovanni di una fattoria dove
sono state trovate grandi anfore in terracotta contenitori di
vino. E da qualche anno anche Arrighi ha iniziato a produrre
vino conservandolo nella terracotta con risultati di assoluto
rispetto.
ElbAleatico ha puntato sul prodotto tipico dell’isola,
l’aleatico un vitigno semiaromatico a bacca nera che all’Elba
regala un meraviglioso Elba Aleatico Passito.
Aziende e vigneti sono presenti in tutte le zone dell’isola,
ognuna con le sue caratteristiche, con la sua conformazione,
la diversità dei suoli che influisce sui vini e dona profumi e
sapidità.Tratti di pianura che degradano al mare, colline
assolate e ventose, colline riparate dai venti, montagna è
questo il panorama che l’Elba aveva e sta riacquistando con
fatica anche perché il Parco in cui è immersa vigila
attentamente su ogni richiesta di recupero dei vecchi
terrazzamenti che erano il paesaggio tipico di quest’isola a
41 miglia dalla costa toscana.
I vini bianchi tradizionali come l’Ansonica vitigno
assolutamente “mediterraneo”dalla buccia spessa e resistente,
il Procanico (trebbiano toscano) , il Vermentino, il Moscato,
Sangiovese e Aleatico oggi troviamo varietà come il Viogner,
lo Chardonnay, Merlot e il Sirah.
Susy Macchioni sommelier della delegazione AIS Isola d’Elba è
stata l’eccellente il tutor della delegazione di giornalisti
ARGA Toscana durante la degustazione
dei vini: dall’Elba
Bianco, all’Elba Ansonica, al Vermentino dell’Elba, all’Elba
rosso e l’Elba Rosso Riserva, al magnifico Rosato per finire
con il l’aleatico passito. Menzione speciale della delegazione
per i passiti dell’azienda Acquabona e de La Galea una mini
produzione con affinamento in acciaio che rimanda tutta la
magia che l’Aleatico passito può regalare.
16 i produttori del Consorzio di Tutela Vini Elba Doc:
Acquabona, Acquacalda, Allori Guido, Arrighi, Cecilia, la
Chiusa, La fazenda, La Galea, Le Ripalte, Le Sughere,
Mazzarri, Mola, Montefabbrello, Sapereta, Terre del Granito,
Valle di Lazzaro.
Insieme ai vini anche le specialità agroalimentari dell’isola
che i migliori chef hanno preparato per la manifestazione, su
tutte le seppiette col nero su pappa al pomodoro e crema di
burrata.
Al centro del chiostro che ospitava la
manifestazione l’isola dei dolci con le tipiche produzioni
elbane prime fra tutte la “stiaccia briaca” prodotta con
l’Aleatico, un dolce da fine pasto da gustare proprio con
questo vino passito. Due le versioni quella di Capoliveri,
come quella ottima di Alessio Baldetti e di sua moglie Maria
Grazia che segue una ricetta tradizionale con farina, olio
extra vergine di oliva, pinoli, noci, mandorle, scorza di
arancio e di limone fresca, Aleatico e quella di Rio Marina
che vede l’aggiunta di Alchermes.
Roberta Capanni
Istruzioni per l’uso nella
comunicazione
dell’agroalimentare
A Verona, in una tavola rotonda promossa dall’Ufficio Stampa
del Consorzio Prosecco Doc su «L’Agroalimentare patrimonio del
made in Italy. Istruzioni per l’uso nella comunicazione ai
giorni nostri», numerosi tecnici della materia hanno esposto
il loro punto di vista sul senso e sul valore della
comunicazione nel settore
dell’agroalimentare italiano.
Come fare una “buona” comunicazione e quali dovrebbero essere
gli ingredienti necessari è la tematica discussa ieri, 11
aprile 2016, al Padiglione Prosecco Doc – Prosciutto San
Daniele Dop del Salone Vinitaly, con moderatore Pier Battista
Bergonzi, vice direttore de ‘La Gazzetta dello Sport’ e
curatore della rubrica ‘GazzaGolosa’, oltre che scrittore e
sommelier AIS.
Al dibattito hanno partecipato Stefano Zanette presidente del
Consorzio Prosecco Doc, Mario Emilio Cichetti direttore del
Consorzio Prosciutto San Daniele, Alessandro Regoli direttore
di ‘WineNews’, Tiziano Marson capo redattore de ‘La Tribuna di
Treviso’, Sissi Baratella del Blog ‘GardiniNotes’ e Luca Giavi
direttore del Consorzio Prosecco Doc.
Attraverso richiami alle proprie esperienze personali e
raffronti con la storia del giornalismo, i conferenzieri si
sono confrontati sulla “idea” di un buon giornalismo, che
abbia efficacia non solo in termini di “notizia” bensì di
“presa” sul pubblico che si vuole raggiungere, giacché oggi,
al tempo dei social, il mondo della comunicazione è
completamente cambiato.
Pier Bergonzi, introducendo il tema, ha voluto specificare che
alcune regole auree valgono sempre per una notizia, e sono
essenzialmente tre: verifica, qualità, originalità,
insegnare bene nelle scuole di giornalismo.
da
Per Alessandro Regoli “servono responsabilità e buon senso”.
Ha espresso l’impressione “di vivere una sorta di
proibizionismo di ritorno”, perché gli sembra eccessiva la
tendenza a “demonizzare” il consumo del vino, per tenere, ad
esempio,
i
giovani
lontani
dall’alcol. “Serve un’informazione
che induca comportamenti virtuosi,
consumi moderati e consapevoli”,
magari insegnando ad abbinare il vino
alle pietanze, e dissuadendo dal bere
a stomaco vuoto. “Anche associare il
consumo di vino al divertimento e
agli eventi culturali porta un messaggio più adeguato”.
Mario Emilio Cichetti, del Consorzio San Daniele,
ha
confidato: “ci aspetteremmo dai media una maggior cura nel
dare le notizie. Purtroppo il settore agroalimentare in Italia
il più delle volte viene ripreso dai media solo in termini
folkloristici o scandalistici”.
Tiziano Marson ha spiegato la sua posizione da giornalista:
“Comunicazione e informazione sono due cose ben distinte. Noi
facciamo informazione quindi
selezioniamo tra le tante
notizie che ci arrivano in redazione quelle che reputiamo
interessanti per i nostri lettori. E siamo consapevoli
dell’impatto che una notizia non verificata potrebbe avere a
livello internazionale oggi che le testate locali, tramite il
web, in poche ore possono rimbalzare a New York o a Hong Kong.
Ma questo non ci deve dissuadere dal pubblicare notizie che
noi riteniamo di pubblico interesse”.
A conclusione del confronto di opinioni, il presidente del
Consorzio Prosecco Stefano Zanette, con allusione alle
molteplici notizie che periodicamente sconvolgono il mondo
enogastronomico Made in Italy, ha commentato: “a mio avviso,
un ingrediente necessario per fare giornalismo è la curiosità.
Smascherare vicende negative è una delle cose che ci si
attende dal “buon giornalismo” e noi siamo favorevoli ad una
corretta informazione e disposti a collaborare”.
Maura Sacher