codice agricolo - idaic

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CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE-CNR
ISTITUTO DI DIRITTO AGRARIO INTERNAZIONALE E COMPARATO-IDAIC
UN’ALTRA IPOTESI DI SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA
Il decreto legislativo di riordino delle normative sull’attività agricola e il correlato d.P.R.
Proposta di un
CODICE AGRICOLO
a cura di
Alberto Germanò
con la collaborazione di
Giuliana Strambi
30 dicembre 2011
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PRESENTAZIONE
1. A seguito della legge 28 novembre 2005 n. 246, con cui il Parlamento aveva delegato al governo il
compito di emanare leggi di semplificazione in un largo spettro di materie tra cui l’agricoltura, il Ministero
delle Politiche agricole alimentari e forestali (Ministro l’on. Luca Zaia; Governo, on. Silvio Berlusconi) con
decreto del 2 settembre 2009 affidava all’IDAIC (e, per esso, ai proff. Alberto Germanò, Luigi Costato, Ettore
Casadei, Eva Rook Basile, Giulio Sgarbanti, Paolo Borghi, Ferdinando Albisinni e Pier Luigi Petrillo) il
compito di predisporre, in sinergia con l’Ufficio legislativo dello stesso dicastero (cons. Sergio De Felice), uno
schema di decreto legislativo e un correlato schema di regolamento in cui venissero riprese e riordinate le
varie disposizioni statali contenute in più testi normativi sulla materia dell’agricoltura, limitate, però,
all’oggetto dell’attività agricola. Invero, la vastità della normazione italiana sull’agricoltura aveva sconsigliato
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di ripetere il tentativo di rifare un “codice agricolo” , restringendo l’opera di semplificazione della materia
dell’agricoltura ai più rilevanti dei suoi oggetti: le figure degli imprenditori agricoli e delle loro attività
connesse fino alla vendita dei prodotti agricoli; le società agricole; i contratti agrari; la formazione di
un’azienda agricola di estensione adeguata, anche attraverso l’acquisizione della terra per successione o
per prelazione, tutti istituti che fanno parte dello “ordinamento civile” di competenza esclusiva dello Stato.
Peraltro, l’opportunità che il progettato riordino e riassetto della disciplina dell’attività agricola fosse completo
suggeriva l’inserzione nella legge di semplificazione di alcune norme pubblicistiche, cioè quelle dirette: alla
valorizzazione dello spazio in cui operano gli imprenditori agricoli, compresa l’architettura delle case rurali;
all’affermazione della libertà di esercitare anche colture transgeniche; alla formazione della proprietà
contadina quale base dell’azienda agraria; alla contrattazione programmata in agricoltura; al Sistema
informativo agricolo nazionale o SIAN, tutte “materie” di competenza statale o esclusiva o concorrente.
Nell’operazione di riordino era, infine, necessario predisporre uno schema di DPR in cui fossero delegificate
disposizioni già contenute in leggi ma sostanzialmente di natura regolamentare, mentre alcune disposizioni
già regolamentari venissero, invece, inserite nello schema di decreto legislativo di riordino per la loro vera
sostanza legislativa.
Fra i primi problemi da risolvere, i più rilevanti sono risultati sia quello della scelta dell’inserimento,
nell’interno dello stesso codice civile, di alcune disposizioni del progettato decreto legislativo di riordino e
semplificazione, sia quello della trasmigrazione, nel nuovo decreto legislativo, di alcuni articoli del codice
civile. I passaggi più significativi di tale dibattito, prima all’interno del gruppo dei giusagraristi, poi nella
dialettica Ufficio legislativo del MiPAAF e IDAIC, quindi nel corso delle riunioni pre-consiglio dei ministri fra gli
uffici legislativi dei vari ministeri, meritano di essere ricordati.
Punto di partenza era la constatazione che nello schema di decreto legislativo sarebbero state riprodotte
numerose norme di una vasta legislazione speciale, che si potevano distinguere in due grandi categorie:
norme definitorie e norme incentivanti. Orbene, vere norme definitorie erano quelle che attenevano alle
modifiche/integrazioni degli articoli del codice civile del 1942 sul coltivatore diretto, sulle attività connesse e
sull’iscrizione degli agricoltori nel registro delle imprese: queste sarebbero potute ben essere “integrate” nel
codice civile. Invece, le più o meno recenti, ma pur sempre “nuove” norme emanate dopo 1942, cioè le
norme sugli imprenditori agricoli professionali, gli imprenditori agricoli giovani, le società agricole, le attività
connesse di tipo agrituristico, l’imprenditore ittico, pur essendo disposizioni per lo più di natura privatistica,
erano disposizioni incentivanti e normativamente fiscali. Questa constatazione era stata la ragione per la
quale, nella primitiva formulazione dello schema di decreto legislativo, si era addivenuti all’idea di lasciare
“fuori” dallo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione le varie norme fiscali, suggerendo che
esse avrebbero potuto e dovuto costituire un “altro” eventuale decreto legislativo di riordino e di
semplificazione della materia agricola sotto il diverso profilo tributario, ma il Ministero dell’economia e delle
finanze ha escluso siffatta prima formulazione dello schema di decreto legislativo. Quando, poi, si è
provveduto ad ottemperare al suggerimento del Ministero dell’economia, il Ministero della giustizia ha
escluso che gli articoli, nuovamente riformulati e “intrisi” di norme fiscali, fossero degni di essere integrati nel
Codice civile. Rimaneva una concordanza sull’inserzione, nel codice civile, soltanto di tre disposizioni
definitorie che risultavano essere integratrici dei tre corrispondenti articoli codicistici.
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Già tentato e formalizzato in uno schema di decreto legislativo che non ha avuto la sorte di essere approvato dal
Consiglio dei ministri prima della fine della legislatura. Il successivo governo (Ministro per le politiche agricole, on. Paolo
De Castro; Governo, on. Romano Prodi) non ha ritenuto opportuno presentarlo per l’approvazione. Il testo, di 776 articoli
distribuiti in undici libri, come predisposto dall’IDAIC con la collaborazione di settanta fra docenti e cultori del diritto
agrario, è pubblicato, a cura di A. Germanò, nella Collana dell’IDAIC con il n. 58, sotto il titolo “Studio per un progetto di
Codice agricolo”.
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Va aggiunto che analoghe considerazioni erano state rilevate per gli articoli sul compendio unico,
sull’esercizio dell’attività di agricoltura biotecnologia, sulla prelazione: anche di essi si discuteva, ma con
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minore asprezza, sull’inserzione in o fuori del codice civile , concordando sul loro mantenimento in uno
schema di decreto che avesse sì il tratto di una “collezione” di sparse norme e del riassetto di ciò che
“residuava” da una vasta legislazione speciale, ma che fosse un insieme di norme che, poste fuori del codice
civile, formassero, in modo organico e intrinsecamente connesso, un “codice di settore”. Si era addivenuti a
rilevare che il fil rouge delle norme che andavano riordinate era, invero, l’esercizio dell’attività agricola da
parte di “specifici” soggetti (iap, giovani, società) su un terreno che, per la sua estensione e per il
mantenimento della sua consistenza, fosse economicamente adeguato (compendio unico) anche per effetto
del suo accrescimento per prelazione, per l’esercizio dell’attività imprenditoriale fino all’alienazione dei
prodotti (vendita dei prodotti agricoli), in un’area rurale in cui i detti soggetti operavano secondo canoni
dignitosi di vita e di abitazione (tipologia degli edifici rurali “antichi”) e di esercizio di una pluriattività
(agriturismo) rispondente alla multifunzionalità dell’agricoltura.
Altro problema era poi quello di risolvere la questione del mantenimento, “dentro” il codice civile, delle
norme sui contratti agrari ancora in esso comprese, oppure dell’opportunità di riordinarle “fuori” del codice. Si
era, allora, osservato che quasi tutte le disposizioni sull’affitto erano già fuori del codice civile (trattasi della
legge 203/1982), sicché si addiveniva alla conclusione di portare “fuori” le poche disposizioni non-obsolete
ormai rimastevi. Ad analoga conclusione si perveniva con riguardo al contratto di soccida: per rispondere
alla costruzione sistematica di un unico autonomo testo normativo di settore, appariva utile portare “fuori” del
codice civile anche tutte le disposizioni sulla soccida che, accorpate, avrebbero trovato anch’esse posto in
un testo extra codicem, con conseguente abrogazione degli articoli da 1629 a 1631, da 1634 a 1649, 1652,
1654 e da 2141 a 2187 del codice civile. D’altronde, la finalità della semplificazione legislativa è anche quella
di offrire un unico testo normativo che contenga tutte le disposizioni rilevanti – nel caso di specie – per
l’esercizio dell’attività imprenditoriale agricola.
In sostanza, nel corso degli incontri con e fra gli uffici legislativi dei vari ministeri si era provveduto a
formulare uno schema di decreto legislativo che tenesse distinte le tre norme integratici del codice civile da
tutte le altre, dandosi così luogo a un micro-sistema legislativo incentrato su una logica di settore al fine di
dare unità e coerenza a gran parte della disciplina dell’agricoltura.
Così venivano presentati al Consiglio dei Ministri i due schemi di decreto legislativo e di regolamento che
l’IDAIC aveva predisposto nel rispetto dei principi e dei criteri della legge delega, schemi che si articolavano
in testi redatti sulla base delle formule normative originarie, dato che la legge-delega limitava i “poteri
innovativi” all’eliminazione delle duplicazioni, alla soluzione dei contrasti giurisprudenziali e alle riformulazioni
formali. Tuttavia nella relazione di accompagnamento si faceva presente che talvolta, per la necessità di un
riassetto sistematico, era stato fatto ricorso all’introduzione di norme nuove, comunque poche di numero o
dirette alla legificazione di norme originariamente regolamentari ma sostanzialmente di rango legislativo e
alla delegificazione delle norme originariamente legislative ma sostanzialmente regolamentari.
Lo schema (definitivo) di decreto legislativo di riordino e semplificazione delle normative sull’attività
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agricola così si componeva di sette titoli: il primo dedicato alle integrazioni al codice civile ; il secondo alle
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qualifiche soggettive ; il terzo alla disciplina delle aree agricole ; il quarto alla proprietà terriera e alle
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Il Consiglio di Stato, alla pag. 17 del suo parere del 24 febbraio 2010, ha dichiarato di rimettere “al Ministero delle
politiche
agricole alimentari e forestali l’adeguata ponderazione e la considerazione per cui l’opera di riordino di norme primarie
qui al vaglio può meritare – se non in questa sede, in sede di successivo intervento di integrazione e correzione –,
quanto a disposizioni private, la dignità di integrazione nel Codice civile in luogo della collocazione che qui è stata
rappresentata”.
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Nell’ultima stesura il Titolo I, rubricato “Delle integrazioni al codice civile”, contiene la definizione di coltivatore diretto e
riguarda le attività connesse di produzione e cessione di agroenergie e l’iscrizione degli imprenditori agricoli nel registro
delle imprese.
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Nell’ultima stesura il Titolo II, rubricato “Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli”, si svolge in
dieci Capi, riguardanti gli imprenditori considerati agricoli e quelli equiparati agli agricoltori; l’imprenditore agricolo
professionale; l’imprenditore agricolo giovane; le società agricole; l’attività connessa agrituristica; l’attività di ricezione e
di ospitalità lungo i percorsi delle strade dell’olio, del vino e degli altri prodotti agricoli tipici; le figure dell’imprenditore
ittico e dell’acquicoltore e le attività connesse all’impresa ittica; la vendita diretta al dettaglio e per via telematica dei
prodotti agricoli; il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), l’anagrafe delle imprese agricole e il fascicolo
aziendale.
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Nell’ultima stesura il Titolo III, rubricato “Della disciplina delle aree agricole”, contiene disposizioni sulla gestione e sulla
tutela dello spazio rurale anche attraverso la contrattazione programmata territoriale; lo sviluppo delle zone agricole a
vocazione turistica; l’architettura rurale; la difesa della biodiversità; la tutela risarcitoria dei danni provocati alle colture
agricole dalla fauna selvatica.
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strutture agrarie ; il quinto ai contratti agrari ; il sesto alle abrogazioni ; il settimo sule disposizioni finali . Il
correlato schema (definitivo) del DPR di attuazione del decreto legislativo di riordino e semplificazione si
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articolava in cinque Titoli, corrispondenti ai titoli del testo del decreto legislativo . Esso conteneva sia
disposizioni di origine regolamentare, sia disposizioni di fonte legislativa che erano state delegificate,
tenendo conto della delega e dei pareri del Consiglio di Stato per altri codici di settore.
ll testo definitivo del decreto legislativo di riordino è stato approvato dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009. Nella stessa data è stato approvato il testo definitivo del correlato DPR.
Dopo l’approvazione del Governo i testi sono stati trasmessi, per il loro parere e per le loro osservazioni,
alle Commissioni Agricoltura del Senato e della Camera dei Deputati, al Consiglio di Stato, alla Commissione
bicamerale sulla semplificazione e alla Conferenza Unificata Stato-Regioni.
Esprimevano le loro osservazioni: la Commissione Agricoltura del Senato (26.1.2010); la Commissione
Agricoltura della Camera dei Deputati (27.1 e 19.10.2010); il Consiglio di Stato (24.2.2010); la Conferenza
unificata Stato-Regioni (29.4.2010); la Commissione bicamerale per la semplificazione(24 febbraio 2010;
considerazioni riportate nella lettera al MiPAAF del 7 dicembre 2010 e del 20 luglio 2011).
Venivano espresse osservazioni dai funzionari delle Regioni, dell’UPI e dell’ANCI negli incontri dei giorni
8, 19 e 27 gennaio 2010.
Venivano manifestate considerazioni dal Servizio Studi "Documentazione per l’esame di Atti del
Governo" (dossier del 19.1.2010).
Venivano trasmesse note scritte alle Commissioni parlamentari da: la Confederazione Generate
dell'Agricoltura Italiana (19.1.2010); il Consiglio Nazionale del Notariato (20.1.2010); il Consiglio Nazionale
dei Dottori Commercialisti (20.1.2010); l’Unci Coldiretti (20.1.2010); l’A.G.C.I. Agrital, Federcoopesca, Lega
Pesca, Un.l. Coop Pesca (21.1.2010); le Confcooperative (25.1.2010); il CONFAI Confederazione
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Agromeccanici (28.1.2010); l’Associazione Piscicoltori Italiani; l’ISMEA (1.3.2010) .
Nonostante i giudizi sostanzialmente favorevoli delle Commissioni Agricoltura del Senato (26 gennaio
2010), del Consiglio di Stato (24 febbraio 2010) e della Commissione bicamerale sulla semplificazione e
nonostante il giudizio lusinghiero della Conferenza Stato-Regioni reso il 29 aprile 2010, il ritardo con cui
quest’ultima istituzione si è pronunciata ha impedito che il Consiglio dei Ministri approvasse in seconda
seduta i testi suindicati prima del cambio del Ministro per le politiche agricole alimentarti e forestali. Con il
nuovo Ministro (on. G. Galan) l’iter ha subito una stasi, sebbene l’IDAIC, sollecitato dall’Ufficio legislativo del
MiPAAF (alcuni membri dello stesso gruppo di studio, con la collaborazione della dott. Giuliana Strambi,
ricercatrice CNR assegnata dal 1° aprile 2010 all’I DAIC) avesse già predisposto nuovi testi riformulandoli, là
dove fosse necessario, sulla base delle osservazioni sollevate dagli organismi suindicati. Solo con il nuovo
Ministro (on. Saverio Romano) l’iter ha ripreso la sua corsa, in vista della data di scadenza della delega (16
dicembre 2011). I nuovi testi venivano inviati alle competenti Commissioni parlamentari mentre l’Ufficio
legislativo del MiPAAF (avv. gen. Filippo Bucalo) disponeva un incontro con le varie organizzazioni
professionali in materia di agricoltura (9.11.2011), nel corso del quale venivano ascoltate la Confagricoltura,
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Nell’ultima stesura il Titolo IV, rubricato “Della proprietà terriera e delle strutture agrarie”, contiene disposizioni sul
compendio unico, sulla prelazione, sulla bonifica, sulla conservazione delle unità produttive, sulla formazione della
proprietà coltivatrice.
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Nell’ultima stesura il Titolo V concerne i contratti agrari dell’affitto di fondo rustico a coltivatore diretto e a conduttore,
dell’affitto di azienda agricola, dei residui contratti di mezzadria e colonia, della soccida, dei contratti di assicurazione in
agricoltura e dei contratti agrari di tipo enfiteutico.
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Nell’ultima stesura il Titolo VI contiene l’esplicita abrogazione di 63 complessi normativi costituiti sia da intere leggi che
da singoli articoli o commi di leggi precedenti.
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Nell’ultima stesura il Titolo VII contiene le disposizioni finale e finanziaria e quella sull’entrata in vigore.
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Nella definitiva versione il correlato DPR si compone di cinque titoli: il Titolo I “Dell’impresa agricola” è correlato alle
disposizioni del decreto legislativo sulla produzione e cessione delle agroenergie, sugli imprenditori agricoli giovani,
sull’attività dell’agriturismo, sulle strade del vino e dell’olio, sulla filiera ittica, sulla carta dell’agricoltore e del fascicolo
aziendale; il Titolo II “Della disciplina delle aree agricole” è correlato alle disposizioni del decreto legislativo sulla gestione
dello spazio rurale, sull’architettura rurale e sulla biodiversità e agricoltura transgenica; il Titolo III “Della proprietà terriera
e delle strutture agrarie” è correlato alle disposizioni del decreto legislativo sulla ricomposizione fondiaria e sulla
documentazione di rito occorrente ai fini della concessione dei mutui per la formazione della proprietà coltivatrice; il
Titolo IV “Della contrattazione agraria” contiene disposizioni sull’annata agraria e sulle Commissioni tecniche provinciali.
Il Titolo V contiene le disposizioni finali.
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Tutti i pareri, le osservazioni e le note scritte sono raccolti in un unico contenitore che, sotto la collocazione “A-5971”,
fa parte della Biblioteca dell’IDAIC.
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la Coldiretti, la CIA, la Confcooperative, la Federazione nazionale della proprietà fondiaria e l’ISMEA, le
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prime tre tendenzialmente “avverse” ai detti testi perché formulati senza previa “concertazione” .
Il 29 novembre 2011, il nuovo Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali (dott. Mario Catania;
Governo, sen. Mario Monti), “considerata la difficoltà di pervenire, in tempi rapidi, ad un componimento delle
diverse posizioni espresse dai vari soggetti coinvolti, in primis, dalle associazioni di categoria maggiormente
rappresentative”, ha manifestato alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati “l’impossibilità di
compiere un esame approfondito e completo dei testi in esame entro il termine di scadenza della delega,
ovvero entro il 16 dicembre 2011” e quindi, “nella consapevolezza dell’importanza di realizzare un riordino
della normativa esistente in materia agricola anche al fine di fornire agli operatori del settore un quadro
giuridico di riferimento certo”, ha reso noto “l’intenzione di proporre una nuova norma di delega che possa
consentire, a tutti gli interessati, di confrontarsi, con spirito dialettico e collaborativo, sulle questioni connesse
al riordino della normativa esistente per giungere alla redazione di un codice agricolo che sia realmente un
efficace e utile strumento di semplificazione”. Conseguentemente la Commissione parlamentare ha sospeso
l’esame dei testi.
Così non è stato dato compimento al progetto di semplificazione della normativa agricola che tendeva a
risolvere il problema che teorici e pratici desideravano che venisse risolto, quello di avere un corpus unitario
di norme che ne facilitasse l’individuazione e l’applicazione. Soprattutto gli operatori economici
dell’agricoltura si rendono, infatti, conto della differenza, a loro danno, del sistema “disordinato” di fonti
legislative che disciplinano in Italia la loro attività rispetto a quello organizzato in forma “semplice” di cui
invece godono i loro omologhi che esercitano la stessa attività negli altri Stati membri dell’Unione europea,
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con una non irrilevante ricaduta nella gara concorrenziale sul mercato europeo e internazionale .
2. I testi del Decreto Legislativo e del DPR, come riformulati dopo le osservazioni, sono esposti in una
tavola di concordanza in tre colonne:
la prima riporta le norme originarie da cui sono state riprodotte le formule degli schemi di D.Lgs. e di DPR
approvati dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009;
la seconda riporta le norme approvate dal detto Consiglio dei Ministri;
la terza riporta le nuove norme come riformulate sulla base delle suindicate osservazioni e considerazioni.
E’ sembrato necessario inserire anche la prima colonna per l’opportunità di valutare de visu e in via
immediata la conformità dei testi riformulati alle norme originarie, dato che i testi che vengono proposti
devono – per gli strettissimi limiti imposti dalla legge delega – essere perfettamente conformi alle norme
originarie. Infatti, i testi che si propongono sono – ripetesi, in forza della legge delega – una sorta di Testo
Unico e non già di un testo legislativo a mo’ di codice.
Le differenze tra le norme riportate nella terza colonna (cioè, le nuove norme) e quelle riportate nella
seconda colonna (cioè, le norme approvate dal CdM l’11.12.2009) sono immediatamente avvertibili, perché
gli articoli o i commi o gli incisi o le singole parole riformulati sono scritti in rosso.
Nella prima colonna possono risultare anche inserite quelle considerazioni che i compilatori dei testi
avevano espresso nel momento della presentazione degli schemi al CdM dell’11.12.2009 e che appaiono
ancora utili per valutarne la sostanza e la forma. Invece, al termine di ogni articolo ma al di fuori delle
colonne sono riportate, con evidenziazione a colori del soggetto-organo che le ha proposte, le osservazioni
che sono state sollevate. Per ciascuna di tali osservazioni sono spiegate le ragioni per le quali le stesse
sono state o accolte o rifiutate. In tale ultima ipotesi, le formule della terza colonna (cioè, le nuove norme)
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L’Ufficio di Gabinetto (dott. Giuseppe Ambrosio) e l’Ufficio Legislativo (cons. Sergio De Felice) del MiPAAF avevano
ritenuto non-necessaria la “concertazione”, non tanto perché la legge delega non la prescriveva, ma soprattutto perché
essa imponeva la raccolta, la sistemazione e il riordino di norme già vigenti e nella loro formulazione originaria. Si era
prevista, invece, una consultazione con le organizzazioni professionali agricole in un incontro diretto tra esse, il MiPAAF
e l’IDAIC, solo dopo che il Ministero avesse ottenuto tutti i pareri obbligatori (Commissioni parlamentari, Consiglio di
Stato, Conferenza Stato-Regioni) al fine della migliore formulazione dei testi da presentare al CdM per la seconda e
definitiva approvazione. Per il momento temporale del suo svolgimento essa sarebbe servita ad excludendum formule
utilizzate e non già ad includere nel testo formule nuove.
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Probabilmente sarebbe stata opportuna, da parte di tutti, la previa lettura del volume di B. G. Mattarella, La trappola
delle leggi. Molte, oscure, complicate, Bologna, 2011, in cui viene illustrato, come rimedio principale, la “codificazione” in
una delle diverse forme da essa assunte, utilizzata per “governare” la trasformazione del diritto italiano.
Avendo un testo già pronto, già approvato in prima lettura, già giudicato favorevolmente soprattutto dal Consiglio di
Stato, dalla Conferenza Stato-Regioni e dalla Commissione bicamerale per la semplificazione, già riesaminato e
accompagnato da una lunga relazione, forse sarebbe convenuto avere il nuovo “giudizio” della Commissione Agricoltura
della Camera dei Deputati, soprattutto ben consapevoli tutti – i politici, i sindacati e i giuristi – che, entro i successivi due
anni, si sarebbero potuto correggere, modificare e integrare i due testi.
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sono perfettamente identiche alle formule della seconda colonna (cioè, le norme approvate dal CdM
l’11.12.2009).
3. Per comprendere l’accettazione o il rifiuto dei vari suggerimenti di modifica e/o integrazione occorre
tenere a mente che la legge delega non consente al Governo di modificare i testi normativi originari dato che
i “poteri innovativi” sono stati limitati alla eliminazione delle scarse duplicazioni e alla soluzione dei contrasti
giurisprudenziali. Di conseguenza, gli schemi di decreto legislativo di riordino e semplificazione delle
normative nella materia dell’agricoltura e il parallelo DPR di esso attuativo sono il riassetto delle norme
statali vigenti. Non comprendono, dunque, né norme di regolamenti comunitari di per sé immediatamente
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obbligatorie, né norme statali cedevoli perché di competenza regionale . E gli schemi di decreto legislativo
di riordino e semplificazione delle normative nella materia dell’agricoltura e il parallelo DPR di esso attuativo
sono redatti, quasi sempre, sulla base delle formule originarie, poiché di regola non risultano compiuti
“aggiustamenti”, essendo contenuta al minimo la possibilità di operare riformulazioni formali, e ciò al fine di
perseguire lo scopo della legge-delega che è quello del “riassetto” delle disposizioni vigenti e non già
dell’introduzione di modifica delle normative. In sostanza, come si è detto e come conviene ripetere per
evitare che si possa cogliere l’occasione di una siffatta legge agricola per inserire nuove disposizioni nel
sistema legislativo italiano, l’insieme dei testi ha la sostanza di un Testo Unico piuttosto che di un nuovo
testo legislativo.
4. In particolare, poi, è necessario riferire che nella riformulazione del testo già approvato dal Consiglio
dei Ministri l’11 dicembre 2009 si sono tenute presenti soprattutto le osservazioni del Consiglio di Stato nel
suo parere del 24 febbraio 2010, con riguardo:
alla migliore redazione in lingua italiana delle formule contenute negli schemi di decreto legislativo e di DPR,
difetti formali imputabili alle norme originarie;
alla più corretta redazione tecnico-normativa di alcune frasi;
c) al riconoscimento della natura primaria di alcune disposizioni che erano state inserite nello schema di
DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
5. Ancora una considerazione di carattere preliminare con riferimento alla modifica formale che
costantemente si è apportata agli schemi di D.Lgs. e di DPR che erano stati approvati dal Consiglio dei
Ministri l’11.12. 2009: si fa riferimento alla sostituzione, con la formula “diritto dell’Unione europea”, di tutti i
rinvii a specifici regolamenti comunitari individuati con il loro numero e con la loro data.
In altre parole, occorre precisare che tutti i richiami al “diritto comunitario” contenuti nello schema del
decreto legislativo di riordino e semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 sono
stati riformulati con il richiamo al “diritto dell’Unione europea” in ossequio a quanto disposto dal Trattato di
Lisbona, senza riportare i numeri e le date dei regolamenti e/o delle direttive al fine di evitare l’ingessatura
delle norme e il sorgere della questione se si tratta di rinvio recettizio formale o materiale. Anche il Consiglio
di Stato, nel punto 2.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 32) – ha dichiarato che “una tale tecnica di
normazione [cioè quella di non riportare il numero e la data dello specifico regolamento comunitario
richiamato] è conforme allo spirito del progetto: un codice – raccolta sistematica normativa – è
tendenzialmente stabile nel tempo e non può subire modifiche costanti [come fa, invece, il diritto
comunitario]”.
6. Come già si è accennato, le modifiche sono evidenziate, nelle rubriche e nel testo degli articoli
della terza colonna.
Per una immediata presa d’atto del sistema di riformulazione si tenga conto che tutte le modifiche sono
scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al colore: in verde, le
varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza Stato-Regioni e gli
altri Organismi consultati o ascoltati; con un richiamo in fucsia sono riportate le osservazioni delle
organizzazioni professionali all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente con un richiamo in
fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte legislativamente dopo la presentazione del
nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di refusi sono evidenziate in giallo. I
rinvii dal D.Lgs al DPR e viceversa sono evidenziati in grigio.
7. Ormai venuta meno la possibilità della loro traduzione in testi normativi, lo scopo della
pubblicazione dei nostri schemi di D.Lgs. di riordino e del correlato DPR (predisposti dall’IDAIC su incarico
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Ed è questa la ragione per la quale non possono essere accolte in alcun modo le osservazioni sollevate dalla CIA nel
corso dell’incontro del 9.XI.2011 delle organizzazioni professionali, con cui essa si è doluta del mancato inserimento,
nello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione, delle norme regionali e delle disposizioni comunitarie
sulla PAC, oltre che delle norme sul credito agrario (che non è più specifico per gli agricoltori) o sui consorzi agrari (che
non sono imprenditori agricoli).
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del Ministro, on. Luca Zaia, poi confermato dal Ministro, on. Saverio Romano) sul sito www.idaic.cnr.it e sul
sito CNR Solar http://eprints.bice.rm.cnr.it è quello di rendere accessibile a tutti gli studiosi che si interessano
della materia agricoltura questo strumento di approfondimento, sistemazione e semplificazione delle sparse
norme agrarie del nostro sistema legislativo che i giusagraristi italiani hanno approntato tenendo presenti i
vari pareri e le varie osservazioni di organismi politici e giuridici, nonché di offrire agli imprenditori agricoli la
possibilità di reperire autonomamente una prima “risposta” ai propri problemi di condotta, senza necessità di
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rivolgersi alle organizzazioni sindacali o ai consulenti legali per avere un parere e un consiglio .
Alberto Germanò
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Sotto quest’ultimo profilo siamo consapevoli che la semplicità e la chiarezza delle normative regolatrici è un forte
elemento di competitività. A tal fine è interessante rilevare come la Francia, dovendo attuare le direttive comunitarie
in tema di agroenergie, sia intervenuta sulla norma del code rural con l’aggiunta di tre brevissime frasi al primo
alinea dell’art. L 311-1 aggiungendo: “Il en est de même de la production et, le cas échéant, de la commercialisation,
par un ou plusieurs exploitants agricoles, de biogaz, d’électricité et de chaleur par la méthanisation, lorsque cette
production est issue pour moins 50% de matières provenant de ces exploitations. Les revenus tirés de la
commercialisation sont considérés comme des revenus agricoles, au prorata de la partecipation de l’exploitant
agricole dans la structure exploitant et commercialisant l’énergie produite. Les modalités d’application du présent
article sont déterminées par décret”. Conseguentemente, all’agricoltore francese è sufficiente la lettura del code
rural per sapere cosa fare e che cosa attendersi.
Se, invece, ci rivolgiamo al nostro diritto con riferimento alle stesse direttive comunitarie che anche l’Italia ha
dovuto attuare, rileviamo che l’agricoltore, per capire di cosa si tratta e a quali vantaggi può aspirare, deve cercare,
leggere e capire i nessi e i collegamenti dei seguenti atti normativi: il comma 423 dell’art.1, della legge 266/2005
(legge finanziaria per il 2006), come modificato dal comma 11 dell’art.2-quater del d.l. 2/2006 convertito, con
modifiche, nella legge 81/2006, come sostituito dal comma 369 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per
il 2007) come integrato dal comma 178 dell’art. 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).
