codice agricolo - idaic
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CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE-CNR ISTITUTO DI DIRITTO AGRARIO INTERNAZIONALE E COMPARATO-IDAIC UN’ALTRA IPOTESI DI SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA Il decreto legislativo di riordino delle normative sull’attività agricola e il correlato d.P.R. Proposta di un CODICE AGRICOLO a cura di Alberto Germanò con la collaborazione di Giuliana Strambi 30 dicembre 2011 1 2 PRESENTAZIONE 1. A seguito della legge 28 novembre 2005 n. 246, con cui il Parlamento aveva delegato al governo il compito di emanare leggi di semplificazione in un largo spettro di materie tra cui l’agricoltura, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Ministro l’on. Luca Zaia; Governo, on. Silvio Berlusconi) con decreto del 2 settembre 2009 affidava all’IDAIC (e, per esso, ai proff. Alberto Germanò, Luigi Costato, Ettore Casadei, Eva Rook Basile, Giulio Sgarbanti, Paolo Borghi, Ferdinando Albisinni e Pier Luigi Petrillo) il compito di predisporre, in sinergia con l’Ufficio legislativo dello stesso dicastero (cons. Sergio De Felice), uno schema di decreto legislativo e un correlato schema di regolamento in cui venissero riprese e riordinate le varie disposizioni statali contenute in più testi normativi sulla materia dell’agricoltura, limitate, però, all’oggetto dell’attività agricola. Invero, la vastità della normazione italiana sull’agricoltura aveva sconsigliato 1 di ripetere il tentativo di rifare un “codice agricolo” , restringendo l’opera di semplificazione della materia dell’agricoltura ai più rilevanti dei suoi oggetti: le figure degli imprenditori agricoli e delle loro attività connesse fino alla vendita dei prodotti agricoli; le società agricole; i contratti agrari; la formazione di un’azienda agricola di estensione adeguata, anche attraverso l’acquisizione della terra per successione o per prelazione, tutti istituti che fanno parte dello “ordinamento civile” di competenza esclusiva dello Stato. Peraltro, l’opportunità che il progettato riordino e riassetto della disciplina dell’attività agricola fosse completo suggeriva l’inserzione nella legge di semplificazione di alcune norme pubblicistiche, cioè quelle dirette: alla valorizzazione dello spazio in cui operano gli imprenditori agricoli, compresa l’architettura delle case rurali; all’affermazione della libertà di esercitare anche colture transgeniche; alla formazione della proprietà contadina quale base dell’azienda agraria; alla contrattazione programmata in agricoltura; al Sistema informativo agricolo nazionale o SIAN, tutte “materie” di competenza statale o esclusiva o concorrente. Nell’operazione di riordino era, infine, necessario predisporre uno schema di DPR in cui fossero delegificate disposizioni già contenute in leggi ma sostanzialmente di natura regolamentare, mentre alcune disposizioni già regolamentari venissero, invece, inserite nello schema di decreto legislativo di riordino per la loro vera sostanza legislativa. Fra i primi problemi da risolvere, i più rilevanti sono risultati sia quello della scelta dell’inserimento, nell’interno dello stesso codice civile, di alcune disposizioni del progettato decreto legislativo di riordino e semplificazione, sia quello della trasmigrazione, nel nuovo decreto legislativo, di alcuni articoli del codice civile. I passaggi più significativi di tale dibattito, prima all’interno del gruppo dei giusagraristi, poi nella dialettica Ufficio legislativo del MiPAAF e IDAIC, quindi nel corso delle riunioni pre-consiglio dei ministri fra gli uffici legislativi dei vari ministeri, meritano di essere ricordati. Punto di partenza era la constatazione che nello schema di decreto legislativo sarebbero state riprodotte numerose norme di una vasta legislazione speciale, che si potevano distinguere in due grandi categorie: norme definitorie e norme incentivanti. Orbene, vere norme definitorie erano quelle che attenevano alle modifiche/integrazioni degli articoli del codice civile del 1942 sul coltivatore diretto, sulle attività connesse e sull’iscrizione degli agricoltori nel registro delle imprese: queste sarebbero potute ben essere “integrate” nel codice civile. Invece, le più o meno recenti, ma pur sempre “nuove” norme emanate dopo 1942, cioè le norme sugli imprenditori agricoli professionali, gli imprenditori agricoli giovani, le società agricole, le attività connesse di tipo agrituristico, l’imprenditore ittico, pur essendo disposizioni per lo più di natura privatistica, erano disposizioni incentivanti e normativamente fiscali. Questa constatazione era stata la ragione per la quale, nella primitiva formulazione dello schema di decreto legislativo, si era addivenuti all’idea di lasciare “fuori” dallo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione le varie norme fiscali, suggerendo che esse avrebbero potuto e dovuto costituire un “altro” eventuale decreto legislativo di riordino e di semplificazione della materia agricola sotto il diverso profilo tributario, ma il Ministero dell’economia e delle finanze ha escluso siffatta prima formulazione dello schema di decreto legislativo. Quando, poi, si è provveduto ad ottemperare al suggerimento del Ministero dell’economia, il Ministero della giustizia ha escluso che gli articoli, nuovamente riformulati e “intrisi” di norme fiscali, fossero degni di essere integrati nel Codice civile. Rimaneva una concordanza sull’inserzione, nel codice civile, soltanto di tre disposizioni definitorie che risultavano essere integratrici dei tre corrispondenti articoli codicistici. 1 Già tentato e formalizzato in uno schema di decreto legislativo che non ha avuto la sorte di essere approvato dal Consiglio dei ministri prima della fine della legislatura. Il successivo governo (Ministro per le politiche agricole, on. Paolo De Castro; Governo, on. Romano Prodi) non ha ritenuto opportuno presentarlo per l’approvazione. Il testo, di 776 articoli distribuiti in undici libri, come predisposto dall’IDAIC con la collaborazione di settanta fra docenti e cultori del diritto agrario, è pubblicato, a cura di A. Germanò, nella Collana dell’IDAIC con il n. 58, sotto il titolo “Studio per un progetto di Codice agricolo”. 3 Va aggiunto che analoghe considerazioni erano state rilevate per gli articoli sul compendio unico, sull’esercizio dell’attività di agricoltura biotecnologia, sulla prelazione: anche di essi si discuteva, ma con 2 minore asprezza, sull’inserzione in o fuori del codice civile , concordando sul loro mantenimento in uno schema di decreto che avesse sì il tratto di una “collezione” di sparse norme e del riassetto di ciò che “residuava” da una vasta legislazione speciale, ma che fosse un insieme di norme che, poste fuori del codice civile, formassero, in modo organico e intrinsecamente connesso, un “codice di settore”. Si era addivenuti a rilevare che il fil rouge delle norme che andavano riordinate era, invero, l’esercizio dell’attività agricola da parte di “specifici” soggetti (iap, giovani, società) su un terreno che, per la sua estensione e per il mantenimento della sua consistenza, fosse economicamente adeguato (compendio unico) anche per effetto del suo accrescimento per prelazione, per l’esercizio dell’attività imprenditoriale fino all’alienazione dei prodotti (vendita dei prodotti agricoli), in un’area rurale in cui i detti soggetti operavano secondo canoni dignitosi di vita e di abitazione (tipologia degli edifici rurali “antichi”) e di esercizio di una pluriattività (agriturismo) rispondente alla multifunzionalità dell’agricoltura. Altro problema era poi quello di risolvere la questione del mantenimento, “dentro” il codice civile, delle norme sui contratti agrari ancora in esso comprese, oppure dell’opportunità di riordinarle “fuori” del codice. Si era, allora, osservato che quasi tutte le disposizioni sull’affitto erano già fuori del codice civile (trattasi della legge 203/1982), sicché si addiveniva alla conclusione di portare “fuori” le poche disposizioni non-obsolete ormai rimastevi. Ad analoga conclusione si perveniva con riguardo al contratto di soccida: per rispondere alla costruzione sistematica di un unico autonomo testo normativo di settore, appariva utile portare “fuori” del codice civile anche tutte le disposizioni sulla soccida che, accorpate, avrebbero trovato anch’esse posto in un testo extra codicem, con conseguente abrogazione degli articoli da 1629 a 1631, da 1634 a 1649, 1652, 1654 e da 2141 a 2187 del codice civile. D’altronde, la finalità della semplificazione legislativa è anche quella di offrire un unico testo normativo che contenga tutte le disposizioni rilevanti – nel caso di specie – per l’esercizio dell’attività imprenditoriale agricola. In sostanza, nel corso degli incontri con e fra gli uffici legislativi dei vari ministeri si era provveduto a formulare uno schema di decreto legislativo che tenesse distinte le tre norme integratici del codice civile da tutte le altre, dandosi così luogo a un micro-sistema legislativo incentrato su una logica di settore al fine di dare unità e coerenza a gran parte della disciplina dell’agricoltura. Così venivano presentati al Consiglio dei Ministri i due schemi di decreto legislativo e di regolamento che l’IDAIC aveva predisposto nel rispetto dei principi e dei criteri della legge delega, schemi che si articolavano in testi redatti sulla base delle formule normative originarie, dato che la legge-delega limitava i “poteri innovativi” all’eliminazione delle duplicazioni, alla soluzione dei contrasti giurisprudenziali e alle riformulazioni formali. Tuttavia nella relazione di accompagnamento si faceva presente che talvolta, per la necessità di un riassetto sistematico, era stato fatto ricorso all’introduzione di norme nuove, comunque poche di numero o dirette alla legificazione di norme originariamente regolamentari ma sostanzialmente di rango legislativo e alla delegificazione delle norme originariamente legislative ma sostanzialmente regolamentari. Lo schema (definitivo) di decreto legislativo di riordino e semplificazione delle normative sull’attività 3 agricola così si componeva di sette titoli: il primo dedicato alle integrazioni al codice civile ; il secondo alle 4 5 qualifiche soggettive ; il terzo alla disciplina delle aree agricole ; il quarto alla proprietà terriera e alle 2 Il Consiglio di Stato, alla pag. 17 del suo parere del 24 febbraio 2010, ha dichiarato di rimettere “al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l’adeguata ponderazione e la considerazione per cui l’opera di riordino di norme primarie qui al vaglio può meritare – se non in questa sede, in sede di successivo intervento di integrazione e correzione –, quanto a disposizioni private, la dignità di integrazione nel Codice civile in luogo della collocazione che qui è stata rappresentata”. 3 Nell’ultima stesura il Titolo I, rubricato “Delle integrazioni al codice civile”, contiene la definizione di coltivatore diretto e riguarda le attività connesse di produzione e cessione di agroenergie e l’iscrizione degli imprenditori agricoli nel registro delle imprese. 4 Nell’ultima stesura il Titolo II, rubricato “Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli”, si svolge in dieci Capi, riguardanti gli imprenditori considerati agricoli e quelli equiparati agli agricoltori; l’imprenditore agricolo professionale; l’imprenditore agricolo giovane; le società agricole; l’attività connessa agrituristica; l’attività di ricezione e di ospitalità lungo i percorsi delle strade dell’olio, del vino e degli altri prodotti agricoli tipici; le figure dell’imprenditore ittico e dell’acquicoltore e le attività connesse all’impresa ittica; la vendita diretta al dettaglio e per via telematica dei prodotti agricoli; il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), l’anagrafe delle imprese agricole e il fascicolo aziendale. 5 Nell’ultima stesura il Titolo III, rubricato “Della disciplina delle aree agricole”, contiene disposizioni sulla gestione e sulla tutela dello spazio rurale anche attraverso la contrattazione programmata territoriale; lo sviluppo delle zone agricole a vocazione turistica; l’architettura rurale; la difesa della biodiversità; la tutela risarcitoria dei danni provocati alle colture agricole dalla fauna selvatica. 4 6 7 8 9 strutture agrarie ; il quinto ai contratti agrari ; il sesto alle abrogazioni ; il settimo sule disposizioni finali . Il correlato schema (definitivo) del DPR di attuazione del decreto legislativo di riordino e semplificazione si 10 articolava in cinque Titoli, corrispondenti ai titoli del testo del decreto legislativo . Esso conteneva sia disposizioni di origine regolamentare, sia disposizioni di fonte legislativa che erano state delegificate, tenendo conto della delega e dei pareri del Consiglio di Stato per altri codici di settore. ll testo definitivo del decreto legislativo di riordino è stato approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Nella stessa data è stato approvato il testo definitivo del correlato DPR. Dopo l’approvazione del Governo i testi sono stati trasmessi, per il loro parere e per le loro osservazioni, alle Commissioni Agricoltura del Senato e della Camera dei Deputati, al Consiglio di Stato, alla Commissione bicamerale sulla semplificazione e alla Conferenza Unificata Stato-Regioni. Esprimevano le loro osservazioni: la Commissione Agricoltura del Senato (26.1.2010); la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati (27.1 e 19.10.2010); il Consiglio di Stato (24.2.2010); la Conferenza unificata Stato-Regioni (29.4.2010); la Commissione bicamerale per la semplificazione(24 febbraio 2010; considerazioni riportate nella lettera al MiPAAF del 7 dicembre 2010 e del 20 luglio 2011). Venivano espresse osservazioni dai funzionari delle Regioni, dell’UPI e dell’ANCI negli incontri dei giorni 8, 19 e 27 gennaio 2010. Venivano manifestate considerazioni dal Servizio Studi "Documentazione per l’esame di Atti del Governo" (dossier del 19.1.2010). Venivano trasmesse note scritte alle Commissioni parlamentari da: la Confederazione Generate dell'Agricoltura Italiana (19.1.2010); il Consiglio Nazionale del Notariato (20.1.2010); il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (20.1.2010); l’Unci Coldiretti (20.1.2010); l’A.G.C.I. Agrital, Federcoopesca, Lega Pesca, Un.l. Coop Pesca (21.1.2010); le Confcooperative (25.1.2010); il CONFAI Confederazione 11 Agromeccanici (28.1.2010); l’Associazione Piscicoltori Italiani; l’ISMEA (1.3.2010) . Nonostante i giudizi sostanzialmente favorevoli delle Commissioni Agricoltura del Senato (26 gennaio 2010), del Consiglio di Stato (24 febbraio 2010) e della Commissione bicamerale sulla semplificazione e nonostante il giudizio lusinghiero della Conferenza Stato-Regioni reso il 29 aprile 2010, il ritardo con cui quest’ultima istituzione si è pronunciata ha impedito che il Consiglio dei Ministri approvasse in seconda seduta i testi suindicati prima del cambio del Ministro per le politiche agricole alimentarti e forestali. Con il nuovo Ministro (on. G. Galan) l’iter ha subito una stasi, sebbene l’IDAIC, sollecitato dall’Ufficio legislativo del MiPAAF (alcuni membri dello stesso gruppo di studio, con la collaborazione della dott. Giuliana Strambi, ricercatrice CNR assegnata dal 1° aprile 2010 all’I DAIC) avesse già predisposto nuovi testi riformulandoli, là dove fosse necessario, sulla base delle osservazioni sollevate dagli organismi suindicati. Solo con il nuovo Ministro (on. Saverio Romano) l’iter ha ripreso la sua corsa, in vista della data di scadenza della delega (16 dicembre 2011). I nuovi testi venivano inviati alle competenti Commissioni parlamentari mentre l’Ufficio legislativo del MiPAAF (avv. gen. Filippo Bucalo) disponeva un incontro con le varie organizzazioni professionali in materia di agricoltura (9.11.2011), nel corso del quale venivano ascoltate la Confagricoltura, 6 Nell’ultima stesura il Titolo IV, rubricato “Della proprietà terriera e delle strutture agrarie”, contiene disposizioni sul compendio unico, sulla prelazione, sulla bonifica, sulla conservazione delle unità produttive, sulla formazione della proprietà coltivatrice. 7 Nell’ultima stesura il Titolo V concerne i contratti agrari dell’affitto di fondo rustico a coltivatore diretto e a conduttore, dell’affitto di azienda agricola, dei residui contratti di mezzadria e colonia, della soccida, dei contratti di assicurazione in agricoltura e dei contratti agrari di tipo enfiteutico. 8 Nell’ultima stesura il Titolo VI contiene l’esplicita abrogazione di 63 complessi normativi costituiti sia da intere leggi che da singoli articoli o commi di leggi precedenti. 9 Nell’ultima stesura il Titolo VII contiene le disposizioni finale e finanziaria e quella sull’entrata in vigore. 10 Nella definitiva versione il correlato DPR si compone di cinque titoli: il Titolo I “Dell’impresa agricola” è correlato alle disposizioni del decreto legislativo sulla produzione e cessione delle agroenergie, sugli imprenditori agricoli giovani, sull’attività dell’agriturismo, sulle strade del vino e dell’olio, sulla filiera ittica, sulla carta dell’agricoltore e del fascicolo aziendale; il Titolo II “Della disciplina delle aree agricole” è correlato alle disposizioni del decreto legislativo sulla gestione dello spazio rurale, sull’architettura rurale e sulla biodiversità e agricoltura transgenica; il Titolo III “Della proprietà terriera e delle strutture agrarie” è correlato alle disposizioni del decreto legislativo sulla ricomposizione fondiaria e sulla documentazione di rito occorrente ai fini della concessione dei mutui per la formazione della proprietà coltivatrice; il Titolo IV “Della contrattazione agraria” contiene disposizioni sull’annata agraria e sulle Commissioni tecniche provinciali. Il Titolo V contiene le disposizioni finali. 11 Tutti i pareri, le osservazioni e le note scritte sono raccolti in un unico contenitore che, sotto la collocazione “A-5971”, fa parte della Biblioteca dell’IDAIC. 5 la Coldiretti, la CIA, la Confcooperative, la Federazione nazionale della proprietà fondiaria e l’ISMEA, le 12 prime tre tendenzialmente “avverse” ai detti testi perché formulati senza previa “concertazione” . Il 29 novembre 2011, il nuovo Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali (dott. Mario Catania; Governo, sen. Mario Monti), “considerata la difficoltà di pervenire, in tempi rapidi, ad un componimento delle diverse posizioni espresse dai vari soggetti coinvolti, in primis, dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative”, ha manifestato alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati “l’impossibilità di compiere un esame approfondito e completo dei testi in esame entro il termine di scadenza della delega, ovvero entro il 16 dicembre 2011” e quindi, “nella consapevolezza dell’importanza di realizzare un riordino della normativa esistente in materia agricola anche al fine di fornire agli operatori del settore un quadro giuridico di riferimento certo”, ha reso noto “l’intenzione di proporre una nuova norma di delega che possa consentire, a tutti gli interessati, di confrontarsi, con spirito dialettico e collaborativo, sulle questioni connesse al riordino della normativa esistente per giungere alla redazione di un codice agricolo che sia realmente un efficace e utile strumento di semplificazione”. Conseguentemente la Commissione parlamentare ha sospeso l’esame dei testi. Così non è stato dato compimento al progetto di semplificazione della normativa agricola che tendeva a risolvere il problema che teorici e pratici desideravano che venisse risolto, quello di avere un corpus unitario di norme che ne facilitasse l’individuazione e l’applicazione. Soprattutto gli operatori economici dell’agricoltura si rendono, infatti, conto della differenza, a loro danno, del sistema “disordinato” di fonti legislative che disciplinano in Italia la loro attività rispetto a quello organizzato in forma “semplice” di cui invece godono i loro omologhi che esercitano la stessa attività negli altri Stati membri dell’Unione europea, 13 con una non irrilevante ricaduta nella gara concorrenziale sul mercato europeo e internazionale . 2. I testi del Decreto Legislativo e del DPR, come riformulati dopo le osservazioni, sono esposti in una tavola di concordanza in tre colonne: la prima riporta le norme originarie da cui sono state riprodotte le formule degli schemi di D.Lgs. e di DPR approvati dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009; la seconda riporta le norme approvate dal detto Consiglio dei Ministri; la terza riporta le nuove norme come riformulate sulla base delle suindicate osservazioni e considerazioni. E’ sembrato necessario inserire anche la prima colonna per l’opportunità di valutare de visu e in via immediata la conformità dei testi riformulati alle norme originarie, dato che i testi che vengono proposti devono – per gli strettissimi limiti imposti dalla legge delega – essere perfettamente conformi alle norme originarie. Infatti, i testi che si propongono sono – ripetesi, in forza della legge delega – una sorta di Testo Unico e non già di un testo legislativo a mo’ di codice. Le differenze tra le norme riportate nella terza colonna (cioè, le nuove norme) e quelle riportate nella seconda colonna (cioè, le norme approvate dal CdM l’11.12.2009) sono immediatamente avvertibili, perché gli articoli o i commi o gli incisi o le singole parole riformulati sono scritti in rosso. Nella prima colonna possono risultare anche inserite quelle considerazioni che i compilatori dei testi avevano espresso nel momento della presentazione degli schemi al CdM dell’11.12.2009 e che appaiono ancora utili per valutarne la sostanza e la forma. Invece, al termine di ogni articolo ma al di fuori delle colonne sono riportate, con evidenziazione a colori del soggetto-organo che le ha proposte, le osservazioni che sono state sollevate. Per ciascuna di tali osservazioni sono spiegate le ragioni per le quali le stesse sono state o accolte o rifiutate. In tale ultima ipotesi, le formule della terza colonna (cioè, le nuove norme) 12 L’Ufficio di Gabinetto (dott. Giuseppe Ambrosio) e l’Ufficio Legislativo (cons. Sergio De Felice) del MiPAAF avevano ritenuto non-necessaria la “concertazione”, non tanto perché la legge delega non la prescriveva, ma soprattutto perché essa imponeva la raccolta, la sistemazione e il riordino di norme già vigenti e nella loro formulazione originaria. Si era prevista, invece, una consultazione con le organizzazioni professionali agricole in un incontro diretto tra esse, il MiPAAF e l’IDAIC, solo dopo che il Ministero avesse ottenuto tutti i pareri obbligatori (Commissioni parlamentari, Consiglio di Stato, Conferenza Stato-Regioni) al fine della migliore formulazione dei testi da presentare al CdM per la seconda e definitiva approvazione. Per il momento temporale del suo svolgimento essa sarebbe servita ad excludendum formule utilizzate e non già ad includere nel testo formule nuove. 13 Probabilmente sarebbe stata opportuna, da parte di tutti, la previa lettura del volume di B. G. Mattarella, La trappola delle leggi. Molte, oscure, complicate, Bologna, 2011, in cui viene illustrato, come rimedio principale, la “codificazione” in una delle diverse forme da essa assunte, utilizzata per “governare” la trasformazione del diritto italiano. Avendo un testo già pronto, già approvato in prima lettura, già giudicato favorevolmente soprattutto dal Consiglio di Stato, dalla Conferenza Stato-Regioni e dalla Commissione bicamerale per la semplificazione, già riesaminato e accompagnato da una lunga relazione, forse sarebbe convenuto avere il nuovo “giudizio” della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, soprattutto ben consapevoli tutti – i politici, i sindacati e i giuristi – che, entro i successivi due anni, si sarebbero potuto correggere, modificare e integrare i due testi. 6 sono perfettamente identiche alle formule della seconda colonna (cioè, le norme approvate dal CdM l’11.12.2009). 3. Per comprendere l’accettazione o il rifiuto dei vari suggerimenti di modifica e/o integrazione occorre tenere a mente che la legge delega non consente al Governo di modificare i testi normativi originari dato che i “poteri innovativi” sono stati limitati alla eliminazione delle scarse duplicazioni e alla soluzione dei contrasti giurisprudenziali. Di conseguenza, gli schemi di decreto legislativo di riordino e semplificazione delle normative nella materia dell’agricoltura e il parallelo DPR di esso attuativo sono il riassetto delle norme statali vigenti. Non comprendono, dunque, né norme di regolamenti comunitari di per sé immediatamente 14 obbligatorie, né norme statali cedevoli perché di competenza regionale . E gli schemi di decreto legislativo di riordino e semplificazione delle normative nella materia dell’agricoltura e il parallelo DPR di esso attuativo sono redatti, quasi sempre, sulla base delle formule originarie, poiché di regola non risultano compiuti “aggiustamenti”, essendo contenuta al minimo la possibilità di operare riformulazioni formali, e ciò al fine di perseguire lo scopo della legge-delega che è quello del “riassetto” delle disposizioni vigenti e non già dell’introduzione di modifica delle normative. In sostanza, come si è detto e come conviene ripetere per evitare che si possa cogliere l’occasione di una siffatta legge agricola per inserire nuove disposizioni nel sistema legislativo italiano, l’insieme dei testi ha la sostanza di un Testo Unico piuttosto che di un nuovo testo legislativo. 4. In particolare, poi, è necessario riferire che nella riformulazione del testo già approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 si sono tenute presenti soprattutto le osservazioni del Consiglio di Stato nel suo parere del 24 febbraio 2010, con riguardo: alla migliore redazione in lingua italiana delle formule contenute negli schemi di decreto legislativo e di DPR, difetti formali imputabili alle norme originarie; alla più corretta redazione tecnico-normativa di alcune frasi; c) al riconoscimento della natura primaria di alcune disposizioni che erano state inserite nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. 5. Ancora una considerazione di carattere preliminare con riferimento alla modifica formale che costantemente si è apportata agli schemi di D.Lgs. e di DPR che erano stati approvati dal Consiglio dei Ministri l’11.12. 2009: si fa riferimento alla sostituzione, con la formula “diritto dell’Unione europea”, di tutti i rinvii a specifici regolamenti comunitari individuati con il loro numero e con la loro data. In altre parole, occorre precisare che tutti i richiami al “diritto comunitario” contenuti nello schema del decreto legislativo di riordino e semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 sono stati riformulati con il richiamo al “diritto dell’Unione europea” in ossequio a quanto disposto dal Trattato di Lisbona, senza riportare i numeri e le date dei regolamenti e/o delle direttive al fine di evitare l’ingessatura delle norme e il sorgere della questione se si tratta di rinvio recettizio formale o materiale. Anche il Consiglio di Stato, nel punto 2.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 32) – ha dichiarato che “una tale tecnica di normazione [cioè quella di non riportare il numero e la data dello specifico regolamento comunitario richiamato] è conforme allo spirito del progetto: un codice – raccolta sistematica normativa – è tendenzialmente stabile nel tempo e non può subire modifiche costanti [come fa, invece, il diritto comunitario]”. 6. Come già si è accennato, le modifiche sono evidenziate, nelle rubriche e nel testo degli articoli della terza colonna. Per una immediata presa d’atto del sistema di riformulazione si tenga conto che tutte le modifiche sono scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al colore: in verde, le varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza Stato-Regioni e gli altri Organismi consultati o ascoltati; con un richiamo in fucsia sono riportate le osservazioni delle organizzazioni professionali all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente con un richiamo in fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte legislativamente dopo la presentazione del nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di refusi sono evidenziate in giallo. I rinvii dal D.Lgs al DPR e viceversa sono evidenziati in grigio. 7. Ormai venuta meno la possibilità della loro traduzione in testi normativi, lo scopo della pubblicazione dei nostri schemi di D.Lgs. di riordino e del correlato DPR (predisposti dall’IDAIC su incarico 14 Ed è questa la ragione per la quale non possono essere accolte in alcun modo le osservazioni sollevate dalla CIA nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 delle organizzazioni professionali, con cui essa si è doluta del mancato inserimento, nello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione, delle norme regionali e delle disposizioni comunitarie sulla PAC, oltre che delle norme sul credito agrario (che non è più specifico per gli agricoltori) o sui consorzi agrari (che non sono imprenditori agricoli). 7 del Ministro, on. Luca Zaia, poi confermato dal Ministro, on. Saverio Romano) sul sito www.idaic.cnr.it e sul sito CNR Solar http://eprints.bice.rm.cnr.it è quello di rendere accessibile a tutti gli studiosi che si interessano della materia agricoltura questo strumento di approfondimento, sistemazione e semplificazione delle sparse norme agrarie del nostro sistema legislativo che i giusagraristi italiani hanno approntato tenendo presenti i vari pareri e le varie osservazioni di organismi politici e giuridici, nonché di offrire agli imprenditori agricoli la possibilità di reperire autonomamente una prima “risposta” ai propri problemi di condotta, senza necessità di 15 rivolgersi alle organizzazioni sindacali o ai consulenti legali per avere un parere e un consiglio . Alberto Germanò 15 Sotto quest’ultimo profilo siamo consapevoli che la semplicità e la chiarezza delle normative regolatrici è un forte elemento di competitività. A tal fine è interessante rilevare come la Francia, dovendo attuare le direttive comunitarie in tema di agroenergie, sia intervenuta sulla norma del code rural con l’aggiunta di tre brevissime frasi al primo alinea dell’art. L 311-1 aggiungendo: “Il en est de même de la production et, le cas échéant, de la commercialisation, par un ou plusieurs exploitants agricoles, de biogaz, d’électricité et de chaleur par la méthanisation, lorsque cette production est issue pour moins 50% de matières provenant de ces exploitations. Les revenus tirés de la commercialisation sont considérés comme des revenus agricoles, au prorata de la partecipation de l’exploitant agricole dans la structure exploitant et commercialisant l’énergie produite. Les modalités d’application du présent article sont déterminées par décret”. Conseguentemente, all’agricoltore francese è sufficiente la lettura del code rural per sapere cosa fare e che cosa attendersi. Se, invece, ci rivolgiamo al nostro diritto con riferimento alle stesse direttive comunitarie che anche l’Italia ha dovuto attuare, rileviamo che l’agricoltore, per capire di cosa si tratta e a quali vantaggi può aspirare, deve cercare, leggere e capire i nessi e i collegamenti dei seguenti atti normativi: il comma 423 dell’art.1, della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), come modificato dal comma 11 dell’art.2-quater del d.l. 2/2006 convertito, con modifiche, nella legge 81/2006, come sostituito dal comma 369 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) come integrato dal comma 178 dell’art. 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008). 8 PROPOSTA di Decreto Legislativo di riordino e semplificazione delle normative sull’attività agricola Indice Titolo I Delle integrazioni al codice civile Art. 1 (Definizione di coltivatore diretto) Art. 2 (Produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti) Art. 3 (Registrazione delle imprese agricole e suoi effetti) Titolo II Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli Capo I Degli altri imprenditori agricoli Art. 4 (Degli altri soggetti a cui si applica la disciplina dell’impresa agricola) Art. 5 (Degli equiparati al coltivatore diretto) Capo II Degli imprenditori agricoli professionali Art. 6 (Imprenditore agricolo professionale) Capo III Delle società agricole Art. 7 (Definizione di società agricola) Art. 8 (Requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali) Art. 9 (Requisiti di professionalità delle società agricole cooperative e consortili) Art. 10 (Qualifica degli amministratori) Art. 11 (Posizioni soggettive dei soci delle società agricole) Capo IV Delle agevolazioni agli imprenditori agricoli Art. 12 (Agevolazioni fiscali e previdenziali) Capo V Dell’imprenditore agricolo giovane Art. 13 (Imprenditori agricoli giovani: definizione e incentivi) Capo VI Di alcune attività connesse alla principale attività di impresa agricola Sezione I Dell’attività agrituristica Art. 14 (Definizione. Riserva di denominazione e classificazione) Art. 15 (Elenco e disciplina delle attività agrituristiche) Art. 16 (Certificati di abilitazione) Art. 17 (Locali destinati ad attività agrituristiche e loro requisiti igienico-sanitari) Art. 18 (Requisiti di sicurezza alimentare) Art. 19 (Impedimenti allo svolgimento delle attività agrituristiche) Sezione II Delle attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Art. 20 (Strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici) Capo VII Degli imprenditori della pesca e dell’acquicoltura Art. 21 (Dell’imprenditore ittico) Art. 22 (Dell’acquicoltore) Art. 23 (Attività connesse a quelle di pesca e di acquicoltura) Art. 24 (Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquicoltura o piscicoltura. Concessione di acqua pubblica ad uso di acquicoltura) Capo VIII Delle attività selvicolturali Art. 25 (Promozione delle attività selvicolturali e forme di gestione) Art. 26 (Cooperative forestali) Capo IX Della vendita diretta di prodotti agricoli Sezione I Della vendita al dettaglio 9 Art. 27 (Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio) Art. 28 (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari) Art. 29 (Impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli) Sezione II Della vendita per via telematica Art. 30 (Adeguamento delle borse merci) Capo X Del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) Sezione I Del Sistema informativo Art. 31 (Il sistema informativo agricolo nazionale) Sezione II Dell’anagrafe delle imprese agricole Art. 32 (Anagrafe delle imprese agricole. Accesso alle informazioni) Sezione III Del fascicolo aziendale Art. 33 (Fascicolo aziendale. Forma delle nuove istanze di aiuti) Art. 34 (Obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale) Titolo III Della disciplina delle aree agricole Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale Sezione I Della valorizzazione dello spazio rurale Art. 35 (Gestione e sviluppo delle varie aree rurali e delle loro produzioni) Art. 36 (Contratti di collaborazione e contratti di promozione) Art. 37 (Convenzioni in materia di gestione del territorio) Sezione II Delle zone agricole a vocazione turistica Art. 38 (Forme di turismo nelle zone agricole: interventi e definizioni) Sezione III Della contrattazione programmata Art. 39 (Programmazione territoriale negoziata) Art. 40 (Distretti rurali e distretti agroalimentari) Capo II Dell’architettura rurale Art. 41 (Individuazione e tutela dell’architettura rurale) Art. 42 (Programmazione regionale) Capo III Della biodiversità, dell’agricoltura transgenica, dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica Sezione I Della biodiversità Art. 43 (Della biodiversità e della sua tutela. Della salvaguardia del principio di coesistenza) Art. 44 (Responsabilità) Sezione II Dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica Art. 45 (Risarcimento dei danni prodotti all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica) Titolo IV Della proprietà terriera e delle strutture agrarie Capo I Della proprietà rurale Sezione I Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico Art. 46 (Compendio unico) Art. 47 (Costituzione del compendio unico) Art. 48 (Agevolazioni fiscali e creditizie per la formazione del compendio unico) Art. 49 (Indivisibilità) Art. 50 (Divisione ereditaria del compendio unico) Art. 51 (Controversie sul valore del compendio unico) Art. 52 (Modifica degli articoli 849 e 850 del codice civile) Sezione II Della prelazione Art. 53 (Titolarità del diritto di prelazione) Art. 54 (Esercizio del diritto di prelazione e di riscatto) Art. 55 (Diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice) Capo II Della bonifica Art. 56 (Finalità. Principi fondamentali per la materia specifica di competenza regionale) Capo III Delle strutture agrarie Sezione I Della formazione e della conservazione delle unità produttive Art. 57 (Diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa) Art. 58 (Diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà) Art. 59 (Procedura per l’acquisto forzoso della proprietà) Sezione II Della formazione e dell’ampliamento della proprietà coltivatrice Art. 60 (Provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) Art. 61 (Operazioni di acquisto di fondi rustici non finanziabili) 10 Art. 62 (Criteri preferenziali per la concessione dei mutui per l’acquisto di fondi rustici) Art. 63 (Acquisto dei terreni e delle case di abitazione) Art. 64 (Acquisti di macchine, attrezzi e bestiame) Art 65 (Domanda e nulla osta) Art. 66 (Rapporti con gli istituti di credito) Art. 67 (Vincolo di indivisibilità: revoca) Art. 68 (Violazione del divieto di indivisibilità: nullità degli atti) Art. 69 (Vincoli di inalienabilità e di coltivazione diretta: decadenza dai benefici) Art. 70 (Cooperative di coltivatori diretti) Art. 71 (Interventi dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA) Art. 72 (Trasferimenti di diritti reali) Art. 73 (Sussidi pubblici per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica e decadenza dai benefici) Sezione III Delle agevolazioni fiscali e creditizie alla formazione di proprietà fondiarie gestite da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali Art. 74 (Disposizioni fiscali e creditizie in favore della proprietà agricola) Titolo V Della disciplina dei contratti agrari Capo I Dell’affitto di fondi rustici Sezione I Delle disposizioni generali Art. 75 (Definizione e inderogabilità delle norme) Art. 76 (Rinunce, transazioni e accordi in deroga) Art. 77 (Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura) Art. 78 (Risoluzione per grave inadempimento) Art. 79 (Subaffitto e subconcessione) Art. 80 (Risoluzione incolpevole e indennizzo a favore dell’affittuario) Art. 81 (Terreni oggetto di permesso di costruire) Art. 82 (Successione nel contratto per causa di morte) Art. 83 (Forma del contratto) Art. 84 (Province autonome di Trento e di Bolzano e Regioni a statuto speciale) Sezione II Dell’affitto a coltivatore diretto Art. 85 (Durata minima e massima dell’affitto) Art. 86 (Altre ipotesi di durata: l’affitto particellare; i terreni montani destinati all’alpeggio; i fondi destinati al rimboschimento) Art. 87 (Rinnovazione tacita e recesso) Art. 88 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante) Art. 89 (Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto) Art. 90 (Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimento mediante deposito) Art. 91 (Morosità dell’affittuario. Giudizio di risoluzione dell’affitto per morosità: rinvio) Art. 92 (Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche) Art. 93 (Poteri di gestione dell’affittuario) Art. 94 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale). Art. 95 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni) Art. 96 (Diritto di ritenzione dell’affittuario. Pagamento dell’indennità) Art. 97 (Piccoli miglioramenti) Art. 98 (Scorte morte e scorte vive) Art. 99 (Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto o di contratto di società cooperativa. Rinvio a disposizioni fiscali) Art. 100 (Concessione di contributi e altre agevolazioni) Art. 101 (Pagamento dei contributi consortili) Art. 102 (Divieto di concessioni separate ed estensione dell’affitto) Art. 103 (Riconduzione all’affitto) Art. 104 (Affitto di azienda agricola) Art. 105 (Impresa familiare coltivatrice) Art. 106 (Espropriazione per pubblica utilità: indennizzo) Art. 107 (Rinvio al codice civile) Art. 108 (Disposizioni processuali. rinvio) Sezione III Dell’affitto a conduttore non coltivatore diretto Art. 109 (Affitto a misura e a corpo) Art. 110 (Risoluzione dell’affitto in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo) Art. 111 (Espropriazione per pubblica utilità: indennizzo) Art. 112 (Rinvio alla disciplina dell’affitto a coltivatore diretto. Disposizioni processuali) Sezione IV Affitto di terreni demaniali, patrimoniali indisponibili e golenali Art. 113 (Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili) Sezione V Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari Art. 114 (Contratti per i quali è esclusa l’applicazione degli articoli da 78 a 104) 11 Capo II Della conduzione dell’impresa agricola associata Sezione I Dell’impresa agricola di coltivazione in forma associata Art. 115 (Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso) Sezione II Dell’impresa agricola di allevamento in forma associata § 1 – Della soccida – Disposizioni generali Art. 116 (Nozione) § 2 – Della soccida semplice Art. 117 (Nozione) Art. 118 (Durata del contratto) Art. 119 (Direzione dell’impresa) Art. 120 (Assunzione di mano d’opera e obblighi del soccidario) Art. 121 (Degli animali conferiti) Art. 122 (Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto) Art. 123 (Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto) § 3 – Della soccida parziaria Art. 124 (Degli animali conferiti) Art. 125 (Divisione degli animali, dei prodotti e degli utili) Art. 126 (Rinvio) § 4 – Della soccida con conferimento di pascolo Art. 127 (Nozione e norme applicabili) § 5 – Disposizione finale Art. 128 (Rapporti di soccida: disposizione finale) Capo III Dei contratti di assicurazione in agricoltura Art. 129 (Contratti di assicurazione contro le avversità atmosferiche: contributi statali) Capo IV Dei contratti agrari di tipo enfiteutico Art. 130 (Riconduzione dei contratti agrari e dei rapporti di tipo enfiteutico a contratti e a rapporti di godimento personale di fondi rustici. Estinzione) Titolo VI Delle abrogazioni Art. 131 (Abrogazioni) Titolo VII Delle disposizioni finali Art. 132 (Norma finanziaria) Art. 133 (Disposizioni integrative, correttive e modificative) Art. 134 (Entrata in vigore) 12 Norme originarie da cui sono state Norme approvate dal Consiglio dei Norme ribadite o modificate dopo riprodotte le norme approvate dal Ministri l’11.12.2009 l’esame da parte delle competenti Consiglio dei Ministri l’11.12.2009. Commissioni parlamentari, del In questa colonna sono anche Consiglio di Stato e della riportate le considerazioni dei Conferenza Stato-Regioni, nonché a compilatori del testo nel momento seguito delle prescritte audizioni e in cui esso è stato proposto al dell’incontro con le organizzazioni Consiglio dei Ministri. professionali del 9.XI.2011. N.B. I rinvii interni operati in questa prima colonna sono effettuati con riferimento al testo della seconda colonna. Tutte le modifiche sono scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al colore: in verde, le varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza StatoRegioni e gli altri Organismi consultati o auditi; in fucsia sono riportate le osservazioni delle organizzazioni professionali all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente in fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte legislativamente dopo la presentazione del nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di refusi sono evidenziate in giallo. I rinvii al connesso DPR sono evidenziati in grigio Titolo I La norma origina dall’art. 6 della legge 203/1982 (sui contratti agrari) e dall’art. 48, lett. a, della legge 454/1961 (Piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura). Art. 6 legge 203/1982: “Ai fini della presente legge sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle macchine agricole. 2. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo”. Art. 48, comma 1, lett. a) della legge 454/1961: “Ai fini della presente legge e della legge 25 luglio 1952 n. 949 [Provvedimenti per lo sviluppo dell’economia e incremento dell’occupazione], e relativo regolamento di esecuzione approvato con DPR 17 ottobre 1952 n. 1317, sono da considerare: a) coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento di animali, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento e il governo del bestiame…”. Delle integrazioni al codice civile Art. 1 (Definizione di coltivatore diretto) 1. All’articolo 2083 del codice civile è aggiunto il seguente comma: “Ai fini del primo comma e salvo le diverse disposizioni in materia previdenziale è coltivatore diretto chi coltiva il fondo o che alleva e governa gli animali con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per l’esercizio di tali attività, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie, anche dell’impiego delle macchine agricole”. Titolo I Delle integrazioni al codice civile Art. 1 (Definizione di coltivatore diretto) 1. All’articolo 2083 del codice civile è aggiunto il seguente comma: “Ai fini del primo comma e salvo le diverse disposizioni in materia previdenziale è coltivatore diretto chi coltiva il fondo o che alleva e governa gli animali con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per l’esercizio di tali attività, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie, anche dell’impiego delle macchine agricole.”. 13 Al momento della I^ lettura dell’11.12.2009 è stato accolto il suggerimento del Dipartimento delle pari opportunità di sopprimere il comma 2 dell’art. 6 della legge 203/1982 sull’equivalenza del lavoro femminile a quello maschile perché ormai deve ritenersi scontata l’equivalenza anche del lavoro fisico tra donna e uomo. Si consideri che nel vigente sistema normativo non esiste un’unica definizione di coltivatore diretto (v. in proposito, con riguardo alla materia previdenziale, Cass. Sezioni Unite 1 settembre 1999 n. 616 (“Ai fini dell’applicabilità dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la qualità di coltivatore diretto – rispetto alla quale manca nell’ordinamento una nozione generale applicabile ad ogni fine di legge – deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 legge n. 1047 del 1957, 2 e 3 legge n. 9 del 1963, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è necessario e sufficiente il concorso dei seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in modo soltanto prevalente, cioè tale che le attività stesse lo impegnino per il maggior periodo dell’anno e costituiscano per lui la maggior fonte di reddito; b) necessità che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame e che la lavorazione del fondo richieda un fabbisogno di mano d’opera non inferiore a 104 giornate lavorative annue. Non è quindi richiesto il carattere imprenditoriale dell’attività, con la destinazione dei prodotti del fondo, anche solo in parte al mercato, essendo sufficiente, invece, che il reddito prodotto, col suddetto connotato della prevalenza, sia destinato direttamente al sostentamento proprio del coltivatore e della sua famiglia”). Si ribadisce che la giurisprudenza tende ad applicare il criterio del terzo (introdotto dalla prima legislazione agraria dopo la seconda guerra mondiale e confermato dall’art. 6 legge 203/1982), in modo generale in tutti i rapporti di diritto privato e di diritto pubblico in cui rileva la detta qualifica, applicandola, ad esempio, anche nell’ipotesi in cui il proprietario (e non solo il concessionario) è il coltivatore diretto (v., poi, espressamente, art. 42, comma 1, lett. a, legge 203/1982, sul diritto di ripresa). D’altra parte, la definizione data dall’art. 48, comma 1, lett. a, della legge 454/1961 (che contiene l’avverbio “abitualmente” per indicare la modalità con cui il coltivatore diretto si dedica all’attività agricola) è stata interpretata dalla Suprema Corte nel senso che non è necessaria un’attività esclusiva: e ciò è ormai ius receptum, tanto che ne ha tenuto conto la definizione dell’art. 6 della successiva legge 203/1982. Si ricordi a tal proposito anche App. Roma 2 aprile 1948 che ritenne non incompatibile l’attività di tranviere con la qualifica di coltivatore diretto. Quanto riferito in ordine alla Cass. 616/1999 impone di far “salve le diverse disposizioni in materia previdenziale”. Si consideri ancora che nessuna disposizione normativa prevede l’ipotesi del “silvicoltore diretto”. Tuttavia, di recente le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 14.4.2011, n. 8486), dirimendo un contrasto giurisprudenziale in materia di prelazione agraria, ha esteso la nozione di coltivatore diretto al silvicoltore che eserciti tale attività in via esclusiva o principale, con il solo limite che il terreno oggetto di vendita e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi. Il Consiglio di Stato nel punto 2.1 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010 (pag. 26), dopo avere valutato la formula sul “coltivatore diretto” qui riportata, conclude che “il riferimento, necessario in questo settore così storicamente variabile, all’interpretazione evolutiva conduce a prendere atto di questo indirizzo ampiamente ed autorevolmente manifestato in dottrina, per cui la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 è utile non solo in riferimento ai contratti agrari, ma anche in assoluto (come già ieri quella dell’art. 1647 c.c.) e ha perciò portata generale. Sarebbe difficilmente accettabile, a questo punto, ritornare al criterio della ‘prevalenza’. Tanto conduce a ritenere accettabile, in questa opera di consolidazione che non può non richiamarsi al diritto vivente, la modificazione proposta”. a) Si è osservato che sarebbe stato opportuno redigere una formula che “semplifichi” la legislazione in corso, evitando le attuali sovrapposizioni delle formule di coltivatore diretto, di imprenditore agricolo e di imprenditore agricolo professionale (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: il coltivatore diretto è definito dall’art. 6 legge 203/1982 sulla riforma dei contratti agrari e dall’art. 48, comma 1, lett. a) della legge 454/1961 sul Piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura, nonché dall’art. 2 legge 1047/1957 (“Agli effetti della presente legge [sull’assicurazione per invalidità e vecchiaia] sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratari, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento ed al governo del bestiame”) e dall’art. 2 legge 9/1963 (“E’ condizione per il diritto all’assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e per quello alla assicurazione di malattia per i coltivatori diretti che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame. // Con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell’allevamento del bestiame, previsto dagli articoli 1 e 2, legge 26 ottobre 1957, n. 1047, e dall’articolo 1, legge 22 novembre 1954, n. 1136, si ritiene sussistente quando i soggetti indicati nelle suddette norme si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. // Per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito”). L’imprenditore agricolo è definito dall’art. 2135 c.c. come colui che esercita le attività di coltivazione del fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali e le attività connesse. L’imprenditore agricolo professionale è definito dall’art. 1, d. lgs. 99/2004 come colui che dedica alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. almeno il 50% del suo tempo di lavoro e ricava dalle attività medesime almeno il 50% del suo reddito globale di lavoro. Le varie formule sopra trascritte hanno per oggetto, tutte, una figura soggettiva di base comune (quella dell’imprenditore agricolo come colui che esercita una attività di coltivazione del fondo, della silvicoltura e dell’allevamento) e due figure soggettive distinte, quella del coltivatore diretto e quella dell’imprenditore agricolo professionale come specificazione della formula e, quindi, della figura di imprenditore agricolo. Ciò posto, si noti che il coltivatore diretto è un (piccolo) imprenditore agricolo, sicché la formula di coltivatore diretto si integra, e non già “si sovrappone”, con quella di imprenditore agricolo. Egualmente, l’imprenditore agricolo professionale non è altro che uno specifico imprenditore agricolo: dunque, anche qui le due formule non si sovrappongono, ma si integrano. 14 Quanto, poi, alle formule di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo professionale, si noti che per esse vi è una forte differenziazione normativa. Le due figure sono, infatti, diverse: il coltivatore diretto è colui che soddisfa con il suo lavoro un terzo delle esigenze lavorative del fondo; mentre l’imprenditore agricolo richiede che il soggetto destini all’attività agricola almeno il 50% del suo lavoro. Per il diverso parametro del lavoro, potrebbe ben esserci un coltivatore diretto che non sia iap. Dunque, non vi è “sovrapposizione” delle due figure se si considera il diritto e non già la diversa possibile realtà. A tal proposito si ricordi che proprio il diverso parametro del lavoro ha sempre indotto la giurisprudenza a considerare affittuario coltivatore diretto anche chi ha preso in affitto un piccolo fondo rustico (e, quindi, un soggetto che mai potrebbe essere un iap) e ciò a partire dal famoso caso di App. Roma 2 aprile 1948 che ritenne non incompatibile l’attività di tranviere con la qualifica di coltivatore diretto. b) Si è osservato ancora che il requisito per la configurabilità della qualifica di coltivatore diretto – ossia un terzo della forza lavorativa propria – così come formulata nello schema di decreto legislativo non sarebbe pienamente armonico rispetto al presupposto della prevalenza del lavoro proprio che, invece, risulterebbe nella formula dell’art. 2083 c.c. nel cui “ambito” lo schema di decreto legislativo pone il coltivatore diretto secondo la formula proposta nell’articolo 1 (Commissione Agricoltura del Senato). Inoltre, nell’incontro del 9 novembre 2011 con le organizzazioni professionali agricole (Confagricoltura, Coldiretti, Cia), con la Confcooperative, con la Federazione nazionale della proprietà fondiaria e con l’ISMEA) la Confagricoltura e la Coldiretti hanno contestato la proposta formula del nuovo comma dell’art. 2083 ribadendo che in generale sia ancora da ritenersi in vigore il principio della prevalenza. Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi, già indicati e che ora nuovamente si propongono: Occorre premettere che la giurisprudenza tende ad applicare la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 in modo generale in tutti i rapporti di diritto privato e di diritto pubblico in cui rileva la detta qualifica. D’altronde, le formule dell’art. 6 della legge 203/1982 sui patti agrari e dell’art. 48 legge 454/1961 sul Piano quinquennale dell’agricoltura sono quasi uguali, ad eccezione dell’avverbio “abitualmente” presente nell’art. 48 legge 454/1961. In altre parole, il criterio del terzo (introdotto dalla prima legislazione agraria dopo la seconda guerra mondiale e confermato dall’art. 6 legge 203/1982) è stato applicato in modo generale, ovvero anche nell’ipotesi in cui il proprietario (e non solo il concessionario) sia il coltivatore diretto (v., espressamente, art. 42, comma 1, lett. a, legge 203/1982, sul diritto di ripresa del fondo da parte del proprietario coltivatore diretto). Quanto, poi, alla osservazione sulla “prevalenza” che compare nell’art. 2083 c.c. in cui l’art.1 dello schema di decreto legislativo di riordino si inserisce come nuovo comma, va ricordato che, all’indomani dell’entrata in vigore del codice civile, la formula dell’art. 2083 (“Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”) era stata interpretata nel senso che l’ultimo inciso (“e coloro che esercitano… prevalentemente …”) “spiegava” le tre ipotesi precedenti, sostenendosi, quindi, che nella figura del piccolo imprenditore (tra cui il coltivatore diretto) il lavoro dell’imprenditore doveva superare il lavoro dei dipendenti (il 51% almeno). Solo una parte della dottrina rilevava che le categorie del piccolo imprenditore non erano tre (il coltivatore diretto, l’artigiano e il piccolo commerciante), ma quattro, ovvero anche – e in modo distinto dalle altre tre figure – quella di colui che esercitava l’attività in modo prevalente [si faceva anche presente l’uso della “e” tra le prime tre figure e la quarta]. La legislazione agraria è stata la prima a “rovesciare” il rapporto quantitativo tra il lavoro dell’imprenditore e quello dei suoi dipendenti (nel senso che è sufficiente un terzo); poi hanno fatto seguito la legislazione sull’artigiano e, infine, quella sul fallimento del piccolo commerciante: in altre parole, oggi le figure del coltivatore diretto, dell’artigiano e del piccolo commerciante non sono caratterizzate dalla prevalenza (il 51% almeno) del lavoro dell’imprenditore sul lavoro dei dipendenti: sicché l’interpretazione offerta dalla dottrina che, immediatamente dopo il 1942, era minoritaria è diventata maggioritaria. Vi sono, dunque, quattro figure di piccolo imprenditore: le figure nominate del coltivatore diretto, dell’artigiano e del piccolo commerciante, caratterizzate, ciascuna di esse, da uno specifico e normativamente esplicitato rapporto del lavoro dell’imprenditore rispetto al lavoro dei dipendente, ed una quarta figura in cui la prevalenza del lavoro del primo rispetto al lavoro dei secondi è quantitativamente prevalente. Dunque, il coltivatore diretto è sì un piccolo imprenditore come afferma l’art. 2083 del codice civile, ma appartiene a quella specifica categoria che si caratterizza per il criterio del terzo. Si aggiunge che il Consiglio di Stato nel punto 2.1 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010 (pag. 26), dopo avere valutato la formula sul “coltivatore diretto” qui riportata, conclude che “il riferimento, necessario in questo settore così storicamente variabile, all’interpretazione evolutiva conduce a prendere atto di questo indirizzo ampiamente ed autorevolmente manifestato in dottrina, per cui la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 è utile non solo in riferimento ai contratti agrari, ma anche in assoluto (come già ieri quella dell’art. 1647 c.c.) e ha perciò portata generale. Sarebbe difficilmente accettabile, a questo punto, ritornare al criterio della ‘prevalenza’. Tanto conduce a ritenere accettabile, in questa opera di consolidazione che non può non richiamarsi al diritto vivente, la modificazione proposta”. c) Si è prospettata ancora l’opportunità di sopprimere l’inciso “e salvo le diverse disposizioni in materia previdenziale” contenuto nella formula dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: Una volta che la definizione di coltivatore diretto viene inserita nel codice civile, essa acquista valenza generale, sicché è necessario – qualora l’Ordinamento attuale abbia, per determinate materie, una definizione diversa – “dichiarare” la salvezza delle altre formule speciali. Orbene, mentre le varie leggi vigenti e la giurisprudenza adottano il criterio del terzo quale caratteristica del coltivatore diretto, soltanto la definizione delle leggi sulla previdenza agricola hanno altra formula. La necessità di mantenere, per la specialità della materia previdenziale, la differenziazione non è possibile pervenire ad un’unica definizione, come avverrebbe con la proposta eliminazione del suddetto inciso. A conferma del ragionamento che sottostà alla formulazione dell’art. 1 del decreto legislativo di riordino, si riporta la massima delle Sezioni Unite della Cassazione 1 settembre 1999 n. 616 (“Ai fini dell’applicabilità dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la qualità di coltivatore diretto – rispetto alla quale manca nell’ordinamento una nozione generale applicabile ad ogni fine di legge – deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 legge n. 1047 del 1957, 2 e 3 legge n. 9 del 1963, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è necessario e sufficiente il concorso dei 15 seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in modo soltanto prevalente, cioè tale che le attività stesse lo impegnino per il maggior periodo dell’anno e costituiscano per lui la maggior fonte di reddito; b) necessità che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame e che la lavorazione del fondo richieda un fabbisogno di mano d’opera non inferiore a 104 giornate lavorative annue. Non è quindi richiesto il carattere imprenditoriale dell’attività, con la destinazione dei prodotti del fondo, anche solo in parte al mercato, essendo sufficiente, invece, che il reddito prodotto, col suddetto connotato della prevalenza, sia destinato direttamente al sostentamento proprio del coltivatore e della sua famiglia”). d) Si è prospettata, infine, l’opportunità di aggiungere, nella definizione di coltivatore diretto, dopo le parole “il fondo” le seguenti “o che esercita la selvicoltura” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: la delega per le leggi di riordino e semplificazione non permette l’introduzione di disposizioni nuove, cioè di disposizioni non esistenti nel sistema normativo vigente. Questo non consente di accogliere il suggerito richiamo: ovverosia, nel nostro attuale Ordinamento non c’è la figura del “selvicoltore diretto”. L’articolo riproduce, con lo stesso drafting utilizzato dal d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, il cui art. 1 ha due commi, il I° che modifica l’art. 2135 e il 2° che opera l’equiparazione delle cooperative agricole agli imprenditori agricoli, e con diversa formulazione grammaticale, l’art. 1, comma 423, legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), come modificato dal comma 11 dell’art. 2quater del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modifiche, in legge 11 marzo 2006, n. 81, e come successivamente sostituito dal comma 369 dell’art. 1 legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) e integrato, per la parte finale, dall’art. 1, comma 178, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008): “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442”. Art. 2 Art. 2 (Integrazione della definizione di (Produzione e cessione di energia attività connesse) elettrica e calorica e di carburanti) 1. All’articolo 2135 del codice civile è aggiunto il seguente comma: “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, sono anche attività connesse la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché la produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo o di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, quando siano effettuate dagli imprenditori agricoli. Esse si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari”. 1. All’articolo 2135 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Si considerano altresì attività connesse la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché la produzione e la cessione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo o di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, quando siano effettuate dagli imprenditori agricoli.”. 2. Le dette attività si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari. Restano ferme le disposizioni tributarie in materia di accisa. Nell’incontro del 9.XI.2011 la Coldiretti ha contestato l’uso dell’avverbio “altresì” nell’incipit dell’articolo “Si considerano altresì attività connesse…”. La formula è stata suggerita dal Consiglio di Stato (punto 2.2. del parere espresso il 24.2.2010, pag. 28), sicché si ritiene opportuno utilizzare l’avverbio “altresì”. Su suggerimento della Confcooperative (nota del 25.1.2010) al fine del miglioramento della formula italiana, il 1° comma dell’art. 2 potrebbe essere formulato così: “Si considerano altresì attività connesse la produzione e la cessione di energia elettrica e termica e di carburanti derivanti da biomasse agricole, zootecniche e silvicole provenienti prevalentemente dal fondo quando siano effettuate dagli imprenditori agricoli”. Ma come si è detto nel corso dell’incontro del 9.XI.2011, non appare opportuno distaccarsi dalle parole del testo della norma originaria. 16 Sempre nel detto incontro del 9. XI. 2011 la Coldiretti ha contestato l’utilità di aggiungere all’art. 2135 c.c, un altro comma, sostenendo che non è difficile per un agricoltore cercare e trovare la disciplina sulle biomasse. Sembra opportuno chiarire la profonda ragione che ha determinato alla formazione di tale nuovo comma. Invero, è sufficiente riflettere sulle seguenti considerazioni: A) La Corte di giustizia ha più volte negato che possano essere definiti “aiuti di Stato” quelle misure di carattere generale che garantiscono alle imprese: -infrastrutture efficienti; -elevata qualità di servizi -vantaggioso sistema di tassazione -semplicità e chiarezza delle normative regolatrici B) La Francia, dovendo attuare le direttive comunitarie in tema di agroenergie, è intervenuta sulla stessa norma del code rural con l’aggiunta di tre brevissime frasi al primo alinea dell’art. L 311-1 che così ora recita: “Sont réputées agricoles toutes les activités correspondant à la maîtrise et à l’exploitation d’un cycle biologique de caractére végétal ou animal et constituant une ou plusieurs étapes nécessaires au déroulement de ce cycle ansi que les activités exercées par un exploitant agricole qui sont dans le prolongement de l’acte de production ou qui ont pour support l’exploitation. Les activités de cultures marines sont réputées agricoles, nonobstant le statut social dont relévent ceux qui les pratiquent. Il en est de même des activités de préparation et d’entraînement des équidés domestiques en vue de leur exploitation, à l’exclusion des activités de spectacle. Il en est de même de la production et, le cas échéant, de la commercialisation, par un ou plusieurs exploitants agricoles, de biogaz, d’électricité et de chaleur par la méthanisation, lorsque cette production est issue pour moins 50% de matières provenant de ces exploitations. Les revenus tirés de la commercialisation sont considérés comme des revenus agricoles, au prorata de la partecipation de l’exploitant agricole dans la structure exploitant et commercialisant l’énergie produite. Les modalités d’application du présent article sont déterminées par décret”. Ne consegue che l’agricoltore francese può limitarsi a leggere il code rural per sapere cosa fare e che cosa attendersi! C) La stessa attuazione delle direttive comunitarie è stata compiuta dall’Italia. Ma qui l’agricoltore, per capire di cosa si tratta e a quali vantaggi può aspirare, deve cercare, leggere e capire i nessi e i collegamenti dei seguenti atti normativi: -comma 423 dell’art.1, della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), come modificato dal comma 11 dell’art.2quater del d.l. 2/2006 convertito, con modifiche, nella legge 81/2006,come sostituito dal comma 369 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) come integrato dal comma 178 dell’art. 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008). D) Questo è un esempio dei tanti che si possono fare. Sicché c’è materia sufficiente di riflessione sulla domanda se sia vero che soltanto a coloro che detengono il “potere” dell’interpretazione dei testi normativi non piacciano le leggi di semplificazione che potrebbero “aiutare”, nella gara concorrenziale, gli imprenditori italiani. Non vengono riportati, nel testo del comma 1 gli incisi della norma originaria “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa” e “si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari”, perché essi sono inseriti nel comma 2. Infatti, il comma 1 viene a far parte del codice civile, dove non è corretto inserire norme fiscali nel codice civile. Non viene nemmeno riportato nel testo del comma 2 l’inciso “previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442” in quanto esso trova migliore inserimento nell’art. 1 del nostro parallelo DPR. Anche il Consiglio di Stato, nel punto 2.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 28), suggerisce che la previsione di palese ed esclusiva finalità tributaria sia scorporata dalll’art. 2135 c.c. e vada resa autonoma. Si è anche suggerita l’opportunità di inserire, tra le attività connesse di produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti, l’ipotesi che la produzione di energia elettrica possa derivare anche “dall’acqua in uscita dagli impianti di acquacoltura, soprattutto se ubicati in zone montane e collinari” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: poiché la delega per le leggi di riordino e di semplificazione non permette l’introduzione di disposizioni nuove salvo che ricorrano esigenze di sistematicità, la questione pregiudiziale che si pone è se vi sia una ragione di una migliore sistematizzazione della materia “attività agricole connesse” diverse (e nuove) rispetto a quelle tradizionalmente conosciute e “arricchite” in numero e specie dall’art. 2135 c.c. nella formulazione del 2001. L’opportunità di inserire la produzione di “energia idroelettrica” quando è il risultato dell’attività dell’acquacoltore (che è imprenditore agricolo) potrebbe essere suggestiva, se non ché la legge di delega non consente modifiche che possano influire sulla finanza pubblica. Ora, la produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti ad opera dell’imprenditore agricolo è espressamente considerata, dalle leggi fiscali, come produttiva di reddito agrario. Se si estendesse la disposizione alla produzione e cessione di energia idroelettrica da parte dell’acquacoltore si avrebbe violazione della regola per la quale dal nuovo testo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Peraltro, la rilettura attenta dell’art. 2 ha consentito di rilevare che, per mero errore materiale, era “saltata” la parola “cessione” con riferimento alla produzione e cessione di carburanti. La disposizione è stata riformulata in tal senso. La rilettura attenta della disposizione dell’art. 2 ha messo in evidenza l’opportunità di “separare” dal testo la disposizione che viene inserita nel codice civile (l’equiparazione alle attività connesse) dalla disposizione di natura fiscale (la considerazione che le dette attività di produzione e cessione di energia pulita è produttiva di reddito agrario). Si è così provveduto a ripetere come 1° comma la parte della disposizione (come approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009) sul riconoscimento di attività connesse delle attività di produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti come nuovo comma dell’art. 2135 c.c.; e a formulare in un 2° comma la disposi zione fiscale (anch’essa approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009) ma che resterà fuori dal codice civile. D’altra parte il Consiglio di Stato nel punto 2.2 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010 (pag. 28) ha suggerito la “separazione” delle due disposizioni, quella definitoria civile e quella fiscale. Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE” non 17 è stato preso in considerazione nella redazione del presente articolo e, più in generale, del presente decreto, perché comprensivo di norme che contengono definizioni e disposizioni relative a profili autorizzatori e di incentivazione delle fonti energetiche rinnovabili. Pertanto il suo contenuto è estraneo all’obiettivo di questo testo. Riprodotto dall’articolo 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228: «1. L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile». Per memoria si ricorda che la norma sulle modalità di iscrizione degli imprenditori agricoli nel Registro delle imprese è contenuta nell’articolo 2, comma 1, del d.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558, che qui si riporta: «1. Sono iscritti in una sezione speciale del registro delle imprese gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'art. 2083 dello stesso codice e le società semplici. Le persone fisiche, le società e i consorzi iscritti negli albi di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 sull’artigianato], sono annotati nella medesima sezione speciale». Art. 3 (Iscrizione delle imprese agricole nella sezione speciale del registro delle imprese) 1. L’articolo 2136 del codice civile è sostituito dal seguente: “Art. 2136 (Registro delle imprese agricole) L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193”. Art. 3 (Registrazione delle imprese agricole e suoi effetti) 1. L’articolo 2136 del codice civile è sostituito dal seguente: “Art. 2136 (Registro delle imprese agricole e stato di insolvenza degli imprenditori agricoli registrati) L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193.”. 2. Gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese che siano in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure degli accordi di ristrutturazione dei debiti e della transazione fiscale di cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Il comma 2 è tratto da un testo normativo introdotto nel luglio 2011, ovvero non solo dopo l’approvazione del primo schema dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009, ma anche dopo la trasmissione, dal MiPAAF, del nuovo testo “modificato” sulla base delle osservazioni delle Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni. Di tale nuova formulazione si è data notizia nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali. Più precisamente, esso è tratto dall’art. 23, comma 43, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111, così redatto: “ In attesa di una revisione complessiva della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure di cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni”. Si tratta degli accordi di ristrutturazione dei debiti e della procedura di transazione fiscale. La necessità che l’accordo di ristrutturazione venga pubblicato nel registro delle imprese (comma 2 dell’art. 182-bis del r.d. 267/1942) presuppone che l’imprenditore sia iscritto in detto registro. Questa è la ragione per la quale il comma 43 dell’art. 23 del d.l. 98/2011 viene inserito nel codice civile sotto l’articolo che dispone l’iscrizione degli imprenditori agricoli nel registro delle imprese. Conseguentemente, il detto comma 43 dell’art. 23 del d.l. 98/2011 viene riportato nell’articolo delle abrogazioni. Titolo II Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli Capo I Degli equiparati Titolo II Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli Capo I Degli altri imprenditori agricoli Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), come modificato, per l’ultimo periodo, dall’art. 1, comma 177, della legge 24 Art. 4 Art. 4 dicembre 2007, n. 244 (legge (Degli altri soggetti a cui si finanziaria per il 2008): “Si (Degli equiparati all’imprenditore applica la disciplina considerano imprenditori agricoli le agricolo) dell’impresa agricola) società di persone e le società a Fatte salve le più favorevoli responsabilità limitata, costituite da disposizioni di legge per gli Si considerano imprenditori agricoli e 18 imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. In tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento”. b) dall’art. 1, comma 2, d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228: “Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”. c) dall’art. 8 del d.lgs.18 maggio 2001, n. 227: “Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulicoforestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli”, che viene ora riprodotto all’art. 26 . d) dal comma 3 dell’art. 2 d. lgs. 226/2001: “Fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge, l’imprenditore ittico è equiparato all’imprenditore agricolo”. Questa nostra lettera b) del comma 2 afferma che l’imprenditore ittico è equiparato all’imprenditore agricolo. Chi sia l’imprenditore ittico ora è detto dall’art. 21 del presente decreto legislativo di riordino. e) dall’ultima frase comma 1094 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), come modificato, per l’ultimo periodo, dall’art. 1, comma 177, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008): “Si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. In tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento”. imprenditori di cui alla lettera e), sono equiparati all’imprenditore agricolo: a) le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci; b) le cooperative agricole di conduzione di terreni e di allevamento; c) le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività connesse di cui all’articolo 2135 prevalentemente prodotti dei soci, o forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico; d) le cooperative di servizi forestali e i loro consorzi di cui all’articolo 22; e) gli esercenti l’attività imprenditoriale di pesca di cui all’articolo 19. 2. Le società di cui alla lettera a) del comma 1 possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento. sono soggetti alla stessa disciplina: le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci; b) le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività connesse di cui all’articolo 2135 prevalentemente prodotti dei soci, o forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. 2. Sono equiparati agli imprenditori agricoli e sono soggetti alla stessa disciplina: a) le cooperative di servizi forestali e i loro consorzi di cui all’articolo 26; b) gli esercenti l’attività imprenditoriale di pesca di cui all’ articolo 21. 3. Le società di cui alla lettera a) del comma 1 possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento. 4. Per gli imprenditori di cui alla lettera b) del comma 2 sono fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge. a) E’ stato osservato che l’art. 4 dello schema di decreto legislativo contiene una formulazione equivoca perché considera come soggetti “equiparati” all’imprenditore agricolo talune figure che, nella legislazione vigente, “sono” a tutti gli effetti imprenditori agricoli. Si suggerisce, perciò, il ripristino dell’originaria distinzione (Commissione Agricoltura del Senato). Le considerazioni espresse meritano accoglimento. 19 Invero, nell’art. 4 dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.209, sotto la identica rubrica di “equiparati”, venivano riportate cinque categorie di soggetti ai quali si sarebbe applicata la stessa disciplina delle imprese agricole. Si trattava di: società di persone ecc. ecc. che esercitano ecc. ecc. [attività connesse sui prodotti dei soci] che - secondo la norma originaria – “sono considerati” imprenditori agricoli; cooperative di conduzione di terreni e di allevamento; cooperative di imprenditori agricoli ecc. ecc. che utilizzano prodotti dei soci ecc. ecc. e che - secondo la norma originaria – “sono considerati” imprenditori agricoli; cooperative di servizi forestali ecc., che – secondo la norma originaria – “sono equiparati” agli imprenditori agricoli esercenti l’attività di pesca ecc., che - secondo la norma originaria – “sono equiparati” agli imprenditori agricoli. Innanzitutto è necessario espellere dalla “equiparazione” i soggetti di cui alla lettera b) [cioè le cooperative di conduzione di terreni e di allevamento, che di per sé sono imprenditori agricoli]; in secondo luogo la ragione dell’uso della stessa espressione “sono equiparati” per tutte le altre quattro categorie di soggetti – che derivava dalla considerazione che se un oggetto “è considerato” ad esempio un rastrello vuol dire che non è un rastrello ma che, al fine di ciò che si sta analizzando, è come se fosse un rastrello: cioè è “equiparato” a un rastrello – non regge davanti al dubbio che dall’uso dell’unica espressione “equiparazione” possano discendere effetti contrastanti con quelli che discendono dalle norme originarie. Conseguentemente, anche in accoglimento delle considerazioni espresse, l’art. 4 (ovviamente con diversa rubrica di quella dell’11.12.2009) viene, ora, distinto in due commi: il primo, che riporta le categorie dei soggetti che sono “considerati” imprenditori agricoli [attuali lettere a) e c)] ; il secondo, che riporta le categorie dei soggetti “equiparati” agli imprenditori agricoli [attuali lettere d) ed e)]. In tal modo si è provveduto a riformulare il testo dell’art. 4. b) Si è prospettata l’opportunità di estendere ai consorzi forestali (di cui all’art. 22 dello scema di decreto legislativo) l’equiparazione agli imprenditori agricoli prevista, dall’art. 4, per le cooperative agro-forestali che sono disciplinate dall’art. 21 di questo stesso decreto legislativo (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: invero, è diversa la ratio che regge l’art. 22 (sui consorzi forestali) rispetto a quella dell’art. 21 (che concerne le cooperative forestali). Le cooperative forestali, sono equiparate agli imprenditori agricoli ex art. 8, d.lgs. 227/2001 (ed ex art. 4, comma 2, lett. b, del presente schema di decreto legislativo come ora riformulato) perché svolgono attività agricola. Esse, perciò, sono ben diverse dai consorzi forestali, i quali ben possono essere costituiti tra proprietari fondiari. Il sistema delle leggi agrarie è quello di agevolare – anche fiscalmente – gli imprenditori agricoli e non già i proprietari terrieri. Si consideri anche che l’equiparazione dei consorzi forestali alle cooperative forestali e, di conseguenza, agli imprenditori agricoli darebbe luogo a “minori” entrate nella finanza pubblica. Ed anche questo è un rilevantissimo motivo per confermare la formula approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. La lettera b) dell’art. 1, comma 3, d.lgs. 99/2004, che richiamava “le cooperative agricole di conduzione di terreni e di allevamento” è stata soppressa [e deve ritenersi che la soppressione non riguardi solo il riferimento al numero dei soci – un quinto – che dovevano essere in possesso della qualità di iap] ad opera dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 101/2005. Infatti, dal sistema si trae la conferma che le società cooperative di conduzione di terreni costituite sono imprenditori agricoli. Si noti, tuttavia, che il Consiglio di Stato nel punto 2.4 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 30) ritiene che la lettera b) dell’art. 4 dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009 sia “coerente con il sistema commerciale, poiché – come ritiene la dottrina – le società cooperative di conduzione di terreni costituite da imprenditori agricoli sono equiparabili agli imprenditori agricoli”, sicché il Consiglio di Stato ritiene che la formula “sia condivisibile”. Riteniamo, invece, che la cooperativa che conduce terreni o che alleva animali eserciti attività agricola principale: con la conseguenza che è imprenditore agricolo. c) nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Confagricoltura ha chiesto come mai non si fosse introdotta alcuna disposizione sugli apicoltori. La risposta è la seguente: gli apicoltori SONO imprenditori agricoli e, dunque, rientrano nella previsione dell’art. 2135 c.c. che questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione non tocca. La legge 24 dicembre 2004 n. 313 è, poi, soprattutto una legge di dettaglio che regola la “conduzione zootecnica delle api”. Sempre nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Confagricoltura ha chiesto come mai non si fosse introdotta alcuna disposizione sui consorzi agrari. La risposta è la seguente: i consorzi agrari non sono, di per sé, imprese agricole. Per l’art. 1, comma 9-bis, del d.l. 18 maggio 2006 n. 181, convertito in legge 17 luglio 2006 n, 233, i consorzi agrari sono società cooperative a responsabilità limitata (regolate dall’art. 1511 c.c.) che hanno lo scopo di “contribuire all’innovazione e al miglioramento della produzione agricola e alla predisposizione e gestione di servizi utili all’agricoltura”, compiendo anche operazioni di credito agrario di esercizio in natura e di anticipazione ai produttori in caso di di conferimento dei prodotti all’ammasso volontario”. Riprodotto: a) dal comma 1 dell’art. 7, legge 203/1982: “Sono equipararti ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, anche le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e Art. 5 (Degli equiparati al coltivatore diretto) 1. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, Art. 5 (Degli equiparati al coltivatore diretto) 1. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, 20 attuano la coltivazione diretta dei fondi, anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente”; b) dal comma 2 dell’art. 7, legge 203/1982: “Sono inoltre equiparati ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, i laureati o diplomati in qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi per almeno nove anni”. La norma è riprodotta: a) dal 1 comma dell’art. 1, d.lgs 29 marzo 2004, n. 99: “1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. …..Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.” Il richiamo originario era per l’art. 5, reg.1257 del 1999, che qui viene riportato solo per memoria: “Il sostegno agli investimenti viene concesso ad aziende agricole - che dimostrino redditività, - che rispettino requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, e – il cui imprenditore possieda conoscenze e competenze professionali adeguate”. Il reg. 1257/1999 è stato abrogato. La Comunità interviene frequentemente a modificare o ad abrogare i suoi regolamenti, ma in questo caso di anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente. 2. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici i laureati o diplomati in qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi per almeno nove anni”. Capo II Degli imprenditori agricoli professionali Art. 6 (Imprenditore agricolo professionale) 1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente. 2. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici i laureati o diplomati in qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi per almeno nove anni. Capo II Degli imprenditori agricoli professionali Art. 6 (Imprenditore agricolo professionale) 1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. 21 abrogazione (senza sostituzione) non conviene nemmeno un richiamo generico al “diritto comunitario” o, meglio (dopo il Trattato di Lisbona) al “diritto dell’Unione europea”. L’art. 1 d.lgs. 99/2004 ha quattro commi: il comma 1 è qui riprodotto come comma 1, del presente art. 6; il comma 2 è qui riprodotto come comma 2 del presente art. 6; le lettere a) e c) del comma 3 dell’art. 1 d.lgs. 99/2004 (la lett. b è stata soppressa dall’art. 1 d. lgs. n. 101 del 2005) sono state riprodotte dai commi 1 e 2 dell’art. 9, dal comma 3 dell’art. 9 e dall’art. 10; il comma 4 (come sostituito dall’art.1 d.lgs. 101/2005) è qui riprodotto come comma 3 del presente art. 6. Si riporta per memoria il comma 4 dell’art. 1, d.lgs. 29 marzo 2004 n. 99 come sostituito dall’art. 1 d.lgs. 27 maggio 2005 n. 101. «4. All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime»; b) dall’articolo 1 del d.lgs. 27 maggio 2005 n. 101 che aveva aggiunto le parole che seguono al comma 1 dell’articolo 1 del d.lgs. 29 marzo 2004 n. 99. «Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento»; c) dal comma 2 dell’art. 1 d.lgs. 99/2004: “Le regioni accertano ad ogni Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui al diritto dell’Unione europea, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento. 2.Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma È fatta salva la facoltà dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476. L’imprenditore agricolo Professionale persona fisica deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale dell’agricoltura. 4.Qualunque riferimento nella legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito all’imprenditore agricolo professionale come definito nel presente articolo. Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui al diritto dell’Unione europea, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento. 2. Le regioni e le province autonome accertano il possesso dei requisiti di cui al comma 1. L’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) svolge le attività necessarie per l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale dei soggetti in possesso dei suddetti requisiti. 3. L’imprenditore agricolo professionale persona fisica deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale dell’agricoltura. 4.Qualunque riferimento nella legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito all’imprenditore agricolo professionale come definito nel presente articolo. 22 effetto il possesso dei requisiti di cui al comma precedente. È fatta salva la facoltà dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476”; d) dall’art. 1, comma 4, del d.lgs. 99/2004, come sostituito dal d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101: ”All’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n.99, il comma 5 è sostituito dai seguenti: 5-bis. L’imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura. Ai soci lavoratori di cooperative si applica l’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n.142” [tale comma è riprodotto anche nell’art. 11 del nostro articolato, con riguardo ai soci delle società agricole]; e) dal comma 5-quater dell’art. 1 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101: “Qualunque riferimento nella legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito all’imprenditore agricolo professionale, come definito nel presente articolo”. Non conviene richiamare i regolamenti comunitari con il loro numero e data di emanazione perché sovente sono modificati o abrogati. Perciò conviene richiamare genericamente il diritto dell’Unione europea, tanto è vero che il Consiglio di Stato, nel punto 2.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 32) – ha dichiarato che “una tale tecnica di normazione [cioè quella di non riportare il numero e la data dello specifico regolamento comunitario richiamato] è conforme allo spirito del progetto: un codice – raccolta sistematica normativa – è tendenzialmente stabile nel tempo e non può subire modifiche costanti [come fa, invece, il diritto comunitario]”. E’ stato suggerita l’opportunità di sopprimere, nel comma 2, le parole “ad ogni effetto” e di sostituire il secondo periodo con “L’INPS svolge le attività necessarie per l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale dei soggetti in possesso dei seguenti requisiti (Commissione Agricoltura del Senato). I suggerimenti meritano di essere accolti. Riprodotto, invertendo la frase: a) dal 1 comma dell’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 “1. La ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile deve contenere … l'indicazione di società agricola”. La disposizione è solo formalmente nuova. Infatti, né il d. lgs. n. 99/2004 né il d. lgs. n. 228/2001 contengono una simile formula. Tuttavia, non trattasi di disposizione che innova: vi è solo l’opportunità di esplicitare la possibilità, per le società agricole, di costituirsi secondo uno dei tipi societari previsti dal codice civile, come è chiaro nella dottrina. La norma Capo III Delle società agricole Art. 7 (Definizione di società agricola) 1. Le società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile contengono nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di ‘società agricola’. 2. Le società agricole di cui al comma 1 possono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nel titolo V del libro V del codice civile 3. Le società costituite alla data del 7 maggio 2004, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale la indicazione Capo III Delle società agricole Art. 7 (Definizione di società agricola) 1. Le società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile contengono nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di ‘società agricola’. 2. Le società agricole di cui al comma 1 possono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei titoli V e VI del libro V . del codice civile. 3. Le società costituite alla data del 7 maggio 2004, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale la indicazione 23 che consente l’utilizzo di tutti i tipi societari (titoli V e VI del libro V del codice civile) per lo svolgimento delle attività agricole deriva dalle disposizioni in tema di società imprenditore agricolo professionale; b) dal 2 comma dell’articolo 2 del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99 come modificato dall’articolo 2 d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101 “2. Le società costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto [ovvero, il 7 maggio 2004, data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, che è stato pubblicato sulla G.U. del 22 aprile 2004], che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale la indicazione di «società agricola» ed adeguare lo statuto, ove redatto. Le predette società sono esentate dal pagamento di tributi e diritti dovuti per l'aggiornamento della ragione sociale o denominazione sociale negli atti catastali e nei pubblici registri immobiliari e per ogni altro adempimento a tal fine necessario.” Probabilmente, tale comma – dato il tempo trascorso dall’entrata in vigore del d. lgs. 99/2004 – potrebbe essere espunto. di «società agricola» ed adeguare lo statuto, ove redatto. Le predette società sono esentate dal pagamento di tributi e diritti dovuti per l'aggiornamento della ragione sociale o denominazione sociale negli atti catastali e nei pubblici registri immobiliari e per ogni altro adempimento a tal fine necessario. di ‘società agricola’ ed adeguare lo statuto, ove redatto. Le predette società sono esentate dal pagamento di tributi e diritti dovuti per l'aggiornamento della ragione sociale o denominazione sociale negli atti catastali e nei pubblici registri immobiliari e per ogni altro adempimento a tal fine necessario. Quanto alla formulazione del 1° comma il Consiglio di Stato, nel punto 2.7 del suo parere (pag. 33), ha apprezza sia la modifica del soggetto – logico e grammaticale – della proposizione (che diventa la società) facendo “assumere alla norma caratteri più spiccatamente definitori”, sia la sostituzione del verbo servile con l’indicativo presente “anche in conformità alle regole di drafting normativo”. La disposizione del 2° comma nella formula conte nuta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009 conteneva un errore formale, per essere stato indicato solo il titolo V e non anche il titolo VI del libro V del codice civile, come peraltro poteva ricavarsi da altre disposizioni sulle cooperative e dalla nota che all’articolo si riferiva: tale errore era emerso da una successiva lettura attenta dell’articolato, sicché si era provveduto subito a correggerlo. Dell’errore si è reso conto anche il Consiglio di Stato nel punto 2.7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 33-34), definendolo “frutto di un difetto di coordinamento”. Quanto, poi, alla suddivisione dell’originaria disposizione in più articoli dello schema di decreto legislativo, il Consiglio di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 35) afferma che la proposta di decreto legislativo di riordino e semplificazione “opportunamente scorpora le lettere a) e c) [dell’art. 1 della legge 99/2004], così evidenziando la distinzione tra le società di persone e quelle di capitali”. Per una migliore lettura delle disposizioni sulle società agricole introdotte dal d.lgs. 99/2004 si è preferito “spezzare” le lettere del 3° comma dell’art. 1 riproducendole in distinti articoli, con le ovvie riformulazioni formali. La norma del d.lgs. è riprodotta: a) dall’art. 1, comma 3, lett. a), del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99: “Le società di persone (omissis) sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti: a) nel caso di società di persone qualora Art. 8 (Requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali) 1. Le società di persone sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, e almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita semplice, la qualifica si riferisce ai soci accomandatari. Art. 8 (Requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali) 1. Le società di persone sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, e almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita semplice, la qualifica si riferisce ai soci accomandatari. 2. Le società di capitali sono 2. Le società di capitali sono considerate imprenditori agricoli considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale preveda quale oggetto sociale 24 almeno un socio sia in possesso della l’esercizio esclusivo delle attività di cui l’esercizio esclusivo delle attività di cui qualifica di imprenditore agricolo all’articolo 2135 del codice civile, ed all’articolo 2135 del codice civile, e professionale. Per le società in almeno un amministratore sia in almeno un amministratore sia in accomandita la qualifica si riferisce ai possesso della qualifica di possesso della qualifica di soci accomandatari …”; b) dall’art. 1, imprenditore agricolo professionale. imprenditore agricolo professionale. comma 3, lett. c) del d.lgs. 29 marzo 3. Il possesso dei requisiti di 3. Il possesso dei requisiti di 2004, n. 99: “Le società di (omissis) professionalità è accertato dalle professionalità di cui al comma 1 capitali (omissis) sono considerate Regioni. dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni imprenditori agricoli professionali e dalle Province autonome. qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti: c) nel caso di società di capitali quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale”; d) dall’art. 1, comma 2, del d. lgs. 29 marzo 2004, n.99: ”Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1”. Come già si è detto, la suddivisione dell’originaria disposizione in più articoli del presente schema di decreto legislativo è stata valutata positivamente dal Consiglio di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 35) quando afferma che la proposta di decreto legislativo di riordino e semplificazione “opportunamente scorpora le lettere a) e c) [dell’art. 1 della legge 99/2004], così evidenziando la distinzione tra le società di persone e quelle di capitali”. E’ stato rilevato che il comma 3 sia dell’art. 8, sia dell’art. 9 attribuisce alle Regioni il possesso dei requisiti di professionalità per l’iap ma con espressioni diverse, mentre sarebbe opportuno che le formule fossero identiche (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi, al fine di evitare ogni dubbio interpretativo; sicché la formula del comma 3 dell’art. 8 e quella del comma 3 dell’art. 9 sono state modificate così: “il possesso dei requisiti di professionalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni e Province autonome”. Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 3, lett. c) del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99, così modificato dall’art. 1 d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101, che recita: “All’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la lettera b) è soppressa; b) alla lettera c) , dopo le parole : «di capitali», sono inserite le seguenti : « o cooperative», e dopo le parole: «un amministratore», sono aggiunte le seguenti: «che sia anche socio per le società cooperative”; b) dall’art. 10, comma 1, lett.b), del d.lgs. 18 maggio 2001, n.228: “All’articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n.153, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola, ed inoltre: … b) nel caso di società cooperative qualora utilizzino prevalentemente prodotti conferiti dai soci ed almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale”. Originariamente, l’art. 1, comma 3, lett. b) del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, recitava: “Le società (omissis) cooperative (omissis) sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto Art. 9 (Requisiti di professionalità delle società agricole cooperative e consortili) 1. Le società cooperative sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, ed almeno un amministratore, che sia anche socio, sia in possesso della qualifica di esercente attività agricola professionale. 2. Le società consortili sono considerate imprenditori agricoli professionali quando ricorrono i requisiti previsti, rispettivamente, dal primo comma, nel caso di società di persone, e dal terzo comma dell’articolo 8, nel caso di società di capitali. 3. Il possesso dei requisiti di professionalità è accertato dalle Regioni. Art. 9 (Requisiti di professionalità delle società agricole cooperative e consortili) 1. Le società cooperative sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, ed almeno un amministratore, che sia anche socio, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. 2. Le società consortili sono considerate imprenditori agricoli professionali quando ricorrono i requisiti previsti: dal comma 1 dell’articolo 8, nel caso di società di persone; dal comma 2 dell’articolo 8, nel caso di società di capitali; dal comma 1 dell’articolo 8, nel caso di società cooperative. 3. Il possesso dei requisiti di professionalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni e dalle Province autonome. 25 preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti: b) nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto di soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale”; c) sostanzialmente dall’art. 1, comma 3, lett. a) e c), del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99: “Le società di persone (omissis) e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti: a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari; … c) nel caso di società di capitali quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale”; d) nonché dall’art. 1, comma 2, del d. lgs. 29 marzo 2004, n.99: ”Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1”. E’ stato suggerita l’opportunità di ripristinare la formula originaria “imprenditore agricolo professionale” al posto di “esercente attività agricola professionale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi al fine di evitare dubbi interpretativi; sicché il comma 1 dell’art. 9 è stato modificato secondo il suggerimento. E’ stato rilevato che il comma 3 sia dell’art. 8, sia dell’art. 9 attribuisce alle Regioni il possesso dei requisiti di professionalità per l’iap ma con espressioni diverse, mentre sarebbe opportuno che le formule fossero identiche (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi, al fine di evitare ogni dubbio interpretativo; sicché la formula del comma 3 dell’art. 8 e quella del comma 3 dell’art. 9 sono state modificate così: “il possesso dei requisiti di professionalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni e Province autonome”. Quanto al 2° comma, il Consiglio di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 36) ha suggerito di riformulare il comma 2 in modo da “correggere” il testo inizialmente proposto dal quale poteva sembrare che fosse stato eliminato il riferimento alle società cooperative. Il suggerimento è stato accolto. Inoltre, il rinvio al “terzo comma” dello stesso articolo anziché al “secondo comma” è un refuso, che è stato corretto. Riprodotto dall’art. 1, comma 2, lett. c) del d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101: “All’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni: «3bis. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società»”. Art. 10 Art. 10 (Qualifica degli amministratori) (Qualifica degli amministratori) 1. La qualifica di imprenditore agricolo 1. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola parte dell’amministratore ad una sola società. società di capitali o a una sola cooperativa. L’aggiunta “ad una sola società di capitali o a una sola cooperativa” mira solo ad evitare equivoci. Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 4, del d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101 (riformulato migliorarne l’italiano): Art. 11 Art. 11 (Posizioni soggettive dei soci delle (Posizioni soggettive dei soci delle società agricole) società agricole) 1. I soci delle società semplici, delle 1. I soci delle società di persone e 26 ”All’articolo 1 del decreto legislativo 29 società di persone e delle società delle società cooperative, nonché marzo 2004, n.99, il comma 5 è cooperative, nonché l’amministratore l’amministratore di società di capitali, sostituito dai seguenti: 5-bis. di società di capitali, in possesso della in possesso della qualifica di L’imprenditore agricolo professionale qualifica di imprenditore agricolo imprenditore agricolo professionale, persona fisica, anche ove socio di professionale, devono iscriversi nella devono iscriversi nella gestione società di persone o cooperative, gestione previdenziale e assistenziale previdenziale e assistenziale per ovvero amministratore di società di per l’agricoltura. Se già iscritti, l’agricoltura. Se già iscritti, i soci delle capitali, deve iscriversi nella gestione mantengono la qualifica previdenziale società di persone mantengono la previdenziale ed assistenziale per e, ai fini del raggiungimento del qualifica previdenziale e, ai fini del l’agricoltura. Ai soci lavoratori di fabbisogno lavorativo prescritto, si raggiungimento del fabbisogno cooperative si applica l’articolo 1, computa anche l’apporto delle unità lavorativo prescritto, si computa anche comma 3, della legge 3 aprile 2001, iscritte nel rispettivo nucleo familiare. l’apporto delle unità iscritte nel n.142”; b) dall’art. 9 del d.lgs. 18 2. Ai soci lavoratori di cooperative rispettivo nucleo familiare. maggio 2001, n.228: “(omissis) I agricole si applica l’articolo 1, comma 2. Ai soci lavoratori di cooperative predetti soggetti mantengono la 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142. agricole si applica l’articolo 1, comma qualifica previdenziale e, ai fini del 3. Le indennità e le somme percepite 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142. raggiungimento, da parte del socio, del per l’attività svolta in società agricole di 3. Le indennità e le somme percepite fabbisogno lavorativo prescritto, si persone, cooperative, di capitali, per l’attività svolta in società agricole di computa anche l’apporto delle unità anche a scopo consortile, sono persone, cooperative, di capitali, attive iscritte nel rispettivo nucleo considerate come redditi da lavoro anche a scopo consortile, sono familiare”. La necessità di “spiegare” derivanti da attività agricole ai fini considerate come redditi da lavoro chi sono i “predetti soggetti” impone di dell’acquisizione della qualifica di derivanti da attività agricole ai fini premettere: “i soci delle società di imprenditore agricolo professionale, e dell’acquisizione della qualifica di persone”; c) dall’art. 1, comma 4, consentono l’iscrizione del soggetto imprenditore agricolo professionale, e ultimo inciso, del d. lgs. 27 maggio interessato nella gestione consentono l’iscrizione del soggetto 2005, n. 101: ”All’articolo 1 del decreto previdenziale ed assistenziale per interessato nella gestione legislativo 29 marzo 2004, n.99, il l’agricoltura. previdenziale ed assistenziale per comma 5 è sostituito dai seguenti: 5l’agricoltura. bis…….(omissis). Ai soci lavoratori di cooperative si applica l’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n.142”; d) dall’art. 1, comma 4, del d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101: ”All’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n.99, il comma 5 è sostituito dai seguenti: “5. Le indennità e le somme percepite per l’attività svolta in società agricole di persone, cooperative, di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate come redditi da lavoro derivanti da attività agricole ai fini del presente articolo, e consentono l’iscrizione del soggetto interessato nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura”. L’attenta rilettura della disposizione ha consentito di rilevare la necessità di riformularla onde risulti chiaro che i soci delle società agricole conservano la loro precedente qualifica previdenziale: si tratta, invero, soltanto dei “soci delle società di persone”. In tal senso la disposizione è stata riformulata, anche con l’espunzione, nel 1° comma, delle parole ”delle società semplici” perché superflue, dato che le società semplici appartengono al genus delle società di persone (Consiglio di Stato, punto 2.11 del parere 24 febbraio 2010, pag. 37). Il 1° comma è ricavato dall’art. 1, comma 4, del d.lgs. 99/2004, all’interno del quale si legge che la normativa vigente riconosce agevolazioni tributarie a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. Infatti, all’interno del comma 4 dell’art. 1 del d.lgs. 99/2004 c’è scritto: “All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie Capo IV Delle agevolazioni agli imprenditori agricoli Art. 12 (Agevolazioni fiscali e previdenziali) 1.Le persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto godono delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente. 2. All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute Capo IV Delle agevolazioni agli imprenditori agricoli Art. 12 (Agevolazioni fiscali e previdenziali) 1.Le persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto godono delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente. 2. All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed 27 stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime”. Il 2° comma è riprodotto dall’art. 1, comma 4, del d.lgs. 29 marzo 2004 n. 99 come sostituito dall’art. 1 d.lgs. 27 maggio 2005 n. 101: “All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime”. Il 3° comma è riprodotto dall’art. 2, comma 2, del d. lgs. 27 maggio 2005, n.101: ”L’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 è sostituito dal seguente: «4. Alle società agricole di cui all'articolo 1, comma 3, qualificate imprenditori agricoli professionali, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 3, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime». Va qui ricordato il comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25 e riprodotto nel comma 3 dell’art. 74 (già art. 67 del testo approvato dal CdM l’11.12.2009) del presente schema di decreto legislativo di riordino: Art. 2, comma 4-bis: “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2010, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 6, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 3. Alle società agricole di cui all’articolo 7 qualificate imprenditori agricoli professionali per i requisiti di cui al comma 2 dell’articolo 8 e al comma 2 dell’articolo 9, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 4. Le agevolazioni di cui al comma 2 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. In ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non possono essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore. La perdita dei requisiti di cui al presente comma entro cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 5. Le disposizioni del comma 2 relative all’imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso della detta qualifica, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all’apposita gestione dell’INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle entrate definiscono modalità di comunicazione delle informazioni assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 6, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 3. Alle società agricole di cui all’articolo 7 qualificate imprenditori agricoli professionali per i requisiti di cui all’articolo 8 e all’articolo 9, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 4. Le agevolazioni di cui al comma 1 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative agricole con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. La perdita dei requisiti di cui al presente comma entro cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime. 5. Le disposizioni del comma 2 relative all’imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso della detta qualifica, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all’apposita gestione dell’INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle entrate definiscono modalità di comunicazione delle informazioni relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica. 6. Alle società agricole di persone qualora almeno la metà dei soci sia in 28 diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato”. Il 4° comma è riprodotto dall’art. 2, comma 3, del d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101 che ha aggiunto il comma 4bis all’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004 n. 99, stabilisce: ”All’articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, dopo il comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente: «4-bis. Le agevolazioni di cui al comma 4 [agevolazioni tributarie e creditizie disposte a favore dell’IAP] sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. In ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non possono essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore. La perdita dei requisiti di cui al presente comma entro cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime». N. B.: l’inciso “In ogni caso …. o amministratore” è stato soppresso dal comma 1096 dell’art. 1 della legge 296/2006. Il 5° comma è riprodotto dall’art. 1, comma 4 del d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101: ”All’articolo 1 del decreto relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica. 6. Alla società agricola di cui all’articolo 7 sono in ogni caso riconosciute le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese sono in ogni caso riconosciute, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto 29 legislativo 29 marzo 2004, n.99, il comma 5 è sostituito dai seguenti: «5ter. Le disposizioni relative all’imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all’apposita gestione dell’INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui ai predetti commi 1 e 3, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle entrate definiscono modalità di comunicazione delle informazioni relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica…...». Il 6° comma è riprodotto dall’art. 2, comma 3, del d.lgs. 29 marzo 2004, n.99: “Alla medesima società [agricola] sono in ogni caso riconosciute, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto”. E’ utile e opportuno richiamare, in questo decreto legislativo di riordino, la normativa vigente in tema di agevolazioni tributarie a favore dei coltivatori diretti. Della stessa idea è il Consiglio di Stato che, nel punto 2.12 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 38) afferma che “si tratta di una disposizione innovativa che ha una valenza puramente descrittiva e, tuttavia, appare opportuna, avvertendo l’interprete che alla figura del coltivatore diretto le norme statali ricollegano benefici di natura tributaria (nel settore delle imposte indirette) e creditizia. Avvertenza tanto più importante, in quanto la legittimità degli aiuti di Stato alle imprese, sotto qualsiasi forma erogati, è condizionata al rispetto degli obblighi comunitari”. Si è suggerito di specificare quali siano i requisiti (soggettivi e/o oggettivi) che, se venuti meno nei 5 anni successivi, determinano la decadenza dalle agevolazioni ottenute dagli imprenditori agricoli (Conferenza Unificata Stato-RegioniEnti Locali: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: i limiti imposti dalla legge delega alla formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme originarie, anche per evitare il pericolo di impingere su disposizioni fiscali. Nel comma 3 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un richiamo a specifici commi anziché a (tutto il contenuto de)gli articoli 8 e 9: doveva considerarsi un mero refuso materiale che ora è corretto. Si è suggerito di sopprimere il secondo periodo del comma 4 “In ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non possono essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento deve essere accolto, perché l’inciso di cui al secondo periodo del comma 4 dell’art. 12 di questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione è stato soppresso dal comma 1096 dell’art. 1 della legge 296/2006. Il Consiglio di Stato, nel punto 2.12 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 39) ha suggerito la riformulazione del comma 5, avendo rilevato che la norma proposta nello schema facesse rinvio “ai requisiti di cui ai predetti commi 1 e 3 contenuti nella norma anteriore, che risulta erroneo e va sostituito con il riferimento ai requisiti di cui al comma 2 dell’articolo 8 e al comma 2 dell’articolo 9” del decreto legislativo di riordino. Ma come già si è esplicitato, il richiamo va fatto a tutto l’art. 8 e a tutto l’art. 9 e non soltanto ai rispettivi commi 2. Il suggerimento del Consiglio di Stato è stato accolto per tutto il resto. Una rilettura attenta della disposizione del comma 6 ha consentito di rilevare la necessità, per evitare dubbi, di meglio precisare quando alle società agricole di persone siano riconosciute le agevolazioni previdenziali ed assistenziali riconosciute alle persone fisiche coltivatori diretti. La disposizione è stata, allora, riformulata, inserendo, al comma 6, l’incipit “Alle società agricole di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese sono in ogni caso riconosciute …..”. 30 Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4 bis del d.lgs. 18 maggio 2001, n.228, inserito dall’art.3 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99: “1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è considerato giovane imprenditore agricolo l'imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni”. L’articolo è stato modificato nel modo risultante dal nostro testo (“che non ha ancora compiuto i 40 anni”) per conformarlo alla normativa comunitaria (cfr. art.8 reg.1257/1999: “l’agricoltore non ha ancora compiuto 40 anni”) da cui si distaccava la normativa statale delegata (“avente un’età non superiore a 40 anni”). I commi 2 e 3 sono riprodotti dai commi 1 e 2 dell’articolo 9 del d. lgs. 21 aprile 2000, n. 185, come modificato dal comma 7 dell’art. 8 d.l. 14 marzo 2005 n. 35 e, poi, dal comma 420 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, e quindi ancora, dal d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modifiche, nella legge 22 dicembre 2008, n. 201: «1. Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefici di cui all'art. 3, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell'azienda agricola [al familiare], che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui all'art. 10, comma 1. // 2. I soggetti di cui al comma 1 devono risultare residenti, alla data del subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nei territori di cui all'art. 2. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa, nei territori di cui all’art. 2. // 3. L'azienda agricola deve essere localizzata nei territori di cui all'art. 2.». Il 2 comma dell’art. 9 è stato poi modificato dall’art.3 (Imprenditoria agricola giovanile) del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99,"Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2004: “1. Dopo l'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, è inserito il seguente: «4-bis (Imprenditoria agricola giovanile). - 1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è considerato giovane imprenditore agricolo l'imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni.». 2. All'articolo 9, comma 2, Capo V Dell’imprenditore agricolo giovane Art. 13 (Imprenditori agricoli giovani) 1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale è considerato giovane imprenditore agricolo l’imprenditore che non ha ancora compiuto i 40 anni. 2.Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell’azienda agricola, che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui al comma 5. Le agevolazioni di cui al Capo III del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono concedibili su tutto il territorio nazionale e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. 3. I soggetti di cui al comma 2 devono risultare residenti, alla data del subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nell’ambito territoriale di applicazione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all’articolo 2 del detto decreto legislativo n. 185 del 2000. L’azienda agricola deve essere localizzata nei territori di cui all’articolo 2 del detto decreto legislativo n. 185 del 2000. 4. Le società subentranti devono essere amministrate da un giovane imprenditore agricolo e devono essere prevalentemente composte da soggetti di età compresa fra i 18 e i 39 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione. 5. Possono essere finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti posti dall’Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Sono esclusi dal finanziamento i progetti che: prevedono investimenti superiori a euro 1.050 al netto dell’IVA; si riferiscono a settori esclusi o sospesi dal CIPE o da disposizioni comunitarie. 6. Le regioni accordano CAPO V Dell’imprenditore agricolo giovane Art. 13 (Imprenditori agricoli giovani: definizione e incentivi) 1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale è considerato giovane imprenditore agricolo l’imprenditore che non ha ancora compiuto i 40 anni. 2. Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell’azienda agricola, che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui al comma 5. Le agevolazioni di cui al Titolo I, Capo 3°, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono concedibili su tutto il territorio nazionale e nel rispetto di quanto previsto dal diritto dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. 3. I soggetti di cui al comma 2 devono risultare residenti, alla data del subentro, nel territorio nazionale. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all’articolo 2 del citato decreto legislativo n. 185 del 2000. L’azienda agricola deve essere localizzata nei territori di cui all’articolo 2 del citato decreto legislativo n. 185 del 2000. 4. Le società subentranti devono essere amministrate da un giovane imprenditore agricolo e devono essere prevalentemente composte da soggetti di età compresa fra i 18 e i 39 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione. 5. Possono essere finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti posti dall’Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Sono esclusi dal finanziamento i progetti che: a) prevedono investimenti superiori a euro 1.050.000 al netto dell’IVA; b) si riferiscono a settori esclusi o sospesi dal CIPE o da disposizioni dell’Unione europea. 6. Le regioni accordano prioritariamente gli aiuti previsti dal diritto dell’Unione europea ai giovani 31 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, le parole: «alla data del 1 gennaio 2000», sono sostituite dalle seguenti: «alla data del subentro». Il d.lgs. 185/2000 riguarda tutti gli imprenditori, con alcune disposizioni specifiche per gli imprenditori giovani (lettere c e d) ed altre per gli imprenditori agricoli (sia giovani che non-giovani: lettere i, l, m). In una disposizione sulla qualifica di imprenditore agricolo giovane si è ritenuto opportuno ricordare, oltre alle disposizioni speciali di cui all’art. 9 del d.lgs. 185/2000, anche il richiamo ai benefici concessi dallo stesso decreto legislativo agli agricoltori indipendentemente dalla loro età. Dunque, per memoria, si riporta l’art. 1 d.lgs. 185/2000: «Principi generali. 1. Le disposizioni del presente titolo sono dirette a favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese, attraverso la promozione, l'organizzazione e la finalizzazione di energie imprenditoriali, a promuovere l'uguaglianza sostanziale e le pari opportunità tra uomini e donne nell'attività economica e imprenditoriale, a sostenere la creazione e lo sviluppo dell'impresa sociale ed a sostenere l'impresa agricola. // 2. Le disposizioni sono, in particolare, dirette a: a) favorire la creazione e lo sviluppo dell'imprenditorialità, anche in forma cooperativa; b) promuovere la formazione imprenditoriale e la professionalità dei nuovi imprenditori; c) agevolare l'accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile; d) promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione giovanile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi; e) promuovere la formazione imprenditoriale e la professionalità delle donne imprenditrici; f) favorire la creazione e lo sviluppo dell'impresa sociale; g) promuovere l'imprenditorialità e la professionalità dei soggetti svantaggiati; h) agevolare l'accesso al credito per le imprese sociali di cui all'art. 1, comma 1, lettera b ), della legge 8 novembre 1991, n. 381; i) favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità in agricoltura; l ) promuovere l'imprenditorialità e la professionalità degli agricoltori; m ) agevolare l'accesso al credito per i nuovi imprenditori agricoli.» Si ribadisce che l’art.1 del d.lgs. 185/2000 ha un ambito più generale di prioritariamente gli aiuti previsti dal diritto dell’Unione europea ai giovani agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell’azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti a favore del prepensionamento disposti dal diritto dell’Unione europea. 7. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell’obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 3 della legge 15 dicembre 1998, n. 441. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l’agricoltura o ad essi parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare. 8. La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 950/97 e successive modificazioni, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore. 9. Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un’agricoltura moderna previste dal diritto dell’Unione europea, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori. 10. Come è disposto dell’articolo 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) destina, in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di giovani agricoltori. 11. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell’azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti a favore del prepensionamento disposti dal diritto dell’Unione europea. 7. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell’obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 3 della legge 15 dicembre 1998, n. 441. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l’agricoltura o ad essi parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare. 8 (già comma 9). Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un’agricoltura moderna previste dal diritto dell’Unione europea, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori. 9 (già comma 10). Come è disposto dell’articolo 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) destina, in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di giovani agricoltori. 10 (già comma 11). Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali e di bollo e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano: a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli professionali, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento; b) giovani che non hanno ancora 32 quello dell’agricoltura. Si tenga presente anche che nelle lettere i), l) ed m) gli incentivi risultano concessi a tutti gli imprenditori agricoli indipendentemente dalla loro età. L’originaria norma conteneva l’espressione “nell’azienda agricola del familiare”, ma le parole “del familiare” sono state soppresse dalla lettera b) del comma 2-quater del d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, come aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 2008, n. 201. Come si è detto, la prima parte del comma 2 di questo nostro articolo è riprodotto dal comma 1 dell’art. 9 del d.lgs. 185/2000: “1. Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefici di cui all'art. 3, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell'azienda agricola [al familiare], che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui all'art. 10, comma 1”. L’ultima frase del comma 2 è riprodotta dal comma 01 dell’art. 9 del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 185, come aggiunto dalla lettera a) del comma 2quater dell’art.2 del d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 2008, n. 201, che così recita: “01. Le agevolazioni di cui al presente capo sono concedibili su tutto il territorio nazionale e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli”. Il richiamo alle agevolazioni di cui al Titolo I del d.lgs. 185/2000, ovviamente, diventa, da “esterno”, “interno” in questo stesso comma 2. Nel comma 3, la frase “Le società subentranti ecc.” è riprodotta, con una differenza lessicale per chiarire quale sia l’ambito di applicazione delle agevolazioni, dalla seconda parte del comma 2 dell’art. 9 del d.lgs. 185/2000 come risulta aggiunta, prima dall’art. 3 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, e poi dal comma 420 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006): “2. I soggetti di cui al comma 1 devono risultare residenti, alla data del subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nei territori di cui all'art. 2 [che, appunto, individua l’ambito territoriale di applicazione]. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa, nei territori di cui all’art. 2. // 3. L'azienda agricola deve essere e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali e di bollo e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano: coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli professionali, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento; giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni. 12. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù, individua, entro il ……ottobre 2009, i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del comma 13. L’individuazione del bene ai sensi del presente comma ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. 13. L’Agenzia del demanio cede in affitto i beni di cui al comma 12 a giovani imprenditori agricoli sulla base degli indirizzi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. 14. Ai contratti di affitto di cui al comma 13 si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 38. I contratti di affitto in favore dei giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso e per la quale è previsto l'importo in misura fissa di 51,65 euro. I detti benefìci sono revocati qualora sia accertata dai competenti uffici la mancata destinazione dei terreni affittati all'attività agricola da parte dell'interessato all'agevolazione. 15. I giovani imprenditori agricoli assegnatari di beni ai sensi del comma 13 possono accedere ai benefici di cui al capo III del titolo I del decreto compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni. 11 (già comma 12). Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della gioventù, individua i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del comma 12. L’individuazione del bene ai sensi del presente comma ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato. 12 (già comma 13). L’Agenzia del demanio cede in affitto i beni di cui al comma 11 a giovani imprenditori agricoli sulla base degli indirizzi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. A tali contratti di affitto si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 48. 13 (già comma 14). I contratti di affitto in favore dei giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso e per la quale è previsto l'importo in misura fissa di 51,65 euro. I detti benefìci sono revocati qualora sia accertata dai competenti uffici la mancata destinazione dei terreni affittati all'attività agricola da parte dell'interessato all'agevolazione. 14 (già comma 15). I giovani imprenditori agricoli assegnatari di beni ai sensi del comma 12 possono accedere ai benefici di cui al presente articolo. 15 (già comma 16). Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le modalità di cui ai commi 12 e 13, previa autorizzazione dell’amministrazione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere rassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondi di solidarietà nazionale – incentivi assicurativi, di cui all’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni. 33 localizzata nei territori di cui all'art. 2». Sempre nel comma 3, la frase “l’azienda agricola ecc.” è riprodotta dal comma 3 dell’originario art. 9 del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 185. Il comma 4 è riprodotto dal comma 2bis dell’art. 9 del d.lgs 21 aprile 2000, n. 185, come aggiunto dalla lettera c) del comma 2-quater dell’art. 2 del d.l. 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modifiche, nella legge 22 dicembre 2008, n. 201: “Le società subentranti devono essere amministrate da un giovane imprenditore agricolo e devono essere prevalentemente composte da soggetti di età compresa fra i 18 e i 39 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione”. Il comma 5 è riprodotto dall’art. 10 d.lgs. 185/2000: “Possono essere finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti posti dall’Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Sono esclusi dal finanziamento i progetti che: a) prevedono investimenti superiori a euro 1.050.000 al netto dell’IVA; b) si riferiscono a settori esclusi o sospesi dal CIPE o da disposizioni comunitarie”. I commi 6, 7, 8 (già commi 6, 7 e 9) sono riprodotti dai commi 1, 2 e 4 dell’articolo 3 legge 15 dicembre 1998, n. 441 Norme per la diffusione e la valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura. «Aiuti al primo insediamento determinazione del reddito e formazione. 1. Le regioni accordano prioritariamente gli aiuti di cui all'articolo 10 del citato regolamento (CE) n. 950/97 ai giovani agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate delimitate ai sensi degli articoli 21 e seguenti del medesimo regolamento, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell'azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti previsto dal programma di cui al regolamento (CE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992. // 2. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell'obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai co. 4 e 5. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l'agricoltura o ad essi legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni. 16. Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le modalità di cui ai commi 13 e 14, previa autorizzazione dell’amministrazione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere rassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondi di solidarietà nazionale – incentivi assicurativi, di cui all’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni. 17. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impiegare con le modalità di cui al comma 11 i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola. 18. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali congiuntamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 13 e 14, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati, indicando le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione sui beni affittati. 16 (già comma 17). Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impiegare con le modalità di cui al comma 11 i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola. 17 (già comma 18). Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali congiuntamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della gioventù presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 12 e 13, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati, indicando le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione sui beni affittati. Qualora l’alienazione sia disposta a favore dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo (ISMEA) si applica l’articolo 71. 18. Nelle procedure di alienazione dei terreni di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali di cui all’articolo 7 della legge 12 novembre 2011, n. 183, al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori, così come definiti dal comma 1. 19. La normativa di cui al decreto legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all’ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimitazioni di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. 20. I criteri e le procedure applicative per l’estensione di cui al comma 18, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 34 parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare. // 3. La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del citato regolamento (CE) n. 950/97, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore. // 4. Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un'agricoltura moderna previste dagli articoli 26, 27 e 28 del citato regolamento (CE) n. 950/97, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori. // Allo scopo di realizzare percorsi formativi finalizzati all’inserimento lavorativo in agricoltura di giovani laureati o diplomati, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con le regioni, è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 516 milioni di euro annue a decorrere dal 1999”. L’art. 3 della legge 441/1998 ha un comma 3 che – si ripete – recita: “La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 950/1977 e successive modificazioni, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore”. Il comma 9 è riprodotto dall’art. 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441. Se ne riporta solo il comma 1, perché ad essi si fa solo un rinvio: “La Cassa per la formazione della proprietà contadina, 35 di cui all’art. 9 del d. lgs. 5 marzo 1948, n. 121, e successive modificazioni, destina, in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di: a) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i 40 anni, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto iscritti nelle relative gestioni previdenziali; b) giovani che non hanno ancora compiuto i 40 anni che intendono esercitare attività agricola a titolo principale a condizione che acquisiscano entro 24 mesi dall’operazione di acquisto o ampliamento la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto e la iscrizione nelle relative gestioni previdenziali entro i successivi 12 mesi; c) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i 40 anni, che siano subentrati per successione nella titolarità di aziende a seguito della liquidazione agli altri aventi diritto delle relative quote, ai sensi dell’art. 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203”. Seguono altri cinque commi sui motivi di preferenza (comma 2), sui programmi di ricomposizione a cura della Cassa (comma 3), sulle convenzioni Regioni-Cassa (comma 4), sulla partecipazione della Cassa al proramma di prepensionamento (comma 5) e sul vincolo di indivisibilità del fondo (comma 6). Alla Cassa è subentrata l’ISMEA. Il comma 10 è riprodotto dal comma 1 dell’articolo 14 della legge 15 dicembre 1998, n. 441 Norme per la diffusione e la valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, come modificato dall’art. 6, comma 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 322: “1. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall'INVIM e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano: a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali o a 36 condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento; b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni”. I commi 12 (ora comma 11) e 13 (ora comma 12) sono riprodotti dai commi 1 e 2 dell’art. 4-quinques del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102: “1. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente articolo, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, individua, i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del presente articolo. L’individuazione del bene ai sensi del presente comma ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato.// 2. L’Agenzia del demanio cede in affitto i beni di cui al comma 1 a giovani imprenditori agricoli sulla base degli indirizzi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”. L’ultima frase del comma 12 (già comma 13) è riprodotta dal comma 3 dell’art. 4-quinquies del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102: “Ai contratti di affitto di cui al comma 2 si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 5bis, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228”. Per memoria si ricorda che l’art. 5-bis, comma 2, del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, coordinato con i commi 1 e 5 dell’art. 5-bis della legge 31 gennaio 1994 n. 97, introdotto dall’art 52, comma 21, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, stabilisce: “Il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. Gli onorari 37 notarili per gli atti di cui ai commi 1 e 3 sono ridotti ad un sesto. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute”. L’art. 5-bis, comma 3, dell’art. 5-bis del detto d.lgs. 228/01 stabilisce: “3. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni”. I commi 2 e 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. 228/2001 sono, in questo decreto legislativo, riprodotti dall’art. 48 (già art. 41). Il comma 14 (ora comma 13) riproduce i commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge 15 dicembre 1998, n. 441 Norme per la diffusione e la valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura: “1. Allo scopo di favorire il conseguimento di efficienti dimensioni delle aziende agricole, anche attraverso il ricorso all'affitto, i contratti di affitto in favore dei giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso e per la quale è previsto l'importo in misura fissa di 51,65 euro. // 2. I benefìci di cui al comma 1 sono revocati qualora sia accertata dai competenti uffici la mancata destinazione dei terreni affittati all'attività agricola da parte dell'interessato all'agevolazione”. Il comma 15 (ora comma 14) è riprodotto dal comma 4 dell’art. 4quinquies del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102: ”4. I giovani imprenditori agricoli assegnatari di beni ai sensi del comma 2 del presente articolo possono accedere ai benefici di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni”. I commi 16, 17 e 18 (ora commi 15, 16 e 17) sono riprodotti dai commi 5, 6 e 7 dell’art. 4-quinquies del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102: “5. Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le modalità di cui al 38 presente articolo, previa autorizzazione dell’amministrazione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere rassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondi di solidarietà nazionale – incentivi assicurativi, di cui all’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni.// 6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impiegare con le modalità di cui al presente articolo i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola.// 7. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati, indicando le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione sui beni affittati. Benché l’articolo sia “gigantesco” (così si esprime il Consiglio di Stato nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 40), tuttavia, anche secondo il Consiglio di Stato, i numerosi commi accorpati “sono difficilmente ripartibili in distinti articoli, se si vuole mantenere l’unitarietà della disciplina e, conseguentemente, della figura”. *Quanto al momento di contare i 40 anni per essere considerato imprenditore giovane di cui al comma 1, ancorché “la modifica sia in apparenza scarsamente percettibile, essa è importante, giacché, secondo la precedente formulazione, era giovane imprenditore agricolo qualsiasi soggetto fino al giorno del compimento del quarantunesimo anno di età; in base alla attuale formulazione, invece, si può acquisire la qualifica di giovane imprenditore agricolo fino al compimento del quarantesimo anno di età”. Le espressioni sopra virgolettate fanno parte del punto 2.13 del parere del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2010 (pag. 40). *Con riferimento al comma 2 il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 40), ha osservato che la norma riproduce, con adeguamenti formali per ragioni di coordinamento, il comma 1 dell’art. 9 d.lgs 21 aprile 2000, n. 185, come risultante da varie modifiche succedutesi nel tempo e che “la circostanza che le agevolazioni di cui al d. lgs. 21 aprile 2000, n. 185 non riguardino solo gli imprenditori agricoli giovani, ma anche gli imprenditore agricoli di qualsiasi età, non influisce sul senso della disposizione, atteso che il richiamo a tale normativa, all’interno della disposizione sugli imprenditori agricoli giovani, si apprezza con riferimento agli stessi, indipendentemente dal fatto che la regola ivi dettata valga anche per gli altri imprenditori agricoli”. *Sempre con riguardo al comma 2, il richiamo al Capo III del d.lgs. 185/2000 contenuto nel testo approvato dal Consiglio dei Ministril’11.12.2009 va modificato più correttamente a Titolo I. Il suggerimento dall’ISMEA, con nota 1 marzo 2010 n. 1131, va accolto. A seguito dell’incontro del 9.11.2011 l’ISMEA ha fatto presente che l’art. 2, comma 2quater del d. l. 23 ottobre 2008 n. 162 ha esteso all’intero territorio nazionale l’operatività degli strumenti agevolativi in argomento. L’osservazione va accolta e quindi il comma 3 viene modificato in tal senso. *Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 41), ha suggerito di distinguere le disposizioni del comma 5 inserendovi le lettere a) e b). Inoltre, come già detto, il Consiglio di Stato rileva che il richiamo generico al diritto comunitario (melius, al diritto dell’Unione europea) e non ai singoli specifici regolamenti comunitari è “una tecnica ammissibile, anzi opportuna, consentendo un adeguamento automatico al diritto europeo” (pag. 42). *L’attenta rilettura della disposizione come contenuta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri ha consentito di rilevare che nell’originario comma 8 si faceva rinvio: al regolamento 950/1997 e alla decisione della Commissione 85/377 sul “reddito lordo standard” (RLS) che sono stati abrogati senza riproposizione della disposizione. Si è provveduto ad eliminare l’intero comma. Tale disposizione era stato riportata come comma 8 nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, e con riguardo ad essa il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 43), nel rilevare che il riferimento al regolamento CE 950/1997 [e alla decisione della Commissione 85/3777] non era stato correttamente sostituito dal preferibile generico riferimento al diritto comunitario essendosi limitati ad aggiungere il rinvio alle “successive modificazioni”, ha ritenuto che “ciò [sia] spiegabile con la funzione del rinvio, che attiene ad una fattispecie determinata, esclusivamente disciplinata dalla fonte in questione, mentre l’aggiunta vale a caratterizzare la natura formale – dunque mobile – del rinvio”. Tuttavia, la decisione 85/377 della Commissione del 7 giugno 1985 il cui art. 3 definiva il “reddito lordo standard” è stata abrogata dal Regolamento 1242/2008 della Commissione che, nell’istituire una tipologia comunitaria delle aziende agricole”, non fa più parola del RLS. Da parte sua, il Reg. 950/1997 è stato abrogato dal Reg. 1257/99. Tutto ciò porta ad espungere dal proposto testo il (vecchio) comma 8, con rinumerazione dei commi successivi. Va ancora messo in evidenza che nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 mancava il comma 5 della legge 441/1998 che è 39 stato riportato nell’art. 3 del DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino; nel dossier di documentazione si è prospettata l’opportunità di valutare la legittimità della delegificazione del comma 5, mentre il Consiglio di Stato, nella parte sopra citata del suo parere, non solleva osservazioni sulla delegificazione. *Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 44), ha suggerito di distinguere le disposizioni dell’originario comma 11 (ora, comma 10) inserendovi le lettere a) e b). *Si è fatto notare che l’originario comma 12, ora comma 11 per l’eliminazione dell’originario comma 8, non fissa una data certa per l’ottemperanza degli obblighi posti in capo all’Agenzia del demanio in materia di affitto di beni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici (Commissione Agricoltura del Senato). L’osservazione è giusta e appropriata. La scadenza dell’originaria norma del comma 1 dell’art. 4-quinquies del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009 n. 102, individuava il mese di ottobre 2009, data non prorogata al momento in cui il presente schema è stato approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Il decreto legge 30 dicembre 2009, n. 294 (il c.d. decreto mille-proroghe) convertito in legge con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25, non contiene alcuna proroga. Non risulta che il nuovo decreto legge “mille proroghe” abbia provveduto. Probabilmente sarà individuato da uno dei prossimi decreti del Ministero Monti. *E’ stato suggerito di “spostare” il periodo “Ai contratti di affitto di cui al comma 13 si applicano le agevolazioni previste dall’articolo 41” dall’incipit dell’originario comma 14 (ora comma 13) alla fine dell’originario comma 13 (ora comma 12) (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento può ben essere accolto al fine di rendere più lineari i disposti dei due commi. La formulazione definitiva degli attuali commi 12 e 13 è ora redatta secondo il suggerimento. *L’attenta rilettura della disposizione come contenuta nell’originario comma 15 (ora comma 14) nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri ha consentito di rilevare che, nell’originario comma 15, si faceva rinvio al capo III del titolo I del d.lgs. 185/2000, quando il rinvio effettivo è al precedente comma 2 dello stesso articolo. Si è provveduto a riformulare in tal senso la disposizione. Con riferimento al comma 14 Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 45) ha suggerito di riformulare il rinvio ai “benefici di cui al presente articolo”. *Si è suggerito di aggiungere un nuovo comma che chiarisca che le ipotizzate (ora comma 17) vendite dei terreni (poi destinabili a giovani imprenditori agricoli) previste dal d.lgs. 114/1948 possano avvenire a trattativa privata quando l’acquirente sia l’ISMEA. Il suggerimento è da accogliersi, ma si è ritenuto più coerente riportarlo sub art. 64 di questo schema di decreto di riordino. *Con la nota 1.3.2010 n. 1131 l’ISMEA ha suggerito di riprodurre, al comma 17, il combinato disposto dall’articolo 5 del decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114 e dell’articolo 13 della legge 23 aprile 1949, n. 165, erroneamente abrogato dal d.l. 25 giugno 1948, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, che, come noto, agevolano, con il meccanismo della trattativa privata, la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico avente destinazione agricola, qualora l’acquirente sia l’ISMEA e l’acquisto avvenga nell’esecuzione dei suoi compiti di organismo fondiario nazionale. Si è, però, preferito riportare il testo suggerito dall’ISMEA sub art. 71 (già art. 64), e qui rinviare al detto articolo 71 (già articolo 64). *Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo (l’art. 4) rubricato “Disposizioni per l’insediamento nelle zone di montagna a favore degli imprenditori agricoli giovani” che era riprodotto dall’articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)", Disposizioni per l'insediamento nelle zone di montagna, «1. La normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all'ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimitazioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. // 2. I criteri e le procedure applicative per l'estensione di cui al comma 1, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al decretolegge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo: le considerazioni appaiono meritevoli di accoglimento, sicché si provvede a rimettere nello schema di decreto legislativo la disposizione che era stata ripresa dall’articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003). Di conseguenza, all’art. 13 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, sono stati ora aggiunti i commi 18 e 19. *Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha contestato l’inclusione dei commi 18 e 19 [nell’ultimissima versione, commi 19 e 20] in quella che essa ha chiamato “Codice civile” [ma occorre ribadire che lo schema di decreto legislativo non solo non è Codice civile, ma neanche è un “codice”, perché è solo una sorta di testo unico con possibilità di modeste modifiche delle norme originarie], in cui male farebbero parte norme finanziarie. Era stato proprio il carattere finanziario dell’incentivazione contenuta nella legge 289/2002 che ci aveva indotto a inserire le norme originarie (sulle misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno) nello schema di DPR: ma il Consiglio di Stato ne ha contestato la delegificazione, cosicché sono state inserite nello schema di decreto legislativo prendendo i numeri 18 e 19 dei commi di questo art. 13. Inoltre la Coldiretti ha fatto presente che è, comunque, una disposizione finora non attuata, sicché ben può ritenersi “perenta”. Il fatto che finora il CIPE non abbia determinato “i criteri e le procedure” non vuol significare “perenzione” della disposizione; né vuol dire che il MiPAAF, anche su sollecitazione degli interessati, non possa pretendere che nel bilancio annuale dello Stato sia inserita la voce dei 10 milioni di euro per l’imprenditoria agricola giovanile del Mezzogiorno. Sono questi i motivi che consigliano di conservare, nell’art. 13 di questo schema di decreto legislativo di semplificazione, i commi 18 e 19 [nell’ultimissima versione, commi 19 e 20]. *Successivamente all’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la legge 12 novembre 2011 n. 183 (sul c.d. Patto di stabilità) ha introdotto, all’art. 7, la disposizione sull’alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle Regioni, Provincie e Comuni. Il detto art. 7, al comma 2, riconosce ai giovani agricoltori 40 il diritto di prelazione. La formula è la seguente: “Nelle procedure di alienazione dei terreni di cui al comma 1 [terreni a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del d.lgs. 28 maggio 2010 n. 85, e degli enti pubblici nazionali], al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori, così come definiti dal decreto legislativo 21 aprile 2000 n. 185” [qui riportato al comma 1]. In sostanza, ai giovani agricoltori, già da preferire nei contratti di affitto di terreni agricoli di proprietà pubblica [come qui disposto ai commi da 11 a 16], viene attribuito il diritto di prelazione sui terreni agricoli che lo Stato, gli enti pubblici nazionali e le Regioni dismettono con contratti di alienazione. Si ritiene necessario riportare, nel (nuovo) comma 18 di questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione, la prima frase del comma 2 dell’art. 7 della legge 183/2011, perché esso introduce un nuovo vantaggio a favore degli agricoltori giovani. Tutto l’articolo ha, invece, un’altra materia, che resta “fuori” dell’argomento di questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione che è, come dovrebbe essere ormai chiaro, un testo unico delle normative sull’attività agricola. L’ulteriore conseguenza è riportare la prima frase di detto comma 2 tra le disposizioni abrogate. Capo VI I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 2, commi 1 e 2, legge 20 febbraio 2006, n. 96, con inversione della frase: “1. Per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c., anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. // 2. Possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari”. I comma 3 e 4 sono riprodotti dall’art. 9 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1. L'uso della denominazione «agriturismo», e dei termini attributivi derivati, è riservato esclusivamente alle aziende agricole che esercitano l'attività agrituristica ai sensi dell'articolo 6. // 2. Al fine di una maggiore trasparenza e uniformità del rapporto tra domanda e offerta di agriturismo, il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro delle attività produttive, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina criteri di classificazione omogenei per l'intero territorio nazionale e definisce le modalità per l'utilizzo, da parte delle regioni, di parametri di valutazione riconducibili a peculiarità territoriali”. Per maggiore correttezza tecnicolegislativa si sono sostituite le parole “aziende agricole” [ex art. 2555 c.c., Delle attività connesse all’attività di impresa agricola Capo VI Di alcune attività connesse alla principale attività di impresa agricola Sezione I Dell’attività agrituristica Sezione I Dell’attività agrituristica Art. 14 (Definizione. Riserva di denominazione e classificazione) 1. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, possono esercitare attività di ricezione ed ospitalità attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. 2. Possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari. 3. L’uso della denominazione «agriturismo», e dei termini attributivi derivati, è riservato esclusivamente alle imprese agricole che esercitano l’attività agrituristica. 4. Al fine di una maggiore trasparenza e uniformità del rapporto tra domanda e offerta di agriturismo, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina criteri di classificazione omogenei per l’intero territorio nazionale e definisce le modalità per l’utilizzo, da parte delle regioni, di parametri di valutazione Art. 14 (Definizione. Riserva di denominazione e classificazione) 1. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone o di cooperativa, oppure associati fra loro, possono esercitare attività di ricezione ed ospitalità attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali. 2. Possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari. 3. L’uso della denominazione ‘agriturismo’, e dei termini attributivi derivati, è riservato esclusivamente alle imprese agricole che esercitano l’attività agrituristica. 4. Al fine di una maggiore trasparenza e uniformità del rapporto tra domanda e offerta di agriturismo, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentiti i Ministri dello sviluppo economico e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina criteri di classificazione omogenei per l’intero territorio nazionale e definisce le modalità per l’utilizzo, da parte delle 41 l’azienda è un complesso di beni] con “imprese agricole” [ex art. 2082 c.c., l’impresa è attività di un soggetto]. Per memoria si ricorda che l’art. 8 legge 20 febbraio 2006, n. 96, è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339. Il comma 5 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 7 della legge 20 febbraio 2006 n. 96 sull’agriturismo: “2. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia, autorizzato ai sensi dell'articolo 6, comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo”. L’originario art. 6 della legge 96/2006 sulla disciplina amministrativa dell’attività agrituristica conteneva i commi 2 e 3 che prevedevano una sorta di ”autorizzazione” da parte del Comune: questi due commi sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte cost. con sentenza 12 ottobre 2007 n. 339. riconducibili a peculiarità territoriali. 5. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo. regioni, di parametri di valutazione riconducibili a peculiarità territoriali 5. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo. Il Consiglio di Stato, nel punto 3.1 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 46 e 47), suggerisce di inserire gli aggettivi “alcune” e “principale” nella stessa rubrica del Capo VI per “rimuovere esplicitamente ogni equivoco in forza del quale si possa ipotizzare sia ristretto il novero delle attività connesse [alle due] esplicitate [nel presente decreto legislativo di riordino], sia adottato l’innovativo criterio del numero chiuso, cioè della necessaria tipicità, delle ‘attività connesse’”. Il consiglio ben può essere accettato. *Si è chiesto che si chiarisca normativamente se sia necessario essere un “agriturismo” per svolgere le attività di tipo ricreative, culturali e didattiche (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: ricordando che la formula proposta in questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione è quella originaria, si torna a ribadire che I limiti imposti dalla legge delega alla formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme originarie, anche per evitare il pericolo di impingere su disposizioni fiscali. *Nel comma 1 probabilmente l’espressione “oppure associati tra loro” non è sufficiente a risolvere il dubbio che gli imprenditori agricoli possono svolgere l’attività agrituristica anche se “associati” in forma cooperativa. Il suggerimento della Confcooperative (nota del 25.1.2010) merita essere accolto. E in effetti, un’attenta rilettura della disposizione del comma 1 ha permesso di rilevare come l’espressione, qui adoperata, di “imprenditori agricoli … associati fra loro” non sia sufficiente a risolvere il dubbio se siano comprese le cooperative. Poiché però si fa rinvio alle forme di società di capitali e di persone, è da aggiungersi, nella formula, anche le “cooperative” e ciò per ragioni sistematiche. Di conseguenza, la disposizione è stata in tal senso riformulata. *Con riferimento al comma 2 il Consiglio di Stato, nel punto 3.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 48), ritiene che debba ripristinarsi il termine “aziende agricole” della norma originaria rispetto all’adoperato termine “imprese agricole”. Però si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: l’azienda è un complesso di beni (art. 2555 c.c.), mentre l’impresa/imprenditore richiama il soggetto e la sua attività (art. 2082 c.c.). Ora, le “aziende” non esercitano l’attività agrituristica [così verrebbe a ricostituirsi la formula originaria, se si accogliesse il parere del Consiglio di Stato], dato che solo le “imprese” possono esercitarla. *Con riferimento al comma 3 si ricorda che, in sede di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 fu deciso – a seguito delle innovazioni sull’organizzazione governativa – di sostituire il “parere” con il “concerto” non solo del Ministro dello sviluppo economico ma anche di quello del turismo. Il Consiglio di Stato, nel punto 3.2. del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 48), critica la sostituzione del termine “parere” con “concerto” e l’introduzione del concerto anche del Ministro del turismo, e ciò per difetto di “legittimazione legislativa”. Il rilievo è corretto, soprattutto con riguardo al termine “concerto”, dato che “il passaggio dal modulo della mera consultazione obbligatoria ma non vincolante (parere) a quello consensualistico del concerto rafforza sensibilmente, conducendolo fino alla codeterminazione del contenuto”. Le considerazioni del Consiglio di Stato non possono essere disattese, sicché si è 42 modificata la disposizione come era stata approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, ripristinando l’originario termine “parere”, lasciando però il richiamo al Ministro del turismo. I commi 1-3 sono riprodotti dai commi 3-5 dell’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 96, dopo aver provveduto a sostituire alla parola “marchi” la parola “segni” dato che le Dop, Igp, Igt, Doc e Docg non sono marchi ma segni distintivi: “3. Rientrano fra le attività agrituristiche: a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori; b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcoolico e superalcoolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità indicate nell'articolo 4, comma 4; c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la legge 27 luglio 1999, n. 268; d) organizzare, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. // 4. Sono considerati di propria produzione i cibi e le bevande prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioni esterne. // 5. Ai fini del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore agricolo, nonché della priorità nell'erogazione dei contributi e, comunque, ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo”. La legge 96/2006 ha l’art. 10 secondo cui “Alla vendita dei prodotti propri, tal quali o comunque trasformati, nonché dei prodotti tipici locali da parte dell'impresa agrituristica si applicano le disposizioni di cui alla legge 9 febbraio 1963, n. 59, e successive modificazioni, e all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001 n.228”. A parte la considerazione che la legge 59/1963 è stata abrogata dall’art.24 (Allegato A) del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, l’art. 4 del d.lgs. 228/2001 viene qui riportato all’art. 27 (già art. 23). Art. 15 Art. 15 (Elenco e disciplina delle attività (Elenco e disciplina delle attività agrituristiche) agrituristiche) 1. Rientrano fra le attività 1. Rientrano fra le attività agrituristiche: agrituristiche: a)dare ospitalità in alloggi o in spazi a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di aperti destinati alla sosta di campeggiatori; campeggiatori; b) somministrare pasti e bevande b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcolico, con carattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici e preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai segni DOP, IGP, IGT, caratterizzati dai segni DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità tradizionali, secondo le modalità stabilite dalle regioni tenendo conto dei stabilite dalle regioni tenendo conto dei criteri di cui al comma 5; criteri di cui al quarto comma; c) organizzare degustazioni di c) organizzare degustazioni di prodotti prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, di vini, alla quale si applica l’articolo alla quale si applica l’articolo 20; 18; d) organizzare, anche all'esterno dei d) organizzare, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, attività ricreative, dell'impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. Per la territorio e del patrimonio rurale. Per la disciplina delle attività ricreative o disciplina delle attività ricreative o culturali si applica il comma 5. culturali si applica il comma 5. 2. Sono considerati di propria 2. Sono considerati di propria produzione i cibi e le bevande prodotti, produzione i cibi e le bevande prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda lavorati e trasformati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola e materie prime dell'azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioni esterne. ottenuti attraverso lavorazioni esterne. 3.Ai fini del riconoscimento delle 3. Ai fini del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore diverse qualifiche di imprenditore agricolo, nonché della priorità agricolo, nonché della priorità nell'erogazione dei contributi e, nell'erogazione dei contributi e, comunque, ad ogni altro fine che non comunque, ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale, il reddito sia di carattere fiscale, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo. considerato reddito agricolo. 4. Affinché l'organizzazione dell'attività 4. Al fine di contribuire alla agrituristica non abbia dimensioni tali realizzazione e alla qualificazione delle da perdere i requisiti di connessione attività agrituristiche e alla promozione rispetto all'attività agricola, le regioni e dei prodotti agroalimentari regionali, le province autonome definiscono nonché alla caratterizzazione criteri per la valutazione del rapporto di regionale dell'offerta enogastronomica, connessione delle attività agrituristiche spetta alle regioni disciplinare la rispetto alle attività agricole che somministrazione di pasti e di bevande devono rimanere prevalenti, con di cui al comma 1, lettera b), tenendo particolare riferimento al tempo di conto del criterio secondo cui la parte lavoro necessario all'esercizio delle rimanente dei prodotti impiegati nella stesse attività.. Egualmente, le regioni somministrazione deve preferibilmente e le province autonome, tenuto conto provenire da artigiani alimentari della delle caratteristiche del territorio zona e comunque riferirsi a produzioni regionale o di parti di esso, dettano agricole regionali o di zone omogenee criteri, limiti e obblighi amministrativi 43 La prima parte del comma 4 è riprodotta dal comma 2 dell’art. 4 della legge 96/2006 rimasto in vigore dopo la sentenza della Corte costituzionale 339/2007. La seconda parte del comma 4 è riprodotta dal comma 1 dell’art. 4 della legge 96/2006 rimasto in vigore dopo la sentenza della Corte costituzionale 339/2007. Il comma 5 è riprodotto da quanto dell’originario art. 4 della legge 96/2006 è rimasto in piedi dopo la sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339, che ha soppresso il comma 3, nonché le lettere a, b, c, e, f del comma 4. E’ stata, quindi, “salvata” la lettera d) che viene riprodotta nel comma 5 (già comma 4) del nostro art. 15. Essa è formulata così: “4. Al fine di contribuire alla realizzazione e alla qualificazione delle attività agrituristiche e alla promozione dei prodotti agroalimentari regionali, nonché alla caratterizzazione regionale dell'offerta enogastronomica, le regioni disciplinano la somministrazione di pasti e di bevande di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b), tenendo conto [del criterio secondo cui]: a)…; b) …; c)…; d) la parte rimanente dei prodotti impiegati nella somministrazione deve preferibilmente provenire da artigiani alimentari della zona e comunque riferirsi a produzioni agricole regionali o di zone omogenee contigue di regioni limitrofe; …”. Per quanto concerne il comma 6 [e per come si è appena detto con riguardo all’originario art. 4 della legge 96/2006 come “modificato” in base alla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339, che ha soppresso il comma 3, nonché le lettere a, b, c, e, f del comma 4, lasciando “salvi” la lettera d) del comma 4 e il comma 5], il testo di tale comma 6 viene riprodotto dall’originario art. 4 legge 20 febbraio 2006, n. 96, che recitava: 1. …… // 2…. // 3. …. // 4.… // 5. Le attività ricreative o culturali di cui all'articolo 2, comma 3, lettera d), possono svolgersi autonomamente rispetto all'ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con l'attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell'azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad contigue di regioni limitrofe. 5. Le attività ricreative o culturali di cui alla lettera d) del comma 1 possono svolgersi autonomamente rispetto all'ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con l'attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell'azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo. 6. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, sono equiparate alle attività agrituristiche. 7. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla promozione e valorizzazione dell’attività agrituristica in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione. 8. Sono fatte salve le disposizione in materia di igiene e sanità di competenza del Ministero della salute. per lo svolgimento dell’attività agrituristica. 5 (già comma 4). Al fine di contribuire alla realizzazione e alla qualificazione delle attività agrituristiche e alla promozione dei prodotti agroalimentari regionali, nonché alla caratterizzazione regionale dell'offerta enogastronomica, spetta alle regioni disciplinare la somministrazione di pasti e di bevande di cui al comma 1, lettera b), tenendo conto del criterio secondo cui la parte rimanente dei prodotti impiegati nella somministrazione deve preferibilmente provenire da artigiani alimentari della zona e comunque riferirsi a produzioni agricole regionali o di zone omogenee contigue di regioni limitrofe. 6. (già comma 5) Le attività ricreative o culturali di cui alla lettera d) del comma 1 possono svolgersi autonomamente rispetto all'ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con l'attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell'azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo. 7 (già comma 6). Nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole fuori dell’azienda, sono equiparate alle attività agrituristiche secondo i principi indicati nei commi precedenti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome. 8 (già comma 7). Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla disciplina, promozione e valorizzazione dell’attività agrituristica in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione. 9 (già comma 8). Sono fatte salve le disposizione in materia di igiene e sanità di competenza del Ministero della salute e delle regioni e province autonome. 44 autonomo corrispettivo”. Il comma 7 è riprodotto dal comma 3bis dell’art. 59 (sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità) della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come aggiunto dall’art. 123 (Promozione e sviluppo delle aziende agricole e zootecniche biologiche) della legge 23 dicembre 2000, n. 388: “ Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, possono essere equiparate ai sensi di legge alle attività agrituristiche di cui all’art. 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730, secondo i principi in essa contenuti e secondo le disposizioni emanata dalle regioni o dalle province autonome”. Le parole “possono essere” sono state trasformate in “sono”, perché una corretta redazione legislativa lo impone: una legge non “può” disporre, ma “dispone”! Il comma 8 è riprodotto dall’art. 15 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità di cui alla presente legge in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione”. Si è chiesto che sia precisato normativamente che le “attività ricreativo-culturale” sono (anche) appannaggio regionale (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: l’art. 15 si limita a definire l’attività agrituristica e la definizione spetta all’ordinamento civile dello Stato. D’altronde, ormai la Corte costituzionale ha dichiarato che le norme di dettaglio sull’agriturismo – cioè le norme che in concreto disciplinano le attività “elencate” dallo Stato – spettano alle Regioni. L’osservazione (da più parti sollevata) di riconsiderare meglio le disposizioni che negli schemi di decreto legislativo e di DPR sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 ha consentito di “tornare” a legificare quanto già contenuto nei commi 1 e 2 dell’art. 4 della legge 96/2006 che non sono stati incisi dalla sentenza della Corte costituzionale 339/2007. Di conseguenza l’art. 15 del presente decreto si accresce di un comma, il quarto, provocando lo scorrimento dei successivi commi. E’ stato chiesto di chiarire normativamente il comma già 6 dell’art. 15 (ora comma 7) che connetterebbe obbligatoriamente le attività di ricezione e di ospitalità con la diffusione dei prodotti agricoli o di qualità (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Poiché la legge delega consente di “migliorare” il testo italiano delle formulazioni normative e poiché la norma originaria, rappresentata dal comma 3-bis dell’art. 59 legge 488/1999 come aggiunto dall’art. 123 legge 388/2000, intende equiparare alle attività agrituristiche le attività di ricezione, ospitalità, degustazione di prodotti agricoli o di qualità e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, qualora esse vengano svolte “nell’ambito della diffusione” di tali prodotti (si immagini una fiera – come quella del Vinitaly – in cui le attività non sono svolte nell’azienda, ovvero in una situazione in cui manca il requisito dell’uniaziendalità proprio della connessione), l’osservazione merita accoglimento. Di conseguenza il comma già 6, ora comma 7, è stato riformulato così: “Nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole fuori dell’azienda, sono equiparate alle attività agrituristiche secondo i principi indicati nei commi precedenti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni e province autonome”. Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata Stato-Regioni ritiene necessario sostituire l’originario comma 7 (ora comma 8) con il seguente: “Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla disciplina, promozione e valorizzazione dell’attività agrituristica in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione”. Al fine di ripristinare l’ampio riferimento alla potestà legislativa delle autonomie speciali contenuto nell’art. 15 della legge 20 febbraio 2006 n. 96, la osservazione va accolta. Di conseguenza l’attuale comma 8 dell’art. 15 del proposto decreto legislativo di riordino e semplificazione è stato modificato. 45 Si ritiene doveroso aggiungere nella originaria disposizione del comma 8 (ora comma 9) facente parte dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, che “sono fatte salve le disposizioni in materia di igiene e sanità di competenza [non solo] del Ministero della salute e [anche] delle regioni e province autonome: ciò in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n.339. ART. 5 DPR Art. 16 L’articolo 5 dello schema di DPR è (Certificati di abilitazione e (Certificato di abilitazione). riprodotto, con inversione del requisiti igienico-sanitari degli 1. Le modalità per il rilascio del soggetto, dall’art. 7 legge 20 febbraio immobili) certificato di abilitazione all'esercizio 2006, n. 96: “1. Le regioni disciplinano 1. Le modalità per il rilascio del dell'attività agrituristica sono le modalità per il rilascio del certificato certificato di abilitazione all'esercizio disciplinate dalle regioni, che possono di abilitazione all'esercizio dell'attività dell'attività agrituristica e la organizzare, attraverso gli enti di agrituristica. Per il conseguimento del determinazione dei requisiti igienico- formazione del settore agricolo e in certificato, le regioni possono sanitari degli immobili e delle collaborazione con le associazioni organizzare, attraverso gli enti di attrezzature da utilizzare per le attività agrituristiche più rappresentative, corsi formazione del settore agricolo e in agrituristiche sono disciplinate dalle di preparazione. collaborazione con le associazioni regioni e dalle province autonome. agrituristiche più rappresentative, corsi di preparazione. // 2. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia, autorizzato ai sensi dell'articolo 6, comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo”. Originariamente, nel testo approvato dal CdM l’11.12.2009, la disposizione faceva parte del parallelo DPR all’art. 5, sotto la rubrica “Certificato di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili [adibiti ad attività agrituristiche”. l Consiglio di Stato nel suo parere del 24 febbraio 2010 ha contestato l’avvenuta delegificazione; sicché la disposizione di cui al presente articolo, già inserito nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, è stato riportato nello schema di decreto legislativo di riordino. Ecco la ragione di questo nuovo art. 16. Anche la Commissione Agricoltura del Senato ha segnalato la necessità di integrare l’articolato del decreto legislativo con le disposizioni dell’art. 4 (comma 2), dell’art. 5 (commi 1, secondo periodo, 3 e 6) della legge 96/2006, perché non dichiarati incostituzionali con la sentenza 12 ottobre 2007 n. 339. Il suggerimento, pur limitato alle disposizioni dell’art. 5, commi 1, 3 e 6, va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza unificata Stato-Regioni ha ritenuto necessario sopprimere il riferimento alle Province autonome. La proposta di emendamento è stata accolta. I commi 1, 2 e 4 riproducono l’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo. // 2. Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggisticoambientali dei luoghi. // 3. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali”. I commi 3 e 5 riprendono i commi 1 e 6 dell’originario art. 5 della legge 96/2006, non colpiti dalla sentenza Art. 16 (Locali destinati ad attività agrituristiche) 1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo. 2. Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggisticoambientali dei luoghi. 3. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali Art. 17 (Locali destinati ad attività agrituristiche e loro requisiti igienicosanitari) 1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo. 2. Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggisticoambientali dei luoghi. 3. La determinazione dei requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per le attività agrituristiche è stabilita dalle regioni Nella definizione dei requisiti igienico- 46 della Corte costituzionale 12 ottobre sanitari degli immobili e delle 2007 n. 339, che ha soppresso i attrezzature si tiene conto delle commi 4 e 5 dell’art. 5. L’originario art. particolari caratteristiche 5 legge 20 febbraio 2006, n. 96 architettoniche e di ruralità degli edifici, recitava: “1: I requisiti igienico-sanitari specie per quanto attiene l’altezza e il degli immobili e delle attrezzature da volume dei locali in rapporto alle utilizzare per attività agrituristiche sono superfici aeroilluminanti, nonché delle stabiliti dalle regioni. Nella definizione limitate dimensioni dell’attività di tali requisiti si tiene conto delle esercitata. particolari caratteristiche 4. I locali utilizzati ad uso agrituristico architettoniche e di ruralità degli edifici, sono assimilabili ad ogni effetto alle specie per quanto attiene l'altezza e il abitazioni rurali. volume dei locali in rapporto alle 5. Per gli edifici e i manufatti destinati superfici aeroilluminanti, nonché delle all’esercizio dell’attività agrituristica la limitate dimensioni dell'attività conformità alle norme vigenti in esercitata. // 2. La produzione, la materia di accessibilità e di preparazione, il confezionamento e la superamento delle barriere somministrazione di alimenti e di architettoniche è assicurata con opere bevande sono soggetti alle provvisionali. disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonché alle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e successive modificazioni [il d.lgs. 155/1997 è stato abrogato dal d.lgs. 6 novembre 2007, n. 193] // 3. L'autorità sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienicosanitario, tiene conto della diversificazione e della limitata quantità delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri. // 4. Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di dieci, per la loro preparazione può essere autorizzato l'uso della cucina domestica. // 5. Per le attività agrituristiche di alloggio, nei limiti di dieci posti letto, per l'idoneità dei locali è sufficiente il requisito dell'abitabilità. // 6. Per gli edifici e i manufatti destinati all'esercizio dell'attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere provvisionali”. A seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato nel punto 3.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 49 e 50), le disposizioni degli originari artt. 5 e 7 della legge 96/2006 che negli schemi approvati dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 erano state inserite nello schema del DPR a seguito di un’operazione di delegificazione, vengono rimesse nel testo del presente decreto legislativo. Infatti, il Consiglio di Stato ritiene che la già proposta delegificazione non sia consentita, né con riguardo al certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica (perché si disciplina una attività economica che è coperta dalla riserva di legge implicita dell’art. 41 Cost.), né con riguardo ai requisiti igienici dei locali (perché vi è una competenza statale in materia di tutela della salute). Così, si è provveduto alla modifica della rubrica e all’inserimento nel presente art. 16 dei nuovi commi 1 (come riprodotto dall’art. 7 della legge 96/2006), 4 e 6 (come riprodotti dall’art. 5 della legge 96/2006). Di conseguenza, le disposizioni sono state eliminate dallo schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Inoltre, in accoglimento del parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 29 aprile 2010, viene soppresso il riferimento alle province autonome. Si è altresì proposto di sostituire la dizione “abitazioni rurali” del comma 4 con quella di “fabbricati rurali” (Commissione Agricoltura del Senato) Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: ricordando che la formula proposta in questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione è quella originaria, si torna a ribadire che I limiti imposti dalla legge 47 delega alla formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme originarie, anche per evitare il pericolo di impingere su disposizioni fiscali, come avverrebbe sicuramente nella specie se si “allargasse” l’assimilazione dei locali destinati ad uso agrituristico a (tutti i) fabbricati rurali. Art. 18 (Requisiti di sicurezza alimentare) 1. La produzione, la preparazione, il confezionamento e la somministrazione di alimenti e di bevande sono soggetti alle disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni. 2. L'autorità sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienicosanitario, tiene conto della diversificazione e della limitata quantità delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri. La formulazione di questo nuovo art. 18 [nuovo, rispetto al testo di dlgs approvato dal CdM dell’11.12.2009) – per il quale vale quanto già scritto sub art. 17 con riferimento al parere del Consiglio di Stato (punto 3.2 del suo parere del 24 febbraio 2010, pagg. 49 e 50) – è conseguenza della introduzione, nel testo del nostro schema di decreto legislativo, dei commi 2 e 3 della legge 96/2006 sull’agriturismo. L’art. 18 è, così, riprodotto dai commi 2 e 3 dell’originario art. 5 della legge 96/2006, non colpiti dalla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339, che – si ricorda - ha soppresso i commi 4 e 5 dell’art. 5. L’originario art. 5 legge 20 febbraio 2006, n. 96 recitava: “1. I requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per attività agrituristiche sono stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali requisiti si tiene conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene l'altezza e il volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonché delle limitate dimensioni dell'attività esercitata. // 2. La produzione, la preparazione, il confezionamento e la somministrazione di alimenti e di bevande sono soggetti alle disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonché alle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e successive modificazioni [il d.lgs. 155/1997 è stato abrogato dal d.lgs. 6 novembre 2007, n. 193] // 3. L'autorità sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienico-sanitario, tiene conto della diversificazione e della limitata quantità delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri. // 4. Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di dieci, per la loro preparazione può essere autorizzato l'uso della cucina domestica. // 5. Per le attività agrituristiche di alloggio, nei limiti di dieci posti letto, per l'idoneità dei locali è sufficiente il requisito dell'abitabilità. // 6. Per gli edifici e i manufatti destinati all'esercizio dell'attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere provvisionali”. Si ricorda che i commi 1 e 6 dell’originario articolo 5 sono riprodotti all’art. 17 del presente decreto legislativo. Riprodotto dall’originario art. 6 della legge 96/2006 come risulta modificato in base alla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339, che ha soppresso i commi 2 e 3, salvando il comma 1, che dispone: “1. L'esercizio dell'attività agrituristica non è consentito, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, a: a)coloro che hanno riportato nell'ultimo triennio, con sentenza passata in giudicato, condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 515 e 517 del codice penale, o per uno dei delitti in materia di igiene e di sanità o di frode nella preparazione degli alimenti previsti da leggi speciali; b) coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 Art. 17 Art. 19 (Impedimenti allo svolgimento (Impedimenti allo svolgimento delle attività agrituristiche) delle attività agrituristiche) 1. L'esercizio dell'attività agrituristica 1. L'esercizio dell'attività agrituristica non è consentito, salvo che abbiano non è consentito, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, a: ottenuto la riabilitazione, a: a) coloro che hanno riportato a) coloro che hanno riportato nell'ultimo triennio, con sentenza nell'ultimo triennio, con sentenza passata in giudicato, condanna per passata in giudicato, condanna per uno uno dei delitti previsti dagli articoli 442, dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 444, 513, 515 e 517 del codice penale, 513, 515 e 517 del codice penale, o per o per uno dei delitti in materia di igiene uno dei delitti in materia di igiene e di e di sanità o di frode nella sanità o di frode nella preparazione preparazione degli alimenti previsti da degli alimenti previsti da leggi speciali; leggi speciali; b) coloro che sono sottoposti a misure b) coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o sono stati dichiarati modificazioni, o sono stati dichiarati delinquenti abituali. delinquenti abituali. 48 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o sono stati dichiarati delinquenti abituali”. Per memoria si riportano in nota gli altri commi: “2.La comunicazione di inizio dell'attività consente l'avvio immediato dell'esercizio dell'attività agrituristica. Il comune, compiuti i necessari accertamenti, può, entro sessanta giorni, formulare rilievi motivati prevedendo i relativi tempi di adeguamento senza sospensione dell'attività in caso di lievi carenze e irregolarità, ovvero, nel caso di gravi carenze e irregolarità, può disporre l'immediata sospensione dell'attività sino alla loro rimozione da parte dell'interessato, opportunamente verificata, entro il termine stabilito dal comune stesso. // 3.Il titolare dell'attività agrituristica è tenuto, entro quindici giorni, a comunicare al comune qualsiasi variazione delle attività in precedenza autorizzate, confermando, sotto propria responsabilità, la sussistenza dei requisiti e degli adempimenti di legge”. Il comma 1 è riprodotto dall’articolo 1, prima parte del comma 2, della legge 27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle strade del vino, recita: “Le ‘strade del vino’ sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica”. L’ultima parte del detto comma 2 non viene riprodotta per l’assenza di carattere precettivo. Il nostro comma 1 si presenta riformulato: a) per l’opportunità di migliorarne la dizione italiana; b) per la necessità di inserire sull’originario testo limitato ai prodotti vinicoli il richiamo ai prodotti oleicoli e tradizionali-tipici. Di conseguenza, esso è riprodotto del comma 1, articolo 1 della legge 27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle strade del vino (“L’obiettivo della presente legge consiste nella valorizzazione dei territori a vocazione vinicola, con particolare riferimento ai luoghi delle produzioni qualitative di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni, anche attraverso la realizzazione delle ‘strade del vino’”), dall’articolo 5 della stessa legge Sezione II Delle attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Art. 18 (Definizione ed equiparazione alle attività agricole per connessione). 1.Le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici sono percorsi lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, in cui sono segnalate, con appositi cartelli, aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori a vocazione agricola specifica e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. 2.Spetta alle regioni e alle province autonome: a) individuare i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici; b) definire la gestione e la fruizione delle dette strade. 3. Gli standard minimi di qualità sono definiti con il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 12 luglio 2000, adottato d’intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome 4. Le attività di ricezione e di ospitalità, Sezione II Delle attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Art. 20 (Strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici) 1. Le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici sono percorsi lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, in cui sono segnalate, con appositi cartelli conformi alle disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori a vocazione agricola specifica e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. 2.Spetta alle regioni a) individuare i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli prodotti tipici; definire la gestione e la fruizione delle dette strade. 3. (già comma 4) Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa l’organizzazione di degustazione dei prodotti aziendali e di attività ricreative, culturali e didattiche, svolte da imprese agricole nell’ambito delle ’strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti 49 268/1999 (“Le disposizioni della presente legge si applicano anche per la realizzazione delle ‘strade’ finalizzate alla valorizzazione, anche congiunta, di altre produzioni di qualità, con particolare riguardo all’olio di oliva ed in genere ai prodotti tipici”) e dal comma 2, articolo 1 del Decreto ministeriale 12 luglio 2000, n. 781500 Fissazione degli standard minimi di qualità per i percorsi individuati ai sensi della legge 27 luglio 1999, n. 268, recante “Disciplina delle strade del vino”: “I percorsi di cui al comma 1 sono quelli sui quali insistono, oltre alle produzioni qualitative di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164, anche le produzioni riconosciute ai sensi del Regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio e le produzioni agroalimentari tradizionali, individuate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agrarie e forestali 8 settembre 1999, n. 350”. L’estensione dell’originaria norma sulle strade del vino anche all’olio ed agli prodotti tipici ha richiesto, dunque, anche la sostituzione delle parole “territori a vocazione vinicola” con le parole “territori a vocazione agricola specifica” e l’aggiunta delle parole “territori vinicoli, oleicoli e di agricoltura tipica”. Il comma 2 è tratto sostanzialmente dall’articolo 3 della legge 27 luglio 1999, n. 268: “1. Le Regioni, nel definire la gestione e la fruizione delle ‘strade del vino’, possono prevedere i seguenti strumenti: a) il disciplinare della strada del vino sottoscritto dai vari soggetti aderenti; b) il comitato promotore; c) il comitato di gestione; d) il sistema della segnaletica; e) le guide e il materiale illustrativo, divulgativo e promozionale. // 2. Le regioni, anche di intesa con gli enti locali interessati, possono definire specifiche strutture e infrastrutture funzionali alla realizzazione delle ‘strade del vino’. 3. Restano ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome”. Si ricordi anche l’articolo 3 della legge 27 luglio 1999, n. 268, il cui testo recitava: “Le caratteristiche della cartellonistica sono definite, ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera c), capoverso h), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, anche sulla base delle esperienze maturate nell'ambito dell'Unione europea, con decreto del Ministro per le politiche agricole, da adottare di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore compresa l’organizzazione di degustazione dei prodotti aziendali e di attività ricreative, culturali e didattiche, svolte da imprese agricole nell’ambito delle “strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici”, sono ricondotte alle attività agrituristiche, secondo i principi contenuti nelle norme che le disciplinano e secondo le disposizioni emanate dalle regioni. agricoli tipici’, sono ricondotte alle attività agrituristiche, secondo i principi contenuti nelle norme che le disciplinano e secondo le disposizioni emanate dalle regioni. 4. Restano ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. 50 della presente legge”. Deve ritenersi già superato, dato il tempo trascorso. Quello che viene “lasciato” riformulando la norma è l’estrapolazione delle modalità di segnalazione. L’originario comma 3 è riportato nell’art. 6, comma 3, del parallelo DPR. Il comma 4 (ora comma 3) è riprodotto dal comma 3, articolo 1 della legge 27 luglio 1999, n. 268: “Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali, e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, svolte da aziende agricole nell’ambito delle ‘strade del vino’, possono essere ricondotte alle attività agrituristiche di cui all’articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730, secondo i principi in essa contenuti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni”. Le parole “possono essere ricondotte” sono state redatte, più correttamente, in “sono ricondotte”. Il testo ha anche subito una formulazione lessicale diversa dall’originaria onde acquisisse una migliore redazione in italiano. Si è suggerito di precisare che i “cartelli” segnalanti le dette Strade siano conformi alle disposizioni del Codice della Strada (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento, per ragioni di sistema generale, merita accoglimento. La disposizione è stata, perciò, riformulata secondo il suggerimento proposto. Il Consiglio di Stato, nel punto 3.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 51) segnala che il disposto di cui alla lettera a) dell’art. 18 come riportato nel comma 2 della proposta di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 è ultra vires e, perciò, inutile (essendo evidente che si versa in tema di competenza residuale delle Regioni) e, quindi, la lettera a) andrebbe rimossa. E così si era fatto prima dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali. Melius re perpensa, ora si ritiene riproporre la competenza regionale per l’individuazione delle strade e non solo per la definizione della loro gestione e fruizione. Non si capirebbe, infatti, chi sarà competente a “individuare” il percorso delle strade. Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata Stato-Regioni ritiene necessario che, anche in forza dell’art. 2 della legge 268/1999 e dell’art. 11 del D.M. 12 luglio 2000 che contengono una riserva generale a favore delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome con riguardo alle strade del vino, sia aggiunto un comma che ribadisca siffatta competenza. La proposta di emendamento va accolta, sicché viene formulato il comma 4: “Restano ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome”. I commi 1-5 dell’attuale norma sull’imprenditore ittico sono riprodotti dai commi 1-4 e 6 dell’art. 2 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 226 Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57 così come sostituito dall’art. 6, commi 1-7, del d.lgs. 26 maggio 2004, n. 154 Modernizzazione del settore pesca e dell’acquacoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38: «1. È imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci e le attività connesse di cui all'articolo 3. // 2. Si considerano, altresì, imprenditori CAPO VII Dell’impresa ittica Art. 19 (Imprenditore ittico) 1. È imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, nonché le attività connesse di cui all’articolo 20. 2. Si considerano, altresì, imprenditori ittici ai sensi del comma 1 le cooperative di imprenditori ittici e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo CAPO VII Degli imprenditori della pesca e dell’acquicoltura Art. 21 (Dell’imprenditore ittico) 1. È imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, nonché le attività connesse di cui all’articolo 23. 2. Si considerano, altresì, imprenditori ittici ai sensi del comma 1 le cooperative di imprenditori ittici e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo 51 di cui al comma 1 le cooperative di imprenditori ittici ed i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo svolgimento delle attività di cui al medesimo comma 1. // 3. Sono considerati, altresì, imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1. // 4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle attività di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni ed autorizzazioni. // 5. Fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge, l'imprenditore ittico è equiparato all'imprenditore agricolo e le imprese di acquacoltura sono equiparate all’imprenditore ittico. 6. L'autocertificazione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti gli effetti ogni adempimento tecnico e formale ivi previsto”. Si è, così, omesso il comma 5, che equipara gli imprenditori ittici agli imprenditori agricoli. Il comma 6 è riprodotto dal comma 7 dell’art. 2 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 226 Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, così come sostituito dall’art. 6 del d.lgs. 26 maggio 2005, n. 154 Modernizzazione del settore pesca e dell’acquacoltura: «7. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l'imprenditore ittico è tenuto ad applicare i pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro». svolgimento delle attività di cui al medesimo comma 1. 3. Sono considerati, altresì, imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1. 4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle attività di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni e autorizzazioni. 5. L'autocertificazione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti gli effetti ogni adempimento tecnico e formale ivi previsto. 6. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l'imprenditore ittico è tenuto ad applicare i pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro. svolgimento delle attività di cui al medesimo comma 1. 3. Sono considerati, altresì, imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1. 4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle attività di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni e autorizzazioni. 5. L'autocertificazione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti gli effetti ogni adempimento tecnico e formale ivi previsto. 6. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l'imprenditore ittico è tenuto ad applicare i pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro. Si rileva che non è prevista, nella norma dell’art. 21, la complessiva equiparazione tra imprenditore ittico, imprenditore agricolo e imprese di acquacoltura, contenuta invece nell’art. 2, comma 5, del d.lgs. 226/2001 (Commissione Agricoltura del Senato; Consiglio di Stato). La stessa osservazione viene elevata dalla Confagricoltura nell’incontro del 9.XI.2011. E’ necessario, allora, chiarire che non vi può essere una relazione transitiva tra imprenditore agricolo/imprenditore ittico/acquicoltore. Invero, l’acquicoltore è imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.; invece, l’imprenditore ittico è soltanto equiparato all’imprenditore agricolo; ma l’acquicoltore è trattato come l’imprenditore ittico per determinati vantaggi previdenziali e fiscali. Anche il Consiglio di Stato, nel punto 4.1 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 52-54), pone il problema dell’omissione, nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, della equiparazione contenuta nella norma originaria che sarebbe rilevante sotto il profilo previdenziale/tributario posto che l’equiparazione tra imprese di acquicoltura e imprenditori ittici implicherebbe, per le prime, l’applicazione delle “più favorevoli disposizioni di legge” stabilite per gli imprenditori ittici. Poiché lo stesso Consiglio di Stato riporta vari elementi valutativi a favore della considerazione dell’attività di acquicoltura come attività agricola ex se (pag. 54), si ritiene di confermare lo schema già proposto quanto all’imprenditore ittico, ma con la redazione di un ulteriore articolo sull’acquicoltore in cui si dia atto dell’applicazione delle norme “più favorevoli” previste per gli imprenditori ittici, e con la riformulazione del Capo VII in modo che si riferisca tanto agli imprenditori della pesca (come equiparati agli imprenditori agricoli) quanto agli acquicoltori (che sono, di per sé, imprenditori agricoli). In effetti, la conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 è giustificata dai seguenti motivi: l’art. 21 (già art. 19) del presente decreto di riordino e semplificazione tratta dell’imprenditore ittico come “equiparato” all’imprenditore agricolo, come dalla precedente disposizione dell’art. 4, (ora) comma 2, lett. b) del presente decreto. La norma originaria dell’art. 2, comma 5, d.lgs. 226/2001, da parte sua, equiparava all’imprenditore agricolo non solo l’imprenditore ittico ma anche “le imprese di acquacoltura”. Nel testo dell’art. 21 (già art. 19), invece, è stata omessa 52 quest’ultima equiparazione, ma ciò è avvenuto a ragion veduta. Infatti, come si è ribadito nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali (che non ne hanno contestato l’affermazione) l’acquicoltore non può essere “equiparato” all’imprenditore agricolo, innanzitutto per la stessa amplissima formula dell’art. 2135 c.c. che considera la cura del ciclo biologico di entità animali tra cui, ovviamente, i pesci, nonché per il fatto che l’art. 2135 cod. civ. (come introdotto dall’art. 1 del d. lgs. n. 228/2001, successivo se non temporalmente quanto meno numericamente al d. lgs. 226/2001) definisce imprenditore agricolo anche colui che alleva gli animali, intendendo per allevamento “le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. In sostanza il contrasto palese tra la formula dell’art. 2135 c.c. e la formula dell’art. 2 comma 5 del d. lgs. 226/2001 (benché introdotto dal d.lgs. 100/2005, ovverosia dopo la riforma dell’art. 2135 cod. civ.) impone, ai sensi e in forza della delega per il riordino e la semplificazione delle materie, la risoluzione della antinomia. Cosa che si è fatta, ribadendo la regola per la quale, se i pescatori, come imprenditori ittici, sono equiparati agli imprenditori agricoli, gli acquicoltori non possono, invece, essere “equiparati” agli imprenditori agricoli perché essi sono, di per se stessi, imprenditori agricoli. Tuttavia come si è detto, per applicare la norma per la quale agli acquicoltori sono estese le “più favorevoli disposizioni di legge” previste dagli imprenditori ittici”, si è introdotto un apposito ulteriore articolo. E’ stato suggerito di sostituire i commi 1 e 2 con formule che mettano in evidenza come gli imprenditori ittici possano svolgere attività di commercializzazione degli organismi acquatici (commi 1 e 2) e, quindi, di sopprimere il comma 3 che, appunto, considera imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici (Commissione Agricoltura del Senato).Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: la legge delega non consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina ha sollevato perplessità sulla disposizione che considera imprenditori ittici (anche) “gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici” (cioè i pescivendoli) ancorché il seguito della norma (“prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività” di loro cattura o raccolta) sembri collegare fortemente l’attività di commercializzazione (quindi, come attività connessa) a quella di cattura o raccolta degli organismi acquatici (quindi, come attività principale). Non è, perciò, possibile andare “oltre” i limiti della delega. Va, peraltro, ricordato che il MiPAAF ha predisposto nel giugno 2011 uno schema di decreto legislativo sul “riassetto della normativa in materia di pesca e di acquacoltura” in cui si provvede a: a) differenziare, anche tramite la redazione di due distinti articoli, il “pescatore professionale” (cioè l’imprenditore ittico) e “l’acquacoltore” nella cui formula è espressamente detto che essa è redatta “fermo restando quanto previsto dall’art. 2135 c.c.”; b) escludere, dalla considerazione come imprenditori ittici “gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici” (come già osservato dalla Commissione agricoltura del Senato del 27.1.2010 allo schema di questo decreto legislativo come approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.XII.2009), provvedendo a “considerare” attività connessa “la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca”; c) disciplinare la categoria dei pescatori non professionali. Ciò viene ricordato che, qualora siffatto testo venisse approvato dal Parlamento prima dell’approvazione di questo schema di decreto legislativo, i presenti artt. 21, 22 e 23 andranno modificati. Si approfitta dell’occasione per modificare la parola “acquacoltura” che il vocabolario italiano non conosce, con la parola “acquicoltura” che, invece, il vocabolario italiano riporta. E si ribadisce tale modifica anche dopo l’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, nel corso del quale la Confagricoltura ha fatto presente che ormai la prassi, anche legislativa, usa l’espressione “acquacoltura” benché il corretto termine italiano sia “acquicoltura”. Art. 22 (Dell’acquicoltore) 1. Le più favorevoli disposizioni di legge previste per gli imprenditori ittici si applicano anche agli imprenditori agricoli esercenti l’attività di acquicoltura. Nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 non si erano riprodotte le ultime parole del comma 5 dell’art. 2 del d.lgs. 226/2001 come sostituito dall’art. 6 del d.lgs. 154/2004 (… e le imprese di acquacoltura sono equiparate all’imprenditore ittico”), perché queste – ex art. 2135 c.c. – invece sono imprenditori agricoli (e non già “equiparati”). In altre parole, l’acquicoltore non può essere “equiparato” all’imprenditore agricolo, perché l’art. 2135 cod. civ. definisce imprenditore agricolo ANCHE colui che alleva gli animali, intendendo per allevamento “le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. In sostanza il contrasto palese tra la formula dell’art. 2 comma 5 del d. lgs. 226/2001 (che “equipara” gli imprenditori ittici agli imprenditori agricoli) e la formula dell’art. 2135 cod. civ. (che definisce imprenditori agricoli anche gli allevatori di animali in “acque dolci, salmastre e marine”) impone, ai sensi e in forza della delega per il riordino e la semplificazione delle materie, la risoluzione della antinomia. Cosa che si è fatta, ribadendo la regola per la quale i pescatori, come imprenditori ittici sono equiparati agli imprenditori agricoli, mentre gli acquicoltori non sono “equiparabili” agli imprenditori agricoli perché essi sono, di per se stessi, imprenditori agricoli. Ma per estendere agli acquicoltori le più favorevoli disposizioni di legge riservate agli imprenditori ittici, si è ora formulato un nuovo specifico articolo. 53 Il comma 1 è riprodotto dall’art. 3 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226 così come sostituito dall’art. 7 del d.lgs. 26 maggio 2004, n. 154: «1. Si considerano connesse alle attività di pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività: a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turisticoricreativo, denominata: «pescaturismo». b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse della pesca e dell'acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche e di acquacoltura, esercitata da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata: «ittiturismo»; c) la prima lavorazione dei prodotti del mare e dell'acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione. // 2. … // 3. …». N.B.: Gli originari riferimenti all’acquicoltura sono stati riportati al comma 5 del presente articolo, posto che si è ritenuto che gli imprenditori esercenti l’acquicoltura non siano “equiparati” agli imprenditori agricoli, ma siano, di per sé, imprenditori agricoli. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 12 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “Sono assimilate alle attività agrituristiche e sono ad esse applicabili le norme della presente legge, quelle svolte dai pescatori relativamente all'ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca, nonché le attività connesse ai sensi del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, e successive modificazioni, ivi compresa la pesca-turismo”, tenendosi conto anche dell’art. 2 del d.lgs. 226/2001. Infatti, nel novero delle attività connesse a quella ittica erano stati inseriti, dall’art. 7 del d.lgs. 26 maggio 2004, n. 154, i servizi ambientali (interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva ed all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici), che non risultano più Art. 20 Art. 23 (Attività connesse a quelle di (Attività connesse a quelle di pesca e di acquacoltura) pesca e di acquicoltura) 1. Si considerano connesse alle attività 1. Si considerano connesse alle attività di pesca, purché non prevalenti di pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività: nell'impresa ittica, le seguenti attività: a) imbarco di persone non facenti a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca parte dell'equipaggio su navi da pesca a a scopo turistico-ricreativo, scopo turistico-ricreativo, denominata: ‘pescaturismo’; denominata: «pescaturismo»; b)attività di ospitalità, ricreative, b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse ecosistemi acquatici e delle risorse della della pesca e alla valorizzazione degli pesca e alla valorizzazione degli aspetti aspetti socio-culturali delle imprese socio-culturali delle imprese ittiche, ittiche, esercitata da imprenditori, esercitata da imprenditori, singoli o singoli o associati, attraverso l'utilizzo associati, attraverso l'utilizzo della della propria abitazione o di struttura propria abitazione o di struttura nella nella disponibilità dell'imprenditore disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata: ‘ittiturismo’; stesso, denominata: «ittiturismo»; c) la prima lavorazione dei prodotti del c) la prima lavorazione dei prodotti del mare, la conservazione, la mare, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione del di promozione e valorizzazione del pescato. pescato. 2. Sono assimilate alle attività 2. Sono assimilate alle attività agrituristiche di cui all’articolo 14 e ad agrituristiche di cui all’articolo 14 e ad esse sono applicabili le relative norme, esse sono applicabili le relative norme, quelle svolte dai pescatori quelle svolte dai pescatori relativamente all’ospitalità, alla relativamente all’ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca e quelli di cui al dall’attività di pesca e quelle di cui al comma 1. comma 1. 3. Alle opere ed alle strutture destinate 3. Alle opere ed alle strutture destinate all'ittiturismo si applicano le all'ittiturismo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19, disposizioni di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del testo unico delle commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché all'articolo 24, comma 2, della nonché all'articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all'utilizzo di opere relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere superamento delle barriere architettoniche. architettoniche. 4. L'imbarco di persone di cui al 4. L'imbarco di persone di cui al comma 1, lettera a), è autorizzato comma 1, lettera a), è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti. disposizioni vigenti. 5. Costituisce attività connessa 5. Costituisce attività connessa all’attività agricola dell’acquacoltura all’attività agricola dell’acquicoltura l’attività di ittiturismo, ovvero le attività l’attività di ittiturismo, ovvero le attività 54 menzionati dall’art. 3 del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 226. Essi, però, potrebbero essere “riconsiderati” attività connesse dell’impresa ittica in forza dell’art. 12 della legge 20 febbraio 2006 sulle “attività assimilate” alle attività agrituristiche. Comunque, anche l’art. 3 del d.lgs. 226/2001 include, come attività connesse a quelle di pesca, attività altre rispetto a quelle di cui al comma 1 del presente articolo. Il comma 3 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 3 d.lgs. 226/2001: “2. Alle opere ed alle strutture destinate all'ittiturismo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché all'articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche”. Il comma 4 è riprodotto dal comma 3 dell’art. 3 d.lgs. 226/2001: “3. L'imbarco di persone di cui al comma 1, lettera a), è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti”. L’attuale disposizione regolamentare del pescaturismo è il decreto 13 aprile 1999, n. 293 del Ministero delle politiche agricole, con il quale si è adottato il «Regolamento recante norme in materia di disciplina dell'attività di pesca-turismo, in attuazione dell'art. 27-bis della legge 17 febbraio 1982, n. 41, e successive modificazioni». Si ricordi che è necessario tenere distinte l’attività dell’acquicoltore – che è attività propria dell’agricoltore ex art. 2135 del codice civile – e l’attività del pescatore che è solo equiparato all’agricoltore. Per questo motivo si è ritenuto opportuno “separare” le attività connesse dell’imprenditore ittico da quelle dell’acquicoltore. Ovviamente, nel comma 5 si sono ripetute sostanzialmente le formule utilizzate per le attività connesse dell’imprenditore ittico. di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse dell’acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquacoltura, esercitati da imprenditori, singoli o associarti, attraverso l’abitazione o la struttura nella disponibilità dell’imprenditore stesso, nonché le attività di prima lavorazione dei prodotti dell’acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, e le azioni di promozione e valorizzazione. Per le opere e per le strutture destinate all’ittiturismo si applica la disposizione di cui al comma 3. di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse dell’acquicoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquicoltura, esercitati da imprenditori, singoli o associarti, attraverso l’abitazione o la struttura nella disponibilità dell’imprenditore stesso, nonché le attività di prima lavorazione dei prodotti dell’acquicoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, e le azioni di promozione e valorizzazione. Per le opere e per le strutture destinate all’ittiturismo si applica la disposizione di cui al comma 3. 55 Il comma 1 è riprodotta dall’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992 n. 102, modificato per renderlo aderente alla riforma dell’art. 2135 c.c. L’ultimo inciso del comma 1 è una norma di mero rinvio all’art. 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, per il quale “con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura e di piscicoltura”. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 4-ter, d.l. 3 novembre 2008 n. 171, convertito in legge 30 dicembre 2008 n. 205. “Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla semplificazione delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura”. Già Art. 10 DPR (Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura o piscicoltura) 1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura e di piscicoltura e ciò come disposto dall’articolo 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale. 2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura. Art. 24 (Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquicoltura o piscicoltura. Concessioni di acqua pubblica ad uso di acquicoltura) 1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquicoltura e di piscicoltura in applicazione dell’articolo 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale. 2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla semplificazione delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquicoltura. Nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 le disposizioni ora contenute nel presente articolo facevano parte dello schema di DPR, ma il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 75), ha rilevato che tali disposizioni non possono essere delegificate perché attinenti al diritto di impresa per la quale vi è costituzionalmente la riserva di legge. Accogliendo doverosamente il parere del Consiglio di Stato si è provveduto ad inserire in questo nuovo articolo dello schema di decreto legislativo le disposizioni riprodotte dall’art. 1 della legge 102/1992 e dall’art. 4-ter del d.l. 3 novembre 2008 n. 171 convertito in legge 205/2008, contestualmente eliminandole dallo schema di DPR. Il comma 1 è riprodotto dal comma 1082 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007): “Al fine di armonizzare l'attuazione delle disposizioni sovranazionali in materia forestale, in aderenza al Piano d'azione per le foreste dell'Unione europea e nel rispetto delle competenze istituzionali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base degli strumenti di pianificazione regionale esistenti e delle linee guida definite ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, propongono alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, Capo VIII Delle attività selvicolturali Art. 21 (Promozione delle attività selvicolturali e forme di gestione) 1. Al fine di armonizzare l'attuazione delle disposizioni sovranazionali in materia forestale, in aderenza al Piano d'azione per le foreste dell'Unione europea e nel rispetto delle competenze istituzionali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base degli strumenti di pianificazione regionale esistenti e delle linee guida definite ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, Capo VIII Delle attività selvicolturali Art. 25 (Promozione delle attività selvicolturali e forme di gestione) 1. Al fine di armonizzare l'attuazione delle disposizioni sovranazionali in materia forestale, in aderenza al Piano d'azione per le foreste dell'Unione europea e nel rispetto delle competenze istituzionali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base degli strumenti di pianificazione regionale esistenti e delle linee guida definite ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, 56 le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali. Le azioni previste dal programma quadro possono accedere alle risorse di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nei limiti definiti dal CIPE nella deliberazione di cui allo stesso articolo 61, comma 3, della citata legge n. 289 del 2002”. I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art. 7 del d. lgs. 227/2001: “1. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori , opere o servizi in ambito forestale. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico. 2. Le norme di cui all’art. 17 della legge 31 gennaio 1994 n. 97 sono estese ai soggetti di cui al comma 1 anche per l’affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale”. L’inciso “e di difesa del territorio” è stato aggiunto dall’art. 4novies del d.l. 3 novembre 2008 n. 171, convertito in legge 30 dicembre 2008 n. 205. L’art. 17 legge 97/1994 prevede vari incentivi alle pluriattività dei coltivatori diretti conduttori di aziende agricole ubicate nei comuni montani in deroga alle vigenti leggi sugli appalti da enti pubblici e da privati. Con riguardo al comma 2, occorre ricordare che la possibilità di attingere agli albi regionali degli affidamenti a trattativa privata – previsti dalle disposizioni di cui dall’art. 7, comma 2, d. lgs. 227/2001, all’art. 15 d.lgs. 228/2001 e all’art. 2, comma 134, della legge 244/2007 - e limitata per i lavori di importo fino a 150.000 euro, tenendo conto della necessita che, per i lavori superiori a 150.000 euro, compresi i lavori forestali occorre il possesso dell’attestazione SOA. Il comma 4 è riprodotto dal d. lgs. 227/2001, art. 5, comma 3: “3. Per favorire lo sviluppo ed una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un miglior coordinamento della gestione, soggetti privati, e le imprese di cui all’art. 7, comma 1”. Gli articoli 1 propongono alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali. Le azioni previste dal programma quadro possono accedere alle risorse di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nei limiti definiti dal CIPE nella deliberazione di cui allo stesso articolo 61, comma 3, della citata legge n. 289 del 2002. 2. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere o servizi in ambito forestale e di difesa del territorio di cui al comma 1 dell’articolo 22. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico. 3. Le norme di cui all’articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sugli incentivi alle pluriattività sono estese ai soggetti di cui al comma 1 anche per l’affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale. 4. Per favorire lo sviluppo ed una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un miglior coordinamento della gestione, soggetti privati, e le imprese iscritte negli elenchi o albi regionali di cui al comma 1. propongono alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali. Le azioni previste dal programma quadro possono accedere alle risorse di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nei limiti definiti dal CIPE nella deliberazione di cui allo stesso articolo 61, comma 3, della citata legge n. 289 del 2002. 2. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere o servizi in ambito forestale e di difesa del territorio di cui al comma 1 dell’articolo 26. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico. 3. Le norme di cui all’articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sugli incentivi alle pluriattività sono estese ai soggetti di cui al comma 2 anche per l’affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale. 4. Per favorire lo sviluppo e una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie e forestali promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un miglior coordinamento della gestione, soggetti privati, e le imprese iscritte negli elenchi o albi regionali di cui al comma 1. 57 e 3 non sono specificamente dedicati all’argomento delle cooperative forestali, ma per il richiamo alle “altre forme associative” contenuto nel comma 3 dell’art. 5, si è ritenuto opportuno riportare gli articoli del decreto 227/2001. Si è suggerita l’aggiunta, nel comma 4, dell’aggettivo “forestali” ad “associazioni agrarie” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Per ragioni sistematiche il suggerimento va accolto; sicché il comma 4 dell’art.19 è stato riformulato secondo il suggerimento. Per il miglioramento del linguaggio legislativo (e italiano) si è provveduto a riprodurre in due commi le disposizioni, peraltro separate, dell’art. 8 d.lgs. 227/2001 e dell’art. 2, comma 134, legge 244/ 2007. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 8 (Esercizio di attività selvicolturali) d.lgs.18 maggio 2001, n.227 che così dispone. “Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli”. Il riconoscimento dell’equiparazione è già contenuto nell’art. 4 del presente decreto legislativo di riordino. Il comma 2 è riprodotto, con modesta riformulazione per migliorarne la forma, dall’art. 2, comma 134, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008): “134. Le cooperative e i loro consorzi di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni: a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde; b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti ART. 22 (Cooperative forestali) 1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, ove abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 150.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni: a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde; b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricoloforestale. Art. 26 (Cooperative forestali) Sono cooperative forestali le cooperative e i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, e come tali sono equiparate agli imprenditori agricoli. Le cooperative di cui al comma 1, ove abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni: a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde; b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricoloforestale. 58 di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricoloforestale.” Lo sdoppiamento in due commi è stato suggerito anche dalla Confcooperative. Il miglioramento del linguaggio legislativo, oltre che quello italiano, suggerisce non solo di riprodurre in due distinti commi le originarie disposizioni dell’art. 8 d.lgs. 227/2001 e dell’art. 2, comma 134, della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008), ma altresì di iniziare il comma 1 con l’incipit “Sono cooperative forestali ….”. La cifra 150.000 euro per anno, esistente nell’originario art. 22 nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 viene riprodotta nel corretto ammontare di euro 190.000, così provvedendo a correggere il precedente errore materiale. Il comma 1 è riprodotto dalla fusione del comma 1 e del comma 5 dell’art. 4 d.lgs. 228/2001. Art.4, comma 1, d. lgs. 228/2001: «Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all'art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità». Art. 4 comma 5, d. leg. Vo 228/2001: «La presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo». Il comma 2 è riprodotto dall’art. 4 comma 1, d. lgs. 99/2004: “1. La disciplina amministrativa di cui all’art. 4 del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, si applica anche agli enti e alle associazioni che intendano vendere direttamente prodotti agricoli. 2. All’art. 10, comma 8, legge 21 dicembre 1999 n. 526 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: ‘Gli esercizi di somministrazione e di ristorazione sono considerati consumatori finali” [questo 2 comma dell’art. 4 del d. lgs. 99/2004 non viene riportato perché attiene alla legge 21 dicembre 1999, n. 526 in materia di igiene dei prodotti alimentari]. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 4 comma 7, d. lgs. 228/2001: «Alla vendita diretta disciplinata dal presente decreto legislativo continuano a non applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 4, comma 2, lettera d), del medesimo decreto legislativo n. 114 del 1998». Dato che il d.lgs. 114/1998 (la legge nazionale sul commercio) è stato superato/integrato dalle leggi regionali sul commercio per la loro competenza residuale, e dato che il principio fondamentale del sistema statale è Capo IX Della vendita diretta di prodotti agricoli Capo IX Della vendita diretta di prodotti agricoli Sezione I Della vendita al dettaglio Sezione I Della vendita al dettaglio Art. 23 (Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio) 1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, ivi inclusi i prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli aziendali e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa. 2.La disciplina di cui alla presente sezione si applica anche agli enti e alle associazioni, che intendano vendere direttamente prodotti agricoli. 3. Alla vendita diretta disciplinata dalla presente sezione non si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Egualmente tale decreto legislativo non si applica ai pescatori e alle loro cooperative, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività, e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell'esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari. 4. Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni euro per le società, enti ed associazioni, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. 5. In deroga alle disposizioni vigenti è Art. 27 (Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio) 1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, ivi inclusi i prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli aziendali e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo. 2.La disciplina di cui alla presente sezione si applica anche agli enti e alle associazioni che intendano vendere direttamente prodotti agricoli. 3. Alla vendita diretta disciplinata dalla presente sezione non si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, né quelle delle leggi regionali sul commercio. 4. Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni euro per le società, enti ed associazioni, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. 5. Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano disponibilità, non è richiesta la comunicazione di inizio attività. 6. La vendita diretta che venga esercitata nell’ambito dell’azienda agricola è consentita anche nelle giornate festive e domenicali, e non è soggetta ai vincoli di orario fissati dai regolamenti locali per la vendita delle 59 quello dell’esclusione, dalle disposizioni sul commercio, della vendita dei prodotti agricoli anche al dettaglio, la formula proposta va integrata con il richiamo (per l’esclusione) anche alle leggi regionali sul commercio. Il comma 4 è riprodotto dall’art. 4 comma 8, d. lgs. 228/2001: « Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a lire 80 milioni per gli imprenditori individuali ovvero a lire 2 miliardi per le società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998». Le parole “enti ed associazioni” sono aggiunte, a seguito della disposizione dell’art. 4 comma 1 del d. lgs. 99/2004 che dispone che ad enti ed associazioni venga applicata la medesima disciplina amministrativa degli imprenditori agricoli in materia di vendita diretta: dunque anch’essi sono soggetti al limiti economici dell’ammontare dei ricavi. Gli importi da 80 milioni di lire a 160.000 euro e da 2 miliardi di lire a 4 milioni di euro sono stati modificati dal comma 1064 dell’art. 1 legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007). °Nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era riportato un comma 5 che riproduceva l’art. 123, comma 3ter, l. 388/2000: «In deroga alle disposizioni vigenti [probabilmente, in deroga a disposizioni sul commercio al dettaglio] è consentita ai produttori di prodotti a denominazione di origine protetta (dop), a indicazione geografica protetta (igp) e con attestazione di specificità (as), di cui ai regolamenti (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, ivi compresi i prodotti ammessi a tutela provvisoria, la presentazione, la degustazione e la vendita, anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome. Al comma 8 dell'articolo 10 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, dopo le parole "la vendita diretta" sono inserite le seguenti: "anche per via telematica"». La formula viene soppressa perché sostanzialmente ripetitiva di quanto viene riprodotto nel successivo art. 30 del nuovo testo. °Nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un comma 6 che era riprodotto dal comma 1065 dell’art. 1 legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007): “Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita consentita ai produttori di prodotti a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e con attestazione di specialità tradizionale garantita (STG), ivi compresi i prodotti ammessi a tutela provvisoria, la presentazione, la degustazione e la vendita anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome. 6. Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia. merci. 7. La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a previa comunicazione allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) del Comune del luogo ove ha sede l’azienda di produzione e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. 8. Qualora si intenda esercitare la vendita diretta al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione è indirizzata allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) del Comune del luogo in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio, la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (92-quinquies). 9. La comunicazione di cui ai commi 6 e 7, oltre alle indicazioni delle generalità del richiedente, dell'iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione dell'azienda, deve contenere la specificazione dei prodotti di cui si intende praticare la vendita e delle modalità con cui si intende effettuarla, ivi compreso il commercio elettronico. 60 diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia”. Ora il precedente comma 6 è divenuto comma 5 del nuovo testo dell’art. 27. Il comma 6 è un comma nuovo. Una pronuncia della Corte di Cassazione (Sez. III civ., n.1793 del 1999) ha ritenuto applicabile anche all’agricoltore che venda direttamente i propri prodotti, la disposizione che vieta la vendita domenicale e nei giorni festivi. Tale pronuncia si pone in contrasto con una sentenza del Consiglio di Stato, n. 871/1980, che in tema di vendita diretta, sanciva il superamento «di ogni interpretazione restrittiva, presupponente limitazioni, anche temporali, […] tutte le volte che le espressioni legislative possono essere interpretate in modo da rendere possibile la vendita, specie di prodotti deperibili, in senso logico aggiuntiva alla sfera dell’attività agricola, oltre gli orari, i giorni e le modalità dei normali esercizi commerciali del settore, essendo il limite oggettivo costituito dall’estrinseca natura e dimensione dell’attività imprenditoriale agricola del produttore». Anche considerando il tenore dell’art. 4, comma 7, del d. lgs. 228/2001 e dell’art. 4, comma 2, lett,d) del d. lgs n.114/1998, che escludono espressamente l’applicazione all’imprenditore agricolo dell’intera disciplina sul commercio prevista dal d. lgs. 114/1998, tuttavia il caso di specie sembra trattarsi di uno di quelli in cui è opportuno utilizzare i poteri che la delega concede per “chiarire il significato di norme controverse”. Il comma 7 è riprodotto dall’art. 4 comma 2 del d. lgs. 228/2001: «La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.» Il comma 4 del medesimo articolo dispone che la comunicazione deve essere indirizzata al Sindaco del comune del luogo ove si intende esercitare la vendita. Solo 61 per la prima ipotesi (art. 4 comma 2 del d. lgs. 228/2001: «La vendita diretta … può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione») vige la regola del silenzio-assenso. Il Ministero della salute ha fatto presente che la comunicazione, per successiva disposizione normativa, non va inviata al Comune ma all’ASL. Ma la notizia non è stata confermata; anzi è risultato che la domanda debba essere indirizzata al SUAP del comune competente. Il comma 8 è riprodotto dall’art. 4 comma 4, d. lgs. 228/2001:«Qualora si intenda esercitare la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione è indirizzata al sindaco del comune in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114». Per il posteggio v. anche l’art. 28. Il comma 9 è riprodotto dall’art. 4 comma 3, d. leg. Vo 228/2001:« La comunicazione di cui al comma 2, oltre alle indicazioni delle generalità del richiedente, dell'iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione dell'azienda, deve contenere la specificazione dei prodotti di cui s'intende praticare la vendita e delle modalità con cui si intende effettuarla, ivi compreso il commercio elettronico». Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era riportato un articolo con la rubrica “Promozione dello sviluppo della vendita diretta dei prodotti agricoli”). Si è suggerito di riportare le relative disposizioni, che erano state delegificate, nel decreto legislativo (Commissione bicamerale per la semplificazione). Il suggerimento va accolto, perché le disposizioni in un certo modo affrontano e regolano diritti soggettivi: la conseguenza è che il testo dell’art. 23 è stato riformulato con l’aggiunta di altri sei commi. Di converso, le relative disposizioni, già comprese nell’art. 12 dello schema del nostro DPR, sono state soppresse. Si chiede che si chiarisca, nel comma 1, il concetto di “prevalenza” di cui all’inciso “i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: La legge delega non consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina ha sollevato perplessità sulle parole “in misura prevalente”, dato che nel vigente sistema normativo italiano manca una definizione unica ed univoca di “prodotti prevalenti” realizzati dall’imprenditore agricolo. Tale termine o il consimile avverbio “prevalentemente” si trova anche nella definizione dell’art. 2135 c.c.; nell’art. 1, comma 423, della legge finanziaria per il 2006; e nell’art. 3 del d.lgs. 154/2004 sulle attività connesse dei pescatori equiparati agli imprenditori agricoli. Il fatto è, però, che allo stato, con riguardo alle disposizioni sopra citate, non risultano sentenze della Suprema Corte sull’interpretazione dei termini “prevalente” o “prevalentemente”, sicché manca la ragione per essere “legittimati” a chiarire normativamente la formula come consentirebbe la legge delega sui decreti legislativi di riordino e semplificazione ogni qualvolta vi siano contrasti giurisprudenziali da risolvere, “scegliendo” l’interpretazione più consolidata. Non avendo forza normativa le circolari 44/E del 15 novembre 2004 e 32/E del 6 luglio 2009 dell’Agenzia delle Entrate (che sembrano riferire la prevalenza o a prodotti omogenei qualora i prodotti sono omogenei, o al valore dei beni se questi sono di natura diversa: ad es. il profilo di una, sia pure ampia, omogeneità è tratto dalla interpretazione dell’attuale art. 32 del Testo unico delle imposte dirette che, annoverando tra le attività connesse quelle “dirette alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti 62 prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati con decreto biennale del Ministro dell’economia su proposta del MiPAAF”, richiama lo scopo del “miglioramento della gamma di beni complessivamente offerti dall’impresa agricola, sempreché i beni acquistarti siano riconducibili al comparto produttivo in cui opera l’imprenditore agricolo”) e, quindi, in difetto di una definizione normativa di valore generale e non speciale come è quella fiscale, la questione rimane di interpretazione, che spetta e ancora spetterà soltanto al giudice. Si chiede di specificare, nel comma 2, a quali “enti e associazioni”, che intendano vendere direttamente prodotti agricoli”, si applichi la disciplina delle vendite dirette da parte degli imprenditori agricoli singoli o associati (UPI-ANCI) nella Conferenza Unificata Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: la legge delega non consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina ha sollevato perplessità sulla detta disposizione il cui significato resta oscuro. Invero delle due l’una: a) o si ritiene che la vendita diretta dei prodotti agricoli possa essere operata da enti ed associazioni composti da produttori agricoli, ed in tal caso la norma sarebbe inutile e andrebbe pertanto eliminata in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 3, della legge delega, che impone al legislatore delegato di “eliminare le duplicazioni”; b) oppure si ritiene che la vendita diretta di prodotti agricoli da parte di enti ed associazioni si riferisca ad enti ed associazioni non composte da produttori agricoli. In tal caso potrebbero beneficiare di queste disposizioni tutti gli enti e le associazioni, dunque anche quelli non composti da produttori agricoli, quale ad esempio un cd. “circolo culturale” (struttura dietro la quale notoriamente nelle grandi città vi sono celate iniziative commerciali per evitare i vincoli determinati dalle norme sul commercio), ovvero un ente commerciale quale, a paradossale esempio, la S.p.A. Autostrade. Sarebbe opportuno precisare che deve trattarsi di enti o associazioni, che vendono direttamente prodotti agricoli ottenuti da imprenditori agricoli ad essi associati [e l’utilità della precisazione sarebbe quella di chiarire l’ampia portata della formula “produttori agricoli singoli ed associati”, così da comprendere soggetti muniti di vera e propria personalità giuridica distinta da quella degli associati, quali gli enti], tuttavia non si può che lasciare la formula approvata dal Parlamento in mancanza di sentenze della Cassazione sull’interpretazione della formula. Si ricordi, infatti, che i limiti dei poteri innovativi nella formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di scegliere tra le varie interpretazioni della dottrina, ma solo di “riprendere” e normativizzare lo jus receptum dalle superiori istanze giurisdizionali. Si chiede, quanto al comma 3, di: 1) di tenere conto della disposizione per la quale il d.lgs. 114/1998 sul commercio non si applica più in diverse Regioni, sicché in esse vigono le leggi regionali sul commercio; 2) di tenere conto che lo stesso d.lgs. 114/1998 dispone al comma 4, dell’art. 30, che esso “non si applica ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni i quali esercitino sulle aree pubbliche la vendita dei propri prodotti ai sensi della legge 9 febbraio 1963 n. 59 e successive modificazioni, salvo che per le disposizioni relative alla concessione dei posteggi e alle soste per l’esercizio dell’attività in forma itinerante”; 3) di far salve le disposizioni del d.lgs. 114/1998 che impongono l’obbligo di pubblicità dei prezzi al pubblico; 4) di definire una disciplina sanzionatoria in caso di vendita diretta in forma itinerante o su aree pubbliche senza la prescritta comunicazione (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010); 5) di eliminare il richiamo alle vendite compiute dai cacciatori, pescatori ed esercenti diritti civici di erbatico e fungatico (dossier di documentazione del Parlamento; Consiglio di Stato). Il primo suggerimento va accolto, sicché il comma 3 è stato riformulato così: “Alla vendita diretta disciplinata dalla presente sezione non si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, né quelle delle leggi regionali sul commercio”. Il comma 3 è stato, però, anche riformulato con la soppressione dell’ultimo periodo, dato che – una volta che si è dichiarata l’inapplicabilità del d.lgs. 114/1998 alla vendita dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli, in un decreto di riordino e di semplificazione delle normativa sull’attività agricola non ha senso richiamare l’art. 4 del suddetto d.lgs 114/1998 che dichiara inapplicabili le norme sul commercio alla vendita dei prodotti da parte di cacciatori, pescatori e contitolari di terre civiche. Quanto al secondo suggerimento si rileva che esso è divenuto superfluo, una volta rilegificate le disposizioni che in precedenza erano state contenute nello schema del nostro DPR. Infatti, nel dossier di documentazione si è chiesta la ragione dell’inserimento, nel testo del comma 3 del nostro schema, della lett. g), comma 2, dell’art. 4 del d.lgs. 114/1998, una volta che si è dichiarata l’inapplicabilità di tale d.lgs. alla vendita dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli. In effetti, è vero che i cacciatori, i pescatori e i contitolari delle terre civiche non sono, in quanto tali, imprenditori agricoli: sicché l’inciso ben potrebbe essere eliminato. Poiché le stesse considerazioni sono espresse dal Consiglio di Stato, nel punto 4.3 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 57), si è provveduto ad eliminare la disposizione “contestata”. Giova comunque fare presente che l’inserzione era dovuta per opportunamente “rammentare” che anche la vendita della cacciagione, dei pesci e dei prodotti delle terre civiche (cioè di “prodotti agricoli”) non è soggetta alle leggi del commercio ma è assimilata alla vendita al dettaglio dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli. Quanto al terzo suggerimento, si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo. Poiché è l’art. 14 del Codice del consumo che impone l’obbligo di indicare il prezzo di vendita dei “prodotti offerti dai commercianti ai consumatori” e poiché - ancorché si usi l’espressione “commerciante” – è da ritenersi che quando l’agricoltore vende su aree pubbliche o in forma itinerante i suoi prodotti faccia attività di commercio, devesi concludere che, se è disposto che ai suoi atti di commercio non si applichino le disposizioni del d.lgs. 114/1978 sul commercio, ovviamente ad essi è applicabile il diverso decreto legislativo del 2006 sul Codice del consumo. Quanto al quarto suggerimento, si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo. I limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione non permettono di “aggiungere” al testo specifiche disposizioni sanzionatorie non riprodotte nelle norme originarie. Quanto al quinto suggerimento, esso va accolto, cosicché dalla formula del comma 3 come contenuta nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 viene eliminato il richiamo alle vendite compiute dai cacciatori, pescatori ed esercenti diritti civici di erbatico e fungatico. Se l’eliminazione di tale richiamo è giustificata dal fatto che i soggetti considerati (cioè i cacciatori, pescatori ed esercenti diritti civici di erbatico e fungatico) NON sono imprenditori agricoli che vendono i frutti della 63 rispettiva attività economica organizzata, la formula normativa che li riguarda VA ESCLUSA dall’elenco delle abrogazioni. Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 la Coldiretti ha contestato la sostanza e la forma del comma 6 sulla vendita domenicali dei prodotti agricoli, osservando la contraddittorietà della disposizione rispetto a quanto disposto nel precedente comma che esclude la vendita diretta dei prodotti agricoli sia dalla legge nazionale che dalle leggi regionali sul commercio. Nel ribadire quanto già detto in ordine alla esistenza di due distinte pronunce giurisprudenziale (Cass. 1793/1999 e Cons. Stato 871/1980) una che considera vietate, l’altra che considera ammesse, le vendite domenicali nell’ambito dell’azienda agricola, e quindi sull’opportunità di una disposizione specifica al riguardo che “tagli” ogni possibile futura discussione, si osserva: a) che la formula esplicitamente vuole evitare che i diversi regolamenti comunali possano introdurre limitazioni; b) che può ben essere accolta l’osservazione sull’utilizzo della parola “fondo” e, quindi, sulla sua modifica in “azienda”. A seguito di vari suggerimenti è apparso necessario sopprimere il comma (già) 5 perché sostanzialmente ripetitivo delle formule del successivo art. 30. ART. 13 DPR Art. 28 (Disposizioni in materia di vendita (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e dei prodotti agricoli e agroalimentari) agroalimentari) 1. Al fine di migliorare l'accesso ai 1. Al fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili, tenendo conto degli interessi deperibili, tenendo conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, definiscono 27 maggio 2005, n. 102, definiscono azioni per consentire che nelle grandi azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri strutture di vendita e nei centri commerciali di cui all'articolo 4 del commerciali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti vendita di prodotti agricoli, siano posti in vendita prodotti provenienti dalle in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette delle regioni in cui operano le predette strutture, in una congrua percentuale, strutture, in una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata. agricola annualmente acquistata. 2. A favore delle strutture che 2. A favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati gli incentivi di possono essere applicati gli incentivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo cui all'articolo 14 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito 27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza nuovi delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza o maggiori oneri per la finanza pubblica. pubblica. 3. Il comune, sulla base delle 3. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi esercitano la vendita diretta. dell’articolo 15 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura Nello schema del connesso DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009 erano riportati due articoli, uno rubricato “Disciplina amministrativa” (che era riprodotto dall’art. 2-quinqies del d.l. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito in legge 11 marzo 2006 n. 8, dall’art. 4, commi 2, 3 e 4 del d.lgs. 228/2001 e dall’art. 2-bis, comma 3, del d.l. 9 settembre 2005, n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005, n. 231), l’altro, rubricato “Disposizioni in materia di venditi dei prodotti agricoli e agroalimentari” come riprodotto dall’art. 2bis d.l. 9 settembre 2005, n. 182, come introdotto dalla legge di conversione 11 novembre 2005, n. 231, del seguente tenore: “Art. 2-bis (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari). 1. Al fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili, tenendo conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, definiscono azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti in 64 vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette strutture, in una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata. // 2. A favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati gli incentivi di cui all'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 102 del 2005, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. // 3. All'articolo 28, comma 15, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228”. Poiché il decreto ministeriale è, al momento, il DM 20 novembre 2007 (come ricorda anche il Consiglio di Stato nel punto 4.3 del suo parere del 24 febbraio 2010, alla pag. 57) e poiché la norma sembrava avere una sostanza regolamentare, la disposizione era stata “trasferita” nello schema del parallelo DPR. Ma il Consiglio di Stato, nel suo parere del 24 febbraio 2010 (punto 9, pagg. 76-77), espone osservazioni su eventuali “innovazioni” e sul contenuto dell’articolo rubricato “Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari” e dell’articolo rubricato “Disciplina amministrativa” riportati nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2010), senza esprimere giudizi sull’operata delegificazione. Tuttavia, anche con riferimento a quanto suggerisce la Commissione bicamerale per la semplificazione in ordine alla necessità di riportare nel testo del decreto legislativo la disposizione sulla “disciplina amministrativa” della vendita dei prodotti agricoli, entrambe le dette disposizioni vengono riportate nello schema di decreto legislativo. Norma riprodotta dall’art. 4 comma 6, d. lgs. 228/2001: «Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone e le persone giuridiche i cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta nella società, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.». Si sono aggiunte le parole “enti ed associazioni” a seguito della introduzione della disposizione di cui all’art. 4, comma 1, d.lgs. 99/2004, riportato al comma 2 del precedente art. 27. Art. 24 (Impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli) 1. Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone, e le persone giuridiche, enti ed associazioni i cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività. 2. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Art. 29 (Impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli) 1. Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone, e le persone giuridiche, enti ed associazioni i cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività. 2. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Si suggerisce di chiarire perché mai si colpiscono solo gli amministratori che commettono gli elencati reati “nell’espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta” (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Riprodotto dall’art. 30 d.lgs. 228/01: “30. Adeguamento delle borse merci. 1. Le contrattazioni delle merci e delle derrate di cui alla legge 20 marzo 1913, n. 272, e successive modificazioni, sono svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica. // 2. Al fine di rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza e di accesso alle negoziazioni telematiche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura adottano, durante un periodo sperimentale di dodici mesi, Sezione II Della vendita per via telematica Sezione II Della vendita per via telematica Art. 25 (Adeguamento delle borse merci) 1. Le contrattazioni delle merci e delle derrate agricole sono svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica. 2. Al fine di rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza e di accesso alle negoziazioni telematiche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura adottano, durante un periodo sperimentale di Art. 30 (Adeguamento delle borse merci) 1. Le contrattazioni delle merci e delle derrate agricole sono svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica. 2. Al fine di rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza e di accesso alle negoziazioni telematiche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura adottano, durante un periodo sperimentale di 65 apposite norme tecniche, in conformità a quanto stabilito dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 20 dicembre 2000, idonee a consentire l'accesso alle contrattazioni, anche da postazioni remote, ad una unica piattaforma telematica. // 3. Con riferimento ai prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CEE) n. 2081/1992 del 14 luglio 1992, del Consiglio, come modificato dal regolamento (CE) n. 692/2003 dell'8 aprile 2003, del Consiglio, ed agli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto comunitario, anche ai fini dell'uniforme classificazione merceologica, con regolamento del Ministro delle politiche agricole e forestali sono disciplinate le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1. // 4. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, i risultati in termini di prezzi di riferimento e di quantità delle merci e delle derrate negoziate in via telematica sono oggetto di comunicazione, da parte delle società di gestione, alle Deputazioni delle Borse merci, nonché di pubblicazione nel bollettino ufficiale dei prezzi, edito dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. // 5. Dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3 le norme della legge 20 marzo 1913, n. 272, cessano di avere applicazione nei confronti delle contrattazioni dei prodotti fungibili agricoli, agroindustriali, ittici e tipici.”. Non è riportato il comma 4 perché ormai superato. Il Reg. 2081/92 è stato sostituito dal Reg. 510/2006. dodici mesi, apposite norme tecniche, in conformità a quanto stabilito dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 20 dicembre 2000, idonee a consentire l'accesso alle contrattazioni, anche da postazioni remote, ad una unica piattaforma telematica. 3. Con riferimento ai prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006, e successive modificazioni, ed agli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto comunitario, anche ai fini dell'uniforme classificazione merceologica, con regolamento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinate le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1. dodici mesi, apposite norme tecniche, in conformità a quanto stabilito dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, idonee a consentire l'accesso alle contrattazioni, anche da postazioni remote, ad una unica piattaforma telematica. 3. Con riferimento ai prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006, e successive modificazioni, ed agli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto dell’Unione europea, anche ai fini dell'uniforme classificazione merceologica, con regolamento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinate le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1. E’ oltremodo opportuno eliminare, dal comma 2, il richiamo al decreto ministeriale del 20.12.2000, che potrebbe “ingessare” la norma, lasciando, quindi, generico il richiamo ad un decreto ministeriale. Ed infatti, il vigente decreto ministeriale di cui al comma 3 è, ora, il DM 6 aprile 2006, n. 174. Le disposizioni sul SIAN e sulla Capo X connessa anagrafe delle imprese Del Sistema informativo agricole sono state oggetto della legge agricolo nazionale (SIAN) e 194/1984, del d.lgs. 173/1998, del della Carta dell’agricoltore d.lgs. 99/2004 e del DPR 503/1999. I commi 1-5 del nuovo art. 31 sono riprodotti dall’art. 15 d. lgs. 173/1998: Sezione I «1. Il SIAN, quale strumento per Del Sistema informativo l'esercizio delle funzioni di cui al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. Art. 26 143 [e successive modificazioni e (Il sistema informativo agricolo integrazioni], ha caratteristiche unitarie nazionale) ed integrate su base nazionale e si 1. La realizzazione e gestione del avvale dei servizi di interoperabilità e Sistema informativo agricolo nazionale delle architetture di cooperazione (SIAN), ai fini dell’esercizio delle previste dal progetto della rete unitaria competenze statali in materia di Capo X Del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN Sezione I Del Sistema informativo Art. 31 (Il sistema informativo agricolo nazionale) Il SIAN, quale strumento per l’esercizio delle funzioni informative e statistiche e delle altre funzioni ad esso attribuite dalla legge, ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e 66 della pubblica amministrazione. Il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma 4. // 2. Il SIAN, istituito con legge 4 giugno 1984, n. 194, è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e all'articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo. // 3. Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese, di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con i medesimi regolamenti, di cui all'articolo 14, comma 3, sono altresì definite le modalità di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare. // 4. Con apposita indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, avviene in base ai criteri e secondo le direttive fissate dal Ministro medesimo, attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta. Dette convenzioni, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello stato, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio. 2. L’AGEA, nell’ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblicoprivato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell’ambito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo quanto definito dal comma 4. 2. Il SIAN è unificato con il Sistema informativo della montagna e con i sistemi informativi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo. 3. Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità 67 convenzione le amministrazioni di cui ai commi precedenti definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti. // 5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio. // 6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si farà fronte nei limiti delle autorizzazioni di spesa all'uopo recate da appositi provvedimenti legislativi”. Si sono aggiunte formule migliorative o inclusione di sistemi, come quello sulla montagna, già operativi. Il comma 6 è riprodotto dall’art. 15 commi 1 e 2 legge 194/1984, che viene riformulato sotto il profilo letterale dato che il MiPAAF ha già “impiantato” il SIAN: «Ai fini dell'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale, il ministro della agricoltura e delle foreste è autorizzato all'impianto di un sistema informativo agricolo nazionale attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta, per la realizzazione, messa in funzione ed eventuale gestione temporanea di tale sistema informativo in base ai criteri e secondo le direttive fissate dal ministro medesimo. // 2. Le convenzioni di cui al precedente comma, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello stato ed all'articolo 14 della legge 28 settembre 1942, n. 1140, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio. Per i fini di cui al precedente primo comma è autorizzata, per il triennio 19841986, la spesa di lire 6 miliardi in ragione di lire 2 miliardi per ciascuno degli anni dal 1984 al 1986». Il richiamo, da parte dell’originario art. 15 della legge 194/1984, all’art. 14 legge 28 settembre 1942 n. 1140, è da ritenersi soppresso perché il detto art.14 della legge 1140/1942 è stato di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare. 4. Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi da 1 a 3 definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti. 5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio. 6. (già comma 1) D’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e province autonome, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali attua il Sistema informativo agricolo nazionale, anche attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta, per la realizzazione, messa in funzione ed eventuale gestione temporanea di tale sistema informativo. Dette convenzioni, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello Stato, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio. 7. (già comma 2) L’AGEA, nell’ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell’ambito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. 68 abrogato dal comma 1, secondo capoverso, dell’art. 256 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Il comma 7 è riprodotto dall’art. 4 d. l. 9 settembre 2005 n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005 n. 231: “All’art. 14 d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99, dopo il comma 10 è inserito il seguente: “10-bis. L’AGEA, nell’ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell’ambito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”. L’ultimo inciso è stato eliminato dal testo, perché il presente decreto legislativo contiene l’art. 132 quale norma fiscale. Il richiamo al d.lgs. 157/1995 è, ora, al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, sul codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Le disposizioni dei d.lgs. 173/1998 e 99/2004 sul “carattere” di strumento unitario e integrato del SIAN che di primo acchito appaiono avere una natura più regolamentare che legislativa – per cui si era ritenuto che potessero essere riprodotte nel DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino e semplificazione – melius re perpensa e anche a seguito del parere del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2010 (punto 4.4, pagg. 57-61) sono state riprodotte nel presente decreto legislativo. Trattasi, più specificamente, delle disposizioni su “Servizi di interoperabilità” e sulle “Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN”. Egualmente si era ritenuto che potessero essere delegificate e, quindi, inserite nel DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino della materia agricoltura, alcune le disposizioni del d.lgs. 99/2004 sulla Carta dell’agricoltore, perché si trattava, sostanzialmente, di norme “attuative” delle modalità di redazione e integrazione della detta Carta o del collegato fascicolo aziendale. Lo scopo della proposta delegificazione è quello di “eliminare” l’attuale ingessatura delle disposizioni che non consentono facili modifiche regolamentari. Sempre melius re perpensa si sono lasciate nel DPR soltanto alcune disposizioni in ordine all’integrazione e all’aggiornamento del fascicolo aziendale, mentre sono state riportate nel testo legislativo la disposizione sulla realizzazione della Carta dell’agricoltore. Quanto, poi, alle disposizioni del DPR 503/1999, esse sono quasi tutte riprodotte nel DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino della materia agricoltura, ad eccezione di quelle, relative all’anagrafe delle imprese agricole, che hanno per oggetto l’utilizzazione, nei rapporti con la P.A., del codice unico di identificazione e che riguardano il significato di “unità tecnico-econoliche” dell’azienda agricola. Proprio per il loro oggetto non dovrebbe essere richiesta una copertura finanziaria. Soltanto queste, dunque, sono state legificate. Come si è detto, a seguito delle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato al punto 4.4 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 57-61) le disposizioni che, nonostante fossero state riprodotte dai d.lgs. 173/1998 e 99/2004, erano state riportate nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009, sono ora state rimesse nello schema del presente decreto legislativo. Di conseguenza, si è ritenuto opportuna la riformulazione della rubrica del Capo X. Inoltre, si chiede che il testo del comma 1 [ora comma 6] del nuovo testo proposto sia diversamente formulato, perché è venuto meno il potere di indirizzo e di coordinamento da parte dello Stato (Conferenza Stato-Regioni dell’8.1.2010; Consiglio di Stato). L’osservazione del Consiglio di Stato è contenuta nel punto 4.4. del suo parere del 24 febbraio 2010. Il suggerimento va accolto, sicché l’attuale comma 6 (già comma 1) è stato riformulato ex novo, nel senso che, escluso il richiamo al potere di indirizzo e coordinamento, ciò che resta possibile è l’intesa tra Stato e Regioni. Si suggerisce di sopprimere l’ultimo periodo dell’originario comma 2 come approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009, secondo il quale dall’attuazione del comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto perché lo schema del nostro decreto legislativo di riordino e di semplificazione contiene l’articolo (ora) 123 come norma fiscale. 69 Si è ritenuto necessario sostituire il termine “azienda” con “impresa”, al fine di avere una norma coerente con il sistema del codice civile. Si ricorda che, per il nostro diritto, il termine “impresa” presenta un richiamo ad un soggetto (l’imprenditore), mentre il termina “azienda” si richiama a qualcosa di oggettivo, essendo – per l’art. 2555 c.c. – un complesso di beni organizzato dall’imprenditore. Nella specie, poi, si noti che l’art. 1 del d.p.r. 503/99 nel comma 2 individua il codice fiscale quale codice unico di identificazione, per cui il rinvio è da interpretarsi al concetto di impresa e non a quello di azienda, stante la possibilità di avere più aziende dislocate in diversi luoghi, ma un'unica impresa alla quale si riferisce il codice fiscale. Sicché, pur lasciando l’acronimo CUAA si sostituisce con “impresa” la parola “azienda”, salvo quando il termine si riferisca al complesso aziendale organizzato. I commi 1 e 2 erano originariamente regolamentari e qui vengono legificati. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 1, commi 1 e 2 del DPR 503/1999: “1. L'anagrafe delle aziende agricole, di seguito denominata anagrafe, istituita ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), integrato con i sistemi informativi regionali, raccoglie le notizie relative ai soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale, di seguito denominati "aziende". // 2.Il codice fiscale costituisce il codice unico di identificazione aziende agricole, di seguito CUAA. Il CUAA deve essere utilizzato in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione”. La parte finale del comma 2 è riprodotta dall’art. 13 comma 3 d. lgs. 99/2004: “Il codice unico di identificazione aziende agricole, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, costituisce sistema unico di identificazione di ciascun soggetto che esercita attività agricola anche ai sensi all'articolo 18, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 1782/2003”. Il regolamento 1782/2003 è stato abrogato dal regolamento 73/2009: ma conviene eliminare qualsiasi richiamo al diritto dell’Unione europea che, quando è espresso in regolamenti, è Sezione II Dell’anagrafe delle imprese agricole Art. 27 (Anagrafe delle imprese agricole) 1. L'anagrafe delle imprese agricole, di seguito denominata anagrafe, istituita all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), integrato con i sistemi informativi regionali, raccoglie le notizie relative ai soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale, di seguito denominati "imprese". 2. Fatto salvo quanto previsto dalle norme fiscali, il codice fiscale costituisce il codice unico di identificazione aziende agricole, di seguito CUAA. Il CUAA deve essere utilizzato in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione. Il CUAA costituisce sistema unico di identificazione di ciascun soggetto che esercita attività agricola, anche ai sensi all'articolo 15, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 73/2009. 3. A ciascuna azienda fa capo una o più unità tecnico-economiche, di seguito denominata unità; per unità si intende l'insieme dei mezzi di produzione, degli stabilimenti e delle unità zootecniche e acquicole condotte a qualsiasi titolo dal medesimo soggetto per una specifica attività economica, ubicato in una porzione di territorio, identificata nell'ambito dell'anagrafe tramite il codice ISTAT del comune ove ricade in misura prevalente, e avente una propria autonomia produttiva. 4. Per lo svolgimento delle proprie attività l' Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) è autorizzato ad accedere alle informazioni e ai dati di cui al presente articolo, nonché al Registro nazionale titoli di cui all’articolo 3 del decreto legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231. Sezione II Dell’anagrafe delle imprese agricole Art. 32 (Anagrafe delle imprese agricole. Accesso alle informazioni) 1. L'anagrafe delle imprese agricole, di seguito denominata anagrafe, istituita all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), integrato con i sistemi informativi regionali, raccoglie le notizie relative ai soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale, di seguito denominati ‘imprese’. 2. Fatto salvo quanto previsto dalle norme fiscali, il codice fiscale costituisce il codice unico di identificazione aziende agricole, di seguito CUAA. Il CUAA deve essere utilizzato in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione. Il CUAA costituisce sistema unico di identificazione di ciascun soggetto che esercita attività agricola. 3. A ciascuna impresa fa capo una o più unità tecnico-economiche, di seguito denominata unità; per unità si intende l'insieme dei mezzi di produzione, degli stabilimenti e delle unità zootecniche e acquicole condotte a qualsiasi titolo dal medesimo soggetto per una specifica attività economica, ubicato in una porzione di territorio, identificata nell'ambito dell'anagrafe tramite il codice ISTAT del comune ove ricade in misura prevalente, e avente una propria autonomia produttiva. 4. Per lo svolgimento delle proprie attività l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) è autorizzato ad accedere alle informazioni e ai dati di cui al presente articolo, nonché al Registro nazionale titoli di cui all’articolo 3 del decretolegge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231. 5. Sono autorizzati ad accedere alle informazioni e ai servizi dell’anagrafe, nel rispetto di quanto previsto dalle norme per la tutela dei dati personali, di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni, e in particolare nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 10 e 20 della legge predetta in materia di segreto aziendale e industriale, e dall’articolo 22 in materia di dati sensibili: tutti i soggetti e le pubbliche 70 immediatamente applicabile. amministrazioni individuati dall’articolo Il comma 3 era originariamente 15, comma 1, del decreto legislativo regolamentare e qui viene legificato. 30 aprile 1998, n. 173; Esso è riprodotto dal comma 3 dell’art. le imprese iscritte all’anagrafe e i 1 del DPR 503/1999: “3. A ciascuna soggetti dalle stesse delegate. azienda fa capo una o più unità 6. Attraverso il SIAN sono comunicati, tecnico-economiche, di seguito senza oneri per il destinatario, e nel denominata unità; per unità si intende rispetto delle disposizioni di cui al l'insieme dei mezzi di produzione, degli decreto legislativo 30 giugno 2003, n. stabilimenti e delle unità zootecniche e 196, le modalità attraverso le quali acquicole condotte a qualsiasi titolo ciascun soggetto che esercita attività dal medesimo soggetto per una agricola accede direttamente, anche specifica attività economica, ubicato in per via telematica, alle informazioni una porzione di territorio, identificata contenute nel proprio fascicolo nell'ambito dell'anagrafe tramite il aziendale. codice ISTAT del comune ove ricade 7. Il SIAN assicura le modalità di in misura prevalente, e avente una riconoscimento dell'utente e di firma propria autonomia produttiva”. sicure attraverso la firma digitale, A tale comma farà rinvio il DPR nella emessa per i procedimenti di propria riformulazione del nostro DPR competenza, e la Carta dell'agricoltore parallelo. e del pescatore di cui al decreto del Il comma 4 è riprodotto dal comma 5Presidente della Repubblica 1° septies dell’art. 2 del d.l. 9 settembre dicembre 1999, n. 503. 2005 n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005 n. 231: “Per lo svolgimento delle proprie attività l'ISMEA è autorizzato ad accedere al Registro nazionale titoli, nonché alle informazioni e ai dati di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 “. Il comma 5 è nuovo (vedi nota). I nuovi commi 6 e 7 del testo in colonna 3 sono riprodotti dall’art. 14 commi 2 e 3 d. lgs. 99/2004: «2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede direttamente, anche per via telematica, alle informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale. // 3. Il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 13, comma 2». Si suggerisce di riformulare in modo diverso l’originario articolo 27 (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Sicché: a) viene soppresso, al comma 2, il richiamo al Regolamento (CE) 1782/2003, abrogato dal Reg. 73/2009, eliminando qualsiasi richiamo; b) viene introdotto il comma 5 come meglio riformulato, seguendo il suggerimento della Conferenza Stato-Regioni (documento del Coordinatore della Commissione regionale delle politiche agricole del 27 gennaio 2010), suggerimento che chiarisce e risolve problemi attuali, senza che si possa imputare alla riformulazione un intervento innovativo che comunque potrebbe ritenersi necessitato da esigenze di sistematicità. Il comma 5 è stato suggerito e introdotto sulla base delle osservazioni della Conferenza Stato-Regioni (documento del Coordinatore della Commissione regionale delle politiche agricole del 27 gennaio 2010). Inoltre, si suggerisce di riproporre nello schema di decreto legislativo le disposizioni riprodotte dai commi 2 e 3 dell’art. 14 del d.lgs. 99/2004 che erano state delegificate perché inserite nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei ministri l’11 dicembre 2009. Anche tale suggerimento va accolto, sicché le disposizioni ora sono riportate nei commi 6 e 7 del presente articolo. La conseguenza è la integrazione della rubrica con il richiamo a “accesso alle informazioni”. I commi 2 e 3 dell’art. 14 del d. lgs. 99/2004: «2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede 71 direttamente, anche per via telematica, alle informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale. // 3. Il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 13, co. 2». Si noti che con riguardo al comma 3 dell’art. 27 (ora art. 32), che invece legifica l’originaria disposizione contenuta nel comma 3 dell’art. 1 del DPR 503/1999, nessuna obiezione è stata sollevata. Il comma 1 (ora comma 3) è riprodotto dall’art. 14 comma 7 d. lgs. 99/2004: «I soggetti che esercitano attività agricola che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi della normativa comunitaria, nazionale e regionale, relativa all'esercizio della propria attività da parte della pubblica amministrazione, qualora inoltrino nuove istanze possono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni». Il comma 2 (ora comma 4) è riprodotto dal comma 5-quinquies dell’art. 3 del d.l. 9 settembre 2005 n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005 n. 231: “Le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato sono valide per richiedere gli stessi contributi comunitari anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dalla normativa comunitaria”. Sezione III Del fascicolo aziendale Sezione III Del fascicolo aziendale Art. 28 (Forma delle nuove istanze di aiuti) 1. I soggetti che esercitano attività agricola, che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi della normativa comunitaria, nazionale e regionale, relativa all'esercizio della propria attività da parte della pubblica amministrazione, qualora inoltrino nuove istanze possono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni. Le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato sono valide per richiedere gli stessi contributi comunitari anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dalla normativa comunitaria. Art. 33 (Fascicolo aziendale. Forma delle nuove istanze di aiuti) 1. Per i fini di semplificazione e armonizzazione di cui all’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, è istituito, nell’ambito dell’anagrafe delle imprese agricole, il fascicolo aziendale, modello cartaceo ed elettronico riepilogativo dei dati aziendali, finalizzato all’aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503. 2. Le informazioni relative ai dati aziendali, compresi quelli relativi alle consistenza aziendali e al titolo di conduzione, risultanti dal fascicolo aziendale, costituiscono la base di riferimento e di calcolo valida ai fini dei procedimenti istruttori in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale in materia agricola, forestale e della pesca, fatta comunque la facoltà di verifica e controllo dell’amministrazione stessa. 3. (già comma 1) I soggetti che esercitano attività agricola, che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi del diritto dell’Unione europea, del diritto nazionale e del diritto regionale, relativa all'esercizio della propria attività da parte della pubblica amministrazione, qualora inoltrino nuove istanze possono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni. In ogni caso, aggiornano le informazioni depositate prima di inoltrare nuove istanze di aiuto. 4. (già comma 2) Le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato sono valide per richiedere gli stessi contributi comunitari anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dal diritto dell’Unione europea. Si suggerisce la riformulazione dell’originario art. 28 (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Sicché vengono introdotti i commi 1 e 2 come riformulati anche con un italiano migliore, 72 seguendo il suggerimento che certamente chiarisce e risolve problemi attuali, senza che si possa imputare alla riformulazione un intervento innovativo che comunque potrebbe ritenersi necessitato da esigenze di sistematicità. Al comma 3 viene, poi, aggiunto l’inciso “in ogni caso, aggiornano le informazioni depositate prima di inoltrare nuove istanze di aiuto”. Riprodotto dall’art. 14 comma 8 d. lgs 99/2004: «I soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l'attività agricola hanno l'obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministrazione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d'ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certificazione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN». La formulazione del comma 1 risente di quanto disposto dall’incipit dell’art.7, comma 3, lettere a), b), c), e), h), i) della legge 5 marzo 2001, n.57 (legge delega del 2001, richiamata dalla legge delega del 2003, che per memoria viene riportato integralmente: «comma 3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono diretti, in coerenza con la politica agricola dell'Unione europea, a creare le condizioni per: a) promuovere, anche attraverso il metodo della concertazione, il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell'agricoltura, dell'acquacoltura, della pesca e dei sistemi agroalimentari secondo le vocazioni produttive del territorio, individuando i presupposti per l'istituzione di distretti agroalimentari, rurali ed ittici di qualità ed assicurando la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale; b) favorire lo sviluppo dell'ambiente rurale e delle risorse marine, privilegiando le iniziative dell'imprenditoria locale, anche con il sostegno della multifunzionalità dell'azienda agricola, di acquacoltura e di pesca, comprese quelle relative alla gestione ed alla tutela ambientale e paesaggistica, anche allo scopo di creare fonti alternative di reddito; c) ammodernare le strutture produttive agricole, della pesca e dell'acquacoltura, forestali, di servizio e di fornitura di mezzi tecnici a minor impatto ambientale, di trasformazione e commercializzazione dei prodotti nonché le infrastrutture per l'irrigazione Art. 29 (Obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale) 1. I soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l’attività agricola hanno l’obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministrazione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d’ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certificazione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN. Titolo III Della disciplina del territorio Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale Sezione I Della valorizzazione dello spazio rurale Art. 30 (Gestione e sviluppo delle varie aree rurali e delle loro produzioni) 1. La gestione e lo sviluppo dello spazio rurale sono priorità essenziali dell’uso razionale delle risorse naturali e del territorio, In coerenza con le finalità perseguite dalla politica agricola dell’Unione europea e dalla Costituzione. 2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci: a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tipica (IGT); b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del diritto comunitario; c) le zone aventi specifico interesse Art. 34 (Obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale) 1. I soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l’attività agricola hanno l’obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministrazione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d’ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certificazione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN. Titolo III Della disciplina delle aree agricole Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale Sezione I Della valorizzazione dello spazio rurale Art. 35 (Gestione e sviluppo delle varie aree rurali e delle loro produzioni) Gli interventi e le misure inerenti al governo del territorio hanno anche la finalità di disciplinare la gestione e lo sviluppo delle aree agricole e degli ambiti rurali. (già comma 1) La gestione e lo sviluppo dello spazio rurale sono priorità essenziali dell’uso razionale delle risorse naturali e del territorio, in coerenza con le finalità perseguite dalla politica agricola dell’Unione europea e dalla Costituzione. (già comma 2) Lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci: a) le vocazioni produttive agricole del territorio; b) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di 73 al fine di sviluppare la competitività delle imprese agricole ed agroalimentari, soddisfacendo la domanda dei mercati ed assicurando la qualità dei prodotti, la tutela dei consumatori e dell'ambiente; d) garantire la tutela della salute dei consumatori nel rispetto del principio di precauzione, promuovendo la riconversione della produzione intensiva zootecnica in produzione estensiva biologica e di qualità, favorire il miglioramento e la tutela dell'ambiente naturale, delle condizioni di igiene e di benessere degli animali negli allevamenti, nonché della qualità dei prodotti per uso umano e dei mangimi per gli animali, in particolare sviluppando e regolamentando sistemi di controllo e di tracciabilità delle filiere agroalimentari; e) garantire un costante miglioramento della qualità, valorizzare le peculiarità dei prodotti e il rapporto fra prodotti e territorio, assicurare una adeguata informazione al consumatore e tutelare le tradizioni alimentari e la presenza nei mercati internazionali, con particolare riferimento alle produzioni tipiche, biologiche e di qualità; f) favorire l'insediamento e la permanenza dei giovani e la concentrazione dell'offerta in armonia con le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza; g) assicurare, in coerenza con le politiche generali del lavoro, un idoneo supporto allo sviluppo occupazionale nei settori agricolo, della pesca, dell'acquacoltura e forestale, per favorire l'emersione dell'economia irregolare e sommersa; h) favorire la cura e la manutenzione dell'ambiente rurale, anche attraverso la valorizzazione della piccola agricoltura per autoconsumo o per attività di agriturismo e di turismo rurale; i) favorire lo sviluppo sostenibile del sistema forestale, in aderenza ai criteri e princìpi individuati dalle Conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa”. I commi 2, 3 e 4 dell’art. 30, come approvati dal CdM del dicembre 2009 sono riprodotti dall’art. 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, con l’inversione del soggetto: “1. Fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze: a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine agrituristico. 3. Sì come disposto dalla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente norme in materia ambientale, la tutela di cui al comma 2 è realizzata, in particolare, con: a) la definizione di criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; b) l'adozione di piani territoriali di coordinamento. origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tipica (IGT); c) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del diritto dell’Unione europea; d) le zone aventi specifico interesse agrituristico. 4. (già comma 3) Come disposto dalla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente norme in materia ambientale, la tutela di cui al comma 3 è realizzata, in particolare, con: a) la definizione di criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; b) l'adozione di piani territoriali di coordinamento. 5. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione. 74 controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT); b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991; c) le zone aventi specifico interesse agrituristico. 2. La tutela di cui al comma 1 è realizzata, in particolare, con: a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997; b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997”. L’originario rinvio al regolamento CE 2092/91 sull’agricoltura biologica (successivamente modificato) è stato sostituito con un generico rinvio al diritto comunitario. La legge n. 142 del 1990 è stata abrogata dal decreto legislativo n. 267 del 2000; si è ritenuto opportuno richiamare, conseguentemente, l’art. 20 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che “riproduce” l’art. 15 della legge abrogata. Il Consiglio di Stato, nella parte 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha obiettato che la denominazione del Titolo III “Della disciplina del territorio” non è appropriata, perché la materia disciplinata attiene in misura largamente maggiore alla tutela e alla gestione delle aree agricole; sicché ha suggerito di modificarla. E il suggerimento è stato accolto. Nell’esame dell’originario art. 33 del presente schema, il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 60), ha messo in evidenza come dall’ordinamento vigente sia possibile ricavare un’indicazione implicita ad “ampliare la prospettiva di una disciplina positiva dei suoli rurali, finalizzata alla tutela attiva dei valori agricoli (ad esempio, lo sviluppo delle colture equilibrato e aderente alla vocazione delle varie zone; l’individuazione di arre coltivabili) e dei valori rurali (ad esempio, la tutela della qualità degli ambienti rurali; la tutela ed il recupero degli edifici rurali esistenti)”. Le suddette considerazioni confortano l’idea esplicitata anche dalla Conferenza Stato-Regioni che, prescrivendo determinati interventi da parte dello Stato e delle Regioni, per tutelare, ad esempio, le vocazioni produttive agricole delle varie aree, non si vada ultra vires. I suggerimenti sono da accogliersi, sicché si è premesso un nuovo comma all’art. 35. Si chiede di aggiungere al comma 2 (ora comma 3): 1) una lettera d) con “i suoli ad elevata vocazione agricola consentendo il loro consumo soltanto in assenza di alternative localizzative tecnicamente ed economicamente valide”; 2) una lettera e) con “le aree agricole e forestali attraverso specifici regolamenti di polizia rurale” (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti 75 legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Invece, solo per ragioni sistematiche e per quanto sopra riferito con riguardo al punto 5 del parere del Consiglio di Stato, si è aggiunta la lettera a) – provvedendo, poi, a riunumerare le successive lettere – in cui si indica che lo Stato e le Regioni tutelano: a) le vocazioni produttive agricole del territorio; b)….”. In tal modo l’art. 35, (originariamente art. 30) è stato riformulato nel comma 3 (originariamente comma 2). Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che, anche in forza dell’art. 25 della legge 57/2001 e dell’art. 35 del d.lgs. 228/2001 sia aggiunto un comma che ribadisca la competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. La proposta di emendamento va accolta, sicché viene formulato il seguente nuovo comma 5: “Le disposizioni di questo articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione”. Si è aggiunto così il comma 5. I commi 1 e 2 sono riprodotti dai commi 1 e 2 dell’art. 14 del D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228: “1. Le pubbliche amministrazioni possono concludere contratti di collaborazione, anche ai sensi dell’articolo 119 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con gli imprenditori agricoli anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, per la promozione delle vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. 2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici”. Cfr. Reg. (CE) 1257/99 (capo II, programmazione) e successive modifiche. Sugli aiuti di Stato in agricoltura v. il Reg. 1857/2006 del 15 dicembre 2006 sugli aiuti di Stato alle “piccole e medie imprese agricole attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli” con esclusione di quelle del settore della loro trasformazione e commercializzazione. Il regolamento è accompagnato dalla Comunicazione della Commissione sugli “orientamenti comunitari per gli aiuti nel settore agricolo e forestale 2007-2013” del dicembre 2006. Alle PMI attive nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli si applicano i regolamenti 70/2001 del 12 gennaio 2001 e 1/2004 del 23 dicembre 2003. Cfr. ora la Comunicazione della Commissione del 17 dicembre 2008 per porre rimedio “al grave turbamento economico” attuale (2008-2009). Il comma 3 è riprodotto dal comma 3 dell’art. 14 del d.lgs. 228/2001 “Al fine di assicurare un’adeguata informazione ai consumatori e di consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e della peculiarietà delle produzioni di Titolo II Dello spazio rurale Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale ART. 18 del DPR (Contratti di collaborazione e contratti di promozione) 1. Le pubbliche amministrazioni, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, per la promozione delle vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. 2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici. 3. Al fine di assicurare una adeguata informazione ai consumatori e consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e delle peculiarità delle produzioni tipiche, biologiche e di qualità, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell’esercizio dell’attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio agrario e forestale. Art. 36 (Contratti di collaborazione e contratti di promozione) 1. Le pubbliche amministrazioni, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, per la promozione delle vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. 2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici. 3. Al fine di assicurare una adeguata informazione ai consumatori e consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e delle peculiarità delle produzioni tipiche, biologiche e di qualità, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell’esercizio dell’attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio agrario e forestale. 76 cui ai commi 1, e 2, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell’esercizio dell’attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale”. La disposizione sopra riportata originariamente era inserita nello schema del connesso DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Per le avvertite perplessità in ordine alla proposta delegificazione delle norme che vi erano riprodotte, si è addivenuti a riportare l’articolo, rubricato “Contratti di collaborazione e contratti di promozione” nel presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione. Il comma 1 è riprodotto dal comma 1 dell’art. 15 del D. Lgs. 18 maggio 2001 n. 228: “1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli”. L’art. 15 del d.lgs. 228/2001 è stato modificato dal decreto legge 171/2008, convertito in legge 205/2008 che ha ricompreso i consorzi di bonifica tra i soggetti abilitati a stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli. Perciò viene inserito l’inciso “ivi compresi i consorzi di bonifica”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 15 del D.Lgs.18 maggio 2001 n. 228, come modificato dall’art. 1, comma 1067, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007): “2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d’appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata.” Art. 19 del DPR (Convenzioni in materia di gestione del territorio) 1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli. 2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata. Art. 37 (Convenzioni in materia di gestione del territorio) 1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla cura dell’ambiente rurale, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio le pubbliche amministrazioni, ivi compresi i consorzi di bonifica, possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli. 2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata. La disposizione era originariamente inserita nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Per le avvertite perplessità in ordine alla proposta delegificazione delle norme che vi erano riprodotte, si è addivenuti a riportare l’articolo, rubricato “Convenzioni in materia di gestione del territorio” nel presente schema di 77 decreto legislativo di riordino e semplificazione. Su suggerimento si è provveduto a integrare il comma 1 con gli incisi” alla cura dell’ambiente rurale” e “ivi compresi i consorzi di bonifica”. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 1, legge 20 febbraio 2006, n. 96, dettante la nuova disciplina dell’agriturismo: “La Repubblica, in armonia con i programmi di sviluppo rurale dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni, sostiene l’agricoltura anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a: a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio; b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali; c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli; d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l’incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita; e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche; f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche; g) promuovere la cultura rurale e l’educazione alimentare; h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale. Il comma 2 è un comma nuovo, perché non riproduce alcuna formula di un’originaria disposizione. Esso viene inserito in questo decreto legislativo innanzitutto per un’esigenza di sistema e, poi, per potere richiamare, nella gestione del territorio agricolo dove operano gli agricoltori (che è il Titolo di questa parte del presente decreto legislativo di riordino), attività collegate o, del tutto, connesse, all’attività imprenditoriale dell’agricoltore. Nel comma 3 il richiamo è all’art. 23 della legge 27 marzo 2001, n. 122: “Le Regioni, nell’ambito delle iniziative finalizzate allo sviluppo rurale e alla valorizzazione della multifunzionalità dell’azienda, possono disciplinare l’attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione nella propria abitazione. Qualora dette attività abbiano carattere professionale e continuativo e siano esercitate da imprenditori agricoli rientrano tra le attività agrituristiche”. Trattandosi di un richiamo, l’art. 27 della legge 122/2001 non rientra nella nostra disposizione sulle abrogazioni contenuta in questo decreto legislativo di riordino. Sempre nel comma 3 il richiamo è al Sezione II Delle zone agricole a vocazione turistica Sezione II Delle zone agricole a vocazione turistica Art. 31 (Forme di turismo nelle zone agricole: interventi e definizioni) 1. In armonia con i programmi di sviluppo rurale dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni, l’agricoltura è sostenuta anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a: tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio; b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali; c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli; d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l’incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita; e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche; f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche; g) promuovere la cultura rurale e l’educazione alimentare; h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale. 2. Costituiscono forme idonee anche l’agriturismo, l’ospitalità rurale familiare, il turismo venatorio svolto dalle aziende agro-turistico-venatorie e le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici. 3. Per agriturismo si intende l’attività connessa dell’imprenditore agricolo di cui all’articolo 14; per ospitalità rurale familiare si intende l’attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione svolto da persone fisiche nella propria abitazione che, se svolte con carattere professionale e continuativo da imprenditori agricoli rientrano tra le attività agrituristiche di cui all’articolo 14; per turismo venatorio si intende quello esercitato nelle aziende agri-turistico-venatorie istituite, su richiesta del concessionario delle aziende faunistico venatorie di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 968, dalle regioni; per strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici si Art. 38 (Forme di turismo nelle zone agricole: interventi e definizioni) 1. In armonia con i programmi di sviluppo rurale dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni, l’agricoltura è sostenuta anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a: a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio; b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali; c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli; d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l’incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita; e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche; f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche; g) promuovere la cultura rurale e l’educazione alimentare; h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale. 2. Costituiscono forme idonee l’agriturismo, l’ospitalità rurale familiare, il turismo venatorio svolto dalle aziende agro-turistico-venatorie e le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici. 3. Per agriturismo si intende l’attività connessa dell’imprenditore agricolo di cui all’articolo 14; per ospitalità rurale familiare si intende l’attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione svolto da persone fisiche nella propria abitazione che, se svolte con carattere professionale e continuativo da imprenditori agricoli rientrano tra le attività agrituristiche di cui all’articolo 14; per turismo venatorio si intende quello esercitato nelle aziende agri-turistico-venatorie istituite, su richiesta del concessionario delle aziende faunistico venatorie di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 968, dalle regioni; per strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici si intendono quelle di cui all’articolo 20. 78 comma 2 dell’art. 36 della legge 11 intendono quelle di cui all’articolo 18. febbraio 1992 n. 157: 1 “Le aziende faunistico venatorie autorizzate dalle regioni ai sensi dell’art. 36 della legge 27 dicembre 1997 n. 968, fino alla naturale scadenza della concessione sono regolate in base al provvedimento di concessione. // 2. Su richiesta del concessionario, le regioni possono trasformare le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1 in aziende agri-turistico-venatorie”. Trattandosi di un richiamo, l’art. 36 della legge 157/1992 non rientra nella disposizione sulle abrogazioni contenuta in questo decreto legislativo di riordino. Si è osservato che l’art. 31 del testo approvato dal CdM nel dicembre 2009 disciplinerebbe in maniera non omogenea attività sostanzialmente analoghe (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: nell’ambito del Titolo III “Della disciplina del territorio” e sotto la Sezione II “Delle zone agricole a vocazione turistica) l’art. 31 (ora art. 38)< si limita a ricordare le finalità degli interventi a favore del turismo nelle campagne (comma 1), le varie e distinte forme di turismo nelle zone agricole (comma 2) e a dare, di esse, la definizione (comma 3). Non contiene alcuna disciplina. Le distinte discipline, per attività sì sostanzialmente analoghe ma rette da norme originarie diverse, sono invece riportate nei successivi articoli: l’art. 14, per l’agriturismo; l’art. 18, per le strade del vino; la legge 968/1977, per il turismo venatorio. Sezione III Si tratta di una norma riformulata. La Della contrattazione programmata formula che era stata proposta nello schema di decreto legislativo Art. 32 approvato dal Consiglio dei Ministri (Programmazione territoriale dell’11 dicembre 2009, recitava: “La negoziata) disciplina della programmazione negoziata si applica anche al settore 1. La disciplina della programmazione agricolo, agroalimentare e della negoziata si applica anche al settore pesca”. In sostanza, intendendo fare agricolo, agroalimentare e della pesca. riferimento alla “contrattazione programmata” al fine di introdurre le definizioni di “distretto rurale” e “distretto agro-alimentare” di cui al successivo articolo, si era ritenuto opportuno premettere una disposizione, il più possibile generale del fenomeno. All’uopo si era preso in considerazione quanto contiene la legge 662/1996, soprattutto nell’art. 2, comma 203 [comma 203: “Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti: a)“Programmazione negoziata” (…), b)”Intesa istituzionale di programma” (…); c)”Accordo di programma quadro” (…); d) “Patto territoriale”, come tale intendendosi l’accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c) relativo all’attuazione di un programma di Sezione III Della contrattazione programmata Art. 39 (Programmazione territoriale negoziata) 1. Alle imprese agricole, della pesca e dell’acquicoltura e ai relativi consorzi, si applicano le forme di accordo di cui all’articolo 2, comma 203, lettere d), patto territoriale, e), contratto di programma, ed f), contratto di area, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. 79 interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale; e) “Contratto di programma”, come tale intendendosi il contratto stipulato tra l’amministrazione statale competente, grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanze di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata; f) “Contratto di area”, come tale intendendosi lo strumento operativo, concordato tra amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di una nuova occupazione in territori circoscritti, nell’ambito delle aree di crisi indicate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro quindici giorni dalla richiesta, e delle aree di sviluppo industriale e dei nuclei di industrializzazione situati nei territori di cui all’obiettivo 1 del Regolamento CEE n. 2052/88, nonché delle aree industrializzate realizzate a norma dell’art. 