8
PROPOSTA
di
Decreto Legislativo di riordino e semplificazione
delle normative sull’attività agricola
Indice
Titolo I Delle integrazioni al codice civile
Art. 1 (Definizione di coltivatore diretto)
Art. 2 (Produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti)
Art. 3 (Registrazione delle imprese agricole e suoi effetti)
Titolo II Delle qualifiche soggettive e delle attività degli imprenditori agricoli
Capo I Degli altri imprenditori agricoli
Art. 4 (Degli altri soggetti a cui si applica la disciplina dell’impresa agricola)
Art. 5 (Degli equiparati al coltivatore diretto)
Capo II Degli imprenditori agricoli professionali
Art. 6 (Imprenditore agricolo professionale)
Capo III Delle società agricole
Art. 7 (Definizione di società agricola)
Art. 8 (Requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali)
Art. 9 (Requisiti di professionalità delle società agricole cooperative e consortili)
Art. 10 (Qualifica degli amministratori)
Art. 11 (Posizioni soggettive dei soci delle società agricole)
Capo IV Delle agevolazioni agli imprenditori agricoli
Art. 12 (Agevolazioni fiscali e previdenziali)
Capo V Dell’imprenditore agricolo giovane
Art. 13 (Imprenditori agricoli giovani: definizione e incentivi)
Capo VI Di alcune attività connesse alla principale attività di impresa agricola
Sezione I Dell’attività agrituristica
Art. 14 (Definizione. Riserva di denominazione e classificazione)
Art. 15 (Elenco e disciplina delle attività agrituristiche)
Art. 16 (Certificati di abilitazione)
Art. 17 (Locali destinati ad attività agrituristiche e loro requisiti igienico-sanitari)
Art. 18 (Requisiti di sicurezza alimentare)
Art. 19 (Impedimenti allo svolgimento delle attività agrituristiche)
Sezione II Delle attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del
vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici
Art. 20 (Strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici)
Capo VII Degli imprenditori della pesca e dell’acquicoltura
Art. 21 (Dell’imprenditore ittico)
Art. 22 (Dell’acquicoltore)
Art. 23 (Attività connesse a quelle di pesca e di acquicoltura)
Art. 24 (Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquicoltura o piscicoltura. Concessione di acqua pubblica ad uso
di acquicoltura)
Capo VIII Delle attività selvicolturali
Art. 25 (Promozione delle attività selvicolturali e forme di gestione)
Art. 26 (Cooperative forestali)
Capo IX Della vendita diretta di prodotti agricoli
Sezione I Della vendita al dettaglio
9
Art. 27 (Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio)
Art. 28 (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari)
Art. 29 (Impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli)
Sezione II Della vendita per via telematica
Art. 30 (Adeguamento delle borse merci)
Capo X Del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)
Sezione I Del Sistema informativo
Art. 31 (Il sistema informativo agricolo nazionale)
Sezione II Dell’anagrafe delle imprese agricole
Art. 32 (Anagrafe delle imprese agricole. Accesso alle informazioni)
Sezione III Del fascicolo aziendale
Art. 33 (Fascicolo aziendale. Forma delle nuove istanze di aiuti)
Art. 34 (Obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale)
Titolo III Della disciplina delle aree agricole
Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale
Sezione I Della valorizzazione dello spazio rurale
Art. 35 (Gestione e sviluppo delle varie aree rurali e delle loro produzioni)
Art. 36 (Contratti di collaborazione e contratti di promozione)
Art. 37 (Convenzioni in materia di gestione del territorio)
Sezione II Delle zone agricole a vocazione turistica
Art. 38 (Forme di turismo nelle zone agricole: interventi e definizioni)
Sezione III Della contrattazione programmata
Art. 39 (Programmazione territoriale negoziata)
Art. 40 (Distretti rurali e distretti agroalimentari)
Capo II Dell’architettura rurale
Art. 41 (Individuazione e tutela dell’architettura rurale)
Art. 42 (Programmazione regionale)
Capo III Della biodiversità, dell’agricoltura transgenica, dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria
e dalla fauna selvatica
Sezione I Della biodiversità
Art. 43 (Della biodiversità e della sua tutela. Della salvaguardia del principio di coesistenza)
Art. 44 (Responsabilità)
Sezione II Dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica
Art. 45 (Risarcimento dei danni prodotti all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica)
Titolo IV Della proprietà terriera e delle strutture agrarie
Capo I Della proprietà rurale
Sezione I Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico
Art. 46 (Compendio unico)
Art. 47 (Costituzione del compendio unico)
Art. 48 (Agevolazioni fiscali e creditizie per la formazione del compendio unico)
Art. 49 (Indivisibilità)
Art. 50 (Divisione ereditaria del compendio unico)
Art. 51 (Controversie sul valore del compendio unico)
Art. 52 (Modifica degli articoli 849 e 850 del codice civile)
Sezione II Della prelazione
Art. 53 (Titolarità del diritto di prelazione)
Art. 54 (Esercizio del diritto di prelazione e di riscatto)
Art. 55 (Diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice)
Capo II Della bonifica
Art. 56 (Finalità. Principi fondamentali per la materia specifica di competenza regionale)
Capo III Delle strutture agrarie
Sezione I Della formazione e della conservazione delle unità produttive
Art. 57 (Diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa)
Art. 58 (Diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà)
Art. 59 (Procedura per l’acquisto forzoso della proprietà)
Sezione II Della formazione e dell’ampliamento della proprietà coltivatrice
Art. 60 (Provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice)
Art. 61 (Operazioni di acquisto di fondi rustici non finanziabili)
10
Art. 62 (Criteri preferenziali per la concessione dei mutui per l’acquisto di fondi rustici)
Art. 63 (Acquisto dei terreni e delle case di abitazione)
Art. 64 (Acquisti di macchine, attrezzi e bestiame)
Art 65 (Domanda e nulla osta)
Art. 66 (Rapporti con gli istituti di credito)
Art. 67 (Vincolo di indivisibilità: revoca)
Art. 68 (Violazione del divieto di indivisibilità: nullità degli atti)
Art. 69 (Vincoli di inalienabilità e di coltivazione diretta: decadenza dai benefici)
Art. 70 (Cooperative di coltivatori diretti)
Art. 71 (Interventi dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA)
Art. 72 (Trasferimenti di diritti reali)
Art. 73 (Sussidi pubblici per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica e decadenza dai benefici)
Sezione III Delle agevolazioni fiscali e creditizie alla formazione di proprietà fondiarie gestite da coltivatori diretti
o da imprenditori agricoli professionali
Art. 74 (Disposizioni fiscali e creditizie in favore della proprietà agricola)
Titolo V Della disciplina dei contratti agrari
Capo I Dell’affitto di fondi rustici
Sezione I Delle disposizioni generali
Art. 75 (Definizione e inderogabilità delle norme)
Art. 76 (Rinunce, transazioni e accordi in deroga)
Art. 77 (Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura)
Art. 78 (Risoluzione per grave inadempimento)
Art. 79 (Subaffitto e subconcessione)
Art. 80 (Risoluzione incolpevole e indennizzo a favore dell’affittuario)
Art. 81 (Terreni oggetto di permesso di costruire)
Art. 82 (Successione nel contratto per causa di morte)
Art. 83 (Forma del contratto)
Art. 84 (Province autonome di Trento e di Bolzano e Regioni a statuto speciale)
Sezione II Dell’affitto a coltivatore diretto
Art. 85 (Durata minima e massima dell’affitto)
Art. 86 (Altre ipotesi di durata: l’affitto particellare; i terreni montani destinati all’alpeggio; i fondi destinati al
rimboschimento)
Art. 87 (Rinnovazione tacita e recesso)
Art. 88 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante)
Art. 89 (Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto)
Art. 90 (Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimento mediante deposito)
Art. 91 (Morosità dell’affittuario. Giudizio di risoluzione dell’affitto per morosità: rinvio)
Art. 92 (Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche)
Art. 93 (Poteri di gestione dell’affittuario)
Art. 94 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale).
Art. 95 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni)
Art. 96 (Diritto di ritenzione dell’affittuario. Pagamento dell’indennità)
Art. 97 (Piccoli miglioramenti)
Art. 98 (Scorte morte e scorte vive)
Art. 99 (Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto o di contratto di società cooperativa. Rinvio a
disposizioni fiscali)
Art. 100 (Concessione di contributi e altre agevolazioni)
Art. 101 (Pagamento dei contributi consortili)
Art. 102 (Divieto di concessioni separate ed estensione dell’affitto)
Art. 103 (Riconduzione all’affitto)
Art. 104 (Affitto di azienda agricola)
Art. 105 (Impresa familiare coltivatrice)
Art. 106 (Espropriazione per pubblica utilità: indennizzo)
Art. 107 (Rinvio al codice civile)
Art. 108 (Disposizioni processuali. rinvio)
Sezione III Dell’affitto a conduttore non coltivatore diretto
Art. 109 (Affitto a misura e a corpo)
Art. 110 (Risoluzione dell’affitto in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo)
Art. 111 (Espropriazione per pubblica utilità: indennizzo)
Art. 112 (Rinvio alla disciplina dell’affitto a coltivatore diretto. Disposizioni processuali)
Sezione IV Affitto di terreni demaniali, patrimoniali indisponibili e golenali
Art. 113 (Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili)
Sezione V Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari
Art. 114 (Contratti per i quali è esclusa l’applicazione degli articoli da 78 a 104)
11
Capo II Della conduzione dell’impresa agricola associata
Sezione I Dell’impresa agricola di coltivazione in forma associata
Art. 115 (Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso)
Sezione II Dell’impresa agricola di allevamento in forma associata
§ 1 – Della soccida – Disposizioni generali
Art. 116 (Nozione)
§ 2 – Della soccida semplice
Art. 117 (Nozione)
Art. 118 (Durata del contratto)
Art. 119 (Direzione dell’impresa)
Art. 120 (Assunzione di mano d’opera e obblighi del soccidario)
Art. 121 (Degli animali conferiti)
Art. 122 (Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto)
Art. 123 (Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto)
§ 3 – Della soccida parziaria
Art. 124 (Degli animali conferiti)
Art. 125 (Divisione degli animali, dei prodotti e degli utili)
Art. 126 (Rinvio)
§ 4 – Della soccida con conferimento di pascolo
Art. 127 (Nozione e norme applicabili)
§ 5 – Disposizione finale
Art. 128 (Rapporti di soccida: disposizione finale)
Capo III Dei contratti di assicurazione in agricoltura
Art. 129 (Contratti di assicurazione contro le avversità atmosferiche: contributi statali)
Capo IV Dei contratti agrari di tipo enfiteutico
Art. 130 (Riconduzione dei contratti agrari e dei rapporti di tipo enfiteutico a contratti e a rapporti di godimento personale
di fondi rustici. Estinzione)
Titolo VI Delle abrogazioni
Art. 131 (Abrogazioni)
Titolo VII Delle disposizioni finali
Art. 132 (Norma finanziaria)
Art. 133 (Disposizioni integrative, correttive e modificative)
Art. 134 (Entrata in vigore)
12
Norme originarie da cui sono state Norme approvate dal Consiglio dei Norme ribadite o modificate dopo
riprodotte le norme approvate dal Ministri l’11.12.2009
l’esame da parte delle competenti
Consiglio dei Ministri l’11.12.2009.
Commissioni
parlamentari,
del
In questa colonna sono anche
Consiglio
di
Stato
e
della
riportate le considerazioni dei
Conferenza Stato-Regioni, nonché a
compilatori del testo nel momento
seguito delle prescritte audizioni e
in cui esso è stato proposto al
dell’incontro con le organizzazioni
Consiglio dei Ministri.
professionali del 9.XI.2011.
N.B. I rinvii interni operati in questa
prima colonna sono effettuati con
riferimento al testo della seconda
colonna.
Tutte le modifiche sono scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al
colore: in verde, le varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza StatoRegioni e gli altri Organismi consultati o auditi; in fucsia sono riportate le osservazioni delle organizzazioni professionali
all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente in fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte
legislativamente dopo la presentazione del nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di
refusi sono evidenziate in giallo. I rinvii al connesso DPR sono evidenziati in grigio
Titolo I
La norma origina dall’art. 6 della legge
203/1982 (sui contratti agrari) e
dall’art. 48, lett. a, della legge
454/1961 (Piano quinquennale per lo
sviluppo dell’agricoltura). Art. 6 legge
203/1982: “Ai fini della presente legge
sono affittuari coltivatori diretti coloro
che coltivano il fondo con il lavoro
proprio e della propria famiglia,
sempreché tale forza lavorativa
costituisca almeno un terzo di quella
occorrente per le normali necessità di
coltivazione del fondo, tenuto conto,
agli effetti del computo delle giornate
necessarie per la coltivazione del
fondo stesso, anche dell'impiego delle
macchine agricole. 2. Il lavoro della
donna è considerato equivalente a
quello dell'uomo”.
Art. 48, comma 1, lett. a) della legge
454/1961: “Ai fini della presente legge
e della legge 25 luglio 1952 n. 949
[Provvedimenti
per
lo
sviluppo
dell’economia
e
incremento
dell’occupazione],
e
relativo
regolamento di esecuzione approvato
con DPR 17 ottobre 1952 n. 1317,
sono da considerare: a) coltivatori
diretti coloro che direttamente ed
abitualmente
si
dedicano
alla
coltivazione
dei
fondi
ed
all’allevamento di animali, sempre che
la complessiva forza lavorativa del
nucleo familiare non sia inferiore ad un
terzo di quella occorrente per le
normali necessità della coltivazione del
fondo e per l’allevamento e il governo
del bestiame…”.
Delle integrazioni al codice civile
Art. 1
(Definizione di coltivatore diretto)
1. All’articolo 2083 del codice civile è
aggiunto il seguente comma:
“Ai fini del primo comma e salvo le
diverse
disposizioni
in
materia
previdenziale è coltivatore diretto chi
coltiva il fondo o che alleva e governa
gli animali con il lavoro proprio e della
propria famiglia, sempre che tale forza
lavorativa costituisca almeno un terzo
di quella occorrente per l’esercizio di
tali attività, tenuto conto, agli effetti del
computo delle giornate necessarie,
anche dell’impiego delle macchine
agricole”.
Titolo I
Delle integrazioni al codice civile
Art. 1
(Definizione di coltivatore diretto)
1. All’articolo 2083 del codice civile è
aggiunto il seguente comma:
“Ai fini del primo comma e salvo le
diverse
disposizioni
in
materia
previdenziale è coltivatore diretto chi
coltiva il fondo o che alleva e governa
gli animali con il lavoro proprio e della
propria famiglia, sempre che tale forza
lavorativa costituisca almeno un terzo
di quella occorrente per l’esercizio di
tali attività, tenuto conto, agli effetti del
computo delle giornate necessarie,
anche dell’impiego delle macchine
agricole.”.
13
Al momento della I^ lettura dell’11.12.2009 è stato accolto il suggerimento del Dipartimento delle pari opportunità di
sopprimere il comma 2 dell’art. 6 della legge 203/1982 sull’equivalenza del lavoro femminile a quello maschile perché
ormai deve ritenersi scontata l’equivalenza anche del lavoro fisico tra donna e uomo.
Si consideri che nel vigente sistema normativo non esiste un’unica definizione di coltivatore diretto (v. in proposito, con
riguardo alla materia previdenziale, Cass. Sezioni Unite 1 settembre 1999 n. 616 (“Ai fini dell’applicabilità
dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la qualità di coltivatore diretto – rispetto alla quale manca
nell’ordinamento una nozione generale applicabile ad ogni fine di legge – deve essere desunta dal combinato disposto
degli artt. 2 legge n. 1047 del 1957, 2 e 3 legge n. 9 del 1963, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è
necessario e sufficiente il concorso dei seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e
abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l’interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in
modo soltanto prevalente, cioè tale che le attività stesse lo impegnino per il maggior periodo dell’anno e costituiscano
per lui la maggior fonte di reddito; b) necessità che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore
ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del
bestiame e che la lavorazione del fondo richieda un fabbisogno di mano d’opera non inferiore a 104 giornate lavorative
annue. Non è quindi richiesto il carattere imprenditoriale dell’attività, con la destinazione dei prodotti del fondo, anche
solo in parte al mercato, essendo sufficiente, invece, che il reddito prodotto, col suddetto connotato della prevalenza, sia
destinato direttamente al sostentamento proprio del coltivatore e della sua famiglia”). Si ribadisce che la giurisprudenza
tende ad applicare il criterio del terzo (introdotto dalla prima legislazione agraria dopo la seconda guerra mondiale e
confermato dall’art. 6 legge 203/1982), in modo generale in tutti i rapporti di diritto privato e di diritto pubblico in cui rileva
la detta qualifica, applicandola, ad esempio, anche nell’ipotesi in cui il proprietario (e non solo il concessionario) è il
coltivatore diretto (v., poi, espressamente, art. 42, comma 1, lett. a, legge 203/1982, sul diritto di ripresa). D’altra parte, la
definizione data dall’art. 48, comma 1, lett. a, della legge 454/1961 (che contiene l’avverbio “abitualmente” per indicare la
modalità con cui il coltivatore diretto si dedica all’attività agricola) è stata interpretata dalla Suprema Corte nel senso che
non è necessaria un’attività esclusiva: e ciò è ormai ius receptum, tanto che ne ha tenuto conto la definizione dell’art. 6
della successiva legge 203/1982. Si ricordi a tal proposito anche App. Roma 2 aprile 1948 che ritenne non incompatibile
l’attività di tranviere con la qualifica di coltivatore diretto. Quanto riferito in ordine alla Cass. 616/1999 impone di far “salve
le diverse disposizioni in materia previdenziale”.
Si consideri ancora che nessuna disposizione normativa prevede l’ipotesi del “silvicoltore diretto”. Tuttavia, di recente le
Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 14.4.2011, n. 8486), dirimendo un contrasto giurisprudenziale in materia di
prelazione agraria, ha esteso la nozione di coltivatore diretto al silvicoltore che eserciti tale attività in via esclusiva o
principale, con il solo limite che il terreno oggetto di vendita e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi.
Il Consiglio di Stato nel punto 2.1 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010 (pag. 26),
dopo avere valutato la formula sul “coltivatore diretto” qui riportata, conclude che “il riferimento, necessario in questo
settore così storicamente variabile, all’interpretazione evolutiva conduce a prendere atto di questo indirizzo ampiamente
ed autorevolmente manifestato in dottrina, per cui la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 è utile non solo in riferimento
ai contratti agrari, ma anche in assoluto (come già ieri quella dell’art. 1647 c.c.) e ha perciò portata generale. Sarebbe
difficilmente accettabile, a questo punto, ritornare al criterio della ‘prevalenza’. Tanto conduce a ritenere accettabile, in
questa opera di consolidazione che non può non richiamarsi al diritto vivente, la modificazione proposta”.
a) Si è osservato che sarebbe stato opportuno redigere una formula che “semplifichi” la legislazione in corso, evitando le
attuali sovrapposizioni delle formule di coltivatore diretto, di imprenditore agricolo e di imprenditore agricolo professionale
(Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima
seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: il coltivatore diretto è definito dall’art. 6 legge
203/1982 sulla riforma dei contratti agrari e dall’art. 48, comma 1, lett. a) della legge 454/1961 sul Piano quinquennale
per lo sviluppo dell’agricoltura, nonché dall’art. 2 legge 1047/1957 (“Agli effetti della presente legge [sull’assicurazione
per invalidità e vecchiaia] sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i
miglioratari, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla
manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento ed al governo del bestiame”) e dall’art. 2 legge 9/1963 (“E’ condizione
per il diritto all’assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e per quello alla
assicurazione di malattia per i coltivatori diretti che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore
ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del
bestiame. // Con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge il requisito della abitualità nella diretta e manuale
coltivazione dei fondi o nell’allevamento del bestiame, previsto dagli articoli 1 e 2, legge 26 ottobre 1957, n. 1047, e
dall’articolo 1, legge 22 novembre 1954, n. 1136, si ritiene sussistente quando i soggetti indicati nelle suddette norme si
dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. // Per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente
comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo
nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito”).
L’imprenditore agricolo è definito dall’art. 2135 c.c. come colui che esercita le attività di coltivazione del fondo, di
selvicoltura, di allevamento di animali e le attività connesse.
L’imprenditore agricolo professionale è definito dall’art. 1, d. lgs. 99/2004 come colui che dedica alle attività agricole
di cui all’art. 2135 c.c. almeno il 50% del suo tempo di lavoro e ricava dalle attività medesime almeno il 50% del suo
reddito globale di lavoro.
Le varie formule sopra trascritte hanno per oggetto, tutte, una figura soggettiva di base comune (quella
dell’imprenditore agricolo come colui che esercita una attività di coltivazione del fondo, della silvicoltura e
dell’allevamento) e due figure soggettive distinte, quella del coltivatore diretto e quella dell’imprenditore agricolo
professionale come specificazione della formula e, quindi, della figura di imprenditore agricolo.
Ciò posto, si noti che il coltivatore diretto è un (piccolo) imprenditore agricolo, sicché la formula di coltivatore diretto
si integra, e non già “si sovrappone”, con quella di imprenditore agricolo. Egualmente, l’imprenditore agricolo
professionale non è altro che uno specifico imprenditore agricolo: dunque, anche qui le due formule non si
sovrappongono, ma si integrano.
14
Quanto, poi, alle formule di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo professionale, si noti che per esse vi è una
forte differenziazione normativa. Le due figure sono, infatti, diverse: il coltivatore diretto è colui che soddisfa con il suo
lavoro un terzo delle esigenze lavorative del fondo; mentre l’imprenditore agricolo richiede che il soggetto destini
all’attività agricola almeno il 50% del suo lavoro. Per il diverso parametro del lavoro, potrebbe ben esserci un coltivatore
diretto che non sia iap. Dunque, non vi è “sovrapposizione” delle due figure se si considera il diritto e non già la diversa
possibile realtà. A tal proposito si ricordi che proprio il diverso parametro del lavoro ha sempre indotto la giurisprudenza
a considerare affittuario coltivatore diretto anche chi ha preso in affitto un piccolo fondo rustico (e, quindi, un soggetto
che mai potrebbe essere un iap) e ciò a partire dal famoso caso di App. Roma 2 aprile 1948 che ritenne non
incompatibile l’attività di tranviere con la qualifica di coltivatore diretto.
b) Si è osservato ancora che il requisito per la configurabilità della qualifica di coltivatore diretto – ossia un terzo della
forza lavorativa propria – così come formulata nello schema di decreto legislativo non sarebbe pienamente armonico
rispetto al presupposto della prevalenza del lavoro proprio che, invece, risulterebbe nella formula dell’art. 2083 c.c. nel
cui “ambito” lo schema di decreto legislativo pone il coltivatore diretto secondo la formula proposta nell’articolo 1
(Commissione Agricoltura del Senato). Inoltre, nell’incontro del 9 novembre 2011 con le organizzazioni professionali
agricole (Confagricoltura, Coldiretti, Cia), con la Confcooperative, con la Federazione nazionale della proprietà fondiaria
e con l’ISMEA) la Confagricoltura e la Coldiretti hanno contestato la proposta formula del nuovo comma dell’art. 2083
ribadendo che in generale sia ancora da ritenersi in vigore il principio della prevalenza.
Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009
per i seguenti motivi, già indicati e che ora nuovamente si propongono:
Occorre premettere che la giurisprudenza tende ad applicare la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 in modo generale
in tutti i rapporti di diritto privato e di diritto pubblico in cui rileva la detta qualifica. D’altronde, le formule dell’art. 6 della
legge 203/1982 sui patti agrari e dell’art. 48 legge 454/1961 sul Piano quinquennale dell’agricoltura sono quasi uguali, ad
eccezione dell’avverbio “abitualmente” presente nell’art. 48 legge 454/1961. In altre parole, il criterio del terzo (introdotto
dalla prima legislazione agraria dopo la seconda guerra mondiale e confermato dall’art. 6 legge 203/1982) è stato
applicato in modo generale, ovvero anche nell’ipotesi in cui il proprietario (e non solo il concessionario) sia il coltivatore
diretto (v., espressamente, art. 42, comma 1, lett. a, legge 203/1982, sul diritto di ripresa del fondo da parte del
proprietario coltivatore diretto).
Quanto, poi, alla osservazione sulla “prevalenza” che compare nell’art. 2083 c.c. in cui l’art.1 dello schema di decreto
legislativo di riordino si inserisce come nuovo comma, va ricordato che, all’indomani dell’entrata in vigore del codice
civile, la formula dell’art. 2083 (“Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della
famiglia”) era stata interpretata nel senso che l’ultimo inciso (“e coloro che esercitano… prevalentemente …”) “spiegava”
le tre ipotesi precedenti, sostenendosi, quindi, che nella figura del piccolo imprenditore (tra cui il coltivatore diretto) il
lavoro dell’imprenditore doveva superare il lavoro dei dipendenti (il 51% almeno). Solo una parte della dottrina rilevava
che le categorie del piccolo imprenditore non erano tre (il coltivatore diretto, l’artigiano e il piccolo commerciante), ma
quattro, ovvero anche – e in modo distinto dalle altre tre figure – quella di colui che esercitava l’attività in modo
prevalente [si faceva anche presente l’uso della “e” tra le prime tre figure e la quarta]. La legislazione agraria è stata la
prima a “rovesciare” il rapporto quantitativo tra il lavoro dell’imprenditore e quello dei suoi dipendenti (nel senso che è
sufficiente un terzo); poi hanno fatto seguito la legislazione sull’artigiano e, infine, quella sul fallimento del piccolo
commerciante: in altre parole, oggi le figure del coltivatore diretto, dell’artigiano e del piccolo commerciante non sono
caratterizzate dalla prevalenza (il 51% almeno) del lavoro dell’imprenditore sul lavoro dei dipendenti: sicché
l’interpretazione offerta dalla dottrina che, immediatamente dopo il 1942, era minoritaria è diventata maggioritaria. Vi
sono, dunque, quattro figure di piccolo imprenditore: le figure nominate del coltivatore diretto, dell’artigiano e del piccolo
commerciante, caratterizzate, ciascuna di esse, da uno specifico e normativamente esplicitato rapporto del lavoro
dell’imprenditore rispetto al lavoro dei dipendente, ed una quarta figura in cui la prevalenza del lavoro del primo rispetto
al lavoro dei secondi è quantitativamente prevalente. Dunque, il coltivatore diretto è sì un piccolo imprenditore come
afferma l’art. 2083 del codice civile, ma appartiene a quella specifica categoria che si caratterizza per il criterio del terzo.
Si aggiunge che il Consiglio di Stato nel punto 2.1 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010
(pag. 26), dopo avere valutato la formula sul “coltivatore diretto” qui riportata, conclude che “il riferimento, necessario in
questo settore così storicamente variabile, all’interpretazione evolutiva conduce a prendere atto di questo indirizzo
ampiamente ed autorevolmente manifestato in dottrina, per cui la definizione dell’art. 6 legge 203/1982 è utile non solo in
riferimento ai contratti agrari, ma anche in assoluto (come già ieri quella dell’art. 1647 c.c.) e ha perciò portata generale.
Sarebbe difficilmente accettabile, a questo punto, ritornare al criterio della ‘prevalenza’. Tanto conduce a ritenere
accettabile, in questa opera di consolidazione che non può non richiamarsi al diritto vivente, la modificazione proposta”.
c) Si è prospettata ancora l’opportunità di sopprimere l’inciso “e salvo le diverse disposizioni in materia previdenziale”
contenuto nella formula dell’art. 1 dello schema di decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del Senato). Si
conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i
seguenti motivi:
Una volta che la definizione di coltivatore diretto viene inserita nel codice civile, essa acquista valenza generale, sicché è
necessario – qualora l’Ordinamento attuale abbia, per determinate materie, una definizione diversa – “dichiarare” la
salvezza delle altre formule speciali. Orbene, mentre le varie leggi vigenti e la giurisprudenza adottano il criterio del
terzo quale caratteristica del coltivatore diretto, soltanto la definizione delle leggi sulla previdenza agricola hanno altra
formula. La necessità di mantenere, per la specialità della materia previdenziale, la differenziazione non è possibile
pervenire ad un’unica definizione, come avverrebbe con la proposta eliminazione del suddetto inciso. A conferma del
ragionamento che sottostà alla formulazione dell’art. 1 del decreto legislativo di riordino, si riporta la massima delle
Sezioni Unite della Cassazione 1 settembre 1999 n. 616 (“Ai fini dell’applicabilità dell’assicurazione per l’invalidità, la
vecchiaia e i superstiti, la qualità di coltivatore diretto – rispetto alla quale manca nell’ordinamento una nozione generale
applicabile ad ogni fine di legge – deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 legge n. 1047 del 1957, 2 e 3
legge n. 9 del 1963, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è necessario e sufficiente il concorso dei
15
seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e abituale governo del bestiame,
sussistenti allorché l’interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in modo soltanto prevalente, cioè tale
che le attività stesse lo impegnino per il maggior periodo dell’anno e costituiscano per lui la maggior fonte di reddito; b)
necessità che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le
normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame e che la lavorazione del
fondo richieda un fabbisogno di mano d’opera non inferiore a 104 giornate lavorative annue. Non è quindi richiesto il
carattere imprenditoriale dell’attività, con la destinazione dei prodotti del fondo, anche solo in parte al mercato, essendo
sufficiente, invece, che il reddito prodotto, col suddetto connotato della prevalenza, sia destinato direttamente al
sostentamento proprio del coltivatore e della sua famiglia”).
d) Si è prospettata, infine, l’opportunità di aggiungere, nella definizione di coltivatore diretto, dopo le parole “il fondo” le
seguenti “o che esercita la selvicoltura” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello
schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: la
delega per le leggi di riordino e semplificazione non permette l’introduzione di disposizioni nuove, cioè di disposizioni non
esistenti nel sistema normativo vigente. Questo non consente di accogliere il suggerito richiamo: ovverosia, nel nostro
attuale Ordinamento non c’è la figura del “selvicoltore diretto”.
L’articolo riproduce, con lo stesso
drafting utilizzato dal d.lgs. 18 maggio
2001 n. 228, il cui art. 1 ha due commi,
il I° che modifica l’art. 2135 e il 2° che
opera
l’equiparazione
delle
cooperative agricole agli imprenditori
agricoli, e con diversa formulazione
grammaticale, l’art. 1, comma 423,
legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge
finanziaria per il 2006), come
modificato dal comma 11 dell’art. 2quater del D.L. 10 gennaio 2006, n. 2,
convertito, con modifiche, in legge 11
marzo 2006, n. 81, e come
successivamente sostituito dal comma
369 dell’art. 1 legge 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007) e integrato, per
la parte finale, dall’art. 1, comma 178,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(legge finanziaria per il 2008): “Ferme
restando le disposizioni tributarie in
materia di accisa, la produzione e la
cessione di energia elettrica e calorica
da fonti rinnovabili agroforestali e
fotovoltaiche nonché di carburanti
ottenuti
da
produzioni
vegetali
provenienti prevalentemente dal fondo
e di prodotti chimici derivanti da
prodotti
agricoli
provenienti
prevalentemente dal fondo effettuate
dagli
imprenditori
agricoli,
costituiscono attività connesse ai sensi
dell'articolo 2135, terzo comma, del
codice civile e si considerano
produttive di reddito agrario, fatta salva
l’opzione per la determinazione del
reddito nei modi ordinari, previa
comunicazione all’ufficio secondo le
modalità previste dal regolamento di
cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n.
442”.
Art. 2
Art. 2
(Integrazione della definizione di (Produzione e cessione di energia
attività connesse)
elettrica e calorica e di carburanti)
1. All’articolo 2135 del codice civile è
aggiunto il seguente comma:
“Ferme restando le disposizioni
tributarie in materia di accisa, sono
anche attività connesse la produzione
e la cessione di energia elettrica e
calorica
da
fonti
rinnovabili
agroforestali e fotovoltaiche, nonché la
produzione di carburanti ottenuti da
produzioni
vegetali
provenienti
prevalentemente dal fondo o di
prodotti chimici derivanti da prodotti
agricoli provenienti prevalentemente
dal fondo, quando siano effettuate
dagli imprenditori agricoli. Esse si
considerano produttive di reddito
agrario, fatta salva l’opzione per la
determinazione del reddito nei modi
ordinari”.