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219, che presenti i requisiti di più rapida attivazione di investimenti di disponibilità di aree attrezzate e di risorse private o derivanti da interventi normativi. Anche nell’ambito dei contratti d’area dovranno essere garantiti ai lavoratori i trattamenti retributivi previsti dall’art. 6, comma 9, lettera c), del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389”)]. La definizione si riferiva, in realtà, a settori diversi da quello agricolo a cui, però, è stata tuttavia estesa dall’art. 10, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173 (“Rafforzamento strutturale delle imprese. Il CIPE determina i limiti, criteri e modalità di applicazione anche alle imprese agricole, della pesca marittima ed in acque salmastre e dell’acquacoltura, e ai relativi consorzi, degli interventi regolati dall’art. 2, comma 203, lettera d) “Contratto di area” della legge 23 dicembre 1996, n. 662.”). L’art. 10 del d.lgs. n. 173 del 1998 è stato attuato mediante Delibera CIPE 11 novembre 1998 n. 127. Il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha proposta la riformulazione dell’articolo, provvedendo a stilare la formula. La riformulazione è pienamente da accogliersi: di conseguenza si è provveduto alla modifica dell’originario articolo 32 (ora art. 39) secondo il suggerimento espresso. 80 Il comma 1 è riprodotto dal comma 3 dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo: “Le regioni provvedono all'individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 1 dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo: “Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”. Il comma 3 è riprodotto dal comma 2 dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228 Orientamento e modernizzazione del settore agricolo: “Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.” Il comma 4 è riprodotto dal comma 369 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006): “Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 si applicano anche ai distretti rurali e agroalimentari di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989 n.83”. L’aggiunta “sì come disposto dal comma 369 dell’articolo 1 della predetta legge [23.12.2005, n. 266] diventa superflua: sicché va eliminata. Trattandosi di un richiamo, le disposizioni precedenti non rientrano nell’articolo sulle abrogazioni contenuto in questo decreto legislativo di riordino. Art. 33 (Distretti rurali e distretti agroalimentari) 1. Le regioni e le province autonome individuano i distretti rurali e i distretti agroalimentari. 2. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all’articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea, derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. 3. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche. 4. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche ai distretti rurali e agroalimentari, sì come disposto dal comma 369 dell’articolo 1 della predetta legge. Art. 40 (Distretti rurali e distretti agroalimentari) 1. Le regioni individuano i distretti rurali e i distretti agroalimentari. 2. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all’articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea, derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali. 3. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche. 4. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche ai distretti rurali e agroalimentari. Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che siano soppresse le parole “e le province autonome” sia per ripristinare il testo originario dell’art. 13 d.lgs. 228/2001, sia perché l’art. 35 (ora art. 40) del 81 proposto testo di legge di riordino e di semplificazione contiene una specifica disposizione di salvaguardia delle competenze delle autonomie locali. La proposta di emendamento va accolta. Capo II La prima parte del comma 1 è riprodotta dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “La presente legge ha lo scopo di salvaguardare e valorizzare le tipologie di architettura rurale, quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX secolo e che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale”. La seconda parte del comma 1 è riprodotta, con inversione del soggetto e con accorpamento delle disposizioni, dal comma 2 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Ai fini dei benefici previsti dalla presente legge, le diverse tipologie di architettura rurale di cui al comma 1, presenti sul territorio nazionale, sono individuate, con decreto avente natura non regolamentare del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali e dell’ambiente e della tutela del territorio, su proposta delle regioni interessate, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con il medesimo decreto sono definiti altresì i criteri tecnicoscientifici per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), con riferimento anche a modalità e tecniche costruttive coerenti con i principi dell’architettura bioecologica”. Con decreto del 6 ottobre 2005 del Ministero per i beni e le attività culturali sono state dettate le norme volte a completare il dettato della legge 378/2003. Il comma 2 è riprodotto dalle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “(…) a) definizione degli interventi necessari per la conservazione degli elementi tradizionali e delle caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali degli insediamenti agricoli, degli edifici o dei fabbricati rurali tradizionali, di cui all’articolo 1, al fine di assicurarne il risanamento conservativo ed il recupero funzionale, compatibilmente con le esigenze di ristrutturazione tecnologica delle aziende agricole; b) previsione di Dell’architettura rurale Capo II Dell’architettura rurale Art. 34 Art. 41 (Individuazione e tutela (Individuazione e tutela dell’architettura rurale) dell’architettura rurale) 1. Le tipologie di architettura rurale, 1. Ai fini dei benefici previsti dalla quali insediamenti agricoli, edifici o legge 24 dicembre 2003, n. 378, fabbricati rurali, presenti sul territorio recante disposizioni per la tutela e la nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX valorizzazione dell’architettura rurale, secolo, e che costituiscono le tipologie di architettura rurale, quali testimonianza dell’economia rurale insediamenti agricoli, edifici o tradizionale sono individuate con fabbricati rurali, presenti sul territorio decreto del Ministro per i beni e le nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX attività culturali, di concerto con i secolo, e che costituiscono Ministri delle politiche agricole testimonianza dell’economia rurale alimentari e forestali, dell’ambiente e tradizionale sono individuate con della tutela del territorio e del mare e decreto del Ministro per i beni e le del Ministro delle infrastrutture e dei attività culturali, di concerto con i trasporti, su proposta delle regioni Ministri delle politiche agricole interessate e previa intesa in sede di alimentari e forestali, dell’ambiente e Conferenza Stato-Regioni. Con il della tutela del territorio e del mare e medesimo decreto sono previsti i del Ministro delle infrastrutture e dei benefici e sono individuati i criteri trasporti, su proposta delle regioni tecnico-scientifici per la realizzazione interessate e previa intesa in sede di degli interventi di programmazione, Conferenza unificata. Con il medesimo con riferimento anche a modalità e decreto sono definiti altresì i criteri tecniche costruttive coerenti con i tecnico-scientifici per la realizzazione principi dell’architettura bioecologica. degli interventi di programmazione, 2. I criteri ed i principi direttivi cui con riferimento anche a modalità e devono adeguarsi le regioni e le tecniche costruttive coerenti con i province autonome nella principi dell’architettura bioecologica. determinazione ed attuazione della 2. I criteri ed i principi direttivi cui rispettiva programmazione di devono adeguarsi le regioni e le valorizzazione dell’architettura rurale, province autonome nella sono: determinazione ed attuazione della a) definizione degli interventi necessari rispettiva programmazione di per la conservazione degli elementi valorizzazione dell’architettura rurale, tradizionali e delle caratteristiche sono: storiche, architettoniche e ambientali a) definizione degli interventi necessari degli insediamenti agricoli, degli edifici per la conservazione degli elementi o dei fabbricati rurali tradizionali, di cui tradizionali e delle caratteristiche storiche, all’articolo I-20, per assicurarne architettoniche il e ambientali degli risanamento conservativo ed insediamenti il agricoli, degli edifici o dei recupero funzionale, compatibilmente fabbricati rurali tradizionali, di cui al comma con le esigenze di ristrutturazione 1, per assicurarne il risanamento tecnologica delle aziende agricole; conservativo ed il recupero funzionale, b) previsione di incentivi volti alla compatibilmente con le esigenze di conservazione dell’originaria ristrutturazione tecnologica delle aziende destinazione d’uso degli insediamenti, agricole; degli edifici o dei fabbricati rurali, alla b) previsione di incentivi volti alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e conservazione dell’originaria metodi di coltivazione tradizionali, e destinazione d’uso degli insediamenti, all’insediamento di attività compatibili degli edifici o dei fabbricati rurali, alla con le tradizioni culturali tipiche tutela e alla valorizzazione delle aree circostanti, dei tipi e metodi di coltivazione tradizionali, e all’insediamento di attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche 82 incentivi volti alla conservazione dell’originaria destinazione d’uso degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e metodi di coltivazione tradizionali, e all’insediamento di attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche.” Un’attenta rilettura della disposizione già inserita nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 ha evidenziato la necessità di precisare, nel comma 1, a quali “benefici” sono destinati le tipologie di architettura rurale. Con il richiamo specifico ai benefici di cui alla legge 378/2003 la disposizione è stata riformulata. Si è chiesto che, nel comma 2, alla lett. b) alla frase “… alla tutela delle aree circostanti” sia sostituita la frase “alla tutela e valorizzazione delle aree circostanti e del paesaggio” (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010).Il suggerimento è solo in parte condivisibile: invero, l’aggiunta della parola “valorizzazione” non può sollevare problemi, spettando alle Regioni la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio. Diversamente va detto per quanto riguarda l’aggiunta concernente il paesaggio, anche perché lo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio non ne dà una definizione univoca per il “paesaggio” rurale. Dunque, si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, con la sola integrazione della parola “valorizzazione”. Riprodotto dal comma 1 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale, possono individuare, sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell’articolo 1, presenti nel proprio territorio e possono provvedere al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei seguenti criteri e principi direttivi: (…)”. La norma originaria è stata divisa in due e viene riportata in questo articolo 42 e nel precedente articolo 41, comma 2. Art. 35 (Programmazione regionale) 1. Fermo restando le disposizioni di cui al d.lgs. n.42 del 2004 e successive modificazioni, le regioni e le province autonome individuano, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale e sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell’articolo 27, presenti nel proprio territorio, e provvedono al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei criteri e principi direttivi di cui all’articolo 34. Art. 42 (Programmazione regionale) 1. Fermo restando le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni, le regioni possono individuare, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale e sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell’articolo 41, presenti nel proprio territorio, e provvedono al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei criteri e principi direttivi di cui all’ articolo 41. Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che nel comma 1 siano soppresse le parole “e le province autonome” al fine di confermare la potestà legislativa provinciale in materia di architettura rurale. La proposta di emendamento va accolta. Il Consiglio di Stato (pag. 60 del suo parere) ritiene che sia più corretta la disposizione originaria “possono individuare”, perché invece l’espressione “individuano” segna un obbligo e non una facoltà. La tutela dell’ambiente rientra, ai sensi della riforma del titolo V, nelle competenze esclusive dello Stato. La norma, pertanto, avrebbe dovuto essere considerata come di competenza esclusiva dello Stato. Capo III Della biodiversità, dell’agricoltura transgenica, dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica Capo III Della biodiversità, dell’agricoltura transgenica, dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica 83 Tuttavia, è opportuno ricordare l’interpretazione della Corte costituzionale che in più occasioni (v. sentenza n. 307 del 2003, paragrafo 5 del Considerato in diritto, nonché sentenze n. 407 del 2002, n. 222 del 2003 e n. 62 del 2005) ha affermato: «”la tutela dell'ambiente”, più che una “materia” in senso stretto, rappresenta un compito nell'esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste; e che ciò non esclude affatto la possibilità che leggi regionali, emanate nell'esercizio della potestà concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione o di quella “residuale” di cui all'art. 117, quarto comma, possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale». Per esigenza di ordine e di sistema, i commi 1 e 2 sono una norma nuova con rinvio al testo della Convenzione sulla Biodiversità che si ritiene giustificato dal fatto che la Convenzione stessa è stata ratificata con legge 14 febbraio 1994, n. 124. Si è ripreso nella norma l’articolo 2 della Convenzione come risulta nella traduzione italiana della Convenzione riportata in allegato alla decisione del Consiglio 93/626/CEE relativa alla conclusione della convenzione sulla diversità biologica. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 1 del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, recante disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica coordinato con la legge di conversione 28 gennaio 2005, n. 5 (da ora in poi legge sulla coesistenza), premettendo la seconda frase del 1° comma alla prima onde avere un testo di migliore lettura. Il testo originario dell’art. 1 è il seguente: “(Finalità) 1. Il presente decreto, in attuazione della Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, definisce il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali adottato, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in base all'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e quelle convenzionali e biologiche, al fine di non compromettere la biodiversità dell'ambiente naturale e di garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità Sezione I Della biodiversità Art. 36 (Della biodiversità e della sua tutela. Della salvaguardia del principio di coesistenza) 1. Ai sensi delle convenzioni internazionali, si intende per diversità biologica la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; essa comprende la diversità all’interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi. 2. Al fine di non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale e di garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale è definito il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali adottato, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in base all’articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e quelle convenzionali e biologiche. 3. Ai fini dell’attuazione delle norme di questa sezione si intendono per: a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, sì come disposto dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224; b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al diritto dell’Unione europea; c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b). 4. Le colture di cui al comma 3 sono praticate senza che l’esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre. 5. La coesistenza tra le colture di cui al comma 4 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali e biologiche. 6. Nel rispetto del principio di cui al comma 4, l’introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole Sezione I Della biodiversità Art. 43 (Della biodiversità e della sua tutela. Della salvaguardia del principio di coesistenza) 1. Ai sensi delle convenzioni internazionali, si intende per diversità biologica la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; essa comprende la diversità all’interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi. 2. Al fine di non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale e di garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale è definito il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali adottato, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in base all’articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e quelle convenzionali e biologiche. 3. Ai fini dell’attuazione delle norme di questa sezione si intendono per: colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, sì come disposto dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224; b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al diritto dell’Unione europea; c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b). 4. Le colture di cui al comma 3 sono praticate senza che l’esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre. 5. La coesistenza tra le colture di cui al comma 4 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali e biologiche. 6. Nel rispetto del principio di cui al comma 4, l’introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per 84 della produzione agroalimentare nazionale. 2. Ai fini dell'attuazione del presente decreto si intendono per: a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, secondo la definizione di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991; c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b). Si fa presente che il Reg. 2092/91 è stato abrogato dal Reg. CE 834/2007. I commi 4, 5 e 6 sono riprodotti dall’art. 2 della legge sulla coesistenza: “(Salvaguardia del principio di coesistenza). 1. Le colture di cui all'articolo 1 sono praticate senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre. // 2. La coesistenza tra le colture di cui all'articolo 1 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali e biologiche. // 2-bis. Nel rispetto del principio di cui al comma 1, l'introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per esse l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento. È fatta salva ogni disposizione concernente le aree protette. // 3. L'attuazione delle regole di coesistenza deve assicurare agli agricoltori, agli operatori della filiera ed ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti convenzionali, biologici e transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche”. Si tenga presente che con sentenza 17 marzo 2006 n. 116 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali gli artt. 3, 4, 5 (commi 3 e 4), 6 (commi 1 e 2), 7 e 8 del decreto legge 22 novembre 2004 n. 279, convertito, con modifiche, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5. preesistenti e senza comportare per esse l’obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento. È fatta salva ogni disposizione concernente le aree protette. 7. L’attuazione delle regole di coesistenza assicura agli agricoltori, agli operatori della filiera ed ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti convenzionali, biologici e transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all’interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche esse l’obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento. È fatta salva ogni disposizione concernente le aree protette. 7. L’attuazione delle regole di coesistenza assicura agli agricoltori, agli operatori della filiera ed ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti convenzionali, biologici e transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all’interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche. Art. 44 Art. 37 (Responsabilità) Riprodotto dall’art. 5 del d.l. 279/2004 (Responsabilità) convertito in legge 5/2005: 1. L’agricoltore e gli altri soggetti 1. L’agricoltore e gli altri soggetti “(Responsabilità) 1. Il conduttore individuati dal piano di coesistenza individuati dal piano di coesistenza 85 agricolo e gli altri soggetti individuati dal piano di coesistenza di cui all'articolo 4 sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo. 1-bis. Il conduttore agricolo che riceve un danno derivante dall'inosservanza da parte di altri soggetti delle misure del piano di coesistenza ha diritto ad essere risarcito. Tale risarcimento grava su chiunque abbia cagionato i danni derivanti dalla inosservanza del piano di coesistenza di cui all'articolo 4 e del piano di gestione aziendale di cui al comma 3 del presente articolo. Sui soggetti che non osservano tali misure incombe l'onere probatorio derivante dall'inosservanza delle misure stesse. Analoga responsabilità grava sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria. 1-ter. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 1, sono individuate le diverse tipologie di risarcimento dei danni di cui al comma 1-bis e di quelli derivanti da commistione non imputabile a responsabilità soggettive. Il decreto definisce inoltre le modalità di accesso del conduttore agricolo danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nei limiti delle disponibilità del Fondo medesimo. Il decreto definisce altresì le forme di utilizzo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, di specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli, diretti a sostenere gli oneri derivanti dalle responsabilità e dai danni disciplinati dal presente articolo. 2. Il conduttore agricolo è esente dalle responsabilità di cui al comma 1-bis, nell'ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall'autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l'assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa”. Come precisato nella nota al precedente articolo, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali i seguenti commi 3 e 4 dell’art. 5 d.l. 279/2004: “3. Chiunque intenda mettere a coltura organismi genericamente modificati è tenuto a dare la comunicazione di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, ad elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza, sulla base del piano di cui all'articolo 4, nonché a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni relative alle misure di gestione adottate. 4. Le regioni e le province autonome provvedono a definire modalità e procedure per la raccolta e la tenuta, nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale adottato dalle regioni e dalle province autonome sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo. 2. L’agricoltore che riceve un danno derivante dall’inosservanza da parte di altri soggetti delle misure del piano di coesistenza ha diritto ad essere risarcito. Tale risarcimento grava su chiunque abbia cagionato i danni derivanti dalla inosservanza del piano di coesistenza di cui al comma 1 e del piano di gestione aziendale che è tenuto ad elaborare. Sui soggetti che non osservano tali misure incombe l’onere probatorio derivante dall’inosservanza delle misure stesse. Analoga responsabilità grava sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria. 3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le diverse tipologie di risarcimento dei danni di cui al comma 2 e di quelli derivanti da commistione non imputabile a responsabilità soggettive. Il decreto definisce inoltre le modalità di accesso dell’agricoltore danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102, nei limiti delle disponibilità del Fondo medesimo. Il decreto definisce altresì le forme di utilizzo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, di specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli, diretti a sostenere gli oneri derivanti dalle responsabilità e dai danni disciplinati dal presente articolo. 4. L’agricoltore è esente dalle responsabilità di cui al comma 2, nell’ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall’autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l’assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa adottato dalle regioni e dalle province autonome sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo. 2. L’agricoltore che riceve un danno derivante dall’inosservanza da parte di altri soggetti delle misure del piano di coesistenza ha diritto ad essere risarcito. Tale risarcimento grava su chiunque abbia cagionato i danni derivanti dalla inosservanza del piano di coesistenza di cui al comma 1 e del piano di gestione aziendale che è tenuto ad elaborare. Sui soggetti che non osservano tali misure incombe l’onere probatorio derivante dall’inosservanza delle misure stesse. Analoga responsabilità grava sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria. 3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le diverse tipologie di risarcimento dei danni di cui al comma 2 e di quelli derivanti da commistione non imputabile a responsabilità soggettive. Il decreto definisce inoltre le modalità di accesso dell’agricoltore danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nei limiti delle disponibilità del Fondo medesimo. Il decreto definisce altresì le forme di utilizzo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, di specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli, diretti a sostenere gli oneri derivanti dalle responsabilità e dai danni disciplinati dal presente articolo. 4. L’agricoltore è esente dalle responsabilità di cui al comma 2, nell’ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall’autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l’assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa. 86 (SIAN) di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dei dati e degli elementi di cui al comma 32”. E’ stato gioco forza modificare i richiami ai commi dichiarati incostituzionali”. Va detto che si sono sostituite le parole “conduttore agricolo” con la più generica locuzione “agricoltore”, perché il termine “conduttore” può richiamare la nozione di coltivatore che conduce un fondo in affitto, mentre la più generica parola “agricoltore” comprende chiunque, sia proprietario sia affittuario, sia imprenditore agricolo o non imprenditore agricolo (per un’agricoltura di autoconsumo), proceda a colture transgeniche: questo certamente è l’intenzione del legislatore come emerge da tutta la legge e dai lavori parlamentari. Si rileva che dal testo del comma 3 dell’articolo come formulato nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 risultano omesse le parole “previo parere delle Commissioni parlamentari” (Consiglio di Stato, punto 5, pag. 61 del parere del 24 febbraio 2010). L’inciso “previo parere delle Commissioni parlamentari” è contenuto nell’art. 3 del d.l. 279/2004 e non già nell’art. 5 da cui è riprodotto l’articolo dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. E l’art. 3 è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza 116/2006. Sicché si è confermata la formula già approvata dal CdM l’11.12.2009. I commi 1-4 (ora commi 2-5) sono riprodotti dall’art. 26 della legge del 11 febbraio 1992 n. 157: “Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23. // 2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative. //3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e nei centottanta giorni successivi alla liquidazione. // 4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il procedimento deve concludersi è Sezione II Dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica Sezione II Dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica Art. 38 (Risarcimento dei danni prodotti all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica) 1. Al fine di far fronte ai danni, non altrimenti risarciti, arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati ed al pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall’attività venatoria è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione ed al risarcimento, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157. 2. Sì come disciplinato dall’articolo 15, commi 3, 4 e 7, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, a cui si rinvia, l'ente parco è tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco. A tal fine, il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del nocumento. L'ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, Art. 45 (Risarcimento dei danni prodotti all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica) 1. Ai fini dell’applicazione del presente articolo tra le specie di fauna selvatica rientrano le specie ittiofaghe capaci di provocare danni agli organismi acquatici oggetto dell’attività agricola di acquicoltura. 2. (già comma 1) Al fine di far fronte ai danni, non altrimenti risarcibili, arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati ed al pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall’attività venatoria è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione ed al risarcimento, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157. 3. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e 87 direttamente regionale”. disposto con norma formulando un apposito programma, rappresentanti delle associazioni con opportune priorità. venatorie nazionali riconosciute maggiormente rappresentative. 4. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui al comma 2, che procede entro trenta giorni alle relative verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e nei centottanta giorni successivi alla liquidazione. 5. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro cui il procedimento deve concludersi è direttamente disposto con norma regionale. 6. (già comma 2) Come disciplinato dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, l'ente parco è tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco. Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 riproduceva solo il comma 1 dell’art. 26 della legge 157/1992, non essendo stati riportati gli altri commi (2-4) che perciò venivano lasciati all’interno della legge 157/1992. Il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 61) ha criticato questa tecnica normativa che introdurrebbe una frammentazione e un’incoerenza topografica, contrastante con i principi del riordino e della semplificazione normativi: sicché anche i suddetti commi vengono ora riportati e incorporati nell’attuale art. 45 (con conseguente abrogazione dell’intero originario art. 26 della legge 157/1992). Il comma 1 è stato introdotto su suggerimento dalla Commissione Agricoltura del Senato, che suggerito di ricomprendere tra la fauna selvatica capace di provocare danni all’agricoltura anche le specie ittiofaghe. Il suggerimento è da accogliersi. Premesso che l’attività di acquacoltura è attività agricola e che l’allevamento di organismi acquatici in acque dolci, salmastre e salate è anch’esso agricoltura, le specie ittiofaghe capaci di provocare danni alle specie allevate vengono, per motivi sistematici e di analogia, ad essere comprese tra le specie di fauna selvatica dannosa. Di conseguenza l’art. 45 (già art. 38) è stato riformulato con la redazione di un (nuovo) comma 1 del seguente tenore: “Ai fini dell’applicazione del presente articolo tra le specie di fauna selvatica rientrano le specie ittiofaghe capaci di provocare danni agli organismi acquatici oggetto dell’attività agricola di acquicoltura”. Nel comma 2 si provvede a correggere il refuso “risarciti” nel corretto termine “risarcibili” Quanto all’attuale comma 6, va detto che nello schema di decreto legislativo di riordino approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era contenuto, nel comma 2, il richiamo ai commi 3, 4 e 7 dell’art. 15 della legge 6 dicembre 1991 n. 394, Legge quadro sulle aree protette: “1… 2… 3. L'ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco. 4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del nocumento. 5…. 6. … 7. L'ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione, adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità”. Trattandosi di un mero richiamo (il comma 2 aveva, come incipit, la formula “sì come disciplinato dall’articolo…..”), ovviamente i commi 3, 4 e 7 dell’art. 15 della legge 394/1991 non venivano riportati nell’articolo sulle abrogazioni di questo decreto legislativo di riordino. Però, si è suggerito di sopprimere la parte finale del comma (già) 2, che richiama il disposto del regolamento dei Parco (Dossier di documentazione, p. 77; Consiglio di Stato). In particolare, il Consiglio di Stato, nella parte 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 61) ha criticato questa tecnica normativa, che potrebbe dare luogo a pericoli di sovrapposizione normativa, Il suggerimento è da accogliersi, sicché il comma (ora) 6 dell’art. 45 (già art. 38) è stato riformulato secondo il suggerimento, per cui il rinvio alla legge 394/1991 è divenuto molto generico, cioè senza la testuale riproduzione dei commi 4 e 7 dell’art. 15 dell’originaria norma. Titolo IV Il comma 1 è riprodotto dal comma 1, art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal regolamenti (CE) n. 1257 e 1260/1999, e DELLA PROPRIETÀ TERRIERA E DELLE STRUTTURE AGRARIE Capo I Della proprietà rurale Sezione I Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico Titolo IV DELLA PROPRIETÀ TERRIERA E DELLE STRUTTURE AGRARIE Capo I Della proprietà rurale Sezione I Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico 88 successive modificazioni.” L’abrogazione del Reg. 1257/99 ha “eliminato” il parametro, ma non la sostanza della disposizione, ovvero la necessità che la estensione del compendio unico, nella misura stabilita dalle Regioni, abbia una “minima redditività” economica [si ricordi che il compendio unico ha la sua origine nella minima unità colturale del Codice civile del 1942]: cosicché il comma 1 termina a “redditività” con l’aggiunta dell’aggettivo “aziendale”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 5, art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, al quale si è data una diversa collocazione. “5. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.” Il comma 3 è riprodotto dal comma 6 dell’art. 5-bis, l. 97/94, introdotto dall’art. 52, comma 21, l. 448/2001: “6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della superficie minima indivisibile”. Si noti che il comma 3 riguarda l’estensione delle “aziende montane” che, in base alle norme originarie riprodotte, sono “altro” dalle aziende situate non in territori montani. Il richiamo alla “superficie minima indivisibile” come parametro dell’estensione delle aziende montane (come determinata dalle Regioni) deve essere mantenuto. Art. 39 (Compendio unico) 1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal diritto dell’Unione europea. 2. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola. 3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della superficie minima indivisibile. Art. 46 (Compendio unico) 1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività aziendale 2. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola. 3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della loro superficie minima indivisibile. Si è suggerita l’opportunità di dare la definizione di “redditività” che superi le definizioni rinvenibili in maniera disomogenea nei Piani di sviluppo rurale, anche in considerazione della circostanza che i profili in questione rivestono una natura di tipo fiscale, rientrando in quanto tali nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da condividersi, ma nel riordino della materia la legge delega non sembra consentire di innovare fino al punto di “formulare” una nuova norma fiscale. Di conseguenza l’unica cosa che appare opportuna è di eliminare l’inciso “[livello minimo di redditività] determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti (CE) 1257 e 1260/1999 e successive modificazioni”. D’altronde, poiché l’abrogazione del Reg. 1257/99 ha “eliminato” il parametro, ma non la sostanza della disposizione, per cui rimane la necessità che la estensione del compendio unico abbia una “minima redditività” economica [si ricordi che il compendio unico ha la sua origine nella minima unità colturale del Codice civile del 1942], il comma 1 dell’art. 46 (già art. 39) è riformulato in modo che esso termini a “redditività” con l’aggiunta dell’aggettivo “aziendale”. Interverrà eventualmente il Parlamento, su proposta del Ministro dell’economia, a fissare – su base nazionale – il minimo livello di redditività. Anche dopo l’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, nel corso del quale la Coldiretti ha eccepito la mancanza di criteri a cui collegare la “redditività” aziendale, Si ritiene di ribadire la precedente considerazione. Invero, in un testo (sostanzialmente) unico come è il presente schema, non è dato al governo di sostituire il richiamo a un regolamento comunitario abrogato con altro criterio di individuazione del minimo livello di redditività valido per tutte le Regioni. Il comma 1 è riprodotto dalla prima frase del comma 11-bis (aggiunto dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “11-bis. La costituzione di compendio unico avviene con Art. 40 (Costituzione del compendio unico) 1. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento. Art. 47 (Costituzione del compendio unico) 1. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento. 89 dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento”. Il comma 2 è riprodotto dalla prima frase del comma 11-quater (aggiunto dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’ art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “11-quater. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell'atto pubblico”. Il comma 3 è riprodotto dal comma 11-ter (aggiunto dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’ art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “11-ter. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività di cui al comma 1”. 2. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell’atto pubblico. 3. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà possono concorrere al raggiungimento minimo di redditività di cui all’articolo 846. 2. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell’atto pubblico. 3. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà possono concorrere al raggiungimento minimo di redditività di cui all’ articolo 46, comma 1. Nel comma 3 vi era un refuso (rinvio all’art. 846 c.c., anziché all’art. 39, comma 1, ora art. 46, comma 1 del presente decreto di riordino). Esso è stato corretto. Nonostante il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62), definisca “una norma oscura” quella del comma 3, non si può che fare riferimento alla disposizione originaria da cui il comma 3 è stato riprodotto. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 5-bis, comma 2, del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, coordinato con i commi 1 e 5 dell’art. 5-bis della legge 31 gennaio 1994 n. 97, introdotto dall’art 52, comma 21, della legge 28 dicembre 2001, n. 448: “Il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. Gli onorari notarili per gli atti di cui ai commi 1 e 3 sono ridotti ad un sesto. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute”. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 5-bis, comma 3, del d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “3. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, Art. 41 (Agevolazioni fiscali e creditizie per la formazione del compendio unico) 1. Il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. Gli onorari notarili per gli atti di cui ai commi 2 e 3 sono ridotti ad un sesto. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute. 2. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 1 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni. 3. Al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo professionale Art. 48 (Agevolazioni fiscali e creditizie per la formazione del compendio unico) 1. Il trasferimento a qualsiasi titolo, anche per il tramite dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. Gli onorari notarili sono ridotti ad un sesto. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute. 2. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 1 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni. 3. Al coltivatore diretto e 90 effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni.” Il comma 3 è riprodotto dal comma 3, art 5-bis, l. 97/94, introdotto dall’art 52, comma 21, l. 28 dicembre 2001, n. 448, al quale sarebbe dovuto essere aggiunto l’inciso “siti nei territori delle comunità montane”, poiché non sembra estensibile il beneficio agli acquisti di terreni posti fuori dalle richiamate zone, e ciò per ragioni di interpretazione: Infatti, il comma 3, secondo cui “Al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo a titolo principale che acquisti a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui al comma 1 possono essere concessi, nei limiti del Fondo di cui al comma 4, mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico del bilancio dello Stato. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto della presente legge”, fa richiamo al comma 1 dell’art. 5-bis della legge 97/1994 che è la legge sulla montagna. Poiché l’art. 48 di questo schema, come i precedenti artt. 46 e 47, riguarda il compendio unico costituito su tutto il territorio nazionale (di pianura, di collina e di montagna), sarebbe necessario limitare i benefici di cui all’originario art. 5-bis della legge sulla montagna alle “aziende agricole montane” (che è la rubrica del detto art. 5-bis), ovvero ai “territori delle Comunità montane”. Attualmente, però, le Comunità montane sono assoggettate ad interventi fortemente modificativi della loro esistenza e configurazione, sicché – sotto questo profilo – il richiamo ai “territori delle comunità montane” potrebbe determinare problemi di applicazione. D’altra parte, limitarsi a scrivere “siti nei territori montani” darebbe luogo ad altri problemi di applicazione della norma, poiché non esiste una disposizione nazionale sulla “montanità” del territorio. Resta solo la possibilità di tenere presente che l’art. 1 della legge 97/94, oltre a definire i territori delle comunità montane e i comuni montani come comuni facenti parte di comunità montane, definisce “i comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 e successive modificazioni” precisando che ciò si verifica “in mancanza della ridelimitazione” spettante alle Regioni. Tuttavia, l’art. 3 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 sulla montagna è stato abrogato dall’art. 29 legge 8 giugno che acquistino a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui all’articolo 39 siti nei territori delle comunità montane possono essere concessi, nei limiti del Fondo di cui al comma 4 dell’articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, modificato dall’articolo 1-quinquies del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, e dal comma 428 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico del bilancio dello Stato. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto dell’articolo 51. 5. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento, sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione. 6. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione unilaterale del proprietario, gli onorari notarili sono determinati in misura fissa in conformità a quanto disposto dal Ministro della giustizia con suo decreto sulla tariffa notarile. all'imprenditore agricolo professionale che acquistino a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui all’articolo 46 siti nei territori montani come delimitati da parte delle regioni e province autonome con riguardo al rispettivo territorio possono essere concessi, dall’ISMEA mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi a carico del bilancio dello Stato secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione dei prestiti. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto dell’articolo 50. Gli onorari notarili sono ridotti ad un sesto. 4. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento, sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione. 5. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione unilaterale del proprietario, gli onorari notarili sono determinati in misura fissa in conformità a quanto disposto dal Ministro della giustizia con proprio decreto sulla tariffa notarile. 91 1990 n. 142 a sua volta abrogato dall’art. 274 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Posto, però, che la legislazione precedente ha sempre affidato alle Regioni la competenza della delimitazione dei territori montani, si potrebbe ritenere che il sistema pretenda l’inserimento dell’inciso “siti nei territori montani come delimitati da parte delle regioni e province autonome con riguardo al rispettivo territorio”. Questa soluzione appare preferibile rispetto all’altra possibile formula: “siti nei territori come già definiti dalle Comunità montane” Si noti che l’art. 5-bis della legge 97/1994 costituisce il detto Fondo presso l’ISMEA, articolo a cui fa rinvio l’art. 1-quinquies del d.l. 9 settembre 2005, n. 182, convertito nella legge 11 novembre 2005, n. 231, come modificato, a sua volta, dal comma 428 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che interviene sulla destinazione a cui l’ISMEA è autorizzata nell’utilizzazione delle risorse finanziarie ad esso attribuite dal detto art. 5-bis, comma 4. L’ultimo inciso del comma 3 sugli onorari notarili è riprodotto dal comma 2 dell’art. 5bis del d.lgs. 228/2001, come introdotto dall’art. 7 d.lgs. 99/2004, che richiama, con riferimento alla riduzione degli onorari notarili ad un sesto, le disposizioni dell’art. 5-bis, commi 1 e 2 [ma, più correttamente, comma 3], della legge 97/1994. Il comma 1 dell’art. 5-bis della legge 97/1994 si riferisce ai “trasferimenti a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti o a iap ….”, mentre il comma 3 si riferisce ai mutui nei limiti del Fondo costituito presso l’ISMEA. Il comma 4 è riprodotto dalla seconda frase del comma 11-bis (aggiunto dall’art. 3, d.lgs. 101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione” Il comma 5 è riprodotto dalla seconda frase del comma 11-quater (aggiunto dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, ma modificata perché si è ritenuto di esplicitare il caso di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione unilaterale del proprietario. Il testo originario della norma è il seguente: “Gli onorari notarili in tali ipotesi sono determinati in misura fissa, con applicazione della voce di tariffa di cui all’articolo 6, comma 2, della tariffa degli onorari spettanti ai 92 notai approvata con decreto del Ministro della giustizia in data 27 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17 dicembre 2001”. Si è suggerito, soprattutto da ISMEA), di aggiungere, nel comma 1, alle parole “Il trasferimento a qualsiasi titolo” le parole “anche per il tramite dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, perché l’inciso integrativo è coerente con i principi della legge delega, in quanto, riproducendo un principio affermato dalla Corte di Cassazione, si risolverebbero contrasti giurisprudenziali. Di conseguenza, il comma 1 è stato riformulato secondo il suggerimento proposto. Si è suggerita l’opportunità di aggiungere, in fine al comma 1, il seguente periodo: “Non costituisce violazione degli obblighi l’alienazione dei terreni o la concessione in godimento degli stessi a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 c.c., nonché l’alienazione conseguente all’attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l’insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. La rinnovata rilettura del testo dei commi 1 e 3 dello schema del presente decreto legislativo di riordino e di semplificazione suggerisce di intervenire sul comma 1 con la soppressione delle parole “per gli atti di cui al comma 2 e 3” nel secondo periodo sugli onorari notarili, nonché di inserire, alla fine del comma 3, il periodo “Gli onorari notarili sono ridotti ad un sesto”. Infatti, il comma 1 riguarda gli atti di trasferimento dei terreni per la costituzione del compendio unico; il comma 3 concerne, invece, i mutui per l'acquisto dei detti terreni, sicché l’intervento sugli onorari notarili degli atti di mutuo non può essere trattato assieme agli atti di trasferimento, ma deve avere una sua specifica disposizione. Di conseguenza, per la distinzione dell’oggetto, i commi 1 e 3 dell’art. 41, nelle parti contenenti le disposizioni sulla riduzione ad un sesto degli onorari notarili, sono stati riformulati. Nel corso dell’incontro del 9-XI.2011 con le organizzazioni professionali l’ISMEA – così ribadendo quanto già espresso con la sua nota n. 1131 del 1.3.2010 con cui suggeriva la soppressione del comma 3 perché la destinazione del Fondo prevista dall’art. 5-bis, comma 4, della legge 97/1994 sarebbe stata successivamente modificata), ha messo in evidenza che attualmente il Fondo, richiamato nel comma 3 del presente schema, ha una diversa destinazione. Si nota, però, che non sono stati abrogati né il comma 4 dell’art. 5-bis della legge 97/1994,né il comma 428 dell’art. 1 della legge 266/2005 (che prevedono la concessione di mutui a favore dei coltivatori diretti e degli iap che, nei territori montani, intendano costituire un compendio unico). D’altre parte, nel comma 1 dell’art. 1-quinquies del d.l. 182/2005 (rubricato “garanzie creditizie in agricoltura”) le parole “anche per gli interventi di cui all’art. 17 d.lgs. 102/2004” sono sostituite con le parole “per le finalità di cui al comma 2”, ovvero per le finalità riconosciute all’ISMEA per li svolgimento della propria attività istituzionale, con ciò stabilendosi che il Fondo serve a finanziarie tutte le finalità istituzionali dell’ISMEA, tra cui – ovviamente e come dispone il comma 1 del presente art. 48 – il trasferimento di terreni per la costituzione del compendio unico: solo che il comma 1 concede agevolazioni fiscali, mentre il comma 3 concede agevolazioni creditizie ma solo per i territori montani. Più precisamente, l’art. 52, comma 21, della legge 441/2001 ha aggiunto l’art. 5-bis alla legge 97/1994 sulle disposizioni per le zone montane; il comma 4 di tale art. 5-bis ha costituito, presso l’ISMEA, un Fondo di importo di 2.320.000 euro annui per gli scopi di cui ai precedenti commi 1 e 3 [concessione di mutui decennali per favorire la costituzione di compendi unici nelle zone montane]; il successivo d.l. 182/2005 ha elevato il contributo, a favore dell’ISMEA, a 4 milioni di euro annui (comma) stabilendo che l’ISMEA è autorizzato ad utilizzare le risorse finanziarie ad esso attribuite dal comma 4 dell’art. 5-bis della legge 97/1994, per lo svolgimento di (tutte) le sue attività istituzionali, cioè non solo per la concessione di mutui per la costituzione di compendi unici nei territori delle comunità montane. Di conseguenza, l’espressione “nei limiti del Fondo” del comma 3 deve essere intesa che l’ISMEA non può andare – ed è ovvio – oltre quanto il Fondo gli mette a disposizione perché è dell’ISMEA la competenza a concedere i mutui. Pertanto, si ribadisce la formulazione del comma 3, con la eliminazione del richiamo al Fondo di cui al comma 4 dell’art. 5-bis della legge 97/1994, con la modifica già suggerita dal Ministero dell’economia al tempo dello studio per un progetto di Codice agricolo e con la precisazione che la concessione dei mutui è operata dall’ISMEA. Si suggerisce di sostituire il riferimento, nel comma 3, ai terreni “siti nei territori compresi nelle Comunità montane” con “siti nei territori montani come delimitati da parte delle Regioni e Province autonome con riguardo al rispettivo territorio”. Tale formula, peraltro, era stata già proposta dal MiPAAF dopo la riunione della Conferenza Stato-Regioni dell’8 gennaio 2010, quando era stato chiesto di eliminare l’inciso “siti nei territori delle comunità montane”, quanto meno con riferimento alle comunità montane. La questione, peraltro, non è di poco conto. Si deve partire dal fatto che l’originario art. 5-bis della legge 97/1994 (come introdotto dall’art. 52, comma 21, della legge 448/2001) concede il beneficio di un mutuo con il 50% degli interessi a carico dello Stato, agli acquisti, da parte di coltivatori diretti e iap, riguarda terreni siti nei “territori delle comunità montane” e che l’art. 1, comma 3, della legge 97/1994 precisa che “quando non diversamente stabilito, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle Comunità montane come ridelimitate ai sensi dell’art. 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142”. L’attuale art. 48 (già art. 41) del nostro schema di decreto legislativo, come i precedenti artt. 46 e 47, riguarda il compendio unico costituito su tutto il territorio nazionale (di piano, di collina e di montagna), sicché è necessario limitare i benefici di cui all’originario art. 5-bis della legge sulla montagna alle “aziende agricole montane” (come dalla rubrica del detto art. 5-bis). Attualmente, le Comunità montane sono assoggettate ad interventi fortemente modificativi della loro esistenza e configurazione, sicché – sotto questo profilo – il richiamo ai “territori delle comunità montane” potrebbe determinare problemi di applicazione. D’altra parte, limitarsi a scrivere “siti nei territori montani” darebbe altri problemi di applicazione della norma perché non esiste una disposizione nazionale sulla “montanità” del territorio. Resta solo la possibilità di tenere presente che l’art. 1 della legge 93 97/94, oltre a definire i territori delle comunità montane e i comuni montani come comuni facenti parte di comunità montane, definisce “i comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 e successive modificazioni” precisando “in mancanza della ridelimitazione” spettante alle Regioni. Tuttavia, l’art. 3 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 sulla montagna è stato abrogato dall’art. 29 legge 8 giugno 1990 n. 142 a sua volta abrogato dall’art. 274 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La soluzione, prima proposta dal MiPAAF e poi suggerita dalla Conferenza Stato-Regioni dell’8.1.2010, ha consentito di riformulare il comma 3 dell’art. 39 con la formula “siti nei territori montani come delimitati da parte delle regioni e province autonome con riguardo al rispettivo territorio”. Sempre con riguardo al comma 3, si è accettata la formula fiscale suggerita dal Ministero dell’economia nel corso delle discussioni dicembre 2005/gennaio 2006 sullo schema di un precedente Codice agricolo (Ministro MiPAAF, on. Alemanno), sul quale v. il volume 63 della Collana IDAIC (Milano, 2011). La norma è riprodotta dal comma 4, art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004. Nella seconda frase del comma 1 dell’art. 5bis, legge 97/94 sulla montagna compariva l’inciso “entro i limiti della superficie minima indivisibile”, introdotto dall’art 52, comma 21, l. 28 dicembre 2001, n. 448: “I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6, sono considerati unità indivisibili per quindici anni dal momento dell'acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi”. Invece, il comma 4, art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, recita: “I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico”. Seconda frase del comma 1, art. 5-bis, l. 97/94, Art. 42 (Indivisibilità) 1. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile prevista per esso, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante questo periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Art. 49 (Indivisibilità) 1. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante questo periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico. Si suggerisce di sopprimere le parole “ed entro i limiti della superficie minima indivisibile prevista per esso” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento viene accolto. Le suddette parole erano state aggiunte nella formulazione dell’originario art. 42, ricavandole dall’art. 5-bis della legge 97/1994 e dall’art. 52, comma 21, legge 448/2001. Invece, l’art. 5-bis del d.lgs 228/2001 come introdotto dall’art. 7 del d.lgs. 99/2004 non le riporta più. E’ opportuno rifarsi all’ultima disposizione, sicché l’attuale art. 49 (già art. 42) è stato riformulato seguendo il suggerimento proposto. Art. 43 Art. 50 La norma racchiusa nel comma 1 è (Successione nel compendio (Divisione ereditaria del compendio riprodotta dalla terza frase del comma unico) unico) 1, dell’art. 5-bis, l. 97/94, introdotto 1. In caso di successione, i compendi dall’art 52, comma 21, l. 28 dicembre devono essere compresi per intero 1. In caso di divisione ereditaria, i 2001, n. 448, ma è stata estesa a tutte nella porzione di uno dei coeredi o compendi devono essere compresi per 94 le ipotesi di compendio unico, anche per quelli situati fuori dai territori della comunità montane. Nell’art. 5-bis, d.lgs. 228/01 non era espressamente prevista l’attribuzione congiunta: tuttavia l’inciso, che è stato aggiunto, è solo formalmente nuovo e non modifica la norma originaria, perché al medesimo risultato poteva tranquillamente pervenirsi in via di interpretazione. “Terza frase art. 5-bis, l.97/94: In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 6, art. 5-bis, d.ls. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “Qualora nel periodo di indivisibilità di cui al comma 4, i beni disponibili nell'asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all'assegnazione del compendio di cui al presente articolo all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale“. In ordine all’ultimo inciso del comma 2 si è accettata la formula fiscale suggerita dal Ministero dell’economia nel corso delle discussioni dicembre 2005/gennaio 2006 sullo schema di un precedente Codice agricolo (Ministro MiPAAF, on. Alemanno). Il comma 3 è riprodotto dal comma 8, art. 5-bis, d.ls. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “8. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote”. nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. 2. Qualora nel periodo di indivisibilità i beni disponibili nell’asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all’assegnazione del compendio all’erede che la richieda, con addebito dell’eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta sui beni assegnati al coerede tenuto al conguaglio, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso di interesse inferiore di un punto a quello legale. L’imposta ipotecaria per l’iscrizione è dovuta in misura fissa. 3. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote. intero nella porzione di uno degli eredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. 2. Qualora nel periodo di indivisibilità i beni disponibili nell’asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge o dal dante causa, si provvede all’assegnazione del compendio all’erede che la richieda, con addebito dell’eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca sui beni assegnati al coerede tenuto al conguaglio, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso di interesse inferiore di un punto a quello legale. L’imposta ipotecaria per l’iscrizione è dovuta in misura fissa. 3. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote. La formulazione dell’attuale art. 50 tiene conto dei suggerimenti espressi dal Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62). Il Consiglio di Stato suggerisce che siano sostituiti le parole “successione” e “coeredi” rispettivamente con “divisione ereditaria” e “eredi”. Osserva infatti e correttamente che fino a quando non c’è divisione non si pone nessuna questione al momento della successione. Si noti, tuttavia, che le incongruenze sono della disposizione originaria. 95 Ancora il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62), suggerisce di eliminare l’espressione “in materia di successioni” perché superflua. Inoltre suggerisce di eliminare le parole “di valuta” perché la distinzione di “credito di valuta” e “credito di valore” è della dottrina e della giurisprudenza. Suggerisce ancora di sostituire la frase “da ipoteca iscritta sui beni” con quella “iscritta sui beni”. Il primo e il terzo suggerimento vanno accolti. Invece, si ritiene opportuno conservare la formula “credito di valuta”. Si noti, comunque, che le incongruenze sono della disposizione originaria, che – per i limiti dei poteri concessi dalla legge delega – non può che essere riportata, ad eccezione delle modifiche formali di cui sopra. In definitiva, non si può modificare il testo originario come riprodotto nello schema di decreto legislativo. Riprodotto dal comma 7, art. 5-bis, d.ls. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “7. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 1 luglio 2002, n. 743.” Art. 44 (Controversie sul valore del compendio unico) 1. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione. Art. 51 (Controversie sul valore del compendio unico) 1. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione. Si suggerisce l’opportunità di aggiungere, in fine, le parole “[camera arbitrale e sportello unico di conciliazione] di cui al decreto MiPAAF 1° luglio 2002, n. 743 ( Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: nella formulazione del testo del presente decreto legislativo di riordino e di semplificazione si è tenuto presente il principio della inopportunità di “ingessare” le norme con rinvii a specifici e ben determinati decreti ministeriali che, proprio per la loro natura, sono soggetti a modifiche ed a integrazioni. La disposizione sostituisce le parole “minima unità colturale” degli artt. 849 e 850 c.c. Restano nella loro vigente formulazione i successivi articoli 849, 850, 851, 852, 853, 854, 855 e 856 del codice civile. Solo per memoria, si riportano le disposizioni degli artt. 849 e 850. Art. 849 c.c. “Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto dall'articolo seguente, il proprietario di terreni entro i quali sono compresi appezzamenti appartenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unità colturale, può domandare che gli sia trasferita la proprietà di questi ultimi, pagandone il prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione delle unità fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorità giudiziaria, sentite le associazioni professionali circa la sussistenza delle condizioni che giustificano la richiesta di trasferimento”. Art. 850 c.c. “Quando più terreni contigui e inferiori alla minima unità colturale appartengono a diversi proprietari, può, su istanza di alcuno degli interessati o per iniziativa dell'autorità amministrativa, essere costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo scopo di provvedere a una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni stessi. // Per la costituzione del consorzio si applicano le norme Art. 45 (Modifica degli articoli 849 e 850 del codice civile) 1. Le parole: “minima unità colturale” contenute negli articoli 849 e 850 del codice civile sono sostituite dalle seguenti: “compendio unico”. Art. 52 (Modifica degli articoli 849 e 850 del codice civile) 1. Agli articoli 849, primo comma, e 850, primo comma, del codice civile le parole: “alla minima unità colturale” sono sostituite dalle seguenti: “al compendio unico”. 96 stabilite per i consorzi di bonifica”. La formula ora riportata è suggerita dal Consiglio di Stato nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 63) Il comma 1 è riprodotto dal comma 1 dell’art. 8, legge 26 maggio 1965, n. 590: “In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia”. L’originario importo di imponibile fondiario di L. 1000 è stato moltiplicato per il coefficiente dedotto dall’aggiornamento attuato dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane) dell’importo di cui all’art. 2 della legge 10 maggio 1976, n. 346 (arrotondato a € 36,00). L’originaria cifra di lire 1.000 è stata, poi, aggiornata con Circolare n. 221593 del Ministero agricoltura e foreste, d’intesa con il Ministero delle finanze-Direzione generale del catasto, in data 21.4.1988, in lire 300.000 (cioè, in cifra tonda, euro 155). Non sono state riportate le parole “mezzadri, coloni, compartecipanti” quali titolari del diritto di prelazione perché soggetti con siffatte qualifiche non possono più esistere. Quanto alle situazioni del passato vale sempre il principio che tempus regit actum. La parte prima del comma 2 è riprodotta dall’art. 7, l. n. 817/1971: “Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche: 1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756; 2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti”. Per mero chiarimento ed in armonia con indirizzo giurisprudenziale ormai incontrastato, si è sostituita la dizione Sezione II Della prelazione Sezione II Della prelazione Art. 46 Art. 53 (Titolarità del diritto di prelazione) (Titolarità del diritto di prelazione) 1. In caso di trasferimento a titolo 1. In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, l'affittuario, a parità di diretti, l'affittuario, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione, condizioni, ha diritto di prelazione, purché coltivi il fondo stesso da purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi nel biennio precedente, altri fondi rustici con un reddito dominicale rustici con un imponibile fondiario iscritto in catasto superiore a 36 euro, iscritto in catasto superiore a 155 euro, salvo il caso di cessione a scopo di salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia. lavorativa della sua famiglia. 2. Il diritto di prelazione spetta anche 2. Il diritto di prelazione spetta anche al coltivatore diretto proprietario di al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché su questi ultimi non vendita, purché su questi ultimi non siano insediati affittuari od enfiteuti siano insediati affittuari od enfiteuti coltivatori diretti. Gli assegnatari dei coltivatori diretti. Gli assegnatari dei fondi acquistati dall'Istituto di servizi fondi acquistati dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sono equiparati ai proprietari (ISMEA) sono equiparati ai proprietari coltivatori diretti in ordine al diritto di coltivatori diretti in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari nella prelazione o di riscatto agrari nella compravendita dei fondi confinanti. compravendita dei fondi confinanti. 3. Nel caso di più soggetti confinanti, si 3. Nel caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, intendono, quali criteri preferenziali, nell'ordine, la presenza come partecipi nell'ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli diretti e imprenditori agricoli professionali di età compresa tra i 18 e professionali di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni o in conduzione associata dei terreni o in società agricola di persone, il numero società agricola di persone, il numero di essi nonché il possesso da parte di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi competenze adeguate come stabilite dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. dal diritto dell’Unione europea. 1257/1999 del Consiglio, del 17 4. Il diritto di prelazione di cui ai commi maggio 1999, e successive da 1 a 3 compete anche: modificazioni. a) alle società agricole di persone, 4. Il diritto di prelazione di cui ai commi qualora almeno la metà dei soci sia in da 1 a 3 compete anche: possesso della qualifica di coltivatore a) alle società agricole di persone, diretto come risultante dall’iscrizione nella qualora almeno la metà dei soci sia in sezione speciale del registro delle possesso della qualifica di coltivatore imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti diretto come risultante dall’iscrizione del codice civile; nella sezione speciale del registro b) alle cooperative agricole di delle imprese di cui all’articolo 2188 braccianti, e fittavoli ed altri coltivatori della seguenti del codice civile; terra, sia che attuino la conduzione unita dei poderi, sia con divisione dei terreni tra b) alle cooperative agricole di i soci. braccianti, fittavoli ed altri coltivatori della terra, sia che attuino la 5. Qualora il trasferimento a titolo conduzione unita dei poderi, sia con oneroso sia proposto, per quota di 97 originaria “sugli stessi” con “su questi ultimi”, per risolvere le precedenti incertezze di identificazione. La parte seconda del comma 2 è riprodotta dall’art. 8, comma 1, d. lgs. 29.3.2004, n. 99: “Gli assegnatari dei fondi acquistati dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sono equiparati ai proprietari coltivatori diretti, ai sensi del citato articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari nella compravendita dei fondi confinanti”. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 7 d. lgs. 18.5.2001, n. 228: “Ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui rispettivamente all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, nel caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, nell'ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999”. Per coerenza con il resto dello schema di decreto legislativo, si è modificato il richiamo specifico al Reg. 1257/1999, peraltro abrogato e sostituito dal Reg. 1698/2005 con il rinvio generico al diritto dell’Unione europea. Si noti che è inciso nuovo l’aggiunta del riferimento alla società agricola di persone, motivata dall’estensione della prelazione anche a tali società da norma successiva a quella del d. lgs 228/2001. Probabilmente migliore sarebbe stata la seguente formula: “…..la presenza come partecipi nelle rispettive imprese, ovvero nell’ipotesi di cooperative di conduzione associata dei terreni, o di società agricola di persone, di partecipi alle medesime, di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di età compresa tra i 18 e i 40 anni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio del 17 maggio 1999. La lettera a) del comma 4 è riprodotta dal d. lgs. 29.3.2004, n. 99, art. 2, comma 3 – “L'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed divisione dei terreni tra i soci. 5. Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempre che siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio . dell'impresa familiare in comune 6. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore. 7. In caso di alienazione a titolo oneroso di fondi rustici da parte di enti pubblici o di fondazioni o di enti similari, il diritto di prelazione spetta all'affittuario che, anche se non dedito abitualmente alla coltivazione della terra, coltivi il fondo da almeno due anni con il lavoro proprio o di persone della sua famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo. 8. Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al comma 4 non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione. 9. Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi. 10. La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica. 11. Il diritto di prelazione non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dall’ISMEA nello svolgimento delle specifiche funzioni ad essa demandate. fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempre che siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune. 6. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore. 7. In caso di alienazione a titolo oneroso di fondi rustici da parte di enti pubblici o di fondazioni o di enti similari, il diritto di prelazione spetta all'affittuario che, anche se non dedito abitualmente alla coltivazione della terra, coltivi il fondo da almeno due anni con il lavoro proprio o di persone della sua famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo. 8. Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora taluno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al comma 4 non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione. 9. Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi. 10. La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica. 11. Il diritto di prelazione non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dall’ISMEA nello svolgimento delle specifiche funzioni ad essa demandate. 98 all'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile”. La lettera b) del comma 4 è riformulata per identificare la fattispecie della cooperativa, provvedendo ad un accorpamento di due norme: l’art. 16, comma 1, legge 14.8.1971, n. 817: “La formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, coloni, mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori della terra, è agevolata laddove sussistano condizioni sociali, economiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi sia con la divisione dei terreni tra i soci. A tale fine è autorizzato il limite di impegno di lire 150 milioni per gli anni 1971 e 1972 e di lire 130 milioni per ciascuno degli anni dal 1973 al 1976 per la concessione del concorso dello Stato nel pagamento degli interessi sui mutui di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 24 febbraio 1948, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni. [Questa lettera b) non concerne in modo specifico il diritto di prelazione, ma è una norma che vale a qualificare il termine di “cooperative agricole” di cui al comma 3 e pertanto è ripresa nella formulazione di quello]; l’art. 16, comma 3: Il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste dalla presente legge, si applica anche alle cooperative agricole”. Il comma 5 è riprodotto dal comma 3 dell’art. 8, legge 26.5.1965, n. 590: “Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempreché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune. Il comma 6 è riprodotto dall’ultimo comma dell’art. 8 legge 590/1965: “Ai soggetti di cui ai commi primo e secondo sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore”. Il comma 7 è riprodotto dal comma 1 99 dell’articolo unico, legge 265/1976: “In caso di alienazione a titolo oneroso di fondi rustici da parte di enti pubblici o di fondazioni o di enti similari, il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, spetta all'affittuario che, anche se non dedito abitualmente alla coltivazione della terra, coltivi il fondo da almeno due anni con il lavoro proprio o di persone della sua famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo”. Vengono pretermessi, perché privi di attualità, i commi 2 e 3 – “In caso di compravendita intervenuta prima dell'entrata in vigore della presente legge, l'affittuario di cui al primo comma del presente articolo ha diritto di riscattare il fondo dall'acquirente e da ogni successivo avente causa a condizione che la trascrizione del contratto di compravendita sia avvenuta dopo il 1 gennaio 1974 e che il diritto di riscatto venga esercitato entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge. In tal caso all'acquirente sono dovuti il rimborso del prezzo aumentato di un importo corrispondente alla eventuale svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta, le spese sostenute per la compravendita del fondo e gli interessi legali nel frattempo maturati sulle somme pagate per il prezzo e per le spese”. Il comma 4, articolo unico, l. 265/1976 stabiliva anche che: “Ai fini del presente articolo non si applica il primo comma dell'articolo 31 della legge 26 maggio 1965, n. 590, mentre restano ferme tutte le altre disposizioni in materia”. Poiché l’art. 31 della legge 590/1965 stabiliva: “Ai fini della presente legge sono considerati coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all'allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l'allevamento ed il governo del bestiame”, deve ritenersi che l’esclusione era formulata per evitare che venisse interpretata in modo corrispondente alla tradizionale formula di coltivatore diretto il soggetto a cui veniva, nel 1976, attribuita la prelazione sui fondi rustici di enti pubblici e fondazioni: qui non c’è bisogno di essere “dedito abitualmente alla coltivazione della terra”. E’ per tale 100 motivo che si ritiene di non ripetere il detto comma 4 dell’articolo unico della legge 265/1976. Il comma 8 è riprodotto dal comma 9 dell’art. 8 L. 26.5.1965, n. 590: “Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, mezzadri o coloni, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, mezzadri o coloni purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al quarto comma non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione”. Il comma 9 è riprodotto dal comma 3 dell’art. 3 L. 14.8.1971, n. 817: “Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi”. Il comma 10 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 8, legge n. 590/1965: “La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica”. Il comma 11 è riprodotto dal comma 1 dell’art 14, l. n. 590/1965, aggiornato a mente delle previsioni dell’art. 12 del D.Lgs. 18-5-2001 n. 228 e dell’art. 6 del d.lgs. 29-10-1999 n. 419: “Il diritto di prelazione previsto dall'art. 8 non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dagli Enti ai sensi e per gli scopi previsti dal precedente art. 12, o quando vengano acquistati dalla Cassa per la formazione della proprietà contadina”. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24.2.2010, definisce “oscuro” il comma 1 e ne propone una riformulazione (pag. 63). Si noti che l’eventuale “oscurità” è della disposizione originaria, che tuttavia – per i limiti dei poteri concessi dalla legge delega – non può che essere riportata così come è stata a suo tempo formulata. Si suggerisce di riportare al testo originario “imponibile fondiario” la formula proposta nel comma 1 dello schema di decreto legislativo di riordino “reddito dominicale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto. Invero, mentre la dottrina discuteva se l’originaria formula “imponibile fondiario” di cui all’art. 8, legge 590/1965, si riferisse al “reddito dominicale”, la Corte di Cassazione (v. Cass. 18 marzo 2008 n. 7264) ha affermato che l’imponibile fondiario è la somma del reddito dominicale e del reddito agrario. Di conseguenza, il comma 1 dell’art. 46 (ora art. 53) è stato riformulato secondo il suggerimento proposto. L’attenta rilettura del testo dello schema del presente decreto legislativo di riordino e di semplificazione suggerisce di intervenire sul comma 1 con la modifica della somma di lire 1000 e poi in lire 300.000 in “euro 155”. Di conseguenza il testo del comma 1 è stato così riformulato. Si è suggerito di aggiungere un comma 12 del seguente tenore “Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione e di riscatto l’interessato deve risultare da almeno un anno iscritto come coltivatore diretto nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art. 2188 c.c.”. Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal 101 Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Prima dell’incontro del 9.XI.2011 si era pensato di aggiungere un comma 12 per il fatto che, nella attuale formulazione dello schema di d.lgs., è stato soppresso l’articolo sulla formazione della proprietà coltivatrice a favore dei lavoratori emigrati, in modo che l’originaria disposizione sull’attribuzione della prelazione venisse riportata qui con una formula del seguente tenore: “Il diritto di prelazione compete anche ai lavoratori emigrati all’estero o che abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto dell’acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell’ultimo quinquennio”. Infatti, per la mancata applicazione, da oltre 25 anni, dell’art. 10 della legge 817/1971 che aveva concesso mutui e diritto di prelazione a favore di lavoratori emigrati, si era provveduto a sopprimere (ai sensi del decreto “taglia-leggi”) l’originario art. 62 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, ma si era ritenuto necessario aggiungere il detto comma 12. Ma nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha ribadito l’obsolescenza dell’intero art. 10 della legge 817/1971 (e, quindi, del preteso diritto di prelazione dei lavoratori emigrati), evidenziando anche la concreta impossibilità di “individuare” i soggetti che avrebbero avuto il diritto di prelazione. L’osservazione è corretta; sicché il comma 12 è da sopprimersi. Si consideri infine che l’orientamento finora maggioritario è nel senso che il diritto di prelazione spetti soltanto alla prima delle tre categorie indicate nel comma 1 dell’art. 2135 c.c., cioè al coltivatore diretto e non anche a chi sia dedito alla silvicoltura e all’allevamento degli animali, salvo che una o entrambe queste due ultime attività non siano complementari o aggiunte alla coltivazione del fondo: e perciò, nonostante i possibili suggerimenti, il nostro articolo 53 conserva le formule originarie. Tuttavia, si deve fare presente che di recente le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 14.4.2011, n. 8486), dirimendo un contrasto giurisprudenziale in materia di prelazione agraria, hanno esteso la nozione di coltivatore diretto al silvicoltore che eserciti tale attività in via esclusiva o principale, con il solo limite che il terreno oggetto di vendita e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi. Il comma 1 è riprodotto dal comma 4 dell’art. 8 l. n. 590/1965: “Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 5 dell’art. 8,l. n. 590/1965: “Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell'acquirente e da ogni altro successivo avente causa”. Il comma 3 è riprodotto dal comma 6 dell’art. 8, l. n. 590/1965: “Ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti”. Il comma 4 è riprodotto dall’art. unico, legge n. 2/1979: “La disciplina relativa al versamento del prezzo di acquisto, prevista dal sesto e dal settimo comma dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, modificato dalla legge 14 agosto 1971, n. 817, si intende riferita anche ai casi di cui al quinto comma dello stesso articolo. I termini Art. 47 (Esercizio del diritto di prelazione e di riscatto) 1. Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di trenta giorni. 2. Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa. 3. Ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti. 4. Nel caso di esercizio del riscatto, i termini decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del terzo acquirente, o di successivo avente causa, alla dichiarazione di riscatto, oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto. 5. Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'organo regionale competente, di aver presentato domanda ammessa Art. 54 (Esercizio del diritto di prelazione e di riscatto) 1. Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di trenta giorni. 2. Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa. 3. Se il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti. 4. Nel caso di esercizio del riscatto, i termini decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del terzo acquirente, o di successivo avente causa, alla dichiarazione di riscatto, oppure, se sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto. 5. Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'organo regionale competente, di aver presentato domanda ammessa 102 decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del terzo acquirente, o di successivo avente causa, alla dichiarazione di riscatto, oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto. La presente legge costituisce interpretazione autentica della legge 26 maggio 1965, n. 590”. Viene pretermesso, perché privo di attualità, l’art. 9 della legge n. 817/1971: “Il termine di un anno previsto dall'ottavo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, viene eccezionalmente prorogato fino a sei mesi dopo l'entrata in vigore della presente legge in tutti i casi in cui non sia stata disposta la concessione del mutuo agli esercenti il diritto di prelazione per mancanza di fondi disponibili e allorché l'anno di sospensione del pagamento del prezzo della terra sia venuto o venga a scadere nell'anno 1971”. La parte iniziale del comma 5 è riprodotta dal comma 7 dell’art. 8, l. n. 590/1965: “Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente, di aver presentato domanda ammessa all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'art. 1, il termine di cui al precedente comma è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'Ispettorato non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli adempimenti di cui all'art. 3, secondo le norme che saranno stabilite dal regolamento di esecuzione della presente legge”. È stato soppresso il richiamo al DPR 15 novembre 1965, n. 1390, che dovrebbe ritenersi superato dalla competenza regionale. La parte finale del comma 5 è riprodotta dal comma 2 dell’art. 8, d. lgs. 99/2004: “Alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'ISMEA si applicano le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 7, della legge 26 maggio 1965, n. 590”. Il comma 6 è riprodotto dal comma 8 dell’art. 8, l. n. 590/1965: “In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito”. all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'articolo 53, il termine di cui al comma 3 è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'organo regionale competente per territorio non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l’organo regionale competente deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli . adempimenti di sua competenza Le medesime disposizioni si applicano alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'ISMEA. 6. In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito. all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'articolo 60, il termine di cui al comma 3 è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'organo regionale competente per territorio non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l’organo regionale competente deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli adempimenti di sua competenza. Le medesime disposizioni si applicano alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA). 6. In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito, il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito. 103 Riprodotto dal comma 10 dell’art. 8, l. n. 590/1965: “Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempreché l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. // Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle vigenti leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici. // L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal precedente comma è demandato allo Ispettorato agrario provinciale competente per territorio”. La norma è formulata in modo da ricordare quanto previsto da una serie distinta di originarie disposizioni, che solo per memoria vengono qui indicate. Invero, le indicate finalità si ricavano da una pluralità di disposizioni normative: dal comma 2 dell’art. 1 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 Nuove norme per la bonifica integrale; dall’art. 857 c.c.; dall’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 Nuove norme per lo sviluppo della montagna; dall’art. 1 e dall’art. 3, comma 1, lett. a), della legge 18 maggio 1989, n. 183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, i quali prevedono rispettivamente; dagli artt. 1 e 27 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 Disposizioni in materia di risorse idriche; dal comma 6 dell’art. 3 del d. legisl. 11 maggio 1999, n. 152 Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole; nonché, in particolare, dall’art. 44 Cost. il quale ha consentito un ampliamento dei fini della bonifica, come è stato messo in evidenza dalla Corte Cost. nella Art. 48 (Diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice) 1. Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'organo regionale competente, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempre che l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. 2. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici. 3. L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal presente articolo è demandato all’organo regionale competente per territorio Capo II Della bonifica Art. 49 (Finalità. Competenza regionale) 1. Le opere di bonifica sono indirizzate al perseguimento di finalità economiche e sociali, allo sviluppo rurale, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole, con particolare riguardo alla qualità, alla difesa, all’uso razionale del suolo e delle acque e alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali. 2. Fin quando le regioni non vi avranno provveduto con proprie leggi, la bonifica è disciplinata dalla Sezione III del Titolo II del Libro terzo del codice civile e dal regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni Art. 55 (Diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice) 1. Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto di riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'organo regionale competente, con le agevolazioni previste dal presente decreto legislativo, sempre che l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. 2. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici. 3. L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal presente articolo è demandato all’organo regionale competente per territorio. Capo II Della bonifica Art. 56 (Finalità. Principi fondamentali per la materia specifica di competenza regionale) 1. Le opere di bonifica sono indirizzate al perseguimento di finalità economiche e sociali, allo sviluppo rurale, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole, con particolare riguardo alla qualità, alla difesa, all’uso razionale del suolo e delle acque e alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali. 2. Le norme contenute nella Sezione III del Titolo II del Libro terzo del codice civile e nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, costituiscono principi fondamentali della materia, ferma rimanendo la competenza regionale per la disciplina di dettaglio. 104 sentenza 24 febbraio 1992, n. 66. Il comma 2 è un comma nuovo e riconferma in maniera chiara la generale competenza dello Stato quanto ai principi fondamentali della materia della bonifica, mentre alle Regioni spetta solo la competenza di una legislazione di dettaglio. La disposizione dell’art. 27 del d.l. 248/2007 non può essere abrogata. L’art. 27 del d.l. 31 dicembre 2007 n. 248 aveva un 3° comma con due disposizioni che sono ormai oltre il termine, Esse, perciò, non sono riportate nel testo; ma non possono, peraltro, ritenersi abrogate. Tuttavia, per memoria e completezza, vengono riportate qui, in nota: “Entro il termine del 30 giugno 2008, le Regioni possono procedere al riordino, anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi, dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del regio decreto 13 febbraio 1933 n. 215 e successive modificazioni, secondo criteri definiti di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture. Sono fatti salvi le funzioni e i compiti attualmente svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere statale o regionale; i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l’attività istituzionale. La riduzione prevista dal comma 35 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, non si applica ai membri eletti dai consorziati utenti che partecipano agli organi a titolo gratuito. Dell’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. La data del 30 giugno 2008 di cui alla originale disposizione del 1° comma dell’art. 27 del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, è stata prorogata al 31 dicembre 2008 dal comma 14 dall’art. 4bis, d.l. 3 giugno 2008, n. 97. Alla data odierna non risultano ulteriori proroghe. Si suggerisce, da un lato, l’opportunità di sopprimere il comma 1 (Consiglio di Stato, pag. 63 del punto 6 del suo parere) o il comma 2 (Commissione Agricoltura del Senato), dall’altro e sostanzialmente, l’opportunità di riformulare l’articolo in modo da mettere in evidenza che la bonifica è anche di competenza statale, per cui le norme di dettaglio delle Regioni devono rispettare i principi fondamentali della materia espressi in leggi statali (Commissione bicamerale per la semplificazione). Il suggerimento del Consiglio di Stato, che attiene solo al comma 1, riguarda il principio che “non c’è bisogno di proclamare le finalità di una bonifica” non appare da condividersi soprattutto se si opera (come si è fatto) la riformulazione del comma 2. Il secondo suggerimento corrisponde meglio al testo come approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Conseguentemente, modificata la rubrica dell’art. 49 in “Finalità. Principi fondamentali per la materia specifica di competenza regionale”, il comma 2 – anche in considerazione delle osservazioni della Commissione bicamerale per la 105 semplificazione che ha rilevato come la formulazione approvata dal Consiglio dei ministri l’11 dicembre 2009 potesse prefigurare una competenza residuale generale ed esclusiva delle Regioni nella materia disciplinata – è stato così riformulato: “Le norme contenute nella Sezione III del Titolo II del Libro terzo del codice civile e nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, costituiscono principi fondamentali della materia, ferma rimanendo la competenza regionale per la disciplina specifica di dettaglio”. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 49, comma 1, della legge 3 maggio 1982, n. 203 Norme sui contratti agrari“: “Nel caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento della apertura della successione, risultino aver esercitato e continuino ad esercitare su tali fondi attività agricola, in qualità di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi dell’art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, o di coltivatori diretti, hanno diritto a continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni ricomprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse“. Il riferimento all’imprenditore agricolo a titolo principale è stato sostituito con quello all’imprenditore agricolo professionale dall’art. 1, quarto comma, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 49, comma 1, della legge 3 maggio 1982, n. 203 Norme sui contratti agrari“: “Il rapporto di affitto che così si instaura fra i coeredi è disciplinato dalle norme della presente legge con inizio dalla data di apertura della successione”. Nel comma 2 vi è un inciso nuovo, poiché si è esteso, per esigenze sistematiche, a tutti il territorio nazionale la originaria disposizione del comma 1 dell’art. 4, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, per la quale “Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell’art. 49 della l. 3 maggio 1982, n. 203, delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici”. L’aggiunta – ripetesi – è dovuta ad esigenze di coordinamento tra l’art. 49, comma 1, della legge n. 203 del 1982 e l’articolo 4, comma 1, della legge n. 97 del 1994: invero, in mancanza della stessa rimarrebbe aperto il problema del destino delle scorte, pertinenze e annessi rustici, beni ai quali l’art. 49 della legge n. 203 non fa alcun riferimento. Il comma 3 è riprodotto dall’art.49, comma 2, della legge 203/1982: Capo III Delle strutture agrarie Sezione I Della formazione e della conservazione delle unità produttive Art. 50 (Diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa) 1. Nel caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento della apertura della successione, risultano aver esercitato e continuano ad esercitare attività agricola su tali fondi, in qualità di imprenditori agricoli professionali, o di coltivatori diretti, hanno diritto a continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni comprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse. 2. Il rapporto che così si instaura fra i coeredi, si estende alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici di tali fondi ed è disciplinato dalle disposizioni sull’affitto di fondi rustici contenute nel presente codice con inizio dalla data di apertura della successione. 3. L’alienazione della propria quota dei fondi o di parte di essa effettuata da parte degli eredi preferiti di cui al comma 1 è causa di decadenza dal diritto all’affitto forzoso. Capo III Delle strutture agrarie Sezione I Della formazione e della conservazione delle unità produttive Art. 57 (Diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa) 1. Nel caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento della apertura della successione, risultino aver esercitato e continuino ad esercitare attività agricola su tali fondi, in qualità di imprenditori agricoli professionali o di coltivatori diretti, hanno diritto di continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni comprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse. 2. Il rapporto che così si instaura fra gli eredi, si estende alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici di tali fondi ed è disciplinato dalle disposizioni sull’affitto di fondi rustici contenute nel presente decreto legislativo con inizio dalla data di apertura della successione. 3. L’alienazione della propria quota dei fondi o di parte di essa effettuata da parte degli eredi preferiti di cui al comma 1 è causa di decadenza dal diritto all’affitto forzoso. 106 “L’alienazione della propria quota dei fondi o di parte di essa effettuata da parte degli eredi preferiti di cui al comma precedente è causa di decadenza dal diritto previsto dal comma stesso”. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 63-64), suggerisce alcune modifiche formali (che vanno accolte) e anche la soppressione della frase “con inizio dalla data di apertura della successione” del comma 2, in quanto “superflua”. Trattandosi di suggerimenti corretti, si è provveduto in tal senso. Tuttavia si noti che i difetti formali e la frase superflua vanno imputati alla norma originaria. Si è suggerito di inserire, nel comma 1, dopo le parole “avere esercitato” quelle “anche a titolo di affitto” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Si è anche suggerito di aggiungere, in fine al comma 2, il seguente periodo: “In mancanza di accordo tra le parti, il canone dovuto agli altri coeredi deve tenere conto, in ogni caso, del valore dei canoni applicati nella Provincia dove è ubicato il fondo per colture e terreni dello stesso tipo di quello oggetto dell’affitto di cui al presente articolo”. Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Il problema nasce dalla dichiarazione di incostituzionalità del sistema dell’equo canone dell’affitto; ma per risolverlo occorre una legge del Parlamento e non già – e per di più in modo surrettizio – un decreto legislativo di riordino delle norme nella loro consistenza e formulazione originaria. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), definisce “involuto” il comma 3. Si noti, però, che i difetti formali e la frase superflua vanno imputati alla norma originaria, che – per i modesti poteri concessi dalla legge delega – non pare che sia sempre possibile modificare. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 Nuove disposizioni per le zone montane: “Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell’art. 49 della l. 3 maggio 1982, n. 203, delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici”. La soppressione del riferimento ai comuni montani è giustificata dal disposto dell’art. 8, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57: “Le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, si applicano, a decorrere dal 1 gennaio 2002, anche alle aziende agricole ubicate in comuni non montani”. La seconda parte del comma 1 con le condizioni individuate nelle lettere a/d è riprodotta dall’articolo 4, comma 2, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane: “ Il diritto di cui al comma 1 è acquisito a condizione che i predetti soggetti dimostrino: a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a Lire 500.000, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria; b) che il fondo per il quale intendono esercitare Art. 51 (Diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà) 1. Gli eredi preferiti ai sensi dell’articolo 50 nella conduzione delle porzioni di fondi rustici comprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici, a condizione che dimostrino: a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a 258,23 euro, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria; b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia; c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di acquisto di cui all’articolo 41, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni; d) di essere iscritti all’INPS-Servizio contributi agricoli unificati (SCAU), in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale. 2. La disciplina prevista dal comma 1 non si applica nella provincia autonoma di Bolzano. Art. 58 (Diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà) 1. Gli eredi preferiti ai sensi dell’ articolo 57 nella conduzione delle porzioni di fondi rustici comprese nelle quote dei coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici, a condizione che dimostrino: a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a 258,23 euro, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria; b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia; c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di acquisto di cui all’articolo 48, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno cinque anni; d) di essere iscritti nella gestione previdenziale dell’agricoltura in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale. 2. La disciplina prevista dal comma 1 non si applica nella provincia autonoma di Bolzano. 