1. All’articolo 2135 del codice civile è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Si
considerano
altresì
attività
connesse la produzione e la cessione
di energia elettrica e calorica da fonti
rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche,
nonché la produzione e la cessione di
carburanti ottenuti da produzioni
vegetali provenienti prevalentemente
dal fondo o di prodotti chimici derivanti
da
prodotti
agricoli
provenienti
prevalentemente dal fondo, quando
siano effettuate dagli imprenditori
agricoli.”.
2. Le dette attività si considerano
produttive di reddito agrario, fatta salva
l’opzione per la determinazione del
reddito nei modi ordinari. Restano
ferme le disposizioni tributarie in
materia di accisa.
Nell’incontro del 9.XI.2011 la Coldiretti ha contestato l’uso dell’avverbio “altresì” nell’incipit dell’articolo “Si considerano
altresì attività connesse…”. La formula è stata suggerita dal Consiglio di Stato (punto 2.2. del parere espresso il
24.2.2010, pag. 28), sicché si ritiene opportuno utilizzare l’avverbio “altresì”.
Su suggerimento della Confcooperative (nota del 25.1.2010) al fine del miglioramento della formula italiana, il 1°
comma dell’art. 2 potrebbe essere formulato così: “Si considerano altresì attività connesse la produzione e la cessione di
energia elettrica e termica e di carburanti derivanti da biomasse agricole, zootecniche e silvicole provenienti
prevalentemente dal fondo quando siano effettuate dagli imprenditori agricoli”. Ma come si è detto nel corso dell’incontro
del 9.XI.2011, non appare opportuno distaccarsi dalle parole del testo della norma originaria.
16
Sempre nel detto incontro del 9. XI. 2011 la Coldiretti ha contestato l’utilità di aggiungere all’art. 2135 c.c, un altro
comma, sostenendo che non è difficile per un agricoltore cercare e trovare la disciplina sulle biomasse. Sembra
opportuno chiarire la profonda ragione che ha determinato alla formazione di tale nuovo comma. Invero, è sufficiente
riflettere sulle seguenti considerazioni:
A) La Corte di giustizia ha più volte negato che possano essere definiti “aiuti di Stato” quelle misure di carattere
generale che garantiscono alle imprese:
-infrastrutture efficienti;
-elevata qualità di servizi
-vantaggioso sistema di tassazione
-semplicità e chiarezza delle normative regolatrici
B) La Francia, dovendo attuare le direttive comunitarie in tema di agroenergie, è intervenuta sulla stessa norma del
code rural con l’aggiunta di tre brevissime frasi al primo alinea dell’art. L 311-1 che così ora recita: “Sont réputées
agricoles toutes les activités correspondant à la maîtrise et à l’exploitation d’un cycle biologique de caractére végétal ou
animal et constituant une ou plusieurs étapes nécessaires au déroulement de ce cycle ansi que les activités exercées
par un exploitant agricole qui sont dans le prolongement de l’acte de production ou qui ont pour support l’exploitation.
Les activités de cultures marines sont réputées agricoles, nonobstant le statut social dont relévent ceux qui les
pratiquent. Il en est de même des activités de préparation et d’entraînement des équidés domestiques en vue de leur
exploitation, à l’exclusion des activités de spectacle. Il en est de même de la production et, le cas échéant, de la
commercialisation, par un ou plusieurs exploitants agricoles, de biogaz, d’électricité et de chaleur par la méthanisation,
lorsque cette production est issue pour moins 50% de matières provenant de ces exploitations. Les revenus tirés de la
commercialisation sont considérés comme des revenus agricoles, au prorata de la partecipation de l’exploitant agricole
dans la structure exploitant et commercialisant l’énergie produite. Les modalités d’application du présent article sont
déterminées par décret”. Ne consegue che l’agricoltore francese può limitarsi a leggere il code rural per sapere cosa
fare e che cosa attendersi!
C) La stessa attuazione delle direttive comunitarie è stata compiuta dall’Italia. Ma qui l’agricoltore, per capire di cosa si
tratta e a quali vantaggi può aspirare, deve cercare, leggere e capire i nessi e i collegamenti dei seguenti atti normativi:
-comma 423 dell’art.1, della legge 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), come modificato dal comma 11 dell’art.2quater del d.l. 2/2006 convertito, con modifiche, nella legge 81/2006,come sostituito dal comma 369 dell’art. 1 della legge
296/2006 (legge finanziaria per il 2007) come integrato dal comma 178 dell’art. 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria
per il 2008).
D) Questo è un esempio dei tanti che si possono fare. Sicché c’è materia sufficiente di riflessione sulla domanda se sia
vero che soltanto a coloro che detengono il “potere” dell’interpretazione dei testi normativi non piacciano le leggi di
semplificazione che potrebbero “aiutare”, nella gara concorrenziale, gli imprenditori italiani.
Non vengono riportati, nel testo del comma 1 gli incisi della norma originaria “Ferme restando le disposizioni
tributarie in materia di accisa” e “si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione
del reddito nei modi ordinari”, perché essi sono inseriti nel comma 2. Infatti, il comma 1 viene a far parte del codice civile,
dove non è corretto inserire norme fiscali nel codice civile. Non viene nemmeno riportato nel testo del comma 2 l’inciso
“previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n. 442” in quanto esso trova migliore inserimento nell’art. 1 del nostro parallelo DPR.
Anche il Consiglio di Stato, nel punto 2.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 28), suggerisce che la previsione di
palese ed esclusiva finalità tributaria sia scorporata dalll’art. 2135 c.c. e vada resa autonoma.
Si è anche suggerita l’opportunità di inserire, tra le attività connesse di produzione e cessione di energia elettrica e
calorica e di carburanti, l’ipotesi che la produzione di energia elettrica possa derivare anche “dall’acqua in uscita dagli
impianti di acquacoltura, soprattutto se ubicati in zone montane e collinari” (Commissione Agricoltura del Senato). Si
conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il
seguente assorbente motivo: poiché la delega per le leggi di riordino e di semplificazione non permette l’introduzione di
disposizioni nuove salvo che ricorrano esigenze di sistematicità, la questione pregiudiziale che si pone è se vi sia una
ragione di una migliore sistematizzazione della materia “attività agricole connesse” diverse (e nuove) rispetto a quelle
tradizionalmente conosciute e “arricchite” in numero e specie dall’art. 2135 c.c. nella formulazione del 2001.
L’opportunità di inserire la produzione di “energia idroelettrica” quando è il risultato dell’attività dell’acquacoltore (che è
imprenditore agricolo) potrebbe essere suggestiva, se non ché la legge di delega non consente modifiche che possano
influire sulla finanza pubblica. Ora, la produzione e cessione di energia elettrica e calorica e di carburanti ad opera
dell’imprenditore agricolo è espressamente considerata, dalle leggi fiscali, come produttiva di reddito agrario. Se si
estendesse la disposizione alla produzione e cessione di energia idroelettrica da parte dell’acquacoltore si avrebbe
violazione della regola per la quale dal nuovo testo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.
Peraltro, la rilettura attenta dell’art. 2 ha consentito di rilevare che, per mero errore materiale, era “saltata” la parola
“cessione” con riferimento alla produzione e cessione di carburanti. La disposizione è stata riformulata in tal senso. La
rilettura attenta della disposizione dell’art. 2 ha messo in evidenza l’opportunità di “separare” dal testo la disposizione
che viene inserita nel codice civile (l’equiparazione alle attività connesse) dalla disposizione di natura fiscale (la
considerazione che le dette attività di produzione e cessione di energia pulita è produttiva di reddito agrario). Si è così
provveduto a ripetere come 1° comma la parte della disposizione (come approvata dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009) sul riconoscimento di attività connesse delle attività di produzione e cessione di energia elettrica e
calorica e di carburanti come nuovo comma dell’art. 2135 c.c.; e a formulare in un 2° comma la disposi zione fiscale
(anch’essa approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009) ma che resterà fuori dal codice civile. D’altra parte il
Consiglio di Stato nel punto 2.2 del suo parere espresso il 24 febbraio 2010 nn. 153/2010 e 155/2010 (pag. 28) ha
suggerito la “separazione” delle due disposizioni, quella definitoria civile e quella fiscale.
Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso
dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE” non
17
è stato preso in considerazione nella redazione del presente articolo e, più in generale, del presente decreto, perché
comprensivo di norme che contengono definizioni e disposizioni relative a profili autorizzatori e di incentivazione delle
fonti energetiche rinnovabili. Pertanto il suo contenuto è estraneo all’obiettivo di questo testo.
Riprodotto dall’articolo 2 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228: «1.
L'iscrizione degli imprenditori agricoli,
dei coltivatori diretti e delle società
semplici esercenti attività agricola nella
sezione speciale del registro delle
imprese di cui all'articolo 2188 e
seguenti del codice civile, oltre alle
funzioni di certificazione anagrafica ed
a quelle previste dalle leggi speciali,
ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del
codice civile».
Per memoria si ricorda che la norma
sulle modalità di iscrizione degli
imprenditori agricoli nel Registro delle
imprese è contenuta nell’articolo 2,
comma 1, del d.P.R. 14 dicembre
1999, n. 558, che qui si riporta: «1.
Sono iscritti in una sezione speciale
del registro delle imprese gli
imprenditori agricoli di cui all'art. 2135
del codice civile, i piccoli imprenditori
di cui all'art. 2083 dello stesso codice e
le società semplici. Le persone fisiche,
le società e i consorzi iscritti negli albi
di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443
sull’artigianato], sono annotati nella
medesima sezione speciale».
Art. 3
(Iscrizione delle imprese agricole
nella sezione speciale del registro
delle imprese)
1. L’articolo 2136 del codice civile è
sostituito dal seguente:
“Art. 2136 (Registro delle imprese
agricole)
L'iscrizione degli imprenditori agricoli,
dei coltivatori diretti e delle società
semplici esercenti attività agricola nella
sezione speciale del registro delle
imprese di cui all’articolo 2188, oltre
alle
funzioni
di
certificazione
anagrafica ed a quelle previste dalle
leggi speciali, ha l'efficacia di cui
all'articolo 2193”.
Art. 3
(Registrazione delle imprese agricole e
suoi effetti)
1. L’articolo 2136 del codice civile è
sostituito dal seguente:
“Art. 2136 (Registro delle imprese
agricole e stato di insolvenza degli
imprenditori agricoli registrati)
L'iscrizione
degli
imprenditori
agricoli, dei coltivatori diretti e delle
società semplici esercenti attività
agricola nella sezione speciale del
registro delle imprese di cui all’articolo
2188,
oltre
alle
funzioni
di
certificazione anagrafica ed a quelle
previste dalle leggi speciali, ha
l'efficacia di cui all'articolo 2193.”.
2. Gli imprenditori agricoli iscritti nel
registro delle imprese che siano in
stato di crisi o di insolvenza possono
accedere alle procedure degli accordi
di ristrutturazione dei debiti e della
transazione fiscale di cui agli articoli
182-bis e 182-ter del regio decreto 16
marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni.
Il comma 2 è tratto da un testo normativo introdotto nel luglio 2011, ovvero non solo dopo l’approvazione del primo
schema dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009, ma anche dopo la trasmissione, dal MiPAAF, del nuovo testo
“modificato” sulla base delle osservazioni delle Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza
Stato-Regioni. Di tale nuova formulazione si è data notizia nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni
professionali. Più precisamente, esso è tratto dall’art. 23, comma 43, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15
luglio 2011 n. 111, così redatto: “ In attesa di una revisione complessiva della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi
e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza possono
accedere alle procedure di cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni”. Si tratta degli accordi di ristrutturazione dei debiti e della procedura di transazione fiscale.
La necessità che l’accordo di ristrutturazione venga pubblicato nel registro delle imprese (comma 2 dell’art. 182-bis
del r.d. 267/1942) presuppone che l’imprenditore sia iscritto in detto registro. Questa è la ragione per la quale il comma
43 dell’art. 23 del d.l. 98/2011 viene inserito nel codice civile sotto l’articolo che dispone l’iscrizione degli imprenditori
agricoli nel registro delle imprese.
Conseguentemente, il detto comma 43 dell’art. 23 del d.l. 98/2011 viene riportato nell’articolo delle abrogazioni.
Titolo II
Delle qualifiche soggettive e
delle attività degli imprenditori
agricoli
Capo I
Degli equiparati
Titolo II
Delle qualifiche soggettive e
delle attività degli imprenditori
agricoli
Capo I
Degli altri imprenditori agricoli
Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 1094,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(legge finanziaria per il 2007), come
modificato, per l’ultimo periodo,
dall’art. 1, comma 177, della legge 24
Art. 4
Art. 4
dicembre 2007, n. 244 (legge
(Degli altri soggetti a cui si
finanziaria
per
il
2008):
“Si
(Degli equiparati all’imprenditore
applica la disciplina
considerano imprenditori agricoli le
agricolo)
dell’impresa agricola)
società di persone e le società a Fatte
salve
le
più
favorevoli
responsabilità limitata, costituite da disposizioni
di
legge
per
gli Si considerano imprenditori agricoli e
18
imprenditori agricoli, che esercitano
esclusivamente le attività dirette alla
manipolazione,
conservazione,
trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli
ceduti dai soci. In tale ipotesi, le
società possono optare per la
determinazione del reddito applicando
all’ammontare dei ricavi il coefficiente
di redditività del 25 per cento”.
b) dall’art. 1, comma 2, d. lgs. 18
maggio 2001, n. 228: “Si considerano
imprenditori agricoli le cooperative di
imprenditori agricoli ed i loro consorzi
quando utilizzano per lo svolgimento
delle attività di cui all’art. 2135 del
codice civile, come sostituito dal
comma 1 del presente articolo,
prevalentemente prodotti dei soci,
ovvero forniscono prevalentemente ai
soci beni e servizi diretti alla cura ed
allo sviluppo del ciclo biologico”.
c) dall’art. 8 del d.lgs.18 maggio 2001,
n. 227: “Le cooperative ed i loro
consorzi che forniscono in via
principale, anche nell'interesse di terzi,
servizi nel settore selvicolturale, ivi
comprese le sistemazioni idraulicoforestali,
sono
equiparati
agli
imprenditori agricoli”, che viene ora
riprodotto all’art. 26 .
d) dal comma 3 dell’art. 2 d. lgs.
226/2001: “Fatte salve le più favorevoli
disposizioni di legge, l’imprenditore
ittico è equiparato all’imprenditore
agricolo”. Questa nostra lettera b) del
comma 2 afferma che l’imprenditore
ittico è equiparato all’imprenditore
agricolo. Chi sia l’imprenditore ittico
ora è detto dall’art. 21 del presente
decreto legislativo di riordino.
e) dall’ultima frase comma 1094
dell’art. 1 della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (legge
finanziaria per il
2007), come modificato, per l’ultimo
periodo, dall’art. 1, comma 177, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria
per
il
2008):
“Si
considerano imprenditori agricoli le
società di persone e le società a
responsabilità limitata, costituite da
imprenditori agricoli, che esercitano
esclusivamente le attività dirette alla
manipolazione,
conservazione,
trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli
ceduti dai soci. In tale ipotesi, le
società possono optare per la
determinazione del reddito applicando
all’ammontare dei ricavi il coefficiente
di redditività del 25 per cento”.
imprenditori di cui alla lettera e), sono
equiparati all’imprenditore agricolo:
a) le società di persone e le società a
responsabilità limitata, costituite da
imprenditori agricoli, che esercitano
esclusivamente le attività dirette alla
manipolazione,
conservazione,
trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli
ceduti dai soci;
b)
le
cooperative
agricole
di
conduzione di terreni e di allevamento;
c) le cooperative di imprenditori
agricoli e i loro consorzi, quando
utilizzano per lo svolgimento delle
attività connesse di cui all’articolo 2135
prevalentemente prodotti dei soci, o
forniscono prevalentemente ai soci
beni e servizi diretti alla cura ed allo
sviluppo del ciclo biologico;
d) le cooperative di servizi forestali e i
loro consorzi di cui all’articolo 22;
e) gli esercenti l’attività imprenditoriale
di pesca di cui all’articolo 19.
2. Le società di cui alla lettera a) del
comma 1 possono optare per la
determinazione del reddito applicando
all’ammontare dei ricavi il coefficiente
di redditività del 25 per cento.
sono soggetti alla stessa disciplina:
le società di persone e le società
a responsabilità limitata, costituite da
imprenditori agricoli, che esercitano
esclusivamente le attività dirette alla
manipolazione,
conservazione,
trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione di prodotti agricoli
ceduti dai soci;
b) le cooperative di imprenditori
agricoli e i loro consorzi, quando
utilizzano per lo svolgimento delle
attività connesse di cui all’articolo 2135
prevalentemente prodotti dei soci, o
forniscono prevalentemente ai soci
beni e servizi diretti alla cura ed allo
sviluppo del ciclo biologico.
2. Sono equiparati agli imprenditori
agricoli e sono soggetti alla stessa
disciplina:
a) le cooperative di servizi forestali e i
loro consorzi di cui all’articolo 26;
b) gli esercenti l’attività imprenditoriale
di pesca di cui all’ articolo 21.
3. Le società di cui alla lettera a) del
comma 1 possono optare per la
determinazione del reddito applicando
all’ammontare dei ricavi il coefficiente
di redditività del 25 per cento.
4. Per gli imprenditori di cui alla lettera
b) del comma 2 sono fatte salve le più
favorevoli disposizioni di legge.
a) E’ stato osservato che l’art. 4 dello schema di decreto legislativo contiene una formulazione equivoca perché
considera come soggetti “equiparati” all’imprenditore agricolo talune figure che, nella legislazione vigente, “sono” a tutti
gli effetti imprenditori agricoli. Si suggerisce, perciò, il ripristino dell’originaria distinzione (Commissione Agricoltura del
Senato). Le considerazioni espresse meritano accoglimento.
19
Invero, nell’art. 4 dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.209, sotto la identica rubrica di “equiparati”,
venivano riportate cinque categorie di soggetti ai quali si sarebbe applicata la stessa disciplina delle imprese agricole. Si
trattava di:
società di persone ecc. ecc. che esercitano ecc. ecc. [attività connesse sui prodotti dei soci] che - secondo la norma
originaria – “sono considerati” imprenditori agricoli;
cooperative di conduzione di terreni e di allevamento;
cooperative di imprenditori agricoli ecc. ecc. che utilizzano prodotti dei soci ecc. ecc. e che - secondo la norma
originaria – “sono considerati” imprenditori agricoli;
cooperative di servizi forestali ecc., che – secondo la norma originaria – “sono equiparati” agli imprenditori agricoli
esercenti l’attività di pesca ecc., che - secondo la norma originaria – “sono equiparati” agli imprenditori agricoli.
Innanzitutto è necessario espellere dalla “equiparazione” i soggetti di cui alla lettera b) [cioè le cooperative di
conduzione di terreni e di allevamento, che di per sé sono imprenditori agricoli]; in secondo luogo la ragione dell’uso
della stessa espressione “sono equiparati” per tutte le altre quattro categorie di soggetti – che derivava dalla
considerazione che se un oggetto “è considerato” ad esempio un rastrello vuol dire che non è un rastrello ma che, al fine
di ciò che si sta analizzando, è come se fosse un rastrello: cioè è “equiparato” a un rastrello – non regge davanti al
dubbio che dall’uso dell’unica espressione “equiparazione” possano discendere effetti contrastanti con quelli che
discendono dalle norme originarie. Conseguentemente, anche in accoglimento delle considerazioni espresse, l’art. 4
(ovviamente con diversa rubrica di quella dell’11.12.2009) viene, ora, distinto in due commi: il primo, che riporta le
categorie dei soggetti che sono “considerati” imprenditori agricoli [attuali lettere a) e c)] ; il secondo, che riporta le
categorie dei soggetti “equiparati” agli imprenditori agricoli [attuali lettere d) ed e)]. In tal modo si è provveduto a
riformulare il testo dell’art. 4.
b) Si è prospettata l’opportunità di estendere ai consorzi forestali (di cui all’art. 22 dello scema di decreto legislativo)
l’equiparazione agli imprenditori agricoli prevista, dall’art. 4, per le cooperative agro-forestali che sono disciplinate
dall’art. 21 di questo stesso decreto legislativo (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010).
Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009
per il seguente assorbente motivo: invero, è diversa la ratio che regge l’art. 22 (sui consorzi forestali) rispetto a quella
dell’art. 21 (che concerne le cooperative forestali). Le cooperative forestali, sono equiparate agli imprenditori agricoli ex
art. 8, d.lgs. 227/2001 (ed ex art. 4, comma 2, lett. b, del presente schema di decreto legislativo come ora riformulato)
perché svolgono attività agricola. Esse, perciò, sono ben diverse dai consorzi forestali, i quali ben possono essere
costituiti tra proprietari fondiari. Il sistema delle leggi agrarie è quello di agevolare – anche fiscalmente – gli imprenditori
agricoli e non già i proprietari terrieri. Si consideri anche che l’equiparazione dei consorzi forestali alle cooperative
forestali e, di conseguenza, agli imprenditori agricoli darebbe luogo a “minori” entrate nella finanza pubblica. Ed anche
questo è un rilevantissimo motivo per confermare la formula approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
La lettera b) dell’art. 1, comma 3, d.lgs. 99/2004, che richiamava “le cooperative agricole di conduzione di terreni e di
allevamento” è stata soppressa [e deve ritenersi che la soppressione non riguardi solo il riferimento al numero dei soci –
un quinto – che dovevano essere in possesso della qualità di iap] ad opera dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 101/2005. Infatti,
dal sistema si trae la conferma che le società cooperative di conduzione di terreni costituite sono imprenditori agricoli. Si
noti, tuttavia, che il Consiglio di Stato nel punto 2.4 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 30) ritiene che la lettera b)
dell’art. 4 dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009 sia “coerente con il sistema commerciale,
poiché – come ritiene la dottrina – le società cooperative di conduzione di terreni costituite da imprenditori agricoli sono
equiparabili agli imprenditori agricoli”, sicché il Consiglio di Stato ritiene che la formula “sia condivisibile”. Riteniamo,
invece, che la cooperativa che conduce terreni o che alleva animali eserciti attività agricola principale: con la
conseguenza che è imprenditore agricolo.
c) nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Confagricoltura ha chiesto come mai non si
fosse introdotta alcuna disposizione sugli apicoltori. La risposta è la seguente: gli apicoltori SONO imprenditori agricoli e,
dunque, rientrano nella previsione dell’art. 2135 c.c. che questo schema di decreto legislativo di riordino e
semplificazione non tocca. La legge 24 dicembre 2004 n. 313 è, poi, soprattutto una legge di dettaglio che regola la
“conduzione zootecnica delle api”.
Sempre nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Confagricoltura ha chiesto come mai
non si fosse introdotta alcuna disposizione sui consorzi agrari. La risposta è la seguente: i consorzi agrari non sono, di
per sé, imprese agricole. Per l’art. 1, comma 9-bis, del d.l. 18 maggio 2006 n. 181, convertito in legge 17 luglio 2006 n,
233, i consorzi agrari sono società cooperative a responsabilità limitata (regolate dall’art. 1511 c.c.) che hanno lo scopo
di “contribuire all’innovazione e al miglioramento della produzione agricola e alla predisposizione e gestione di servizi utili
all’agricoltura”, compiendo anche operazioni di credito agrario di esercizio in natura e di anticipazione ai produttori in
caso di di conferimento dei prodotti all’ammasso volontario”.
Riprodotto: a) dal comma 1 dell’art. 7,
legge 203/1982: “Sono equipararti ai
coltivatori diretti, ai fini della presente
legge, anche le cooperative costituite
dai lavoratori agricoli e i gruppi di
coltivatori diretti, riuniti in forme
associate, che si propongono e
Art. 5
(Degli equiparati al coltivatore
diretto)
1. Sono equiparati al coltivatore diretto
ai soli fini della disciplina del contratto
di affitto di fondi rustici le cooperative
costituite dai lavoratori agricoli e i
gruppi di coltivatori diretti, riuniti in
forme associate, che si propongono e
attuano la coltivazione diretta dei fondi,
Art. 5
(Degli equiparati al coltivatore
diretto)
1. Sono equiparati al coltivatore diretto
ai soli fini della disciplina del contratto
di affitto di fondi rustici le cooperative
costituite dai lavoratori agricoli e i
gruppi di coltivatori diretti, riuniti in
forme associate, che si propongono e
attuano la coltivazione diretta dei fondi,
20
attuano la coltivazione diretta dei fondi,
anche quando la costituzione in forma
associativa e cooperativa è avvenuta
per conferimento da parte dei soci di
fondi
precedentemente
affittati
singolarmente”; b) dal comma 2
dell’art. 7, legge 203/1982: “Sono
inoltre equiparati ai coltivatori diretti, ai
fini della presente legge, i laureati o
diplomati in qualsiasi scuola di
indirizzo agrario o forestale e i laureati
in veterinaria per le aziende a
prevalente indirizzo zootecnico, in età
non superiore ai cinquantacinque anni,
che si impegnino ad esercitare in
proprio la coltivazione dei fondi per
almeno nove anni”.
La norma è riprodotta: a) dal 1 comma
dell’art. 1, d.lgs 29 marzo 2004, n. 99:
“1. Ai fini dell'applicazione della
normativa statale, è imprenditore
agricolo professionale (IAP) colui il
quale, in possesso di conoscenze e
competenze professionali ai sensi
dell'articolo 5 del regolamento (CE) n.
1257/1999 del Consiglio, del 17
maggio 1999, dedichi alle attività
agricole di cui all'articolo 2135 del
codice civile, direttamente o in qualità
di socio di società, almeno il cinquanta
per cento del proprio tempo di lavoro
complessivo e che ricavi dalle attività
medesime almeno il cinquanta per
cento del proprio reddito globale da
lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli
assegni ad esse equiparati, le
indennità e le somme percepite per
l'espletamento di cariche pubbliche,
ovvero in società, associazioni ed altri
enti operanti nel settore agricolo, sono
escluse dal computo del reddito
globale
da
lavoro.
…..Per
l'imprenditore che operi nelle zone
svantaggiate di cui all'articolo 17 del
citato regolamento (CE) n. 1257/1999,
i requisiti di cui al presente comma
sono ridotti al venticinque per cento.”
Il richiamo originario era per l’art. 5,
reg.1257 del 1999, che qui viene
riportato solo per memoria: “Il
sostegno agli investimenti viene
concesso ad aziende agricole - che
dimostrino redditività, - che rispettino
requisiti minimi in materia di ambiente,
igiene e benessere degli animali, e – il
cui imprenditore possieda conoscenze
e competenze professionali adeguate”.
Il reg. 1257/1999 è stato abrogato. La
Comunità interviene frequentemente a
modificare o ad abrogare i suoi
regolamenti, ma in questo caso di
anche quando la costituzione in forma
associativa e cooperativa è avvenuta
per conferimento da parte dei soci di
fondi
precedentemente
affittati
singolarmente.
2. Sono equiparati al coltivatore diretto
ai soli fini della disciplina del contratto
di affitto di fondi rustici i laureati o
diplomati in qualsiasi scuola di
indirizzo agrario o forestale e i laureati
in veterinaria per le aziende a
prevalente indirizzo zootecnico, in età
non superiore ai cinquantacinque anni,
che si impegnino ad esercitare in
proprio la coltivazione dei fondi per
almeno nove anni”.
Capo II
Degli imprenditori agricoli
professionali
Art. 6
(Imprenditore agricolo
professionale)
1. Ai fini dell’applicazione della
normativa statale, è imprenditore
agricolo professionale (IAP) colui il
quale, in possesso di conoscenze e
competenze professionali, dedichi alle
attività agricole di cui all’articolo 2135
del codice civile, direttamente o in
qualità di socio di società, almeno il
cinquanta per cento del proprio tempo
di lavoro complessivo e ricavi dalle
attività medesime almeno il cinquanta
per cento del proprio reddito globale
da lavoro. Le pensioni di ogni genere,
gli assegni ad esse equiparati, le
indennità e le somme percepite per
l’espletamento di cariche pubbliche,
ovvero in associazioni ed altri enti
operanti nel settore agricolo, sono
escluse dal computo del reddito
globale da lavoro. Nel caso delle
società di persone e cooperative, ivi
incluse le cooperative di lavoro,
l'attività svolta dai soci nella società, in
presenza dei requisiti di conoscenze e
competenze
professionali,
tempo
lavoro e reddito di cui al primo periodo,
è idonea a far acquisire ai medesimi la
qualifica di imprenditore agricolo
professionale e al riconoscimento dei
requisiti per i soci lavoratori. Nel caso
di società di capitali, l'attività svolta
dagli amministratori nella società, in
presenza dei predetti requisiti di
conoscenze
e
competenze
professionali, tempo lavoro e reddito, è
idonea a far acquisire ai medesimi
amministratori
la
qualifica
di
imprenditore agricolo professionale.
anche quando la costituzione in forma
associativa e cooperativa è avvenuta
per conferimento da parte dei soci di
fondi
precedentemente
affittati
singolarmente.
2. Sono equiparati al coltivatore diretto
ai soli fini della disciplina del contratto
di affitto di fondi rustici i laureati o
diplomati in qualsiasi scuola di
indirizzo agrario o forestale e i laureati
in veterinaria per le aziende a
prevalente indirizzo zootecnico, in età
non superiore ai cinquantacinque anni,
che si impegnino ad esercitare in
proprio la coltivazione dei fondi per
almeno nove anni.
Capo II
Degli imprenditori agricoli
professionali
Art. 6
(Imprenditore agricolo
professionale)
1. Ai fini dell’applicazione della
normativa statale, è imprenditore
agricolo professionale (IAP) colui il
quale, in possesso di conoscenze e
competenze professionali, dedichi alle
attività agricole di cui all’articolo 2135
del codice civile, direttamente o in
qualità di socio di società, almeno il
cinquanta per cento del proprio tempo
di lavoro complessivo e ricavi dalle
attività medesime almeno il cinquanta
per cento del proprio reddito globale
da lavoro. Le pensioni di ogni genere,
gli assegni ad esse equiparati, le
indennità e le somme percepite per
l’espletamento di cariche pubbliche,
ovvero in associazioni ed altri enti
operanti nel settore agricolo, sono
escluse dal computo del reddito
globale da lavoro. Nel caso delle
società di persone e cooperative, ivi
incluse le cooperative di lavoro,
l'attività svolta dai soci nella società, in
presenza dei requisiti di conoscenze e
competenze
professionali,
tempo
lavoro e reddito di cui al primo periodo,
è idonea a far acquisire ai medesimi la
qualifica di imprenditore agricolo
professionale e al riconoscimento dei
requisiti per i soci lavoratori. Nel caso
di società di capitali, l'attività svolta
dagli amministratori nella società, in
presenza dei predetti requisiti di
conoscenze
e
competenze
professionali, tempo lavoro e reddito, è
idonea a far acquisire ai medesimi
amministratori
la
qualifica
di
imprenditore agricolo professionale.
21
abrogazione (senza sostituzione) non
conviene nemmeno un richiamo
generico al “diritto comunitario” o,
meglio (dopo il Trattato di Lisbona) al
“diritto dell’Unione europea”.
L’art. 1 d.lgs. 99/2004 ha quattro
commi: il comma 1 è qui riprodotto
come comma 1, del presente art. 6; il
comma 2 è qui riprodotto come
comma 2 del presente art. 6; le lettere
a) e c) del comma 3 dell’art. 1 d.lgs.
99/2004 (la lett. b è stata soppressa
dall’art. 1 d. lgs. n. 101 del 2005) sono
state riprodotte dai commi 1 e 2
dell’art. 9, dal comma 3 dell’art. 9 e
dall’art. 10; il comma 4 (come
sostituito dall’art.1 d.lgs. 101/2005) è
qui riprodotto come comma 3 del
presente art. 6. Si riporta per memoria
il comma 4 dell’art. 1, d.lgs. 29 marzo
2004 n. 99 come sostituito dall’art. 1
d.lgs. 27 maggio 2005 n. 101. «4.
All'imprenditore agricolo professionale
persona fisica, se iscritto nella
gestione
previdenziale
ed
assistenziale, sono altresì riconosciute
le agevolazioni tributarie in materia di
imposizione indiretta e creditizie
stabilite dalla normativa vigente a
favore delle persone fisiche in
possesso della qualifica di coltivatore
diretto. La perdita dei requisiti di cui al
comma 1, nei cinque anni dalla data di
applicazione
delle
agevolazioni
ricevute in qualità di imprenditore
agricolo professionale determina la
decadenza
dalle
agevolazioni
medesime»;
b) dall’articolo 1 del d.lgs. 27 maggio
2005 n. 101 che aveva aggiunto le
parole che seguono al comma 1
dell’articolo 1 del d.lgs. 29 marzo 2004
n. 99. «Nel caso delle società di
persone e cooperative, ivi incluse le
cooperative di lavoro, l'attività svolta
dai soci nella società, in presenza dei
requisiti di conoscenze e competenze
professionali, tempo lavoro e reddito di
cui al primo periodo, è idonea a far
acquisire ai medesimi la qualifica di
imprenditore agricolo professionale e
al riconoscimento dei requisiti per i
soci lavoratori. Nel caso di società di
capitali,
l'attività
svolta
dagli
amministratori
nella
società,
in
presenza dei predetti requisiti di
conoscenze
e
competenze
professionali, tempo lavoro e reddito, è
idonea a far acquisire ai medesimi
amministratori
la
qualifica
di
imprenditore agricolo professionale.
Per l'imprenditore che operi nelle zone
svantaggiate di cui all'articolo 17 del
citato regolamento (CE) n. 1257/1999,
i requisiti di cui al presente comma
sono ridotti al venticinque per cento»;
c) dal comma 2 dell’art. 1 d.lgs.
99/2004: “Le regioni accertano ad ogni
Per l’imprenditore che operi nelle zone
svantaggiate di cui al diritto dell’Unione
europea, i requisiti di cui al presente
comma sono ridotti al venticinque per
cento.
2.Le regioni accertano ad ogni effetto il
possesso dei requisiti di cui al comma
È fatta salva la facoltà dell’Istituto
nazionale di previdenza sociale (INPS)
di svolgere, ai fini previdenziali, le
verifiche ritenute necessarie ai sensi
del decreto del Presidente della
Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476.
L’imprenditore agricolo
Professionale persona fisica deve
iscriversi nella gestione previdenziale
ed assistenziale dell’agricoltura.
4.Qualunque
riferimento
nella
legislazione vigente all’imprenditore
agricolo a titolo principale si intende
riferito
all’imprenditore
agricolo
professionale come definito nel
presente articolo.
Per l’imprenditore che operi nelle zone
svantaggiate di cui al diritto dell’Unione
europea, i requisiti di cui al presente
comma sono ridotti al venticinque per
cento.
2. Le regioni e le province autonome
accertano il possesso dei requisiti di
cui al comma 1. L’Istituto nazionale di
previdenza sociale (INPS) svolge le
attività necessarie per l’iscrizione nella
relativa gestione previdenziale dei
soggetti in possesso dei suddetti
requisiti.
3.
L’imprenditore
agricolo
professionale persona fisica deve
iscriversi nella gestione previdenziale
ed assistenziale dell’agricoltura.
4.Qualunque
riferimento
nella
legislazione vigente all’imprenditore
agricolo a titolo principale si intende
riferito
all’imprenditore
agricolo
professionale come definito nel
presente articolo.
22
effetto il possesso dei requisiti di cui al
comma precedente. È fatta salva la
facoltà
dell’Istituto
nazionale
di
previdenza sociale (INPS) di svolgere,
ai fini previdenziali, le verifiche ritenute
necessarie ai sensi del decreto del
Presidente
della
Repubblica
7
dicembre 2001, n. 476”;
d) dall’art. 1, comma 4, del d.lgs.
99/2004, come sostituito dal d. lgs. 27
maggio 2005, n. 101: ”All’articolo 1 del
decreto legislativo 29 marzo 2004,
n.99, il comma 5 è sostituito dai
seguenti: 5-bis. L’imprenditore agricolo
professionale persona fisica, anche
ove socio di società di persone o
cooperative, ovvero amministratore di
società di capitali, deve iscriversi nella
gestione
previdenziale
ed
assistenziale per l’agricoltura. Ai soci
lavoratori di cooperative si applica
l’articolo 1, comma 3, della legge 3
aprile 2001, n.142” [tale comma è
riprodotto anche nell’art. 11 del nostro
articolato, con riguardo ai soci delle
società agricole];
e) dal comma 5-quater dell’art. 1 del
d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come
aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. 27
maggio 2005, n. 101: “Qualunque
riferimento nella legislazione vigente
all’imprenditore agricolo a titolo
principale
si
intende
riferito
all’imprenditore agricolo professionale,
come definito nel presente articolo”.
Non conviene richiamare i regolamenti comunitari con il loro numero e data di emanazione perché sovente sono
modificati o abrogati. Perciò conviene richiamare genericamente il diritto dell’Unione europea, tanto è vero che il
Consiglio di Stato, nel punto 2.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 32) – ha dichiarato che “una tale tecnica di
normazione [cioè quella di non riportare il numero e la data dello specifico regolamento comunitario richiamato] è
conforme allo spirito del progetto: un codice – raccolta sistematica normativa – è tendenzialmente stabile nel tempo e
non può subire modifiche costanti [come fa, invece, il diritto comunitario]”.
E’ stato suggerita l’opportunità di sopprimere, nel comma 2, le parole “ad ogni effetto” e di sostituire il secondo periodo
con “L’INPS svolge le attività necessarie per l’iscrizione nella relativa gestione previdenziale dei soggetti in possesso dei
seguenti requisiti (Commissione Agricoltura del Senato). I suggerimenti meritano di essere accolti.
Riprodotto, invertendo la frase:
a) dal 1 comma dell’art. 2 del d.lgs. 29
marzo 2004, n. 99 “1. La ragione
sociale o la denominazione sociale
delle società che hanno quale oggetto
sociale l'esercizio esclusivo delle
attività di cui all'articolo 2135 del
codice civile deve contenere …
l'indicazione di società agricola”. La
disposizione è solo formalmente
nuova. Infatti, né il d. lgs. n. 99/2004
né il d. lgs. n. 228/2001 contengono
una simile formula. Tuttavia, non
trattasi di disposizione che innova: vi è
solo l’opportunità di esplicitare la
possibilità, per le società agricole, di
costituirsi secondo uno dei tipi
societari previsti dal codice civile,
come è chiaro nella dottrina. La norma
Capo III
Delle società agricole
Art. 7
(Definizione di società agricola)
1. Le società che hanno quale oggetto
sociale l’esercizio esclusivo delle
attività di cui all’articolo 2135 del
codice civile contengono nella ragione
sociale o nella denominazione sociale
l’indicazione di ‘società agricola’.
2. Le società agricole di cui al comma
1 possono costituirsi secondo uno dei
tipi regolati nel titolo V del libro V del
codice civile
3. Le società costituite alla data del 7
maggio 2004, che abbiano i requisiti di
cui al presente articolo, devono
inserire nella ragione sociale o nella
denominazione sociale la indicazione
Capo III
Delle società agricole
Art. 7
(Definizione di società agricola)
1. Le società che hanno quale oggetto
sociale l’esercizio esclusivo delle
attività di cui all’articolo 2135 del
codice civile contengono nella ragione
sociale o nella denominazione sociale
l’indicazione di ‘società agricola’.
2. Le società agricole di cui al comma
1 possono costituirsi secondo uno dei
tipi regolati nei titoli V e VI del libro V
.
del codice civile.
3. Le società costituite alla data del 7
maggio 2004, che abbiano i requisiti di
cui al presente articolo, devono
inserire nella ragione sociale o nella
denominazione sociale la indicazione
23
che consente l’utilizzo di tutti i tipi
societari (titoli V e VI del libro V del
codice civile) per lo svolgimento delle
attività
agricole
deriva
dalle
disposizioni in tema di società
imprenditore agricolo professionale;
b) dal 2 comma dell’articolo 2 del d.
lgs. 29 marzo 2004, n. 99 come
modificato dall’articolo 2 d. lgs. 27
maggio 2005, n. 101 “2. Le società
costituite alla data di entrata in vigore
del presente decreto [ovvero, il 7
maggio 2004, data di entrata in vigore
del decreto legislativo 29 marzo 2004,
n. 99, che è stato pubblicato sulla G.U.
del 22 aprile 2004], che abbiano i
requisiti di cui al presente articolo,
devono inserire nella ragione sociale o
nella
denominazione
sociale
la
indicazione di «società agricola» ed
adeguare lo statuto, ove redatto. Le
predette società sono esentate dal
pagamento di tributi e diritti dovuti per
l'aggiornamento della ragione sociale o
denominazione sociale negli atti
catastali e nei pubblici registri
immobiliari
e
per
ogni
altro
adempimento a tal fine necessario.”
Probabilmente, tale comma – dato il
tempo trascorso dall’entrata in vigore
del d. lgs. 99/2004 – potrebbe essere
espunto.
di «società agricola» ed adeguare lo
statuto, ove redatto. Le predette
società sono esentate dal pagamento
di tributi e diritti dovuti per
l'aggiornamento della ragione sociale o
denominazione sociale negli atti
catastali e nei pubblici registri
immobiliari
e
per
ogni
altro
adempimento a tal fine necessario.
di ‘società agricola’ ed adeguare lo
statuto, ove redatto. Le predette
società sono esentate dal pagamento
di tributi e diritti dovuti per
l'aggiornamento della ragione sociale o
denominazione sociale negli atti
catastali e nei pubblici registri
immobiliari
e
per
ogni
altro
adempimento a tal fine necessario.
Quanto alla formulazione del 1° comma il Consiglio di Stato, nel punto 2.7 del suo parere (pag. 33), ha apprezza sia la
modifica del soggetto – logico e grammaticale – della proposizione (che diventa la società) facendo “assumere alla
norma caratteri più spiccatamente definitori”, sia la sostituzione del verbo servile con l’indicativo presente “anche in
conformità alle regole di drafting normativo”.
La disposizione del 2° comma nella formula conte nuta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009
conteneva un errore formale, per essere stato indicato solo il titolo V e non anche il titolo VI del libro V del codice civile,
come peraltro poteva ricavarsi da altre disposizioni sulle cooperative e dalla nota che all’articolo si riferiva: tale errore era
emerso da una successiva lettura attenta dell’articolato, sicché si era provveduto subito a correggerlo. Dell’errore si è
reso conto anche il Consiglio di Stato nel punto 2.7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 33-34), definendolo “frutto
di un difetto di coordinamento”.
Quanto, poi, alla suddivisione dell’originaria disposizione in più articoli dello schema di decreto legislativo, il Consiglio
di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 35) afferma che la proposta di decreto legislativo di
riordino e semplificazione “opportunamente scorpora le lettere a) e c) [dell’art. 1 della legge 99/2004], così evidenziando
la distinzione tra le società di persone e quelle di capitali”.
Per una migliore lettura delle
disposizioni sulle società agricole
introdotte dal d.lgs. 99/2004 si è
preferito “spezzare” le lettere del 3°
comma dell’art. 1 riproducendole in
distinti
articoli,
con
le
ovvie
riformulazioni formali.
La norma del d.lgs. è riprodotta: a)
dall’art. 1, comma 3, lett. a), del d.lgs.
29 marzo 2004, n. 99: “Le società di
persone (omissis) sono considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora lo statuto preveda quale
oggetto sociale l’esercizio esclusivo
delle attività agricole di cui all’articolo
2135 del codice civile e siano in
possesso dei seguenti requisiti: a) nel
caso di società di persone qualora
Art. 8
(Requisiti di professionalità delle
società agricole di persone e di
capitali)
1. Le società di persone sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora
lo
statuto
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio esclusivo delle attività di cui
all’articolo 2135 del codice civile, e
almeno un socio sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo
professionale. Per le società in
accomandita semplice, la qualifica si
riferisce ai soci accomandatari.
Art. 8
(Requisiti di professionalità delle
società agricole di persone e di
capitali)
1. Le società di persone sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora
lo
statuto
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio esclusivo delle attività di cui
all’articolo 2135 del codice civile, e
almeno un socio sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo
professionale. Per le società in
accomandita semplice, la qualifica si
riferisce ai soci accomandatari.
2. Le società di capitali sono
2. Le società di capitali sono considerate
imprenditori
agricoli
considerate
imprenditori
agricoli professionali
qualora
lo
statuto
professionali
qualora
lo
statuto preveda
quale
oggetto
sociale
preveda
quale
oggetto
sociale
24
almeno un socio sia in possesso della l’esercizio esclusivo delle attività di cui l’esercizio esclusivo delle attività di cui
qualifica di imprenditore agricolo all’articolo 2135 del codice civile, ed all’articolo 2135 del codice civile, e
professionale. Per le società in almeno un amministratore sia in almeno un amministratore sia in
accomandita la qualifica si riferisce ai possesso
della
qualifica
di possesso
della
qualifica
di
soci accomandatari …”; b) dall’art. 1, imprenditore agricolo professionale.
imprenditore agricolo professionale.
comma 3, lett. c) del d.lgs. 29 marzo 3. Il possesso dei requisiti di 3. Il possesso dei requisiti di
2004, n. 99: “Le società di (omissis) professionalità è accertato dalle professionalità di cui al comma 1
capitali (omissis) sono considerate Regioni.
dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni
imprenditori
agricoli
professionali
e dalle Province autonome.
qualora lo statuto preveda quale
oggetto sociale l’esercizio esclusivo
delle attività agricole di cui all’articolo
2135 del codice civile e siano in
possesso dei seguenti requisiti: c) nel
caso di società di capitali quando
almeno un amministratore sia in
possesso
della
qualifica
di
imprenditore agricolo professionale”;
d) dall’art. 1, comma 2, del d. lgs. 29
marzo 2004, n.99: ”Le regioni
accertano ad ogni effetto il possesso
dei requisiti di cui al comma 1”.
Come già si è detto, la suddivisione dell’originaria disposizione in più articoli del presente schema di decreto legislativo è
stata valutata positivamente dal Consiglio di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 35) quando
afferma che la proposta di decreto legislativo di riordino e semplificazione “opportunamente scorpora le lettere a) e c)
[dell’art. 1 della legge 99/2004], così evidenziando la distinzione tra le società di persone e quelle di capitali”.
E’ stato rilevato che il comma 3 sia dell’art. 8, sia dell’art. 9 attribuisce alle Regioni il possesso dei requisiti di
professionalità per l’iap ma con espressioni diverse, mentre sarebbe opportuno che le formule fossero identiche
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi, al fine di evitare ogni dubbio interpretativo;
sicché la formula del comma 3 dell’art. 8 e quella del comma 3 dell’art. 9 sono state modificate così: “il possesso dei
requisiti di professionalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni e Province autonome”.
Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 3, lett.
c) del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 99,
così modificato dall’art. 1 d. lgs. 27
maggio 2005, n. 101, che recita:
“All’articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono
apportate le seguenti modificazioni: a)
la lettera b) è soppressa; b) alla lettera
c) , dopo le parole : «di capitali», sono
inserite le seguenti : « o cooperative»,
e dopo le parole: «un amministratore»,
sono aggiunte le seguenti: «che sia
anche
socio
per
le
società
cooperative”; b) dall’art. 10, comma 1,
lett.b), del d.lgs. 18 maggio 2001,
n.228: “All’articolo 12 della legge 9
maggio 1975, n.153, è aggiunto, in
fine, il seguente comma: «Le società
sono considerate imprenditori agricoli
a titolo principale qualora lo statuto
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio
esclusivo
dell’attività
agricola, ed inoltre: … b) nel caso di
società cooperative qualora utilizzino
prevalentemente prodotti conferiti dai
soci ed almeno la metà dei soci sia in
possesso
della
qualifica
di
imprenditore
agricolo
a
titolo
principale”. Originariamente, l’art. 1,
comma 3, lett. b) del d.lgs. 29 marzo
2004, n. 99, recitava: “Le società
(omissis) cooperative (omissis) sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora
lo
statuto
Art. 9
(Requisiti di professionalità delle
società agricole cooperative e
consortili)
1. Le società cooperative sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora
lo
statuto
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio esclusivo delle attività di cui
all’articolo 2135 del codice civile, ed
almeno un amministratore, che sia
anche socio, sia in possesso della
qualifica di esercente attività agricola
professionale.
2.
Le
società
consortili
sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali quando ricorrono i
requisiti previsti, rispettivamente, dal
primo comma, nel caso di società di
persone,
e
dal
terzo comma
dell’articolo 8, nel caso di società di
capitali.
3. Il possesso dei requisiti di
professionalità è accertato dalle
Regioni.
Art. 9
(Requisiti di professionalità delle
società agricole cooperative e
consortili)
1. Le società cooperative sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora
lo
statuto
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio esclusivo delle attività di cui
all’articolo 2135 del codice civile, ed
almeno un amministratore, che sia
anche socio, sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo
professionale.
2. Le società consortili sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali quando ricorrono i
requisiti previsti:
dal comma 1 dell’articolo 8, nel
caso di società di persone;
dal comma 2 dell’articolo 8, nel
caso di società di capitali;
dal comma 1 dell’articolo 8, nel
caso di società cooperative.
3. Il possesso dei requisiti di
professionalità di cui al comma 1
dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni
e dalle Province autonome.
25
preveda
quale
oggetto
sociale
l’esercizio esclusivo delle attività
agricole di cui all’articolo 2135 del
codice civile e siano in possesso dei
seguenti requisiti: b) nel caso di
società cooperative, ivi comprese
quelle di conduzione di aziende
agricole, qualora almeno un quinto di
soci sia in possesso della qualifica di
imprenditore agricolo professionale”;
c) sostanzialmente dall’art. 1, comma
3, lett. a) e c), del d.lgs. 29 marzo
2004, n. 99: “Le società di persone
(omissis) e di capitali, anche a scopo
consortile,
sono
considerate
imprenditori
agricoli
professionali
qualora lo statuto preveda quale
oggetto sociale l’esercizio esclusivo
delle attività agricole di cui all’articolo
2135 del codice civile e siano in
possesso dei seguenti requisiti: a) nel
caso di società di persone qualora
almeno un socio sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo
professionale. Per le società in
accomandita la qualifica si riferisce ai
soci accomandatari; … c) nel caso di
società di capitali quando almeno un
amministratore sia in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo
professionale”; d) nonché dall’art. 1,
comma 2, del d. lgs. 29 marzo 2004,
n.99: ”Le regioni accertano ad ogni
effetto il possesso dei requisiti di cui al
comma 1”.
E’ stato suggerita l’opportunità di ripristinare la formula originaria “imprenditore agricolo professionale” al posto di
“esercente attività agricola professionale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi al fine
di evitare dubbi interpretativi; sicché il comma 1 dell’art. 9 è stato modificato secondo il suggerimento.
E’ stato rilevato che il comma 3 sia dell’art. 8, sia dell’art. 9 attribuisce alle Regioni il possesso dei requisiti di
professionalità per l’iap ma con espressioni diverse, mentre sarebbe opportuno che le formule fossero identiche
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da accogliersi, al fine di evitare ogni dubbio interpretativo;
sicché la formula del comma 3 dell’art. 8 e quella del comma 3 dell’art. 9 sono state modificate così: “il possesso dei
requisiti di professionalità di cui al comma 1 dell’articolo 6 è accertato dalle Regioni e Province autonome”.
Quanto al 2° comma, il Consiglio di Stato nel punto 2.8 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 36) ha suggerito di
riformulare il comma 2 in modo da “correggere” il testo inizialmente proposto dal quale poteva sembrare che fosse stato
eliminato il riferimento alle società cooperative. Il suggerimento è stato accolto.
Inoltre, il rinvio al “terzo comma” dello stesso articolo anziché al “secondo comma” è un refuso, che è stato corretto.
Riprodotto dall’art. 1, comma 2, lett. c)
del d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101:
“All’articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono
apportate le seguenti modificazioni:
«3bis. La qualifica di imprenditore
agricolo professionale può essere
apportata da parte dell’amministratore
ad una sola società»”.
Art. 10
Art. 10
(Qualifica degli amministratori)
(Qualifica degli amministratori)
1. La qualifica di imprenditore agricolo 1. La qualifica di imprenditore agricolo
professionale può essere apportata da professionale può essere apportata da
parte dell’amministratore ad una sola parte dell’amministratore ad una sola
società.
società di capitali o a una sola
cooperativa.
L’aggiunta “ad una sola società di capitali o a una sola cooperativa” mira solo ad evitare equivoci.
Riprodotto: a) dall’art. 1, comma 4, del
d. lgs. 27 maggio 2005, n. 101
(riformulato
migliorarne
l’italiano):
Art. 11
Art. 11
(Posizioni soggettive dei soci delle
(Posizioni soggettive dei soci delle
società agricole)
società agricole)
1. I soci delle società semplici, delle 1. I soci delle società di persone e
26
”All’articolo 1 del decreto legislativo 29 società di persone e delle società delle società cooperative, nonché
marzo 2004, n.99, il comma 5 è cooperative, nonché l’amministratore l’amministratore di società di capitali,
sostituito
dai
seguenti:
5-bis. di società di capitali, in possesso della in possesso della qualifica di
L’imprenditore agricolo professionale qualifica di imprenditore agricolo imprenditore agricolo professionale,
persona fisica, anche ove socio di professionale, devono iscriversi nella devono iscriversi nella gestione
società di persone o cooperative, gestione previdenziale e assistenziale previdenziale e assistenziale per
ovvero amministratore di società di per l’agricoltura. Se già iscritti, l’agricoltura. Se già iscritti, i soci delle
capitali, deve iscriversi nella gestione mantengono la qualifica previdenziale società di persone mantengono la
previdenziale ed assistenziale per e, ai fini del raggiungimento del qualifica previdenziale e, ai fini del
l’agricoltura. Ai soci lavoratori di fabbisogno lavorativo prescritto, si raggiungimento
del
fabbisogno
cooperative si applica l’articolo 1, computa anche l’apporto delle unità lavorativo prescritto, si computa anche
comma 3, della legge 3 aprile 2001, iscritte nel rispettivo nucleo familiare.
l’apporto delle unità iscritte nel
n.142”; b) dall’art. 9 del d.lgs. 18 2. Ai soci lavoratori di cooperative rispettivo nucleo familiare.
maggio 2001, n.228: “(omissis) I agricole si applica l’articolo 1, comma 2. Ai soci lavoratori di cooperative
predetti soggetti mantengono la 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142.
agricole si applica l’articolo 1, comma
qualifica previdenziale e, ai fini del 3. Le indennità e le somme percepite 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142.
raggiungimento, da parte del socio, del per l’attività svolta in società agricole di 3. Le indennità e le somme percepite
fabbisogno lavorativo prescritto, si persone, cooperative, di capitali, per l’attività svolta in società agricole di
computa anche l’apporto delle unità anche a scopo consortile, sono persone, cooperative, di capitali,
attive iscritte nel rispettivo nucleo considerate come redditi da lavoro anche a scopo consortile, sono
familiare”. La necessità di “spiegare” derivanti da attività agricole ai fini considerate come redditi da lavoro
chi sono i “predetti soggetti” impone di dell’acquisizione della qualifica di derivanti da attività agricole ai fini
premettere: “i soci delle società di imprenditore agricolo professionale, e dell’acquisizione della qualifica di
persone”; c) dall’art. 1, comma 4, consentono l’iscrizione del soggetto imprenditore agricolo professionale, e
ultimo inciso, del d. lgs. 27 maggio interessato
nella
gestione consentono l’iscrizione del soggetto
2005, n. 101: ”All’articolo 1 del decreto previdenziale ed assistenziale per interessato
nella
gestione
legislativo 29 marzo 2004, n.99, il l’agricoltura.
previdenziale ed assistenziale per
comma 5 è sostituito dai seguenti: 5l’agricoltura.
bis…….(omissis). Ai soci lavoratori di
cooperative si applica l’articolo 1,
comma 3, della legge 3 aprile 2001,
n.142”; d) dall’art. 1, comma 4, del d.
lgs. 27 maggio 2005, n. 101:
”All’articolo 1 del decreto legislativo 29
marzo 2004, n.99, il comma 5 è
sostituito dai seguenti: “5. Le indennità
e le somme percepite per l’attività
svolta in società agricole di persone,
cooperative, di capitali, anche a scopo
consortile, sono considerate come
redditi da lavoro derivanti da attività
agricole ai fini del presente articolo, e
consentono l’iscrizione del soggetto
interessato
nella
gestione
previdenziale ed assistenziale per
l’agricoltura”.
L’attenta rilettura della disposizione ha consentito di rilevare la necessità di riformularla onde risulti chiaro che i soci
delle società agricole conservano la loro precedente qualifica previdenziale: si tratta, invero, soltanto dei “soci delle
società di persone”. In tal senso la disposizione è stata riformulata, anche con l’espunzione, nel 1° comma, delle parole
”delle società semplici” perché superflue, dato che le società semplici appartengono al genus delle società di persone
(Consiglio di Stato, punto 2.11 del parere 24 febbraio 2010, pag. 37).
Il 1° comma è ricavato dall’art. 1,
comma 4, del d.lgs. 99/2004,
all’interno del quale si legge che la
normativa
vigente
riconosce
agevolazioni tributarie a favore delle
persone fisiche in possesso della
qualifica di coltivatore diretto. Infatti,
all’interno del comma 4 dell’art. 1 del
d.lgs.
99/2004
c’è
scritto:
“All'imprenditore agricolo professionale
persona fisica, se iscritto nella
gestione
previdenziale
ed
assistenziale, sono altresì riconosciute
le agevolazioni tributarie in materia di
imposizione indiretta e creditizie
Capo IV
Delle agevolazioni agli
imprenditori agricoli
Art. 12
(Agevolazioni fiscali e
previdenziali)
1.Le persone fisiche in possesso della
qualifica di coltivatore diretto godono
delle agevolazioni tributarie in materia
di imposizione indiretta e creditizie
stabilite dalla normativa vigente.
2.
All'imprenditore
agricolo
professionale persona fisica, se iscritto
nella gestione previdenziale ed
assistenziale, sono altresì riconosciute
Capo IV
Delle agevolazioni agli
imprenditori agricoli
Art. 12
(Agevolazioni fiscali e
previdenziali)
1.Le persone fisiche in possesso della
qualifica di coltivatore diretto godono
delle agevolazioni tributarie in materia
di imposizione indiretta e creditizie
stabilite dalla normativa vigente.
2.
All'imprenditore
agricolo
professionale persona fisica, se iscritto
nella gestione previdenziale ed
27
stabilite dalla normativa vigente a
favore delle persone fisiche in
possesso della qualifica di coltivatore
diretto. La perdita dei requisiti di cui al
comma 1, nei cinque anni dalla data di
applicazione
delle
agevolazioni
ricevute in qualità di imprenditore
agricolo professionale determina la
decadenza
dalle
agevolazioni
medesime”.
Il 2° comma è riprodotto dall’art. 1,
comma 4, del d.lgs. 29 marzo 2004 n.
99 come sostituito dall’art. 1 d.lgs. 27
maggio 2005 n. 101: “All'imprenditore
agricolo professionale persona fisica,
se iscritto nella gestione previdenziale
ed
assistenziale,
sono
altresì
riconosciute le agevolazioni tributarie
in materia di imposizione indiretta e
creditizie stabilite dalla normativa
vigente a favore delle persone fisiche
in possesso della qualifica di
coltivatore diretto. La perdita dei
requisiti di cui al comma 1, nei cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni ricevute in qualità di
imprenditore agricolo professionale
determina
la
decadenza
dalle
agevolazioni medesime”.
Il 3° comma è riprodotto dall’art. 2,
comma 2, del d. lgs. 27 maggio 2005,
n.101: ”L’articolo 2, comma 4, del
decreto legislativo 29 marzo 2004, n.
99 è sostituito dal seguente: «4. Alle
società agricole di cui all'articolo 1,
comma 3, qualificate imprenditori
agricoli
professionali,
sono
riconosciute le agevolazioni tributarie
in materia di imposizione indiretta e
creditizie stabilite dalla normativa
vigente a favore delle persone fisiche
in possesso della qualifica di
coltivatore diretto. La perdita dei
requisiti di cui all'articolo 1, comma 3,
nei cinque anni dalla data di
applicazione
delle
agevolazioni
ricevute in qualità di imprenditore
agricolo professionale determina la
decadenza
dalle
agevolazioni
medesime».
Va qui ricordato il comma 4-bis dell’art.
2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194,
convertito, con modificazioni, nella
legge 26 febbraio 2010, n. 25 e
riprodotto nel comma 3 dell’art. 74 (già
art. 67 del testo approvato dal CdM
l’11.12.2009) del presente schema di
decreto legislativo di riordino: Art. 2,
comma 4-bis: “Al fine di assicurare le
agevolazioni per la piccola proprietà
contadina, a decorrere dalla data di
entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto e
fino al 31 dicembre 2010, gli atti di
trasferimento a titolo oneroso di terreni
e relative pertinenze, qualificati agricoli
in base a strumenti urbanistici vigenti,
posti in essere a favore di coltivatori
le agevolazioni tributarie in materia di
imposizione indiretta e creditizie
stabilite dalla normativa vigente a
favore delle persone fisiche in
possesso della qualifica di coltivatore
diretto. La perdita dei requisiti di cui al
comma 1 dell’articolo 6, nei cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni ricevute in qualità di
imprenditore agricolo professionale
determina
la
decadenza
dalle
agevolazioni medesime.
3. Alle società agricole di cui
all’articolo 7 qualificate imprenditori
agricoli professionali per i requisiti di
cui al comma 2 dell’articolo 8 e al
comma 2 dell’articolo 9, sono
riconosciute le agevolazioni tributarie
in materia di imposizione indiretta e
creditizie stabilite dalla normativa
vigente a favore delle persone fisiche
in possesso della qualifica di
coltivatore diretto. La perdita dei
requisiti nei cinque anni dalla data di
applicazione
delle
agevolazioni
ricevute in qualità di imprenditore
agricolo professionale determina la
decadenza
dalle
agevolazioni
medesime.
4. Le agevolazioni di cui al comma 2
sono riconosciute anche alle società
agricole di persone con almeno un
socio coltivatore diretto, alle società
agricole di capitali con almeno un
amministratore
coltivatore
diretto,
nonché alle società cooperative con
almeno un amministratore socio
coltivatore diretto, iscritti nella relativa
gestione previdenziale e assistenziale.
In ogni caso le agevolazioni, se
richieste dalla società, non possono
essere
riconosciute
anche
al
coltivatore
diretto
socio
o
amministratore. La perdita dei requisiti
di cui al presente comma entro cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni determina la decadenza
dalle agevolazioni medesime.