107 il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia; c) di essere obbligati, con la dichiarazione di cui all’art. 5, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni; d) di essere iscritti al Servizio contributi agricoli unificati (SCAU) ai sensi della l. 2 agosto 1990, n. 233, in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale”. Poiché lo SCAU è stato soppresso, il riferimento corretto è alla iscrizione nella gestione previdenziale. La riduzione da sei anni a cinque il numero degli anni dell’impegno a coltivare o condurre il fondo è imposta da esigenze sistematiche, e ciò con riferimento all’art. 11, comma 1, del d. lgs. 228/2001 che ha attenuato i vincoli in materia di proprietà coltivatrice. Il comma 3 è riprodotto dal comma 3 dell’art. 4, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane: “La disciplina prevista dal presente articolo non si applica nella provincia autonoma di Bolzano”. Si chiede di aggiungere nel comma 1, lett. a), tra le condizioni di alienazione che non escludono la possibilità di esercitare il diritto di opzione coattiva delle quote dei coeredi, l’ipotesi della “cessione forzosa per motivi di pubblica utilità” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Peraltro, l’originaria condizione escludente il diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà delle quote dei coeredi è (tra le altre) l’ipotesi della precedente “alienazione” di propri fondi rustici, con l’utilizzazione di un termine che non può che essere inteso come cessione volontaria. Né esiste contrasto giurisprudenziale da risolvere, in questo decreto legislativo di riordino, con i poteri concessi dalla legge delega per il caso dell’accettazione volontaria della “cessione” per motivi di pubblica utilità che, per il fatto di verificarsi all’interno del procedimento di espropriazione per pubblica utilità, non ha vera natura volontaria di alienazione. Si propone di ridurre, nel comma 1, lett. c), da sei a cinque il numero degli anni dell’impegno a coltivare o condurre il fondo per avere diritto all’acquisto forzoso (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento è da accogliersi, per esigenze di sistematicità e ciò con riferimento all’art. 11, comma 1, del d.lgs. 228/2001 che ha attenuato i vincoli in materia di proprietà coltivatrice. Si consideri che i “sei anni” erano previsti dalla legge n. 97 del 1994, mentre i “cinque anni” sono stati considerati dal successivo d.lgs. n. 228 del 2001. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata seguendo il proposto suggerimento. Si suggerisce di sostituire, nel comma 1, lett. d), le parole “all’INPS- Servizio contributi agricoli unificati (SCAU)” con le parole “nella gestione previdenziale” (Commissione Agricoltura del Senato).Il suggerimento va accolto, dato che lo SCAU è stato soppresso e che, perciò, la formula usata non è stata che un vero e proprio errore materiale. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata seguendo il proposto suggerimento. L’articolo è riprodotto dall’art. 5, comma 5, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane: “1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all’art. 4 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di affitto, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall’avvenuta Art. 52 (Procedura per l’acquisto forzoso della proprietà) 1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all’articolo 51 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di cui all’articolo 50, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall’avvenuta notificazione della dichiarazione. Art. 59 (Procedura per l’acquisto forzoso della proprietà) 1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all’articolo 58 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di cui all’articolo 57, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall’avvenuta notificazione della dichiarazione. 108 notificazione della dichiarazione. 2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell’esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato ai sensi dell’art. 4 della l. 26 maggio 1965, n. 590. 3. Qualora i terreni oggetto dell’acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di cui all’art. 4,comma 2, lett. c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale rilevato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell’area. 4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell’esercizio del diritto, dall’Ispettorato provinciale dell’agricoltura o dall’organo regionale corrispondente. 5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un Istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito. Dalla data della notificazione si acquisisce la proprietà. 6. ……”. Il comma 2 richiama l’art. 4 della legge 26 maggio 1965 n. 590, che viene riportato integralmente sub art. 27 (ora, art. 18) del DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino. Il comma 2, sul prezzo di acquisto, rinvia al DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino, o più precisamente rinvia all’intervento di una apposita Commissione provinciale deputata a tale determinazione. Si è, perciò, preferito un generico richiamo al futuro DPR attuativo di questa disposizione. I commi 1, 2 e 3 sono riprodotti dall‘art. 1, l. n. 590/65: “1. Ai mezzadri, ai coloni parziari, ai compartecipanti, agli affittuari ed enfiteuti coltivatori diretti, nonché agli altri lavoratori manuali della terra, singoli o associati in cooperativa, possono essere concessi mutui della durata di anni 40 al tasso annuo di interesse dell'uno per cento, per l'acquisto - effettuato in epoca posteriore alla entrata in vigore della presente legge - di fondi rustici che, a giudizio dell'Ispettorato 2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell’esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato dalla Commissione provinciale di cui al regolamento attuativo del presente decreto legislativo. 3. Qualora i terreni oggetto dell’acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di sei anni di cui all’articolo 51, comma 1, lettera c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale rilevato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell’area. 4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell’esercizio del diritto, dall’organo regionale competente per territorio. 5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un Istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito. Dalla data della comunicazione si acquisisce la proprietà Sezione II Della formazione e dell’ampliamento della proprietà coltivatrice Art. 53 (Provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) 1. Agli affittuari coltivatori diretti, nonché agli altri lavoratori manuali della terra, singoli o associati in cooperativa, possono essere concessi mutui della durata di anni 30 al tasso annuo secondo il metodo di calcolo dei 2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell’esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato dalla Commissione provinciale di cui all’articolo 18 del regolamento attuativo del presente decreto legislativo. 3. Qualora i terreni oggetto dell’acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di cinque anni di cui all’articolo 58, comma 1, lettera c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale rilevato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell’area. 4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell’esercizio del diritto, dall’organo regionale competente per territorio. 5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un Istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito. Dalla data della comunicazione si acquisisce la proprietà. Sezione II Della formazione e dell’ampliamento della proprietà coltivatrice Art. 60 (Provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) 1. Agli affittuari coltivatori diretti, nonché agli altri lavoratori manuali della terra, singoli o associati in cooperativa, possono essere concessi mutui della durata di trent’anni al tasso 109 provinciale dell'agricoltura, avuto riguardo alla concreta situazione ambientale ed alla composizione del nucleo familiare del coltivatore acquirente, la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, siano riconosciuti idonei alla costituzione di aziende che abbiano caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico. // I mutui di cui al primo comma possono essere altresì concessi ai proprietari coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, il cui nucleo familiare abbia una capacità lavorativa superiore ad un terzo di quella occorrente per la normale coltivazione del loro fondo”, nonché dall’art. 2 l. 817/1971: “2. I mutui di cui all'articolo 1 della legge 26 maggio 1965, n. 590, verranno concessi di massima per l'intero ammontare ammesso dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura; la loro durata è di anni 30 ed il tasso annuo di interesse dell'uno per cento. //.Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche ai mutui autorizzati dagli ispettorati della agricoltura e non ancora stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.//. Il tasso di interesse dell'uno per cento si applica anche ai mutui per la costruzione di proprietà contadina, assistiti dal concorso statale negli interessi di cui all'articolo 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, liquidato dopo l'entrata in vigore della presente legge”. Non sono stati riportati i richiami ai “mezzadri, coloni parziari, compartecipanti … ed enfiteuti” perché ormai soggetti esclusi da possibili contratti agrari. Al posto dell’originario modestissimo interesse sui mutui si è fatto riferimento a quanto è detto nella Comunicazione del 2008 della Commissione sul metodo di fissazione dei tassi IBOR di riferimento e di attualizzazione. Infatti, i modesti tassi di interesse previsti dalle norme originarie potrebbero essere considerati aiuti di Stato: si tenga, invero, presente che i mutuatari sono, nei casi di specie, imprenditori agricoli. Il comma 4 è riprodotto dall’art. 26, comma 1, legge 590/1965: “Il beneficio della concessione dei mutui e dei prestiti di cui al titolo I esclude, per gli stessi acquisti, ogni altra provvidenza creditizia o contributiva prevista dalle vigenti disposizioni in materia”. Il comma 5 è riprodotto dall’art. 27, legge 590/65: “Le agevolazioni creditizie previste dalla presente legge tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito, per l'acquisto di fondi rustici che, a giudizio dell'organo regionale competente, avuto riguardo alla concreta situazione ambientale ed alla composizione del nucleo familiare del coltivatore acquirente, la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, siano riconosciuti idonei alla costituzione di aziende che abbiano caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico. 2. I mutui di cui al comma 1 possono essere altresì concessi ai proprietari coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, il cui nucleo familiare abbia una capacità lavorativa superiore ad un terzo di quella occorrente per la normale coltivazione del loro fondo. 3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 sono concessi di massima per l'intero ammontare ammesso dall'organo regionale competente. 4. Il beneficio della concessione dei mutui e dei prestiti di cui al comma 1 esclude, per gli stessi acquisti, ogni altra provvidenza creditizia o contributiva prevista dalle vigenti disposizioni in materia. 5. Le agevolazioni creditizie per l’acquisto di fondi rustici destinati alla formazione di proprietà contadina possono essere concesse, ferma restando ogni altra condizione richiesta, quando l’acquisto riguardi terreni il cui reddito dominicale non sia inferiore a 0,52 euro ovvero, nei casi di arrotondamento, quando il reddito dominicale dei terreni da acquistare in aggiunta a quello dei terreni già posseduti in proprietà o in enfiteusi dal coltivatore non sia inferiore al predetto limite. annuo secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito, per l'acquisto di fondi rustici. Il giudizio dell'organo regionale competente deve essere espresso con riguardo alla concreta situazione ambientale ed alla composizione del nucleo familiare del coltivatore acquirente, la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, siano riconosciuti idonei alla costituzione di aziende che abbiano caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico. 2. I mutui di cui al comma 1 possono essere altresì concessi ai proprietari coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, il cui nucleo familiare abbia una capacità lavorativa superiore ad un terzo di quella occorrente per la normale coltivazione del loro fondo. 3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 sono concessi di massima per l'intero ammontare ammesso dall'organo regionale competente. 4. Il beneficio della concessione dei mutui e dei prestiti di cui al comma 1 esclude, per gli stessi acquisti, ogni altra provvidenza creditizia o contributiva prevista dalle vigenti disposizioni in materia. 5. Le agevolazioni creditizie per l’acquisto di fondi rustici destinati alla formazione di proprietà contadina possono essere concesse, ferma restando ogni altra condizione richiesta, quando l’acquisto riguardi terreni il cui reddito dominicale non sia inferiore a 155 euro ovvero, nei casi di arrotondamento, quando il reddito dominicale dei terreni da acquistare in aggiunta a quello dei terreni già posseduti in proprietà o in enfiteusi dal coltivatore non sia inferiore al predetto limite. 110 nonché le agevolazioni creditizie e contributive previste dal decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni, per l'acquisto di fondi rustici destinati alla formazione di proprietà contadina, possono essere concesse – ferma restando ogni altra condizione richiesta quando l'acquisto riguardi terreni il cui imponibile catastale non sia inferiore a lire mille ovvero, nei casi di arrotondamento, quando l'imponibile catastale dei terreni da acquistare in aggiunta a quello dei terreni già posseduti in proprietà o in enfiteusi dal coltivatore non sia inferiore al predetto limite.// La disposizione di cui al precedente comma si applica per gli acquisti effettuati posteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”. La norma è stata riformulata tenendo conto della formula, dapprima suggerita dal Ministero dell’economia nella riunione del dicembre 2005, e poi secondo le indicazioni contenute nell’e-mail del 27 gennaio 2006 con riguardo al Codice agricolo (Ministro MiPAAF, on. Alemanno). L’originaria cifra di lire 1.000 era stata aggiornata con Circolare n. 221593 del Ministero agricoltura e foreste, d’intesa con il Ministero delle finanze-Direzione generale del catasto, in data 21.4.1988, in lire 300.000 (cioè, in cifra tonda, euro 155). Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di “spezzare” in due il lungo periodo del comma 1. Il suggerimento è da condividersi. Con riferimento agli originari artt. 53-66 del d.lgs. (ora artt. 60-73) si è rilevato che la disposizione di cui all’originario art. 53 (ora 60) dello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione si articola sul fondo di rotazione per lo sviluppo della proprietà contadina (art. 16, legge 590/1965) istituito per la concessione dei mutui richiamati nel detto articolo e nei successivi. Ora, detto Fondo non è più operativo, poiché gli interventi creditizi di carattere statale per l’acquisto dei terreni sono esclusivamente quelli relativi all’ISMEA (Commissione Agricoltura del Senato). Inoltre, si è segnalato che ormai, da oltre 25 anni, non sarebbero più concessi mutui per la formazione della proprietà coltivatrice, ad eccezione di quelli disposti da ISMEA, la cui attività sembrerebbe essersi conclusa il 31 dicembre 2009, salvo proroghe (Conferenza Stato-Regioni). Su una pretesa obsolescenza (ai sensi del decreto “taglia-leggi”) della legislazione sulla formazione e ampliamento della proprietà coltivatrice si è espressa anche la Coldiretti nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali. Si rileva, invece, che negli ultimi anni si è registrato un trend crescente di domande di accesso agli interventi di riordino offerti, anche nelle modalità di leasing finanziario, dall’ISMEA, ciò ad ulteriore conferma dell’attualità di tali strumenti e della conseguente necessità di assicurare la loro permanenza in vigore (ISMEA, nota 1 marzo 2010 n. 1131). Si noti ancora che il decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194 (mille proroghe) convertito in legge 26 febbraio 2010, n. 25 all’art. 2, comma 4bis, ha prorogato fino al 31 dicembre 2010 le agevolazioni tributarie per la piccola proprietà contadina, e che l’art. 1, comma 41, della legge 13.12.2010 n. 220 ha soppresso le parole “e fino al 31 dicembre 2010”, così rendendo definitive le agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina e così confermando la “vigenza” dell’istituto. Per tali motivi si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Infatti, se fosse corretto il rilievo della Conferenza Stato-Regioni, quasi tutta la Sezione II del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione andrebbe soppressa, anche in forza del decreto “taglia-leggi” posto che quasi tutte le disposizioni originarie risalgono a prima del 1970. Ma le considerazioni espresse proprio dall’Istituto fondiario nazionale, cioè dall’ISMEA che è l’organo deputato alla concessione dei mutui statali per la formazione della proprietà coltivatrice, impongono di “conservare” molte delle disposizioni di questa Sezione dello schema di decreto legislativo di riordino Deve essere accolto il suggerimento di aggiornare il comma 5 dell’art. 60 (già art. 53) dello schema di decreto di riordino e semplificazione, da “euro 0,52” a “euro 155”: e in tal modo l’importo è stato riformulato. Egualmente vanno accolti i suggerimenti (Conferenza Stato-Regioni) diretti a sostituire, nella formulazione degli artt. 64, 65 e 68, le originarie espressioni “ispettorato provinciale dell’agricoltura” con quelle “ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura”: in tal modo le espressioni sono state riformulate. 111 Riprodotto dall’art. 12, l. 817/71, commi 1 e 2: “12. I mutui di cui all'articolo 2 della presente legge non possono essere concessi per le operazioni di compravendita di fondi rustici i quali nel decennio precedente abbiano già formato oggetto di concessione delle provvidenze creditizie previste dalla legislazione per la costituzione della proprietà diretto-coltivatrice, a meno che l'operazione, a giudizio dell'ispettorato agrario compartimentale, non si inquadri in particolari realtà socio economiche connesse con modifiche d'ordine strutturale interessanti determinate zone agrarie. // Tale divieto non si applica nei confronti dell'erede coltivatore diretto il quale, a norma di quanto disposto dall'articolo 720 del codice civile, debba soddisfare i coeredi per il valore del fondo eccedente la sua quota di eredità ovvero nei confronti del coltivatore diretto che intenda acquistare il fondo per realizzare un accorpamento.” Riprodotto dall’art. 4, legge 817/71: “4. Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici a scopo di formazione o di ampliamento della proprietà coltivatrice di cui al precedente articolo 2, deve essere data preferenza: 1) alle operazioni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto previsto dall'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste nella presente legge, e comunque agli acquisti effettuati dai coltivatori insediati sui fondi; 2) alle operazioni che, realizzando un accorpamento di fondi rustici, rivestono finalità di ricomposizione fondiaria, indipendentemente dalla estensione dei terreni acquisibili, purché destinate ad ampliare le aziende e a formare valide proprietà diretto-coltivatrici sotto il profilo sia tecnico sia economico; 3) alle operazioni di acquisto effettuate da coltivatori profughi dalla Libia (comma non riportato). // A decorrere dal 1 luglio 1972 le regioni nella propria competenza legislativa potranno stabilire anche propri criteri preferenziali nei limiti dei principi fondamentali di cui all'articolo 117 della Costituzione.” Art. 54 (Operazioni di acquisto di fondi rustici non finanziabili) 1. I mutui di cui all’articolo 53 non possono essere concessi per le operazioni di compravendita di fondi rustici i quali nel decennio precedente abbiano già formato oggetto di concessione delle provvidenze creditizie previste dalla legislazione per la costituzione della proprietà diretto-coltivatrice, a meno che l'operazione, a giudizio dell'organo regionale competente, non si inquadri in particolari realtà socio economiche connesse con modifiche d'ordine strutturale interessanti determinate zone agrarie. 2. Tale divieto non si applica nei confronti dell'erede coltivatore diretto il quale, a norma di quanto disposto dall'articolo 720 del codice civile, debba soddisfare i coeredi per il valore del fondo eccedente la sua quota di eredità ovvero nei confronti del coltivatore diretto che intenda acquistare il fondo per realizzare un accorpamento. Art. 61 (Operazioni di acquisto di fondi rustici non finanziabili) 1. I Mutui di cui all’ articolo 60 non possono essere concessi per le operazioni di compravendita di fondi rustici i quali nel decennio precedente abbiano già formato oggetto di concessione delle provvidenze creditizie previste dalla legislazione per la costituzione della proprietà diretto-coltivatrice, a meno che l'operazione, a giudizio dell'organo regionale competente, non si inquadri in particolari condizioni socio economiche connesse con modifiche d'ordine strutturale interessanti determinate zone agrarie. 2. Tale divieto non si applica nei confronti dell'erede coltivatore diretto il quale, a norma di quanto disposto dall'articolo 720 del codice civile, debba soddisfare i coeredi per il valore del fondo eccedente la sua quota di eredità ovvero nei confronti del coltivatore diretto che intenda acquistare il fondo per realizzare un accorpamento. Art. 55 (Criteri preferenziali per la concessione dei mutui per l’acquisto di fondi rustici) 1. Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici a scopo di formazione o di ampliamento della proprietà coltivatrice di cui all’articolo 53, deve essere data preferenza: a) alle operazioni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto previsto dall’articolo 46 e comunque agli acquisti effettuati dai coltivatori insediati sui fondi; b) alle operazioni che, realizzando un accorpamento di fondi rustici, rivestono finalità di ricomposizione fondiaria, indipendentemente dalla estensione dei terreni acquisibili, purché destinate ad ampliare le aziende e a formare valide proprietà diretto-coltivatrici sotto il profilo sia tecnico sia economico. 2. Le regioni potranno stabilire anche propri criteri preferenziali nei limiti della competenza di cui all’articolo 117 della Costituzione. Art. 62 (Criteri preferenziali per la concessione dei mutui per l’acquisto di fondi rustici) 1. Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici a scopo di formazione o di ampliamento della proprietà coltivatrice di cui all’articolo 60, deve essere data preferenza: a) alle operazioni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto previsto dall’articolo 53 e agli altri acquisti effettuati dai coltivatori insediati sui fondi; b) alle operazioni che, realizzando un accorpamento di fondi rustici, rivestono finalità di ricomposizione fondiaria, indipendentemente dalla estensione dei terreni acquisibili, purché destinate ad ampliare le aziende e a formare valide proprietà diretto-coltivatrici sotto il profilo sia tecnico sia economico. 2. Le regioni potranno stabilire anche propri criteri preferenziali nei limiti della competenza loro assegnata dall’articolo 117 della Costituzione. 112 Riprodotto dall’art. 5, l. 53/1956: “5. Per l'acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà contadina, quando sussistono le condizioni stabilite dall'art. 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604, può essere concesso un sussidio statale non superiore a un decimo della spesa, a termini dell'art. 43 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni.” L’art. 5 legge 53/1956 richiama l’art. 2 della legge 6 agosto 1954 n. 604, modificato dall’art. 3 legge 20 febbraio 1958, n. 189, che qui è riportato sub art, 54, comma 4: ”Le agevolazioni tributarie previste dall'articolo 1 sono applicabili quando: 1) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra; 2) il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso; 3) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro, con una tolleranza del 10 per cento salvo casi particolari da esaminarsi dall'ispettore provinciale dell'agricoltura in modo da favorire soprattutto la formazione di organiche aziende agricole familiari”. In origine l’art. 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604, modificato dall’art. 3, legge 20 febbraio 1958, n. 189 disponeva: “Le agevolazioni tributarie previste dall’art. 1 sono applicabili quando: a) l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra; b) il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi sia idoneo alla formazione o all’arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi posseduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall’acquirente o comunque Art. 56 (Acquisto dei terreni e delle case di abitazione) 1. Può essere concesso un sussidio statale non superiore a un decimo della spesa, a termini dell'articolo 5 della legge 1° febbraio 1956, n. 53, per l'acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà coltivatrice, quando sussistono le condizioni di cui all’articolo 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604. Art. 63 (Acquisto dei terreni e delle case di abitazione) 1. Può essere concesso un sussidio statale non superiore a un decimo della spesa, a termini dell'articolo 5 della legge 1° febbraio 1956, n. 53, per l'acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà coltivatrice, quando sussistono le condizioni di cui all’articolo 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604. Art. 57 (Acquisti di macchine, attrezzi e bestiame) 1. Agli acquirenti i fondi rustici con i benefici di cui all’articolo 56, possono essere pure concessi prestiti a tasso agevolato per l'acquisto di macchine, attrezzi e bestiame, anche di pertinenza del venditore, per la normale dotazione delle aziende di nuova costituzione od ampliate, purché gli interessati ne facciano richiesta entro un biennio dall'avvenuto acquisto dei fondi stessi. 2. Tali prestiti possono essere concessi anche a cooperative costituite da coltivatori che abbiano Art. 64 (Acquisti di macchine, attrezzi e bestiame) 1. Agli acquirenti dei fondi rustici con i benefici di cui all’articolo 63 possono essere pure concessi prestiti a tasso agevolato per l'acquisto di macchine, attrezzi e bestiame, anche di pertinenza del venditore, per la normale dotazione delle aziende di nuova costituzione od ampliate, purché gli interessati ne facciano richiesta entro un biennio dall'avvenuto acquisto dei fondi stessi. 2. Tali prestiti possono essere concessi anche a cooperative costituite da coltivatori che abbiano 113 dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso; c) l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta nel biennio precedente all’atto di acquisto o della concessione in enfiteusi non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro, con una tolleranza del 10% salvo casi particolari da esaminarsi dall’ispettore provinciale dell’agricoltura in modo da favorire soprattutto la formazione di organiche aziende agricole familiari”. Dalla capacità abrogatrice del comma 4bis dell’art. 2 della legge 26 febbraio 2010 n. 25 si potrebbe ricavare che non sono più condizioni di accesso ai benefici fiscali di cui al successivo art. 65 di questo schema di decreto legislativo quelle di cui al previgente art. 2, nn. 2 e 3 della legge 604/1954, ovverosia che il terreno acquistato non debba eccedere di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare, e che l’acquirente non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici. Così anche si esprime la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 36/E del 17 maggio 2010. I commi 1, 2 e 3 sono riprodotti dall’art. 2, legge 590/65: “2. Agli acquirenti i fondi rustici con i benefici di cui al precedente articolo, possono essere pure concessi prestiti a tasso agevolato per l'acquisto di macchine, attrezzi e bestiame, anche di pertinenza del venditore, per la normale dotazione delle aziende di nuova costituzione od ampliate, purché gli interessati ne facciano richiesta entro un biennio dall'avvenuto acquisto dei fondi stessi. // Tali prestiti possono essere concessi anche a cooperative costituite da coltivatori che abbiano acquistato terreni ai sensi del precedente articolo. // I prestiti di cui ai precedenti commi avranno la durata di cinque anni e saranno gravati di un tasso annuo d'interesse del due per cento.// Detti prestiti saranno concessi agli istituti di cui al successivo art. 16, ancorché abilitati ad esercitare esclusivamente il credito agrario di miglioramento ai sensi della legge 5 luglio 1928, n. 1760, e successive modificazioni ed integrazioni.” (l’ultimo comma non è stato riportato). I commi 4 e 5 sono riprodotti dall‘art. 4, legge n. 53/1956: “4. I prestiti per l'acquisto delle scorte vive e morte per la dotazione della piccola proprietà acquistato terreni ai sensi dell’articolo 56. 3. I prestiti di cui ai commi 1 e 2 avranno la durata di cinque anni e saranno gravati di un tasso annuo d'interesse secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito. 4. I prestiti per l'acquisto delle scorte vive e morte per la dotazione della piccola proprietà coltivatrice possono beneficiare del concorso statale nel pagamento di un interesse secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito, previo parere tecnico dell'organo regionale competente per territorio. 5. Alla liquidazione del concorso statale di cui al comma 4 provvede l'organo regionale competente per territorio. acquistato terreni ai sensi dell’ articolo 63. 3. I prestiti di cui ai commi 1 e 2 avranno la durata di cinque anni e saranno gravati di un tasso annuo d'interesse secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito. 4. I prestiti per l'acquisto delle scorte vive e morte per la dotazione della piccola proprietà coltivatrice possono beneficiare del concorso statale nel pagamento di un interesse secondo il metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito, previo parere tecnico dell'organo regionale competente per territorio. 5. Alla liquidazione del concorso statale di cui al comma 4 provvede l'ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura. 114 contadina, da effettuarsi a termini dell'art. 2, numero 2), della legge 5 luglio 1928, n. 1760 (7), possono beneficiare del concorso statale nel pagamento degli interessi del 2,50 per cento, previo parere tecnico dell'ispettore provinciale agrario. // Alla liquidazione del concorso statale di cui al comma precedente provvede l'ispettore provinciale agrario, nei modi regolamentari vigenti per la esecuzione della legge 5 luglio 1928, n. 1760”. Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si è modificata la formula del comma 5. Riprodotto dall’art. 3, l. 590/65: “3. La concessione dei mutui e dei prestiti agevolati, nei limiti delle anticipazioni disposte dalla presente legge, è subordinata al rilascio di apposito nulla osta da parte dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio, che dovrà pronunciarsi anche sulla congruità del prezzo d'acquisto, nonché alla decisione dell'istituto di credito, secondo le modalità che saranno stabilite con le norme di attuazione della presente legge. // I mutui di cui all'art. 1, in deroga alle vigenti disposizioni, possono essere concessi fino all'intero ammontare del prezzo di acquisto del fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura. // Il nulla osta per mutui di importo superiore a lire trenta milioni debbono essere muniti del visto di approvazione dell'Ispettorato agrario compartimentale. // Gli Enti di sviluppo agricolo, istituiti per legge, sono autorizzati ad intervenire per facilitare l'espletamento delle procedure di cui agli articoli precedenti (comma non riportato per l’avvenuta soppressione degli enti di sviluppo)”. Art. 58 (Domanda e nulla osta) La concessione dei mutui e dei prestiti agevolati è subordinata al rilascio di apposito nulla osta da parte dell'organo regionale competente per territorio, che si pronuncia anche sulla congruità del prezzo d'acquisto, nonché alla decisione dell'istituto di credito, secondo le modalità stabilite con le norme di attuazione della legge 26 maggio 1965, n. 590. Per il rilascio del certificato, l’organo regionale competente determina l’idoneità del fondo a costituire la piccola proprietà contadina tenendo conto della destinazione colturale, dell’imponibile catastale e, per quanto riguarda l’estensione, del rispetto del compendio unico di cui all’articolo 39. 2. I mutui di cui all'articolo 53, in deroga alle vigenti disposizioni, possono essere concessi fino all'intero ammontare del prezzo di acquisto del fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura. 3. Il nulla osta per mutui di importo superiore a 15.493,71 euro sono muniti del visto di approvazione dell'organo regionale competente. Art. 65 (Domanda e nulla osta) La concessione dei mutui e dei prestiti agevolati è subordinata al rilascio di apposito nulla osta da parte dell'organo regionale competente per territorio, che si pronuncia anche sulla congruità del prezzo d'acquisto, nonché alla decisione dell'istituto di credito, secondo le modalità stabilite con le norme di attuazione della legge 26 maggio 1965, n. 590. Per il rilascio del certificato, l’organo regionale competente determina l’idoneità del fondo a costituire la piccola proprietà contadina tenendo conto della destinazione colturale, dell’imponibile catastale e, per quanto riguarda l’estensione, del rispetto del compendio unico di cui all’articolo 46. 2. I mutui di cui all'articolo 60, in deroga alle vigenti disposizioni, possono essere concessi fino all'intero ammontare del prezzo di acquisto del fondo ritenuto congruo dall’ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura. 3. Il nulla osta per mutui di importo superiore a 15.493,71 euro sono muniti del visto di approvazione dell'organo regionale competente. Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si è modificata la formula del comma 2. Riprodotto dall’art. 7, legge 590/65: “Oltre il pagamento delle rate di ammortamento per capitale ed interesse, nessun altro onere può farsi gravare dagli istituti delle ditte beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la trattenuta dello 0,20 per cento da operare all'atto della somministrazione della somma concessa a mutuo o prestito. // Agli istituti di credito, a copertura delle proprie spese di amministrazione, dei rischi delle spese per imposte e di ogni altro onere nonché delle spese contrattuali, sarà riconosciuto un compenso nella misura Art. 59 (Rapporti con gli istituti di credito) 1. Oltre il pagamento delle rate di ammortamento per capitale ed interesse, nessun altro onere può farsi gravare dagli istituti sulle ditte beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la trattenuta dello 0,20 per cento da operare all'atto della somministrazione della somma concessa a mutuo o prestito. 2. Agli istituti di credito, a copertura delle proprie spese di amministrazione, dei rischi delle spese per imposte e di ogni altro onere nonché delle spese contrattuali, è Art. 66 (Rapporti con gli istituti di credito) 1. Oltre il pagamento delle rate di ammortamento per capitale ed interesse, nessun altro onere può farsi gravare dagli istituti sulle ditte beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la trattenuta dello 0,20 per cento da operare all'atto della corresponsione della somma concessa a mutuo o prestito. 2. Agli istituti di credito, a copertura delle proprie spese di amministrazione, dei rischi delle spese per imposte e di ogni altro onere nonché delle spese contrattuali, è 115 da stabilire con apposite convenzioni. // Le annualità di ammortamento comprensive di capitale ed interessi saranno versate dagli istituti al fondo di rotazione di cui all'art. 16, previa detrazione della quota ad essi spettante in base alle predette convenzioni, a rimborso delle anticipazioni e ad incremento del fondo sino al 31 dicembre 1984. Successivamente a tale data le annualità e gli interessi saranno versati al Ministero del tesoro, con imputazione ad apposito capitolo del bilancio di entrata. // Gli istituti faranno i versamenti alle date stabilite, anche se non abbiano ricevuto dai mutuatari le corrispondenti annualità.” riconosciuto un compenso nella misura da stabilire con apposite convenzioni. 3. Le annualità di ammortamento comprensive di capitale ed interessi e previa detrazione della quota ad essi spettante in base alle predette convenzioni, sono versate al Ministero dell’economia e delle finanze, con imputazione ad apposito capitolo del bilancio di entrata. 4. Gli istituti fanno i versamenti alle date stabilite, anche se non abbiano ricevuto dai mutuatari le corrispondenti annualità. riconosciuto un compenso nella misura da stabilire con apposite convenzioni. 3. Le annualità di ammortamento comprensive di capitale ed interessi e previa detrazione della quota ad essi spettante in base alle predette convenzioni, sono versate al Ministero dell’economia e delle finanze, con imputazione ad apposito capitolo del bilancio di entrata. 4. Gli istituti fanno i versamenti alle date stabilite, anche se non abbiano ricevuto dai mutuatari le corrispondenti annualità. Su suggerimento del Consiglio di Stato si è modificato il termine “somministrazione” con “concessione” nel comma 1. I commi 1-4 sono riprodotti dall’art. 11, legge 817/71: “11. I fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice dopo l'entrata in vigore della presente legge sono soggetti per quindici anni [così modificato dal d.lgs. 228/01, art. 11] a vincolo di indivisibilità.// Il suddetto vincolo deve essere espressamente menzionato nei nulla osta ispettoriali, nonché, a cura dei notai roganti, negli atti di acquisto e di mutuo, e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai conservatori dei registri stessi. // Il vincolo di cui ai precedenti commi può essere peraltro revocato, a domanda degli interessati, con provvedimento dell'ispettorato dell'agricoltura competente per territorio, e successivamente al 30 giugno 1972 dagli organi competenti delle regioni, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi medesimi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Nella ipotesi contraria, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 del codice civile. // Il suddetto vincolo può essere, altresì, revocato, secondo le modalità di cui al precedente comma, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie. Il riscatto anticipato da parte dell'assegnatario avviene sulla base del valore attribuito al terreno all'epoca dell'assegnazione. [comma aggiunto dall’art. 11 del d.lgs. 228/01] // Contro il provvedimento Art. 60 (Vincolo di indivisibilità: revoca) 1. I fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice sono soggetti per quindici anni a vincolo di indivisibilità. 2. Il suddetto vincolo è espressamente menzionato nei nulla osta dell’organo regionale competente per territorio, nonché, a cura dei notai roganti, negli atti di acquisto e di mutuo, e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai conservatori dei registri stessi. 3. Il vincolo di cui al comma 1 può essere peraltro revocato, a domanda degli interessati, con provvedimento dell’organo regionale competente per territorio, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi medesimi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Nella ipotesi contraria, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 del codice civile. 4. Il suddetto vincolo può essere, altresì, revocato, secondo le modalità di cui al comma 3, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie. Il riscatto anticipato da parte dell'assegnatario avviene sulla base del valore attribuito al terreno all'epoca dell'assegnazione. 5. Contro il provvedimento dell'organo regionale competente che respinge la domanda dell'interessato è ammesso ricorso amministrativo nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. 6. È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità. Art. 67 (Vincolo di indivisibilità: revoca) 1. I fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice sono soggetti per quindici anni a vincolo di indivisibilità. 2. Il suddetto vincolo è espressamente menzionato nei nulla osta dell’organo regionale competente per territorio, nonché, a cura dei notai roganti, negli atti di acquisto e di mutuo, e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai conservatori dei registri stessi. 3. Il vincolo di cui al comma 1 può essere peraltro revocato, a domanda degli interessati, con provvedimento dell’organo regionale competente per territorio, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi medesimi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Se l’indivisibilità non viene revocata, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 del codice civile. 4. Il suddetto vincolo può essere, altresì, revocato, a domanda degli interessati con provvedimento dell’organo regionale competente per territorio, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie. Il riscatto anticipato da parte dell'assegnatario avviene sulla base del valore attribuito al terreno all'epoca dell'assegnazione. 5. Contro il provvedimento che respinge la domanda dell'interessato è ammesso ricorso amministrativo all’organo regionale competente 116 dell'ispettorato che respinge la domanda dell'interessato, fino al trasferimento delle competenze alle regioni, è ammesso ricorso al Ministero dell'agricoltura e delle foreste nel termine di 30 giorni dalla comunicazione. È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità.” I commi 7 e 8 del testo in colonna 2 (ora commi 6 e 7 del testo in colonna 3) sono riprodotti dai commi 4bis e 4ter dell’art. 11 d.lgs. n. 228/01 che, però, si riporta per intero. “Art. 11. Attenuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice. - 1. Il periodo di decadenza dai benefìci previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice è ridotto da dieci a cinque anni. 2.La estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefìci non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto. 3. Non incorre nella decadenza dei benefìci l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui ai commi 1 e 2, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 del presente decreto. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore. 4.All'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «trenta anni» sono sostituite dalle seguenti: «quindici anni»; b). 4-bis. Il vincolo di indivisibilità di cui all'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817, come modificato dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, gravante sui terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia può essere, altresì, revocato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato. 4-ter. All'assegnatario del fondo acquistato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA, sia esso 7. Il vincolo di indivisibilità di cui al presente articolo, gravante sui terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia può essere, altresì, revocato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato. 8. All'assegnatario del fondo acquistato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA, sia esso in forma singola che associata, spetta in ogni caso l'indennità aggiuntiva prevista dall'articolo 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, come determinata ai sensi dell’articolo 40, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001. secondo le disposizioni stabilite dalla regione, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. 6. (già comma 7) Il vincolo di indivisibilità di cui al presente articolo, gravante sui terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia può essere, altresì, revocato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato. 7. (già comma 8) All'assegnatario del fondo acquistato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentareISMEA, sia esso in forma singola che associata, spetta in ogni caso l'indennità aggiuntiva prevista dall'articolo 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, come determinata ai sensi dell’articolo 40, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001. 117 in forma singola che associata, spetta in ogni caso l'indennità aggiuntiva prevista dall'articolo 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni. L'indennità aggiuntiva di cui al comma 1 è determinata ai sensi dell'articolo 40, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, e successive modificazioni. 5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del presente decreto”. Si ricordi che la precedente disposizione dell’art. 28, l. 590/65, prevedeva: “Il periodo di decadenza dai benefici previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà contadina è elevato da cinque a dieci anni. // La estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i benefici della presente legge non possono aver luogo prima che siano decorsi dieci anni dall'acquisto. //Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano ai contratti di mutuo stipulati posteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.” Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sostituire, nel comma 3, le parole “Nell’ipotesi contraria” con le parole “Se l’indivisibilità non viene revocata”. Il suggerimento formale è da condividersi. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sostituire, nel comma 4, le parole “secondo le modalità di cui al comma 3” con le parole “a domanda degli interessati con provvedimento dell’organo regionale competente per territorio”. Il suggerimento formale è da condividersi. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sopprimere il comma 5, rilevando che non è più ammesso usare una generica dizione, senza precisare quali siano gli organi individuati dalle singole Regioni. L’osservazione, pur essendo pertinente, non appare meritevole di portare alla soppressione del comma. Invero, se non è più ammesso usare una generica dizione, senza precisare quali siano gli organi individuati dalle singole Regioni per il ricorso amministrativo e, quindi, se è vero che l’osservazione è pertinente, tuttavia non appare opportuno sopprimere il comma 5. Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si sono modificate le formule dei commi 4 e 5. Il comma 6 del testo in colonna 2 è diventato l’art. 68 del testo in colonna 3. Riprodotto dall’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 11, legge 817/1971, riportato per intero nella nota sub articolo precedente. Art. 68 (Violazione del divieto di indivisibilità: nullità degli atti) 1. È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità. Nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era stato formulato un unico articolo (già art. 60, in colonna 2) che trattava sia della revoca del vincolo di indivisibilità, sia della nullità degli atti commessi contro tale vincolo. Una rilettura del testo consiglia di “spezzare” in due il testo, con la formulazione di un apposito articolo (l’attuale 68) che ha per oggetto la nullità degli atti. Art. 61 Art. 69 Disposizione costruita con (Vincoli di inalienabilità e di (Vincoli di inalienabilità e di l’accorpamento di varie precedenti coltivazione diretta in materia di coltivazione diretta: decadenza disposizioni. I commi 1, 2, 3 e 5 proprietà coltivatrice: decadenza dai benefici) 1. I soggetti indicati nell’articolo 60 dell’articolo 61 (ora art. 69) sono dai benefici) riprodotti dall’art. 9 del d.lgs. 24 1. I soggetti indicati nell’articolo 53 che, prima che siano trascorsi cinque 118 febbraio 1948, n. 114: “9. Chi, prima che siano trascorsi dieci anni [cinque anni ex art. 11 d.lgs. 228/2001] dall'acquisto fatto a termini del presente decreto, alieni volontariamente il fondo acquistato o cessi, senza giusta causa, dal coltivarlo direttamente, perde i benefici fiscali previsti dall'art. 1. Inoltre decade dal diritto al concorso statale negli interessi sul mutuo ed è tenuto, solidalmente col compratore in caso di vendita, a restituirne l'importo allo Stato, il quale rimane obbligato nei confronti dell'istituto finanziatore, nel caso che il contributo abbia formato oggetto di cessione.// Nei contratti di vendita a persone di cui all'art. 1, stipulati da consorzi, enti e società di cui agli artt. 4 e 5 del presente decreto, saranno introdotte clausole che rivedano la perdita delle agevolazioni fiscali e degli altri vantaggi conseguiti dall'acquirente, qualora si verifichino le ipotesi del primo comma del presente articolo. // Nella decadenza dai benefici del presente decreto incorre pure l'acquirente il quale abbia, con false dichiarazioni, con raggiri o false documentazioni circa i requisiti previsti dall'art. 1 del presente decreto, tratto in inganno l'ufficio statale competente ad attestare la sussistenza dei requisiti medesimi, e salvo in ogni caso l'esercizio dell'azione penale qualora il fatto costituisca reato. In tal caso, oltre alle imposte normali, è dovuta una sopratassa pari all'importo dell'imposta evasa. // Ai fini della dichiarazione di decadenza dai benefici fiscali spetta all'ispettore compartimentale per l'agricoltura del compartimento, dove ricade in tutto o per la maggior parte il fondo, di procedere agli accertamenti necessari, il cui risultato sarà comunicato all'Amministrazione finanziaria per gli ulteriori adempimenti di propria competenza”. Il comma 4 dell’articolo 61 (ora, art. 69) è riprodotto dall’art. 12 comma 3 legge 817/1971: “Nei casi di acquisto per ampliamento di proprietà coltivatrice con i benefici tributari e finanziari di legge incorre nella decadenza dai medesimi anche l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui al primo comma dell'articolo 28 della legge 26 maggio 1965, n. 590, alieni o cessi dal coltivare direttamente i terreni preposseduti che hanno concorso alla formazione del giudizio dell'ispettorato agrario circa la validità della nuova azienda, salvo i casi di vendita o permuta per accorpamento ed i casi di vendita di piccole superfici che non ledano l'efficienza dell'azienda”. I commi 6 e 7 dell’articolo 61 (ora, art. che, prima che siano trascorsi cinque anni dall'acquisto fatto a termini dello stesso articolo 53, alienino volontariamente il fondo acquistato o cessino, senza giusta causa, dal coltivarlo direttamente, perdono i benefici fiscali loro concessi. Inoltre decadono dal diritto al concorso statale negli interessi sul mutuo e sono tenuti, solidalmente col compratore in caso di vendita, a restituirne l'importo allo Stato, il quale rimane obbligato nei confronti dell'istituto finanziatore, nel caso che il contributo abbia formato oggetto di cessione. 2. Nei contratti di vendita ai soggetti di cui al comma 1, stipulati da consorzi di bonifica integrale sono introdotte clausole che prevedono la perdita delle agevolazioni fiscali e degli altri vantaggi conseguiti dall’acquirente, qualora si verificano le ipotesi del comma 1. 3. Nella decadenza dai benefici del presente articolo incorre pure l'acquirente il quale abbia, con false dichiarazioni, con raggiri o false documentazioni circa la propria qualifica di coltivatore diretto, tratto in inganno l'ufficio competente ad attestare la sussistenza dei requisiti medesimi, e salvo in ogni caso l'esercizio dell'azione penale qualora il fatto costituisca reato. In tal caso, oltre alle imposte normali, è dovuta una sanzione amministrativa tributaria pari all'importo dell'imposta evasa. 4. Nei casi di acquisto per ampliamento di proprietà coltivatrice con i benefici tributari e finanziari di legge incorre nella decadenza dai medesimi anche l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui al comma 1 alieni o cessi dal coltivare direttamente i terreni preposseduti che hanno concorso alla formazione del giudizio dell'ispettorato agrario o del corrispondente organo regionale circa la validità della nuova azienda, salvo i casi di vendita o permuta per accorpamento ed i casi di vendita di piccole superfici che non ledano l'efficienza dell'azienda. 5. Ai fini della dichiarazione di decadenza dai benefici fiscali spetta all’ispettorato provinciale dell’agricoltura od organo regionale sostitutivo, nel cui territorio di competenza ricade in tutto o per la maggior parte il fondo, di procedere agli accertamenti necessari, il cui risultato sarà comunicato all'amministrazione finanziaria per gli ulteriori adempimenti di propria competenza. 6. La estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefici non possono aver anni dall'acquisto fatto a termini dello stesso articolo 60, alienino volontariamente il fondo acquistato o cessino, senza giusta causa, dal coltivarlo direttamente, perdono i benefici fiscali loro concessi. Inoltre decadono dal diritto al concorso statale negli interessi sul mutuo e sono tenuti, solidalmente col compratore in caso di vendita, a restituirne l'importo allo Stato, il quale rimane obbligato nei confronti dell'istituto finanziatore, nel caso che il contributo abbia formato oggetto di cessione. 2. Nei contratti di vendita ai soggetti di cui al comma 1, stipulati da consorzi di bonifica integrale, sono introdotte clausole che prevedono la perdita delle agevolazioni fiscali e degli altri vantaggi conseguiti dall’acquirente, qualora si verificano le ipotesi del comma 1. 3. Nella decadenza dai benefici del presente articolo incorre pure l'acquirente il quale abbia, con false dichiarazioni, con raggiri o false documentazioni circa la propria qualifica di coltivatore diretto, tratto in inganno l'ufficio competente ad attestare la sussistenza dei requisiti medesimi, e salvo in ogni caso l'esercizio dell'azione penale qualora il fatto costituisca reato. In tal caso, oltre alle imposte normali, è dovuta una sanzione amministrativa tributaria pari all'importo dell'imposta evasa. 4. Nei casi di acquisto per ampliamento di proprietà coltivatrice con i benefici tributari e finanziari di legge incorre nella decadenza dai medesimi anche l'acquirente che, durante il periodo di vincolo indicato al comma 1, alieni o cessi dal coltivare direttamente i terreni preposseduti che hanno concorso alla formazione del giudizio dell’ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura circa la validità della nuova azienda, salvo i casi di vendita o permuta per accorpamento ed i casi di vendita di piccole superfici che non ledano l'efficienza dell'azienda. 5. Ai fini della dichiarazione di decadenza dai benefici fiscali spetta all’ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura, nel cui territorio di competenza ricade in tutto o per la maggior parte il fondo, di procedere agli accertamenti necessari, il cui risultato sarà comunicato all'amministrazione finanziaria per gli ulteriori adempimenti di propria competenza. 6. L’estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i 119 69) sono riprodotti dai commi 2 e 3 dell’articolo 11 d.lgs. 228/2001 che sono stati riportati per intero supra, sub art. 60 del testo in tabella 2 del presente schema di decreto legislativo di riordino. Il comma 8 dell’ articolo 61 (ora, art, 69) è riprodotto dall’art. 12, comma 4, l. 817/71: “Trascorso il periodo vincolativo previsto dal citato articolo 28, il residuo mutuo di favore concesso al venditore può essere trasferito all'acquirente che sia in possesso dei requisiti previsti, per la concessione delle agevolazioni fiscali e creditizie, dalle norme contenute nella legge 26 maggio 1965, n. 590, e da questa richiamate.” Il comma 1 può ritenersi derivato anche dal comma 1 dell’art. 7 legge 604/54: “ Decade dalle agevolazioni tributarie l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti a norma della presente legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa dal coltivarlo direttamente”. Nel testo della legge 817/1971 seguiva un articolo (l’art. 10) che stabiliva “Le disposizioni della legge 26 maggio 1965, n. 590, e della presente legge si applicano anche alle operazioni di acquisto effettuate da lavoratori emigrati all'estero o che abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto dell'acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell'ultimo quinquennio.” Tale disposizione non è attuata da oltre 25 anni, sicché è divenuta obsoleta ai fini della formazione della proprietà coltivatrice, compreso il diritto di prelazione attribuito al lavoratore emigrato il diritto di prelazione. luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto. 7. Non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo durante il quale è sottoposto al vincolo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore. 8. Trascorso il periodo vincolativo previsto dal comma 1, il residuo mutuo di favore concesso al venditore può essere trasferito all'acquirente che sia in possesso dei requisiti previsti, per la concessione delle agevolazioni fiscali e creditizie, dalle norme contenute nel presente capo. suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto. 7. Non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo durante il quale è sottoposto al vincolo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore. 8. Trascorso il periodo vincolativo previsto dal comma 1, il residuo mutuo di favore concesso al venditore può essere trasferito all'acquirente che sia in possesso dei requisiti previsti, per la concessione delle agevolazioni fiscali e creditizie, dalle norme contenute nel presente capo. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 65), suggerisce di eliminare dal comma 3 la formula “e salvo in ogni caso l’esercizio dell’azione penale qualora il fatto costituisca reato”; osserva che il termine “preposseduti” nel comma 4 è inadeguato; nonché rileva alcuni difetti formali. Poiché le disposizioni sono riprodotti pedissequamente da norme originarie, si ritiene che, per i modesti poteri innovativi concessi dalla legge delega, non sia possibile “cancellare” la frase del comma 3 e il termine del comma 4. Diversamente, con riguardo alle mere correzioni formali, i cui “difetti” tuttavia sono da imputare alla norma originaria. Va detto e soprattutto con riferimento ai commi 3 e 4 che il comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, recita “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2010 [ora, questo termine è stato soppresso dall’art. 1, comma 41 della legge 13.12.2010 n. 220], gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno 120 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato”. Il detto comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 194/2009 è inserito nel comma 3 del (nuovo) art. 74 di questo schema di decreto legislativo di riordino. Si è suggerito di aggiungere nel comma 7, fra le ipotesi di non-decadenza dai benefici, l’esproprio per pubblica utilità (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Peraltro, la fattispecie di cui si chiede l’aggiunta è già da intendersi compresa nella previsione che la decadenza si verifica solo in caso di “alienazione” del fondo. Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si sono modificate le formule dei commi 4 e 5. Art. 62 (Acquisto da parte di lavoratori emigrati) 1. Le disposizioni del presente Capo e quelle della sezione III del Capo I del Titolo III sul diritto di prelazione si applicano anche alle operazioni di acquisto effettuate da lavoratori emigrati all'estero o che abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto dell'acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell'ultimo quinquennio. L’originario art. 10 legge 817/1971 – da cui l’art. 62 del testo di d.lgs. approvato da CdM l’11.12.2009 era stato ripreso – concedeva ai lavoratori emigrati anche il diritto di prelazione. Si segnala che ormai, da oltre 25 anni, non sarebbero più concessi mutui a lavoratori emigrati per la formazione della proprietà coltivatrice (Conferenza Stato-Regioni) e l’ISMEA conferma. Di conseguenza, anche per l’applicazione analogica del decreto “taglia-leggi” e per le condivisibili osservazioni della Coldiretti nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, l’art. 62 dell’originario schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 viene eliminato, con rinumerazione degli articoli. I commi 1, 3, 4, 7 e 8 sono riprodotti, tranne per la iniziale precisazione “le agevolazioni creditizie” e l’eliminazione del richiamo originario anche a “coloni e mezzadri” e ai limiti di impegno di spesa, dall’art. 16, legge 817/71, e più precisamente quelle dai commi 1, 3, 4, 6 e 7: “1. La formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, coloni, mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori della terra, è agevolata laddove sussistano condizioni sociali, economiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi sia con la divisione dei terreni tra i soci. A tale fine è autorizzato il limite di impegno di lire 150 milioni per gli anni 1971 e 1972 e di lire 130 milioni per ciascuno degli anni dal 1973 al 1976 per la concessione del concorso dello Stato nel pagamento degli interessi sui mutui di cui al decreto legislativo del Capo Art. 63 (Cooperative di coltivatori diretti) 1. Le agevolazioni creditizie di cui all’articolo 53 si applicano anche per la formazione della proprietà direttocoltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, fittavoli ed altri coltivatori della terra, laddove sussistano condizioni sociali, economiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi, sia con la divisione dei terreni tra i soci. 2. L’ISMEA può operare interventi anche a favore delle cooperative di cui al comma 1 e secondo i criteri da esso stabiliti, sino alla concorrenza delle disponibilità finanziarie annuali. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) mutui ventennali per gli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice. Gli oneri connessi al pagamento degli interessi relativi ai Art. 70 (Cooperative di coltivatori diretti) 1. Le agevolazioni creditizie di cui all’articolo 60 si applicano anche per la formazione della proprietà direttocoltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, fittavoli ed altri coltivatori della terra, laddove sussistano condizioni sociali, economiche e produttive che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi, sia che venga attuata con la divisione dei terreni tra i soci. 2. L’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) può operare interventi anche a favore delle cooperative di cui al comma 1 e secondo i criteri da esso stabiliti sino alla concorrenza delle disponibilità finanziarie annuali. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) mutui ventennali per gli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice. Gli 121 provvisorio dello Stato 24 febbraio 1948, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni. // 2. Le annualità relative saranno iscritte nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'agricoltura e delle foreste. // 3. Il tasso di interesse dei mutui di cui al presente articolo, da porsi a carico delle cooperative beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle disponibilità esistenti sulle predette autorizzazioni di spesa, nella misura dell'uno per cento. // 4. Il concorso dello Stato per dette operazioni è calcolato in conformità a quanto previsto dall'articolo 34 della legge 2 giugno 1961, n. 454, con riferimento ad una durata del mutuo di 30 anni qualunque sia l'effettiva durata dell'operazione. // 5. Il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste dalla presente legge, si applica anche alle cooperative agricole. // 6. È data facoltà al singolo coltivatore diretto che ha acquistato il terreno con le agevolazioni della legge 26 maggio 1965, n. 590, di aderire a socio di una cooperativa agricola per la conduzione dei terreni trasferendo ad essa la proprietà, previo nulla osta dell'autorità che ha concesso le predette agevolazioni e dell'istituto di credito mutuante e sempreché si tratti di fondo finitimo con l'azienda cooperativa. // 7. In tal caso la cooperativa può accollarsi i mutui esistenti sui terreni mantenendo tutte le agevolazioni in atto”. Nel testo del nostro articolo 70 non è riportato l’originario comma 5 che è stato inserito nell’articolo sulla prelazione: comma 4 dell’art. 53. Il comma 5 del nostro articolo 70 deriva dalle considerazioni espresse dal Ministero dell’Economia nel corso delle discussioni sul Codice agricolo predisposto sotto il Ministro MiPAAF, on. Alemanno. L’incipit del comma 2 è riprodotto dall’articolo unico della legge 23 luglio 1980, n. 487: “ L’ISMEA può operare interventi anche a favore delle cooperative di cui al comma 1 e secondo i criteri da esso stabiliti, sino alla concorrenza delle disponibilità finanziarie annuali”. Il seguito del comma 2 è riprodotto dal comma 1081 dell’art. 1 legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007): “La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) mutui ventennali per gli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice di cui alla legge 14 agosto 1971, n. 817, e successive modificazioni. Gli oneri connessi al predetti finanziamenti restano a carico dello Stato fino al limite di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2007. 3. Il tasso di interesse dei mutui di cui al presente articolo, da porsi a carico delle cooperative beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle disponibilità esistenti sulle predette autorizzazioni di spesa, comunque nella misura di cui al metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito. 4. Il concorso dello Stato, con riferimento ad una durata del mutuo di trenta anni qualunque sia l'effettiva durata dell'operazione, è concesso per le operazioni di finanziamento effettuate dagli istituti ed enti esercenti il credito agrario, che praticano il tasso di interesse e le aliquote accessorie in misura non superiore a quella che è determinata annualmente, previo parere del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. 5. L'intervento dello Stato di cui al comma 4 è ragguagliato alla differenza tra la rata di ammortamento e di preammortamento, calcolata al tasso di interesse fissato ai sensi del comma 4, al lordo dei diritti di commissione, comprensivi delle spese di accertamento tecnico-legali, delle aliquote per imposte e tasse e di altri diritti erariali, nonché dell'eventuale provvigione per scarto cartelle, e quella di ammortamento e di preammortamento calcolata al tasso di interesse dovuto dai mutuatari nelle misure già indicate agli articoli 9, 16, 19 e 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, che per l’effetto continuano ad essere vigenti. 6. Per la concessione dei mutui previsti dal presente articolo e dalle altre vigenti disposizioni in materia di credito agrario, le imprese interessate potranno esibire all'Istituto, in luogo della documentazione di rito, una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà del fondo offerto in garanzia. Alla copertura del rischio derivante da omissioni o da errori della dichiarazione notarile l'Istituto potrà provvedere mediante polizza di assicurazione. 7. È data facoltà al singolo coltivatore diretto che ha acquistato il terreno con le agevolazioni previste dal presente capo, di aderire a socio di una cooperativa agricola per la conduzione oneri connessi al pagamento degli interessi relativi ai predetti finanziamenti restano a carico dello Stato fino al limite di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2007. 3. Il tasso di interesse dei mutui di cui al presente articolo, da porre a carico delle cooperative beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle disponibilità esistenti sulle predette autorizzazioni di spesa, purché non superiore alla misura risultante dal metodo di calcolo dei tassi di riferimento e di attualizzazione previsto nella comunicazione della Commissione europea in vigore al momento della concessione del prestito. 4. Il concorso dello Stato, con riferimento ad una durata del mutuo di trenta anni qualunque sia l'effettiva durata dell'operazione, è concesso per le operazioni di finanziamento effettuate dagli istituti ed enti esercenti il credito agrario che praticano il tasso di interesse e le aliquote accessorie in misura non superiore a quella che è determinata annualmente, previo parere del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. 5. L'intervento dello Stato di cui al comma 4 è ragguagliato alla differenza tra la rata di ammortamento e di preammortamento, calcolata al tasso di interesse fissato ai sensi del comma 4, al lordo dei diritti di commissione, comprensivi delle spese di accertamento tecnico-legali, delle aliquote per imposte e tasse e di altri diritti erariali, nonché dell'eventuale provvigione per scarto cartelle, e quella di ammortamento e di preammortamento calcolata al tasso di interesse dovuto dai mutuatari nelle misure già indicate agli articoli 9, 16, 19 e 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, che per l’effetto continuano ad essere vigenti. 6. Per la concessione dei mutui previsti dal presente articolo e dalle altre disposizioni in materia di credito agrario, le imprese interessate potranno esibire all'Istituto, in luogo della documentazione di rito, una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà del fondo offerto in garanzia. L'Istituto potrà provvedere mediante polizza di assicurazione Alla copertura del rischio derivante da omissioni o da errori della dichiarazione notarile. 7. È data facoltà al singolo coltivatore diretto che ha acquistato il terreno con le agevolazioni previste dal presente 122 pagamento degli interessi relativi ai predetti finanziamenti restano a carico dello Stato fino al limite di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2007”. dei terreni trasferendo ad essa la proprietà, previo nulla osta dell'autorità che ha concesso le predette agevolazioni e dell'istituto di credito mutuante e sempreché si tratti di fondo finitimo con l'azienda cooperativa. 8. In tal caso la cooperativa può accollarsi i mutui esistenti sui terreni mantenendo tutte le agevolazioni in atto. capo, di divenire socio di una cooperativa agricola per la conduzione dei terreni trasferendo ad essa la proprietà, previo nulla osta dell'autorità che ha concesso le predette agevolazioni e dell'istituto di credito mutuante e sempre che si tratti di fondo finitimo con l'azienda cooperativa. 8. In tal caso la cooperativa può accollarsi i mutui esistenti sui terreni mantenendo tutte le agevolazioni in atto. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 65), suggerisce varie correzioni formali. I vari suggerimenti sono da condividersi: di conseguenza, sono state apportate le modestissime correzioni di forma. Comunque, si noti che i “difetti” formali sono imputabili alle norme originarie. Si suggerisce di sopprimere il comma 3, perché il tasso di interesse, per gli interventi fondiari dell’ISMEA, viene determinato autonomamente dall’Istituto con apposita delibera del consiglio di amministrazione. Si conferma la formula redatta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri per il seguente motivo: indipendentemente dal soggetto che delibera il quantum dell’interesse richiesto per il mutuo, il diritto dell’Unione europea non consente che esso possa costituire, per l’ammontare, un aiuto di Stato alle imprese (e gli agricoltori sono imprenditori). La disposizione è frutto di un richiamo all’art. 30, legge 26 maggio 1965 n. 590, secondo cui “La Cassa per la formazione della proprietà contadina è autorizzata ad agevolare attività intese a realizzare il miglioramento delle aziende formatesi con il proprio intervento o assistite da garanzie fidejussorie. // La disposizione di cui al sesto comma dell'articolo 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, si applica - con effetto dal 1 gennaio successivo all'entrata in vigore della citata legge anche per i terreni venduti dalla Cassa in epoca antecedente all'entrata in vigore della stessa legge n. 454, ed esplica efficacia anche successivamente al 30 giugno 1965. // ….. ”, nonché all’art. 17 del d.lgs. 102/2004. Avvertendo, peraltro, che alla Cassa è subentrata l’ISMEA. Art. 64 (Ulteriori interventi dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA: rinvio) 1. L’intervento dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), che è subentrata alla Cassa per la formazione della proprietà contadina nell’autorizzazione ad acquistare o riacquistare terreni da cooperative o singoli coltivatori che abbiano acquisito i fondi medesimi avvalendosi dei benefici previsti dalle disposizioni vigenti in materia di piccola proprietà contadina e della fideiussione di cui all’articolo 7 della legge 1° febbraio 1956, n. 53, è disciplinato dall’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102. Art. 71 (Interventi dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentareISMEA) 1. Le vendite dei fondi rustici di natura patrimoniale disposte dagli enti pubblici territoriali anche in ottemperanza di quanto disposto dal comma 17 dell’articolo 13, quando il fine sia quello di destinarli alla formazione della proprietà coltivatrice o di quella dei giovani imprenditori agricoli, possono avvenire per trattativa privata, qualora l’acquirente sia l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA). Con un articolo numerato, appunto, 64 dello schema proposto e approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009, si volevano rammentare gli interventi, prima della Cassa e ora dell’ISMEA nell’ambito della politica di favore per la proprietà coltivatrice. A tal fine, in particolare si ricordavano, facendo sostanzialmente ad essi un rinvio, l’art. 30 legge 590/1965 e 27 legge 454/1961. Peraltro, si è trattato di richiami non corretti: infatti, le garanzie fidejussorie richiamate dall’art. 17 d.lgs. 29 marzo 2004 n. 102, non riguardano gli interventi per la formazione della proprietà contadina, ma i finanziamenti che gli imprenditori operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca possono ottenere in forza del credito agricolo e peschereccio. Conseguentemente si è provveduto a eliminare l’intera disposizione, richiamando invece, come dalla nota 1131 del 1 marzo 2010 dell’ISMEA quanto il detto Istituto ha fatto presente come propri interventi nella materia della formazione della proprietà coltivatrice. Si tenga anche presente, come fatto presente dallo stesso ISMEA, l’opportunità di una disposizione che, riproponendo quanto già disposto dall’art. 5 del d.lgs. 114/1948 e 13 della legge 165/1949 (“coinvolti” nell’abrogazione disposta dal decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133), preveda la possibilità della trattativa privata nei riguardi dell’ISMEA, quando “lo Stato, le Province e i Comuni” vendono “i [loro] fondi rustici di natura patrimoniale da destinare alla formazione della proprietà contadina”. Trattasi di una riformulazione che, per ragioni sistematiche, è stata inserita in questa Sezione del decreto legislativo di riordino e semplificazione, anche richiamando il comma 17 dell’art. 13 di questo stesso decreto. Art. 72 Art. 65 (Trasferimenti di diritti reali) Riprodotto dall’art. 29, legge 590/65: “I (Trasferimenti di diritti reali) trasferimenti del diritto di proprietà o di 1. I trasferimenti del diritto di proprietà 1. I trasferimenti del diritto di proprietà usufrutto su quote indivise o o di usufrutto su quote indivise o o di usufrutto su quote indivise o 123 determinate di fondi rustici provenienti dalla stessa eredità, posti in essere a favore di coerede che sia coltivatore diretto, quando sussistano i prescritti requisiti, sono considerati atti inerenti alla formazione di proprietà contadina e possono ottenere le provvidenze previste dalle vigenti disposizioni in materia, nonché le agevolazioni creditizie di cui al precedente art. 1.” determinate di fondi rustici provenienti dalla stessa eredità, posti in essere a favore di coerede che sia coltivatore diretto, quando sussistano i prescritti requisiti, sono considerati atti inerenti alla formazione di proprietà contadina e possono ottenere le provvidenze previste dalle vigenti disposizioni in materia, nonché le agevolazioni creditizie di cui all’articolo 53. determinate di fondi rustici provenienti dalla stessa eredità, posti in essere a favore di coerede che sia coltivatore diretto sono considerati, quando sussistano i prescritti requisiti, atti inerenti alla formazione di proprietà coltivatrice e possono ottenere le provvidenze previste dalle vigenti disposizioni in materia, nonché le agevolazioni creditizie di cui all’articolo 60. Al termine “proprietà contadina” si è sostituito il termine “proprietà coltivatrice” I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 5, legge 817/71: “Nei comprensori di bonifica, nei quali la presenza di proprietà polverizzata e frammentata costituisca grave impedimento alla creazione della rete distributrice dell'acqua irrigua e renda onerosa la gestione collettiva degli impianti, può essere disposto dagli organi istituzionalmente competenti, la ricomposizione ed il riordinamento fondiario di cui agli articoli del Capo IV, titolo II, del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, pur in assenza di iniziative da parte dei consorzi di bonifica competenti. // Il riordinamento fondiario eseguito dagli enti di sviluppo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1962, n. 948, può attuarsi anche in assenza del piano preliminare di riordinamento di cui agli articoli 6 e 7 del citato decreto presidenziale, quando, a giudizio del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ricorra la necessità e l'urgenza di rendere più spedita l'operazione (comma non riportato per la avvenuta soppressione degli enti di sviluppo). // Le opere di bonifica e di miglioramento fondiario da attuarsi nel quadro di interventi di riordino fondiario anche al di fuori dei comprensori di bonifica sono assistite dal contributo dello Stato sino al 70 per cento della spesa ammissibile, quando siano di interesse particolare, e sino al 90 per cento, quando siano di interesse comune a più fondi.” Il comma 3 è una mera norma di rinvio ad altro articolo di questa stessa sezione. I commi 4 e 5 sono riprodotti dall’art. 6, commi 2 e 3, l. 53/56: “Per il recupero, a carico degli inadempienti, delle quote di concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui e dei sussidi concessi in base alla legge di bonifica, si applicano le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria e le relative sovraimposte provinciali e comunali osservando quanto è Art. 66 (Sussidi pubblici per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica e decadenza dai benefici) 1. Nei comprensori di bonifica, nei quali la presenza di proprietà polverizzata e frammentata costituisca grave impedimento alla creazione della rete distributrice dell'acqua irrigua e renda onerosa la gestione collettiva degli impianti, possono essere disposti dagli organi istituzionalmente competenti, la ricomposizione ed il riordinamento fondiario di cui alle norme del presente decreto legislativi, pur in assenza di iniziative da parte dei consorzi di bonifica competenti. 2. Le opere di bonifica e di miglioramento fondiario da attuarsi nel quadro di interventi di riordino fondiario anche al di fuori dei comprensori di bonifica sono assistite dal contributo dello Stato sino al 70 per cento della spesa ammissibile, quando siano di interesse particolare, e sino al 90 per cento, quando siano di interesse comune a più fondi. 3. Si decade dai benefici per i mutui concessi per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica per gli stessi motivi indicati nell’articolo 61. 4. Per il recupero, a carico degli inadempienti, delle quote di concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui e dei sussidi concessi in base alla legge di bonifica, si applicano le norme e i privilegi stabiliti per i crediti di natura tributaria osservando quanto è previsto dall’articolo 6, commi 2 e 3, della legge 1° febbraio 1956, n. 53. 5. Il privilegio statale di recupero prende grado immediatamente dopo l'ipoteca a favore dell'istituto di credito. Art. 73 (Sussidi pubblici per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica e decadenza dai benefici) 1. Nei comprensori di bonifica, nei quali la presenza di proprietà polverizzata e frammentata costituisca grave impedimento alla creazione della rete distributrice dell'acqua irrigua e renda onerosa la gestione collettiva degli impianti, possono essere disposti dagli organi istituzionalmente competenti, la ricomposizione ed il riordinamento fondiario di cui alle norme del presente decreto legislativi, pur in assenza di iniziative da parte dei consorzi di bonifica competenti. 2. Le opere di bonifica e di miglioramento fondiario da attuare nel quadro di interventi di riordino fondiario anche al di fuori dei comprensori di bonifica sono assistite dal contributo dello Stato sino al 70 per cento della spesa ammissibile, quando siano di interesse particolare, e sino al 90 per cento, quando siano di interesse comune a più fondi. 3. Si decade dai benefici per i mutui concessi per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica per gli stessi motivi indicati nell’articolo 69. 4. Per il recupero, a carico degli inadempienti, delle quote di concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui e dei sussidi concessi in base alla legge di bonifica, si applicano le norme e i privilegi stabiliti per i crediti di natura tributaria osservando quanto è previsto dall’articolo 6, commi secondo e terzo, della legge 1° febbraio 1956, n. 53. 5. Il privilegio statale di recupero prende grado immediatamente dopo l'ipoteca a favore dell'istituto di credito. 124 previsto all'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215. // Il privilegio statale di recupero prende grado immediatamente dopo l'ipoteca a favore dell'istituto di credito”. Chiaramente transitoria, e ormai esaurita, è la portata degli artt. 9, 10, 11, 12 e 13 legge 53/56, sulla dotazione dei Fondi. Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 66), definisce “colloquiale” e superflua l’espressione “polverizzata” accanto a “frammentata” nel comma 1, e quindi ne chiede la soppressione. Si ritiene di dover mantenere l’espressione, riprodotta pedissequamente dalla norma originaria, perché in effetti il fenomeno della “polverizzazione” (piccoli fazzoletti di terra appartenenti, ciascuno, ad un determinato proprietario) è differente dal fenomeno della frammentazione (più particelle di terra, lontane l’una dall’altra, appartenenti tutte allo stesso proprietario. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 9, comma 2, del d.lgs. 99/2004: “2. Alle vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile si applica la riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo”. Benché la norma originaria contenga solo le parole “imprenditori agricoli” si ritiene, per ragioni sistematiche ed anche per la presenza dell’aggettivo nel successivo comma, necessario aggiungere l’aggettivo “professionali”. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 5, comma 6, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane stabilisce: “6. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi della presente legge da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà coltivatrice”. Tale disposto deve ritenersi sostituito, ma solo per le agevolazioni fiscali, dalla disposizione introdotta dal comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, come riportato nella nota successiva. Il comma 3 è riprodotto dal comma 4bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25: “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e Sezione III Delle agevolazioni fiscali alla formazione di proprietà fondiarie gestite da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali Art. 67 (Disposizioni fiscali in favore della proprietà agricola) 1. Alle vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile si applica la riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo. 2. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi dell’articolo 52 da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà coltivatrice. 3. Sono ridotte della metà le imposte dovute per gli atti tra vivi diretti a realizzare l’accorpamento di fondi rustici, attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini Sezione III Delle agevolazioni fiscali e creditizie alla formazione di proprietà fondiarie gestite da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali Art. 74 (Disposizioni fiscali e creditizie in favore della proprietà agricola) 1. Alle vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli professionali o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile si applica la riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo. 2. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi dell’articolo 59 da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, si applicano anche le agevolazioni creditizie previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà coltivatrice. 3. Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli 125 fino al 31 dicembre 2010, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato”. Nel comma del presente articolo non viene riportata l’ultima frase che attiene alla copertura finanziaria. Ad eccezione di tale frase, il predetto comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 194/2009 viene incluso nella disposizione delle abrogazioni di questo schema di decreto legislativo di riordino. Dalla formula utilizzata dal comma 4bis dell’art. 2 della legge 25/2010 deve argomentarsi l’intendimento del legislatore di disciplinare ex novo la fattispecie fiscale di agevolazione della proprietà coltivatrice e, quindi, l’abrogazione implicita, ex art. 15 disp. prel. c.c., dell’art. 1 della legge 604/1954: l’oggetto è costituito dagli atti di trasferimento “a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici in vigore”, i soggetti sono i coltivatori diretti o gli imprenditori agricoli professionali “iscritti nelle relative gestioni previdenziali e assistenziali”. Il comma 4 è riprodotto dal comma 1 dall’art. 9, d. lgs. 29 marzo 2004 n. 99: Sono ridotte della metà le imposte dovute per gli atti tra vivi diretti a realizzare l’accorpamento di fondi onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. Si applica l’articolo 69 qualora i predetti soggetti, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 69, nonché ai commi 3 e 4 dell'articolo 12. 4. Sono ridotte della metà le imposte dovute per gli atti tra vivi diretti a realizzare l’accorpamento di fondi rustici, attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini. 126 rustici, attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini. Si è suggerito di modificare, nel comma 1, le parole “imprenditori agricoli a titolo principale” con le parole “imprenditori agricoli professionali” (Commissione Agricoltura del Senato). Trattandosi di un mero errore materiale, il comma 2 è stato riformulato come da suggerimento proposto. Il comma 3 è stato modificato con riferimento all’art. 1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010 n. 220 che ha così stabilito: «Al comma 4-bis, primo periodo, dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, concernente le agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina, le parole: “e fino al 31 dicembre 2010” sono soppresse». Di conseguenza le agevolazioni fiscali sono state stabilizzate. Riprodotto dall’art. 58 della legge 3 maggio 1982 n. 203: “Tutte le norme previste nella presente legge sono inderogabili. Le convenzioni in contrasto con esso sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d'ufficio, salvo il disposto degli articoli 45 e 51. // Le disposizioni incompatibili con quelle contenute nella presente legge sono abrogate”. Titolo V Della disciplina dei contratti agrari Titolo V Della disciplina dei contratti agrari Capo I Dell’affitto di fondi rustici Capo I Dell’affitto di fondi rustici Sezione I Delle disposizioni generali Sezione I Delle disposizioni generali Art. 68 (Inderogabilità delle norme) 1. Le norme previste nelle sezioni 1 e 2 sono inderogabili, salvo quanto disposto negli articoli 69 e 70 o che non sia diversamente ed espressamente stabilito da altra legge. 2. Le convenzioni in contrasto con esse sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d’ufficio, salvo quanto stabilito negli articoli 69 e 70. 3. Le disposizioni di leggi vigenti alla data del 6 maggio 1982 incompatibili con esse sono abrogate. Art. 75 (Definizione e inderogabilità delle norme) 1. L’affitto di fondo rustico, come contratto di locazione che, a norma dell’articolo 1615 del codice civile, ha per oggetto il godimento di una cosa immobile produttiva, è regolato dalle disposizioni del presente capo. 2. (già comma 1) Le norme previste nelle sezioni I e II sono inderogabili, salvo quanto disposto negli articoli 76 e 77 o che non sia diversamente ed espressamente stabilito da altra legge. 3. (già comma 2) Le convenzioni in contrasto con esse sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d’ufficio, salvo quanto stabilito negli articoli 76 e 77. Giustamente il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 66), avverte che “le parti del contratto di affitto si chiamano ‘locatore’ e ‘affittuario’ e non ‘concedente’ e ‘concessionario’, mentre nel testo del proposto schema, poi approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, sono chiamate ora in un modo ora nell’altro, e l’affittuario anche ‘conduttore’”, sicché suggerisce di effettuare le correzioni formali. Il suggerimento di regola è condivisibile (salvo che nell’ipotesi disciplinata dall’art. 79 (già art. 72) sul divieto di subaffitto e di subconcessione o quando ci si riferisce a conduttore non coltivatore diretto), sicché si è provveduto ad attuarlo. Tuttavia, si noti che i “difetti” formali sono imputabili alle norme originarie, benché si debba riconoscere che le espressioni “concedente” e “concessionario” talvolta erano dovute al fatto che la norma originaria si riferiva anche alle fattispecie della mezzadria e della colonia. Il comma 1 ha il rinvio esplicito alla definizione contenuta nell’art. 1615 c.c.: tale rinvio è stato suggerito dal Consiglio di Stato nel punto 7 del suo parere (pag. 66), nonostante che lo schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 contenga l’art. 99 (ora art. 107) di rinvio, appunto, al codice civile. Tuttavia, nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha rilevato che il richiamato art. 1615 c.c. non definisce l’affitto, ma – sia pure con riferimento all’affitto a cui si intitola la rubrica della Sezione III – definisce la “locazione che ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile”. Per questo motivo, si ritiene opportuno che il suggerimento del Consiglio di Stato di fare riferimento all’art. 1615 c.c, sia nel senso di riportare, per intero, l’incipit di tale articolo a cui si fa rinvio. Il Consiglio di Stato fa presente la superfluità del comma 3 dell’art. 68 dell’originario testo approvato dal CdM l’11.12.2009, secondo cui “le disposizioni di leggi vigenti alla data del 6 maggio 1982 in compatibili con esse [con le norme inderogabili delle Sezioni I e II] sono abrogate” data la generale disposizione abrogatrice del presente schema di decreto legislativo (parere del 24 febbraio 2010, punto 7, pag. 66). Si accetta doverosamente il parere, e la disposizione viene eliminata. 127 Riprodotto, per accorpamento, dall’art. 23, commi 1 e 2 e comma 3 (come sostituito dall’art. 45, comma 1, legge 203/1982) della legge 11 febbraio 1971 n. 11: “Le rinunce e le transazioni, che hanno per oggetto diritti dell'affittuario derivanti dalla presente legge e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide. // L'impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall'articolo 2113 del codice civile. // Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l'assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate avanti al giudice competente. Nelle province di Trento e di Bolzano l'assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali”, nonché dell’art. 45, commi 2 e 3, legge 203/1982: “È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida. // È fatto altresì divieto di corrispondere somme per buona entrata. In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari”. Art. 69 (Rinunce, transazioni e accordi in deroga) 1. Le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti dell’affittuario derivanti dagli articoli da 78 a 98 e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide. 2. L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall’articolo 2113 del codice civile. 3. Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate davanti al giudice competente. Nelle province di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali. 4. È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida. È fatto altresì divieto di corrispondere somme per buona entrata. 5. In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari Art. 76 (Rinunce, transazioni e accordi in deroga) 1. Le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti dell’affittuario derivanti dagli articoli da 78 a 98 e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide. 2. L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall’articolo 2113 del codice civile. 3. Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate davanti al giudice competente. Nelle province di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali. 4. È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida. È fatto altresì divieto di corrispondere somme per buona entrata. 5. In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari. Si è suggerito di sopprimere, nel comma 1, le parole “o regionali” nell’inciso “da ogni altra legge, nazionale o regionale” aventi per oggetto diritti dell’affittuario (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Potrebbe ritenersi improbabile che vi siano leggi regionali nella materia contrattuale, tuttavia non è da escludersi che una legge regionale possa avere effetti diretti o indiretti sui diritti degli affittuari di fondi rustici, come ad esempio si ricava dalla disposizione dell’originario art. 57 della legge 203/1982 che stabilisce che la legge statale sui patti agrari “nelle Province autonome di Trento e di Bolzano si applica in difetto di legislazione provinciale nelle materie di loro competenza” e che tali Province autonome sono equiparate alle Regioni “ai fini dell’applicazione delle disposizioni” della legge 203/1982. Il Consiglio di Stato suggeriva (pag. 66 del suo parere) si sostituire le parole “organizzazioni professionali” con le parole “associazioni professionali”. Tuttavia, si è ritenuto opportuno non modificare l’espressione, ormai corrente, di “organizzazioni professionali” Su suggerimento della Commissione Agricoltura del Senato si era provveduto ad integrare la formula del comma 3, con l’inclusione delle parole “presenti nel Consiglio nazionale del lavoro (CNL)”, facendo ricordo che la precisazione più volte è stata introdotta dalle più recenti leggi di natura sindacale. Tuttavia, melius re perpensa, le obiezioni sollevate dalla Federazione nazionale della proprietà fondiaria (nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali) inducono a “ritornare” alla formula della norma originaria, rilevando che: a) il Consiglio di Stato non ha sollevato alcuna questione in merito e ciò sotto il profilo tecnico-giuridico; b) la Commissione Agricoltura del Senato non ha motivato il suo suggerimento né da un punto di vista politico, né in alcun altro modo; d) la Commissione bicamerale per la semplificazione nel suo parere del 23 novembre 2011 ha suggerito di “ritornare” alla formula originaria; e) la Coldiretti ha ammesso (nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali) di essere stata lei a suggerire alle Commissioni Agricoltura del Parlamento la detta integrazione; e) il fatto che più volte la Federazione nazionale della proprietà fondiaria ha fatto parte di accordi in deroga. 128 Riprodotto dall’art. 22, comma 3, secondo periodo, della legge 11 febbraio 1971 n. 11, così come sostituito dall’art. 51 legge 203/1982: «Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari ed istituti professionali per l'agricoltura sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca didattiche e scientifiche degli enti ed istituti suddetti sui terreni a ciò destinati». Riprodotto dall’art. 5, commi 2 e 3, legge 3 maggio 1982 n. 203: «2. La risoluzione del contratto di affitto a coltivatore diretto può essere pronunciata nel caso in cui l'affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione. 3. Prima di ricorrere all'autorità giudiziaria, il locatore è tenuto a contestare all'altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il conduttore sani l'inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto». Nella formula non si è fatto più cenno al “coltivatore diretto” perché l’art. 23 della legge 203/1982, nel disporre quali norme dell’affitto a coltivatore diretto si applichino all’affitto a conduttore, rinvia all’art. 5, appunto sulla risoluzione. Art. 70 (Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura) 1. Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari e istituti professionali per l’agricoltura, sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca, didattiche e scientifiche degli enti e istituti suddetti sui terreni a ciò destinati. Art. 77 (Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura) 1. Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari e istituti professionali per l’agricoltura, sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca, didattiche e scientifiche degli enti e istituti suddetti sui terreni a ciò destinati. Art. 71 (Risoluzione per grave inadempimento) 1. La risoluzione del contratto di affitto può essere pronunciata nei confronti del concessionario nel caso in cui si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone secondo quanto disposto dall’articolo 84, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione. 2. Prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, il concedente è tenuto a contestare l’inadempimento all’altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il concessionario sani l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto. Art. 78 (Risoluzione per grave inadempimento) 1. La risoluzione del contratto di affitto può essere pronunciata nei confronti dell’affittuario nel caso in cui si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone secondo quanto disposto dall’articolo 91, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione. 2. Prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, il locatore è tenuto a contestare l’inadempimento all’altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, e ad illustrare le proprie motivate richieste. Se l’affittuario sani l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto. Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si tenga presente che i “difetti” formali sono contenuti nelle disposizioni originarie. I commi 1 e 2 sono riprodotti dai commi 1-3 dell’art. 21 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «1. Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi Art. 72 (Subaffitto e subconcessione) 1. Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici. 2. La violazione del divieto di cui al Art. 79 (Subaffitto e subconcessione) 1. Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici. 2. La violazione del divieto di cui al 129 rustici. 2. La violazione del divieto, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario. 3. Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario per tre annate agrarie a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente quella del contratto originario». [E’ da ritenersi implicitamente abrogata l’ipotesi di cessione di cui all’articolo 12, comma 3, della legge n. 11/1971, riferita a disciplina visibilmente superata con il venire meno del sistema della proroga legale. Per la migliore comprensione dell’assunto si riporta l’intero art. 12 della legge 11 febbraio 1971 n. 1: «Qualora l'affittuario abbia eseguito a sue spese i miglioramenti con le procedure di cui agli articoli 11 e 14, non opera, nel caso di vendita del fondo, l'effetto risolutivo previsto dall'art. 3 della legge 28 marzo 1957, n. 244 ed il contratto di affitto, alla sua scadenza, è prorogato per un periodo non inferiore ad anni dodici, anche se sia assoggettato alla proroga legale. – In questi casi, per i contratti di affitto a coltivatore diretto assoggettati alla proroga legale, non si applicano le norme previste dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 1° aprile 1947, n. 273, articolo 1, lettera a) e articolo 3, lettera c). // Nei casi previsti dai commi precedenti, il contratto può essere ceduto dall'affittuario ad uno o più componenti della propria famiglia, anche senza il consenso del locatore, sempre che sia continuata dal cessionario la diretta conduzione o coltivazione del fondo. Ai fini della presente legge sono considerati componenti della propria famiglia gli ascendenti, i discendenti ed i parenti ed affini entro il secondo grado, anche se non conviventi»]. Il comma 3 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 21 della legge 11 febbraio 1971 n. 11: «È’ ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che propongano, nell'oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati». primo comma, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario. Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario per tre annate agrarie, a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente quella del contratto originario. 3. È ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che si propongano, nell’oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati. primo comma, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario. Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario per tre annate agrarie, a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente quella del contratto originario. 3. È ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che si propongano, nell’oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati. 130 Riprodotto dall’art. 43 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «In tutti i casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, di mezzadria, di colonìa, di compartecipazione e di soccida con conferimento di pascolo di cui all'articolo 25, agli affittuari coltivatori diretti, agli affittuari non coltivatori diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai compartecipanti e ai soccidari spetta, a fronte dell'interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice. // Nella determinazione della misura dell'indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali ai sensi della presente legge il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie. // La misura dell'indennizzo, nel caso di contratto di affitto, non può essere superiore a dodici annualità del canone né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici; nel caso di contratto di mezzadria, colonia, compartecipazione e soccida non può superare l'ammontare delle ultime cinque quote annuali di riparto percepite dal mezzadro, dal colono, dal compartecipante o dal soccidario né può essere inferiore all'ammontare delle quote di riparto relative alle annualità contrattualmente residue, purché non superiori a cinque. // L'indennizzo non compete in caso di recesso unilaterale da parte dell'affittuario, del mezzadro, del colono, del compartecipante e del soccidario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale. // Al conduttore, sino all'effettiva corresponsione dell'indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo». Art. 73 (Risoluzione incolpevole e indennizzo a favore dell’affittuario) 1. In tutti i casi di risoluzione incolpevole del contratto di affitto, all’affittuario spetta, a fronte dell’interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice. 2. Nella determinazione della misura dell’indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie. 3. La misura dell’indennizzo non può essere superiore a dodici annualità del canone, né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici. 4. L’indennizzo non compete in caso di recesso unilaterale da parte del concessionario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale. 5. Al conduttore, sino all’effettiva corresponsione dell’indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo. Art. 80 (Risoluzione incolpevole e indennizzo a favore dell’affittuario) 1. In tutti i casi di risoluzione incolpevole del contratto di affitto, all’affittuario spetta, a fronte dell’interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice. 2. Nella determinazione della misura dell’indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie. 3. La misura dell’indennizzo non può essere superiore a dodici annualità del canone, né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici. 4. L’indennizzo non compete in caso di recesso unilaterale da parte dell’affittuario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale. 5. All’affittuario, sino all’effettiva corresponsione dell’indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo. Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si tenga presente che i “difetti” formali sono contenuti nelle disposizioni originarie. L’articolo è riprodotto quasi in modo pedissequo dall’art. 50 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti ad utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l'avente titolo che abbia ottenuto la concessione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, può ottenere il rilascio dell'area necessaria alla realizzazione dell'opera concessa, Art. 74 (Terreni oggetto di concessione edilizia. Fondi rustici oggetto di esproprio per pubblica utilità) 1. Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti a utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l’avente titolo che abbia ottenuto la concessione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e successive modifiche, può ottenere il rilascio Art. 81 (Terreni oggetto di permesso di costruire) 1. Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti a utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l’avente titolo che abbia ottenuto il permesso di costruire, può ottenere il rilascio dell’area necessaria alla realizzazione dell’opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di 131 dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. // Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione. // Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte dell'ispettorato ed è definitiva. // Al conduttore, concessionario o mezzadro spetta, oltre alla somma risultante dalla stima dell'ispettorato, l'indennizzo previsto dall'articolo 43. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, nell'importo e nei modi ritenuti adeguati dall'ispettorato. // È in facoltà dell'affittuario coltivatore diretto, mezzadro, colono o compartecipante o del rappresentante delle relative imprese familiari coltivatrici, se presenti, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al comma precedente, le indennità previste dal secondo comma dell'articolo 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, ivi compresa la maggiorazione del cinquanta per cento di cui all'articolo 12 della legge medesima. // Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall'eseguito pagamento di quanto previsto nel quinto comma o dalla notificazione dell'effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento di urgenza ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso. // La decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia rimane sospesa fino alla data dell'effettivo rilascio. // Qualora il richiedente non esegua l'opera entro i termini di decadenza della concessione edilizia, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del quarto comma vengono trattenute dal conduttore, concessionario o mezzadro a titolo di risarcimento del danno. // Restano ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le norme sulla espropriazione per pubblica utilità». N.B.: Alle originarie parole “affittuari coltivatori diretti, concessionari, dell’area necessaria alla realizzazione dell’opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. 2. Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione. 3. Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all’ispettorato provinciale dell’agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al primo comma dell’articolo 87. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte dell’ispettorato ed è definitiva. 4. All’affittuario spetta, oltre alla somma risultante dalla stima dell’ispettorato, l’indennizzo previsto dall’articolo 88. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, nell’importo e nei modi ritenuti adeguati dall’ispettorato. 5. È in facoltà dell’affittuario coltivatore diretto o del rappresentante della relativa impresa familiare coltivatrice, se presente, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al quarto comma, l’indennità aggiuntiva prevista dalla legislazione in materia di espropriazione per pubblica utilità, con la maggiorazione stabilita per il caso di cessione volontaria. 6. Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall’eseguito pagamento di quanto previsto nel quinto comma o dalla notificazione dell’effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento di urgenza ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso. 7. La decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia rimane sospesa fino alla data dell’effettivo rilascio. 8. Qualora il richiedente non esegua l’opera entro i termini di decadenza della concessione edilizia, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del quarto comma vengono trattenute dal concessionario a titolo di risarcimento del danno. 9. Restano ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le norme sulla espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modifiche. In particolare, in urbanizzazione primaria e secondaria. 2. Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione. 3. Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all’ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al comma 1 dell’articolo 94. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte del competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome ed è definitiva. 4. All’affittuario spetta, oltre alla somma risultante dalla stima del competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome, l’indennizzo previsto dall’articolo 80. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, per l’importo e nei modi ritenuti adeguati dal predetto competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome. 5. È in facoltà dell’affittuario coltivatore diretto o del rappresentante della relativa impresa familiare coltivatrice, se presente, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al comma 4, l’indennità aggiuntiva prevista dalla legislazione in materia di espropriazione per pubblica utilità, con la maggiorazione stabilita per il caso di cessione volontaria. 6. Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall’eseguito pagamento di quanto previsto nel comma 5 o dalla notificazione dell’effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Se il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento d’urgenza ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso. 7. La decorrenza dei termini fissati nel permesso di costruire rimane sospesa fino alla data dell’effettivo rilascio. 8. Qualora il richiedente non esegua l’opera entro i termini di decadenza del titolo edilizio, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del comma 4 vengono trattenute dall’affittuario a titolo di risarcimento del danno. 132 mezzadri, coloni, compartecipanti” degli originari commi 4 e 5 si sono sostituite le parole “affittuario”. Si ritiene inutile riportare le formule relative alla mezzadria, soccida, compartecipazione non stagionale e soccida con conferimento di pascolo, perché tali contratti dovrebbero essere ormai esauriti. caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte di indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto. E’ stato suggerito: di modificare, in tutto il testo dell’articolo e nella rubrica, le parole “concessione edilizia” in “permesso di costruire” (Consiglio di Stato); di sostituire “legge 28 gennaio 1977 n. 10 e successive modifiche” con il richiamo al vigente Testo unico in materia di edilizia e urbanistica (DPR 6 giugno 2001, n. 380) (Commissione Agricoltura del Senato); di modificare l’originario richiamo all’ispettorato provinciale dell’agricoltura con “l’ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il primo suggerimento deve essere accolto. Il secondo suggerimento non viene accolto, provvedendo, anzi, all’eliminazione della formula di rinvio. Il terzo suggerimento viene accolto e, di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo quanto proposto. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), rileva che sarebbe errato il richiamo, nel comma 7, all’art. 700 c.p.c. perché il richiamo più corretto sarebbe all’art. 657 c.p.c. L’osservazione non può essere accolta, perché il legislatore del 1982 ha voluto offrire al locatore un modo molto più “veloce” per recuperare giudizialmente il suo terreno destinato all’edificazione. Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 conteneva un comma 9 sull’espropriazione del fondo locato per pubblica utilità. Ma il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), ha espresso l’opinione che l’intera disposizione del comma 9 fosse superflua “non potendovi essere dubbi sull’applicazione delle norme generali sull’espropriazione per pubblica utilità”. Si fa notare che il richiamo con cui si apriva l’incipit dell’originario comma 9 era diretto a ricordare quanto era scritto nella seconda frase e cioè che l’affittuario coltivatore diretto ha una specifica normativa in caso di esproprio del terreno del locatore con perdita, da parte sua, dell’azienda [ha diritto ad una somma uguale a quella spettante al proprietario locatore: v. art. 37 (L), comma 9, del DPR 327/2001)]. In sostanza, si voleva mettere in evidenza la differenza di trattamento, in caso di esproprio del fondo locato, tra l’affittuario coltivatore diretto e l’affittuario non-coltivatore diretto, la cui diversa disposizione era inserita nell’articolo 103. Poi, per l’inserimento del comma 9 in un articolo che fa parte delle “Disposizioni generali” aveva imposto di richiamare la disposizione contenuta nell’art. 1638 c.c., secondo cui, l’affittuario tout court ha diritto di ottenere dal locatore l’indennizzo per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto quando tale indennizzo venga pagato al locatore. Più precisamente l’art. 1638 c.c. stabilisce che: «In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto». La disposizione riprodotta dall’articolo 1638 c.c. era stata poi inserita sub art. 103 (ora art. 111) del presente decreto nella sezione dedicata all’affitto a non-coltivatore diretto, dato che all’affittuario non coltivatore diretto non spettano le forme di indennizzo particolare concesse all’affittuario coltivatore diretto dal DPR 327/2001. Le osservazioni del Consiglio di Stato impongono di disciplinare, in modo topograficamente distinto, le due discipline dell’indennizzo, formulando due articoli diversi, uno nella Sezione relativa all’affittuario coltivatore diretto, l’altra nella Sezione dedicata all’affittuario non-coltivatore diretto, riformulando l’art. 103 (ora art. 111). Il comma 1 è riprodotto dall’art. 49, comma 3, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «I contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente». Il comma 2 è riprodotto dall’art. 49, comma 4, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «In caso di morte dell'affittuario, mezzadro, colono, compartecipante o soccidario, il contratto si scioglie alla fine dell'annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore a titolo principale, come previsto dal primo comma». Si ritiene inutile riportare le formule relative ai mezzadri, coloni e compartecipanti perché tali contratti dovrebbero essere ormai esauriti. Per la morte del soccidario v. art. 123 (già Art. 75 (Successione nel contratto per causa di morte) 1. I contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente. 2. In caso di morte dell’affittuario il contratto si scioglie alla fine dell’annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale. Art. 82 (Successione nel contratto per causa di morte) 1. I contratti agrari non si sciolgono per la morte del locatore. 2. In caso di morte dell’affittuario il contratto si scioglie alla fine dell’annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale. 133 art. 115). Si noti che l’art. 49 della legge 203/1982 non è richiamato dall’art. 23 della stessa legge che detta, con richiamo, la disciplina del contratto di affitto a conduttore. Per tale motivo la Suprema Corte (Cass. 8214/2002) ha più volte affermato che l’art. 49 vale solo per l’affittuario coltivatore diretto. L’affittuario conduttore verrebbe preso in considerazione solo se imprenditore agricolo professionale. In mancanza di eredi “idonei” tornerà ad applicarsi l’art. 1627 c.c. secondo cui: “Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal contratto mediante disdetta comunicata all’altra parte con preavviso di sei mesi. // Se l’affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto per la fine dell’anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso”. Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Riprodotto dall’art. 41 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «I contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi». Si noti che si è posta la questione se, in quanto norma successiva, l’art. 41 abbia portata abrogatrice dell’art. 3, comma 1, della legge 22 luglio 1966, n. 606 Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti: «Il contratto di affitto di fondi rustici a conduttore non coltivatore diretto deve essere provato per iscritto»; parte della dottrina ritiene che la libertà di forma ad substantiam sia tra le parti, sia nei confronti di terzi prevista dal ricordato art. 41 possa avere portata generale e come tale dovrebbe ritenersi prevalente sulla forma ad probationem richiesta dalla legge del 1966. E’ emersa, inoltre, in dottrina, una interpretazione secondo la quale l’art. 41 avrebbe portata generale, valida anche quando il concessionario sia un conduttore non coltivatore diretto. Tale tesi sembrerebbe la più valida, anche perché meglio corrispondente al dato letterale. Tuttavia, l’opposta tesi sostenuta dalla Cassazione, benché discutibile, è stata più volte ribadita, sicché si è addivenuti alla formulazione della norma come quella riprodotta nel testo, come sembrerebbe imposto dalla legge delega. Art. 76 (Forma del contratto) 1. I contratti agrari ultranovennali, conclusi con coltivatori diretti, anche se verbali e non trascritti, sono validi e hanno effetto anche nei confronti dei terzi. 2. Il contratto di affitto di fondi rustici a conduttore non coltivatore diretto deve essere provato per iscritto Art. 83 (Forma del contratto) 1. I contratti agrari ultranovennali, conclusi con coltivatori diretti, anche se verbali e non trascritti, sono validi e hanno effetto anche nei confronti dei terzi. 2. Il contratto stipulato con l’affittuario non coltivatore diretto deve essere provato per iscritto. 134 Si suggerisce di aggiungere dopo le parole “coltivatori diretti” le parole “o imprenditori agricoli professionali”, in quanto l’originaria normativa dell’art. 41 della legge 203/1982 non conterrebbe siffatta limitazione (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: infatti, premesso che l’originario art. 41 della legge 203/1982 non contiene alcuna indicazione della qualifica degli affittuari i cui contratti sono validi anche se verbali e non trascritti, devesi far presente che, nonostante la differente tesi dottrinale, per ius receptum della Cassazione i contratti di cui all’originario art. 41 della legge 203/1982 sono quelli stipulati con coltivatori diretti. La modifica formale del comma 2 è suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si noti che il “difetto” formale è proprio della disposizione originaria. Art. 77 Art. 84 (Province autonome di Trento e di (Province autonome di Trento e di Bolzano e Regioni a statuto Bolzano e Regioni a statuto speciale) speciale) 1. Ai fini dell’applicazione delle 1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente Titolo V sono disposizioni del Capo I del presente equiparate alle regioni le province Titolo sono equiparate alle regioni le autonome di Trento e di Bolzano, le province autonome di Trento e di cui speciali competenze sono salve. Bolzano. Sono fatte salve le speciali Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di speciale. Trento e di Bolzano. 2. Nelle province autonome di Trento e 2. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, il presente Titolo V si di Bolzano, il Capo I del presente applica in difetto di legislazione Titolo si applica in difetto di provinciale nelle materie di loro legislazione provinciale nelle materie competenza”. di loro competenza. Una più attenta rilettura ha consentito di rilevare che la disposizione, contenuta nello schema di decreto legislativo di riordino approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, conteneva un rinvio all’intero Titolo V di questo decreto e non, invece, al solo Capo I del Titolo V, cioè solo al Capo relativo al contratto di affitto come disponeva l’originario art. 57 della legge 203/1982. La disposizione è stata, perciò, riformulata in tal senso. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), precisa che la frase “le cui speciali competenze sono salve” contenuta nel comma 1, deve essere eliminata “perché le competenze delle due province speciali sono attribuite da norme costituzionali”. Il suggerimento è senza alcun dubbio condivisibile; tuttavia, si conferma la formula redatta nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, perché si ritiene opportuno ribadire la formulazione originaria dell’art. 57 della legge 203/1982. Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che, nel comma 2, dopo le parole “Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto speciale” siano aggiunte le parole ”e delle province autonome di Trento e di Bolzano”. La proposta di emendamento va accolta. Riprodotto dall’art. 57 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Ai fini dell'applicazione della presente legge le province autonome di Trento e di Bolzano sono equiparate alle regioni. // Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. // Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, la presente legge si applica in difetto di legislazione provinciale nelle materie di loro competenza». Il comma 1 è riprodotto, per accorpamento, dall’art. 1 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «La durata dei contratti di affitto a coltivatore diretto, compresi quelli in corso e quelli in regime di proroga, è regolata dalle norme della presente legge. // I contratti di affitto a coltivatori diretti, singoli o associati, hanno la durata minima di quindici anni, salvo quanto previsto dalla presente legge», nonché dall’art. 17 della legge 11 febbraio 1971 n. 11: «Per i contratti di affitto a conduttore non coltivatore, regolati dalla legge 22 luglio 1966, n. 606, il periodo minimo di durata di cui al primo comma dell'art. 1 della legge stessa è elevato a 15 anni e la disciplina ivi contenuta si applica ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della legge 22 luglio 1966, n. 606. // È abrogato il primo comma dell'articolo 5 della legge 22 luglio 1996, n. 606». Sezione II Dell’affitto a coltivatore diretto Art. 78 (Durata minima e massima dell’affitto) 1. Salvo diversa disposizione, il contratto di affitto di fondi rustici ha durata minima di quindici anni. 2. Ai sensi dell’articolo 1573 del codice civile la durata massima dell’affitto di fondi rustici è di anni trenta. Sezione II Dell’affitto a coltivatore diretto Art. 85 (Durata minima e massima dell’affitto) 1. Salvo diversa disposizione di legge il contratto di affitto di fondi rustici ha la durata minima di quindici anni. 2. Ai sensi dell’articolo 1573 del codice civile la durata massima dell’affitto di fondi rustici è di anni trenta. 135 Il comma 2 è un rinvio al disposto dell’art. 1573 c.c. che dispone: «Salvo diverse norme di legge, la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trenta anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto». Proprio per la disposizione per la quale un contratto di affitto superiore a 30 anni o in perpetuo è ricondotto a 30 anni, è sembrato opportuno non accettare la riformulazione predisposta dal Consiglio di Stato nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67) “Il contratto di affitto di fondi rustici ha la durata minima di quindici anni, salvo diversa disposizione di legge, e la durata massima di trent’anni”. Nel corso dell’incontro del 9-XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha contestato il richiamo all’art. 1573 c.c quanto alla durata massima dell’affitto. Si osserva, invece, che perfino il Consiglio di Stato aveva suggerito di riportare il termine della durata massima dell’affitto. Inoltre, il disposto dell’art. 1629 c.c. (sulla durata massima dell’affitto di fondi destinati al rimboschimento) è stato riportato al comma 5 dell’art. 86 (già art. 79) del presente schema: sicché non appare utile né opportuno sopprimere il comma 2. I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 3 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Al fine di soddisfare le particolari esigenze delle imprese agricole dei territori dichiarati montani ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le regioni sono delegate a determinare, sentito il parere delle comunità montane, in base alla natura del terreno, alla sua estensione, al livello altimetrico ed alle destinazioni o vocazioni colturali, le zone ricomprese in tali territori, quali delimitati ai sensi della predetta legge 3 dicembre 1971, n. 1102, nelle quali la durata minima dei nuovi contratti di affitto, stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, è ridotta a sei anni, quando oggetto del contratto siano uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall'affittuario, una unità produttiva idonea ai sensi dell'articolo 31 della presente legge». Si rammenta che la definizione di territorio montano è ricavabile da varie leggi succedutesi nel tempo, anche di competenza regionale. Si ricordi che le Comunità montane sono state di recente rideterminate, sicché potrebbero esserci “territori montani” che non ricadono nell’ambito geografico di Comunità montane: ciò giustificherebbe l’inciso “”laddove esistenti”. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 31 legge 203/1982 ma adattata alla disposizione sull’affitto particellare. Invero, l’art. 31 riguarda la conversione dei contratti associativi, sicché si sono eliminati i richiami a tali contratti, nonché il comma relativo al concorso di altri fondi ai fini del raggiungimento dell’idoneità del fondo oggetto della conversione. Dall’art. 31 della legge 3 maggio 1982, n. 203: «Qualora il fondo o il podere oggetto del contratto associativo non costituisca, nelle sue Art. 79 (Altre ipotesi di durata: l’affitto particellare; i terreni montani destinati all’alpeggio; i fondi destinati al rimboschimento) 1.Al fine di soddisfare le particolari esigenze delle imprese agricole dei territori dichiarati montani, le regioni sono delegate a determinare, sentito il parere delle comunità montane laddove esistenti, in base alla natura del terreno, alla sua estensione, al livello altimetrico ed alle destinazioni o vocazioni colturali, le zone ricomprese in tali territori, quali delimitati ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, nelle quali la durata minima dei nuovi contratti di affitto, stipulati a decorrere dal 6 maggio 1982, è ridotta a sei anni, quando oggetto del contratto siano uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall’affittuario, un’unità produttiva idonea ai sensi del presente articolo. 2.L’unità produttiva idonea, nelle condizioni esistenti o a seguito della realizzazione di un piano di sviluppo aziendale, deve essere tale da consentire, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di un’impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico. 3.Per unità produttiva idonea deve intendersi quella capace di assicurare una produzione annuale media, dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura, quale risulta dai patti sindacali vigenti nella zona. 4.In caso di disaccordo tra le parti, l’accertamento della idoneità è effettuato dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura nel cui ambito territoriale è sito il fondo. 5.Per i terreni montani destinati ad alpeggio, quando sussistano edifici ed Art. 86 (Altre ipotesi di durata: l’affitto particellare; i terreni montani destinati all’alpeggio; i fondi destinati al rimboschimento) 1. Al fine di soddisfare le particolari esigenze delle imprese agricole dei territori dichiarati montani, le regioni e le province autonome sono delegate a determinare, sentito il parere delle comunità montane laddove esistenti, le zone nelle quali la durata minima del contratto di affitto è ridotta a sei anni. L’individuazione delle zone è compiuta in base alla natura del terreno, alla sua estensione, al livello altimetrico e alle destinazioni o vocazioni colturali. La riduzione è possibile quando il contratto di affitto abbia per oggetto uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall’affittuario, un’unità produttiva idonea. 2. Unità produttiva idonea, nelle condizioni esistenti o a seguito della realizzazione di un piano di sviluppo aziendale, è quella che consente, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di un’impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico. Per essa s’intende quella capace di assicurare una produzione annuale media, dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura, quale risulta dai patti sindacali vigenti nella zona. 3. In caso di disaccordo tra le parti, l’accertamento dell’idoneità è effettuato dal competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui ambito territoriale è sito il fondo. 4. Per i terreni montani destinati ad alpeggio, quando sussistano edifici ed attrezzature per l’alloggio del 136 attuali condizioni o a seguito della realizzazione di un piano di sviluppo aziendale, una unità produttiva idonea a consentire, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di una impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico, la conversione del contratto di mezzadria, colonia, compartecipazione o soccida in affitto, prevista dall'articolo 25, non ha luogo. // Per unità produttiva idonea deve intendersi quella capace di assicurare, alla data della conversione, una produzione annuale media, dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura, quale risulta dai patti sindacali vigenti nella zona. // Concorrono al raggiungimento dell'unità produttiva idonea, oltre il fondo oggetto della conversione, anche gli altri fondi condotti a qualsiasi titolo dal concessionario; nel caso di cui all'articolo 33, concorrono anche tutti gli appezzamenti che compongono l'azienda pluripoderale per i quali venga richiesta la conversione. L'accertamento dell'idoneità è effettuato dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura nel cui ambito territoriale è sito il fondo oggetto di conversione. // È altresì idonea l'unità produttiva che sia dichiarata tale dall'ispettorato sulla base di un piano di sviluppo aziendale, presentato dalla parte interessata, in grado di assicurare la produzione prevista dal secondo comma. Le determinazioni dell'ispettorato sono adottate entro novanta giorni dalla richiesta. // Nel caso previsto dal comma precedente, la conversione del contratto associativo in affitto ha luogo al termine dell'annata agraria in corso alla data della decisione dell'ispettorato ed il proponente è tenuto a realizzare il piano entro il termine fissato dall'ispettorato medesimo. // La mancata attuazione del piano comporta la risoluzione del rapporto». Si ripete, perciò, che l’art. 31 è stato preso in considerazione solo per parti limitate, e ciò per la necessità di eliminare i riferimenti espressi alla disciplina della conversione, di per sé ormai superata e comunque priva di rilievo ai fini della disciplina dell’affitto particellare. Il comma 4 è riprodotto dall’art. 52 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Per i terreni montani destinati ad alpeggio, quando sussistano edifici ed attrezzature per l'alloggio del personale e per il ricovero del bestiame, possono essere stipulati attrezzature per l’alloggio del personale e per il ricovero del bestiame, possono essere stipulati contratti di affitto di durata inferiore a quella stabilita dall’articolo 78, comma 1, purché non inferiore a sei anni. 6.L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni. personale e per il ricovero del bestiame, possono essere stipulati contratti di affitto di durata inferiore a quella stabilita dall’articolo 85, comma 1, purché non inferiore a sei anni. 5. L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni. 137 contratti di affitto di durata inferiore a quella stabilita dall'articolo 1, purché non inferiore a sei anni». Per il mantenimento della parola “bestiame” si rinvia alle note precedenti. Il comma 5 è riprodotto dall’art. 1629 c.c.: «L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni». Si suggerisce innanzitutto di eliminare il richiamo alla legge 1102/1971 (contenuto nell’originario art. 79) sulla delimitazione delle zone montane perché essa non è più in vigore sul punto, nonché di modificare il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). I suggerimenti vanno accolti. Di conseguenza la disposizione è stata riformulata secondo i suggerimenti proposti. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), suggerisce di dare un diverso ordine ai primi quattro commi dell’originario art. 79 (ora art. 86), invertendone l’ordine in 3, 2, 4 e 1, nonché di eliminare l’incipit del comma 1, cioè di eliminare l’indicazione della finalità in vista della quale le regioni possono determinare la durata di 6 anni (il c.d. affitto particellare). Il suggerimento non può essere accolto. Invero, la formulazione attuale si articola, prima, nella previsione dell’affitto particellare (comma 1); poi, nella definizione del requisito di unità produttiva idonea che non consente l’affitto particellare (commi 2 e 3); poi, nella individuazione a chi tocchi accertare l’idoneità in caso di disaccordo tra le parti (comma 4). Ciò che, invece, conviene disporre è la migliore formulazione dei commi 1, 2 e 3. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4, comma 1, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «In mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato per il periodo minimo, rispettivamente, di quindici anni per l'affitto ordinario e di sei anni per l'affitto particellare, e così di seguito», ma la rinnovazione tacita per il periodo di durata minima sessennale è estesa al caso dei terreni montani destinati ad alpeggio anche se l’art. 4, comma 1, della legge n. 203 del 1982 la limita all’affitto particellare, trattandosi di situazioni molto simili e sottoposte a identica durata minima, come tali assoggettabili alla stessa disciplina. Occorre precisare che il principio della rinnovazione legale per lo stesso periodo in caso di mancanza di disdetta è rinvenibile anche, per l’affitto a conduttore non coltivatore, nell’art. 1, comma 2, della legge 22 luglio 1966, n. 606 Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti: «Se non è stata data disdetta da una delle parti almeno dodici mesi prima della scadenza, il contratto si rinnova per lo stesso periodo». Le parole originarie “e così di seguito” del comma 1 dell’art. 4, legge 203/1982 sono state rese con le parole “di volta in volta”. La disposizione sul regime di proroga contenuta nell’art. 42 della legge 3 maggio 1982, n. 203 è da ritenersi ormai superata dato il tempo trascorso. Essa diceva: «Per tutti i contratti agrari previsti dalla presente legge in corso, o in regime di proroga, alla data di entrata in vigore della medesima, il concedente che sia divenuto proprietario dei fondi da Art. 80 (Rinnovazione tacita e recesso) 1. In mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato di volta in volta per il periodo minimo stabilito dagli articoli 78, primo comma, e 79, primo comma. 2. La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato. 3. L’affittuario può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell’annata agraria. 4. Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme degli articoli 1537 e 1538 del codice civile. Art. 87 (Rinnovazione tacita e recesso) 1. In mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato di volta in volta per il periodo minimo stabilito dagli articoli 85, comma 1, e 86, comma 1. 2. La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato. 3. L’affittuario può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell’annata agraria. 4. Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme degli articoli 1537 e 1538 del codice civile. 138 almeno un anno, anche successivamente alla data suddetta, può ottenere per sé, o per un componente la propria famiglia che ne abbia i requisiti, la risoluzione anticipata del contratto, previa disdetta, da intimare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno tre anni prima della fine dell'annata agraria in cui avverrà il rilascio del fondo da parte del concessionario, purché concorrano congiuntamente, nel soggetto per il quale è esercitata la ripresa, le seguenti condizioni: a) che sia coltivatore diretto o soggetto ad esso equiparato ai sensi dell'articolo 7; b) che abbia nella propria famiglia, al momento della intimazione della disdetta, almeno una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai cinquantacinque anni; c) che nella disdetta si obblighi a coltivare direttamente il fondo per un periodo non inferiore a nove anni ed a farlo coltivare direttamente, per lo stesso periodo, dai familiari eventualmente presi in considerazione per la sussistenza della condizione di cui alla lettera b); d) che non sia nel godimento, a qualsiasi titolo, di altri fondi che, con le colture in atto, possono assorbire più della metà della forza lavorativa sua e della famiglia. - Il presente articolo si applica anche a favore del concedente coltivatore diretto che sia emigrato per ragioni di lavoro in Italia o all'estero da meno di cinque anni purché sussistano le condizioni indicate nel comma precedente. In tale ipotesi la disdetta deve essere inviata almeno due anni prima della fine dell'annata agraria in cui avverrà il rilascio del fondo da parte del concessionario. // Nell'ipotesi in cui il soggetto per il quale è stata esercitata la ripresa non adempia all'obbligo di cui alla lettera c) del primo comma, il concessionario ha diritto, a sua scelta, al risarcimento dei danni o al ripristino del contratto anche nei confronti dei terzi, fatto sempre salvo il risarcimento del danno». Tuttavia, se ne dichiara espressamente l’abrogazione. Il comma 2 è riprodotto, per accorpamento, dall’art. 4, comma 2, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento» e dall’art. 1, ultimo comma, della legge 22 luglio 1966 n. 606 Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti: «La disdetta, di cui ai commi secondo e quarto, e la richiesta di cui al terzo 139 comma del presente articolo non hanno effetto se non sono comunicate mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato». Si generalizzano entrambe le modalità di comunicazione tratte da due norme diverse, l’una dettata per l’affitto a coltivatore diretto, l’altra per l’affitto a conduttore non coltivatore, per la loro sostanziale equipollenza. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 5, comma 1, della legge 3 maggio 1982, n. 203: «L'affittuario coltivatore diretto può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell'annata agraria». Nella formula non si è fatto più cenno al “coltivatore diretto” perché l’art. 23 della legge 203/1982, nel disporre quali norme dell’affitto a coltivatore diretto si applichino all’affitto a conduttore, rinvia all’art. 5, appunto sul recesso. Il comma 4 è riprodotto dall’art. 1631 c.c.: «Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita». Si è ritenuto opportuno fare riferimento agli articoli 1537 e 1538 del codice civile, anziché alle “norme contenute nel capo della vendita” in ragione del fatto che l’attuale disposizione non si trova nel codice civile, bensì nel testo normativo distinto costituito dal presente decreto legislativo di riordino. Riprodotto dall’art. 1646 c.c.: «L'affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell'anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare. - Per l'ulteriore determinazione dei rapporti tra l'affittuario uscente e l'affittuario subentrante si osservano le disposizioni delle norme corporative e, in mancanza, gli usi locali». Si precisa che dall’ultimo comma dell’articolo tratto dal codice civile si elimina il rinvio alle norme corporative, considerato ormai definitivamente inattuale, in quanto, come è noto, le Art. 81 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante) 1. L’affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell’anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare. 2. Per l’ulteriore determinazione dei rapporti tra l’affittuario uscente e l’affittuario subentrante si osservano gli usi locali. Art. 88 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante) 1. L’affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell’anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare. 2. Per l’ulteriore determinazione dei rapporti tra l’affittuario uscente e l’affittuario subentrante si osservano gli usi locali. 140 norme corporative sono state abrogate, quali fonti di diritto, per effetto della soppressione dell'ordinamento corporativo, disposta con r.d.l. 9 agosto 1943, n. 721 e della soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste, disposta con d.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 369 e in quanto non risulta l’esistenza di norme anteriori in materia di scorte. Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali la Coldiretti ha contestato l’inserimento, nel presente schema, della originaria formula dell’art. 1646 c.,c, sui rapporti tra gli affittuari uscente e subentrante, osservando che di regola i problemi nascono tra “proprietario” uscente e affittuario entrante, e rilevando la “antichità ottocentesca” del termine “comodi”. Si osserva che i rapporti tra proprietari e affittuari, sia nel caso in cui il primo sia il subentrante o l’uscente, vengono sicuramente regolati tra le parti al momento della conclusione del contratto e, con molta probabilità, secondo gli stessi termini “utilizzati” nell’art. 1646 c.c. Invece, sono i rapporti tra gli affittuari (l’uscente e il subentrante) che non si incontrano in alcun patto tra loro intercorrente, sicché è stata la legge a definirli. Di conseguenza, l’art. 88 (già art. 81) di questo schema merita essere conservato. Riprodotto dall’art. 4 bis della legge 3 maggio 1982 n. 203 aggiunto dall'art. 5, del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228: «Il locatore che, alla scadenza prevista dall'articolo 1, ovvero a quella prevista dal primo comma dell'articolo 22 o alla diversa scadenza pattuita tra le parti, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare al conduttore le offerte ricevute, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno novanta giorni prima della scadenza. Le offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore e dai terzi al sensi del terzo comma dell'articolo 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dal primo comma dell'articolo 45 della presente legge. // L'obbligo di cui al comma 1 non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare l'affitto e nei casi di cessazione del rapporto di affitto per grave inadempienza o recesso del conduttore ai sensi dell'articolo 5. // Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. // Nel caso in cui il locatore entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e i termini di cui al comma 1 ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest'ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare nelle forme di cui al comma 3 entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Per effetto dell'esercizio del diritto di prelazione si instaura un nuovo Art. 82 (Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto) 1. Il locatore che, alla scadenza quindicennale di cui al primo comma dell’articolo 78 o alla diversa scadenza pattuita tra le parti, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare al conduttore le offerte ricevute, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno novanta giorni prima della scadenza. Le offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore e dai terzi al sensi dell’articolo 69, terzo comma. 2. L’obbligo di cui al comma 1 non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare l’affitto e nei casi di cessazione del rapporto di affitto per recesso o per grave inadempienza del conduttore ai sensi, rispettivamente, degli articoli 71 e 73. 3. Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al primo comma e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. 4. Nel caso in cui il locatore entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e i termini di cui al primo comma ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest’ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare nelle forme di cui al terzo comma entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione si instaura un nuovo rapporto di affitto alle medesime condizioni del contratto Art. 89 (Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto) 1. Il locatore che, alla scadenza quindicennale di cui al comma 1 dell’articolo 85 o alla diversa scadenza pattuita tra le parti, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare all’affittuario, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e almeno novanta giorni prima della scadenza, le offerte ricevute. Le offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore e dai terzi al sensi dell’articolo 76, comma 3. 2. L’obbligo di cui al comma 1 non ricorre quando l’affittuario abbia comunicato che non intende rinnovare l’affitto e nei casi di cessazione del rapporto di affitto per recesso o per grave inadempienza dell’affittuario ai sensi, rispettivamente, degli articoli 78 e 80. 3. L’affittuario ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore. 4. Nel caso in cui il locatore entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e i termini di cui al comma 1 ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate all’affittuario, quest’ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare nelle forme di cui al comma 3 entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione si instaura un nuovo rapporto di affitto alle medesime condizioni del contratto concluso dal locatore con il terzo. 141 rapporto di affitto alle medesime concluso dal locatore con il terzo. condizioni del contratto concluso dal locatore con il terzo». Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Il comma 1 è redatto a seguito delle sentenze della Corte costituzionale 5 luglio 2002 n. 318 e 28 ottobre 2004 n. 315: sicché si è provveduto all’eliminazione, dalla disciplina vigente, dell’intero sistema del canone legale, ivi comprese le norme sull’adeguamento del canone e, quindi, quelle sulle commissioni tecniche. Alcune disposizioni sulle commissioni tecniche dovrebbero ritenersi ancora vigenti, dato il loro intervento in caso di perimento dei frutti per caso fortuito o per avversità atmosferiche: è per questo motivo che in questo decreto legislativo di riordino non vengono soppresse le disposizioni codicistiche e quelle speciali sulla riduzione del canone per perdita a causa di avversità atmosferiche, mentre viene formula, nell’allegato DPR al decreto legislativo di riordino, una norma nuova sulle Commissioni tecniche provinciali in tema di determinazione della quota di riduzione del canone per perdita dei frutti. A seguito della sopra richiamata sentenza della Corte costituzionale, deve ritenersi che sia diventato “libero” non solo il quantum del canone, ma anche il quomodo. Comunque, per memoria, viene riportato l’art. 1, parte del comma 1, della legge 10 dicembre 1973 n. 814, che ha sostituito l’art. 1 della legge 12 giugno 1962 n. 567, già modificato dall’art. 1 della legge 11 febbraio 1971 n. 11 che aveva introdotto il principio della determinazione e corresponsione del canone in denaro: «L’articolo 1 della legge 12 giugno 1962, n. 567, modificato dall’art. 1 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, è sostituito dal seguente: “Nell'affitto di fondo rustico il canone è determinato e corrisposto in denaro”». Il comma 2 è riprodotto dall’art. 9 della legge 12 giugno 1962 n. 567: «Sono vietate le regalie, le prestazioni gratuite, le onoranze e qualsiasi compenso dovuto dall'affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di affitto; sono nulle di diritto le eventuali relative pattuizioni». Il comma 3 è riprodotto dall’art. 10 Art. 83 (Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimento mediante deposito) 1. Nell’affitto di fondo rustico il canone è liberamente stabilito dalle parti. 2. Sono vietate le regalie, le prestazioni gratuite, le onoranze e qualsiasi compenso dovuto dall’affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di affitto; sono nulle di diritto le eventuali relative pattuizioni. 3. Si presumono pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall’affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto. 4. In caso di rifiuto del concedente a ricevere in pagamento il canone corrisposto dall’affittuario, quest’ultimo sarà ritenuto adempiente se avrà depositato tale somma in un libretto di risparmio intestato al concedente presso l’ufficio postale o presso una banca del comune ove si trova l’azienda, ed avrà dato al locatore comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro quindici giorni dall’avvenuto deposito. Art. 90 (Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimento mediante deposito) 1. Nell’affitto di fondo rustico il canone è liberamente stabilito dalle parti. 2. Sono vietate le regalie, le prestazioni gratuite, le onoranze e qualsiasi compenso dovuto dall’affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di affitto; sono nulle di diritto le eventuali relative pattuizioni. 3. Si presumono pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall’affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto. 4. In caso di rifiuto del locatore di ricevere in pagamento il canone corrisposto dall’affittuario, quest’ultimo sarà ritenuto adempiente se avrà depositato tale somma in un libretto di risparmio intestato al concedente presso l’ufficio postale o presso una banca del comune ove si trova l’azienda, ed avrà dato al locatore comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro quindici giorni dall’avvenuto deposito. 5. La prova del pagamento del 5. La prova del pagamento del canone, di cui al comma 4, sostituisce canone, di cui al comma 4, sostituisce, l’offerta reale di cui all’articolo 1209, a tutti gli effetti, l’offerta reale di cui primo comma, del codice civile. all’articolo 1209, primo comma, del codice civile. 142 della legge 12 giugno 1962, n. 567, Norme in materia di affitto di fondi rustici: «Si presumono pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall'affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto». I commi 4 e 5 sono riprodotto dall’ art. 7, commi 2 e 3, della legge 11 febbraio 1971 n. 1: «In caso di rifiuto del concedente a ricevere in pagamento il canone corrisposto dall'affittuario, quest'ultimo sarà ritenuto adempiente se avrà depositato tale somma in un libretto di risparmio intestato al concedente presso l'ufficio postale o presso una banca del comune ove si trova l'azienda, ed avrà dato al locatore comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro quindici giorni dall'avvenuto deposito. // La prova del pagamento del canone, di cui al precedente comma, sostituisce, a tutti gli effetti, l'offerta reale di cui all'articolo 1209, primo comma, del codice civile». Il comma 1 di tale art. 7, relativo al carattere liberatorio del pagamento del massimo tabellare, deve ritenersi abrogato con la caduta del sistema del canone legale, sicché di esso non si fa qui menzione. Invece, i commi successivi che comportano una significativa semplificazione, a favore dell’affittuario, del sistema dell’offerta reale al creditore, possono considerarsi ancora operanti anche con riferimento a un canone determinato diversamente dal vecchio canone legale. Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 5, comma 4, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «La morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronunzia di risoluzione del contratto ai sensi del secondo comma del presente articolo quando si concreti nel mancato pagamento del canone per almeno una annualità. È in ogni caso applicabile il terzo comma dell'articolo 2 della legge 9 agosto 1973, n. 508». Il contenuto di quest’ultimo inciso, che rinvia all’art. 2 legge 508/1973, viene esplicitato nel successivo comma. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 2, comma 3, della legge 9 agosto 1973 n. 508: «Non può essere dichiarata risoluzione del contratto per morosità, Art. 84 (Morosità del conduttore. Giudizio per morosità) 1. La morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, ai sensi dell’articolo 71, primo comma, quando si concreti nel mancato pagamento di almeno una annualità del canone. 2. Non può essere pronunciata la risoluzione del contratto per morosità, qualora l’affittuario, convenuto in giudizio, dimostri un credito di importo pari o superiori a quello del canone non pagato, per somme comunque versate e a qualunque titolo, durante il corso del rapporto, o per le spese fatte ai sensi dell’articolo 88, comma 1. 3. Quando l'affittuario è convenuto in Art. 91 (Morosità dell’affittuario. Giudizio di risoluzione dell’affitto per morosità: rinvio) 1. La morosità dell’affittuario costituisce grave inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, quando si concreti nel mancato pagamento di almeno un’annualità del canone. 2. Non può essere pronunciata la risoluzione del contratto per morosità, qualora l’affittuario, dimostri un credito di importo pari o superiori a quello del canone non pagato, per somme comunque versate e a qualunque titolo durante il corso del rapporto o per le spese fatte ai sensi dell’articolo 95, comma 1. 3. Instauratosi il giudizio per morosità 143 qualora l'affittuario convenuto in giudizio, dimostri un credito per somme pari o superiori all'importo del canone non pagato, comunque versate e a qualunque titolo, durante il corso del rapporto, o per le spese fatte ai sensi del primo comma dell'art. 16 della legge 11 febbraio 1971, n. 11». Il comma 3 è riprodotto dal comma 6 dell’art. 46 legge 3 maggio 1982, n. 203 “(Omissis) 6. Quando l'affittuario viene convenuto in giudizio per morosità, il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta giorni e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della lira secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosità”. giudizio per morosità, il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta giorni e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della moneta secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosità. si applica il comma 8 dell’articolo 11 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, contenente disposizioni complementari al codice di procedura civile. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 68), ha dato al comma 3 una riformulazione che, sotto il profilo formale, è da accettarsi, dato che la correzione dei difetti formali (peraltro imputabili alla norma originaria) non intacca la sostanza del disposto. Dopo la formulazione del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione e dopo le varie osservazioni da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza StatoRegioni è stato emanato il d.lgs. 150/2011 che è una sorta di Testo unico dei vari procedimenti speciali che, così, sono stati “riuniti” in un unico testo. Prospettata siffatta novità nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali e sollevato il problema della conferma, come comma 3 del presente schema, dell’originario comma 6 dell’art. 46 della legge 203/1981, l’unica risposta che si è avuta è stata quella della Confagricoltura che ha espresso l’opportunità che non venga inciso il riordino compiuto dal d.lgs. 150/2011. L’opinione può ben essere condivisa. La prima parte del comma 1 è riprodotta, per accorpamento, dall’art. 12 della legge 12 giugno 1962, n. 567 (“La riduzione del canone di cui agli originari articoli 1635, comma primo, secondo e terzo, e 1636 del codice civile, è ammessa in relazione a ciascuna annata agraria a favore dell'affittuario, qualora per caso fortuito si verifichi perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi, in misura non inferiore al terzo della normale produzione”), dall’art.1635, commi 1, 2, 3, e 5, c.c. (“Se, durante l’affitto convenuto per più anni, almeno la metà dei frutti di un anno non ancora separati perisce per caso fortuito, l’affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. // Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il Art. 85 (Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche) 1. Qualora per caso fortuito si verifichi perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi in misura non inferiore al terzo della normale produzione, la riduzione del canone è ammessa, in relazione a ciascuna annata agraria, a favore dell'affittuario, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del canone in proporzione della perdita sofferta. La riduzione non può mai eccedere la metà del canone. In ogni caso, salvo diversa pattuizione, si deve tenere conto degli indennizzi che l’affittuario Art. 92 (Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche) 1. Quando per caso fortuito si verifichino perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi in misura non inferiore al terzo della normale produzione, la riduzione del canone è ammessa, in relazione a ciascuna annata agraria, a favore dell'affittuario, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del canone in proporzione della perdita sofferta. La riduzione non può mai eccedere la metà del canone. In ogni caso, salvo diversa pattuizione, si deve tenere conto degli indennizzi che l’affittuario 144 giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta. – La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto. // […]. // Al perimento è equiparata la mancata produzione dei frutti) e dall’art.1636 c.c. (“Se l’affitto ha la durata di un solo anno, e si è verificata la perdita per caso fortuito di almeno la metà dei frutti, l’affittuario può essere esonerato dal pagamento di una parte del fitto in misura non superiore alla metà”). L’ultima frase del comma 1 è riprodotta dall’originario art. 1635, comma 4, c.c.: «In ogni caso si deve tener conto degli indennizzi che l’affittuario abbia conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta». Si è ritenuto opportuno inserire l’inciso “salvo diversa pattuizione” trattandosi di norma del codice civile di cui non risulta la inderogabilità, mentre inderogabile può ritenersi per ragioni di interpretazione sistematica la legge n. 567 del 1962. Al riguardo si segnala che ci si trova di fronte a una eccezione al principio generale di inderogabilità consentita dall’art. 75 come formulato in questo decreto legislativo di riordino. La prima frase de comma 2 è riprodotta dall’art. 11 della legge 12 giugno 1962, n. 567, Norme in materia di affitto di fondi rustici: «Nei contratti conclusi con affittuari coltivatori diretti che siano tali a norma dell'art. 1, terzo comma, della legge 25 giugno 1949, n. 353, è nullo qualunque patto che accolli all'affittuario il rischio dei casi fortuiti straordinari o di quelli ordinari, che determinino perimento di frutti non separati o mancata produzione in misura superiore ad un terzo della normale produzione». Le altre frasi del comma 2 sono riprodotte dall’originario art. 1637 c.c.: «L’affittuario può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo ai luoghi e a ogni altra circostanza, le parti potevano ragionevolmente ritenere probabili. // E’ nullo il patto col quale l’affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari». La regola del codice, dettata per l’affitto di fondi rustici in generale, deve essere ristretta alla sola ipotesi dell’affitto a conduttore non coltivatore per tenere conto della disciplina stabilita per l’affittuario coltivatore diretto dal ricordato art. 11 della legge n. 567 del 1962. I commi 3 e 4 sono riprodotto dall’art. 4 della legge 12 giugno 1962, n. 567, Norme in materia di affitto di fondi rustici, come sostituito dall’art. 5 della abbia conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta. 2. Nei contratti conclusi con affittuari coltivatori diretti è nullo qualunque patto che accolli all’affittuario il rischio dei casi fortuiti straordinari o di quelli ordinari, che determinino perimento di frutti non separati o mancata produzione in misura superiore a un terzo della normale produzione. L’affittuario non coltivatore diretto può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo ai luoghi e ad ogni altra circostanza, le parti potevano ragionevolmente ritenere probabili. È, tuttavia, nullo il patto con il quale l’affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari. 3. Quando in determinate zone agrarie si siano verificate avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano gravemente danneggiato le coltivazioni provocando perimento e mancata percezione dei frutti in misura non inferiore al trenta per cento della normale produzione, la commissione tecnica provinciale di cui all’articolo 2 della legge 18 agosto 1948, n. 1140 e dell’articolo 2 della legge 12 giugno 1962, n. 567, istituita dalla Regione interessata, determina, non oltre sessanta giorni dalla fine dell’annata agraria, le percentuali di riduzione da apportarsi ai canoni in atto corrisposti dagli affittuari. 4. Qualora le avversità atmosferiche o le calamità naturali abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione, nelle zone delimitate ai sensi dell’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, 16 e successive modifiche , la commissione tecnica provinciale istituita dalla Regione interessata, entro trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di delimitazione delle zone, dovrà determinare le percentuali di riduzione dei canoni, nella misura del trentacinque per cento se il danno subito ammonta alla metà della normale produzione, e in misura proporzionale in caso di danni superiori. Nel caso che non si provveda entro sessanta giorni dall’evento alla delimitazione delle zone e alla determinazione delle percentuali di riduzione, l’assessore regionale delegato all’agricoltura determina la percentuale di riduzione da apportarsi ai canoni corrisposti dagli affittuari che abbiano subito i danni. ha conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta. 2. Nei contratti conclusi con affittuari coltivatori diretti è nullo qualunque patto che accolli all’affittuario il rischio dei casi fortuiti straordinari o di quelli ordinari, che determinino perimento di frutti non separati o mancata produzione in misura superiore a un terzo della normale produzione. L’affittuario non coltivatore diretto può, con patto espresso, assumere il rischio dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che, avuto riguardo ai luoghi e ad ogni altra circostanza, le parti potevano ragionevolmente ritenere probabili. È, tuttavia, nullo il patto con il quale l’affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari. 3. Quando in determinate zone agrarie si siano verificate avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano gravemente danneggiato le coltivazioni provocando perimento e mancata percezione dei frutti in misura non inferiore al trenta per cento della normale produzione, la commissione tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica di attuazione del presente decreto legislativo, istituita dalla regione o dalla provincia autonoma interessata, determina, non oltre sessanta giorni dalla fine dell’annata agraria, le percentuali di riduzione da apportarsi ai canoni in atto corrisposti dagli affittuari. 4. Qualora le avversità atmosferiche o le calamità naturali abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione, nelle zone delimitate ai sensi dell’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la commissione tecnica di cui al comma 3, entro trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di delimitazione delle zone, determina le percentuali di riduzione dei canoni, nella misura del trentacinque per cento se il danno subito ammonta alla metà della normale produzione, e in misura proporzionale in caso di danni superiori. Nel caso che non si provveda entro sessanta giorni dall’evento, alla delimitazione delle zone e alla determinazione delle percentuali di riduzione l’autorità competente come individuata dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano determina la percentuale di riduzione da apportarsi ai canoni corrisposti dagli affittuari che abbiano subito i danni. 145 legge 11 febbraio 1971, n. 11 Nuova disciplina dell’affitto di fondi rustici: «Quando in determinate zone agrarie si siano verificate avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano gravemente danneggiato le coltivazioni provocando perimento e mancata percezione dei frutti in misura non inferiore al 30 per cento della normale produzione, la commissione tecnica provinciale determina, non oltre 60 giorni dalla fine dell'annata agraria, le percentuali di riduzione da apportarsi ai canoni in atto corrisposti dagli affittuari. – Qualora le avversità atmosferiche o le calamità naturali abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione, nelle zone delimitate ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 luglio 1960, n. 739, e successive modificazioni ed integrazioni, la commissione tecnica provinciale, entro 30 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di delimitazione delle zone, dovrà determinare le percentuali di riduzione dei canoni, nella misura del 35 per cento se il danno subito ammonta alla metà della normale produzione, e in misura proporzionale in caso di danni superiori. - Nel caso che non si provveda entro 60 giorni dall'evento alla delimitazione di cui al precedente comma, la commissione tecnica provinciale determina la percentuale di riduzione da apportarsi ai canoni corrisposti dagli affittuari che abbiano subito i danni». Nel comma 3, però, va soppresso il riferimento all’art. 2 della legge 1140/1948 perché la legge richiamata è stata abrogata dal d.l. 112/2008. Tuttavia è necessario “riempire” il vuoto normativo, dato che è necessario che vi sia una commissione tecnica che provveda a determinare le percentuali di riduzione: sicché si è ritenuto necessario formula una norma sulla base delle espressioni della vecchia. Nella prima parte del comma 4 si è sostituito il riferimento all’art. 9 della legge 21 luglio 1960, n. 739 con la norma corrispondente nel vigente Testo unico sulle imposte dirette. Per completezza si riporta il testo dell’art. 31 di tale Testo unico citato nel testo: «Se un fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali non sia stato coltivato, neppure in parte, per un'intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è chiusa l'annata agraria, si considera pari al 30 per 146 cento di quello determinato a norma dei precedenti articoli. // In caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30 per cento del prodotto ordinario del fondo rustico preso a base per la formazione delle tariffe d'estimo, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è verificata la perdita, si considera inesistente. L'evento dannoso deve essere denunciato dal possessore danneggiato entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non sia esattamente determinabile, almeno quindici giorni prima dell'inizio del raccolto. La denuncia deve essere presentata all'ufficio tecnico erariale, che provvede all'accertamento della diminuzione del prodotto, sentito l'ispettorato provinciale dell'agricoltura, e la trasmette all'ufficio delle imposte. Se l'evento dannoso interessa una pluralità di fondi rustici gli uffici tecnici erariali, su richiesta dei sindaci dei comuni interessati o di altri soggetti nell'interesse dei possessori danneggiati, sentiti gli ispettorati provinciali della agricoltura, provvedono alla delimitazione delle zone danneggiate e all'accertamento della diminuzione dei prodotti e trasmettono agli uffici delle imposte nel cui distretto sono situati i fondi le corografie relative alle zone delimitate, indicando le ditte catastali comprese in detta zona e il reddito dominicale relativo a ciascuna di esse. - Ai fini del presente articolo il fondo rustico deve essere costituito da particelle catastali riportate in una stessa partita e contigue l'una all'altra in modo da formare un unico appezzamento. La contiguità non si considera interrotta da strade, ferrovie e corsi di acqua naturali o artificiali eventualmente interposti ». Come formulato nel DPR allegato al presente decreto legislativo di riordino si è provveduto a disporre che le apposite Commissioni tecniche provinciali siano istituite dalle Regioni interessate ai fenomeni di avversità atmosferiche e siano presiedute dal Capo dell’IPA. Per memoria si ricorda che, in occasione della riunione del dicembre 2005 durante l’analisi dello schema IDAIC di Codice agricolo (ministro MiPAAF, on Alemanno) il Ministero dell’economia aveva suggerito la seguente formula come ulteriore comma dell’articolo riportato nel testo: “5. Per i provvedimenti dell’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio, richiamati dall’articolo 31 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, fornisce, a richiesta, la propria 147 consulenza l’ispettorato dell’agricoltura”. provinciale Si è suggerito di sostituire, nel comma 3, le parole “di cui all’art.2 della legge 1140/1948 e all’art. 2 legge 567/1962” con il richiamo “all’art. 30 del DPR di attuazione del presente decreto legislativo” (Commissione Agricoltura del Senato). Si tenga, infatti, presente che l’art. 30 dello schema del proposto DPR correlativo al presente decreto legislativo ha per oggetto l’istituzione di Commissioni tecniche provinciali per l’applicazione dell’art. 85 del presente decreto legislativo. Anche in virtù del fatto che la legge 1140/1948 è stata abrogata dal d.l. 112/2008, il suggerimento va accolto. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento proposto, ma con un rinvio generico al connesso DPR (benché il rinvio è all’art. 21). Si è richiesto di modificare il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento proposto. Le modifiche formali nel comma 1 sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. I commi 1, 2, 3 e 4 sono riprodotti dall’art. 10 della legge n. 11 del 1971 «L'affittuario può prendere tutte le iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dagli allevamenti di animali o dall'esercizio delle attività connesse di cui all'art. 2135 del codice civile, anche in relazione alle direttive di programmazione economica stabilite dalle competenti autorità. // L'affittuario può altresì partecipare ad organismi associativi sia per la conduzione, la coltivazione, la trasformazione e il miglioramento dei terreni che per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. // Sono nulle clausole contenute in contratti individuali o collettivi, o capitolati, che comunque limitino i poteri riconosciuti all'affittuario nei precedenti commi nonché i suoi poteri relativi alla disponibilità dei prodotti. // Sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione». Il comma 5 è norma nuova e di rinvio ad una norma del codice civile che, per riferirsi al più generale affitto di cosa produttiva, non può essere abrogata. Con tale rinvio si vuole tenere conto di una consolidata giurisprudenza – anche se non mancano talune posizioni diverse – e per eliminare ogni dubbio dinanzi a possibili controversie future con l’intento di ridurre il contenzioso in materia. Tale principio si ricava dall’art. 1615 c.c.: “Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse Art. 86 (Poteri di gestione dell’affittuario) 1. L’affittuario può prendere tutte le iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dagli allevamenti di animali o dall’esercizio delle attività connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche in relazione alle direttive di programmazione economica stabilite dalle competenti autorità. 2. L’affittuario può altresì partecipare ad organismi associativi sia per la conduzione, la coltivazione, la trasformazione e il miglioramento dei terreni che per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. 3. Sono nulle le clausole contenute in contratti individuali o collettivi, o capitolati, che comunque limitino i poteri riconosciuti all’affittuario nei precedenti commi, nonché i suoi poteri relativi alla disponibilità dei prodotti. 4. Sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione. 5. È fatto salvo, altresì, il generale dovere dell’affittuario di rispettare la destinazione economica agricola della cosa, secondo il disposto dell’articolo 1615 del codice civile Art. 93 (Poteri di gestione dell’affittuario) 1. L’affittuario può prendere tutte le iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dagli allevamenti di animali o dall’esercizio delle attività connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche in relazione alle direttive di programmazione economica stabilite dalle competenti autorità. 2. L’affittuario può altresì partecipare ad organismi associativi sia per la conduzione, la coltivazione, la trasformazione e il miglioramento dei terreni che per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli. 3. Sono nulle le clausole contenute in contratti individuali o collettivi, o capitolati, che comunque limitino i poteri riconosciuti all’affittuario nei commi 1, 2 e 3, nonché i suoi poteri relativi alla disponibilità dei prodotti. 4. Sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione. 5. È fatto salvo, altresì, il generale dovere dell’affittuario di rispettare la destinazione economica agricola della cosa, secondo il disposto dell’articolo 1615 del codice civile. 148 della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa”, al quale si è ritenuto opportuno rinviare esplicitamente per la più precisa determinazione e delimitazione dei poteri di gestione dell’affittuario. I commi 1-7 sono riprodotti dall’art. 16 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo. - La parte che intende proporre la esecuzione delle opere di cui al primo comma, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura, le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l'esecuzione all'altra parte. // L'ispettorato provinciale dell'agricoltura, non appena ricevuta la comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti. Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, l'ispettorato, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario in ordine alle opere richieste di cui al primo comma, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì eventuali modificazioni tecniche al progetto presentato ed assegna, in caso di giudizio favorevole, un termine per l'inizio e la ultimazione delle opere. – La decisione deve essere comunicata, a cura dell'ispettorato, ad entrambe le parti. // Qualora venga adottata una decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere. // In caso di dichiarazione negativa o di silenzio, l'affittuario può procedere senz'altro Art. 87 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale). 1. Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo. 2. La parte che intende proporre la esecuzione delle opere di cui al comma 1, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all’altra parte e all’ispettorato provinciale dell’agricoltura, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura, le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l’esecuzione all’altra parte. 3. L’ispettorato provinciale dell’agricoltura, non appena ricevuta la comunicazione di cui al comma 2, convoca le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti. Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, l’ispettorato, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario, in ordine alle opere richieste di cui al comma 1, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì eventuali modificazioni tecniche al progetto presentato e assegna, in caso di giudizio favorevole, un termine per l’inizio e la ultimazione delle opere. 4. La decisione deve essere comunicata, a cura dell’ispettorato, a entrambe le parti. 5. Qualora venga adottata una decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al quarto comma, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere. 6. In caso di dichiarazione negativa o Art. 94 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale). 1. Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo. 2. La parte che intende proporre la esecuzione delle opere di cui al comma 1, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all’altra parte e al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura, le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l’esecuzione all’altra parte. 3. Il competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, non appena ricevuta la comunicazione di cui al comma 2, convoca le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti. Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, il predetto competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario, in ordine alle opere richieste di cui al comma 1, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì eventuali modificazioni tecniche al progetto presentato e assegna, in caso di giudizio favorevole, un termine per l’inizio e la ultimazione delle opere. 4. La decisione deve essere comunicata, a cura del competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, a entrambe le parti. 5. Qualora venga adottata una 149 anche se la proposta delle opere di cui al primo comma è stata fatta dal locatore, alla esecuzione delle medesime. Qualora il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere di cui al primo comma con le eventuali modifiche stabilite dall'ispettorato, deve iniziare ed ultimare le relative opere entro i termini assegnati dall'ispettorato stesso. // Se il proprietario non dà inizio alle opere di cui al primo comma o non le ultima entro i termini di cui al comma precedente, l'affittuario può eseguirle a sue spese. L'affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all'ispettorato la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere». I commi 8-10 sono riprodotti dall’art. 16 della legge 11 febbraio 1971 n. 1: «Qualora la casa rurale adibita all'abitazione dell'affittuario e della sua famiglia non presenti le condizioni di abitabilità prescritte dalle norme relative alla tutela dell'igiene e della sanità, ovvero abbisogni degli essenziali servizi igienici ovvero di urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa stessa, l'affittuario può eseguire direttamente le opere necessarie conformemente alle prescrizioni ed ai limiti delle leggi sull'edilizia popolare ed economica, previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici. // L'affittuario può trattenere l'importo delle spese relative all'atto del pagamento del fitto. // È fatta salva per l'affittuario la facoltà di chiedere alle competenti autorità l'applicazione dell'art. 223 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. // Gli allacciamenti di energia elettrica, gli impianti di acqua potabile e gli eventuali ampliamenti delle case rurali sono considerati miglioramenti che ricadono sotto la disciplina del precedente articolo 11». di silenzio, l’affittuario può procedere senz’altro, anche se la proposta delle opere di cui al primo comma è stata fatta dal locatore, alla esecuzione delle medesime. Qualora il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere di cui al comma 1 con le eventuali modifiche stabilite dall’ispettorato, deve iniziare ed ultimare le relative opere entro i termini assegnati dall’ispettorato stesso. 7. Se il proprietario non dà inizio alle opere di cui al comma 1 o non le ultima entro i termini di cui al sesto comma, l’affittuario può eseguirle a sue spese. L’affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all’ispettorato la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere. 8. Qualora la casa rurale adibita all’abitazione dell’affittuario e della sua famiglia non presenti le condizioni di abitabilità prescritte dalle norme relative alla tutela dell’igiene della sanità, ovvero abbisogni degli essenziali servizi igienici ovvero di urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa stessa, l’affittuario può eseguire direttamente le opere necessarie conformemente alle prescrizioni e ai limiti delle leggi sull’edilizia popolare ed economica, previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici. 9. L’affittuario può trattenere l’importo delle spese relative all’atto del pagamento del canone. 10. È fatta salva per l’affittuario la facoltà di chiedere alle competenti autorità l’applicazione dell’articolo 223 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. 11. Gli allacciamenti di energia elettrica, gli impianti di acqua potabile e gli eventuali ampliamenti delle case rurali sono considerati miglioramenti che ricadono sotto la disciplina del presente articolo decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere. 6. In caso di dichiarazione negativa o di silenzio, l’affittuario può procedere, anche se la proposta delle opere di cui al comma 1 è stata fatta dal locatore, nell’esecuzione delle medesime. Quando il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere di cui al comma 1 con le eventuali modifiche stabilite dal competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, deve iniziarle ed ultimarle entro i termini assegnati dallo stesso competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano. 7. Se il proprietario non dà inizio alle opere di cui al comma 1 o non le ultima entro i termini di cui al sesto comma, l’affittuario può eseguirle a sue spese. L’affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere. 8. Qualora la casa rurale adibita all’abitazione dell’affittuario e della sua famiglia non presenti le condizioni di abitabilità prescritte dalle norme relative alla tutela dell’igiene e della sanità, ovvero abbisogni degli essenziali servizi igienici ovvero di urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa stessa, l’affittuario, fatta salva la facoltà di chiedere alle competenti autorità l’applicazione del testo unico delle leggi sanitarie può eseguire direttamente le opere necessarie conformemente alle prescrizioni e ai limiti delle leggi sull’edilizia popolare ed economica, previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici. 9. L’affittuario può trattenere l’importo delle spese relative all’atto del pagamento del canone. 10 (già comma 11). Gli allacciamenti di energia elettrica, gli impianti di acqua potabile e gli ampliamenti delle case rurali sono considerati miglioramenti che ricadono sotto la disciplina del 150 presente articolo. Si è richiesto di modificare, nei commi 2, 3, 4, 6 e 7, il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto. Si è suggerito di sostituire – nel comma 8 e nella rubrica – le parole “casa rurale” con quelle “fabbricati rurali” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: gli interventi migliorativi sulla casa rurale erano stati introdotti in modo specifico dalla legge 11/1971, per garantire, all’affittuario, la possibilità di intervenire sulla casa rurale al fine di renderla, con riferimento ai servizi igienici essenziali, all’allacciamento di energia elettrica e agli impianti di acqua potabile. Il regime previsto non richiedeva il ricorso all’ispettorato agrario provinciale (invece competente per i miglioramenti agrari) ma il ricorso agli uffici tecnici e sanitari comunali. I lavori ai fabbricati rurali invece, quando hanno portata miglioratrice, sono subordinati (in difetto di accordo tra le parti) all’autorizzazione dell’ispettorato agrario provinciale. In altre parole, per i servizi essenziali alla casa rurale e per i lavori migliorativi dei fabbricati rurali i regimi sono diversi. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 68 e 69) ha suggerito di adottare una formula che coordini le disposizioni contenute nei commi 8 e 10 dell’art. 87 (ora art. 94) dello schema proposto e approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 e provvede a precisarla. Il suggerimento è da accogliersi, sicché il comma 8 è stato riformulato. Per conseguenza, gli undici commi dell’originario testo come approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 sono stati ridotti in dieci. Le altre modifiche formali che sono state apportate, sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Si noti, però, che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. I commi 1-8 sono riprodotti dall’art. 17 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Il locatore che ha eseguito le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 può chiedere all'affittuario l'aumento del canone corrispondente alla nuova classificazione del fondo ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come modificato dall'articolo 18 della presente legge. // L'affittuario che ha eseguito le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 ha diritto ad una indennità corrispondente all'aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato. Le parti possono convenire la corresponsione di tale indennità anche prima della cessazione del rapporto. // Se non interviene accordo in ordine alla misura dell'indennità prevista dal comma precedente, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura, la cui deliberazione, agli effetti dell'articolo 634 del codice di procedura civile, costituisce prova scritta del credito per l'indennità stessa. // All'affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non gli sia stata versata dal locatore l'indennità fissata dall'ispettorato oppure determinata con sentenza definitiva dall'autorità giudiziaria. // Nel caso di vendita del fondo prima del pagamento all'affittuario della indennità di cui al comma precedente, il proprietario è tenuto a dichiarare, nell'atto di vendita, l'esistenza Art. 88 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni) 1. Il locatore che ha eseguito le opere di cui all’articolo 87, comma 1, può chiedere all’affittuario l’aumento del canone corrispondente all’incremento di produttività conseguente all’investimento eseguito. 2. L’affittuario che ha eseguito le opere di cui all’articolo 87, comma 1, ha diritto ad una indennità corrispondente all’aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato. Le parti possono convenire la corresponsione di tale indennità anche prima della cessazione del rapporto. 3. Se non interviene accordo in ordine alla misura dell’indennità prevista dal comma 2, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura, la cui deliberazione, agli effetti dell’articolo 634 del codice di procedura civile, costituisce prova scritta del credito per l’indennità stessa. 4. All’affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non gli sia stata versata dal locatore l’indennità fissata dall’ispettorato oppure determinata con sentenza definitiva dall’autorità giudiziaria. 5. Nel caso di vendita del fondo prima del pagamento all’affittuario della indennità di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, il proprietario è tenuto a dichiarare, nell’atto di vendita, l’esistenza dell’obbligazione nei confronti Art. 95 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni) 1. Il locatore che ha eseguito le opere indicate nell’articolo 94, comma 1, può chiedere all’affittuario l’aumento del canone corrispondente all’incremento di produttività conseguente all’investimento eseguito. 2. L’affittuario che ha eseguito le opere indicate nell’articolo 94, comma 1, ha diritto ad una indennità corrispondente all’aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato. Le parti possono convenire la corresponsione di tale indennità anche prima della cessazione del rapporto. 3. Se non interviene accordo sulla misura dell’indennità prevista dal comma 2, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, dal competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome, il cui provvedimento, ai fini del decreto ingiuntivo previsto dagli articoli 634 e seguenti del codice di procedura civile, costituisce prova scritta del credito per l’indennità. 4. All’affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non gli sia stata versata dal locatore l’indennità fissata dal competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome oppure determinata con sentenza definitiva dall’autorità giudiziaria. 5. Nel caso di vendita del fondo prima del pagamento all’affittuario della indennità indicata nei commi 1, 2, 3 e 151 dell'obbligazione nei confronti dell'affittuario per effetto delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16, restando in tale caso liberato dall'obbligazione stessa. // Ove per l'espletamento delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16 si rendano necessari permessi, concessioni, autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione e nel caso in cui sia possibile ottenere finanziamenti pubblici, ai sensi delle norme vigenti in materia, per l'esecuzione delle opere stesse, l'affittuario può provvedere direttamente a proporre le relative istanze ed a percepire i finanziamenti, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. // Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 previste nel contratto e concordate dalle parti, o comunque eseguite in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge. // A locatore che esegue le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 sono estese le agevolazioni fiscali e creditizie previste dalle vigenti leggi in favore dell'affittuario. // Nella determinazione dell'indennità di cui al secondo comma, i finanziamenti pubblici fatti propri dall'affittuario, che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, non sono computati». Si noti, tuttavia, che: a) diversamente da quanto disposto nell’art. 17 legge 203/1982 (testo di provenienza), che faceva riferimento al solo comma 4 (che qui viene riportato, appunto, come comma 4), si ritiene opportuno un richiamo generale all’indennità, perché in ogni caso ricorre la ratio dell’obbligo di comunicazione all’acquirente del terreno. b) l’inciso “fatta eccezione per le opere non previste nel contratto o non consentite dal concedente che siano state eseguite prima di tale data senza l’osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente” è stato inserito nel comma 7 per tenere conto della sentenza della Corte Cost. 23 giugno 1988, n. 692, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 17, settimo comma, della legge n. 203 del 1982, nella parte in cui estendeva il regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni, statuito nel medesimo art. 17, agli affittuari che, in data anteriore all'entrata in vigore della legge stessa, avessero eseguito, senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione dell’affittuario per effetto delle opere di cui all’articolo 87, comma 1, restando in tale caso liberato dall’obbligazione stessa. 6. Ove per l’espletamento delle opere di cui all’articolo 87, comma 1, si rendano necessari permessi, concessioni, autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione e nel caso in cui sia possibile ottenere finanziamenti pubblici, ai sensi delle norme vigenti in materia, per l’esecuzione delle opere stesse, l’affittuario può provvedere direttamente a proporre le relative istanze e a percepire i finanziamenti, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per le opere di cui all’articolo 87, comma 1, previste nel contratto e concordate dalle parti, o comunque eseguite in data anteriore al 6 maggio 1982, fatta eccezione per le opere non previste nel contratto o non consentite dal concedente che siano state eseguite prima di tale data senza l’osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente. 8. Nella determinazione dell’indennità di cui al secondo comma, i finanziamenti pubblici fatti propri dall’affittuario, che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo professionale, non sono computati. 9. Le migliorie apportate dall’affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l’indennità prevista dal secondo comma e fino a tale data l’eventuale revisione catastale non ha effetto sulla misura dei tributi dovuti 4, il proprietario è tenuto a dichiarare, nell’atto di vendita, l’esistenza dell’obbligazione nei confronti dell’affittuario per effetto delle opere indicate nell’articolo 94, comma 1, restando in tale caso liberato dall’obbligazione. 6. Se per l’espletamento delle opere indicate nell’articolo 94, comma 1, si rendano necessari permessi, concessioni, autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione e nel caso in cui sia possibile ottenere finanziamenti pubblici per l’esecuzione delle opere stesse, l’affittuario può provvedere direttamente a proporre le relative istanze e a percepire i finanziamenti, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per le opere indicate nell’articolo 94, comma 1, previste nel contratto e concordate dalle parti o eseguite in data anteriore al 6 maggio 1982, fatta eccezione per le opere non previste nel contratto o non consentite dal concedente che siano state eseguite prima di tale data senza l’osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente. 8. Nella determinazione dell’indennità di cui al comma 2, i finanziamenti pubblici fatti propri dall’affittuario, che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo professionale, non sono computati. 9. Le migliorie apportate dall’affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non sia stata corrisposta l’indennità prevista dal comma 2 e fino a tale data l’eventuale revisione catastale non ha effetto sulla misura dei tributi dovuti. 152 precedente, opere migliorative, incrementative o trasformative non previste nel contratto o non consentite dal concedente. Il comma 9 è riprodotto dall’ultimo comma dell’art. 4 della legge 11 febbraio 1971, n. 11: «Le migliorie apportate dall'affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l'indennità prevista dal secondo comma dell'articolo 15 e fino a tale data l'eventuale revisione catastale non ha effetto sulla misura dei tributi dovuti». Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 69), ha individuato una serie di espressioni formali meritevoli di modifica. Ad eccezione delle osservazioni sollevate con riguardo al comma 4 in ordine alla frase “con sentenza definitiva” – che, invece, risulta opportuna, nel senso che occorre attendere la sentenza, non essendo sufficiente una sentenza che non abbia il visto di esecutorietà – tutti i rilievi formali vanno accolti. Tuttavia, si noti che i “difetti” formali sono imputabili alla norma originaria. Si richiede di modificare il richiamo, nei commi 3 e 4, all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto. Si suggerisce di sopprimere il comma 8 che disciplina la non-inclusione dei finanziamenti pubblici nel quantum dell’indennità spettante all’affittuario per i miglioramenti compiuti (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Riprodotto, per accorpamento, dall’art. 20 della legge 3 maggio 1982 n. 203 (“Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del locatore, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità di cui al secondo comma dell'articolo 17 da corrispondersi dal locatore medesimo all'affittuario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell'accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta. // Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16, all'affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il locatore non presti idonea garanzia da stabilirsi dall'autorità giudiziaria su istanza del locatore medesimo. // Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche nel caso di riconoscimento giudiziale o stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi somma e di indennizzi per risoluzione del rapporto”) e dall’art. 38 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (“Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano convertiti si applicano le disposizioni di cui al Art. 89 (Diritto di ritenzione dell’affittuario. Pagamento dell’indennità) 1. Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del concedente, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità di cui al secondo comma dell’articolo 88, da corrispondersi dal concedente medesimo al concessionario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell’accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta. 2. Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere di cui al comma 1 dell’articolo 87, al concessionario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il concedente non presti idonea garanzia da stabilirsi dall’autorità giudiziaria su istanza del concedente medesimo. 3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di riconoscimento giudiziale o stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi somma e di indennizzi per risoluzione del rapporto. Art. 96 (Diritto di ritenzione dell’affittuario. Pagamento dell’indennità) 1. Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del locatore, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità indicata nel comma 2 dell’articolo 95, da corrispondersi dal locatore medesimo all’affittuario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell’accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta. 2. Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere indicate nel comma 1 dell’articolo 94, all’affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il locatore non presti idonea garanzia stabilita dall’autorità giudiziaria su istanza del locatore medesimo. 3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di riconoscimento giudiziale o stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi somma e di indennizzi per risoluzione del rapporto. 153 secondo, quarto, quinto e settimo comma dell'articolo 17 e all'articolo 20”). Il richiamo, da parte dell’art. 38 della legge n. 203, alle norme dell’art. 20 della medesima, anche per i contratti associativi non convertiti, giustifica l’adozione nel testo dei termini generali: “concedente” e “concessionario”. Le modifiche formali che sono state apportate sono state, tutte, suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Riprodotto dall’art. 19 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «L'affittuario può eseguire piccoli miglioramenti in deroga alle procedure previste dall'articolo 16, previa comunicazione da inviarsi al concedente, venti giorni prima della esecuzione delle opere, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. // Per piccolo miglioramento si intende quello che venga eseguito dall'affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia e che non comporti trasformazioni dell'ordinamento produttivo, ma sia diretto a rendere più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto». Si specifica che la facoltà di eseguire piccoli miglioramenti è riservata all’affittuario coltivatore diretto, così integrando il generico riferimento della legge n. 203 del 1982 all’affittuario, in considerazione sia del riferimento al lavoro del medesimo e dei suoi famigliari, sia, ancor più, del fatto che l’art. 23 della legge n. 203 del 1982, che elenca le norme applicabili all’affitto a conduttore non coltivatore, comprende tutte le norme in materia di iniziative straordinarie con esclusione del solo art. 19. Art. 90 (Piccoli miglioramenti) 1. L’affittuario coltivatore diretto può eseguire piccoli miglioramenti in deroga alle procedure previste dall’articolo 1637, previa comunicazione da inviarsi al concedente, venti giorni prima della esecuzione delle opere, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 2. Per piccolo miglioramento si intende quello che venga eseguito dall’affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia e che non comporti trasformazioni dell’ordinamento produttivo, ma sia diretto a rendere più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto. Art. 97 (Piccoli miglioramenti) 1. L’affittuario coltivatore diretto può eseguire piccoli miglioramenti in deroga alle procedure previste dall’articolo 94, previa comunicazione da inviarsi al locatore, venti giorni prima dell’esecuzione delle opere, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. 2. Per piccolo miglioramento si intende quello che venga eseguito dall’affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia e che non comporti trasformazioni dell’ordinamento produttivo, ma sia diretto a rendere più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto. Si fa rilevare che il richiamo all’art. 1637 c.c. operato dall’art. 90 del testo presentato al CdM nel dicembre 2009 non è corretto e non è pertinente (Commissione Agricoltura del Senato). Trattasi di un mero errore materiale: il richiamo corretto è all’art. 94 (già art. 87) del presente decreto legislativo. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata. Le altre correzioni formali che sono state apportate, sono state suggerite dal Consiglio di Stato per un migliore italiano e per un più corretto linguaggio giuridico. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Quanto alle norme sulle scorte, che sono riprodotte dal codice civile, da considerarsi come un piccolo microsistema, si ritiene che possano essere considerate inderogabili solo quelle che non fanno espressamente salve le diverse pattuizioni private. I commi 1-4 sono riprodotti dall’art. 1640 c.c.: «Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all'affittuario all'inizio dell'affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, Art. 91 (Scorte morte e scorte vive) 1. Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all’affittuario all’inizio dell’affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell’affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d’uso. L’eccedenza o la deficienza deve essere regolata in Art. 98 (Scorte morte e scorte vive) 1. Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all’affittuario all’inizio dell’affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell’affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d’uso. L’eccedenza o la deficienza deve essere regolata in 154 anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell'affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d'uso. L'eccedenza o la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi. // La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto, l'affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l'obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte. // Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l'affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell'affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell'uno e parte delle altre. // Sono salve le diverse disposizioni delle norme corporative o le diverse pattuizioni delle parti». Ovviamente, si è eliminato il riferimento alle norme corporative contenuto nell’articolo del codice. Il comma 5 è riprodotto dall’art. 1641 c.c.: «Quando il bestiame da lavoro o da allevamento, costituente la dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti, salve le norme corporative o i patti diversi». Alla originaria parola “bestiame” si è, di regola, sostituita la parola “animali”, per esigenze sistematiche, ovvero per tenere conto, quanto all’attività di allevamento, della sostituzione del termine “animali” a quello di “bestiame” nella disposizione generale di definizione dell’imprenditore agricolo, contenuta nell’art. 2135 c.c., come modificato dall’art. 1 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228. Tuttavia, si mantiene la parola “bestiame” laddove il contenuto della norma riportata sia riferibile ai soli animali tradizionalmente compresi nella locuzione “bestiame” (bovini, equini, ovini e caprini). Ovviamente, si è provveduto ad eliminare il riferimento alle norme corporative contenuto nell’articolo del codice. Il comma 6 è riprodotto dall’art. 1642 c.c.: «Qualora il bestiame consegnato all'affittuario sia stato determinato con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell'età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di esso rimane al locatore. danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi. 2. La disposizione del primo comma si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l’obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte. 3. Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l’affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell’affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell’uno e parte delle altre. 4. Sono salve le diverse pattuizioni delle parti. 5. Quando le scorte vive, ovvero gli animali da lavoro o da allevamento, costituenti la dotazione del fondo, sono state in tutto o in parte fornite dal locatore, si osservano le disposizioni dei commi seguenti, salvi i patti diversi. 6. Qualora gli animali consegnati all’affittuario siano stati determinati con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell’età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di essi rimane al locatore. Tuttavia l’affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria. 7. Il rischio della perdita degli animali è a carico dell’affittuario dal momento in cui questi li ha ricevuti, se non è stato diversamente pattuito. 8. L’affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti degli animali, l’accrescimento e ogni altro provento che ne deriva. 