5. Le disposizioni del comma 2 relative
all’imprenditore agricolo professionale
si applicano anche ai soggetti persone
fisiche o società che, pur non in
possesso della detta qualifica, abbiano
presentato istanza di riconoscimento
della
qualifica
alla
Regione
competente che rilascia apposita
certificazione, nonché si siano iscritti
all’apposita gestione dell’INPS. Entro
ventiquattro mesi dalla data di
presentazione
dell'istanza
di
riconoscimento, salvo diverso termine
stabilito dalle regioni, il soggetto
interessato deve risultare in possesso
dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, pena
la decadenza degli eventuali benefici
conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle
entrate
definiscono
modalità
di
comunicazione
delle
informazioni
assistenziale, sono altresì riconosciute
le agevolazioni tributarie in materia di
imposizione indiretta e creditizie
stabilite dalla normativa vigente a
favore delle persone fisiche in
possesso della qualifica di coltivatore
diretto. La perdita dei requisiti di cui al
comma 1 dell’articolo 6, nei cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni ricevute in qualità di
imprenditore agricolo professionale
determina
la
decadenza
dalle
agevolazioni medesime.
3. Alle società agricole di cui
all’articolo 7 qualificate imprenditori
agricoli professionali per i requisiti di
cui all’articolo 8 e all’articolo 9, sono
riconosciute le agevolazioni tributarie
in materia di imposizione indiretta e
creditizie stabilite dalla normativa
vigente a favore delle persone fisiche
in possesso della qualifica di
coltivatore diretto. La perdita dei
requisiti nei cinque anni dalla data di
applicazione
delle
agevolazioni
ricevute in qualità di imprenditore
agricolo professionale determina la
decadenza
dalle
agevolazioni
medesime.
4. Le agevolazioni di cui al comma 1
sono riconosciute anche alle società
agricole di persone con almeno un
socio coltivatore diretto, alle società
agricole di capitali con almeno un
amministratore
coltivatore
diretto,
nonché alle società cooperative
agricole con almeno un amministratore
socio coltivatore diretto, iscritti nella
relativa gestione previdenziale e
assistenziale. La perdita dei requisiti di
cui al presente comma entro cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni determina la decadenza
dalle agevolazioni medesime.
5. Le disposizioni del comma 2 relative
all’imprenditore agricolo professionale
si applicano anche ai soggetti persone
fisiche o società che, pur non in
possesso della detta qualifica, abbiano
presentato istanza di riconoscimento
della
qualifica
alla
Regione
competente che rilascia apposita
certificazione, nonché si siano iscritti
all’apposita gestione dell’INPS. Entro
ventiquattro mesi dalla data di
presentazione
dell'istanza
di
riconoscimento, salvo diverso termine
stabilito dalle regioni, il soggetto
interessato deve risultare in possesso
dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9,
pena la decadenza degli eventuali
benefici conseguiti. Le regioni e
l'Agenzia delle entrate definiscono
modalità di comunicazione delle
informazioni relative al possesso dei
requisiti relativi alla qualifica.
6. Alle società agricole di persone
qualora almeno la metà dei soci sia in
28
diretti
ed
imprenditori
agricoli
professionali, iscritti nella relativa
gestione
previdenziale
ed
assistenziale, nonché le operazioni
fondiarie operate attraverso l'Istituto di
servizi per il mercato agricolo
alimentare (ISMEA), sono soggetti alle
imposte di registro ed ipotecaria nella
misura fissa ed all'imposta catastale
nella misura dell'1 per cento. Gli
onorari dei notai per gli atti suindicati
sono ridotti alla metà. I predetti
soggetti decadono dalle agevolazioni
se, prima che siano trascorsi cinque
anni dalla stipula degli atti, alienano
volontariamente i terreni ovvero
cessano di coltivarli o di condurli
direttamente. Sono fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 11,
commi 2 e 3, del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 228, nonché
all'articolo 2 del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 99, e successive
modificazioni.
All'onere
derivante
dall'attuazione del presente comma,
pari a 40 milioni di euro per l'anno
2010, si provvede mediante utilizzo
delle residue disponibilità del fondo per
lo sviluppo della meccanizzazione in
agricoltura, di cui all'articolo 12 della
legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a
tale fine sono versate all'entrata del
bilancio dello Stato”.
Il 4° comma è riprodotto dall’art. 2,
comma 3, del d. lgs. 27 maggio 2005,
n. 101 che ha aggiunto il comma 4bis
all’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004 n.
99, stabilisce: ”All’articolo 2 del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99, dopo
il comma 4, è aggiunto, in fine, il
seguente: «4-bis. Le agevolazioni di
cui al comma 4 [agevolazioni tributarie
e creditizie disposte a favore dell’IAP]
sono riconosciute anche alle società
agricole di persone con almeno un
socio coltivatore diretto, alle società
agricole di capitali con almeno un
amministratore
coltivatore
diretto,
nonché alle società cooperative con
almeno un amministratore socio
coltivatore diretto, iscritti nella relativa
gestione previdenziale e assistenziale.
In ogni caso le agevolazioni, se
richieste dalla società, non possono
essere
riconosciute
anche
al
coltivatore
diretto
socio
o
amministratore. La perdita dei requisiti
di cui al presente comma entro cinque
anni dalla data di applicazione delle
agevolazioni determina la decadenza
dalle agevolazioni medesime». N. B.:
l’inciso “In ogni caso …. o
amministratore” è stato soppresso dal
comma 1096 dell’art. 1 della legge
296/2006.
Il 5° comma è riprodotto dall’art. 1,
comma 4 del d. lgs. 27 maggio 2005,
n. 101: ”All’articolo 1 del decreto
relative al possesso dei requisiti relativi
alla qualifica.
6. Alla società agricola di cui
all’articolo 7 sono in ogni caso
riconosciute
le
agevolazioni
previdenziali ed assistenziali stabilite
dalla normativa vigente a favore delle
persone fisiche in possesso della
qualifica di coltivatore diretto.
possesso della qualifica di coltivatore
diretto come risultante dall’iscrizione
nella sezione speciale del registro
delle imprese sono in ogni caso
riconosciute, altresì, le agevolazioni
previdenziali ed assistenziali stabilite
dalla normativa vigente a favore delle
persone fisiche in possesso della
qualifica di coltivatore diretto
29
legislativo 29 marzo 2004, n.99, il
comma 5 è sostituito dai seguenti: «5ter.
Le
disposizioni
relative
all’imprenditore agricolo professionale
si applicano anche ai soggetti persone
fisiche o società che, pur non in
possesso dei requisiti di cui ai commi 1
e 3, abbiano presentato istanza di
riconoscimento della qualifica alla
Regione competente che rilascia
apposita certificazione, nonché si
siano iscritti all’apposita gestione
dell’INPS. Entro ventiquattro mesi
dalla data di presentazione dell'istanza
di riconoscimento, salvo diverso
termine stabilito dalle regioni, il
soggetto interessato deve risultare in
possesso dei requisiti di cui ai predetti
commi 1 e 3, pena la decadenza degli
eventuali benefici conseguiti. Le
regioni e l'Agenzia delle entrate
definiscono modalità di comunicazione
delle informazioni relative al possesso
dei requisiti relativi alla qualifica…...».
Il 6° comma è riprodotto dall’art. 2,
comma 3, del d.lgs. 29 marzo 2004,
n.99: “Alla medesima società [agricola]
sono in ogni caso riconosciute, altresì,
le agevolazioni previdenziali ed
assistenziali stabilite dalla normativa
vigente a favore delle persone fisiche
in possesso della qualifica di
coltivatore diretto”.
E’ utile e opportuno richiamare, in questo decreto legislativo di riordino, la normativa vigente in tema di agevolazioni
tributarie a favore dei coltivatori diretti. Della stessa idea è il Consiglio di Stato che, nel punto 2.12 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pag. 38) afferma che “si tratta di una disposizione innovativa che ha una valenza puramente descrittiva e,
tuttavia, appare opportuna, avvertendo l’interprete che alla figura del coltivatore diretto le norme statali ricollegano
benefici di natura tributaria (nel settore delle imposte indirette) e creditizia. Avvertenza tanto più importante, in quanto la
legittimità degli aiuti di Stato alle imprese, sotto qualsiasi forma erogati, è condizionata al rispetto degli obblighi
comunitari”.
Si è suggerito di specificare quali siano i requisiti (soggettivi e/o oggettivi) che, se venuti meno nei 5 anni successivi,
determinano la decadenza dalle agevolazioni ottenute dagli imprenditori agricoli (Conferenza Unificata Stato-RegioniEnti Locali: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal
Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: i limiti imposti dalla legge delega alla
formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme originarie,
anche per evitare il pericolo di impingere su disposizioni fiscali.
Nel comma 3 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un
richiamo a specifici commi anziché a (tutto il contenuto de)gli articoli 8 e 9: doveva considerarsi un mero refuso materiale
che ora è corretto.
Si è suggerito di sopprimere il secondo periodo del comma 4 “In ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società,
non possono essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore” (Commissione Agricoltura del
Senato). Il suggerimento deve essere accolto, perché l’inciso di cui al secondo periodo del comma 4 dell’art. 12 di questo
schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione è stato soppresso dal comma 1096 dell’art. 1 della legge
296/2006.
Il Consiglio di Stato, nel punto 2.12 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 39) ha suggerito la riformulazione del
comma 5, avendo rilevato che la norma proposta nello schema facesse rinvio “ai requisiti di cui ai predetti commi 1 e 3
contenuti nella norma anteriore, che risulta erroneo e va sostituito con il riferimento ai requisiti di cui al comma 2
dell’articolo 8 e al comma 2 dell’articolo 9” del decreto legislativo di riordino. Ma come già si è esplicitato, il richiamo va
fatto a tutto l’art. 8 e a tutto l’art. 9 e non soltanto ai rispettivi commi 2. Il suggerimento del Consiglio di Stato è stato
accolto per tutto il resto.
Una rilettura attenta della disposizione del comma 6 ha consentito di rilevare la necessità, per evitare dubbi, di meglio
precisare quando alle società agricole di persone siano riconosciute le agevolazioni previdenziali ed assistenziali
riconosciute alle persone fisiche coltivatori diretti. La disposizione è stata, allora, riformulata, inserendo, al comma 6,
l’incipit “Alle società agricole di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore
diretto risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese sono in ogni caso riconosciute …..”.
30
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4 bis
del d.lgs. 18 maggio 2001, n.228,
inserito dall’art.3 del d.lgs. 29 marzo
2004, n. 99: “1. Ai fini dell'applicazione
della normativa statale, è considerato
giovane
imprenditore
agricolo
l'imprenditore agricolo avente una età
non superiore a 40 anni”. L’articolo è
stato modificato nel modo risultante
dal nostro testo (“che non ha ancora
compiuto i 40 anni”) per conformarlo
alla normativa comunitaria (cfr. art.8
reg.1257/1999: “l’agricoltore non ha
ancora compiuto 40 anni”) da cui si
distaccava la normativa statale
delegata (“avente un’età non superiore
a 40 anni”).
I commi 2 e 3 sono riprodotti dai
commi 1 e 2 dell’articolo 9 del d. lgs.
21 aprile 2000, n. 185, come
modificato dal comma 7 dell’art. 8 d.l.
14 marzo 2005 n. 35 e, poi, dal
comma 420 dell’art. 1 della legge 23
dicembre 2005 n. 266, e quindi
ancora, dal d.l. 23 ottobre 2008, n.
162, convertito, con modifiche, nella
legge 22 dicembre 2008, n. 201: «1. Al
fine di favorire la creazione di nuova
imprenditorialità
in
agricoltura,
possono essere ammessi ai benefici di
cui all'art. 3, i giovani imprenditori
agricoli, anche organizzati in forma
societaria,
subentranti
nella
conduzione dell'azienda agricola [al
familiare], che presentino progetti per
lo sviluppo o il consolidamento di
iniziative nei settori di cui all'art. 10,
comma 1. // 2. I soggetti di cui al
comma 1 devono risultare residenti,
alla data del subentro, nei comuni
ricadenti, anche in parte, nei territori di
cui all'art. 2. Le società subentranti,
alla data di presentazione della
domanda, devono avere la sede
legale, amministrativa ed operativa,
nei territori di cui all’art. 2. // 3.
L'azienda agricola deve essere
localizzata nei territori di cui all'art. 2.».
Il 2 comma dell’art. 9 è stato poi
modificato dall’art.3 (Imprenditoria
agricola giovanile) del d.lgs. 29 marzo
2004, n. 99,"Disposizioni in materia di
soggetti e attività, integrità aziendale e
semplificazione
amministrativa
in
agricoltura, a norma dell'articolo 1,
comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della
legge 7 marzo 2003, n. 38", pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22
aprile 2004: “1. Dopo l'articolo 4 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
228, è inserito il seguente: «4-bis
(Imprenditoria agricola giovanile). - 1.
Ai fini dell'applicazione della normativa
statale,
è
considerato
giovane
imprenditore agricolo l'imprenditore
agricolo avente una età non superiore
a 40 anni.». 2. All'articolo 9, comma 2,
Capo V
Dell’imprenditore agricolo
giovane
Art. 13
(Imprenditori agricoli giovani)
1. Ai fini dell’applicazione della
normativa statale è considerato
giovane
imprenditore
agricolo
l’imprenditore che non ha ancora
compiuto i 40 anni.
2.Al fine di favorire la creazione di
nuova imprenditorialità in agricoltura,
possono essere ammessi ai benefici di
cui all’articolo 3 del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 185, i giovani
imprenditori agricoli, anche organizzati
in forma societaria, subentranti nella
conduzione dell’azienda agricola, che
presentino progetti per lo sviluppo o il
consolidamento di iniziative nei settori
di cui al comma 5. Le agevolazioni di
cui al Capo III del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 185, sono
concedibili su tutto il territorio
nazionale e nel rispetto di quanto
previsto dalla normativa comunitaria in
materia di aiuti di Stato per il settore
agricolo
e
per
quello
della
trasformazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli.
3. I soggetti di cui al comma 2 devono
risultare residenti, alla data del
subentro, nei comuni ricadenti, anche
in parte, nell’ambito territoriale di
applicazione di cui all’articolo 2 del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n.
185. Le società subentranti, alla data
di presentazione della domanda,
devono avere la sede legale,
amministrativa ed operativa nei territori
di cui all’articolo 2 del detto decreto
legislativo n. 185 del 2000. L’azienda
agricola deve essere localizzata nei
territori di cui all’articolo 2 del detto
decreto legislativo n. 185 del 2000.
4. Le società subentranti devono
essere amministrate da un giovane
imprenditore agricolo e devono essere
prevalentemente composte da soggetti
di età compresa fra i 18 e i 39 anni che
abbiano la maggioranza assoluta
numerica
e
delle
quote
di
partecipazione.
5. Possono essere finanziati, secondo
i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e
nei limiti posti dall’Unione europea, i
progetti relativi ai settori della
produzione, commercializzazione e
trasformazione
di
prodotti
in
agricoltura.
Sono
esclusi
dal
finanziamento i progetti che:
prevedono investimenti superiori a
euro 1.050 al netto dell’IVA;
si riferiscono a settori esclusi o sospesi
dal
CIPE
o
da
disposizioni
comunitarie.
6.
Le
regioni
accordano
CAPO V
Dell’imprenditore agricolo
giovane
Art. 13
(Imprenditori agricoli giovani:
definizione e incentivi)
1. Ai fini dell’applicazione della
normativa statale è considerato
giovane
imprenditore
agricolo
l’imprenditore che non ha ancora
compiuto i 40 anni.
2. Al fine di favorire la creazione di
nuova imprenditorialità in agricoltura,
possono essere ammessi ai benefici di
cui all’articolo 3 del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 185, i giovani
imprenditori agricoli, anche organizzati
in forma societaria, subentranti nella
conduzione dell’azienda agricola, che
presentino progetti per lo sviluppo o il
consolidamento di iniziative nei settori
di cui al comma 5. Le agevolazioni di
cui al Titolo I, Capo 3°, del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono
concedibili su tutto il territorio
nazionale e nel rispetto di quanto
previsto dal diritto dell’Unione europea
in materia di aiuti di Stato per il settore
agricolo
e
per
quello
della
trasformazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli.
3. I soggetti di cui al comma 2 devono
risultare residenti, alla data del
subentro, nel territorio nazionale. Le
società subentranti, alla data di
presentazione della domanda, devono
avere la sede legale, amministrativa
ed operativa nei territori di cui
all’articolo 2 del citato decreto
legislativo n. 185 del 2000. L’azienda
agricola deve essere localizzata nei
territori di cui all’articolo 2 del citato
decreto legislativo n. 185 del 2000.
4. Le società subentranti devono
essere amministrate da un giovane
imprenditore agricolo e devono essere
prevalentemente composte da soggetti
di età compresa fra i 18 e i 39 anni che
abbiano la maggioranza assoluta
numerica
e
delle
quote
di
partecipazione.
5. Possono essere finanziati, secondo
i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e
nei limiti posti dall’Unione europea, i
progetti relativi ai settori della
produzione, commercializzazione e
trasformazione
di
prodotti
in
agricoltura.
Sono
esclusi
dal
finanziamento i progetti che:
a) prevedono investimenti superiori a
euro 1.050.000 al netto dell’IVA;
b) si riferiscono a settori esclusi o
sospesi dal CIPE o da disposizioni
dell’Unione europea.
6.
Le
regioni
accordano
prioritariamente gli aiuti previsti dal
diritto dell’Unione europea ai giovani
31
del decreto legislativo 21 aprile 2000,
n. 185, le parole: «alla data del 1
gennaio 2000», sono sostituite dalle
seguenti: «alla data del subentro».
Il d.lgs. 185/2000 riguarda tutti gli
imprenditori, con alcune disposizioni
specifiche per gli imprenditori giovani
(lettere c e d) ed altre per gli
imprenditori agricoli (sia giovani che
non-giovani: lettere i, l, m). In una
disposizione
sulla
qualifica
di
imprenditore agricolo giovane si è
ritenuto opportuno ricordare, oltre alle
disposizioni speciali di cui all’art. 9 del
d.lgs. 185/2000, anche il richiamo ai
benefici concessi dallo stesso decreto
legislativo
agli
agricoltori
indipendentemente dalla loro età.
Dunque, per memoria, si riporta l’art. 1
d.lgs. 185/2000: «Principi generali. 1.
Le disposizioni del presente titolo sono
dirette a favorire l'ampliamento della
base produttiva e occupazionale
nonché lo sviluppo di una nuova
imprenditorialità
nelle
aree
economicamente svantaggiate del
Paese, attraverso la promozione,
l'organizzazione e la finalizzazione di
energie imprenditoriali, a promuovere
l'uguaglianza sostanziale e le pari
opportunità tra uomini e donne
nell'attività
economica
e
imprenditoriale,
a
sostenere
la
creazione e lo sviluppo dell'impresa
sociale ed a sostenere l'impresa
agricola. // 2. Le disposizioni sono, in
particolare, dirette a: a) favorire la
creazione
e
lo
sviluppo
dell'imprenditorialità, anche in forma
cooperativa;
b)
promuovere
la
formazione imprenditoriale e la
professionalità dei nuovi imprenditori;
c) agevolare l'accesso al credito per le
imprese a conduzione o a prevalente
partecipazione
giovanile;
d)
promuovere la presenza delle imprese
a conduzione o a prevalente
partecipazione giovanile nei comparti
più innovativi dei diversi settori
produttivi;
e)
promuovere
la
formazione imprenditoriale e la
professionalità
delle
donne
imprenditrici; f) favorire la creazione e
lo sviluppo dell'impresa sociale; g)
promuovere l'imprenditorialità e la
professionalità
dei
soggetti
svantaggiati; h) agevolare l'accesso al
credito per le imprese sociali di cui
all'art. 1, comma 1, lettera b ), della
legge 8 novembre 1991, n. 381; i)
favorire
lo
sviluppo
di nuova
imprenditorialità in agricoltura; l )
promuovere l'imprenditorialità e la
professionalità degli agricoltori; m )
agevolare l'accesso al credito per i
nuovi imprenditori agricoli.»
Si ribadisce che l’art.1 del d.lgs.
185/2000 ha un ambito più generale di
prioritariamente gli aiuti previsti dal
diritto dell’Unione europea ai giovani
agricoltori che si insediano nelle zone
di montagna o svantaggiate, nonché ai
giovani agricoltori che succedono al
titolare dell’azienda quando questi
abbia aderito al regime di aiuti a favore
del prepensionamento disposti dal
diritto dell’Unione europea.
7. Per poter accedere agli aiuti i
giovani agricoltori devono avere
frequentato
almeno
la
scuola
dell’obbligo ed aver partecipato o
impegnarsi
a
partecipare
nei
ventiquattro mesi successivi alle
iniziative formative di cui ai commi 4 e
5 dell’articolo 3 della legge 15
dicembre 1998, n. 441. Sono esentati
da tale ultimo impegno i giovani che
già siano in possesso di un diploma di
laurea o di scuola media superiore ad
indirizzo agrario o di un diploma
assimilabile,
ovvero
del
titolo
conseguito presso istituti professionali
di Stato per l’agricoltura o ad essi
parificati, nonché quelli che abbiano
maturato una esperienza almeno
triennale nella qualifica di coadiuvante
o di collaboratore familiare.
8. La determinazione della quota del
reddito agricolo rispetto al reddito
totale, per le finalità di cui all'articolo 5
del regolamento (CE) n. 950/97 e
successive modificazioni, è effettuata
secondo il criterio del reddito lordo
standard (RLS) di cui alla decisione
85/377/CEE della Commissione, del 7
giugno 1985, calcolato su stime
standardizzate per ettari di superficie,
nel caso delle produzioni vegetali, e
per capi di bestiame, suddivisi per
specie e categorie, nel caso delle
produzioni animali, o desunta dalla
contabilità aziendale ove richiesto
dall'imprenditore.
9. Le regioni disciplinano le modalità di
adeguamento
della
formazione
professionale
alle
esigenze
di
un’agricoltura moderna previste dal
diritto
dell’Unione
europea,
in
particolare per quanto concerne i
giovani agricoltori.
10. Come è disposto dell’articolo 4
della legge 15 dicembre 1998, n. 441,
l’Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA) destina,
in ciascun esercizio finanziario, fino al
60 per cento delle proprie disponibilità
con priorità al finanziamento delle
operazioni di acquisto o ampliamento
di aziende da parte di giovani
agricoltori.
11. Al fine di favorire la continuità
dell'impresa agricola, anche se
condotta in forma di società di
persone, gli atti relativi ai beni
costituenti l'azienda, ivi compresi i
fabbricati, le pertinenze, le scorte vive
agricoltori che si insediano nelle zone
di montagna o svantaggiate, nonché ai
giovani agricoltori che succedono al
titolare dell’azienda quando questi
abbia aderito al regime di aiuti a favore
del prepensionamento disposti dal
diritto dell’Unione europea.
7. Per poter accedere agli aiuti i
giovani agricoltori devono avere
frequentato
almeno
la
scuola
dell’obbligo ed aver partecipato o
impegnarsi
a
partecipare
nei
ventiquattro mesi successivi alle
iniziative formative di cui ai commi 4 e
5 dell’articolo 3 della legge 15
dicembre 1998, n. 441. Sono esentati
da tale ultimo impegno i giovani che
già siano in possesso di un diploma di
laurea o di scuola media superiore ad
indirizzo agrario o di un diploma
assimilabile,
ovvero
del
titolo
conseguito presso istituti professionali
di Stato per l’agricoltura o ad essi
parificati, nonché quelli che abbiano
maturato una esperienza almeno
triennale nella qualifica di coadiuvante
o di collaboratore familiare.
8 (già comma 9). Le regioni
disciplinano
le
modalità
di
adeguamento
della
formazione
professionale
alle
esigenze
di
un’agricoltura moderna previste dal
diritto
dell’Unione
europea,
in
particolare per quanto concerne i
giovani agricoltori.
9 (già comma 10). Come è disposto
dell’articolo 4 della legge 15 dicembre
1998, n. 441, l’Istituto di servizi per il
mercato agricolo alimentare (ISMEA)
destina,
in
ciascun
esercizio
finanziario, fino al 60 per cento delle
proprie disponibilità con priorità al
finanziamento delle operazioni di
acquisto o ampliamento di aziende da
parte di giovani agricoltori.
10 (già comma 11). Al fine di favorire
la continuità dell'impresa agricola,
anche se condotta in forma di società
di persone, gli atti relativi ai beni
costituenti l'azienda, ivi compresi i
fabbricati, le pertinenze, le scorte vive
e morte e quant'altro strumentale
all'attività
aziendale
oggetto
di
successione o di donazione tra
ascendenti e discendenti entro il terzo
grado sono esenti dall'imposta sulle
successioni e donazioni, dalle imposte
catastali e di bollo e soggetti alle sole
imposte ipotecarie in misura fissa
qualora i soggetti interessati siano:
a) coltivatori diretti ovvero imprenditori
agricoli professionali, che non hanno
ancora compiuto i quaranta anni,
iscritti
alle
relative
gestioni
previdenziali o a condizione che si
iscrivano
entro
tre
anni
dal
trasferimento;
b) giovani che non hanno ancora
32
quello
dell’agricoltura.
Si
tenga
presente anche che nelle lettere i), l)
ed m) gli incentivi risultano concessi a
tutti
gli
imprenditori
agricoli
indipendentemente dalla loro età.
L’originaria
norma
conteneva
l’espressione “nell’azienda agricola del
familiare”, ma le parole “del familiare”
sono state soppresse dalla lettera b)
del comma 2-quater del d.l. 23 ottobre
2008, n. 162, come aggiunto dalla
legge di conversione 22 dicembre
2008, n. 201.
Come si è detto, la prima parte del
comma 2 di questo nostro articolo è
riprodotto dal comma 1 dell’art. 9 del
d.lgs. 185/2000: “1. Al fine di favorire
la creazione di nuova imprenditorialità
in
agricoltura,
possono
essere
ammessi ai benefici di cui all'art. 3, i
giovani imprenditori agricoli, anche
organizzati
in
forma
societaria,
subentranti
nella
conduzione
dell'azienda agricola [al familiare], che
presentino progetti per lo sviluppo o il
consolidamento di iniziative nei settori
di cui all'art. 10, comma 1”.
L’ultima frase del comma 2 è
riprodotta dal comma 01 dell’art. 9 del
d.lgs. 21 aprile 2000, n. 185, come
aggiunto dalla lettera a) del comma 2quater dell’art.2 del d.l. 23 ottobre
2008, n. 162, aggiunto dalla legge di
conversione 22 dicembre 2008, n. 201,
che così recita: “01. Le agevolazioni di
cui al presente capo sono concedibili
su tutto il territorio nazionale e nel
rispetto di quanto previsto dalla
normativa comunitaria in materia di
aiuti di Stato per il settore agricolo e
per quello della trasformazione e
commercializzazione
dei
prodotti
agricoli”. Il richiamo alle agevolazioni
di cui al Titolo I del d.lgs. 185/2000,
ovviamente, diventa, da “esterno”,
“interno” in questo stesso comma 2.
Nel comma 3, la frase “Le società
subentranti ecc.” è riprodotta, con una
differenza lessicale per chiarire quale
sia l’ambito di applicazione delle
agevolazioni, dalla seconda parte del
comma 2 dell’art. 9 del d.lgs. 185/2000
come risulta aggiunta, prima dall’art. 3
del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, e poi
dal comma 420 dell’art. 1 della legge
23 dicembre 2005, n. 266 (legge
finanziaria per il 2006): “2. I soggetti di
cui al comma 1 devono risultare
residenti, alla data del subentro, nei
comuni ricadenti, anche in parte, nei
territori di cui all'art. 2 [che, appunto,
individua
l’ambito
territoriale
di
applicazione]. Le società subentranti,
alla data di presentazione della
domanda, devono avere la sede
legale, amministrativa ed operativa,
nei territori di cui all’art. 2. // 3.
L'azienda agricola deve essere
e morte e quant'altro strumentale
all'attività
aziendale
oggetto
di
successione o di donazione tra
ascendenti e discendenti entro il terzo
grado sono esenti dall'imposta sulle
successioni e donazioni, dalle imposte
catastali e di bollo e soggetti alle sole
imposte ipotecarie in misura fissa
qualora i soggetti interessati siano:
coltivatori diretti ovvero imprenditori
agricoli professionali, che non hanno
ancora compiuto i quaranta anni,
iscritti
alle
relative
gestioni
previdenziali o a condizione che si
iscrivano
entro
tre
anni
dal
trasferimento;
giovani che non hanno ancora
compiuto i quaranta anni a condizione
che acquisiscano la qualifica di
coltivatore diretto o di imprenditore
agricolo
professionale
entro
ventiquattro mesi dal trasferimento,
iscrivendosi alle relative gestioni
previdenziali entro i successivi due
anni.
12. Al fine di favorire il ricambio
generazionale
e
lo
sviluppo
dell’imprenditorialità agricola giovanile
anche
attraverso
interventi
di
ricomposizione fondiaria, l’Agenzia del
demanio, d’intesa con il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali
sentita la Presidenza del Consiglio dei
Ministri-Dipartimento della gioventù,
individua, entro il ……ottobre 2009, i
beni liberi di proprietà dello Stato
aventi destinazione agricola non
utilizzabili per altri fini istituzionali, che
possono essere ceduti in affitto ai
sensi del comma 13. L’individuazione
del bene ai sensi del presente comma
ne determina il trasferimento al
patrimonio disponibile dello Stato.
13. L’Agenzia del demanio cede in
affitto i beni di cui al comma 12 a
giovani imprenditori agricoli sulla base
degli indirizzi adottati con decreto del
Ministro
delle
politiche
agricole
alimentari e forestali, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze.
14. Ai contratti di affitto di cui al
comma 13 si applicano le agevolazioni
previste dall’articolo 38. I contratti di
affitto in favore dei giovani imprenditori
agricoli che non hanno ancora
compiuto i quaranta anni sono soggetti
a registrazione solo in caso d'uso e per
la quale è previsto l'importo in misura
fissa di 51,65 euro. I detti benefìci
sono revocati qualora sia accertata dai
competenti
uffici
la
mancata
destinazione
dei
terreni
affittati
all'attività
agricola
da
parte
dell'interessato all'agevolazione.
15. I giovani imprenditori agricoli
assegnatari di beni ai sensi del comma
13 possono accedere ai benefici di cui
al capo III del titolo I del decreto
compiuto i quaranta anni a condizione
che acquisiscano la qualifica di
coltivatore diretto o di imprenditore
agricolo
professionale
entro
ventiquattro mesi dal trasferimento,
iscrivendosi alle relative gestioni
previdenziali entro i successivi due
anni.
11 (già comma 12). Al fine di favorire
il ricambio generazionale e lo sviluppo
dell’imprenditorialità agricola giovanile
anche
attraverso
interventi
di
ricomposizione fondiaria, l’Agenzia del
demanio, d’intesa con il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali
sentita la Presidenza del Consiglio dei
ministri-Dipartimento della gioventù,
individua i beni liberi di proprietà dello
Stato aventi destinazione agricola non
utilizzabili per altri fini istituzionali, che
possono essere ceduti in affitto ai
sensi del comma 12. L’individuazione
del bene ai sensi del presente comma
ne determina il trasferimento al
patrimonio disponibile dello Stato.
12 (già comma 13). L’Agenzia del
demanio cede in affitto i beni di cui al
comma 11 a giovani imprenditori
agricoli sulla base degli indirizzi
adottati con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
di
concerto
con
il
Ministro
dell’economia e delle finanze. A tali
contratti di affitto si applicano le
agevolazioni previste dall’articolo 48.
13 (già comma 14). I contratti di affitto
in favore dei giovani imprenditori
agricoli che non hanno ancora
compiuto i quaranta anni sono soggetti
a registrazione solo in caso d'uso e per
la quale è previsto l'importo in misura
fissa di 51,65 euro. I detti benefìci
sono revocati qualora sia accertata dai
competenti
uffici
la
mancata
destinazione
dei
terreni
affittati
all'attività
agricola
da
parte
dell'interessato all'agevolazione.
14 (già comma 15). I giovani
imprenditori agricoli assegnatari di
beni ai sensi del comma 12 possono
accedere ai benefici di cui al presente
articolo.
15 (già comma 16). Gli enti pubblici
statali possono cedere in affitto beni
aventi destinazione agricola di cui
siano proprietari con le modalità di cui
ai
commi
12
e
13,
previa
autorizzazione
dell’amministrazione
vigilante. I relativi proventi, nella
misura del 90 per cento, sono versati
all’entrata del bilancio dello Stato per
essere rassegnati ad integrazione
delle disponibilità del Fondi di
solidarietà nazionale – incentivi
assicurativi, di cui all’articolo 15,
comma 2, del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 102, e successive
modificazioni.
33
localizzata nei territori di cui all'art. 2».
Sempre nel comma 3, la frase
“l’azienda agricola ecc.” è riprodotta
dal comma 3 dell’originario art. 9 del
d.lgs. 21 aprile 2000, n. 185.
Il comma 4 è riprodotto dal comma 2bis dell’art. 9 del d.lgs 21 aprile 2000,
n. 185, come aggiunto dalla lettera c)
del comma 2-quater dell’art. 2 del d.l.
23 ottobre 2008, n. 162, convertito,
con modifiche, nella legge 22
dicembre 2008, n. 201: “Le società
subentranti
devono
essere
amministrate
da
un
giovane
imprenditore agricolo e devono essere
prevalentemente composte da soggetti
di età compresa fra i 18 e i 39 anni che
abbiano la maggioranza assoluta
numerica
e
delle
quote
di
partecipazione”.
Il comma 5 è riprodotto dall’art. 10
d.lgs. 185/2000: “Possono essere
finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi
stabiliti dal CIPE e nei limiti posti
dall’Unione europea, i progetti relativi
ai
settori
della
produzione,
commercializzazione e trasformazione
di prodotti in agricoltura. Sono esclusi
dal finanziamento i progetti che: a)
prevedono investimenti superiori a
euro 1.050.000 al netto dell’IVA; b) si
riferiscono a settori esclusi o sospesi
dal
CIPE
o
da
disposizioni
comunitarie”.
I commi 6, 7, 8 (già commi 6, 7 e 9)
sono riprodotti dai commi 1, 2 e 4
dell’articolo 3 legge 15 dicembre 1998,
n. 441 Norme per la diffusione e la
valorizzazione
dell'imprenditoria
giovanile in agricoltura. «Aiuti al primo
insediamento
determinazione
del
reddito e formazione. 1. Le regioni
accordano prioritariamente gli aiuti di
cui
all'articolo
10
del
citato
regolamento (CE) n. 950/97 ai giovani
agricoltori che si insediano nelle zone
di montagna o svantaggiate delimitate
ai sensi degli articoli 21 e seguenti del
medesimo regolamento, nonché ai
giovani agricoltori che succedono al
titolare dell'azienda quando questi
abbia aderito al regime di aiuti previsto
dal programma di cui al regolamento
(CE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30
giugno 1992. // 2. Per poter accedere
agli aiuti i giovani agricoltori devono
avere frequentato almeno la scuola
dell'obbligo ed aver partecipato o
impegnarsi
a
partecipare
nei
ventiquattro mesi successivi alle
iniziative formative di cui ai co. 4 e 5.
Sono esentati da tale ultimo impegno i
giovani che già siano in possesso di
un diploma di laurea o di scuola media
superiore ad indirizzo agrario o di un
diploma assimilabile, ovvero del titolo
conseguito presso istituti professionali
di Stato per l'agricoltura o ad essi
legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e
successive modificazioni.
16. Gli enti pubblici statali possono
cedere
in
affitto
beni
aventi
destinazione agricola di cui siano
proprietari con le modalità di cui ai
commi 13 e 14, previa autorizzazione
dell’amministrazione vigilante. I relativi
proventi, nella misura del 90 per cento,
sono versati all’entrata del bilancio
dello Stato per essere rassegnati ad
integrazione delle disponibilità del
Fondi di solidarietà nazionale –
incentivi assicurativi, di cui all’articolo
15, comma 2, del decreto legislativo
29 marzo 2004, n. 102, e successive
modificazioni.
17. Le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano possono
impiegare con le modalità di cui al
comma 11 i beni di loro proprietà
aventi destinazione agricola.
18. Il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali congiuntamente
alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri-Dipartimento della gioventù
presenta annualmente alle Camere
una relazione sull’attuazione delle
disposizioni di cui ai commi 13 e 14,
anche
al
fine
della
possibile
estensione all’ipotesi di alienazione dei
terreni
interessati,
indicando
le
modalità per l’esercizio del diritto di
prelazione sui beni affittati.
16 (già comma 17). Le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano possono impiegare con le
modalità di cui al comma 11 i beni di
loro proprietà aventi destinazione
agricola.
17 (già comma 18). Il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali
congiuntamente alla Presidenza del
Consiglio dei ministri-Dipartimento
della gioventù presenta annualmente
alle
Camere
una
relazione
sull’attuazione delle disposizioni di cui
ai commi 12 e 13, anche al fine della
possibile estensione all’ipotesi di
alienazione dei terreni interessati,
indicando le modalità per l’esercizio
del diritto di prelazione sui beni affittati.
Qualora l’alienazione sia disposta a
favore dell’Istituto di servizi per il
mercato agricolo (ISMEA) si applica
l’articolo 71.
18. Nelle procedure di alienazione dei
terreni di proprietà dello Stato e degli
enti pubblici nazionali di cui all’articolo
7 della legge 12 novembre 2011, n.
183, al fine di favorire lo sviluppo
dell’imprenditorialità agricola giovanile
è riconosciuto il diritto di prelazione ai
giovani imprenditori, così come definiti
dal comma 1.
19. La normativa di cui al decreto
legge 30 dicembre 1985, n. 786,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 febbraio 1986, n. 44, e
successive modificazioni, concernente
misure straordinarie per la promozione
e lo sviluppo dell’imprenditorialità
giovanile nel Mezzogiorno, è estesa,
fino all’ammontare massimo di 10
milioni di euro annui, anche ai comuni
montani con meno di 5.000 abitanti
non ricadenti nelle delimitazioni di cui
all’articolo 1 del testo unico delle leggi
sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui
al decreto del Presidente della
Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.
20. I criteri e le procedure applicative
per l’estensione di cui al comma 18, ivi
compresa la definizione della quota dei
fondi in essere di cui al decreto-legge
30 dicembre 1985, n. 786, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28
febbraio 1986, n. 44, e successive
modificazioni, a tale fine riservata,
sono determinati dal CIPE, su
proposta del Ministro dell’economia e
delle finanze, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
34
parificati, nonché quelli che abbiano
maturato una esperienza almeno
triennale nella qualifica di coadiuvante
o di collaboratore familiare. // 3. La
determinazione della quota del reddito
agricolo rispetto al reddito totale, per le
finalità di cui all'articolo 5 del citato
regolamento (CE) n. 950/97, è
effettuata secondo il criterio del reddito
lordo standard (RLS) di cui alla
decisione
85/377/CEE
della
Commissione, del 7 giugno 1985,
calcolato su stime standardizzate per
ettari di superficie, nel caso delle
produzioni vegetali, e per capi di
bestiame, suddivisi per specie e
categorie, nel caso delle produzioni
animali, o desunta dalla contabilità
aziendale
ove
richiesto
dall'imprenditore. // 4. Le regioni
disciplinano
le
modalità
di
adeguamento
della
formazione
professionale
alle
esigenze
di
un'agricoltura moderna previste dagli
articoli 26, 27 e 28 del citato
regolamento (CE) n. 950/97, in
particolare per quanto concerne i
giovani agricoltori. // Allo scopo di
realizzare percorsi formativi finalizzati
all’inserimento lavorativo in agricoltura
di giovani laureati o diplomati, il
Ministro
delle
politiche
agricole
alimentari e forestali, d’intesa con le
regioni, è autorizzato a stipulare
accordi o convenzioni con istituti di
istruzione, anche universitaria, con altri
enti di formazione e con gli ordini e
collegi
degli
agronomi,
degli
agrotecnici e dei periti agrari per lo
svolgimento di corsi orientati alla
preparazione dei giovani agricoltori.
Per le finalità di cui al presente comma
è autorizzata la spesa nel limite di 516
milioni di euro annue a decorrere dal
1999”.
L’art. 3 della legge 441/1998 ha un
comma 3 che – si ripete – recita: “La
determinazione della quota del reddito
agricolo rispetto al reddito totale, per le
finalità di cui all'articolo 5 del
regolamento (CE) n. 950/1977 e
successive modificazioni, è effettuata
secondo il criterio del reddito lordo
standard (RLS) di cui alla decisione
85/377/CEE della Commissione, del 7
giugno 1985, calcolato su stime
standardizzate per ettari di superficie,
nel caso delle produzioni vegetali, e
per capi di bestiame, suddivisi per
specie e categorie, nel caso delle
produzioni animali, o desunta dalla
contabilità aziendale ove richiesto
dall'imprenditore”.
Il comma 9 è riprodotto dall’art. 4 della
legge 15 dicembre 1998, n. 441. Se ne
riporta solo il comma 1, perché ad essi
si fa solo un rinvio: “La Cassa per la
formazione della proprietà contadina,
35
di cui all’art. 9 del d. lgs. 5 marzo
1948,
n.
121,
e
successive
modificazioni, destina, in ciascun
esercizio finanziario, fino al 60 per
cento delle proprie disponibilità con
priorità
al
finanziamento
delle
operazioni di acquisto o ampliamento
di aziende da parte di: a) giovani
agricoltori, che non hanno ancora
compiuto i 40 anni, in possesso della
qualifica di imprenditore agricolo a
titolo principale o di coltivatore diretto
iscritti
nelle
relative
gestioni
previdenziali; b) giovani che non
hanno ancora compiuto i 40 anni che
intendono esercitare attività agricola a
titolo principale a condizione che
acquisiscano
entro
24
mesi
dall’operazione
di
acquisto
o
ampliamento
la
qualifica
di
imprenditore agricolo a titolo principale
o di coltivatore diretto e la iscrizione
nelle relative gestioni previdenziali
entro i successivi 12 mesi; c) giovani
agricoltori, che non hanno ancora
compiuto i 40 anni, che siano
subentrati per successione nella
titolarità di aziende a seguito della
liquidazione agli altri aventi diritto delle
relative quote, ai sensi dell’art. 49 della
legge 3 maggio 1982, n. 203”.
Seguono altri cinque commi sui motivi
di preferenza (comma 2), sui
programmi di ricomposizione a cura
della Cassa (comma 3), sulle
convenzioni Regioni-Cassa (comma
4), sulla partecipazione della Cassa al
proramma
di
prepensionamento
(comma 5) e sul vincolo di indivisibilità
del fondo (comma 6). Alla Cassa è
subentrata l’ISMEA.
Il comma 10 è riprodotto dal comma 1
dell’articolo 14 della legge 15 dicembre
1998, n. 441 Norme per la diffusione e
la valorizzazione dell'imprenditoria
giovanile
in
agricoltura,
come
modificato dall’art. 6, comma 8, della
legge 23 dicembre 2000, n. 322: “1. Al
fine
di
favorire
la
continuità
dell'impresa agricola, anche se
condotta in forma di società di
persone, gli atti relativi ai beni
costituenti l'azienda, ivi compresi i
fabbricati, le pertinenze, le scorte vive
e morte e quant'altro strumentale
all'attività
aziendale
oggetto
di
successione o di donazione tra
ascendenti e discendenti entro il terzo
grado sono esenti dall'imposta sulle
successioni e donazioni, dalle imposte
catastali, di bollo e dall'INVIM e
soggetti alle sole imposte ipotecarie in
misura fissa qualora i soggetti
interessati siano: a) coltivatori diretti
ovvero imprenditori agricoli a titolo
principale, che non hanno ancora
compiuto i quaranta anni, iscritti alle
relative gestioni previdenziali o a
36
condizione che si iscrivano entro tre
anni dal trasferimento; b) giovani che
non hanno ancora compiuto i quaranta
anni a condizione che acquisiscano la
qualifica di coltivatore diretto o di
imprenditore agricolo a titolo principale
entro
ventiquattro
mesi
dal
trasferimento, iscrivendosi alle relative
gestioni previdenziali entro i successivi
due anni”.
I commi 12 (ora comma 11) e 13 (ora
comma 12) sono riprodotti dai commi 1
e 2 dell’art. 4-quinques del d.l. 1 luglio
2009,
n.
78,
convertito
con
modificazioni nella legge 3 agosto
2009, n. 102: “1. Al fine di favorire il
ricambio generazionale e lo sviluppo
dell’imprenditorialità agricola giovanile
anche
attraverso
interventi
di
ricomposizione
fondiaria,
entro
sessanta giorni dall’entrata in vigore
della legge di conversione del
presente
articolo,
l’Agenzia
del
demanio, d’intesa con il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali,
individua, i beni liberi di proprietà dello
Stato aventi destinazione agricola non
utilizzabili per altri fini istituzionali, che
possono essere ceduti in affitto ai
sensi
del
presente
articolo.
L’individuazione del bene ai sensi del
presente comma ne determina il
trasferimento al patrimonio disponibile
dello Stato.// 2. L’Agenzia del demanio
cede in affitto i beni di cui al comma 1
a giovani imprenditori agricoli sulla
base degli indirizzi adottati con decreto
del Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze”.
L’ultima frase del comma 12 (già
comma 13) è riprodotta dal comma 3
dell’art. 4-quinquies del d.l. 1 luglio
2009,
n.
78,
convertito
con
modificazioni nella legge 3 agosto
2009, n. 102: “Ai contratti di affitto di
cui al comma 2 si applicano le
agevolazioni previste dall’articolo 5bis, commi 2 e 3, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228”.
Per memoria si ricorda che l’art. 5-bis,
comma 2, del d.lgs. 18 maggio 2001 n.
228, introdotto dall’art. 7, d.lgs.
99/2004, coordinato con i commi 1 e 5
dell’art. 5-bis della legge 31 gennaio
1994 n. 97, introdotto dall’art 52,
comma 21, della legge 28 dicembre
2001,
n.
448,
stabilisce:
“Il
trasferimento a qualsiasi titolo di
terreni agricoli a coloro che si
impegnino a costituire un compendio
unico e a coltivarlo o a condurlo in
qualità di coltivatore diretto o di
imprenditore agricolo professionale per
un periodo di almeno dieci anni dal
trasferimento è esente da imposta di
registro, ipotecaria, catastale, di bollo
e di ogni altro genere. Gli onorari
37
notarili per gli atti di cui ai commi 1 e 3
sono ridotti ad un sesto. In caso di
violazione degli obblighi di cui al
presente comma sono dovute, oltre
alle imposte non pagate e agli
interessi, maggiori imposte pari al 50
per cento delle imposte dovute”. L’art.
5-bis, comma 3, dell’art. 5-bis del detto
d.lgs. 228/01 stabilisce: “3. Le
agevolazioni fiscali e la riduzione degli
onorari notarili ad un sesto in favore
della costituzione del compendio unico
di cui al comma 2 spettano comunque
ai trasferimenti di immobili agricoli e
relative
pertinenze,
compresi
i
fabbricati, costituiti in maso chiuso di
cui alla legge della provincia autonoma
di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17,
effettuati tra vivi o mortis causa ad
acquirenti che nell'atto o con
dichiarazione separata si impegnino a
condurre direttamente il maso per dieci
anni”. I commi 2 e 3 dell’art. 5-bis del
d.lgs. 228/2001 sono, in questo
decreto legislativo, riprodotti dall’art.
48 (già art. 41).
Il comma 14 (ora comma 13)
riproduce i commi 1 e 2 dell’art. 15
della legge 15 dicembre 1998, n. 441
Norme per la diffusione e la
valorizzazione
dell'imprenditoria
giovanile in agricoltura: “1. Allo scopo
di favorire il conseguimento di efficienti
dimensioni delle aziende agricole,
anche attraverso il ricorso all'affitto, i
contratti di affitto in favore dei giovani
imprenditori agricoli che non hanno
ancora compiuto i quaranta anni sono
soggetti a registrazione solo in caso
d'uso e per la quale è previsto
l'importo in misura fissa di 51,65 euro.
// 2. I benefìci di cui al comma 1 sono
revocati qualora sia accertata dai
competenti
uffici
la
mancata
destinazione
dei
terreni
affittati
all'attività
agricola
da
parte
dell'interessato all'agevolazione”.
Il comma 15 (ora comma 14) è
riprodotto dal comma 4 dell’art. 4quinquies del d.l. 1 luglio 2009, n. 78,
convertito con modificazioni nella
legge 3 agosto 2009, n. 102: ”4. I
giovani
imprenditori
agricoli
assegnatari di beni ai sensi del comma
2 del presente articolo possono
accedere ai benefici di cui al capo III
del titolo I del decreto legislativo 21
aprile 2000, n. 185, e successive
modificazioni”.
I commi 16, 17 e 18 (ora commi 15,
16 e 17) sono riprodotti dai commi 5, 6
e 7 dell’art. 4-quinquies del d.l. 1 luglio
2009,
n.
78,
convertito
con
modificazioni nella legge 3 agosto
2009, n. 102: “5. Gli enti pubblici statali
possono cedere in affitto beni aventi
destinazione agricola di cui siano
proprietari con le modalità di cui al
38
presente
articolo,
previa
autorizzazione
dell’amministrazione
vigilante. I relativi proventi, nella
misura del 90 per cento, sono versati
all’entrata del bilancio dello Stato per
essere rassegnati ad integrazione
delle disponibilità del Fondi di
solidarietà nazionale – incentivi
assicurativi, di cui all’articolo 15,
comma 2, del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 102, e successive
modificazioni.// 6. Le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano possono impiegare con le
modalità di cui al presente articolo i
beni
di
loro
proprietà
aventi
destinazione agricola.// 7. Il Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali presenta annualmente alle
Camere una relazione sull’attuazione
delle disposizioni di cui al presente
articolo, anche al fine della possibile
estensione all’ipotesi di alienazione
dei terreni interessati, indicando le
modalità per l’esercizio del diritto di
prelazione sui beni affittati.
Benché l’articolo sia “gigantesco” (così si esprime il Consiglio di Stato nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio
2010 (pag. 40), tuttavia, anche secondo il Consiglio di Stato, i numerosi commi accorpati “sono difficilmente ripartibili in
distinti articoli, se si vuole mantenere l’unitarietà della disciplina e, conseguentemente, della figura”.
*Quanto al momento di contare i 40 anni per essere considerato imprenditore giovane di cui al comma 1, ancorché “la
modifica sia in apparenza scarsamente percettibile, essa è importante, giacché, secondo la precedente formulazione,
era giovane imprenditore agricolo qualsiasi soggetto fino al giorno del compimento del quarantunesimo anno di età; in
base alla attuale formulazione, invece, si può acquisire la qualifica di giovane imprenditore agricolo fino al compimento
del quarantesimo anno di età”. Le espressioni sopra virgolettate fanno parte del punto 2.13 del parere del Consiglio di
Stato del 24 febbraio 2010 (pag. 40).
*Con riferimento al comma 2 il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 40), ha
osservato che la norma riproduce, con adeguamenti formali per ragioni di coordinamento, il comma 1 dell’art. 9 d.lgs 21
aprile 2000, n. 185, come risultante da varie modifiche succedutesi nel tempo e che “la circostanza che le agevolazioni di
cui al d. lgs. 21 aprile 2000, n. 185 non riguardino solo gli imprenditori agricoli giovani, ma anche gli imprenditore agricoli
di qualsiasi età, non influisce sul senso della disposizione, atteso che il richiamo a tale normativa, all’interno della
disposizione sugli imprenditori agricoli giovani, si apprezza con riferimento agli stessi, indipendentemente dal fatto che la
regola ivi dettata valga anche per gli altri imprenditori agricoli”.
*Sempre con riguardo al comma 2, il richiamo al Capo III del d.lgs. 185/2000 contenuto nel testo approvato dal
Consiglio dei Ministril’11.12.2009 va modificato più correttamente a Titolo I. Il suggerimento dall’ISMEA, con nota 1
marzo 2010 n. 1131, va accolto. A seguito dell’incontro del 9.11.2011 l’ISMEA ha fatto presente che l’art. 2, comma
2quater del d. l. 23 ottobre 2008 n. 162 ha esteso all’intero territorio nazionale l’operatività degli strumenti agevolativi in
argomento. L’osservazione va accolta e quindi il comma 3 viene modificato in tal senso.
*Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 41), ha suggerito di distinguere le
disposizioni del comma 5 inserendovi le lettere a) e b). Inoltre, come già detto, il Consiglio di Stato rileva che il richiamo
generico al diritto comunitario (melius, al diritto dell’Unione europea) e non ai singoli specifici regolamenti comunitari è
“una tecnica ammissibile, anzi opportuna, consentendo un adeguamento automatico al diritto europeo” (pag. 42).
*L’attenta rilettura della disposizione come contenuta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri ha consentito di
rilevare che nell’originario comma 8 si faceva rinvio: al regolamento 950/1997 e alla decisione della Commissione
85/377 sul “reddito lordo standard” (RLS) che sono stati abrogati senza riproposizione della disposizione. Si è
provveduto ad eliminare l’intero comma. Tale disposizione era stato riportata come comma 8 nello schema di decreto
legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, e con riguardo ad essa il Consiglio di Stato, nel punto
2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 43), nel rilevare che il riferimento al regolamento CE 950/1997 [e alla
decisione della Commissione 85/3777] non era stato correttamente sostituito dal preferibile generico riferimento al diritto
comunitario essendosi limitati ad aggiungere il rinvio alle “successive modificazioni”, ha ritenuto che “ciò [sia] spiegabile
con la funzione del rinvio, che attiene ad una fattispecie determinata, esclusivamente disciplinata dalla fonte in
questione, mentre l’aggiunta vale a caratterizzare la natura formale – dunque mobile – del rinvio”. Tuttavia, la decisione
85/377 della Commissione del 7 giugno 1985 il cui art. 3 definiva il “reddito lordo standard” è stata abrogata dal
Regolamento 1242/2008 della Commissione che, nell’istituire una tipologia comunitaria delle aziende agricole”, non fa
più parola del RLS. Da parte sua, il Reg. 950/1997 è stato abrogato dal Reg. 1257/99. Tutto ciò porta ad espungere
dal proposto testo il (vecchio) comma 8, con rinumerazione dei commi successivi. Va ancora messo in evidenza
che nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 mancava il comma 5 della legge 441/1998 che è
39
stato riportato nell’art. 3 del DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino; nel dossier di documentazione si è
prospettata l’opportunità di valutare la legittimità della delegificazione del comma 5, mentre il Consiglio di Stato, nella
parte sopra citata del suo parere, non solleva osservazioni sulla delegificazione.
*Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 44), ha suggerito di distinguere le
disposizioni dell’originario comma 11 (ora, comma 10) inserendovi le lettere a) e b).
*Si è fatto notare che l’originario comma 12, ora comma 11 per l’eliminazione dell’originario comma 8, non fissa una
data certa per l’ottemperanza degli obblighi posti in capo all’Agenzia del demanio in materia di affitto di beni agricoli di
proprietà dello Stato e degli enti pubblici (Commissione Agricoltura del Senato). L’osservazione è giusta e appropriata.
La scadenza dell’originaria norma del comma 1 dell’art. 4-quinquies del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito in
legge 3 agosto 2009 n. 102, individuava il mese di ottobre 2009, data non prorogata al momento in cui il presente
schema è stato approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Il decreto legge 30 dicembre 2009, n. 294 (il c.d.
decreto mille-proroghe) convertito in legge con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25, non contiene alcuna
proroga. Non risulta che il nuovo decreto legge “mille proroghe” abbia provveduto. Probabilmente sarà individuato da
uno dei prossimi decreti del Ministero Monti.
*E’ stato suggerito di “spostare” il periodo “Ai contratti di affitto di cui al comma 13 si applicano le agevolazioni previste
dall’articolo 41” dall’incipit dell’originario comma 14 (ora comma 13) alla fine dell’originario comma 13 (ora comma 12)
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento può ben essere accolto al fine di rendere più lineari i disposti dei
due commi. La formulazione definitiva degli attuali commi 12 e 13 è ora redatta secondo il suggerimento.
*L’attenta rilettura della disposizione come contenuta nell’originario comma 15 (ora comma 14) nello schema approvato
dal Consiglio dei Ministri ha consentito di rilevare che, nell’originario comma 15, si faceva rinvio al capo III del titolo I del
d.lgs. 185/2000, quando il rinvio effettivo è al precedente comma 2 dello stesso articolo. Si è provveduto a riformulare in
tal senso la disposizione. Con riferimento al comma 14 Il Consiglio di Stato, nel punto 2.13 del suo parere del 24 febbraio
2010 (pag. 45) ha suggerito di riformulare il rinvio ai “benefici di cui al presente articolo”.
*Si è suggerito di aggiungere un nuovo comma che chiarisca che le ipotizzate (ora comma 17) vendite dei terreni (poi
destinabili a giovani imprenditori agricoli) previste dal d.lgs. 114/1948 possano avvenire a trattativa privata quando
l’acquirente sia l’ISMEA. Il suggerimento è da accogliersi, ma si è ritenuto più coerente riportarlo sub art. 64 di questo
schema di decreto di riordino.
*Con la nota 1.3.2010 n. 1131 l’ISMEA ha suggerito di riprodurre, al comma 17, il combinato disposto dall’articolo 5 del
decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114 e dell’articolo 13 della legge 23 aprile 1949, n. 165, erroneamente abrogato
dal d.l. 25 giugno 1948, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, che, come noto, agevolano, con il meccanismo
della trattativa privata, la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico avente destinazione agricola, qualora
l’acquirente sia l’ISMEA e l’acquisto avvenga nell’esecuzione dei suoi compiti di organismo fondiario nazionale. Si è,
però, preferito riportare il testo suggerito dall’ISMEA sub art. 71 (già art. 64), e qui rinviare al detto articolo 71 (già articolo
64).
*Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo (l’art. 4)
rubricato “Disposizioni per l’insediamento nelle zone di montagna a favore degli imprenditori agricoli giovani” che era
riprodotto dall’articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)", Disposizioni per l'insediamento nelle zone di montagna, «1. La
normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986,
n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità
giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all'ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani
con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimitazioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi
nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. // 2. I criteri e le procedure
applicative per l'estensione di cui al comma 1, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al decretolegge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive
modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo: le
considerazioni appaiono meritevoli di accoglimento, sicché si provvede a rimettere nello schema di decreto legislativo la
disposizione che era stata ripresa dall’articolo 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003). Di
conseguenza, all’art. 13 dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, sono
stati ora aggiunti i commi 18 e 19.
*Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha contestato l’inclusione dei
commi 18 e 19 [nell’ultimissima versione, commi 19 e 20] in quella che essa ha chiamato “Codice civile” [ma occorre
ribadire che lo schema di decreto legislativo non solo non è Codice civile, ma neanche è un “codice”, perché è solo una
sorta di testo unico con possibilità di modeste modifiche delle norme originarie], in cui male farebbero parte norme
finanziarie. Era stato proprio il carattere finanziario dell’incentivazione contenuta nella legge 289/2002 che ci aveva
indotto a inserire le norme originarie (sulle misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità
giovanile nel Mezzogiorno) nello schema di DPR: ma il Consiglio di Stato ne ha contestato la delegificazione, cosicché
sono state inserite nello schema di decreto legislativo prendendo i numeri 18 e 19 dei commi di questo art. 13.
Inoltre la Coldiretti ha fatto presente che è, comunque, una disposizione finora non attuata, sicché ben può ritenersi
“perenta”. Il fatto che finora il CIPE non abbia determinato “i criteri e le procedure” non vuol significare “perenzione” della
disposizione; né vuol dire che il MiPAAF, anche su sollecitazione degli interessati, non possa pretendere che nel bilancio
annuale dello Stato sia inserita la voce dei 10 milioni di euro per l’imprenditoria agricola giovanile del Mezzogiorno. Sono
questi i motivi che consigliano di conservare, nell’art. 13 di questo schema di decreto legislativo di semplificazione, i
commi 18 e 19 [nell’ultimissima versione, commi 19 e 20].
*Successivamente all’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la legge 12 novembre 2011 n. 183 (sul
c.d. Patto di stabilità) ha introdotto, all’art. 7, la disposizione sull’alienazione dei terreni agricoli di proprietà dello Stato,
degli enti pubblici nazionali, delle Regioni, Provincie e Comuni. Il detto art. 7, al comma 2, riconosce ai giovani agricoltori
40
il diritto di prelazione. La formula è la seguente: “Nelle procedure di alienazione dei terreni di cui al comma 1 [terreni a
vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi
predisposti ai sensi del d.lgs. 28 maggio 2010 n. 85, e degli enti pubblici nazionali], al fine di favorire lo sviluppo
dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori, così come definiti dal
decreto legislativo 21 aprile 2000 n. 185” [qui riportato al comma 1]. In sostanza, ai giovani agricoltori, già da preferire nei
contratti di affitto di terreni agricoli di proprietà pubblica [come qui disposto ai commi da 11 a 16], viene attribuito il diritto
di prelazione sui terreni agricoli che lo Stato, gli enti pubblici nazionali e le Regioni dismettono con contratti di
alienazione. Si ritiene necessario riportare, nel (nuovo) comma 18 di questo schema di decreto legislativo di riordino e
semplificazione, la prima frase del comma 2 dell’art. 7 della legge 183/2011, perché esso introduce un nuovo vantaggio
a favore degli agricoltori giovani. Tutto l’articolo ha, invece, un’altra materia, che resta “fuori” dell’argomento di questo
schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione che è, come dovrebbe essere ormai chiaro, un testo unico
delle normative sull’attività agricola. L’ulteriore conseguenza è riportare la prima frase di detto comma 2 tra le
disposizioni abrogate.
Capo VI
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
2, commi 1 e 2, legge 20 febbraio
2006, n. 96, con inversione della frase:
“1. Per attività agrituristiche si
intendono le attività di ricezione e
ospitalità esercitate dagli imprenditori
agricoli di cui all’art. 2135 c.c., anche
nella forma di società di capitali o di
persone, oppure associati fra loro,
attraverso l'utilizzazione della propria
azienda in rapporto di connessione
con le attività di coltivazione del fondo,
di silvicoltura e di allevamento di
animali. // 2. Possono essere addetti
allo
svolgimento
dell'attività
agrituristica l'imprenditore agricolo e i
suoi familiari ai sensi dell'articolo 230bis del codice civile, nonché i lavoratori
dipendenti a tempo determinato,
indeterminato e parziale. Gli addetti di
cui al periodo precedente sono
considerati lavoratori agricoli ai fini
della vigente disciplina previdenziale,
assicurativa e fiscale. Il ricorso a
soggetti
esterni
è
consentito
esclusivamente per lo svolgimento di
attività e servizi complementari”.
I comma 3 e 4 sono riprodotti dall’art.
9 legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1.
L'uso
della
denominazione
«agriturismo», e dei termini attributivi
derivati, è riservato esclusivamente
alle aziende agricole che esercitano
l'attività
agrituristica
ai
sensi
dell'articolo 6. // 2. Al fine di una
maggiore trasparenza e uniformità del
rapporto tra domanda e offerta di
agriturismo, il Ministro delle politiche
agricole e forestali, sentito il Ministro
delle attività produttive, previa intesa in
sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano,
determina
criteri
di
classificazione omogenei per l'intero
territorio nazionale e definisce le
modalità per l'utilizzo, da parte delle
regioni, di parametri di valutazione
riconducibili a peculiarità territoriali”.