9. Il letame però deve essere impiegato prioritariamente nella coltivazione del fondo. 10. Nel caso previsto dal comma 6, al termine del contratto l’affittuario deve restituire animali corrispondenti per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quelli ricevuti. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo, l’affittuario deve restituire animali di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore degli animali ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna. 11. La disposizione del comma 10 si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore delle scorte, salvo l’obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte. 3. Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l’affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell’affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell’uno e parte delle altre. 4. Sono salve le diverse pattuizioni delle parti. 5. Quando le scorte vive, ovvero gli animali da lavoro o da allevamento, costituenti la dotazione del fondo, sono state in tutto o in parte fornite dal locatore, si osservano le disposizioni dei commi 6, 7, 8, 9, 10 e 11, salvi i patti diversi. 6. Quando gli animali consegnati all’affittuario sono stati determinati con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell’età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di essi rimane al locatore. Tuttavia l’affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria. 7. Il rischio della perdita degli animali è a carico dell’affittuario dal momento in cui questi li ha ricevuti, se non è stato diversamente pattuito. 8. L’affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti degli animali, l’accrescimento e ogni altro provento che ne deriva; il letame però deve essere impiegato prioritariamente nella coltivazione del fondo. 9. (già comma 10) Nel caso previsto dal comma 6, al termine del contratto l’affittuario deve restituire animali corrispondenti per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quelli ricevuti. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo, l’affittuario deve restituire animali di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore degli animali ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna. 10. (già comma 11) La disposizione del comma 9 si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha 155 Tuttavia l'affittuario può disporre dei valore degli animali. Si applica altresì depositato presso il locatore la somma singoli capi, ma deve mantenere nel la disposizione del comma 3. che rappresenta il valore degli animali. fondo la dotazione necessaria». Per la 12. Sono salvi i patti diversi. Si applica altresì la disposizione del sostituzione del termine “bestiame” comma 3. con quello di ”animali” si rinvia alla 11. (già comma 12) Sono salvi i patti nota precedente. diversi. Il comma 7 è riprodotto dall’art. 1643 c.c.: «Il rischio della perdita del bestiame è a carico dell'affittuario dal momento in cui questi lo ha ricevuto, se non è stato diversamente pattuito». Per la sostituzione del termine “bestiame” con quello di ”animali” si rinvia alla considerazione precedente. I commi 8 e 9 dell’art. 91 del teso in colonna 2 (ora comma 8 dell’art. 98 in colonna 3) sono riprodotti dall’art. 1644 c.c.: «L'affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti del bestiame, l'accrescimento e ogni altro provento che ne deriva. // Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella coltivazione del fondo». Si è provveduto, però, alla sostituzione dell’avverbio “esclusivamente” della norma del codice con “prioritariamente”, per esigenze sistematiche, cioè per la necessità del coordinamento con i poteri di organizzazione e gestione attribuiti all’affittuario dall’art. 10 della legge 11 febbraio 1971, n. 11. Per la sostituzione del termine “bestiame” con quello di “animali” si rinvia alla nota precedente. I commi 10-12 dell’art. 91 del teso in colonna 2 (ora commi 9-11 dell’art. 98 in colonna 3) sono riprodotti dall’art. 1645 c.c.: «Nel caso previsto dall’articolo 1642 al termine del contratto l'affittuario deve restituire bestiame corrispondente per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo, l'affittuario deve restituire bestiame di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore del bestiame ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna. // La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto, l'affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore del bestiame. // Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell’articolo 1640. // Sono salve le disposizioni delle norme corporative e i patti diversi». Si richiama quanto già detto con riguardo all’eliminazione del riferimento alle norme corporative contenuto nell’originario articolo del codice, nonché con riguardo alla sostituzione del termine “bestiame” con quello di “animali”. 156 Le correzioni formali apportate sono state suggerite dal Consiglio di Stato per il miglioramento del testo italiano. Riprodotto dall’art. 11 del d.lgs. 29 marzo 2004 n. 99: «1. Sono ridotte di due terzi le imposte dovute per la stipula dei contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un'unica azienda agricola a gestione comune. Sono dovute in misura fissa le predette imposte qualora un quinto dei soci della cooperativa siano imprenditori agricoli giovani che si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni.». Si segnala che la normativa sul contratto di società cooperativa viene qui ricordata, per analogia dell’oggetto regolato rispetto ala ricomposizione aziendale – e non fondiaria - a mezzo di concessione di terre in godimento. Art. 92 (Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto o di contratto di società cooperativa. Rinvio a disposizioni fiscali) 1. Al fine di incentivare l'accorpamento aziendale attraverso la stipulazione di contratti di affitto delle particelle finitime della durata di almeno cinque anni, o attraverso contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un'unica azienda agricola a gestione comune, l’imposta di registro per i contratti di affitto è dovuta in misura fissa, mentre per i contratti di società cooperativa le imposte dovute per tali contratti sono ridotte di due terzi e sono in misura fissa qualora un quinto dei soci siano imprenditori agricoli giovani e si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni. Art. 99 (Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto o di contratto di società cooperativa. Rinvio a disposizioni fiscali) 1. Al fine di incentivare l'accorpamento aziendale attraverso la stipulazione di contratti di affitto delle particelle finitime della durata di almeno cinque anni, o attraverso contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un'unica azienda agricola a gestione comune, l’imposta di registro per i contratti di affitto è dovuta in misura fissa, mentre per i contratti di società cooperativa le imposte dovute per tali contratti sono ridotte di due terzi e sono in misura fissa qualora un quinto dei soci siano imprenditori agricoli giovani e si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 69), suggerisce una diversa formulazione che si allontana dalla norma originaria soprattutto per l’eliminazione delle finalità. Si ritiene, invece, opportuno che sia mantenuta l’esplicitazione espressa dello scopo della normativa. Riprodotto dall’art. 13 della legge 11 febbraio 1971, n. 11: «Per l'esecuzione dei miglioramenti previsti dalle disposizioni della presente legge possono essere concessi direttamente agli affittuari, singoli o associati, i contributi e le altre agevolazioni, statali o regionali, di cui alle leggi in vigore, purché risulti in qualsiasi modo l'esistenza del rapporto di affittanza. I mutui contratti dall'affittuario coltivatore diretto sono coperti dalla garanzia sussidiaria del fondo interbancario ai sensi dell'articolo 56 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, ed è ammesso l'accollo di essi da parte del locatore o di altro affittuario che subentri nella conduzione del fondo migliorato. // Le garanzie fideiussorie di cui all'articolo 3, lettera a) della legge 14 luglio 1965, n. 901, possono essere concesse anche nelle ipotesi previste dal comma precedente». Con sentenza n. 35 del 1 marzo 1972, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo 13, nella parte in cui dispone sull'assegnazione diretta agli affittuari anche dei contributi disposti da leggi regionali del Trentino-Alto Adige. Alla originaria norma sono state apportate alcune modificazioni per Art. 93 (Concessione di contributi e altre agevolazioni) 1. Per l’esecuzione dei miglioramenti previsti dalle precedenti disposizioni della presente sezione possono essere concessi direttamente agli affittuari, singoli o associati, i contributi e le altre agevolazioni, statali o regionali, di cui alle leggi in vigore, eccezion fatta per i contributi disposti da leggi regionali del Trentino Alto Adige, purché risulti in qualsiasi modo l’esistenza del rapporto di affitto. È ammesso l’accollo dei mutui contratti dall’affittuario coltivatore diretto da parte del locatore o di altro affittuario che subentri nella conduzione del fondo migliorato. Art. 100 (Concessione di contributi e altre agevolazioni) 1. Per l’esecuzione dei miglioramenti previsti dalle precedenti disposizioni della presente sezione possono essere concessi direttamente agli affittuari, singoli o associati, i contributi e le altre agevolazioni, statali o regionali, di cui alle leggi in vigore, eccezion fatta per i contributi disposti da leggi regionali del Trentino-Alto Adige, purché risulti in qualsiasi modo l’esistenza del rapporto di affitto. È ammesso l’accollo dei mutui contratti dall’affittuario coltivatore diretto da parte del locatore o di altro affittuario che subentri nella conduzione del fondo migliorato. 157 una serie di interventi soppressivi di “porzioni” della norma originaria: si è eliminato, all’interno del primo comma, il riferimento al fondo interbancario di garanzia, in considerazione della soppressione dello stesso, senza sostituzione, con l’art. 5, comma 1, del d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101, e si è adattata la parte residua del comma a tale eliminazione; si è cancellato, inoltre, il comma 2, riguardante garanzie fideiussorie prestate da vecchi enti operanti in varie parti del territorio nazionale, oggi sostituiti dalla diversa strutturazione organica degli interventi in agricoltura affidata alle regioni e da queste variamente regolata. Riprodotto dall’art. 20 della legge 11 febbraio 1971 n. 11: «L'affittuario di terreni ricadenti in comprensorio consortile il quale, per obbligo derivante dal contratto, sia tenuto a pagare contributi consortili di esercizio per opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché per opere comuni di miglioramento fondiario, è iscritto a sua richiesta solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli di contribuenza ed acquista diritto all'elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi dei consorzi di bonifica, di bonifica montana e di miglioramento fondiario. // La solidarietà di cui al comma precedente è limitata alla somma dovuta per contratto dall'affittuario per le predette somme di esercizio». Art. 94 (Pagamento dei contributi consortili) 1. L’affittuario di terreni ricadenti in comprensorio consortile il quale, per obbligo derivante da contratto, sia tenuto a pagare contributi consortili di esercizio per opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché per opere comuni di miglioramento fondiario, è iscritto, a sua richiesta, solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli di contribuenza e acquista diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi dei consorzi di bonifica, di bonifica montana e di miglioramento fondiario. 2. La solidarietà di cui al comma 1 è limitata alla somma dovuta per contratto dall’affittuario per le predette somme di esercizio. Art. 101 (Pagamento dei contributi consortili) 1. L’affittuario di terreni ricadenti in comprensorio consortile il quale, per obbligo derivante da contratto, sia tenuto a pagare contributi consortili di esercizio per opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché per opere comuni di miglioramento fondiario, è iscritto, a sua richiesta, solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli dei contribuenti e acquista diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi dei consorzi di bonifica, di bonifica montana e di miglioramento fondiario. 2. La solidarietà di cui al comma 1 è limitata alla somma dovuta per contratto dall’affittuario per le predette somme di esercizio. La correzione formale è stata suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si consideri che il “difetto” formale è proprio della disposizione originaria. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 19, comma 1, della legge 11 febbraio 1971 n. 11: «Le clausole contrattuali che prevedono la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo o che prevedono sullo stesso fondo forme contrattuali diverse e per diverse coltivazioni, sono nulle di pieno diritto». Il resto dell’articolo è riprodotto dall’art. 14 della legge 12 giugno 1962 n. 567: «L'affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo. // L'esclusione dal contratto di talune colture è consentita se risponda a particolari esigenze della produzione accertate dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, e non dia luogo per Articolo 95 (Divieto di concessioni separate ed estensione dell’affitto) 1. Le clausole contrattuali che prevedono la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo o che prevedono sullo stesso fondo forme contrattuali diverse e per diverse coltivazioni, sono nulle di pieno diritto. 2. L’affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo. 3. L’esclusione dal contratto di talune colture è consentita se risponda a particolari esigenze della produzione accertate dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura, e non dia luogo per l’affittuario a riduzione superiore a un quarto della produzione lorda vendibile Art. 102 (Divieto di concessioni separate ed estensione dell’affitto) 1. Le clausole contrattuali che prevedono la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo o che prevedono sullo stesso fondo forme contrattuali diverse e per diverse coltivazioni, sono nulle di pieno diritto. 2. L’affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo. 3. L’esclusione dal contratto di talune colture è consentita se risponda a particolari esigenze della produzione accertate dal competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, e non dia luogo per l’affittuario a 158 l'affittuario a riduzione superiore ad un quarto della produzione lorda vendibile del fondo. // La disposizione del comma precedente si applica ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, e non si applica agli affitti per pascoli di terreni alberati o di boschi». del fondo. 4. La disposizione del comma applica ai contratti stipulati dopo luglio 1962 e non si applica agli per pascoli di terreni alberati boschi. 2 si il 15 affitti o di riduzione superiore a un quarto della produzione lorda vendibile del fondo. 4. La disposizione del comma 2 si applica ai contratti stipulati dopo il 15 luglio 1962 e non si applica agli affitti per pascoli di terreni alberati o di boschi. Si richiede di modificare, nel comma 3, il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto. Riprodotto dall’art 27 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Le norme regolatrici dell'affitto dei fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti agrari, stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici». Norma di per sé nuova. Ma essa è la conseguenza della differenza ontologica tra fondo rustico attrezzato (artt. 817-818 c.c.) e azienda (art. 2555 c.c.). Si tenga conto anche della formula dell’art. 27 della legge 203/1982 che “riconduce all’affitto” i contratti agrari (post 1982) che abbiano “per oggetto [del contratto] la concessione di un fondo rustico”. Quando l’affitto ha per oggetto un’azienda, che è un “bene nuovo” e unitario, si ha qualcosa che è giuridicamente diversa dal fondo. Si tenga conto che all’affittuario di fondo rustico sono concessi poteri di miglioramento e di trasformazione che sarebbe assurdo riconoscere all’affittuario, ad esempio, di un’azienda vitivinicola. Per la chiarezza del rinvio si riportano le disposizioni di cui agli articoli 2562 e 2561 c.c. Art. 2562: «Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche nel caso di affitto dell’azienda». Art. 2561: «L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. // Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. // Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell’azienda, si applica l’art. 1015. // La differenza tra le consistenze di inventario all’inizio e al termine dell’usufrutto è regolata in denaro, sulla base dei valori correnti al termine dell’usufrutto». Art. 96 (Riconduzione all’affitto) 1. Le norme regolatrici dell’affitto dei fondi rustici si applicano a tutti i contratti agrari stipulati dopo il 6 maggio 1982, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici. Art. 103 (Riconduzione all’affitto) 1. Le norme regolatrici dell’affitto dei fondi rustici si applicano a tutti i contratti agrari stipulati dopo il 6 maggio 1982, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici. Art. 97 (Affitto di azienda agraria) 1. Quando il contratto sia configurabile come affitto di azienda agraria, anziché di fondo rustico, si applicano le disposizioni dell’articolo 2562 del codice civile sull’affitto di azienda. Art. 104 (Affitto di azienda agricola) 1. Quando il contratto sia configurabile come affitto di azienda agricola, anziché di fondo rustico, si applicano le disposizioni dell’articolo 2562 del codice civile sull’affitto di azienda. 159 Il Consiglio di Stato si è limitato ad una semplice correzione formale della espressione “azienda agricola” al posto di “azienda agraria” nella rubrica dell’articolo e ciò per un migliore testo in lingua italiana: il che consente di ritenere la correttezza sistematica della disposizione così come si era fatto presente nella nota che ora leggesi nella prima colonna. Tuttavia, nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali la Coldiretti ha contestato l’inserimento della disposizione perché “nuova” e, quindi, “fuori” delega. Premesso che la legge delega non esclude le inserzioni utili ai fini della migliore sistematizzazione degli istituti, non si può non fare presente che la questione della sussistenza dell’ipotesi dell’affitto di azienda agricola come distinta dall’affitto di fondo rustico attrezzato non è estranea né alla giurisprudenza, né alla dottrina, vertendo sulla differenza normativa che corrisponde al “complesso organizzato di beni” (art. 2555 c.c.) o al “fondo con pertinenze” (art. 817 c.c.), il primo in una considerazione qualitativa e il secondo in una considerazione (solo) quantitativa di ciò che si “aggiunge” al terreno agricolo. A prescindere dalle massime che vari commentatori hanno stilato con riferimento alle decisioni giurisprudenziali in argomento, non può essere tralasciato che i “fatti” oggetto delle varie sentenze in proposito dimostrano chiaramente che, ad esempio, non sono le serre (anche di valore ingente) che fanno di un fondo rustico un’azienda (qualificandolo, invece e semplicemente, come fondo attrezzato), dato che – per esserci dell’azienda agricola – occorre ben altro, ovvero occorre una serie di rapporti (oggettivi e soggettivi) che rendono specifico il complesso aziendale e che, soprattutto, danno al complesso uno “scopo” che il locatore vorrebbe “riavere” al termine dell’affitto e che, peraltro, è quello che ha indotto la controparte a prendere in godimento temporaneo il complesso. Già si è osservato – v. la nota nella prima colonna – che se un proprietario che ha organizzato il suo terreno a viticoltura e che, oltre alla cantina e ai tini, ha compiuto quanto necessario per distinguere il suo vino dagli altri e ciò a mezzo di un marchio individuale che ha reso di prestigio, ha provveduto a imbottigliare il suo vino e ad allocarlo sul mercato a mezzo di specifici contratti di vendita a ben determinati ristoranti e clienti, in sostanza ha creato una rete di rapporti di produzione e di commercializzazione, non può trovarsi, al termine del contratto, un fondo organizzato a diversa produzione, così come sarebbe possibile se l’affitto del complesso che ha stipulato potesse essere “ricondotto” al (semplice) affitto di fondo rustico, dato che, per l’applicazione dell’art. 27 della legge 203/1982 (in questo schema, formulato all’art. 105, già art. 96), questa legge consente che, con il giudizio favorevole dell’IPA, l’affittuario possa modificare il tipo di coltura esistente sul terreno al momento del contratto. E’ per questo motivo che si ribadisce la formulazione dell’art. 104 (già art. 97). Si noti ancora che il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità fa un espresso richiamo alla azienda agricola, riconoscendo che vi è una differenza di disciplina normativa a seconda che l’esproprio riguardi un soggetto titolare della proprietà di un’area, non solo nonedificabile ma anche non-coltivata, oppure un proprietario di un terreno che egli coltiva imprenditorialmente e con una organizzazione – non da fundus instructus, ma – da azienda, caratterizzata anche da una clientela e da un avviamento. Tenendo presente che l’affittuario ha diritto, in caso di esproprio, a una indennità pari a quella che spetterebbe al proprietario, non si mettere in dubbio che la figura dell’affitto di azienda è una figura del nostro Ordinamento giuridico. Riprodotto dall’art. 48 della legge 3 maggio 1982, n. 203 Norme sui contratti agrari: «Il rapporto di mezzadria e, in presenza di impresa familiare coltivatrice, il rapporto di colonia parziaria e quello di affitto ed ogni altro rapporto agrario intercorrono tra concedente e famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del concedente, se questi lo richiede, da uno dei suoi familiari. // Il rapporto continua anche con un solo familiare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo. - Per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i familiari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i familiari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri. // Qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del locatore, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre Art. 98 (Impresa familiare coltivatrice) 1. In caso di presenza di famiglia coltivatrice, il rapporto di affitto intercorre tra concedente e la famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del concedente, se questi lo richiede, da uno dei suoi componenti. 2. Il rapporto continua anche con un solo famigliare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo. 3. Per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i famigliari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i famigliari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri. 4. Qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del concedente, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola in qualità di Art. 105 (Impresa familiare coltivatrice) 1. In caso di presenza di famiglia coltivatrice, il contratto di affitto intercorre tra il locatore e la famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del locatore, se questi lo richiede, da uno dei suoi componenti. 2. Il rapporto continua anche con un solo familiare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo. 3. Per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i familiari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i familiari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri. 4. Qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dall’affittuario, anche senza il consenso del locatore, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola in qualità di imprenditore agricolo professionale. 160 anni attività agricola a titolo imprenditore agricolo professionale. principale». Nel comma 4 si fa riferimento all’imprenditore agricolo professionale sostituendo la nuova figura a quella dell’imprenditore agricolo a titolo principale cui, secondo l’interpretazione migliore, sembrava riferibile il dettato della legge del 1982. Si suggerisce di inserire nel comma 4, dopo le parole “imprenditore agricolo professionale” quelle “o coltivatore diretto” con riguardo al soggetto cui l’imprenditore agricolo può cedere il proprio contratto ad un componente della propria famiglia quando non sussista impresa familiare, e ciò anche senza il consenso del locatore (Commissione Agricoltura del Senato). Premesso che la disposizione è nel senso che i componenti della famiglia, a cui l’imprenditore agricolo può cedere il contratto senza il consenso del locatore, devono essere familiari “che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola in qualità di imprenditore agricolo professionale”, è da dire che la norma originaria pretende che il cessionario, per il fatto che dovrà continuare la diretta coltivazione o la diretta conduzione, sia stato necessariamente o un coltivatore diretto o un non-coltivatore diretto, purché in entrambi i casi sia stato anche imprenditore agricolo professionale. Dunque, secondo la norma originaria il cessionario deve essere stato un coltivatore diretto imprenditore agricolo professionale (cioè si richiedono entrambe le qualifiche) o un non-coltivatore diretto ma imprenditore agricolo professionale. Per i limiti imposti dalla legge delega non possono essere introdotte innovazioni normative, si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Le correzioni formali apportate sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. Il comma 1 è riprodotto dal comma 9 dell’art. 37 (L) del DPR 8 giugno 2001, n. 327, contenente il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, comma 9 modificato dall’art. 1, d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 302: “Qualora l’area edificabile sia utilizzata a scopi agricoli, spetta al proprietario coltivatore diretto anche un’indennità pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato. La stessa indennità spetta al fittavolo, al mezzadro o al compartecipante che, per effetto della procedura, sia costretto ad abbandonare in tutto o in parte il fondo direttamente coltivato, da almeno un anno, col lavoro proprio o di quello dei familiari”. L’uso del termine “fittavolo”, il richiamo al “lavoro proprio o dei familiari” e l’inserimento della disposizione a favore dell’affittuario in un comma che attribuisce un’indennità aggiuntiva al “proprietario coltivatore diretto” consentono di restringere la portata della norma all’affittuario coltivatore diretto. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 1638 c.c. che stabilisce che: «In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto». Dalla originaria formula codicistica si è espunto il richiamo al “caso di espropriazione”, perché l’ipotesi dell’espropriazione definitiva del fondo e non della semplice Art. 106 (Espropriazione per pubblica utilità: indennizzo) 1.In caso di espropriazione del fondo locato, all’affittuario coltivatore diretto spetta l’indennità come disposta dal comma 9 dell’articolo 37 (L) del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modifiche. 2. In caso di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte di indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto. 161 “occupazione temporanea” è regolato dal comma 1. Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 conteneva, nell’art. 74, un comma 9 sull’espropriazione del fondo locato per pubblica utilità. Ma il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), ha espresso l’opinione che l’intera disposizione del comma 9 fosse superflua “non potendovi essere dubbi sull’applicazione delle norme generali sull’espropriazione per pubblica utilità”. Si fa notare che il richiamo con cui si apriva l’incipit del comma 9 era diretto a ricordare quanto era scritto nella seconda frase dello stesso comma 9, e cioè che l’affittuario coltivatore diretto ha una specifica normativa in caso di esproprio del terreno del locatore con perdita, da parte sua, dell’azienda [ha diritto ad una somma uguale a quella spettante al proprietario coltivatore diretto, cioè un’indennità pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato: v. art. 37 (L), comma 9, del DPR 327/2001)]. In sostanza, si voleva mettere in evidenza la differenza di trattamento, in caso di esproprio del fondo locato, tra l’affittuario coltivatore diretto e l’affittuario non-coltivatore diretto, per il quale una diversa disposizione era inserita nell’articolo 103 dello schema di decreto legislativo di riordino. Inoltre, era necessario notare che l’inserimento del comma 9 in un articolo che faceva parte delle “Disposizioni generali sul contratto di affitto di fondi rustici” aveva imposto di richiamare la disposizione contenuta nell’art. 1638 c.c., secondo cui, l’affittuario tout court ha diritto di ottenere dal locatore l’indennizzo per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto quando tale indennizzo venga pagato al locatore. La disposizione riprodotta dall’articolo 1638 c.c. era stata poi inserita anche sub articolo 103 del presente decreto nella sezione dedicata all’affitto a non-coltivatore diretto, dato che all’affittuario non-coltivatore diretto non spettano le forme di indennizzo particolare concesse all’affittuario coltivatore diretto dal DPR 327/2001. Le osservazioni del Consiglio di Stato impongono di disciplinare, in modo topograficamente distinto, le due discipline dell’indennizzo, formulando due articoli diversi, uno nella Sezione relativa all’affittuario coltivatore diretto (ed è il presente articolo), l’altra nella Sezione dedicata all’affittuario non-coltivatore diretto, riformulando l’art. 111 (già art. 103). Art. 99 La disposizione è formulata a fini del (Rinvio al codice civile) coordinamento generale di questo 1. Per quanto non previsto dalla testo con il codice civile. presente sezione si applicano, ove compatibili, le norme del paragrafo 1 Disposizioni generali dell’affitto di cose produttive della sezione III del Capo VI del Titolo III del Libro IV del codice civile. Art. 107 (Rinvio al codice civile) 1. Per quanto non previsto dalla presente sezione si applicano le norme del paragrafo 1, disposizioni generali della sezione III, dell’affitto del Capo VI della locazione del Titolo III del Libro IV del codice civile. Si è segnalato che non esiste nel codice civile una sezione intitolata “Disposizioni generali dell’affitto di cose produttive” (Commissione Agricoltura del Senato). Il richiamo è giusto. Di conseguenza la disposizione è stata riformulata così: “…. si applicano, ove compatibili, le norme del paragrafo 1-Disposizioni generali della Sezione III “Dell’affitto” del Capo VI “Della locazione” del Titolo III del Libro IV del codice civile. Il comma 1 è riprodotto dall’art. 9, legge 14 febbraio 1990, n. 29: “Tutte le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320, ed assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile”. Il comma 2 dell’art. 100 nel testo in colonna 2 (ora soppresso: vedi nota) è riprodotto dall’art. 26, commi 1-3 legge 11 febbraio 1971, n. 11: “1.Tutte le controversie relative all'attuazione della presente legge e delle altre leggi o norme sull'affitto sono di esclusiva competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320. // 2. Sono altresì devoluti alla competenza delle sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari, di cui al capo III, titolo I del libro IV del codice di procedura civile, relativi a controversie di competenza delle stesse sezioni. // 3. Sulle istanze di Art. 100 (Disposizioni processuali) 1. Tutte le controversie in materia di contratti agrari sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320, ed assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile. 2. Sono altresì devoluti alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari relativi a controversie di competenza delle stesse Sezioni. Sulle istanze di sequestro le Sezioni specializzate provvedono con ordinanza in camera di consiglio dopo avere sentito le parti. 3. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia in materia di contratti agrari, è tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per Art. 108 (Disposizioni processuali: rinvio) 1. La competenza e il rito delle controversie in materia di contratti agrari sono determinate dai commi da 1 a 7 e da 9 a 11 dell’articolo 11 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150. 162 sequestro le sezioni specializzate provvedono con ordinanza in camera di consiglio dopo aver sentito le parti. // 4. Restano comunque salve le competenze di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 607, e successive modificazioni ed integrazioni”. Si vedano anche: legge 2 marzo 1963, n. 320: articolo 5 (Norme di procedura) “La domanda per la decisione delle controversie richiamate all'articolo 1 si propone nei modi previsti dagli articoli 163 e seguenti del codice di procedura civile. // La trattazione della causa, innanzi le sezioni specializzate previste dalla presente legge, si svolge secondo le norme dettate dagli articoli 429 e seguenti del codice stesso in quanto applicabili”. A sua volta l’articolo 409 c.p.c. recita: (Controversie individuali di lavoro). Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: omissis 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; omissis”. I commi 3-7 sono riprodotti dall’art. 46, commi 1-5 della legge 3 maggio 1982, n. 203: “ 1. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia in materia di contratti agrari è tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio. // 2. Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti e i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza. // 3. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato. 4. Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti. 5. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al primo comma, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria competente. Omissis.” Il comma 8 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 47 legge 3 maggio 1982, n. 203 “2. Il rilascio del fondo a seguito di giudizio può avvenire solo al termine dell'annata agraria durante la quale è stata emessa sentenza esecutiva”. territorio. 4. Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma terzo, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza. 5. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato. 6. Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti. 7. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria competente. 8. l rilascio del fondo a seguito di giudizio può avvenire solo al termine dell'annata agraria durante la quale è stata emessa sentenza esecutiva. 9. Costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile anche l'esecuzione di sentenza che privi il cessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo o della sua famiglia, o possa risultare fonte di un serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per l'allevamento di animali”. 163 Il comma 9 è riprodotto dal comma 7 dell’art. 46 legge 3 maggio 1982, n. 203 “7. Costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile anche l'esecuzione di sentenza che privi il cessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo o della sua famiglia, o possa risultare fonte di un serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per l'allevamento di animali”. Dopo la formulazione del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione e dopo le varie osservazioni da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza StatoRegioni è stato emanato il d.lgs. 150/2011 che è una sorta di Testo unico dei vari procedimenti speciali che, così, sono stati “riuniti” in un unico testo. Prospettata siffatta novità nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali e sollevato il problema della conferma, come commi 1-9 del presente schema, dell’originario art. 46 della legge 203/1981, l’unica risposta che si è avuta è stata quella della Confagricoltura che ha espresso l’opportunità che non venga inciso il riordino compiuto dal d.lgs. 150/2011. L’opinione può ben essere condivisa. Conseguentemente, mentre l’art. 91 fa rinvio al comma 8 dell’art. 11 del d.lgs. 150/2011 sul giudizio per morosità, il presente art. 108 rinvia a tutti gli altri commi del detto art. 11. E’ opportuno notare che il d.lgs. 150/2011 non contiene più la disposizione che attribuisce alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari. La disposizione, peraltro, era originariamente contenuta nell’art. 26 della legge 11 febbraio 1971 n. 11 che l’art. 34, comma 11, del d.lgs. 150/2011 ha abrogato. Di conseguenza, si è provveduto a sopprimere il vecchio comma 2 di questo art. 108 (già art. 100). Le originarie formule possono leggersi tanto nella prima, quanto nella seconda colonna. Vale la pena rilevare che il d.lgs. 150/2011 conserva formule delle norme originarie che sono “superate”. Sezione III Sezione III Dell’affitto a conduttore non Dell’affitto a conduttore non Riprodotto dall’art. 2, comma 1, della coltivatore diretto coltivatore diretto legge 22 luglio 1966 n. 606: «L’affitto a conduttore non coltivatore diretto è fatto a misura. Può essere fatto a Art. 101 Art. 109 corpo quando ciò risulti necessario o (Affitto a misura e a corpo) (Affitto a misura e a corpo) conveniente per rilevanti difficoltà di 1. L’affitto a conduttore non coltivatore 1. L’affitto a conduttore non coltivatore misurazione o importanti esigenze diretto è fatto a misura. Può essere diretto è fatto a misura. Può essere pratiche, espressamente indicate nel fatto a corpo quando ciò risulti fatto a corpo quando ciò risulti contratto». necessario o conveniente per rilevanti necessario o conveniente per rilevanti difficoltà di misurazione o importanti difficoltà di misurazione o importanti esigenze pratiche, espressamente esigenze pratiche, espressamente da indicate nel contratto. indicare nel contratto. La modifica formale è stata suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si noti che il “difetto” formale è proprio della disposizione originaria Il comma 1 è riprodotto, accorpando i commi 4 e 5, dall’art. 1, della legge 22 luglio 1966 n. 606 Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti: «In caso di vendita o di concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti singoli o associati, o di vendita agli Enti di sviluppo, ai sensi dell'articolo 12 della legge 26 maggio 1965, n. 590, od alla Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina, istituita con l'articolo 9 del decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121, il contratto di affitto si risolve al termine dell'annata agraria successiva a quella in cui è stipulata la vendita o la concessione in enfiteusi, purché sia stata data disdetta almeno un anno prima di questo termine. Nessun Art. 102 (Risoluzione dell’affitto a conduttore in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo) 1. In caso di vendita o di concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti singoli o associati, o di vendita all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), il contratto di affitto si risolve al termine dell’annata agraria successiva a quella in cui è stipulata la vendita o la concessione in enfiteusi, purché sia stata data disdetta almeno un anno prima di questo termine mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato. 2. Il presente articolo non si applica nell’ipotesi in cui l’affittuario sia un Art. 110 (Risoluzione dell’affitto in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo) 1. In caso di vendita o di concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti singoli o associati, o di vendita all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), il contratto di affitto si risolve al termine dell’annata agraria successiva a quella in cui è stipulata la vendita o la concessione in enfiteusi, purché sia stata data disdetta almeno un anno prima di questo termine mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato. 2. Il presente articolo non si applica nell’ipotesi in cui l’affittuario sia un imprenditore agricolo professionale. 164 indennizzo è dovuto per effetto di tale imprenditore agricolo professionale. risoluzione, fermo il diritto dell'affittuario di essere indennizzato delle migliorie a norma di legge o di contratto. // La disdetta, di cui ai commi secondo e quarto, e la richiesta di cui al terzo comma del presente articolo non hanno effetto se non sono comunicate mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato». Non si riporta la parte finale del comma 4, in quanto si ritiene che, trattandosi di uno scioglimento anticipato non imputabile a colpa dell’affittuario estromesso, un indennizzo sia dovuto in base al principio generale introdotto dall’art. 43 della legge 3 maggio 1982 n. 203, riprodotto in questa legge di semplificazione come articolo 1654quinquies c.c. Si precisa, inoltre, che l’inciso richiamante gli enti di sviluppo e l’art. 12 legge 590/1965 non sono stati riportati perché gli enti di sviluppo non esistono più, mentre alla Cassa per la formazione della proprietà contadina, richiamata nella disposizione originaria, si è sostituita l’ISMEA (Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo), che alla Cassa è subentrata in virtù dell’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419. Benché l’art. 130 del presente decreto legislativo dichiari l’estinzione delle enfiteusi rustiche introdotte dalle leggi 327/1963 e 607/1966, trasformandole da contratti con effetti reali a contratti con effetti obbligatori, ciò non esclude la possibilità che si possano stipulare contratti enfiteutici ex art. 957 c.c. Per questo motivo non è stato omesso il richiamo originario alla concessione del fondo in enfiteusi. Il comma 2 è riprodotto dall’art. 22, comma 2, della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Qualora l'affittuario non coltivatore diretto sia imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, non è operante il disposto di cui al comma 4 dell'articolo 1 della legge 22 luglio 1966, n. 606. In tale ipotesi, per i contratti in corso la durata non può comunque essere inferiore a quella minima stabilita per i contratti d'affitto in corso a coltivatore diretto». Art. 103 Art. 111 Riprodotto dall’art. 1638 c.c.: “In caso (Espropriazione per pubblico (Espropriazione per pubblico di espropriazione per pubblico interesse) interesse: indennizzo) interesse o di occupazione 1. In caso di espropriazione per 1. In caso di espropriazione per temporanea del fondo locato, pubblico interesse o di occupazione pubblico interesse o di occupazione del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal temporanea del fondo locato, temporanea 165 locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto”. La disposizione è da ritenersi, ormai, sostanzialmente solo a favore dell’affittuario non coltivatore diretto, perché per l’affittuario coltivatore diretto la legge sull’espropriazione per pubblica utilità prevede specifiche disposizioni. L’art. 106 del testo riformulato ed ora in colonna 3, nel suo comma 1, richiama tali specifiche disposizioni, mentre il suo comma 2 riproduce, con riferimento all’indennizzo nel caso di sola occupazione temporanea, parte dell’art. 1638 c.c. l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto. l’affittuario non coltivatore diretto ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto. Art. 104 Art. 112 L’articolo è riprodotto, in parte, dall’art. (Rinvio alla disciplina dell’affitto a (Rinvio alla disciplina dell’affitto a 23 legge 203/1982 nella sua precisa coltivatore diretto) coltivatore diretto. Disposizioni formulazione letterale: “Al contratto di 1. Al contratto di affitto a conduttore processuali) affitto a conduttore non coltivatore non coltivatore diretto si applicano, 1. Al contratto di affitto a conduttore diretto si applicano le norme previste oltre a quelle riportate nelle precedenti non coltivatore diretto si applicano, negli articoli 3 (affitto particellare), 5 Sezioni con specifico richiamo alla oltre le disposizioni generali della (recesso), 15 (conguaglio canoni), 16 qualifica di affittuario conduttore, le Sezione I e quelle riportate nella (miglioramenti), 17 (regime disposizioni di cui agli articoli 78 Sezione II quando ricorra lo specifico miglioramenti), 18 (miglioramenti (durata), 79 (affitto particellare), 80 richiamo alla qualifica di affittuario non eseguiti dal proprietario), 20 (diritto di (recesso e rinnovazione tacita), 86 coltivatore diretto, le disposizioni ritenzione), 21 (subaffitto), 42 (diritto di (poteri di gestione), 87 (miglioramenti dettate per l’affitto a coltivatore diretto ripresa), 43 (indennizzo) e 45 (patti in e lavori nella casa rurale), 88 (regime dagli articoli 85 (durata), 86 (affitto deroga)”. Ma si è preferito compiere un dei miglioramenti), 89 (diritto di particellare), 87 (recesso e espresso richiamo a quelle altre ritenzione), 91 (scorte). Si applicano rinnovazione tacita), 93 (poteri di disposizioni della legge 203/1982 che anche gli articoli 81 (rapporti tra gestione), 94 (miglioramenti e lavori si applicano, per dottrina e l’affittuario uscente e il subentrante), nella casa rurale), 95 (regime dei giurisprudenza concordi, all’affittuario 82 (diritto di prelazione in caso di miglioramenti), 96 (diritto di ritenzione), conduttore. Ed è proprio per il rispetto nuovo affitto), 83 (canone), 84 98 (scorte). Si applicano anche gli della giurisprudenza della Suprema (giudizio per morosità), 85 (perdita dei articoli 88 (rapporti tra l’affittuario Corte che il richiamo all’art. 108 (sulle frutti), 92 (ricomposizione aziendale a uscente e il subentrante), 89 (diritto di disposizioni processuali) è limitato ai mezzo dell’affitto e a mezzo di prelazione in caso di nuovo affitto), 90 commi 1, 2, 8 e 9, dato che i commi cooperativa), 93 (concessione di (canone), 91 (giudizio per morosità), pretermessi concernono il ricorso al contributi), 94 (contributi consortili), 95 92 (perdita dei frutti), 99 preventivo tentativo di conciliazione (divieto di concessioni separate ed (ricomposizione aziendale a mezzo davanti l’IPA, ricorso che la Suprema estensione dell’affitto), 97 (affitto di dell’affitto e a mezzo di cooperativa), Corte (Cass. 16 luglio 2002 n. 10278; azienda agraria), 99 (rinvio al codice 100 (concessione di contributi), 101 Cass. 14 dicembre 2007 n. 26299) civile sull’affitto di beni produttivi) e (contributi consortili), 102 (divieto di esclude nell’ipotesi di contratto di 100, commi primo, secondo, ottavo e concessioni separate ed estensione affitto a conduttore non coltivatore nono (disposizioni processuali). dell’affitto), 104 (affitto di azienda diretto; lo stesso è con riferimento agraria) e 107 (rinvio al codice civile all’art. 103 del presente schema di sull’affitto di beni produttivi). decreto legislativo di riordino riprodotto 2. Alle controversie in materia di dall’art. 27 della legge 203/1982 contratto di affitto a conduttore non (“riconduzione all’affitto”) che, per non coltivatore diretto si applica l’articolo essere richiamato dall’art. 23 della 11 del decreto legislativo 1 settembre stessa legge 203/1982, la Suprema 2011, n. 150. Corte ritiene non applicabile all’affitto a non coltivatore diretto (Cass. 16 luglio 2002, n. 10280). Un’ulteriore lettura della disposizione approvata dal CdM l’11.12.2009 ha rilevata l’opportunità di precisare, onde evitare dubbi, la formula dell’articolo, nel senso di introdurre, nell’incipit, la precisazione che all’affitto a conduttore non coltivatore si applicano non solo i precedenti articoli espressamente richiamati, ma anche “le disposizioni generali della Sezione I e quelle riportate nella Sezione II quando vi sia lo specifico richiamo alla qualifica di affittuario conduttore”. In tal modo, la disposizione è stata riformulata. 166 A seguito dell’emanazione del d.lg. 150/2011 sulle disposizioni complementari del codice di procedura civile si è stati costretti a riformulare il precedente art. 108 sulle disposizioni processuali. La formula adoperata nell’art. 104 del testo approvato dal CdM l’11.12.2009 nel rinviare all’art.100 “saltava” i commi relativi al tentativo di conciliazione davanti all’IPA che la giurisprudenza della Cassazione ritiene non obbligatorio nelle controversie sull’affitto a conduttore capitalista. Avendo, ora, modificato la formula dell’art. 100 (ora, art. 108) con il semplice e generico rinvio all’art. 11 del d.lgs. 150/2011 non sarebbe corretto, in una disposizione rubricata “Rinvio alla disciplina dell’affitto a coltivatore diretto”, inserire un 2° comma del seguente tenore: “All’affit to a conduttore non coltivatore diretto si applicano solo i commi 1, 2, 10 e 11 dell’articolo 11 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 sulle controversie agrarie”. L’art. 11 del d.lgs 150/2011 è, però, espressione della “scelta” che il legislatore ha fatto in tema di controversie relative a tutti i contratti agrari. In altre parole, oggi occorre rilevare che l’istituto del tentativo obbligatorio di conciliazione è stato “tolto” dal complesso normativo sui contratti agrari, cioè dalla legge 203/1982, ed è divenuto parte integrante di un corpus normativo autonomo e a sé stante, quello del d.lgs. 150/2011 rubricato “disposizioni complementari al codice di procedura civile”; sicché esso è applicabile a tutte le controversie agrarie e, quindi, anche a quelle aventi ad oggetto gli affitti a conduttore non coltivatore diretto. Sezione IV Sezione IV I commi 1-4 sono riprodotti dall’art. 6 Affitto di terreni demaniali, Affitto di terreni demaniali, patrimoniali indisponibili e patrimoniali indisponibili e del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228: «Le golenali golenali disposizioni recate dalla legge 12 giugno 1962, n. 567, e successive Art. 105 Art. 113 modificazioni, dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, e successive (Utilizzazione agricola dei terreni (Utilizzazione agricola dei terreni modificazioni, dalla legge 3 maggio demaniali e patrimoniali demaniali e patrimoniali 1982 n. 203, e successive indisponibili) indisponibili) modificazioni, si applicano anche 1.aiSalvo quanto disposto dall’articolo 92,1.leSalvo quanto disposto dall’articolo 99, le terreni demaniali o soggetti al regime disposizioni delle sezioni I, II e III del disposizioni delle sezioni I, II e III del dei beni demaniali di qualsiasi naturapresente o Titolo V, sull’affitto di fondi rustici presente Titolo V, sull’affitto di fondi rustici del patrimonio indisponibile si applicano anche ai terreni demanialisioapplicano anche ai terreni demaniali o appartenenti ad enti pubblici, territoriali soggetti al regime dei beni demaniali soggetti di al regime dei beni demaniali di o non territoriali, ivi compresi i terreni qualsiasi natura o del patrimonio qualsiasi natura o del patrimonio golenali, che siano oggetto di affittoindisponibile o appartenenti a enti pubblici, indisponibile appartenenti a enti pubblici, di concessione amministrativa. territoriali // o non territoriali, ivi compresiterritoriali i o non territoriali, ivi compresi i L'ente proprietario può recedere terreni in golenali, che siano oggetto di affitto terreni golenali, che siano oggetto di affitto tutto o in parte dalla concessione o dal o di concessione amministrativa. o di concessione amministrativa. contratto di affitto mediante preavviso 2. L’ente proprietario può recedere in 2. L’ente proprietario può recedere in non inferiore a sei mesi e pagamento tutto o in parte dalla concessione o dal tutto o in parte dalla concessione o dal di una indennità per le coltivazioni in contratto di affitto mediante preavviso contratto di affitto, mediante preavviso corso che vadano perdute nell'ipotesi non inferiore a sei mesi e pagamento non inferiore a sei mesi e pagamento che il terreno demaniale o equiparato di una indennità per le coltivazioni in di una indennità per le coltivazioni in o facente parte del patrimonio corso che vadano perdute nell’ipotesi corso che vadano perdute, nel caso in indisponibile debba essere che il terreno demaniale o equiparato cui il terreno demaniale o equiparato o improcrastinabilmente destinato al fine o facente parte del patrimonio facente parte del patrimonio per il quale la demanialità o indisponibile debba essere indisponibile debba essere l'indisponibilità è posta. // Sui terreni di improcrastinabilmente destinato al fine improcrastinabilmente destinato al fine cui al comma 1 del presente articolo per il quale la demanialità o per il quale la demanialità o sono ammessi soltanto i miglioramenti, l’indisponibilità è posta. l’indisponibilità è posta. le addizioni e le trasformazioni 3. Sui terreni di cui al comma 1 sono 3. Sui terreni indicati nel comma 1 concordati tra le parti o quelli eseguiti ammessi soltanto i miglioramenti, le sono ammessi soltanto i miglioramenti, a seguito del procedimento di cui addizioni e le trasformazioni concordati le addizioni e le trasformazioni all'articolo 16 della legge 3 maggio tra le parti o quelli eseguiti a seguito concordati tra le parti o quelli eseguiti 1982, n. 203. In quest'ultimo caso del procedimento di cui all’articolo 87. a seguito del procedimento previsto l'autorità competente non può In quest’ultimo caso l’autorità nell’articolo 94. In quest’ultimo caso emettere parere favorevole se i competente non può emettere parere l’autorità competente non può miglioramenti, le addizioni e le favorevole se i miglioramenti, le emettere parere favorevole se i trasformazioni mantengono la loro addizioni e le trasformazioni miglioramenti, le addizioni e le utilità anche dopo la restituzione del mantengono la loro utilità anche dopo trasformazioni mantengono la loro terreno alla sua destinazione la restituzione del terreno alla sua utilità anche dopo la restituzione del istituzionale. // Gli enti di cui al comma destinazione istituzionale. terreno alla sua destinazione 1 del presente articolo, alla scadenza 4. Gli enti di cui al comma 1, alla istituzionale. della concessione amministrativa o del scadenza della concessione 4. Gli enti indicati nel comma 1, alla contratto di affitto, per la concessione amministrativa o del contratto di affitto, scadenza della concessione e la locazione dei terreni di loro per la concessione e la locazione dei amministrativa o del contratto di affitto, proprietà devono adottare procedure di terreni di loro proprietà devono per la concessione e la locazione dei licitazione privata o trattativa privata. A adottare procedure di licitazione terreni di loro proprietà devono tal fine possono avvalersi della privata o trattativa privata. A tal fine adottare procedure di licitazione 167 disposizione di cui all'articolo 23, terzo comma, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dal primo comma dell'articolo 45 della legge 3 maggio 1982, n. 203». Il comma 5 è riprodotto dai commi 1 (secondo periodo) e 2 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dall’art. 51 della legge 3 maggio 1982 n. 203: “Le norme della legge 12 giugno 1962 n. 567 e della presente legge si applicano anche ai terreni che comunque vengano concessi per l’utilizzazione agricola o silvo-pastorale dallo Stato, dalle province, dai comuni e da altri enti. Qualora vi sia richiesta da parte dei lavoratori manuali della terra o coltivatori diretti, singoli o associati, lo Stato, le province, i comuni o gli altri enti, per la concessione o l’affitto dei terreni di loro proprietà devono adottare la licitazione privata o la trattativa privata. // La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso che sia stata indetta una asta pubblica”. Il comma 6 è riprodotto dall’art. 22, comma 3, primo periodo, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dall’art. 51 della legge 3 maggio 1982, n. 203: «Qualora vi sia una pluralità di richieste si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione». Si ritiene che l’art. 6 del d.lgs. n. 228 del 2001 abbia sostituito integralmente le disposizioni precedenti in materia di concessione di terreni agricoli pubblici, salvo quanto stabilito nel sopra riportato comma 5. Al riguardo si precisa che, avendo l’art. 6 escluso il riferimento all’ipotesi di asta pubblica di cui all’art. 22, penultimo comma, della legge n. 11 del 1971, tale riferimento sembra da ritenere implicitamente abrogato. Si ritiene, invece, che possano sopravvivere i successivi riferimenti al sorteggio e alla preferenza per i coltivatori confinanti, in quanto criteri integrativi e complementari non intrinseci alle ricordate procedure amministrative; tuttavia, a salvaguardia dell’interesse pubblico, sembra indispensabile integrare la disposizione con il richiamo del principio della parità di condizioni. possono avvalersi della disposizione di cui all’articolo 69, comma 3. 5. Qualora l’affitto dei terreni di cui al comma 1 sia richiesto da parte dei lavoratori manuali della terra o coltivatori diretti, singoli o associati, lo Stato, le province, i comuni o gli altri enti, per la concessione o l’affitto dei terreni di loro proprietà devono adottare la licitazione privata o la trattativa privata. La disposizione del presente comma si applica anche nel caso che sia stata indetta una asta pubblica. 6. Qualora vi sia una pluralità di richieste, fermo il principio della parità di condizioni, si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione privata o trattativa privata. A tal fine possono avvalersi della disposizione prevista dall’articolo 76, comma 3. 5. Quando l’affitto dei terreni indicati nel comma 1 sia richiesto da parte dei lavoratori manuali della terra o coltivatori diretti, singoli o associati, lo Stato, le province, i comuni o gli altri enti, per la concessione o l’affitto dei terreni di loro proprietà devono adottare la licitazione privata o la trattativa privata. La disposizione del presente comma si applica anche nel caso che sia stata indetta una asta pubblica. 6. Quando vi sia una pluralità di richieste, fermo il principio della parità di condizioni, si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione. Si è fatto presente che le aree demaniali marittime concesse ad uso acquacoltura a soggetti diversi dalle società cooperative, sono assoggettate a canoni demaniali marittimi sensibilmente diversi rispetto a quelli delle predette società (Commissione Agricoltura del Senato). La disposizione contenuta nell’art. 105 del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione non contiene alcuna norma sui canoni demaniali. Ne consegue la conferma della formula della disposizione come approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. 168 Si propone di sopprimere, nel comma 1, le seguenti parole “Salvo quanto disposto dall’art. 92” e di inserire, dopo le parole “golenali” le parole “e i terreni gravati da uso civico” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: quanto alla proposta soppressione si osserva che l’originaria norma (art. 6 del d.lgs 228/2001 richiama, per l’affitto dei terreni demaniali o patrimoniali indisponibili, le disposizioni delle leggi 567/1962, 11/1971 e 203/1982 che sono riprodotte nelle Sezioni I, II e III del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione, invece l’art. 92 di questo stesso decreto riproduce l’art. 11 del d.lgs. 99/2004 che, per di più, è norma fiscale, che non consente, ovviamente, estensione di applicazione; quanto al proposto inserimento, si rileva che la norma originaria non riporta le parole (“terreni gravati da uso civico”) che si intenderebbero inserire, sicché vi è l’insuperabile limite rappresentato dal tenore della legge delega che esclude poteri di innovazione normativa. Le modifiche formali sono state suggerite dal Consiglio di Stato nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 70). Si noti, tuttavia, che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie. La norma è riprodotta: a) dall’art. 56 della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Le disposizioni della presente legge non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali né alle concessioni per coltivazioni intercalari né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente, ma soggetti a rotazione agraria». Analogo orientamento era già nell’art. 2, della legge 15 settembre 1964, n. 756 Norme in materia di contratti agrari: «Le disposizioni della presente legge non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitati a singole coltivazioni stagionali o intercalari né ai contratti di soccida con conferimento di pascolo». Tale articolo deve ritenersi già implicitamente abrogato dall’art. 56, legge 203/1982; b) dall’art. 4 della legge 22 luglio 1966 n. 606: «Le norme dell'articolo 1 non si applicano ai contratti di affitto che, secondo gli usi locali, hanno durata inferiore all'annata agraria». La legge 606/1966 è una legge sull’affitto a conduttore, sicché – a stretto rigore – la formula proposta avrebbe dovuto contenere il richiamo ai soli “contratti di affitto a conduttore non coltivatore diretto”. Tuttavia oggi siffatta limitazione non ha ragione per motivi di eguaglianza di trattamento. Sezione V Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari Sezione V Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari Articolo 106 (Contratti per i quali è esclusa l’applicazione degli articoli da 71 a 97) 1. Le disposizioni degli articoli da 71 a 97 non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, né alle concessioni per coltivazioni intercalari, né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno, quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente ma soggetti a rotazione agraria, né ai contratti di affitto che, secondo gli usi locali, hanno durata inferiore all’annata agraria”. Art. 114 (Contratti per i quali è esclusa l’applicazione degli articoli da 78 a 104) 1. Le disposizioni degli articoli da 78 a 104 non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, né alle concessioni per coltivazioni intercalari, né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno, quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente ma soggetti a rotazione agraria, né ai contratti di affitto che, secondo gli usi locali, hanno durata inferiore all’annata agraria. CAPO II CAPO II Il comma 1 in parte è stato formulato Della conduzione dell’impresa Della conduzione dell’impresa agricola associata agricola associata ex novo al fine di ribadire il carattere residuale e ad esaurimento dei Sezione I Sezione I rapporti di mezzadria e di colonia Dell’impresa agricola di Dell’impresa agricola di parziaria ancora in corso; in parte è tratto, con gli opportuni adattamenti, coltivazione in forma associata coltivazione in forma associata dalle disposizioni dell’art. 34, comma Art. 115 Art. 107 3, della legge 3 maggio 1982, n. 203 Norme sui contratti agrari, come (Contratti di mezzadria e di colonia (Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso) integrata dall’art. 6 della legge 14 ancora in corso) febbraio 1990, n. 29: «I contratti 1. I contratti associativi di mezzadria e 1. I contratti associativi di mezzadria e 169 associativi previsti dall'articolo 25 che non vengono trasformati in affitto hanno la seguente durata: a) sei anni sia nel caso in cui la conversione, pur sussistendone i requisiti ai sensi della presente legge, non abbia luogo per mancata richiesta delle parti sia nella ipotesi in cui la conversione stessa non possa aver luogo in presenza della causa di esclusione prevista dalla lettera a) dell'articolo 29; b) dieci anni nel caso in cui la conversione, ancorché richiesta dal concessionario, non possa aver luogo in presenza della causa impeditiva prevista dall'articolo 31 ovvero in presenza della causa di esclusione prevista dalla lettera b) dell'articolo 29. - In tutti i casi previsti dal comma precedente la durata è computata a far tempo dal termine dell'annata agraria successiva all'entrata in vigore della presente legge. – Restano tuttavia valide le clausole contrattuali verbali o scritte che prevedano una più lunga durata del rapporto associativo. Sono altresì valide le clausole perfezionate con gli accordi di cui all'articolo 45. - Ai contratti di cui al primo comma si applicano le norme sul recesso del contratto e sui casi di risoluzione di cui all'articolo 5». Il comma 2 è riprodotto dall’art. 38 della legge 3 maggio 1982 n. 203: “ Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano convertiti si applicano le disposizioni di cui all’art. 17, secondo, quarto, quinto e settimo comma, e all'articolo 20” (trattasi del diritto di prelazione, che spetta al mezzadro e al colono dei contratti ancora legittimamente in corso). Il comma 3 è riprodotto dall’art. 53, commi 1 e 2, della legge 3 maggio 1982, n. 203: «La presente legge si applica a tutti i rapporti, comunque in corso, anche se oggetto di controversie che non siano state definite con sentenza passata in giudicato, salvo che la sentenza sia già esecutiva, oppure con transazione stipulata in conformità al disposto dell'articolo 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, ad eccezione di quanto previsto nel primo comma dell'articolo 42 della presente legge. // Ai fini del decorso del termine quadriennale di cui al primo comma dell'articolo 25, non si computa il periodo durante il quale sono pendenti giudizi di nullità, di annullamento, di risoluzione, di opposizione alla proroga dei contratti agrari associativi nonché giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali». Si richiama l’art. 53 per quanto possa trovare ancora applicazione, ricordando che sono stati eliminati i commi successivi perché di colonia parziaria non convertiti in affitto e ancora in corso in virtù di clausole legittimamente stipulate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono regolati dalle disposizioni del presente Titolo e dalle discipline anteriori ad essi applicabili. 2. Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano stati convertiti e che siano ancora in corso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 88, commi 2, 4, 5 e 7, e all'articolo 89. 3. Ai fini del decorso del termine quadriennale previsto per la richiesta di conversione di cui all’articolo 25 della legge 3 maggio 1982, n. 203, non si computa il periodo durante il quale sono pendenti giudizi di nullità, di annullamento, di risoluzione, di opposizione alla proroga dei contratti agrari associativi, nonché giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali. Ove tale quadriennio non sia ancora decorso, trova applicazione la disciplina in materia di conversione contenuta negli articoli 25, 26, da 28 a 33-bis e 37 della legge 3 maggio 1982, n. 203, e nella legge 14 febbraio 1990, n. 29, altrimenti da ritenere abrogata. 4. Al concessionario di tali contratti associativi non convertiti in affitto e ancora in corso spetta un aumento della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine, pari al 6 per cento della produzione lorda vendibile. Il concessionario del contratto di colonia ha diritto ad una quota non inferiore al 60 per cento della produzione lorda vendibile, sempreché partecipi a non meno del 50 per cento delle spese di conduzione, escluse quelle per la mano d’opera estranea. 5. Nei rapporti associativi ancora in corso per effetto della proroga di cui all’articolo 10 della legge 14 febbraio 1990, n. 29, per quanto non è espressamente disposto nel presente articolo, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi. di colonia parziaria non convertiti in affitto e ancora in corso in virtù di clausole legittimamente stipulate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono regolati dalle disposizioni del presente titolo e dalle discipline anteriori ad essi applicabili 2. Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano stati convertiti e che siano ancora in corso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 95, commi 2, 4, 5 e 7, e all'articolo 96, nonché all’articolo 53. 3. Ai fini del decorso del termine quadriennale di conversione dei contratti di mezzadria e colonia parziaria in affitto, prevista dall’articolo 25 della legge 3 maggio 1982, n. 203, non si computa il periodo durante il quale sono pendenti giudizi di nullità, di annullamento, di risoluzione, di opposizione alla proroga dei contratti agrari associativi, nonché giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali. Se il quadriennio non sia ancora decorso, trova applicazione la disciplina in materia di conversione contenuta negli articoli 25, 26, da 28 a 33-bis e 37 della legge 3 maggio 1982, n. 203, e nella legge 14 febbraio 1990, n. 29. 4. Al concessionario di tali contratti associativi non convertiti in affitto e ancora in corso spetta un aumento della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine, pari al 6 per cento della produzione lorda vendibile. Il concessionario del contratto di colonia ha diritto ad una quota non inferiore al 60 per cento della produzione lorda vendibile, sempreché partecipi a non meno del 50 per cento delle spese di conduzione, escluse quelle per la mano d’opera estranea. 5. Nei rapporti associativi ancora in corso per effetto della proroga di cui all’articolo 10 della legge 14 febbraio 1990, n. 29, per quanto non è espressamente disposto nel presente articolo, in mancanza di convenzione si applicano gli usi. 170 riguardanti il sistema della proroga legale ormai definitivamente superato. Il comma 4 è riprodotto dall’art. 37 della legge 203/1982: “Al mezzadro, colono, compartecipante o soccidario che non può ottenere o che comunque non richiede la conversione del contratto in affitto spetta un aumento della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine, pari al 6% della produzione lorda vendibile. // Nei casi previsti dal comma precedente, il colono, compartecipante o soccidario ha diritto ad una quota non inferiore al 60% della produzione lorda vendibile, sempreché partecipi a non meno del 50% delle spese di conduzione, escluse quelle per la mano d’opera estranea”. Il comma 5 è riprodotto dall’art. 2187 c.c.: «Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle Sezioni II, III e IV di questo Capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi». I rapporti di associazione agraria a cui si riferisce l’art. 2187 del codice civile corrispondono ai rapporti associativi di mezzadria, di colonia e di soccida di cui tratta anche questo Titolo V del decreto legislativo di riordino. Un’ulteriore lettura della disposizione approvata dal CdM l’11.12 2009 ha rilevata l’opportunità di meglio precisare, onde evitare dubbi, la formula del comma 2, nel senso di richiamare, come applicabile, anche la norma del presente schema di decreto di riordino e semplificazione, che attribuisce il diritto di prelazione ai concessionari del fondo. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata. Le altre modifiche formali sono state suggerite dal Consiglio di Stato (punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 71). Si tenga presente che tali “difetti” formali sono propri delle disposizioni originari. Riprodotto dall’art. 36 della legge 3 maggio 1982, n. 203: «Qualora almeno tre concedenti, ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari, si associno tra loro per la conduzione in comune dei fondi concessi prima dell'entrata in vigore della presente legge a mezzadria, colonia, compartecipazione o soccida, a tali forme associative si estendono i benefici previsti dalle vigenti norme a favore delle cooperative agricole costituite per la conduzione associata dei terreni. // La disposizione di cui al comma precedente si applica anche alle ipotesi di forme associative, costituite da non meno di tre membri, fra concedenti e concessionari che, avendo ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari o concedenti, si accordino tra loro per tale conduzione comune, oppure fra soli concessionari che abbiano ottenuto al riguardo il consenso dei loro concedenti. // Nei casi previsti dai commi precedenti Art. 108 (Forme associative di concedenti e di concessionari) 1. Qualora almeno tre concedenti, ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari, si siano associati tra loro per la conduzione in comune dei fondi concessi prima del 6 maggio 1982 a mezzadria, colonia o soccida, a tali forme associative si estendono i benefici previsti dalle vigenti norme a favore delle cooperative agricole costituite per la conduzione associata dei terreni. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle ipotesi di forme associative, costituite da non meno di tre membri, fra concedenti e concessionari che, avendo ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari o concedenti, si accordino tra loro per tale conduzione comune, oppure fra soli concessionari che abbiano ottenuto al riguardo il consenso dei loro concedenti. 3. Nei casi previsti dai commi primo e 171 deve essere in primo luogo garantita al concessionario una adeguata remunerazione per il lavoro prestato pari quanto meno al trattamento minimo contrattuale per i salariati fissi specializzati. L'amministrazione della forma associativa compete congiuntamente a tutti i componenti la stessa, ove non sia diversamente disposto dall'atto costitutivo. Il concessionario ha comunque diritto di usufruire dell'abitazione in godimento all'atto della costituzione della forma associativa». secondo deve essere in primo luogo garantita al concessionario una adeguata remunerazione per il lavoro prestato, pari quanto meno al trattamento minimo contrattuale per i salariati fissi specializzati. L’amministrazione della forma associativa compete congiuntamente a tutti i componenti la stessa, ove non sia diversamente disposto dall’atto costitutivo. Il concessionario ha comunque diritto di usufruire dell’abitazione in godimento all’atto della costituzione della forma associativa”. Nello schema proposto e approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un articolo (l’art. 108) che riproduceva l’art. 36 della legge 3 maggio 1982, così come è riportato nella prima colonna. Ma già in quella data si faceva notare che l’applicazione di questa disposizione fosse da ritenersi del tutto improbabile, ove si considerasse che essa non aveva trovato utilizzazione neppure per il periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della legge n. 203 del 1982; tuttavia si prospettava l’opportunità di mantenerla in vigore, come dimostrazione di una chiusura non definitiva del sistema verso contratti associativi nuovi e diversi rispetto a quelli condotti a superamento a causa della loro arcaicità, così da intendere la norma non come forma alternativa alla conversione, assoggettata allo stesso termine di decadenza della medesima, ma come disposizione di portata più generale. Melius re perpensa, e trattandosi di una disposizione mai applicata dal 1982 e quindi da ritenersi obsoleta, è da preferirsi l’abrogazione. Perciò, se ne è disposta la soppressione. La numerazione dei successivi articoli è stata, di conseguenza, modificata I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 2170 c.c., dopo avere sostituito la parola “bestiame” con la parola “animali”: «Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. // L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto». Sezione II Dell’impresa agricola di allevamento in forma associata Sezione II Dell’impresa agricola di allevamento in forma associata § 1 – Della soccida – Disposizioni generali § 1 – Della soccida – Disposizioni generali Art. 109 (Nozione) 1. Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di animali e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento degli animali e gli altri prodotti e utili che ne derivano. 2. L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che gli animali al termine del contratto. Art. 116 (Nozione) 1. Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di animali e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento degli animali e gli altri prodotti e utili che ne derivano. 2.L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che gli animali abbiano al termine del contratto. Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 71) osserva che lo spostamento delle disposizioni sulla soccida dal codice civile al presente testo di riordino e semplificazione, in quanto “fine a se steso” appare una forzatura. Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato non può fare a meno di rilevare che lo spostamento risulta coerente “nell’ambito di una scelta incline alla decodificazione”. Si conferma la scelta, anche pensando alla “comodità” di rinvenire tutte le ipotesi della contrattazione agraria in un unico testo normativo. § 2 – Della soccida semplice Riprodotto dall’art. 2171 c.c.: «Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante. // La stima del bestiame all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario. // La stima deve indicare il numero, la razza,la qualità, il sesso, il peso e l’età del bestiame e il relativo prezzo di Art. 110 (Nozione) 1.Nella soccida semplice gli animali sono conferiti dal soccidante. 2.La stima degli animali all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario. § 2 – Della soccida semplice Art. 117 (Nozione) 1. Nella soccida semplice gli animali sono conferiti dal soccidante. 2. La stima degli animali all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario. 172 mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell’art. 2181». 3.La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età degli animali e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell’articolo 113, commi terzo, quarto e quinto. 3. La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età degli animali e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell’articolo 122, commi 4 e 5. Art. 111 (Durata del contratto) 1. Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni. 2. Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato dalla convenzione o dagli usi. 3. Se non è data disdetta, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno Art. 118 (Durata del contratto) 1. Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni. 2. Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato dalla convenzione o dagli usi. 3. Se non è data disdetta, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno. Art. 112 L’articolo è riprodotto dal comma 1 (Direzione dell’impresa, dell’art. 2173 c.c.: “La direzione assunzione di mano d’opera e dell’impresa spetta al soccidante, il obblighi del soccidario) quale deve esercitarla secondo le 1.La direzione dell’impresa spetta al regole della buona tecnica soccidante, il quale deve esercitarla dell’allevamento. secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento. 2.La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario. 3.Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito. 4. Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore Art. 119 (Direzione dell’impresa) 1. La direzione dell’impresa spetta al soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento. Art. 112 co. 2,3,4 (Direzione dell’impresa, assunzione di mano d’opera e obblighi del soccidario) 1.La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario. 2.Il soccidario deve prestare, secondo Art. 120 (Assunzione di mano d’opera e obblighi del soccidario) La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario. Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro Riprodotto dall’art. 2172 c.c. dopo avere soppresso le parole “norme corporative”: «Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni. // Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato dalle norme corporative, dalla convenzione o dagli usi. // Se non è data disdetta, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno». Il comma 1 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 2173 c.c.: «La direzione dell’impresa spetta al soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento. // La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la 173 convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario». I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art. 2174 c.c.: «Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito. // Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore». Il comma 1 è riprodotto dall’art. 2175 c.c.: «Il soccidario non risponde del bestiame che provi essere perito per causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle parti recuperabili». I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art. 2176 c.c.: «Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, per causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti avevano all’inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell’età. // Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere dal contratto». I commi 4 e 5 sono riprodotti dall’art. 2177 c.c.: «Se la proprietà o il godimento del bestiame dato a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano all’acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante. // Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell’anno in corso». I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 2178 c.c.: «Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalle norme corporative, dalla convenzione o dagli usi. // E’ nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno». I commi 3, 4 e 5 sono riprodotti le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito. 3.Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore occorrente per la custodia e l’allevamento degli animali affidatigli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito. Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore. Art. 113 Art. 121 (Degli animali conferiti) (Degli animali conferiti) 1. Il soccidario non risponde degli 1. Il soccidario non risponde degli animali bestiame che provi essere animali che provi essere periti per periti per causa a lui non imputabile, causa a lui non imputabile, ma deve ma deve rendere conto delle parti rendere conto delle parti recuperabili. recuperabili. 2. Nella soccida stipulata per un tempo 2. Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte contrattuale perisca la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, per degli animali inizialmente conferiti, per causa non imputabile al soccidario, causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti eguale a quello che i capi periti avevano all’inizio del contratto, tenuto avevano all’inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell’età. qualità, del sesso, del peso e dell’età. 3. Se il soccidante non provvede alla 3. Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere reintegrazione, il soccidario può dal contratto. recedere dal contratto. 4. Se la proprietà o il godimento degli 4. Se la proprietà o il godimento degli animali dati a soccida viene trasferito animali dati a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano derivanti dalla soccida, passano all’acquirente in proporzione della all’acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del responsabilità sussidiaria del soccidante. soccidante. 5. Se il trasferimento riguarda la 5. Se il trasferimento riguarda la maggior parte degli animali, il maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell’anno in corso. con effetto dalla fine dell’anno in corso. Art. 114 (Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto) 1.Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi. 2.E’ nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno. Art. 122 (Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto) 1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi. 2. E’ nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettante gli nel guadagno. 174 dall’art. 2181 c.c.: «Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame. // Il soccidante preleva, d’accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all’inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell’art. 2178. // Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono». I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 2179 c.c., dopo avere riscritto, sulla base del secondo comma dell’art. 2158 sulla morte del mezzadro, la successione degli eredi del soccidario: “La soccida non si scioglie per la morte del soccidante. // In caso di morte del soccidario, si osservano, in quanto applicabili, nei riguardi degli eredi le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell’art. 2158”. L’originaria norma codicistica sulla morte del soccidario deve ritenersi incompatibile e, perciò, tacitamente abrogata, dall’art. 49, comma 4, della legge 203/1982, che disciplina per tutti i contratti agrari (compresa la soccida) la prosecuzione del contratto in caso di morte del concessionario. L’art. 49, 4° comma, legge 203/1982 stabilisce: “in caso di morte dell’affittuario, mezzadro, colono, compartecipante e soccidario, il contratto si scioglie alla fine dell’annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore a titolo principale, come previsto dal primo comma”. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 2180 c.c.: «Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto». 3.Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima degli animali. 4.Il soccidante preleva, d’accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all’inizio della soccida. Il di più si divide a norma del primo comma. 5. Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono 3. Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima degli animali. 4.Il soccidante preleva, d’accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all’inizio della soccida. Il di più si divide a norma del comma 1. 5.Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono. Art. 115 (Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto) 1.La soccida non si scioglie per la morte del soccidante. 2.In caso di morte del soccidario la soccida si scioglie alla fine dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del soccidario vi sia persona idonea a sostituirlo e i componenti della famiglia del soccidario si accordino nel designarla. 3.Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto Art. 123 (Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto) 1. La soccida non si scioglie per la morte del soccidante. 2. In caso di morte del soccidario la soccida si scioglie alla fine dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del soccidario vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale. 3. Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto. Si è segnalata la necessità di integrare il disposto del comma 2 con quanto stabilito, in caso di morte del soccidario, dall’art. 49, comma 4, della legge 203/1982, nel senso che “in caso di morte del soccidario la soccida si scioglie alla fine dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del soccidario vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale”. La disposizione è stata riformulata nel predetto senso. 175 § 3 – Della soccida parziaria I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 2182 c.c.: «Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. // Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento». I commi 3, 4, 5 e 6 sono riprodotti dall’art. 2183 c.c.: «Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto. // Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell’anno in corso. // Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell’art. 2184. // Se è convenuto che nella divisione del bestiame da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minore durata della soccida». § 3 – Della soccida parziaria Art. 116 (Degli animali conferiti) 1.Nella soccida parziaria gli animali sono conferiti da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. 2.Essi divengono comproprietari degli animali in proporzione del rispettivo conferimento. 3.Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto. 4.Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell’anno in corso. 5.Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell’articolo 117. 6. Se è convenuto che nella divisione degli animali da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minore durata della soccida. Art. 124 (Degli animali conferiti) 1.Nella soccida parziaria gli animali sono conferiti da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. 2.Essi divengono comproprietari degli animali in proporzione del rispettivo conferimento. 3.Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto. 4.Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell’anno in corso. 5.Gli animali rimasti sono divisi fra le parti nella proporzione indicata nell’articolo 125. 6. Se è convenuto che nella divisione degli animali da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minore durata della soccida. La norma è riprodotta dall’art. 2184 c.c.: «Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita dalle norme corporative, dalla convenzione o dagli usi». Art. 117 (Divisione degli animali, dei prodotti e degli utili) 1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, gli animali conferiti si dividono nella proporzione stabilita dalla convenzione o dagli usi. Art. 125 (Divisione degli animali, dei prodotti e degli utili) 1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, gli animali conferiti si dividono nella proporzione stabilita dalla convenzione o dagli usi. La norma è riprodotta dall’art. 2185 c.c.: «Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice». Art. 118 (Rinvio) 1.Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice. Art. 126 (Rinvio) 1. Per quanto non è disposto dagli articoli 124 e 125, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice. § 4 – Della soccida con conferimento di pascolo § 4 – Della soccida con conferimento di pascolo Art. 119 (Nozione e norme applicabili) 1.Si ha rapporto di soccida anche quando gli animali sono conferiti dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. Art. 127 (Nozione e norme applicabili) 1. Si ha rapporto di soccida anche quando gli animali sono conferiti dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. Riprodotto dall’art. 2186 c.c.: «Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame è conferito dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. // In tal caso il soccidario ha la direzione dell’impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione. // Si osservano inoltre le 176 disposizioni dell’art. 2184 e, in quanto 2.In tal caso il soccidario ha la applicabili, quelle dettate per la direzione dell’impresa e al soccidante soccida semplice». spetta il controllo della gestione. 3.Si osservano inoltre le disposizioni dell’articolo 117 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice. § 5 – Disposizione finale Riprodotto dall’art. 2187, ma qui solo con riguardo alla soccida, dato che con riferimenti ai residui contratti di mezzadria e colonia la disposizione è stata inclusa nel comma 5 dell'art. 115: «Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle sezioni II, III e IV di questo capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi». L’incipit del comma 1 è riformulato tenendo conto, congiuntamente, delle norme richiamate di seguito nella nota a questo articolo. Dall’art. 1, comma 1, d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102 Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, come modificato dall’art. d.lgs, 18 aprile 2008, n. 82: “ Art. 1 (Finalità).- 1. Il Fondo di solidarietà nazionale (FSN) ha l’obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, alle condizioni e modalità previste dalle disposizioni comunitarie vigenti in materia di aiuti di Stato, entro i limiti delle risorse disponibili sul Fondo stesso”. Tale norma specifica le finalità contenute in art. 1, comma 2 lettera i), l. 7 marzo 2003, n. 38 Disposizioni in materia di agricoltura: “Favorire l'accesso ai mercati finanziari delle imprese agricole, agroalimentari, dell'acquacoltura e della pesca, al fine di sostenerne la competitività e la permanenza stabile sui mercati, definendo innovativi strumenti finanziari, di garanzia del credito e assicurativi finalizzati anche alla riduzione dei rischi di mercato, nonché favorire il superamento da parte delle imprese agricole delle situazioni di crisi determinate da eventi calamitosi o straordinari”. Nella seconda frase del comma 1 il richiamo è al comma 3 dell’art. 1 d.lgs. 102/2004 come sostituito dall’art. 1, lettera a), del d. lgs. 82/2008: “ 3. Per le finalità di cui al comma 1, il FSN Art. 120 (Rapporti di soccida: disposizione finale) 1. Nei rapporti di associazione di allevamento, per quanto non è espressamente disposto da questo Capo, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi. 2. In tal caso il soccidario ha la direzione dell’impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione. 3. Si osservano inoltre le disposizioni dell’articolo 125 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice. § 5 – Disposizione finale (già Sezione III) Art. 128 (Rapporti di soccida: disposizione finale) 1. Nei rapporti di associazione di allevamento, per quanto non è espressamente disposto da questo Capo, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi. Capo III Dei contratti di assicurazione in agricoltura Art. 129 (Contratti di assicurazione contro le avversità atmosferiche: contributi statali) 1. Per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, lo Stato, nell’ambito delle misure del Fondo di solidarietà nazionale di cui alla lettera a) del comma 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, come modificato dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni alla produzione e alle strutture, concede contributi sui premi assicurativi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, agli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile iscritti nel registro delle imprese o nell’anagrafe delle imprese agricole istituita presso le Province autonome. 2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunga il 30 per cento della produzione. Per contratti assicurativi che coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al comma primo, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è 177 prevede le seguenti tipologie di intervento: a) misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi; b) interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese che hanno subito danni dagli eventi di cui al comma 2 nei limiti previsti dalla normativa comunitaria; c) interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all’attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, compatibilmente con le esigenze primarie dell’impresa agricola”. Ai fini dell’art. 129 interessa soltanto il richiamo alle misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi. Per evitare l’estrapolazione (con successiva abrogazione, della lettera a) di tale comma 3, si preferisce fare il rinvio al d.lgs. 82/2008. La parte finale del comma 1 è riprodotta dall’art. 2, comma 1, d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettere c) e d) del d.lgs. 82/2008: “Per le finalità di cui all'articolo 1, lo Stato concede contributi sui premi assicurativi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile iscritti nel registro delle imprese o nell’anagrafe delle imprese agricole istituita presso le Province autonome”. Il comma 2 è riprodotto dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004 n. 102, come modificato dall’art. 1, lettera e) del d. lgs. 82/2008: “2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 30 della produzione. // 3. Per contratti assicurativi che coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al comma 1, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. // 4. Il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all'interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi”. Il comma 3 è riprodotto dall’art. 1, ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. Il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all’interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi. 3. Così come stabilito dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, sostituito dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, ai fini della concessione dei contributi statali sui premi assicurativi sono considerati calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste dagli orientamenti comunitari. 4. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire in forma collettiva o individuale. Possono deliberare di far ricorso a forme assicurative collettive i consorzi di difesa di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102, nonché le cooperative agricole e loro consorzi, comprese quelle che effettuano la raccolta, la trasformazione, la commercializzazione dei prodotti agricoli degli imprenditori agricoli soci, specificamente autorizzate per lo svolgimento dell’attività assicurativa agevolata dalla rispettiva regione o provincia autonoma. 5. La copertura assicurativa per le produzioni zootecniche è comprensiva del costo di smaltimento dei capi morti per qualsiasi causa. 6. Così come stabilito dall’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, l’entità del contributo pubblico sui premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito denominato: Piano assicurativo, tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell’importanza socioeconomica delle produzioni e del numero di potenziali assicurati. 178 comma 2, d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102, come sostituito dall’art. 1, comma 2, d. lga. 82/2008 “Ai fini del presente decreto legislativo sono considerate calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste dagli orientamenti comunitari”. Poiché la definizione di calamità naturali, avversità atmosferiche vale anche per altre misure del FNS, il richiamo presenta l’incipit “Così come è stabilito….”. E’ utile ricordare la Comunicazione della Commissione sugli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato, pubblicata nella GUCE del 1 febbraio 2000, nella versione rivista del 12 agosto 2000. Si ritiene opportuno riportare nel testo il dettato dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 102 del 2004, anziché riprodurre il contenuto degli orientamenti comunitari in esso richiamati. Tuttavia, a fini di migliore documentazione, si prospetta la possibilità di esprimere tale contenuto, dando ad esso una forma legislativa definitoria, nel modo seguente: «a) per calamità naturali si intendono i terremoti, le valanghe, le frane, le inondazioni e le avverse condizioni atmosferiche quali gelo, grandine, ghiaccio, pioggia o siccità. Queste ultime sono considerate calamità naturali solo qualora arrechino alla produzione agricola o ai mezzi di produzione agricoli danni pari al 20 per cento della produzione normale nelle zone svantaggiate e al 30 per cento nelle altre zone; b) per eventi eccezionali si intendono i disordini interni e gli scioperi e, in funzione della loro estensione, gravi incidenti nucleari o industriali e incendi che causano perdite estese; c) le epizoozie e le fitopatie sono assimilate alle calamità naturali o agli eventi eccezionali solo in presenza di circostanze particolari da valutarsi in concreto». Ora gli aiuti di Stato all’agricoltura sono disciplinati dal regolamento 1/2004 del 23 dicembre 2003 e, sugli aiuti de minimis, dal regolamento 1860/2004 del 6 ottobre 2004, nonché dagli Orientamenti comunitari di cui alla Comunicazione 2006/C 319/01. Il comma 4 è riprodotto dal comma 5 del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102, con l’aggiunta dell’ultimo inciso relativo alle cooperative di raccolta, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli dei soci, che l’art. 4 del nostro schema di d.lgs. considera imprenditori agricoli. 179 Infatti il richiamo ai consorzi di difesa, fatto all’art. 11, commi 1, 2, 3, 4 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102 Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, mette in luce che: “1. I consorzi di difesa sono costituiti da imprenditori agricoli per l'attuazione di iniziative di difesa attiva e passiva delle produzioni e devono costituirsi con atto pubblico, adottando una delle seguenti forme giuridiche: a) associazioni persone giuridiche di diritto privato; b) società cooperative agricole e loro consorzi; c) consorzi di cui all'articolo 2612 e seguenti del codice civile o società consortili di cui all'articolo 2615-ter del medesimo codice. // 2. Il riconoscimento di idoneità allo svolgimento dell'attività dei consorzi è concesso dalla rispettiva regione o provincia autonoma ed è limitato al territorio regionale o della provincia autonoma ove l'ente ha la sede legale. // 3. Il riconoscimento di idoneità può essere attribuito altresì alle cooperative agricole di raccolta, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e loro consorzi, previa modifica del proprio statuto, al fine di uniformarlo alle regole stabilite per i consorzi di cui al comma 1. Qualora le cooperative predette associno produttori situati in regioni o province autonome diverse, il riconoscimento di idoneità deve essere attribuito da ciascuna regione o provincia autonoma. // 4. I consorzi di difesa possono accedere al credito agrario a tasso agevolato per lo svolgimento delle attività di difesa attiva e passiva delle colture.” Non si riporta il comma 5 perché temporalmente superato; esso infatti diceva: “5. Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto i consorzi esistenti ecc. ecc.” Il comma 5 è riprodotto dal comma 5bis dell’art. 2 del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102, come modificato dalle lettera f del comma 1 del d. lgs. 18 aprile 2008, n. 82. Il comma 6 è riprodotto dal 1° comma dell’art. 4 d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102 «Piano assicurativo agricolo annuale»: “1. L'entità del contributo pubblico sui premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito denominato ‘Piano assicurativo’, tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell'importanza socioeconomica delle produzioni e del numero di potenziali assicurati”. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era riportato un articolo (l’art. 31) rubricato “Contratti di assicurazione contro le avversità atmosferiche: contributi statali”, che era riprodotto dal d.lgs. 29 marzo 2004 n. 102, recante interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, in cui si sono previsti, tra l’altro, contributi sui 180 premi assicurativi pagati dagli agricoltori, e ciò in osservanza degli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato nel settore agricolo. Per l’ampiezza della materia (cioè quella del Fondo di solidarietà nazionale) lo schema del DPR non lo prendeva in considerazione nella sua totalità ma solo negli aspetti concernenti i contratti di assicurazione contro i danni. Di conseguenza, solo alcuni commi del d.lgs. 102/2004 venivano a far parte del DPR e solo rispetto si sarebbe dovuto pronunciare l’abrogazione; tuttavia, era apparso preferibile non “spezzettare” le disposizioni, estrapolandole (e conseguentemente abrogandole) dal d. lgs. 102/2004, ricorrendo al sistema del richiamo “Così come è stabilito ….”