Per maggiore correttezza tecnicolegislativa si sono sostituite le parole
“aziende agricole” [ex art. 2555 c.c.,
Delle attività connesse
all’attività di impresa agricola
Capo VI
Di alcune attività connesse alla
principale attività di impresa
agricola
Sezione I
Dell’attività agrituristica
Sezione I
Dell’attività agrituristica
Art. 14
(Definizione. Riserva di
denominazione e classificazione)
1. Gli imprenditori agricoli di cui
all’articolo 2135 del codice civile,
anche nella forma di società di capitali
o di persone, oppure associati fra loro,
possono esercitare attività di ricezione
ed ospitalità attraverso l'utilizzazione
della propria azienda in rapporto di
connessione con le attività di
coltivazione del fondo, di silvicoltura e
di allevamento di animali.
2. Possono essere addetti allo
svolgimento dell'attività agrituristica
l'imprenditore agricolo e i suoi familiari
ai sensi dell'articolo 230-bis del codice
civile, nonché i lavoratori dipendenti a
tempo determinato, indeterminato e
parziale. Gli addetti di cui al periodo
precedente sono considerati lavoratori
agricoli ai fini della vigente disciplina
previdenziale, assicurativa e fiscale. Il
ricorso a soggetti esterni è consentito
esclusivamente per lo svolgimento di
attività e servizi complementari.
3.
L’uso
della
denominazione
«agriturismo», e dei termini attributivi
derivati, è riservato esclusivamente
alle imprese agricole che esercitano
l’attività agrituristica.
4. Al fine di una maggiore trasparenza
e uniformità del rapporto tra domanda
e offerta di agriturismo, il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
di concerto con i Ministri dello sviluppo
economico e del turismo, previa intesa
in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano,
determina
criteri
di
classificazione omogenei per l’intero
territorio nazionale e definisce le
modalità per l’utilizzo, da parte delle
regioni, di parametri di valutazione
Art. 14
(Definizione. Riserva di
denominazione e classificazione)
1. Gli imprenditori agricoli di cui
all’articolo 2135 del codice civile,
anche nella forma di società di capitali
o di persone o di cooperativa, oppure
associati fra loro, possono esercitare
attività di ricezione ed ospitalità
attraverso l'utilizzazione della propria
azienda in rapporto di connessione
con le attività di coltivazione del fondo,
di silvicoltura e di allevamento di
animali.
2. Possono essere addetti allo
svolgimento dell'attività agrituristica
l'imprenditore agricolo e i suoi familiari
ai sensi dell'articolo 230-bis del codice
civile, nonché i lavoratori dipendenti a
tempo determinato, indeterminato e
parziale. Gli addetti di cui al periodo
precedente sono considerati lavoratori
agricoli ai fini della vigente disciplina
previdenziale, assicurativa e fiscale. Il
ricorso a soggetti esterni è consentito
esclusivamente per lo svolgimento di
attività e servizi complementari.
3.
L’uso
della
denominazione
‘agriturismo’, e dei termini attributivi
derivati, è riservato esclusivamente
alle imprese agricole che esercitano
l’attività agrituristica.
4. Al fine di una maggiore trasparenza
e uniformità del rapporto tra domanda
e offerta di agriturismo, il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
sentiti i Ministri dello sviluppo
economico e del turismo, previa intesa
in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano,
determina
criteri
di
classificazione omogenei per l’intero
territorio nazionale e definisce le
modalità per l’utilizzo, da parte delle
41
l’azienda è un complesso di beni] con
“imprese agricole” [ex art. 2082 c.c.,
l’impresa è attività di un soggetto].
Per memoria si ricorda che l’art. 8
legge 20 febbraio 2006, n. 96, è stato
dichiarato
incostituzionale
con
sentenza della Corte costituzionale 12
ottobre 2007 n. 339.
Il comma 5 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 7 della legge 20 febbraio 2006
n.
96
sull’agriturismo:
“2.
Lo
svolgimento dell'attività agrituristica nel
rispetto delle disposizioni previste dalle
regioni in materia, autorizzato ai sensi
dell'articolo
6,
comporta
la
conseguente
applicazione
delle
disposizioni fiscali di cui all'articolo 5
della legge 30 dicembre 1991, n. 413,
nonché di ogni altra normativa
previdenziale o comunque settoriale,
riconducibile all'attività agrituristica. In
difetto di specifiche disposizioni, si
applicano le norme previste per il
settore agricolo”. L’originario art. 6
della legge 96/2006 sulla disciplina
amministrativa dell’attività agrituristica
conteneva i commi 2 e 3 che
prevedevano
una
sorta
di
”autorizzazione” da parte del Comune:
questi due commi sono stati dichiarati
illegittimi dalla Corte cost. con
sentenza 12 ottobre 2007 n. 339.
riconducibili a peculiarità territoriali.
5.
Lo
svolgimento
dell'attività
agrituristica
nel
rispetto
delle
disposizioni previste dalle regioni in
materia comporta la conseguente
applicazione delle disposizioni fiscali di
cui all'articolo 5 della legge 30
dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni
altra
normativa
previdenziale
o
comunque settoriale, riconducibile
all'attività agrituristica. In difetto di
specifiche disposizioni, si applicano le
norme previste per il settore agricolo.
regioni, di parametri di valutazione
riconducibili a peculiarità territoriali
5.
Lo
svolgimento
dell'attività
agrituristica
nel
rispetto
delle
disposizioni previste dalle regioni in
materia comporta la conseguente
applicazione delle disposizioni fiscali di
cui all'articolo 5 della legge 30
dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni
altra
normativa
previdenziale
o
comunque settoriale, riconducibile
all'attività agrituristica. In difetto di
specifiche disposizioni, si applicano le
norme previste per il settore agricolo.
Il Consiglio di Stato, nel punto 3.1 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 46 e 47), suggerisce di inserire gli
aggettivi “alcune” e “principale” nella stessa rubrica del Capo VI per “rimuovere esplicitamente ogni equivoco in forza del
quale si possa ipotizzare sia ristretto il novero delle attività connesse [alle due] esplicitate [nel presente decreto
legislativo di riordino], sia adottato l’innovativo criterio del numero chiuso, cioè della necessaria tipicità, delle ‘attività
connesse’”. Il consiglio ben può essere accettato.
*Si è chiesto che si chiarisca normativamente se sia necessario essere un “agriturismo” per svolgere le attività di tipo
ricreative, culturali e didattiche (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello
schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo:
ricordando che la formula proposta in questo schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione è quella
originaria, si torna a ribadire che I limiti imposti dalla legge delega alla formulazione dei decreti legislativi di
semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme originarie, anche per evitare il pericolo di
impingere su disposizioni fiscali.
*Nel comma 1 probabilmente l’espressione “oppure associati tra loro” non è sufficiente a risolvere il dubbio che gli
imprenditori agricoli possono svolgere l’attività agrituristica anche se “associati” in forma cooperativa. Il suggerimento
della Confcooperative (nota del 25.1.2010) merita essere accolto. E in effetti, un’attenta rilettura della disposizione del
comma 1 ha permesso di rilevare come l’espressione, qui adoperata, di “imprenditori agricoli … associati fra loro” non
sia sufficiente a risolvere il dubbio se siano comprese le cooperative. Poiché però si fa rinvio alle forme di società di
capitali e di persone, è da aggiungersi, nella formula, anche le “cooperative” e ciò per ragioni sistematiche. Di
conseguenza, la disposizione è stata in tal senso riformulata.
*Con riferimento al comma 2 il Consiglio di Stato, nel punto 3.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 48), ritiene
che debba ripristinarsi il termine “aziende agricole” della norma originaria rispetto all’adoperato termine “imprese
agricole”. Però si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 per il seguente motivo: l’azienda è un complesso di beni (art. 2555 c.c.), mentre l’impresa/imprenditore
richiama il soggetto e la sua attività (art. 2082 c.c.). Ora, le “aziende” non esercitano l’attività agrituristica [così verrebbe
a ricostituirsi la formula originaria, se si accogliesse il parere del Consiglio di Stato], dato che solo le “imprese” possono
esercitarla.
*Con riferimento al comma 3 si ricorda che, in sede di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri l’11 dicembre
2009 fu deciso – a seguito delle innovazioni sull’organizzazione governativa – di sostituire il “parere” con il “concerto”
non solo del Ministro dello sviluppo economico ma anche di quello del turismo. Il Consiglio di Stato, nel punto 3.2. del
suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 48), critica la sostituzione del termine “parere” con “concerto” e l’introduzione del
concerto anche del Ministro del turismo, e ciò per difetto di “legittimazione legislativa”. Il rilievo è corretto, soprattutto con
riguardo al termine “concerto”, dato che “il passaggio dal modulo della mera consultazione obbligatoria ma non
vincolante (parere) a quello consensualistico del concerto rafforza sensibilmente, conducendolo fino alla
codeterminazione del contenuto”. Le considerazioni del Consiglio di Stato non possono essere disattese, sicché si è
42
modificata la disposizione come era stata approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, ripristinando
l’originario termine “parere”, lasciando però il richiamo al Ministro del turismo.
I commi 1-3 sono riprodotti dai commi
3-5 dell’art. 2 della legge 20 febbraio
2006, n. 96, dopo aver provveduto a
sostituire alla parola “marchi” la
parola “segni” dato che le Dop, Igp, Igt,
Doc e Docg non sono marchi ma
segni distintivi: “3. Rientrano fra le
attività agrituristiche: a) dare ospitalità
in alloggi o in spazi aperti destinati alla
sosta
di
campeggiatori;
b)
somministrare
pasti
e
bevande
costituiti prevalentemente da prodotti
propri e da prodotti di aziende agricole
della zona, ivi compresi i prodotti a
carattere alcoolico e superalcoolico,
con preferenza per i prodotti tipici e
caratterizzati dai marchi DOP, IGP,
IGT, DOC e DOCG o compresi
nell'elenco nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali, secondo le
modalità indicate nell'articolo 4,
comma 4; c) organizzare degustazioni
di prodotti aziendali, ivi inclusa la
mescita di vini, alla quale si applica la
legge 27 luglio 1999, n. 268; d)
organizzare, anche all'esterno dei beni
fondiari nella disponibilità dell'impresa,
attività ricreative, culturali, didattiche,
di
pratica
sportiva,
nonché
escursionistiche e di ippoturismo,
anche per mezzo di convenzioni con
gli
enti
locali,
finalizzate
alla
valorizzazione del territorio e del
patrimonio
rurale.
//
4.
Sono
considerati di propria produzione i cibi
e le bevande prodotti, lavorati e
trasformati
nell'azienda
agricola
nonché quelli ricavati da materie prime
dell'azienda
agricola
e
ottenuti
attraverso lavorazioni esterne. // 5. Ai
fini del riconoscimento delle diverse
qualifiche di imprenditore agricolo,
nonché della priorità nell'erogazione
dei contributi e, comunque, ad ogni
altro fine che non sia di carattere
fiscale,
il
reddito
proveniente
dall'attività agrituristica è considerato
reddito agricolo”.
La legge 96/2006 ha l’art. 10 secondo
cui “Alla vendita dei prodotti propri, tal
quali o comunque trasformati, nonché
dei prodotti tipici locali da parte
dell'impresa agrituristica si applicano le
disposizioni di cui alla legge 9 febbraio
1963,
n.
59,
e
successive
modificazioni, e all’articolo 4 del
decreto legislativo 18 maggio 2001
n.228”. A parte la considerazione che
la legge 59/1963 è stata abrogata
dall’art.24 (Allegato A) del d.l. 25
giugno 2008 n. 112, l’art. 4 del d.lgs.
228/2001 viene qui riportato all’art. 27
(già art. 23).
Art. 15
Art. 15
(Elenco e disciplina delle attività
(Elenco e disciplina delle attività
agrituristiche)
agrituristiche)
1.
Rientrano
fra
le
attività 1.
Rientrano
fra
le
attività
agrituristiche:
agrituristiche:
a)dare ospitalità in alloggi o in spazi a) dare ospitalità in alloggi o in spazi
aperti
destinati
alla
sosta
di aperti
destinati
alla
sosta
di
campeggiatori;
campeggiatori;
b) somministrare pasti e bevande b) somministrare pasti e bevande
costituiti prevalentemente da prodotti costituiti prevalentemente da prodotti
propri e da prodotti di aziende agricole propri e da prodotti di aziende agricole
della zona, ivi compresi i prodotti a della zona, ivi compresi i prodotti a
carattere alcolico e superalcolico, con carattere alcolico e superalcolico, con
preferenza per i prodotti tipici e preferenza per i prodotti tipici e
caratterizzati dai segni DOP, IGP, IGT, caratterizzati dai segni DOP, IGP, IGT,
DOC e DOCG o compresi nell'elenco DOC e DOCG o compresi nell'elenco
nazionale dei prodotti agroalimentari nazionale dei prodotti agroalimentari
tradizionali, secondo le modalità tradizionali, secondo le modalità
stabilite dalle regioni tenendo conto dei stabilite dalle regioni tenendo conto dei
criteri di cui al comma 5;
criteri di cui al quarto comma;
c) organizzare degustazioni di c) organizzare degustazioni di prodotti
prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita aziendali, ivi inclusa la mescita di vini,
di vini, alla quale si applica l’articolo alla quale si applica l’articolo 20;
18;
d) organizzare, anche all'esterno dei
d) organizzare, anche all'esterno dei beni
fondiari
nella
disponibilità
beni
fondiari
nella
disponibilità dell'impresa,
attività
ricreative,
dell'impresa,
attività
ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva,
culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché
escursionistiche
e
di
nonché
escursionistiche
e
di ippoturismo, anche per mezzo di
ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali,
convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del
finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. Per la
territorio e del patrimonio rurale. Per la disciplina delle attività ricreative o
disciplina delle attività ricreative o culturali si applica il comma 5.
culturali si applica il comma 5.
2. Sono considerati di propria
2. Sono considerati di propria produzione i cibi e le bevande prodotti,
produzione i cibi e le bevande prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda
lavorati e trasformati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da
agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola e
materie prime dell'azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioni esterne.
ottenuti attraverso lavorazioni esterne. 3.Ai fini del riconoscimento delle
3. Ai fini del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore
diverse qualifiche di imprenditore agricolo,
nonché
della
priorità
agricolo,
nonché
della
priorità nell'erogazione dei contributi e,
nell'erogazione dei contributi e, comunque, ad ogni altro fine che non
comunque, ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale, il reddito
sia di carattere fiscale, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è
proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo.
considerato reddito agricolo.
4. Affinché l'organizzazione dell'attività
4. Al fine di contribuire alla agrituristica non abbia dimensioni tali
realizzazione e alla qualificazione delle da perdere i requisiti di connessione
attività agrituristiche e alla promozione rispetto all'attività agricola, le regioni e
dei prodotti agroalimentari regionali, le province autonome definiscono
nonché
alla
caratterizzazione criteri per la valutazione del rapporto di
regionale dell'offerta enogastronomica, connessione delle attività agrituristiche
spetta alle regioni disciplinare la rispetto alle attività agricole che
somministrazione di pasti e di bevande devono rimanere prevalenti, con
di cui al comma 1, lettera b), tenendo particolare riferimento al tempo di
conto del criterio secondo cui la parte lavoro necessario all'esercizio delle
rimanente dei prodotti impiegati nella stesse attività.. Egualmente, le regioni
somministrazione deve preferibilmente e le province autonome, tenuto conto
provenire da artigiani alimentari della delle caratteristiche del territorio
zona e comunque riferirsi a produzioni regionale o di parti di esso, dettano
agricole regionali o di zone omogenee criteri, limiti e obblighi amministrativi
43
La prima parte del comma 4 è
riprodotta dal comma 2 dell’art. 4 della
legge 96/2006 rimasto in vigore dopo
la sentenza della Corte costituzionale
339/2007. La seconda parte del
comma 4 è riprodotta dal comma 1
dell’art. 4 della legge 96/2006 rimasto
in vigore dopo la sentenza della Corte
costituzionale 339/2007.
Il comma 5 è riprodotto da quanto
dell’originario art. 4 della legge
96/2006 è rimasto in piedi dopo la
sentenza della Corte costituzionale 12
ottobre 2007 n. 339, che ha soppresso
il comma 3, nonché le lettere a, b, c, e,
f del comma 4. E’ stata, quindi,
“salvata” la lettera d) che viene
riprodotta nel comma 5 (già comma 4)
del nostro art. 15. Essa è formulata
così: “4. Al fine di contribuire alla
realizzazione e alla qualificazione delle
attività agrituristiche e alla promozione
dei prodotti agroalimentari regionali,
nonché
alla
caratterizzazione
regionale dell'offerta enogastronomica,
le
regioni
disciplinano
la
somministrazione di pasti e di bevande
di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b),
tenendo conto [del criterio secondo
cui]: a)…; b) …; c)…; d) la parte
rimanente dei prodotti impiegati nella
somministrazione deve preferibilmente
provenire da artigiani alimentari della
zona e comunque riferirsi a produzioni
agricole regionali o di zone omogenee
contigue di regioni limitrofe; …”.
Per quanto concerne il comma 6 [e
per come si è appena detto con
riguardo all’originario art. 4 della legge
96/2006 come “modificato” in base alla
sentenza della Corte costituzionale 12
ottobre 2007 n. 339, che ha soppresso
il comma 3, nonché le lettere a, b, c, e,
f del comma 4, lasciando “salvi” la
lettera d) del comma 4 e il comma 5], il
testo di tale comma 6 viene riprodotto
dall’originario art. 4 legge 20 febbraio
2006, n. 96, che recitava: 1. …… //
2…. // 3. …. // 4.… // 5. Le attività
ricreative o culturali di cui all'articolo 2,
comma 3, lettera d), possono svolgersi
autonomamente rispetto all'ospitalità e
alla somministrazione di pasti e
bevande di cui alle lettere a) e b) del
medesimo comma, solo in quanto
realizzino
obiettivamente
la
connessione con l'attività e con le
risorse agricole aziendali, nonché con
le altre attività volte alla conoscenza
del patrimonio storico-ambientale e
culturale. Le attività ricreative e
culturali per le quali tale connessione
non si realizza possono svolgersi
esclusivamente come servizi integrativi
e accessori riservati agli ospiti che
soggiornano nell'azienda agricola e la
partecipazione, anche facoltativa, a tali
attività non può pertanto dare luogo ad
contigue di regioni limitrofe.
5. Le attività ricreative o culturali di cui
alla lettera d) del comma 1 possono
svolgersi autonomamente rispetto
all'ospitalità e alla somministrazione di
pasti e bevande di cui alle lettere a) e
b) del medesimo comma, solo in
quanto realizzino obiettivamente la
connessione con l'attività e con le
risorse agricole aziendali, nonché con
le altre attività volte alla conoscenza
del patrimonio storico-ambientale e
culturale. Le attività ricreative e
culturali per le quali tale connessione
non si realizza possono svolgersi
esclusivamente come servizi integrativi
e accessori riservati agli ospiti che
soggiornano nell'azienda agricola e la
partecipazione, anche facoltativa, a tali
attività non può pertanto dare luogo ad
autonomo corrispettivo.
6. Le attività di ricezione e di ospitalità,
compresa la degustazione dei prodotti
aziendali e l’organizzazione di attività
ricreative, culturali e didattiche svolte
da imprese agricole nell’ambito della
diffusione di prodotti agricoli o di
qualità, sono equiparate alle attività
agrituristiche.
7. Sono fatte salve le competenze
delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di
Bolzano,
che
provvedono
alla
promozione
e
valorizzazione
dell’attività agrituristica in conformità
allo statuto di autonomia e alle relative
norme di attuazione.
8. Sono fatte salve le disposizione in
materia di igiene e sanità di
competenza del Ministero della salute.
per
lo
svolgimento
dell’attività
agrituristica.
5 (già comma 4). Al fine di contribuire
alla realizzazione e alla qualificazione
delle attività agrituristiche e alla
promozione dei prodotti agroalimentari
regionali, nonché alla caratterizzazione
regionale dell'offerta enogastronomica,
spetta alle regioni disciplinare la
somministrazione di pasti e di bevande
di cui al comma 1, lettera b), tenendo
conto del criterio secondo cui la parte
rimanente dei prodotti impiegati nella
somministrazione deve preferibilmente
provenire da artigiani alimentari della
zona e comunque riferirsi a produzioni
agricole regionali o di zone omogenee
contigue di regioni limitrofe.
6. (già comma 5) Le attività ricreative o
culturali di cui alla lettera d) del comma
1 possono svolgersi autonomamente
rispetto
all'ospitalità
e
alla
somministrazione di pasti e bevande di
cui alle lettere a) e b) del medesimo
comma, solo in quanto realizzino
obiettivamente la connessione con
l'attività e con le risorse agricole
aziendali, nonché con le altre attività
volte alla conoscenza del patrimonio
storico-ambientale e culturale. Le
attività ricreative e culturali per le quali
tale connessione non si realizza
possono svolgersi esclusivamente
come servizi integrativi e accessori
riservati agli ospiti che soggiornano
nell'azienda
agricola
e
la
partecipazione, anche facoltativa, a tali
attività non può pertanto dare luogo ad
autonomo corrispettivo.
7 (già comma 6). Nell’ambito della
diffusione di prodotti agricoli o di
qualità, le attività di ricezione e di
ospitalità, compresa la degustazione
dei
prodotti
aziendali
e
l’organizzazione di attività ricreative,
culturali e didattiche svolte da imprese
agricole fuori dell’azienda, sono
equiparate alle attività agrituristiche
secondo i principi indicati nei commi
precedenti e secondo le disposizioni
emanate dalle regioni o dalle province
autonome.
8 (già comma 7). Sono fatte salve le
competenze delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, che provvedono
alla
disciplina,
promozione
e
valorizzazione dell’attività agrituristica
in conformità allo statuto di autonomia
e alle relative norme di attuazione.
9 (già comma 8). Sono fatte salve le
disposizione in materia di igiene e
sanità di competenza del Ministero
della salute e delle regioni e province
autonome.
44
autonomo corrispettivo”.
Il comma 7 è riprodotto dal comma 3bis dell’art. 59 (sviluppo dell’agricoltura
biologica e di qualità) della legge 23
dicembre 1999, n. 488, come aggiunto
dall’art. 123 (Promozione e sviluppo
delle aziende agricole e zootecniche
biologiche) della legge 23 dicembre
2000, n. 388: “ Le attività di ricezione e
di ospitalità, compresa la degustazione
dei
prodotti
aziendali
e
l’organizzazione di attività ricreative,
culturali e didattiche svolte da aziende
agricole nell’ambito della diffusione di
prodotti agricoli o di qualità, possono
essere equiparate ai sensi di legge alle
attività agrituristiche di cui all’art. 2
della legge 5 dicembre 1985, n. 730,
secondo i principi in essa contenuti e
secondo le disposizioni emanata dalle
regioni o dalle province autonome”. Le
parole “possono essere” sono state
trasformate in “sono”, perché una
corretta redazione legislativa lo
impone: una legge non “può” disporre,
ma “dispone”!
Il comma 8 è riprodotto dall’art. 15
legge 20 febbraio 2006, n. 96: “Sono
fatte salve le competenze delle regioni
a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, che
provvedono alle finalità di cui alla
presente legge in conformità allo
statuto di autonomia e alle relative
norme di attuazione”.
Si è chiesto che sia precisato normativamente che le “attività ricreativo-culturale” sono (anche) appannaggio regionale
(Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima
seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: l’art. 15 si limita a definire l’attività
agrituristica e la definizione spetta all’ordinamento civile dello Stato. D’altronde, ormai la Corte costituzionale ha
dichiarato che le norme di dettaglio sull’agriturismo – cioè le norme che in concreto disciplinano le attività “elencate” dallo
Stato – spettano alle Regioni.
L’osservazione (da più parti sollevata) di riconsiderare meglio le disposizioni che negli schemi di decreto legislativo e di
DPR sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 ha consentito di “tornare” a legificare quanto
già contenuto nei commi 1 e 2 dell’art. 4 della legge 96/2006 che non sono stati incisi dalla sentenza della Corte
costituzionale 339/2007. Di conseguenza l’art. 15 del presente decreto si accresce di un comma, il quarto, provocando lo
scorrimento dei successivi commi.
E’ stato chiesto di chiarire normativamente il comma già 6 dell’art. 15 (ora comma 7) che connetterebbe
obbligatoriamente le attività di ricezione e di ospitalità con la diffusione dei prodotti agricoli o di qualità (Conferenza
Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Poiché la legge delega consente di “migliorare” il testo italiano delle formulazioni
normative e poiché la norma originaria, rappresentata dal comma 3-bis dell’art. 59 legge 488/1999 come aggiunto
dall’art. 123 legge 388/2000, intende equiparare alle attività agrituristiche le attività di ricezione, ospitalità, degustazione
di prodotti agricoli o di qualità e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, qualora esse vengano svolte
“nell’ambito della diffusione” di tali prodotti (si immagini una fiera – come quella del Vinitaly – in cui le attività non sono
svolte nell’azienda, ovvero in una situazione in cui manca il requisito dell’uniaziendalità proprio della connessione),
l’osservazione merita accoglimento. Di conseguenza il comma già 6, ora comma 7, è stato riformulato così: “Nell’ambito
della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti
aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole fuori dell’azienda, sono
equiparate alle attività agrituristiche secondo i principi indicati nei commi precedenti e secondo le disposizioni emanate
dalle regioni e province autonome”.
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata Stato-Regioni ritiene necessario sostituire
l’originario comma 7 (ora comma 8) con il seguente: “Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla disciplina, promozione e valorizzazione dell’attività
agrituristica in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione”. Al fine di ripristinare l’ampio
riferimento alla potestà legislativa delle autonomie speciali contenuto nell’art. 15 della legge 20 febbraio 2006 n. 96, la
osservazione va accolta. Di conseguenza l’attuale comma 8 dell’art. 15 del proposto decreto legislativo di riordino e
semplificazione è stato modificato.
45
Si ritiene doveroso aggiungere nella originaria disposizione del comma 8 (ora comma 9) facente parte dello schema
di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, che “sono fatte salve le disposizioni in
materia di igiene e sanità di competenza [non solo] del Ministero della salute e [anche] delle regioni e province
autonome: ciò in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n.339.
ART. 5 DPR
Art. 16
L’articolo 5 dello schema di DPR è
(Certificati di abilitazione e
(Certificato di abilitazione).
riprodotto,
con
inversione
del
requisiti igienico-sanitari degli
1. Le modalità per il rilascio del
soggetto, dall’art. 7 legge 20 febbraio
immobili)
certificato di abilitazione all'esercizio
2006, n. 96: “1. Le regioni disciplinano 1. Le modalità per il rilascio del dell'attività
agrituristica
sono
le modalità per il rilascio del certificato certificato di abilitazione all'esercizio disciplinate dalle regioni, che possono
di abilitazione all'esercizio dell'attività dell'attività
agrituristica
e
la organizzare, attraverso gli enti di
agrituristica. Per il conseguimento del determinazione dei requisiti igienico- formazione del settore agricolo e in
certificato,
le
regioni
possono sanitari degli immobili e delle collaborazione con le associazioni
organizzare, attraverso gli enti di attrezzature da utilizzare per le attività agrituristiche più rappresentative, corsi
formazione del settore agricolo e in agrituristiche sono disciplinate dalle di preparazione.
collaborazione con le associazioni regioni e dalle province autonome.
agrituristiche più rappresentative, corsi
di preparazione. // 2. Lo svolgimento
dell'attività agrituristica nel rispetto
delle disposizioni previste dalle regioni
in materia, autorizzato ai sensi
dell'articolo
6,
comporta
la
conseguente
applicazione
delle
disposizioni fiscali di cui all'articolo 5
della legge 30 dicembre 1991, n. 413,
nonché di ogni altra normativa
previdenziale o comunque settoriale,
riconducibile all'attività agrituristica. In
difetto di specifiche disposizioni, si
applicano le norme previste per il
settore agricolo”.
Originariamente, nel testo approvato dal CdM l’11.12.2009, la disposizione faceva parte del parallelo DPR all’art. 5,
sotto la rubrica “Certificato di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili [adibiti ad attività agrituristiche”. l
Consiglio di Stato nel suo parere del 24 febbraio 2010 ha contestato l’avvenuta delegificazione; sicché la disposizione di
cui al presente articolo, già inserito nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, è stato
riportato nello schema di decreto legislativo di riordino. Ecco la ragione di questo nuovo art. 16.
Anche la Commissione Agricoltura del Senato ha segnalato la necessità di integrare l’articolato del decreto legislativo
con le disposizioni dell’art. 4 (comma 2), dell’art. 5 (commi 1, secondo periodo, 3 e 6) della legge 96/2006, perché non
dichiarati incostituzionali con la sentenza 12 ottobre 2007 n. 339. Il suggerimento, pur limitato alle disposizioni dell’art. 5,
commi 1, 3 e 6, va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento.
Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza unificata Stato-Regioni ha ritenuto necessario sopprimere il
riferimento alle Province autonome. La proposta di emendamento è stata accolta.
I commi 1, 2 e 4 riproducono l’art. 3
della legge 20 febbraio 2006, n. 96: “1.
Possono essere utilizzati per attività
agrituristiche gli edifici o parte di essi
già esistenti nel fondo. // 2. Le regioni
disciplinano gli interventi per il
recupero del patrimonio edilizio
esistente ad uso dell'imprenditore
agricolo ai fini dell'esercizio di attività
agrituristiche,
nel
rispetto
delle
specifiche caratteristiche tipologiche e
architettoniche,
nonché
delle
caratteristiche
paesaggisticoambientali dei luoghi. // 3. I locali
utilizzati ad uso agrituristico sono
assimilabili ad ogni effetto alle
abitazioni rurali”.
I commi 3 e 5 riprendono i commi 1 e
6 dell’originario art. 5 della legge
96/2006, non colpiti dalla sentenza
Art. 16
(Locali destinati ad attività
agrituristiche)
1. Possono essere utilizzati per attività
agrituristiche gli edifici o parte di essi
già esistenti nel fondo.
2. Le regioni disciplinano gli interventi
per il recupero del patrimonio edilizio
esistente ad uso dell'imprenditore
agricolo ai fini dell'esercizio di attività
agrituristiche,
nel
rispetto
delle
specifiche caratteristiche tipologiche e
architettoniche,
nonché
delle
caratteristiche
paesaggisticoambientali dei luoghi.
3. I locali utilizzati ad uso agrituristico
sono assimilabili ad ogni effetto alle
abitazioni rurali
Art. 17
(Locali destinati ad attività
agrituristiche e loro requisiti igienicosanitari)
1. Possono essere utilizzati per attività
agrituristiche gli edifici o parte di essi
già esistenti nel fondo.
2. Le regioni disciplinano gli interventi
per il recupero del patrimonio edilizio
esistente ad uso dell'imprenditore
agricolo ai fini dell'esercizio di attività
agrituristiche,
nel
rispetto
delle
specifiche caratteristiche tipologiche e
architettoniche,
nonché
delle
caratteristiche
paesaggisticoambientali dei luoghi.