. Però, stante l’integrale ripetizione nel proposto DPR, venivano (e ora vengono) abrogati i commi 1, 2, 3, 4, 5, e 5bis dell’art. 2 del d.lgs. 102/2004, come sostituiti dall’art. 1, comma 1, lettere b), c), d), e), f) del d.lgs. 18 aprile 2008 n. 82 (v. art. 131 lett. vv del presente schema di d.lgs. di riordino e semplificazione). L’art. 31 del collegato DPR, sotto la rubrica “Assicurazione contro le avversità atmosferiche”, disponeva: “1. Per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, lo Stato, nell’ambito delle misure del Fondo di solidarietà nazionale volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni alla produzione e alle strutture, concede contributi sui premi assicurativi agli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135. // 2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 20 per cento della produzione nelle aree svantaggiate ed il 30 per cento nelle altre zone. Per contratti assicurativi che coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al comma primo, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. Il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all’interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi. // 3. Ai fini della concessione dei contributi statali sui premi assicurativi sono considerati calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti al punto 11.2 degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, 2000/C28/02, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste al punto 11.3 dei predetti orientamenti comunitari. // 4. I rischi di mercato rientrano nei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102. // 5. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire in forma collettiva o individuale. Possono deliberare di far ricorso a forme assicurative collettive i consorzi di difesa di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nonché le cooperative agricole e loro consorzi. // 6. L’entità del contributo pubblico sui premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito denominato Piano assicurativo, tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell’importanza socio-economica delle produzioni e del numero di potenziali assicurati”. Il d.lgs. 102/2004 è stato modificato anche in modo rilevante, dal d.lgs. 18 aprile 2008, n. 82. Melius re perpensa, è sembrato più corretto non delegificare le disposizioni riprodotte dai decreti legislativi 102/2004 e 82/2008, sicché esse sono state riportate nello schema del presente decreto legislativo alla fine dei Capi relativi ai contratti di coltivazione e di allevamento, in un Capo distinto, perché esse si applicano a tutte le imprese agricole. Comunque e con riferimento all’art. 31 del connesso DPR approvato dal CdM l’11.12.2009, è stato suggerito di aggiungere un ultimo inciso al comma 4 relativo alle cooperative di raccolta, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli dei soci, che l’art. 4 del nostro schema di d.lgs. considera imprenditori agricoli (Federcoop), nonché di aggiungere, anche alla luce dell’art. 11 del d.lgs. 102/2004, le parole “specificamente autorizzate ….. provincia autonoma” ( Commissione parlamentare del Senato). I suggerimenti meritano di essere accolti. Si è dell’opinione che i contratti agrari di tipo enfiteutico, ossia quelli che danno luogo ad un diritto reale, facciano parte di un periodo storico ormai superato. Sicché, indipendentemente dalla circostanza che molto probabilmente tutti gli enfiteuti di fondi rustici si siano già avvalsi della facoltà di affrancazione, si ritiene che convenga applicare a quelli che eventualmente residuano la disciplina della vecchia legge 15 febbraio 1958 n. 74 sui livelli veneti, che ebbe a trasformare in un debito personale il livello, stabilendo un agevole procedimento di liberazione. Comunque si ricorda che i contratti agrari di tipo enfiteutico risalgono: 1) alla legge 25 febbraio 1963, n. 327 Norme sui contratti a miglioria in uso nelle Province del Lazio [secondo cui «I rapporti a miglioria in uso nelle Province del Lazio, comunque denominati e comunque costituiti, nei quali il coltivatore abbia il possesso del Capo III Dei contratti agrari di tipo enfiteutico Art. 121 (Riconduzione dei contratti agrari di tipo enfiteutico a contratti di godimento personale di fondi rustici. Estinzione) 1. I diritti dei concedenti dei contratti agrari di tipo enfiteutico come già definiti dalle leggi 25 febbraio 1963, n. 327, e 22 luglio 1966, n. 607, sono convertiti nel diritto di credito di cui al comma 2. 2. I titolari dei diritti di cui al comma 1 divengono creditori degli attuali concessionari di contratti agrari di tipo enfiteutico, di una somma corrispondente a 20 volte il canone annuo che, ai sensi delle vigenti leggi, sia dovuto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura di cui alla legge delega 28 novembre 2005 n. 246. Il credito deve essere estinto entro un Capo IV (già Capo III) Dei contratti agrari di tipo enfiteutico Art. 130 (Riconduzione dei contratti agrari e dei rapporti di tipo enfiteutico a contratti e a rapporti di godimento personale di fondi rustici. Estinzione) 1. I diritti dei concedenti dei contratti agrari di tipo enfiteutico definiti dalla legge 22 luglio 1966, n. 607, sono convertiti nel diritto di credito di cui al comma 2. 2. I titolari dei diritti di cui al comma 1 divengono creditori degli attuali concessionari di contratti agrari di tipo enfiteutico, di una somma corrispondente a 15 volte il canone annuo che, ai sensi delle vigenti leggi, sia dovuto alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Il credito deve essere estinto entro un anno dalla data di entrata in vigore del 181 fondo da oltre trent'anni, e abbia apportato al fondo migliorie in conformità dell'uso locale o della convenzione, sono dichiarati perpetui e sono applicabili ad essi, oltre le norme della presente legge, quelle contenute nel titolo IV del libro terzo del codice civile e nella legge 11 giugno 1925, n. 998, e successive modificazioni e integrazioni. // Sono ritenuti rapporti a miglioria quelli nei quali il coltivatore abbia apportato al fondo miglioramenti con impianto di colture arboree o arbustive, con o senza fabbricati rurali, o quelli nei quali il coltivatore abbia pagato il valore delle migliorie secondo la convenzione o l'uso locale, all'atto dell'ingresso nel fondo»]; 2) alla legge 22 luglio 1966, n. 607 Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue [secondo cui «Le disposizioni della presente legge si applicano anche: a) ai rapporti a miglioria in uso nelle province del Lazio, previste dagli articoli 1 e 2 della legge 25 febbraio 1963, n. 327; b) ai rapporti a miglioria analoghi, per contenuto e caratteristiche, a quelli di cui alla precedente lettera a) e relativi a fondi rustici situati in altre parti del territorio nazionale; c) ai rapporti costituiti in base a contratti agrari atipici ed in cui siano prevalenti gli elementi del rapporto enfiteutico. // Ai rapporti di cui alla lettera b) sono inoltre applicabili le disposizioni degli articoli 1, 2, 3, 6 e 9 della legge 25 febbraio 1963, n. 327»], ovverosia a leggi pre-1970. Si ricordi ancora che l’art. 2 della legge 25 febbraio 1963, n. 327, Norme sui contratti a miglioria in uso nelle Province del Lazio stabilisce: «Ai fini dell'applicazione dell'art. 1 la durata del rapporto dell'attuale miglioratario si cumula con quella dei rapporti dei miglioratari precedenti quando vi sia stata cessione del contratto a qualsiasi titolo o quando il miglioratario subentrato abbia pagato all'atto dell'ingresso nel fondo il valore delle migliorie secondo la convenzione o l'uso locale»; che l’art. 1 della legge 22 maggio 1980, n. 233, Interpretazione autentica degli articoli 1 e 6 della legge 25 febbraio 1963, n. 327 dispone: «L'articolo 1 della legge 25 febbraio 1963, n. 327, deve intendersi applicabile ai soli rapporti a miglioria ivi considerati, comunque denominati e comunque costituiti anche in deroga al disposto dell'articolo 1350, n. 2, del codice civile e non anche a quelli che erano gia perpetui all'epoca dell'entrata in vigore di detta legge, in virtù di anteriore titolo costitutivo o di usucapione»; e che l’art. 54 della anno dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino e si prescrive nei due anni successivi. 3. Gli uffici catastali e quelli dei registri immobiliari cancelleranno, entro tre anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino, ogni intestazione riguardante i diritti di cui al comma primo. Le trascrizioni dei diritti di cui al comma 1 si intendono comunque cancellate dopo tre anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino. presente decreto legislativo e si prescrive nei cinque anni successivi. All’estinzione del credito per pagamento o per prescrizione consegue l’attribuzione della proprietà del bene al concessionario. 3. Su richiesta e a spese dell’interessato, senza particolari formalità, gli uffici catastali e quelli dei registri immobiliari cancelleranno ogni intestazione riguardante i diritti di cui al comma primo. Le trascrizioni dei diritti di cui al comma 1 si intendono comunque cancellate dopo cinque anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo. 4. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche ai rapporti di tipo enfiteutico sorti a seguito della liquidazione degli usi civici, o della legittimazione delle usurpazioni o della assegnazione dei terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria come regolate dagli articoli 7, 10 e 19 della legge 16 giugno 1927, n. 1766. I Comuni divengono creditori di una somma corrispondente a 15 volte il canone annuo fissato, ai sensi della suddetta legge, al momento della liquidazione o della legittimazione o della ripartizione. 182 legge 3 maggio 1982 n. 203 dispone: «Ai rapporti di miglioria di cui all'articolo 1 della legge 25 febbraio 1963, n. 327, e ai rapporti analoghi esistenti nell'intero territorio nazionale, sino a quando non abbiano raggiunto la durata indicata in tale articolo, si applicano le norme della presente legge sempreché più favorevoli alle condizioni pattizie e consuetudinarie esistenti». Si ritiene che comunque vadano abrogate la legge 327/1963; la legge 607/1966; la legge 233/1980; nonché l’art. 54 della legge 203/1982. I commi 1, 2 e 3 sono una norma nuova. La formula è suggerita dalla legge 7 gennaio 1974, n. 3 “Norme integrative ed interpretative della legge 15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli veneti”. L’art. 1 della predetta legge recita: “1. I diritti dei concedenti o direttari relativi ai rapporti regolati dalla legge 15 febbraio 1958, n. 74, nonché quelli relativi ad altre prestazioni fondiarie perpetue, sono convertiti nel diritto di credito di cui all’articolo 2 della presente legge e salvo quanto disposto dal successivo articolo 3…// 2. Sono parimenti convertiti nel diritto di credito di cui all’articolo 2 della presente legge e salvo il disposto del successivo articolo 3 i canoni sinora dovuti dai proprietari di fondi situati nelle province venete a titolo di decime, quartesi ed altre prestazioni fondiarie perpetue”. L’art 2 della predetta legge 3/74 recita: “I titolari dei diritti di cui al comma precedente divengono creditori degli attuali proprietari utilisti di una somma corrispondente a 20 volte il canone annuo che, ai sensi delle vigenti leggi, sia dovuto per l’anno 1970. Il credito deve essere estinto entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge e si prescrive nei due anni successivi”. L’art. 3 della predetta legge 3/74 recita: “I proprietari utilisti che non intendono assumere il debito di cui all’articolo precedente debbono darne notizia alla controparte a prestarsi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge all’atto di ricognizione di cui all’articolo 969 del codice civile. In tal caso i diritti indicati nell’articolo 1 sono regolati dalle disposizioni sull’enfiteusi contenute negli articoli 957 e seguenti del codice civile e successive disposizioni in materia”. L’art. 4 della predetta legge 3/74 recita: “Gli uffici catastali e quelli dei registri immobiliari cancelleranno, entro tre anni dall’entrata in vigore della presente legge, ogni intestazione riguardante i diritti di cui all’articolo 1, salvo che non sia prodotto l’atto di ricognizione di cui all’articolo 3. Le 183 trascrizioni dei diritti di cui all’articolo 1 si intendono comunque cancellate dopo tre anni dall’entrata in vigore della presente legge, salvo che non sia prodotto l’atto di ricognizione di cui all’articolo 3”. Non si ritiene di dover richiamare il disposto dell’art. 3 della predetta legge 3/74 perché è opportuno che tutte le disposizioni relative ai contratti agrari di tipo enfiteutico vengano definitivamente eliminate. Sono, comunque, da ritenersi abrogate non solo la legge 15 febbraio 1958 n. 74 sui canoni livellari veneti (già abrogata dall’art. 24 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112), ma anche la legge 7 gennaio 1974 n. 3. Il comma 4 riguarda i rapporti enfiteutici “nati” dalla liquidazione degli usi civici. La legge 1766/1927 sulla liquidazione degli usi civici prevedente il sorgere di rapporti enfiteutici in tre distinte ipotesi. L’art. 7 dichiara che “sono esenti dalla divisione e gravati di un annuo canone di natura enfiteutica a favore del Comune, in misura corrispondente al valore dei diritti da stabilirsi con perizia, i terreni [gravati da usi civici] che abbiano ricevuto dai proprietari sostanziali e permanenti miglioramenti, ed i piccoli appezzamenti non raggruppabili in unità agrarie”. L’art. 9 stabilisce che “qualora sulle terre di uso civico appartenenti ai Comuni, alle frazioni e alle associazioni o ad esse pervenuti per effetto della liquidazione di cui all’art. 1, siano avvenute occupazioni, queste, su domanda degli occupatori, potranno essere legittimate….”, mentre l’art. 10 aggiunge: “Nel concedere la legittimazione di cui all’articolo precedente, il commissario imporrà sul fondo occupato e a favore del Comune o dell’associazione un canone di natura enfiteutica…”. L’art. 19 stabilisce che “L’assegnazione delle unità fondiarie risultanti dalla ripartizione è fatta a titolo di enfiteusi…”. Si estende a tali ipotesi la regola dell’estinzione delle enfiteusi rustiche, anche su suggerimento della Commissione bicamerale sulla semplificazione. Non sono considerate in questo Titolo V del decreto legislativo di riordino le discipline dettate dall’art. 11 della legge 15 settembre 1964, n. 756, relativo alle concessioni separate, nonché dall’art. 13 della medesima legge n. 756 del 1964, e dagli artt. 18 e 24, commi 1 e 3, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, relativi ai contratti atipici. Tali discipline, infatti, hanno ormai soltanto valore storico, perché sostituite dalla disciplina generale, rispettivamente dell’art. 19 della legge 184 11 febbraio 1971, n. 11 e 27 della legge 3 maggio 1982, n. 203. Comunque le suddette leggi vengono abrogate. Si suggerisce di estendere la formula approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 anche alle ipotesi dei rapporti enfiteutici che si costituiscono nei casi di quotizzazione e di legittimazione delle terre gravate da usi civici, nonché di calcolare il quantum dell’affrancazione in 15 volte il canone annuo, e di espressamente disporre che all’estinzione del credito, per pagamento o per prescrizione, consegua l’attribuzione della proprietà del bene al concessionario affrancante (Commissione bicamerale per la semplificazione). Il suggerimento va accolto anche per ragioni di un corretto sistema. Di conseguenza, la disposizione del comma 4 è stata riformulata secondo i suggerimenti proposti, suggerimenti accolti anche con riguardo alla soppressione del richiamo (comma 1) alla legge 327/1963 che implicitamente risulta già richiamata con il riferimento alla legge 607/1966. La Commissione bicamerale per la semplificazione ha invitato il Governo di valutare la permanenza in vigore delle disposizioni di carattere processuale della legge 607/1966. Le disposizioni processuali riguardano la domanda giudiziale di affrancazione dei canoni enfiteutici; poiché, però, la disposizione dell’articolo 130 del presente decreto legislativo modifica completamente il sistema (non si tratta più di affrancazione, ma di automatica trasformazione del diritto dei concedenti in un diritto di credito) non può restare in vigore il sistema processuale di affrancazione. Titolo VII Delle abrogazioni Art. 123 (Abrogazioni) 1. Sono abrogati: a) legge 3 giugno 1940 n. 1078, sulle unità poderali in zona di bonifica; b) articolo 9 del decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114 (Provvidenze a favore della piccola proprietà contadina); c) legge 18 agosto 1948, n. 1140 (Contratto di affitto dei fondi rustici e di vendita delle erbe per il pascolo); d) legge 1° luglio 1952, n. 701 (Norme in materia di revisione dei canoni enfiteutici e di affrancazione); e) articoli 6 e 8 della legge 6 agosto 1954, n. 604 (Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie favore della piccola proprietà contadina); f) legge 1° febbraio 1956, n. 53 (Provvedimenti per lo sviluppo della piccola proprietà contadina), ad eccezione degli articoli 2, 3, 6, 7 e 8; g) legge 2 giugno 1961, n. 454 (Piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura ad eccezione dell’articolo 28; h) legge 2 aprile 1962, n. 171 (Norme in materia di ripartizione dell’incremento legnoso delle piante d’alto fusto); i) legge 12 giugno 1962, n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici), ad eccezione del comma 3 dell’articolo 1; j) legge 25 febbraio 1963, n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso nelle Province del Lazio); k) articoli da 5 a 8 e da 10 a 12 della legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle Sezioni specializzate agrarie); Titolo VI Delle abrogazioni Art. 131 (Abrogazioni) 1. Sono abrogati: a) la legge 3 giugno 1940, n. 1078, sulle unità poderali in zona di bonifica; b) articolo 9 del decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114, provvidenze a favore della piccola proprietà contadina; c) la legge 1° luglio 1952, n. 701, norme in materia di revisione dei canoni enfiteutici e di affrancazione; d) gli articoli 6 e 8 della legge 6 agosto 1954, n. 604, modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie favore della piccola proprietà contadina; e) la legge 1° febbraio 1956, n. 53, provvedimenti per lo sviluppo della piccola proprietà contadina, ad eccezione degli articoli 2, 3, 6, 7 e 8; f) la legge 2 giugno 1961, n. 454, piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura, ad eccezione dell’articolo 28 e dell’articolo che istituisce la Commissione tecnica provinciale; g) la legge 2 aprile 1962, n. 171, norme in materia di ripartizione dell’incremento legnoso delle piante d’alto fusto; h) la legge 12 giugno 1962, n. 567, norme in materia di affitto di fondi rustici, ad eccezione del comma 3 dell’articolo 1; i) la legge 25 febbraio 1963, n. 327, norme sui contratti a miglioria in uso nelle Province del Lazio, ad eccezione dell’articolo 1; j) gli articoli 8 e da 10 a 12 della legge 2 marzo 1963, n. 320, disciplina delle controversie innanzi alle Sezioni specializzate agrarie; 185 l) legge 15 settembre 1964, n. 756 (Norme in materia di contratti agrari); m) articoli da 1 a 8, da 12 a 13, 14 (comma 1), da 15 a 39 della legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), ad eccezione del comma 2 dell’articolo 14 e dell’articolo 25; n) legge 22 luglio 1966, n. 606 (Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti), ad eccezione del comma 4 dell’articolo 1; o) legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue); p) legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi); q) legge 11 febbraio 1971 n. 11 (Nuova disciplina dell’affitto di fondi rustici); r) legge 14 agosto 1971, n. 817 (Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) ad eccezione dell’articolo 6; s) legge 9 agosto 1973, n. 508 (Ulteriore proroga delle disposizioni contenute nella legge 462/1972 in materia di affitto di fondi rustici); t) legge 10 dicembre 1973, n. 814 (Modifiche alla legge 11/1971 concernente la disciplina dell’affitto dei fondi rustici); u) legge 7 gennaio 1974, n. 3 (Norme integrative ed interpretative della legge 15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli veneti); v) legge 14 giugno 1974, n. 270 (Norme in materia di enfiteusi); w) legge 10 maggio 1976, n. 265 (Modifiche e integrazioni alla legge 590/1965 sulla proprietà coltivatrice); x) legge 10 maggio 1978, n. 176 (Norme provvisorie in materia di affitto di fondi rustici); y) legge 4 agosto 1978 n. 440, sulla concessione delle terre incolte; z) legge 8 gennaio 1979 n. 2 (Interpretazione autentica dell’articolo 8 della legge 590/65); aa) legge 22 maggio 1980, n. 233 (Interpretazione autentica degli articoli 1 e 6 della legge 25 febbraio 1963, n. 327); bb) legge 23 luglio 1980 n. 487 (Interventi della Cassa per la formazione della proprietà contadina a favore delle cooperative agricole); cc) legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), ad eccezione degli articoli 25, 26, da 28 a 33-bis e 37; dd) articoli 1, 2 e 15 della legge 4 giugno 1984 n. 194 (Interventi a sostegno dell’agricoltura) [N.B.: gli altri articoli riguardano autorizzazioni di spese che si ignora se siano ancora vigenti; k) la legge 15 settembre 1964, n. 756, norme in materia di contratti agrari; l) gli articoli da 1 a 3, da 5 a 8, da 12 a 13, 14, comma 1, da 15 a 39 della legge 26 maggio 1965, n. 590, disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 14 e dell’articolo 25; m) la legge 22 luglio 1966, n. 606, disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti, ad eccezione del comma 4 dell’articolo 1; n) la legge 22 luglio 1966, n. 607, norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue; o) gli articoli da 1 a 4 della legge 18 dicembre 1970, n. 1138, nuove norme in materia di enfiteusi; p) la legge 11 febbraio 1971 n. 11, nuova disciplina dell’affitto di fondi rustici, ad esclusione dell’art. 26 già abrogato; q) la legge 14 agosto 1971, n. 817, disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, ad eccezione dell’articolo 6; r) la legge 9 agosto 1973, n. 508, ulteriore proroga delle disposizioni contenute nella legge 462/1972 in materia di affitto di fondi rustici; s) la legge 10 dicembre 1973, n. 814, modifiche alla legge n. 11 del 1971 concernente la disciplina dell’affitto dei fondi rustici; t) la legge 7 gennaio 1974, n. 3, norme integrative ed interpretative della legge 15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli veneti; u) la legge 14 giugno 1974, n. 270, norme in materia di enfiteusi; v) la legge 10 maggio 1976, n. 265, modifiche e integrazioni alla legge n. 590 del 1965 sulla proprietà coltivatrice); w) la legge 10 maggio 1978, n. 176, norme provvisorie in materia di affitto di fondi rustici; x) la legge 4 agosto 1978 n. 440, sulla concessione delle terre incolte; y) la legge 8 gennaio 1979 n. 2, interpretazione autentica dell’articolo 8 della legge n. 590 del 1965; z) la legge 22 maggio 1980, n. 233, interpretazione autentica degli articoli 1 e 6 della legge 25 febbraio 1963, n. 327; aa) la legge 23 luglio 1980 n. 487, interventi della Cassa per la formazione della proprietà contadina a favore delle cooperative agricole; bb) la legge 3 maggio 1982, n. 203, norme sui contratti agrari, ad eccezione degli articoli 25, 26, da 28 a 33-bis, nonché degli articoli 46 e 47 questi ultimi già abrogati; cc) gli articoli 1 e 15 della legge 4 186 ee) legge 14 febbraio 1990 n. 29 (Modifiche e integrazioni alla legge 203/1982 relativa alla conversione in affitto dei contratti agrari associativi); ff) legge 5 febbraio 1992, n. 102 (Norme concernenti l’attività d’acquacoltura); gg) comma 1 dell’articolo 26 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica); hh) articolo 2 della legge 23 agosto 1993, n. 349, Norme in materia di attività cinotecnica; ii) articoli 4, 5 e 5-bis (commi 1, 2, 3 e 6) della legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane); jj) comma 2, lettere d) e g), dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (Riforma della disciplina del commercio); kk) articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole); ll) articoli 3 (commi 1, 2 e 3), 14 (comma 1) e 15 della legge 15 dicembre 1998, n. 441 (Norme per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura); mm) articoli 1, 3 e 4 (comma 2) della legge 27 luglio 1999, n. 268 (Disciplina delle strade del vino); nn) commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1998, n. 488 (Legge finanziaria 2000) come aggiunti dall’articolo 123 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001); oo) articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1999 n. 503 (Regolamento recante norme per l’istituzione della carta dell’agricoltore e del pescatore e dell’anagrafe delle aziende agricole, in attuazione dell’art. 14, comma 3, d. lgs. 173/1998); pp) articoli 2 (commi 1-7) e 3 del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 226 (Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell’acquacoltura); qq) articoli 5 (comma 3), 7 e 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 (Orientamento e modernizzazione del settore forestale); rr) articoli 1 (comma 2), da 2 a 11 (commi da 4 a 5), da 13 a 15, da 21 a 22 del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo); ss) articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Legge finanziaria per il 2003); tt) articoli 1, 2 (comma 1, lettere a e giugno 1984 n. 194, interventi a sostegno dell’agricoltura; dd) la legge 14 febbraio 1990 n. 29, modifiche e integrazioni alla legge n. 203 del 1982 relativa alla conversione in affitto dei contratti agrari associativi, ad esclusione dell’articolo 9 già abrogato; ee) la legge 5 febbraio 1992, n. 102, norme concernenti l’attività d’acquicoltura; ff) l’articolo 26 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica; gg) l’articolo 2 della legge 23 agosto 1993, n. 349, norme in materia di attività cinotecnica; hh) gli articoli 4, 5 e 5-bis, commi 1, 2, 3 e 6, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, nuove disposizioni per le zone montane; ii) il comma 2, lettere d) e g), dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, riforma della disciplina del commercio; jj) l’articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole; kk) gli articoli 3, commi 1, 2, 3 e 4, 14, comma 1, e 15 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, norme per la diffusione e la valorizzazione dell’imprenditoria giovanile in agricoltura; ll) gli articoli 1, 3 e 4, comma 2, della legge 27 luglio 1999, n. 268, disciplina delle strade del vino; mm) i commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, legge finanziaria 2000, come aggiunti dall’articolo 123 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, legge finanziaria 2001; nn) l’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999 n. 503, regolamento recante norme per l’istituzione della carta dell’agricoltore e del pescatore e dell’anagrafe delle aziende agricole, in attuazione dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 173 del 1998); oo) gli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, come modificati; pp) gli articoli 2, commi da 1 a 7, e 3 del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 226, orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell’acquicoltura; qq) gli articoli 5, comma 3, 7 e 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, orientamento e modernizzazione del settore forestale; rr) gli articoli 1, comma 2, da 2 a 11, commi 4 e 5, 13 e 14, 21 e 22 del 187 b), 3, 4, 5 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 (Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale); uu) articoli 1, 2, 4 (comma 1), da 7 a 11, 13 (commi 2, 3 e 6) e 14 (commi 2, 3, 4, 7, 8 e 13-quater) del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura); vv) articoli 1, 2 e 5 del decreto legge 22 novembre 2004, n. 279 (Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica), convertito, con modifiche, nella legge 28 gennaio 2005, n. 5; ww) articoli 1, 2, 3 e 4 (comma 3) del decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 101 (Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell’agricoltura e delle foreste); xx) articoli 2bis, 3 (comma 5quinquies) e 4 del decreto legge 9 settembre 2005 n. 182 (Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentare), convertito, con modifiche, in legge 11 novembre 2005, n. 231; yy) articolo 1 (commi 420 e 423), legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Legge finanziaria per il 2006); zz) articoli 2-quinquies, 5 (commi 1sexies e 1-septies) del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2 (Interventi urgenti per i settore dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità di impresa), convertito, con modifiche, in legge 11 marzo 2006, n. 2; aaa) articoli da 1 a 3, da 5 a 13 e 15 della legge 20 febbraio 2006 n. 96 (Disciplina dell’agriturismo); bbb) commi 1065, 1068, 1069, 1081, 1082 e 1094, dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria per 2007); ccc) commi 35, 120, 177, 134 e 382 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008); ddd) articolo 27 del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 248 (Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria); eee) articoli 4-ter e 4-octies del decreto legge 3 novembre 2008, n. 171 (Misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare); fff) articolo 4-quinquies del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, orientamento e modernizzazione del settore agricolo; ss) (già tt) l’articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, legge finanziaria per il 2003; tt) gli articoli 1, 2, comma 1, lettere a) e b), 3, 4, 5 della legge 24 dicembre 2003, n. 378, disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale; uu) gli articoli 1, 2, 4, comma 1, da 7 a 11, 13, commi 2, 3 e 6, e 14, commi 2, 3, 4, 7, 8 e 13-quater, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura; vv) i commi 1, 2, 3, 4, 5 e 5-bis dell’articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole) come modificati o sostituiti dalle lettere b), c), d), e) ed f) del comma 1 dell’articolo 1 del decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, modifiche al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102; ww) gli articoli 1, 2 e 5 del decretolegge 22 novembre 2004, n. 279, disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5; xx) gli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 3, del decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 101, ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell’agricoltura e delle foreste; yy) gli articoli 2-bis, 3, comma 5quinquies, e 4 del decreto-legge 9 settembre 2005 n. 182, interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentare, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231; zz) l’articolo 1, commi 420 e 423, legge 23 dicembre 2005 n. 266, legge finanziaria per il 2006; aaa) gli articoli 2-quinquies, 5, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, interventi urgenti per i settore dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità di impresa, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 2; bbb) gli articoli da 1 a 3, da 5 a 13 e 15 della legge 20 febbraio 2006, n. 96, disciplina dell’agriturismo; ccc) i commi 1065, 1068, 1069, 1081, 1082 e 1094, dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge 188 2009, n. 102 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini); ggg) articoli da 1629 a 1631, da 1634 a 1649, 1652, 1654 e da 2141 a 2187 del codice civile. 2. Tutti i rinvii alle disposizioni nominalmente abrogate dal comma 1, perché sostituite da disposizioni contenute nel presente decreto legislativo, si intendono riferiti a queste ultime. finanziaria per 2007; ddd) i commi 35, 120, 177, 134 e 382 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria per il 2008; eee) gli articoli 4-ter e 4-octies del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 205; fff) l’articolo 4-quinquies del decretolegge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini; ggg) il comma 4-bis (le prime tre frasi) dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (il c.d. decreto “mille proroghe”), convertito. Con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25; hhh) il comma 41 dell’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220; iii) il comma 43 dell’articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2001 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111; jjj) la prima frase del comma 2 dell’articolo 7 della legge 12 novembre 2011, n. 183; lll) gli articoli da 1629 a 1631, da 1634 a 1649, 1652, 1654 e da 2141 a 2187 del codice civile. 2. Tutti i rinvii alle disposizioni nominalmente abrogate dal comma 1, perché sostituite da disposizioni contenute nel presente decreto legislativo, si intendono riferiti a queste ultime. *Si suggerisce di espungere dall’articolo sulle abrogazioni le seguenti disposizioni: -legge 18 agosto 1948 n. 1140, perché già abrogata -articolo 2 della legge 4 giugno 1984 n. 194, perché già abrogato -articolo 27 del d.l. 248/2007 (Consigliano tale espunzione la Commissione bicamerale e la Commissione agricoltura del Senato). I suggerimenti sono stati accolti. *Inoltre sono stati espunti dall’elenco delle abrogazioni, perché già abrogati dall’art.34, commi 10,11,12 e 13 del d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150, sulle disposizioni complementari al codice di procedura civile, le seguenti disposizioni: -articoli 5, 6 e 7 della legge 2 marzo 1963 n. 320 -articolo 26 della legge 11 febbraio 1971 n. 11 -articoli 46 e 47 della legge 3 maggio 1982 n. 203 -articolo 9 della legge 14 febbraio 1990 n. 29. *L’attenta rilettura dell’intero schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione ha messo in evidenza che, alle disposizioni di abrogazione contenute nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, debbano aggiungersi le seguenti: -artt. 9 e 10 d.lgs. 185/2000, interamente riprodotti nei commi 2,3,4 e 5 dell’art. 13 del presente decreto; mentre dalle abrogazione debbano essere espunti: -l’art. 4 della legge 26 maggio 1965 n. 590 Titolo VII Titolo VI Delle disposizioni finali Il comma 1 è stato “dettato” dal Delle disposizioni finali Ministero dell’economia. Art. 122 Art. 132 Il comma 2 ribadisce la clausola di (Norma finale) (Norma finanziaria) invarianza finanziaria anche in ottemperanza a quanto previsto dalla 1.Le disposizioni recate dal presente 1. Le disposizioni recate dal presente 189 legge delega (art. 10, comma 1, legge decreto legislativo non comportano, in 246/2005). ogni caso, mutamenti dell’ambito di applicazione di norme tributarie agevolative vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. decreto legislativo non comportano, in ogni caso, mutamenti dell’ambito di applicazione di norme tributarie agevolative vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Comunque, dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si è sentita l’opportunità/necessità di riproporre in modo generale che le disposizioni del presente decreto legislativo di riordino e semplificazione non possono incidere sulle finanze pubbliche. L’articolo riproduce la clausola di cui all’art. 14, comma 18, della legge 246/2005. Art. 133 (Disposizioni integrative, correttive e modificative) A decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto legislativo e del correlato regolamento ed entro due anni dalla relativa entrata in vigore, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, disposizioni integrative e correttive. Ogni intervento normativo di rango legislativo incidente sul presente decreto legislativo o sulle materie dallo stesso disciplinate va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o abrogazione delle specifiche disposizioni in esso contenute. Come stabilito in occasione dell’emanazione di altri “codici” di settore e su raccomandazione della Commissione bicamerale per la semplificazione (ribadita nel parere del 23 novembre 2011) si è previsto che entro due anni dall’entrata in vigore del presente decreto possano essere emanate disposizioni integrative e correttive, come è previsto dall’art. 14 della legge 246/2005 (ma senza richiamare la legge 246/2005). Inoltre, anche su suggerimento della Commissione bicamerale per la semplificazione e comunque ai sensi dell’art. 13-bis della legge 400/1988, si è avvertita l’opportunità/necessità di stabilire che le future disposizioni sulle materie contenute nel presente decreto legislativo debbano intervenire sul testo di questo stesso decreto, mediante espressa modificazione delle sue disposizioni. A seguito della riformulazione dell’apparato ministeriale (novembre 2011) si è ritenuta necessaria l’eliminazione del richiamo al “concerto” con il Ministro per la semplificazione normativa. L’entrata in vigore del decreto legislativo coincide con quella del connesso DPR (v. art 23 del DPR) ed è strettamente agganciata al peculiare meccanismo previsto dal c.d. taglialeggi che individua la decorrenza dell’effetto automatico abrogativo a far data dal 15 dicembre 2010 (cfr. art. 14, comma 14-ter, legge 246/2005) Art. 134 (Entrata in vigore) 1. Il presente decreto legislativo entra in vigore sei mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Nella stessa data entra in vigore il decreto del Presidente della Repubblica attuativo del presente decreto legislativo. 2. Fino all’adozione dell’intervento correttivo che provveda ad adeguare il presente decreto legislativo, rimangono in vigore le disposizioni che, nelle materie del presente decreto legislativo, dovessero essere emanate prima della data della sua entrata in vigore. 3. Il presente decreto legislativo, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. 190 E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare. Si è prevista un’entrata in vigore entro sei mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale. Nel suo parere del 23 novembre 2011, la Commissione bicamerale per la semplificazione ha suggerito di integrare l’art. 134: a) con la previsione della contestuale entrata in vigore del DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino e ciò ai sensi dell’art. 20, comma 7, della legge 59/1997; b) con la clausola di salvezza per le disposizioni che dovessero essere nel frattempo emanate, prima dell’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino, assicurandone la permanenza in vigore, fino all’adozione di un primo intervento correttivo che provveda ad adeguare il decreto legislativo di riordino. Il suggerimento è da accogliersi Il d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 212 “Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’articolo 14, comma14quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246”, il d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 213 “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante dispo sizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore” e il DPR 13 dicembre 2010, n. 248, “Regolamento recante abrogazione espressa delle norme regolamentari vigenti che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete, a norma dell’articolo 17, comma 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400” sono stati esaminati nella redazione dei presenti testi di d.lgs. e del correlato DPR, ma giudicati non rilevanti ai loro fini. 191 192 PROPOSTA DI DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ATTUATIVO DEL DECRETO LEGISLATIVO DI RIORDINO DELLE NORMATIVE SULL’ATTIVITA’ AGRICOLA Indice Titolo I Dell’impresa agricola Capo I Dell’attività di produzione e cessione di agroenergia come attività connessa ART. 1 (Opzione per la determinazione del reddito da cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche) Capo II Degli imprenditori agricoli giovani ART. 2 (Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura) ART. 3 (Percorsi formativi per giovani agricoltori) Capo III Delle attività connesse agrituristiche ART. 4 (Programmazione e sviluppo dell'agriturismo) ART. 5 (Osservatorio nazionale dell'agriturismo) Capo IV Delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Art. 6 (Presentazione delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Art. 7 (Misure di sostegno) Capo V Dell’acquicoltura, della piscicoltura e dell’impresa ittica Art. 8 (Filiera del settore ittico) Capo VI Della carta dell’agricoltore e del fascicolo aziendale ART. 9 (Della carta dell’agricoltore) ART. 10 (Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento) Titolo II Della disciplina delle aree agricole Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale ART. 11 (Della buona pratica agricola) Capo II Dell’architettura rurale ART. 12 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale) ART. 13 (Procedure di concessione dei contributi) ART. 14 (Sponsorizzazioni) Capo III Della biodiversità e dell’agricoltura transgenica ART. 15 (Sorveglianza rinforzata) ART. 16 (Fondo per filiere produttive esenti da contaminazioni OGM) Titolo III della proprietà terriera e delle strutture agrarie ART. 17 (Piani di ricomposizione fondiaria e di riordino) ART. 18 (Commissione provinciale per la determinazione dei valori dei terreni ai fini della concessione del mutuo) ART. 19 (Attestazione notarile circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia) Titolo IV Della contrattazione agraria ART. 20 (Annata agraria) ART. 21 (Commissioni tecniche provinciali) TITOLO V Delle disposizioni finali Art. 22 (Norma finanziaria) Art. 23 (Entrata in vigore) 193 194 Norme originarie da cui sono Norme approvate dal Consiglio Norme ribadite o modificate dei Ministri l’11.12.2009 state riprodotte le norme dopo l’esame da parte delle approvate dal Consiglio dei competenti Commissioni Ministri l’11.12.2009. parlamentari, del Consiglio di In questa colonna sono anche Stato e della Conferenza Statoriportate le considerazioni dei Regioni, nonché a seguito delle compilatori del testo nel momento prescritte audizioni e dell’incontro in cui esso è stato proposto al con le organizzazioni professionali Consiglio dei Ministri. del 9.XI.2011. Tutte le modifiche sono scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al colore: in verde, le varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza StatoRegioni e gli altri Organismi consultati o auditi; in fucsia sono riportate le osservazioni delle organizzazioni professionali all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente in fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte legislativamente dopo la presentazione del nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di refusi sono evidenziate in giallo. I rinvii al decreto legislativo sono evidenziati in grigio. Riprodotto dall’ultimo inciso dell’art. 1, comma 423, legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006, come successivamente modificato: “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442”. TITOLO I Dell’impresa agricola TITOLO I Dell’impresa agricola Capo I Dell’attività di produzione e cessione di agroenergia come attività connessa Capo I Dell’attività di produzione e cessione di agroenergia come attività connessa Art. 1 (Opzione per la determinazione del reddito da produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche) 1. L’opzione per la determinazione del reddito derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche quale attività connessa dell’imprenditore agricolo di cui all’ultimo comma dell’articolo 2135 del codice civile, è esercitata previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442. Art. 1 (Opzione per la determinazione del reddito da cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche) 1. L’opzione per la determinazione del reddito derivante dalle attività di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche di cui all’ultimo comma dell’articolo 2135 del codice civile è esercitata previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442. Il Consiglio di Stato, nella parte 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 72-73) ha ritenuto legittimo lo scorporo della norma originaria in una disposizione di rango legislativo (l’art. 2 dello schema di decreto legislativo) ed una di valore regolamentare (appunto, il presente articolo 1). Si è suggerita la modificazione formale con la sostituzione delle parole “derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche quale attività connessa dell’imprenditore agricolo” con le parole “derivante dalle attività [dell’imprenditore agricolo di cui all’ultimo comma dell’art. 2135 c.c.]…..” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Capo II Capo II Il primo periodo del comma 1 è Degli imprenditori agricoli Degli imprenditori agricoli giovani giovani riprodotto dal comma 1068 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria ART. 2 ART. 2 per il 2007): “Al fine di favorire il cambio generazionale e lo sviluppo (Fondo per lo sviluppo (Fondo per lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore dell’imprenditoria giovanile in dell’imprenditoria giovanile in agricolo ed agro-alimentare, è istituito agricoltura) agricoltura) presso il Ministero delle politiche 1. Al fine di favorire il cambio 1. Al fine di favorire il ricambio agricole alimentari e forestali il Fondo generazionale e lo sviluppo delle generazionale e lo sviluppo delle 195 per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all’anno per il quinquennio 20072011”. Il secondo periodo del comma 1 è riprodotto dall’art. 2, comma 120, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008: “120. Il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall’articolo 1, comma 1068, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca”. La parte prima del comma 2 è riprodotta dal comma 1069 dell’art.1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007): “Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo di cui al comma 1068, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo”. La parte seconda del comma 2 è riprodotta dall’art. 1, comma 1074, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), dispone: “Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità operative di funzionamento del Fondo di cui al comma 1068, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia”. Trattandosi di un mero rinvio, il detto comma 1074 rimane in vigore. imprese giovanili nel settore agricolo ed agro-alimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all’anno per il quinquennio 2007-2011. Tale fondo è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca. 2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo di cui al comma 1, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo. Le modalità operative di funzionamento del fondo sono disciplinate come stabilito dall’articolo 1, comma 1074, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. imprese giovanili nel settore agricolo ed agro-alimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all’anno per il quinquennio 2007-2011. Tale fondo è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca. 2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo di cui al comma 1, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo. Le modalità operative del funzionamento del fondo sono disciplinate dall’articolo 1, comma 1074, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 73), rileva che “si tratta di una disposizione di natura finanziaria, che può essere oggetto di delegificazione ove si consideri, da un lato, la sua portata di organizzazione, dall’altro la sua stretta coesione con l’articolo 13 del codice [cioè con il relativo articolo dello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione]. Benché il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere, nulla dica in modo esplicito sulla delegificazione della disposizione riprodotta dal comma 1069 dell’art1 della legge finanziaria per il 2007, si può serenamente confermare la considerazione espressa dallo stesso Consiglio di Stato con riguardo al comma 1068 dell’art. della stessa legge finanziaria per il 2007. Si suggerisce la modificazione formale, nel comma 1, della parola “cambio generazionale” con “ricambio generazionale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Si suggerisce di sopprimere il secondo periodo secondo il quale “Le modalità operative del Fondo sono disciplinate dall’art.1, comma 1074, della legge 27 dicembre 2006 n. 296” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto perché è di natura formale: infatti il secondo periodo (benché riprodotto dal comma 1074 dell’art. 1 della legge 296/2006) è sostanzialmente ripetitivo del primo periodo (che è riprodotto dal comma 1069 dell’art. 1 della legge 296/2006). Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. ART. 3 ART. 3 (Percorsi informativi per giovani (Percorsi formativi per giovani Riprodotto dal comma 5 dell’articolo 3 agricoltori) agricoltori) legge 15 dicembre 1998, n. 441 Norme per la diffusione e la 1. Allo scopo di realizzare percorsi 1. Allo scopo di realizzare percorsi 196 valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura. «Aiuti al primo insediamento determinazione del reddito e formazione. Per una migliore comprensione della disposizione si riporta l’intero articolo 3, precisando che i commi 1-4 sono stati riportati nello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione: “1. Le regioni accordano prioritariamente gli aiuti di cui all'articolo 10 del citato regolamento (CE) n. 950/97 ai giovani agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate delimitate ai sensi degli articoli 21 e seguenti del medesimo regolamento, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell'azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti previsto dal programma di cui al regolamento (CE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992. // 2. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell'obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai commi 4 e 5. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l'agricoltura o ad essi parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare. // 3. La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del citato regolamento (CE) n. 950/97, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore. // 4. Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un'agricoltura moderna previste dagli articoli 26, 27 e 28 del citato regolamento (CE) n. 950/97, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori. // 5. Allo scopo di realizzare percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro delle politiche agricole e formativi finalizzati all’inserimento lavorativo in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con le regioni, è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 516 milioni di euro annue a decorrere dal 1999. formativi finalizzati all’inserimento lavorativo in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con le regioni, è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 516 mila euro annui a decorrere dal 1999. 197 forestali, d'intesa con le regioni è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di un miliardo di lire annue a decorrere dal 1999». La Corte costituzionale, con sentenza 31 maggio 2001, n. 170, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 5 dell’articolo 3 nella parte in cui autorizza, con riferimento all'ambito territoriale delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministro per le politiche agricole a stipulare, d'intesa con le Regioni, accordi o convenzioni con istituti di istruzione, enti di formazione e collegi professionali, volti allo svolgimento di corsi per la formazione professionale dei giovani agricoltori. Detta sentenza deve essere tenuta presente anche nell’interpretazione della nuova norma. Nella nuova formulazione si è tenuto conto dell’abrogazione del regolamento 950/97 ad opera dell’articolo 55 del regolamento 1257/99 che contiene una nuova disciplina della materia, con le modifiche apportate dal regolamento 1783/2003. Ogni riferimento all’imprenditore agricolo a titolo principale è stato sostituito con l’imprenditore agricolo professionale, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 1 comma 5ter del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, aggiunto dall’articolo 1, comma 4 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101, nonché all’art. 6 del decreto legislativo di riordino e semplificazione. E’ stato evidenziato il refuso contenuto nella rubrica, in cui vi era il termine “informativi” anziché quello corretto “formativi” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Nella parte 9 del suo parere (pag. 73) il Consiglio di Stato non solleva osservazioni sulla delegificazione del comma 5 dell’art. 3 dell’originaria legge 441/1998, che quindi viene riportata come art. 3 di questo DPR. ART. 4 (Disposizioni per l’insediamento La norma è tornata “legificata” e quindi nelle zone di montagna) è stata portata nel d.lgs. (art. 13, 1. La normativa di cui al decreto-legge commi 19-20). 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all’ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non 198 ricadenti nelle delimitazioni di cui all’articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. 2. I criteri e le procedure applicative per l’estensione di cui al comma 1, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Nella parte 9 del suo parere (pag. 74) il Consiglio di Stato contesta la delegificazione dell’articolo rubricato “Disposizioni per l’insediamento nelle zone di montagna”, sicché si è provveduto ad eliminare la disposizione da questo DPR. Capo III Delle attività connesse agrituristiche La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. (art. 16). ART. 5 (Certificati di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili) 1. Le modalità per il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio dell'attività agrituristica e la determinazione dei requisiti igienicosanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per le attività agrituristiche sono disciplinate dalle regioni e dalle province autonome. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Certificati di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili). Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. Le considerazioni appaiono meritevoli di accoglimento, sicché si provvede a rimettere nello schema di decreto legislativo le disposizioni che erano state riprodotte dall’art. 5 della legge 92/1996 nelle parti non colpite dalla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339. Di conseguenza, l’originaria disposizione è stata eliminata dal presente schema di DPR e inserita nello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione. I commi 1, 2 e 3 del nuovo art. 4 del DPR sono riprodotti dall’art. 11 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1.Il Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni e le province autonome e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale, aggiornabile annualmente, finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali. // 2. Allo scopo di promuovere le attività di ART. 6 (Programmazione e sviluppo dell'agriturismo) 1. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con le regioni e le province autonome e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale, aggiornabile annualmente, finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali. Capo III Delle attività connesse agrituristiche. ART. 4 (Programmazione e sviluppo dell'agriturismo) 1. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con le regioni e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale, aggiornabile annualmente, finalizzato alla promozione 199 turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresì incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici. // 3. Le regioni, in collaborazione con le associazioni più rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresì lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione. 4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. 2. Allo scopo di promuovere le attività di turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresì incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici. 3. Le regioni, in collaborazione con le associazioni più rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresì lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione. 4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali. 2. Allo scopo di promuovere le attività di turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresì incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici. 3. Le regioni, in collaborazione con le associazioni più rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresì lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Programmazione e sviluppo dell’agriturismo”. Il Consiglio di Stato, mentre ha contestato – nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74) - la delegificazione degli originari articoli 4 e 5 del testo di DPR, nessuna obiezione ha sollevato “contro” la delegificazione dell’originario art. 6 del testo di DPR. Anzi, dalla lettura della pag. 74 del Consiglio di Stato si ricava che si dovrebbe estendere al presente articolo la frase “Per tutte queste disposizioni non vi sono ostacoli assoluti alla delegificazione, sicché valgono le osservazioni di carattere generale” che, per essere “a capo” potrebbe sembrare che si riferisca solo alle strade del vino. Si suggerisce la soppressione del comma 4 che stabilisce che dall’attuazione della disposizione non debbano derivare maggiori oneri per la finanza pubblica (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, anche perché il presente DPR contiene una disposizione generale di salvezza della finanza pubblica. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza unificata Stato-Regioni ha ritenuto necessario sopprimere il riferimento alle Province autonome. La proposta di emendamento è stata accolta. Riprodotto dall’art. 13 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1. Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attività di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali, nonché allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia. // 2. Presso il Ministero delle politiche agricole e forestali è istituito l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, al quale partecipano le associazioni di operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale. // 3. L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo e formulando, anche con il contributo di ART. 7 (Osservatorio nazionale dell'agriturismo) 1. Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attività di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia. 2. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, al quale partecipano le Regioni per mezzo della Conferenza Stato-Regioni e le associazioni di operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale. 3. L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle ART. 5 (Osservatorio nazionale dell'agriturismo) 1. Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attività di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia. 2. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, al quale partecipano le Regioni per mezzo della Conferenza Stato-Regioni e le associazioni di operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale. 3. L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle 200 esperienze estere, proposte per lo sviluppo del settore. // 4.Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. L’ultimo comma non è stato riportato perché vi è una norma finale che dispone che dall’attuazione delle norme contenute nel presente DPR non possano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Esisteva un originario art. 14 della legge 96/2006 che non viene qui riportato, perché il 1 comma provvedeva ad abrogare la precedente legge 730/1985; il comma 2 è stato dichiarato incostituzionale da Corte cost. 12 ottobre 2007 n. 339; i commi 3 e 4 sono ormai superati per la loro natura transitoria. associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo e formulando, anche con il contributo di esperienze estere, proposte per lo sviluppo del settore. 4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo e formulando, anche con il contributo di esperienze estere, proposte per lo sviluppo del settore. Nessuna obiezione “contro” tale delegificazione è stata sollevata dal Consiglio di Stato nella parte 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74). Si è suggerita la soppressione del comma 4 dell’originario art. 7 del testo di DPR approvato dal CdM l’11.12.2009 che stabilisce che dall’attuazione della disposizione non debbano derivare maggiori oneri per la finanza pubblica (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, anche perché il presente DPR contiene una disposizione generale di salvezza della finanza pubblica. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento. Il comma 1 è riprodotto dal comma 4, articolo 1 della legge 27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle strade del vino: “In deroga alle disposizioni vigenti, le cantine industriali e le enoteche presenti nell’ambito delle ‘strade del vino’ ed aderenti al disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), possono effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita di prodotti vitivinicoli, nel rispetto delle norme previste per le aziende agricole produttrici”. Il comma 2 è riprodotto sostanzialmente dall’art. 3 della legge 268/1999 il cui testo recitava: “Le caratteristiche della cartellonistica sono definite, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. c), capov. h) del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, anche sulla base delle esperienze maturate nell’ambito dell’Unione europea, con decreto del Ministro per le politiche agricole, da adottare di concerto con i Ministri competenti, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Per il tempo trascorso la disposizione è da ritenersi superata. Quello che viene “lasciato” riformulando il comma 2 è l’estrapolazione della competenza delle Regioni in ordine alla individuazione dei percorsi. Il comma 3 è riprodotto sostanzialmente dall’art. 3 della legge 268/1996: “Con decreto del Ministro per le politiche agricole, da adottare Capo IV Delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici Capo IV Delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici ART. 8 (Presentazione delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici da parte di cantine industriali ed enoteche) 1. In deroga alle disposizioni vigenti, le cantine industriali e le enoteche presenti nell’ambito delle ‘strade del vino’ ed aderenti al disciplinare stabilito dalla Regione, possono effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita di prodotti vitivinicoli, nel rispetto delle norme previste per le imprese agricole produttrici. ART. 6 (Presentazione delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici da parte di cantine industriali, enoteche, frantoi e produttori di prodotti agricoli tipici) 1. In deroga alle disposizioni vigenti, le cantine industriali, le enoteche, i frantoi e i produttori di prodotti agricoli tipici presenti nell’ambito delle ‘strade del vino’ ed aderenti al disciplinare stabilito dalla Regione, possono effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita dei loro prodotti, nel rispetto delle norme amministrative previste per le imprese agricole produttrici. 2. Spetta alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano individuare i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici. 3. Gli standard minimi di qualità sono definiti con il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 12 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2000, adottato d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. 201 entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono definiti gli standard minimi di qualità”. Il DM vigente è stato emanato il 12 luglio 2000. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), afferma che “per queste disposizioni non vi sono ostacoli assoluti alla delegificazione…”. Una più attenta rilettura della disposizione ha suggerito – per ragioni di sistematicità – di estendere la disposizione “ai frantoi e ai produttori di prodotti tipici”, che hanno una natura “industriale-commerciale”, cioè quella stessa natura delle “cantine industriali ed enoteche” indicate dalla norma originaria dell’art. 1, comma 4, della legge 268/1999. Per questa considerazione, la rubrica e la disposizione sono state riformulate in tal senso. Il comma 1 è riprodotto dall’articolo 3 della legge 27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle strade del vino: “Lo Stato può cofinanziare, nell’ambito delle disponibilità finanziarie proprie e di interventi comunitari, leggi di spesa regionale per interventi di adeguamento delle aziende e dei punti di accoglienza e di informazione locale, limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi della presente legge”. Il comma 2 è riprodotto dal comma 2, articolo 4 della legge 27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle strade del vino: “Ferme restando le competenze delle regioni in materia di promozione all’estero, la realizzazione di materiale promozionale, informativo e pubblicitario, anche destinato all’estero, per l’incentivazione della conoscenza delle ‘strade del vino’ può essere altresì finanziata attraverso l’intervento dell’Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE)”. ART. 9 (Misure di sostegno) 1. Lo Stato può cofinanziare, nell’ambito delle disponibilità finanziarie proprie e di interventi comunitari, leggi di spesa regionale per interventi di adeguamento delle aziende e dei punti di accoglienza e di informazione locale, limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi del presente capo. 2. Ferme restando le competenze delle regioni in materia di promozione all’estero, la realizzazione di materiale promozionale, informativo e pubblicitario, anche destinato all’estero, per l’incentivazione della conoscenza delle ‘strade del vino’ può essere altresì finanziata attraverso l’intervento dell’Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE). ART. 7 (Misure di sostegno) 1. Lo Stato può cofinanziare, nell’ambito delle disponibilità finanziarie proprie e di interventi comunitari, leggi di spesa regionale per interventi di adeguamento delle aziende e dei punti di accoglienza e di informazione locale, limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi del presente capo. 2. Ferme restando le competenze delle regioni in materia di promozione all’estero, la realizzazione di materiale promozionale, informativo e pubblicitario, anche destinato all’estero, per l’incentivazione della conoscenza delle ‘strade del vino’ può essere altresì finanziata attraverso l’intervento dell’Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE). Capo V Dell’acquacoltura, della La norma è tornata “legificata” e quindi piscicoltura e dell’impresa ittica è stata portata nel d.lgs. (art. 24). ART. 10 (Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura o piscicoltura) 1. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell’impatto 202 sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura e di piscicoltura e ciò come disposto dall’articolo 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale. 2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura e piscicoltura”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. Ritenendo corretta l’osservazione, la norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. Capo V I commi 1 e 2 sono riprodotti dai commi 8 e 9 dell’art. 4-octies, d.l. 3 novembre 2008 n. 171, convertito in legge 30 dicembre 2008 n. 205: “8. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema ittico e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzate, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica in attuazione della legge 27 dicembre 2002, n. 289, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca. // 9. I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Quanto al fondo per le aree sottoutilizzate, trattasi del fondo istituito dalla legge 289/2002 (richiamata dal presente articolo dello schema di DPR) che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, ART. 11 (Filiera del settore ittico) 1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema ittico e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzate, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica in attuazione della legge 27 dicembre 2002, n. 289, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca. 2. I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Dell’acquicoltura, della piscicoltura e dell’impresa ittica ART. 8 (Filiera del settore ittico) 1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema ittico e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzate, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica in attuazione della legge 27 dicembre 2002, n. 289, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca. 2. I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 203 rispettivamente, del Ministero dell’economia e finanze o MEF (art. 61, comma 1) e del Ministero delle attività produttive o MAP (art. 60, comma 3). Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al fondo per l’imprenditoria giovanile, ai crediti di imposta per investimenti e per le nuove assunzioni. Al Fondo MAP sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (legge 488/1992) e agli strumenti della programmazione negoziata. Nel suo parere del 24 febbraio 2010 (punto 9, pagg. 75-76) il Consiglio di Stato non solleva obiezioni in ordine alla delegificazione degli originari commi 8 e 9 dell’art. 4-octies del d.l. 171/2008, convertito nella legge 205/2008. Si suggerisce di sopprimere le parole “e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzati” dopo le parole “filiera del sistema ittico”, nonché le parole “e di distretto” dopo le parole “contratti di filiera” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Capo VI Della vendita dei prodotti agricoli La norma è tornata “legificata” e quindi ART. 12 è stata portata nel d.lgs. (art. 23, (Disciplina amministrativa) commi 5-9). 1. Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano disponibilità, non è richiesta la comunicazione di inizio attività. 2. La vendita diretta che venga esercitata nel fondo è consentita anche nelle giornate festive e domenicali, e non è soggetta ai vincoli di orario fissati dai regolamenti locali per la vendita delle merci. 3. La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a previa comunicazione alla Azienda Sanitaria Locale (ASL) del luogo ove ha sede l’azienda di produzione e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. 4. Qualora si intenda esercitare la vendita diretta al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione è indirizzata alla Azienda Sanitaria Locale (ASL) del luogo in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio, la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. 5. La comunicazione di cui ai commi 2 e 3, oltre alle indicazioni delle generalità del richiedente, 204 dell'iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione dell'azienda, deve contenere la specificazione dei prodotti di cui si intende praticare la vendita e delle modalità con cui si intende effettuarla, ivi compreso il commercio elettronico. 6. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un Capo (il Capo VI) rubricato “Della vendita dei prodotti agricoli” con due articoli rubricati, l’uno, “Disciplina amministrativa” e, l’altro, “Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari” riprodotti, nonostante la loro riproduzione da testi legislativi, nel DPR. Però, la Commissione bicamerale per la semplificazione ha suggerito di riportare nello schema di testo legislativo l’articolo rubricato “Disciplina amministrativa”, mentre il Consiglio di Stato, nel suo parere del 24 febbraio 2010, non proponeva esplicite osservazioni in ordine alla operata delegificazione. Per la necessità di accogliere il suggerimento della Commissione bicamerale con riguardo al primo articolo, si è provveduto a riportare nel testo di decreto legislativo anche il secondo articolo. D’altronde anche il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. Il dubbio, sotto il profilo sostanziale, della natura di norma secondaria della disposizione è stata espressa dalla Commissione Agricoltura del Senato. Accogliendo le manifestate perplessità, si è provveduto a “trasferire” la detta disposizione sub art. 23 dello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione. Quindi, la norma è tornata “legificata” ed è stata portata nel d.lgs. ART. 13 (Disposizioni in materia di vendita La norma è tornata “legificata” e quindi dei prodotti agricoli e è stata portata nel d.lgs. (art. 28). agroalimentari) 1. Al fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili, tenendo conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, definiscono azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette strutture, in una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata. 2. A favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati gli incentivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 3. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di 205 assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. Capo VII Del Servizio informativo agricolo nazionale (SIAN) La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. (art. 31). ART. 14 (Servizi di interoperabilità) 1. Il SIAN, quale strumento per l’esercizio delle funzioni, ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma quarto. 2. Il SIAN è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e all'articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità 206 su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo. 3. Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare. 4. Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi da 1 a 3 definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti. 5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi erano due disposizioni (contenute negli articoli 14 e il 15 e rubricate “Servizi di interoperablità” e “Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN”) che, pur riprodotte da un testo legislativo (il d.lgs. 99/2004), erano state delegificate. Anche per il parere espresso dal Consiglio di Stato nel suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 72-77) tali disposizioni sono state reintrodotte nello schema di decreto legislativo di riordino. ART. 15 La norma è tornata “legificata” e quindi (Modalità di accesso alle è stata portata nel d.lgs. (art. 32, informazioni contenute nel SIAN) commi 6-7). 1. Attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede direttamente, anche per via telematica, alle informazioni 207 contenute aziendale. nel proprio fascicolo 2. Il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. L’art. 7 D.p.r. 503/1999 ha istituito la Carta dell’agricoltore con i seguenti commi: «1. È istituita la "Carta dell'agricoltore e del pescatore", di seguito denominata Carta, documento di riconoscimento cartaceo ed elettronico. // 2. La Carta è di uso strettamente personale, ed è rilasciata su supporto cartaceo ed elettronico dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano a domanda dei legali rappresentanti di ciascuna azienda iscritta all'anagrafe. // 3. La Carta viene emessa dal SIAN su supporto cartaceo ed elettronico idoneo a garantirne l'inalterabilità, la riservatezza, la compatibilità con i sistemi tecnici di lettura utilizzati dal SIAN stesso, e, su richiesta, l'esercizio della firma digitale conformemente a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513, e dal provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 513 del 1997, in materia di formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici. // 4. La Carta contiene le informazioni minime idonee a consentire il riconoscimento univoco del titolare e l'esercizio delle funzioni abilitate. // 5. Il SIAN garantisce i servizi di abilitazione, documentazione, controllo e certificazione degli accessi al sistema, nonché i servizi connessi alla gestione delle Carte, nel pieno rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 8, 9 e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513, e del relativo regolamento di attuazione». Il comma 1 è riprodotto dal comma 2 dell’art. 13 del d. lgs. 99/2004 che, a seguito del presente inserimento nel DPR 503/1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare: «La Carta Capo VIII Dell’anagrafe delle imprese agricole e del fascicolo aziendale ART. 16 (Della carta dell’agricoltore) 1. All’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, è aggiunto, in fine, il seguente comma: “5-bis. La carta dell'agricoltore e del pescatore, è realizzata in coerenza con l'articolo 36 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell’amministrazione digitale), nonché secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’interno 19 luglio 2000 e successive modificazioni”. Capo VI Della carta dell’agricoltore e del fascicolo aziendale e del fascicolo aziendale ART. 9 (Della carta dell’agricoltore) 1. All’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente: “5bis. La carta dell'agricoltore e del pescatore, è realizzata in coerenza con l'articolo 36 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, codice dell’amministrazione digitale, nonché secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’interno 19 luglio 2000, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2000, e successive modificazioni”. 208 dell'agricoltore e del pescatore, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, è realizzata in coerenza con l'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e con il decreto legislativo 23 febbraio 2002, n. 10, nonché secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell'interno 19 luglio 2000, e successive modificazioni, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2000». Il decreto legislativo n. 10 del 2002 è stato abrogato dal decreto legislativo n. 82/2005. Nessuna obiezione sulla delegificazione della riportata norma è stata sollevata dal Consiglio di Stato. Si è ritenuto necessario sostituire (là dove è scritto) il termine “azienda” con “impresa”, al fine di avere una norma coerente con il sistema del codice civile. Si ricorda che, per il nostro diritto, il termine “impresa” presenta un richiamo ad un soggetto (l’imprenditore), mentre il termina “azienda” si richiama a qualcosa di oggettivo, essendo – per l’art. 2555 c.c. – un complesso di beni organizzato dall’imprenditore. Nella specie, poi, si noti che l’art. 1 del d.p.r. 503/99 nel comma 2 individua il codice fiscale quale codice unico di identificazione, per cui il rinvio è da interpretarsi al concetto di impresa e non a quello di azienda, stante la possibilità di avere più aziende dislocate in diversi luoghi, ma un'unica impresa alla quale si riferisce il codice fiscale. Sicché, pur lasciando l’acronimo CUAA si sostituisce con “impresa” la parola “azienda”, salvo quando il termine si riferisca al complesso aziendale organizzato. Nel comma 1 è richiamato l’art. 9 del DPR 1° dicembre 1999, n. 503, che per memoria si riporta. Esso stabilisce: «1. Per i fini di ed armonizzazione, di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 173 del 1998, è istituito, nell'ambito dell'anagrafe, a decorrere dal 30 giugno 2000, il fascicolo aziendale, modello cartaceo ed elettronico riepilogativo dei dati aziendali, finalizzato all'aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni di cui all'articolo 3. // 2.Anteriormente alla data di cui al comma 1, attraverso le procedure progressivamente rese disponibili dai SIAN, ciascun soggetto iscritto all'anagrafe verifica le ART. 17 (Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento) ART. 10 (Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento) 1. All’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «4-bis. Le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta dell'agricoltore e del pescatore, e per il loro aggiornamento, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”. 4-ter. Ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 14, comma 4, le dichiarazioni del soggetto che esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i Centri di assistenza agricola” 4-quater. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, nonché dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui al presente articolo, nel SIAN confluiscono i dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, e al regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del 1. All’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, dopo il comma 4 sono aggiunti, in fine, i seguenti: «4-bis. Le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta dell'agricoltore e del pescatore, e per il loro aggiornamento, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 4-ter. Ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 14, comma 4, le dichiarazioni del soggetto che esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i Centri di assistenza agricola 4-quater. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, nonché dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui al presente articolo, nel SIAN confluiscono i dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, e al regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del 209 informazioni relative al titolo di conduzione ed alla consistenza aziendale, con l'obbligo di confermarne l'attualità ovvero di comunicare le eventuali variazioni o integrazioni. Nell'ambito delle predette procedure sono indicati tempi e modalità per le conferme, le variazioni o le integrazioni. In caso di mancata conferma entro i termini indicati dalle procedure, valgono i dati risultanti nel fascicolo aziendale. Qualora ai fini della verifica delle consistenze aziendali sia necessario rendere disponibile all'azienda, attraverso i servizi del SIAN, la riproduzione dei dati catastali, la stessa è tenuta al pagamento degli oneri di cui al decreto del Ministero delle finanze del 27 giugno 1996 e successive modificazioni e integrazioni, con le facilitazioni previste per gli enti statali e territoriali, nonché dal protocollo d'intesa tra il Ministero delle finanze e il Ministero delle politiche agricole e forestali del 30 giugno 1998. // 3. Le variazioni ed integrazioni comunicate ai sensi del comma 2 sono valide anche ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e vengono trasmesse dal SIAN al sistema informativo delle camere di commercio con le modalità di cui all'articolo 5. // 4. A partire dal 10 luglio 2000, le aziende che eventualmente non risultano iscritte all'anagrafe sono tenute, nel momento in cui si manifestano all'amministrazione, ai fini dell'ammissione a qualsiasi beneficio comunitario, nazionale o regionale, a comunicare le informazioni relative al beneficio richiesto che saranno inserite nel fascicolo aziendale». Il comma 4-bis è riprodotto dal comma 6 dell’art. 13 del d. lgs. 99/2004 che, a seguito del presente inserimento nel DPR 503/1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare: «Le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta dell'agricoltore e del pescatore, e per il loro aggiornamento, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Il comma 4-ter è riprodotto dal comma 4 dell’art. 14 del d. lgs. 99/2004 che, a seguito del presente inserimento nel DPR 503/1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare: «Ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative Consiglio, del 17 luglio 2000”. 4-quinquies. Il fascicolo aziendale elettronico di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, unico per azienda, è integrato con i dati di cui agli articoli 15, paragrafo 1, lettera c), e 18 del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedure certificate del SIAN, può essere effettuato dai soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, nonché dai Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999 n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l’AGEA. Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all’aggiornamento delle informazioni ivi contenute, è assicurata l’identificazione del soggetto che vi abbia proceduto. La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale”. ». Consiglio, del 17 luglio 2000. 4-quinquies. Il fascicolo aziendale elettronico, unico per azienda, è integrato con i dati di cui agli articoli 15, paragrafo 1, lettera c), e 18 del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedure certificate del SIAN, può essere effettuato dai soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), nonché dai Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l’AGEA. Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all’aggiornamento delle informazioni ivi contenute, è assicurata l’identificazione del soggetto che vi abbia proceduto. La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale». 210 (REA), le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 15, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, le dichiarazioni del soggetto che esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni». Il comma 4-quater è riprodotto dal comma 5 dell’art. 14 del d. lgs. 99/2004 che, a seguito del presente inserimento nel DPR 503/1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare: «Ai fini dell'attuazione dell'articolo 18, comma 2, del regolamento (CE) n. 1782/2003, nonché dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui all'articolo 13,comma 1, nel SIAN confluiscono i dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, e al regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000». Il comma 4-quinquies è riprodotto dal comma 1 dell’art. 13 del d. lgs. 99/2004 che, a seguito del presente inserimento nel DPR 503/1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare: «1. Il fascicolo aziendale elettronico di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, unico per azienda, è integrato con i dati di cui all'articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e all'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedure certificate del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), può essere effettuato dai soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, nonché dai soggetti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all'aggiornamento delle informazioni ivi contenute, e' assicurata l'identificazione del soggetto che vi abbia proceduto. La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al 211 soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale». L’art. 6, comma 1, lett. a) DPR 503/1999 rinvia all’art. 15, comma 1, d. lgs. 30 aprile 1998, n. 173 il quale recita: “Il SIAN, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di cui al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 , ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma 4”. Nessun problema deriva dall’inserimento di queste disposizioni nel DPR, come implicitamente ritenuto dal Consiglio di Stato nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 77). Titolo II Dello spazio rurale La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. (art. 36). Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale ART. 18 (Contratti di collaborazione e contratti di promozione) 1. Le pubbliche amministrazioni, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, per la promozione delle vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. 2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell’imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei 212 prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici. 3. Al fine di assicurare una adeguata informazione ai consumatori e consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e delle peculiarità delle produzioni tipiche, biologiche e di qualità, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell’esercizio dell’attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio agrario e forestale. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi erano due articoli rubricati, il primo, “Contratti di collaborazione e contratti di promozione” e, il secondo, “Convenzioni in materia di gestione del territorio”, così delegificando alcuni articoli del d.lgs. 228/2001. Melius re perpensa, si è ritenuta problematica la suddetta delegificazione, sicché le due disposizioni sono state inserite nello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione. In particolare, con riguardo all’articolo rubricato “Contratti di collaborazione e contratti di promozione”, il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), ne ha contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. ART. 19 (Convenzioni in materia di gestione del territorio) La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. (art. 37). 1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli. 2.Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata. Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato “Convenzioni in materia di gestione del territorio”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs. 213 Il comma 1 è una norma di rinvio al ART. 20 D.M. 19 aprile 1999 sulla protezione (Della buona pratica agricola) delle acque dai nitrati, che le Regioni possono integrare. 1. Ogni riferimento alla “buona pratica agricola” contenuto nel decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura e in questo decreto del Presidente della Repubblica attuativo di esso, si intende fatto al Codice di buona pratica agricola, approvato in attuazione dell’articolo 4 della direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, recante criteri e indicazioni di validità nazionale, se del caso integrabili da parte delle regioni e province autonome in relazione a esigenze locali, fermi restando i criteri e indicazioni ivi fissati. Titolo II Della disciplina delle aree agricole Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale ART. 11 (Della buona pratica agricola) 1. Ogni riferimento alla ‘buona pratica agricola’ contenuto nel decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura e nel presente decreto si intende fatto al Codice di buona pratica agricola, approvato in attuazione dell’articolo 4 della direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, recante criteri e indicazioni di validità nazionale, se del caso integrabili da parte delle regioni in relazione a esigenze locali, fermi restando i criteri e indicazioni ivi fissati. Con riferimento alla rubrica del Titolo III dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha suggerito di modificarla da “Della disciplina del territorio” a “Disciplina delle aree agricole”. Si ritiene che sia opportuno modificare nello stesso sensi il Titolo II di questo schema di DPR. Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ha ritenuto necessaria la soppressione del riferimento alle province autonome in tale articolo contenuto. La proposta di emendamento è stata accolta. Il comma 1 è riprodotto dal comma 1 dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Al fine di contribuire all’attuazione dei programmi di cui all’articolo 2, presso il Ministero dell’economia e delle finanze è istituito il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale.” Il comma 2 è riprodotto dal comma 2 dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Le risorse assegnate annualmente al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dal Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, proporzionalmente alle richieste di finanziamento relative agli interventi effettivamente approvati da ciascuna regione e provincia autonoma e anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome medesime.” Il comma 3 è riprodotto dal comma 3 Capo II Dell’architettura rurale ART. 21 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale) 1. Presso il Ministero dell’economia e delle finanze è istituito il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale al fine di contribuire all’attuazione dei programmi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura. 2. Le risorse assegnate annualmente al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome dal Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, proporzionalmente alle richieste di finanziamento relative agli interventi effettivamente approvati da ciascuna regione e provincia autonoma e anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome medesime. 3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Capo II Dell’architettura rurale ART. 12 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale) 1. Presso il Ministero dell’economia e delle finanze è istituito il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale al fine di contribuire all’attuazione dei programmi di cui all’articolo 42 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura. 2. Le risorse assegnate annualmente al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni dal Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza StatoRegioni, proporzionalmente alle richieste di finanziamento relative agli interventi effettivamente approvati da ciascuna regione e provincia autonoma e anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome medesime. 3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e 214 dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio, per i beni e le attività culturali e delle politiche agricole e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1, in attuazione dei criteri di cui al comma 2.” Il comma 4 è riprodotto dal comma 4 dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “Per gli anni 2003, 2004 e 2005, la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è determinata in 8 milioni di euro annui. A decorrere dall’anno 2006, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.” Nell’articolo del presente schema di DPR si è eliminata il riferimento agli anni 2003, 2004 e 2005, già trascorsi e perciò non più rilevanti, nonché l’inciso “a decorrere dall’anno 2006”. per i beni e le attività culturali, delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1, in attuazione dei criteri di cui al comma secondo. 4. A decorrere dall’anno 2006, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. della tutela del territorio e del mare, per i beni e le attività culturali, delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1, in attuazione dei criteri di cui al co. 2. 4. Al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Si rileva che, nel comma 1, vi è un errato riferimento a un articolo del decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del Senato). Il refuso è stato corretto Inoltre, nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ha ritenuto necessaria la soppressione del riferimento alle province autonome in tale articolo contenuto. La proposta di emendamento è stata accolta. Si è proposta la soppressione delle parole “a decorrere dall’anno 2006” (Commissione Agricoltura del Senato) Il suggerimento è stato accolto Riprodotto dall’articolo 4 della Legge 24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale: “1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano gestiscono le quote del Fondo di cui all'articolo 3 loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse di cui all'articolo 5 e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui all'articolo 1, fino all'importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario. I contributi sono erogati sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. I contributi di cui alla presente legge non sono cumulabili con altri contributi pubblici e, in particolare, con quelli concessi ai sensi degli articoli 41 e 43 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di ART. 22 (Procedure di concessione dei contributi) 1. Le regioni e le province autonome gestiscono le quote del Fondo, di cui all’articolo 25, loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse, di cui all’articolo 27, e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui all’articolo 26 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura, fino all’importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario. I contributi sono erogati sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. I contributi non sono cumulabili con altri contributi pubblici e, in particolare, con quelli concessi ai sensi degli articoli 35 e 37 del Codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. ART. 13 (Procedure di concessione dei contributi) 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano gestiscono le quote del Fondo, di cui all’articolo 12, loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse di cui all’articolo 14, e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui all’articolo 41 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura, fino all’importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario. I contributi sono erogati sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. I contributi non sono cumulabili con altri contributi pubblici e, in particolare, con quelli concessi ai sensi degli articoli 35 e 37 del codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 215 cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490. [N:B. Questo comma non è perfettamente conforme alla norma originaria nella parte finale poiché si sono aggiornate le norme richiamate ora contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio]. 2. La concessione dei contributi è comunque subordinata alla stipula di un'apposita convenzione che prevede, tra l'altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, l'avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti in difformità rispetto ai progetti approvati. 3. Per i beni immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela dei beni culturali.” Nel 3 comma dell’articolo si è aggiornato il richiamo alla norma del testo unico in materia di beni culturali e ambientali ora contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio. 2. La concessione dei contributi è comunque subordinata alla stipula di un’apposita convenzione che prevede, tra l’altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, l’avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti in difformità rispetto ai progetti approvati. 3. Per i beni immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela dei beni culturali. 2. La concessione dei contributi è comunque subordinata alla stipula di un’apposita convenzione che prevede, tra l’altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, l’avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti in difformità rispetto ai progetti approvati. 3. Per i beni immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela dei beni culturali. Si rileva che vi è un errato riferimento a un articolo del nostro decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del Senato). Il refuso è stato corretto. ART. 23 ART. 14 Riprodotto dall’articolo 5 della legge 24 (Sponsorizzazioni) (Sponsorizzazioni) dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per 1. I proventi di sponsorizzazioni, lasciti 1. I proventi di sponsorizzazioni, lasciti la tutela e la valorizzazione ed erogazioni liberali, finalizzati alla ed erogazioni liberali, finalizzati alla dell’architettura rurale: “All’attuazione tutela e valorizzazione delle tipologie tutela e valorizzazione delle tipologie dei programmi di cui all’articolo 2 di architettura rurale ricadenti sul di architettura rurale ricadenti sul concorrono anche i proventi di territorio regionale o delle province territorio regionale o delle province sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni autonome concorrono all’attuazione autonome concorrono all’attuazione liberali, finalizzati alla tutela e dei programmi di cui all’articolo 28 del dei programmi di cui all’articolo 42 del valorizzazione delle tipologie di decreto legislativo di riordino sulla decreto legislativo di riordino sulla architettura rurale ricadenti sul materia dell’agricoltura. materia dell’agricoltura. territorio regionale o delle province 2. Tali proventi integrano le risorse che 2. Tali proventi integrano le risorse che autonome di Trento e di Bolzano. I le regioni e le province autonome le regioni e le province autonome predetti proventi integrano le risorse decidono di riservare alla tutela e alla decidono di riservare alla tutela e alla che le regioni e le province autonome valorizzazione delle tipologie di valorizzazione delle tipologie di di Trento e di Bolzano decidono di architettura rurale. architettura rurale. riservare alla tutela e alla valorizzazione delle tipologie di architettura rurale.” Si rileva che vi è un errato riferimento a un articolo del nostro decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del Senato). Il refuso è stato corretto. 216 Riprodotto dall’art. 22 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”. Il testo è il seguente: “Art. 22. (Sorveglianza rinforzata) 1. I vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e i prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati, sono soggetti ad uno specifico monitoraggio territoriale. // 2. I Servizi fitosanitari regionali, nell'ambito delle attività ispettive previste dalle vigenti normative fitosanitarie sui vegetali e prodotti vegetali, collaborano con le strutture incaricate dell'effettuazione dei controlli sugli organismi geneticamente modificati. // 3. Le modalità per l'espletamento del monitoraggio, anche al fine di assicurare omogeneità di interventi e raccordo operativo con il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole e forestali, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri della sanità e dell'ambiente e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci dello Stato, delle regioni e delle province”. Capo III Della biodiversità e dell’agricoltura transgenica Capo III Della biodiversità e dell’agricoltura transgenica ART. 24 (Sorveglianza rinforzata) ART. 15 (Sorveglianza rinforzata) 1. I vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e i prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati, sono soggetti ad uno specifico monitoraggio territoriale. 2. I Servizi fitosanitari regionali, nell’ambito delle attività ispettive previste dalle vigenti normative fitosanitarie sui vegetali e prodotti vegetali, collaborano con le strutture incaricate dell’effettuazione dei controlli sugli organismi geneticamente modificati. 3. Le modalità per l’espletamento del monitoraggio, anche al fine di assicurare omogeneità di interventi e raccordo operativo con il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci dello Stato, delle regioni e delle province. 1. I vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e i prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati, sono soggetti ad uno specifico monitoraggio territoriale. 2. I Servizi fitosanitari regionali, nell’ambito delle attività ispettive previste dalle vige