3. La determinazione dei requisiti
igienico-sanitari degli immobili e delle
attrezzature da utilizzare per le attività
agrituristiche è stabilita dalle regioni
Nella definizione dei requisiti igienico-
46
della Corte costituzionale 12 ottobre
sanitari degli immobili e delle
2007 n. 339, che ha soppresso i
attrezzature si tiene conto delle
commi 4 e 5 dell’art. 5. L’originario art.
particolari
caratteristiche
5 legge 20 febbraio 2006, n. 96
architettoniche e di ruralità degli edifici,
recitava: “1: I requisiti igienico-sanitari
specie per quanto attiene l’altezza e il
degli immobili e delle attrezzature da
volume dei locali in rapporto alle
utilizzare per attività agrituristiche sono
superfici aeroilluminanti, nonché delle
stabiliti dalle regioni. Nella definizione
limitate
dimensioni
dell’attività
di tali requisiti si tiene conto delle
esercitata.
particolari
caratteristiche
4. I locali utilizzati ad uso agrituristico
architettoniche e di ruralità degli edifici,
sono assimilabili ad ogni effetto alle
specie per quanto attiene l'altezza e il
abitazioni rurali.
volume dei locali in rapporto alle
5. Per gli edifici e i manufatti destinati
superfici aeroilluminanti, nonché delle
all’esercizio dell’attività agrituristica la
limitate
dimensioni
dell'attività
conformità alle norme vigenti in
esercitata. // 2. La produzione, la
materia
di
accessibilità
e
di
preparazione, il confezionamento e la
superamento
delle
barriere
somministrazione di alimenti e di
architettoniche è assicurata con opere
bevande
sono
soggetti
alle
provvisionali.
disposizioni di cui alla legge 30 aprile
1962,
n.
283,
e
successive
modificazioni, nonché alle disposizioni
di cui all'articolo 9 del decreto
legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e
successive modificazioni [il d.lgs.
155/1997 è stato abrogato dal d.lgs. 6
novembre 2007, n. 193] // 3. L'autorità
sanitaria, nella valutazione dei requisiti
dei
locali
di
trattamento
e
somministrazione
di
sostanze
alimentari e del relativo piano
aziendale di autocontrollo igienicosanitario,
tiene
conto
della
diversificazione
e
della
limitata
quantità delle produzioni, dell'adozione
di metodi tradizionali di lavorazione e
dell'impiego di prodotti agricoli propri. //
4. Nel caso di somministrazione di
pasti in numero massimo di dieci, per
la loro preparazione può essere
autorizzato
l'uso
della
cucina
domestica. // 5. Per le attività
agrituristiche di alloggio, nei limiti di
dieci posti letto, per l'idoneità dei locali
è sufficiente il requisito dell'abitabilità.
// 6. Per gli edifici e i manufatti
destinati
all'esercizio
dell'attività
agrituristica la conformità alle norme
vigenti in materia di accessibilità e di
superamento
delle
barriere
architettoniche è assicurata con opere
provvisionali”.
A seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato nel punto 3.2 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 49 e 50),
le disposizioni degli originari artt. 5 e 7 della legge 96/2006 che negli schemi approvati dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 erano state inserite nello schema del DPR a seguito di un’operazione di delegificazione, vengono
rimesse nel testo del presente decreto legislativo. Infatti, il Consiglio di Stato ritiene che la già proposta delegificazione
non sia consentita, né con riguardo al certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività agrituristica (perché si disciplina
una attività economica che è coperta dalla riserva di legge implicita dell’art. 41 Cost.), né con riguardo ai requisiti igienici
dei locali (perché vi è una competenza statale in materia di tutela della salute). Così, si è provveduto alla modifica della
rubrica e all’inserimento nel presente art. 16 dei nuovi commi 1 (come riprodotto dall’art. 7 della legge 96/2006), 4 e 6
(come riprodotti dall’art. 5 della legge 96/2006). Di conseguenza, le disposizioni sono state eliminate dallo schema di
DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
Inoltre, in accoglimento del parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 29 aprile 2010, viene soppresso il
riferimento alle province autonome.
Si è altresì proposto di sostituire la dizione “abitazioni rurali” del comma 4 con quella di “fabbricati rurali” (Commissione
Agricoltura del Senato) Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei
Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente assorbente motivo: ricordando che la formula proposta in questo schema di
decreto legislativo di riordino e semplificazione è quella originaria, si torna a ribadire che I limiti imposti dalla legge
47
delega alla formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di andare “oltre” le formule delle norme
originarie, anche per evitare il pericolo di impingere su disposizioni fiscali, come avverrebbe sicuramente nella specie se
si “allargasse” l’assimilazione dei locali destinati ad uso agrituristico a (tutti i) fabbricati rurali.
Art. 18
(Requisiti di sicurezza alimentare)
1. La produzione, la preparazione, il
confezionamento
e
la
somministrazione di alimenti e di
bevande
sono
soggetti
alle
disposizioni di cui alla legge 30 aprile
1962,
n.
283,
e
successive
modificazioni.
2. L'autorità sanitaria, nella valutazione
dei requisiti dei locali di trattamento e
somministrazione
di
sostanze
alimentari e del relativo piano
aziendale di autocontrollo igienicosanitario,
tiene
conto
della
diversificazione
e
della
limitata
quantità delle produzioni, dell'adozione
di metodi tradizionali di lavorazione e
dell'impiego di prodotti agricoli propri.
La formulazione di questo nuovo art. 18 [nuovo, rispetto al testo di dlgs approvato dal CdM dell’11.12.2009) – per il
quale vale quanto già scritto sub art. 17 con riferimento al parere del Consiglio di Stato (punto 3.2 del suo parere del 24
febbraio 2010, pagg. 49 e 50) – è conseguenza della introduzione, nel testo del nostro schema di decreto legislativo, dei
commi 2 e 3 della legge 96/2006 sull’agriturismo. L’art. 18 è, così, riprodotto dai commi 2 e 3 dell’originario art. 5 della
legge 96/2006, non colpiti dalla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339, che – si ricorda - ha
soppresso i commi 4 e 5 dell’art. 5. L’originario art. 5 legge 20 febbraio 2006, n. 96 recitava: “1. I requisiti igienico-sanitari
degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per attività agrituristiche sono stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali
requisiti si tiene conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene
l'altezza e il volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonché delle limitate dimensioni dell'attività
esercitata. // 2. La produzione, la preparazione, il confezionamento e la somministrazione di alimenti e di bevande sono
soggetti alle disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonché alle disposizioni di
cui all'articolo 9 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e successive modificazioni [il d.lgs. 155/1997 è stato
abrogato dal d.lgs. 6 novembre 2007, n. 193] // 3. L'autorità sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di
trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienico-sanitario,
tiene conto della diversificazione e della limitata quantità delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di
lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri. // 4. Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di
dieci, per la loro preparazione può essere autorizzato l'uso della cucina domestica. // 5. Per le attività agrituristiche di
alloggio, nei limiti di dieci posti letto, per l'idoneità dei locali è sufficiente il requisito dell'abitabilità. // 6. Per gli edifici e i
manufatti destinati all'esercizio dell'attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di
superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere provvisionali”. Si ricorda che i commi 1 e 6
dell’originario articolo 5 sono riprodotti all’art. 17 del presente decreto legislativo.
Riprodotto dall’originario art. 6 della
legge 96/2006 come risulta modificato
in base alla sentenza della Corte
costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339,
che ha soppresso i commi 2 e 3,
salvando il comma 1, che dispone: “1.
L'esercizio dell'attività agrituristica non
è consentito, salvo che abbiano
ottenuto la riabilitazione, a: a)coloro
che hanno riportato nell'ultimo triennio,
con sentenza passata in giudicato,
condanna per uno dei delitti previsti
dagli articoli 442, 444, 513, 515 e 517
del codice penale, o per uno dei delitti
in materia di igiene e di sanità o di
frode nella preparazione degli alimenti
previsti da leggi speciali; b) coloro che
sono
sottoposti
a
misure
di
prevenzione ai sensi della legge 27
Art. 17
Art. 19
(Impedimenti allo svolgimento
(Impedimenti allo svolgimento
delle attività agrituristiche)
delle attività agrituristiche)
1. L'esercizio dell'attività agrituristica 1. L'esercizio dell'attività agrituristica
non è consentito, salvo che abbiano non è consentito, salvo che abbiano
ottenuto la riabilitazione, a:
ottenuto la riabilitazione, a:
a) coloro che hanno riportato a) coloro che hanno riportato
nell'ultimo triennio, con sentenza nell'ultimo triennio, con sentenza
passata in giudicato, condanna per passata in giudicato, condanna per uno
uno dei delitti previsti dagli articoli 442, dei delitti previsti dagli articoli 442, 444,
444, 513, 515 e 517 del codice penale, 513, 515 e 517 del codice penale, o per
o per uno dei delitti in materia di igiene uno dei delitti in materia di igiene e di
e di sanità o di frode nella sanità o di frode nella preparazione
preparazione degli alimenti previsti da degli alimenti previsti da leggi speciali;
leggi speciali;
b) coloro che sono sottoposti a misure
b) coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27
di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive
dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o sono stati dichiarati
modificazioni, o sono stati dichiarati delinquenti abituali.
delinquenti abituali.
48
dicembre 1956, n. 1423, e successive
modificazioni, o sono stati dichiarati
delinquenti abituali”. Per memoria si
riportano in nota gli altri commi: “2.La
comunicazione di inizio dell'attività
consente
l'avvio
immediato
dell'esercizio dell'attività agrituristica. Il
comune,
compiuti
i
necessari
accertamenti, può, entro sessanta
giorni,
formulare
rilievi
motivati
prevedendo i relativi tempi di
adeguamento senza sospensione
dell'attività in caso di lievi carenze e
irregolarità, ovvero, nel caso di gravi
carenze e irregolarità, può disporre
l'immediata sospensione dell'attività
sino alla loro rimozione da parte
dell'interessato,
opportunamente
verificata, entro il termine stabilito dal
comune stesso. // 3.Il titolare
dell'attività agrituristica è tenuto, entro
quindici giorni, a comunicare al
comune qualsiasi variazione delle
attività in precedenza autorizzate,
confermando,
sotto
propria
responsabilità, la sussistenza dei
requisiti e degli adempimenti di legge”.
Il comma 1 è riprodotto dall’articolo 1,
prima parte del comma 2, della legge
27 luglio 1999, n. 268 Disciplina delle
strade del vino, recita: “Le ‘strade del
vino’ sono percorsi segnalati e
pubblicizzati con appositi cartelli, lungo
i quali insistono valori naturali, culturali
e ambientali, vigneti e cantine di
aziende agricole singole o associate
aperte al pubblico; esse costituiscono
strumento attraverso il quale i territori
vinicoli e le relative produzioni
possono
essere
divulgati,
commercializzati e fruiti in forma di
offerta turistica”. L’ultima parte del
detto comma 2 non viene riprodotta
per l’assenza di carattere precettivo.
Il nostro comma 1 si presenta
riformulato: a) per l’opportunità di
migliorarne la dizione italiana; b) per la
necessità di inserire sull’originario
testo limitato ai prodotti vinicoli il
richiamo ai prodotti oleicoli e
tradizionali-tipici. Di conseguenza,
esso è riprodotto del comma 1, articolo
1 della legge 27 luglio 1999, n. 268
Disciplina delle strade del vino
(“L’obiettivo della presente legge
consiste nella valorizzazione dei
territori a vocazione vinicola, con
particolare riferimento ai luoghi delle
produzioni qualitative di cui alla legge
10 febbraio 1992, n. 164, e successive
modificazioni, anche attraverso la
realizzazione delle ‘strade del vino’”),
dall’articolo 5 della stessa legge
Sezione II
Delle attività di ricezione e di
ospitalità svolte dalle imprese
agricole lungo i percorsi delle
strade del vino, dell’olio e degli
altri prodotti agricoli tipici
Art. 18
(Definizione ed equiparazione alle
attività agricole per connessione).
1.Le strade del vino, dell’olio e degli
altri prodotti agricoli tipici sono percorsi
lungo i quali insistono valori naturali,
culturali e ambientali, in cui sono
segnalate, con appositi cartelli,
aziende agricole singole o associate
aperte al pubblico; esse costituiscono
strumento attraverso il quale i territori
a vocazione agricola specifica e le
relative produzioni possono essere
divulgati, commercializzati e fruiti in
forma di offerta turistica.
2.Spetta alle regioni e alle province
autonome:
a) individuare i percorsi delle strade
del vino, dell’olio e degli altri prodotti
tipici;
b) definire la gestione e la fruizione
delle dette strade.
3. Gli standard minimi di qualità sono
definiti con il decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali
del 12 luglio 2000, adottato d’intesa
con la Conferenza permanente tra lo
Stato, le regioni e le province
autonome
4. Le attività di ricezione e di ospitalità,
Sezione II
Delle attività di ricezione e di
ospitalità svolte dalle imprese
agricole lungo i percorsi delle
strade del vino, dell’olio e degli
altri prodotti agricoli tipici
Art. 20
(Strade del vino, dell’olio e degli altri
prodotti agricoli tipici)
1. Le strade del vino, dell’olio e degli
altri prodotti agricoli tipici sono percorsi
lungo i quali insistono valori naturali,
culturali e ambientali, in cui sono
segnalate,
con
appositi
cartelli
conformi alle disposizioni del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285,
aziende agricole singole o associate
aperte al pubblico; esse costituiscono
strumento attraverso il quale i territori
a vocazione agricola specifica e le
relative produzioni possono essere
divulgati, commercializzati e fruiti in
forma di offerta turistica.
2.Spetta alle regioni
a) individuare i percorsi delle strade
del vino, dell’olio e degli prodotti tipici;
definire la gestione e la fruizione
delle dette strade.
3. (già comma 4) Le attività di
ricezione e di ospitalità, compresa
l’organizzazione di degustazione dei
prodotti aziendali e di attività ricreative,
culturali e didattiche, svolte da imprese
agricole nell’ambito delle ’strade del
vino, dell’olio e degli altri prodotti
49
268/1999 (“Le disposizioni della
presente legge si applicano anche per
la
realizzazione
delle
‘strade’
finalizzate alla valorizzazione, anche
congiunta, di altre produzioni di
qualità, con particolare riguardo all’olio
di oliva ed in genere ai prodotti tipici”)
e dal comma 2, articolo 1 del Decreto
ministeriale 12 luglio 2000, n. 781500
Fissazione degli standard minimi di
qualità per i percorsi individuati ai
sensi della legge 27 luglio 1999, n.
268, recante “Disciplina delle strade
del vino”: “I percorsi di cui al comma 1
sono quelli sui quali insistono, oltre alle
produzioni qualitative di cui alla legge
10 febbraio 1992, n. 164, anche le
produzioni riconosciute ai sensi del
Regolamento (CEE) n. 2081/92 del
Consiglio
e
le
produzioni
agroalimentari tradizionali, individuate
ai sensi del decreto del Ministro delle
politiche agrarie e forestali 8 settembre
1999, n. 350”.
L’estensione dell’originaria norma sulle
strade del vino anche all’olio ed agli
prodotti tipici ha richiesto, dunque,
anche la sostituzione delle parole
“territori a vocazione vinicola” con le
parole “territori a vocazione agricola
specifica” e l’aggiunta delle parole
“territori vinicoli, oleicoli e di agricoltura
tipica”.
Il comma 2 è tratto sostanzialmente
dall’articolo 3 della legge 27 luglio
1999, n. 268: “1. Le Regioni, nel
definire la gestione e la fruizione delle
‘strade del vino’, possono prevedere i
seguenti strumenti: a) il disciplinare
della strada del vino sottoscritto dai
vari soggetti aderenti; b) il comitato
promotore; c) il comitato di gestione; d)
il sistema della segnaletica; e) le guide
e il materiale illustrativo, divulgativo e
promozionale. // 2. Le regioni, anche di
intesa con gli enti locali interessati,
possono definire specifiche strutture e
infrastrutture
funzionali
alla
realizzazione delle ‘strade del vino’. 3.
Restano ferme le competenze delle
regioni a statuto speciale e delle
province autonome”. Si ricordi anche
l’articolo 3 della legge 27 luglio 1999,
n. 268, il cui testo recitava: “Le
caratteristiche della cartellonistica
sono definite, ai sensi dell'articolo 39,
comma 1, lettera c), capoverso h), del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285, anche sulla base delle esperienze
maturate
nell'ambito
dell'Unione
europea, con decreto del Ministro per
le politiche agricole, da adottare di
concerto con i Ministri competenti,
d'intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore
compresa
l’organizzazione
di
degustazione dei prodotti aziendali e di
attività ricreative, culturali e didattiche,
svolte da imprese agricole nell’ambito
delle “strade del vino, dell’olio e degli
altri prodotti agricoli tipici”, sono
ricondotte alle attività agrituristiche,
secondo i principi contenuti nelle
norme che le disciplinano e secondo le
disposizioni emanate dalle regioni.
agricoli tipici’, sono ricondotte alle
attività agrituristiche, secondo i principi
contenuti nelle norme che le
disciplinano e secondo le disposizioni
emanate dalle regioni.
4. Restano ferme le competenze delle
regioni a statuto speciale e delle
province autonome.
50
della presente legge”. Deve ritenersi
già superato, dato il tempo trascorso.
Quello
che
viene
“lasciato”
riformulando
la
norma
è
l’estrapolazione delle modalità di
segnalazione.
L’originario comma 3 è riportato
nell’art. 6, comma 3, del parallelo
DPR.
Il comma 4 (ora comma 3) è
riprodotto dal comma 3, articolo 1 della
legge 27 luglio 1999, n. 268: “Le
attività di ricezione e di ospitalità,
compresa la degustazione dei prodotti
aziendali, e l’organizzazione di attività
ricreative, culturali e didattiche, svolte
da aziende agricole nell’ambito delle
‘strade del vino’, possono essere
ricondotte alle attività agrituristiche di
cui all’articolo 2 della legge 5 dicembre
1985, n. 730, secondo i principi in essa
contenuti e secondo le disposizioni
emanate dalle regioni”. Le parole
“possono essere ricondotte” sono state
redatte, più correttamente, in “sono
ricondotte”. Il testo ha anche subito
una formulazione lessicale diversa
dall’originaria onde acquisisse una
migliore redazione in italiano.
Si è suggerito di precisare che i “cartelli” segnalanti le dette Strade siano conformi alle disposizioni del Codice della
Strada (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento, per ragioni di sistema generale, merita
accoglimento. La disposizione è stata, perciò, riformulata secondo il suggerimento proposto.
Il Consiglio di Stato, nel punto 3.6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 51) segnala che il disposto di cui alla
lettera a) dell’art. 18 come riportato nel comma 2 della proposta di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri
l’11 dicembre 2009 è ultra vires e, perciò, inutile (essendo evidente che si versa in tema di competenza residuale delle
Regioni) e, quindi, la lettera a) andrebbe rimossa. E così si era fatto prima dell’incontro del 9.XI.2011 con le
organizzazioni professionali. Melius re perpensa, ora si ritiene riproporre la competenza regionale per l’individuazione
delle strade e non solo per la definizione della loro gestione e fruizione. Non si capirebbe, infatti, chi sarà competente a
“individuare” il percorso delle strade.
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata Stato-Regioni ritiene necessario che, anche in
forza dell’art. 2 della legge 268/1999 e dell’art. 11 del D.M. 12 luglio 2000 che contengono una riserva generale a favore
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome con riguardo alle strade del vino, sia aggiunto un comma che
ribadisca siffatta competenza. La proposta di emendamento va accolta, sicché viene formulato il comma 4: “Restano
ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome”.
I commi 1-5 dell’attuale norma
sull’imprenditore ittico sono riprodotti
dai commi 1-4 e 6 dell’art. 2 del d.lgs.
18 maggio 2001, n. 226 Orientamento
e modernizzazione del settore della
pesca e dell'acquacoltura, a norma
dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n.
57 così come sostituito dall’art. 6,
commi 1-7, del d.lgs. 26 maggio 2004,
n. 154 Modernizzazione del settore
pesca e dell’acquacoltura, a norma
dell’articolo 1, comma 2, della legge 7
marzo 2003, n. 38: «1. È imprenditore
ittico chi esercita, in forma singola o
associata o societaria, l'attività di
pesca professionale diretta alla cattura
o alla raccolta di organismi acquatici in
ambienti marini, salmastri o dolci e le
attività connesse di cui all'articolo 3. //
2. Si considerano, altresì, imprenditori
CAPO VII
Dell’impresa ittica
Art. 19
(Imprenditore ittico)
1. È imprenditore ittico chi esercita, in
forma singola o associata o societaria,
l'attività di pesca professionale diretta
alla cattura o alla raccolta di organismi
acquatici in ambienti marini, salmastri
o dolci, nonché le attività connesse di
cui all’articolo 20.
2. Si considerano, altresì, imprenditori
ittici ai sensi del comma 1 le
cooperative di imprenditori ittici e i loro
consorzi
quando
utilizzano
prevalentemente prodotti dei soci
ovvero forniscono prevalentemente ai
medesimi beni e servizi diretti allo
CAPO VII
Degli imprenditori della pesca e
dell’acquicoltura
Art. 21
(Dell’imprenditore ittico)
1. È imprenditore ittico chi esercita, in
forma singola o associata o societaria,
l'attività di pesca professionale diretta
alla cattura o alla raccolta di organismi
acquatici in ambienti marini, salmastri
o dolci, nonché le attività connesse di
cui all’articolo 23.
2. Si considerano, altresì, imprenditori
ittici ai sensi del comma 1 le
cooperative di imprenditori ittici e i loro
consorzi
quando
utilizzano
prevalentemente prodotti dei soci
ovvero forniscono prevalentemente ai
medesimi beni e servizi diretti allo
51
di cui al comma 1 le cooperative di
imprenditori ittici ed i loro consorzi
quando utilizzano prevalentemente
prodotti dei soci ovvero forniscono
prevalentemente ai medesimi beni e
servizi diretti allo svolgimento delle
attività di cui al medesimo comma 1. //
3.
Sono
considerati,
altresì,
imprenditori ittici gli esercenti attività
commerciali di prodotti ittici derivanti
prevalentemente dal diretto esercizio
delle attività di cui al comma 1. // 4. Ai
fini dell'effettivo esercizio delle attività
di cui al comma 1, si applicano le
disposizioni della vigente normativa in
materia di iscrizioni, abilitazioni ed
autorizzazioni. // 5. Fatte salve le più
favorevoli disposizioni di legge,
l'imprenditore ittico è equiparato
all'imprenditore agricolo e le imprese di
acquacoltura
sono
equiparate
all’imprenditore
ittico.
6.
L'autocertificazione di cui all'articolo 6,
comma 4, del decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti
gli effetti ogni adempimento tecnico e
formale ivi previsto”.
Si è, così, omesso il comma 5, che
equipara gli imprenditori ittici agli
imprenditori agricoli.
Il comma 6 è riprodotto dal comma 7
dell’art. 2 del d.lgs. 18 maggio 2001, n.
226 Orientamento e modernizzazione
del
settore
della
pesca
e
dell'acquacoltura, così come sostituito
dall’art. 6 del d.lgs. 26 maggio 2005, n.
154 Modernizzazione del settore
pesca e dell’acquacoltura: «7. Ai fini
dell'applicazione delle agevolazioni
fiscali
e
previdenziali e
della
concessione di contributi nazionali e
regionali, l'imprenditore ittico è tenuto
ad applicare i pertinenti contratti
collettivi nazionali di lavoro e le leggi
sociali e di sicurezza sul lavoro».
svolgimento delle attività di cui al
medesimo comma 1.
3.
Sono
considerati,
altresì,
imprenditori ittici gli esercenti attività
commerciali di prodotti ittici derivanti
prevalentemente dal diretto esercizio
delle attività di cui al comma 1.
4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle
attività di cui al comma 1, si applicano
le disposizioni della vigente normativa
in materia di iscrizioni, abilitazioni e
autorizzazioni.
5. L'autocertificazione di cui all'articolo
6, comma 4, del decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti
gli effetti ogni adempimento tecnico e
formale ivi previsto.
6. Ai fini dell'applicazione delle
agevolazioni fiscali e previdenziali e
della
concessione
di
contributi
nazionali e regionali, l'imprenditore
ittico è tenuto ad applicare i pertinenti
contratti collettivi nazionali di lavoro e
le leggi sociali e di sicurezza sul
lavoro.
svolgimento delle attività di cui al
medesimo comma 1.
3.
Sono
considerati,
altresì,
imprenditori ittici gli esercenti attività
commerciali di prodotti ittici derivanti
prevalentemente dal diretto esercizio
delle attività di cui al comma 1.
4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle
attività di cui al comma 1, si applicano
le disposizioni della vigente normativa
in materia di iscrizioni, abilitazioni e
autorizzazioni.
5. L'autocertificazione di cui all'articolo
6, comma 4, del decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti
gli effetti ogni adempimento tecnico e
formale ivi previsto.
6. Ai fini dell'applicazione delle
agevolazioni fiscali e previdenziali e
della
concessione
di
contributi
nazionali e regionali, l'imprenditore
ittico è tenuto ad applicare i pertinenti
contratti collettivi nazionali di lavoro e
le leggi sociali e di sicurezza sul
lavoro.
Si rileva che non è prevista, nella norma dell’art. 21, la complessiva equiparazione tra imprenditore ittico, imprenditore
agricolo e imprese di acquacoltura, contenuta invece nell’art. 2, comma 5, del d.lgs. 226/2001 (Commissione Agricoltura
del Senato; Consiglio di Stato). La stessa osservazione viene elevata dalla Confagricoltura nell’incontro del 9.XI.2011. E’
necessario, allora, chiarire che non vi può essere una relazione transitiva tra imprenditore agricolo/imprenditore
ittico/acquicoltore. Invero, l’acquicoltore è imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.; invece, l’imprenditore ittico è
soltanto equiparato all’imprenditore agricolo; ma l’acquicoltore è trattato come l’imprenditore ittico per determinati
vantaggi previdenziali e fiscali.
Anche il Consiglio di Stato, nel punto 4.1 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 52-54), pone il problema
dell’omissione, nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, della
equiparazione contenuta nella norma originaria che sarebbe rilevante sotto il profilo previdenziale/tributario posto che
l’equiparazione tra imprese di acquicoltura e imprenditori ittici implicherebbe, per le prime, l’applicazione delle “più
favorevoli disposizioni di legge” stabilite per gli imprenditori ittici. Poiché lo stesso Consiglio di Stato riporta vari elementi
valutativi a favore della considerazione dell’attività di acquicoltura come attività agricola ex se (pag. 54), si ritiene di
confermare lo schema già proposto quanto all’imprenditore ittico, ma con la redazione di un ulteriore articolo
sull’acquicoltore in cui si dia atto dell’applicazione delle norme “più favorevoli” previste per gli imprenditori ittici, e con la
riformulazione del Capo VII in modo che si riferisca tanto agli imprenditori della pesca (come equiparati agli imprenditori
agricoli) quanto agli acquicoltori (che sono, di per sé, imprenditori agricoli). In effetti, la conferma la formula redatta
nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 è giustificata dai seguenti motivi:
l’art. 21 (già art. 19) del presente decreto di riordino e semplificazione tratta dell’imprenditore ittico come “equiparato”
all’imprenditore agricolo, come dalla precedente disposizione dell’art. 4, (ora) comma 2, lett. b) del presente decreto. La
norma originaria dell’art. 2, comma 5, d.lgs. 226/2001, da parte sua, equiparava all’imprenditore agricolo non solo
l’imprenditore ittico ma anche “le imprese di acquacoltura”. Nel testo dell’art. 21 (già art. 19), invece, è stata omessa
52
quest’ultima equiparazione, ma ciò è avvenuto a ragion veduta. Infatti, come si è ribadito nel corso dell’incontro del
9.XI.2011 con le organizzazioni professionali (che non ne hanno contestato l’affermazione) l’acquicoltore non può essere
“equiparato” all’imprenditore agricolo, innanzitutto per la stessa amplissima formula dell’art. 2135 c.c. che considera la
cura del ciclo biologico di entità animali tra cui, ovviamente, i pesci, nonché per il fatto che l’art. 2135 cod. civ. (come
introdotto dall’art. 1 del d. lgs. n. 228/2001, successivo se non temporalmente quanto meno numericamente al d. lgs.
226/2001) definisce imprenditore agricolo anche colui che alleva gli animali, intendendo per allevamento “le attività
dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o
animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. In sostanza il
contrasto palese tra la formula dell’art. 2135 c.c. e la formula dell’art. 2 comma 5 del d. lgs. 226/2001 (benché introdotto
dal d.lgs. 100/2005, ovverosia dopo la riforma dell’art. 2135 cod. civ.) impone, ai sensi e in forza della delega per il
riordino e la semplificazione delle materie, la risoluzione della antinomia. Cosa che si è fatta, ribadendo la regola per la
quale, se i pescatori, come imprenditori ittici, sono equiparati agli imprenditori agricoli, gli acquicoltori non possono,
invece, essere “equiparati” agli imprenditori agricoli perché essi sono, di per se stessi, imprenditori agricoli. Tuttavia
come si è detto, per applicare la norma per la quale agli acquicoltori sono estese le “più favorevoli disposizioni di legge”
previste dagli imprenditori ittici”, si è introdotto un apposito ulteriore articolo.
E’ stato suggerito di sostituire i commi 1 e 2 con formule che mettano in evidenza come gli imprenditori ittici possano
svolgere attività di commercializzazione degli organismi acquatici (commi 1 e 2) e, quindi, di sopprimere il comma 3 che,
appunto, considera imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici (Commissione Agricoltura del
Senato).Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre
2009 per i seguenti motivi: la legge delega non consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per
eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina
ha sollevato perplessità sulla disposizione che considera imprenditori ittici (anche) “gli esercenti attività commerciali di
prodotti ittici” (cioè i pescivendoli) ancorché il seguito della norma (“prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto
esercizio delle attività” di loro cattura o raccolta) sembri collegare fortemente l’attività di commercializzazione (quindi,
come attività connessa) a quella di cattura o raccolta degli organismi acquatici (quindi, come attività principale). Non è,
perciò, possibile andare “oltre” i limiti della delega. Va, peraltro, ricordato che il MiPAAF ha predisposto nel giugno 2011
uno schema di decreto legislativo sul “riassetto della normativa in materia di pesca e di acquacoltura” in cui si provvede
a: a) differenziare, anche tramite la redazione di due distinti articoli, il “pescatore professionale” (cioè l’imprenditore ittico)
e “l’acquacoltore” nella cui formula è espressamente detto che essa è redatta “fermo restando quanto previsto dall’art.
2135 c.c.”; b) escludere, dalla considerazione come imprenditori ittici “gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici”
(come già osservato dalla Commissione agricoltura del Senato del 27.1.2010 allo schema di questo decreto legislativo
come approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.XII.2009), provvedendo a “considerare” attività connessa “la
trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca”; c) disciplinare la categoria dei
pescatori non professionali. Ciò viene ricordato che, qualora siffatto testo venisse approvato dal Parlamento prima
dell’approvazione di questo schema di decreto legislativo, i presenti artt. 21, 22 e 23 andranno modificati.
Si approfitta dell’occasione per modificare la parola “acquacoltura” che il vocabolario italiano non conosce, con la
parola “acquicoltura” che, invece, il vocabolario italiano riporta. E si ribadisce tale modifica anche dopo l’incontro del
9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, nel corso del quale la Confagricoltura ha fatto presente che ormai la
prassi, anche legislativa, usa l’espressione “acquacoltura” benché il corretto termine italiano sia “acquicoltura”.
Art. 22
(Dell’acquicoltore)
1. Le più favorevoli disposizioni di
legge previste per gli imprenditori ittici
si applicano anche agli imprenditori
agricoli
esercenti
l’attività
di
acquicoltura.
Nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 non si erano riprodotte le ultime parole del comma 5
dell’art. 2 del d.lgs. 226/2001 come sostituito dall’art. 6 del d.lgs. 154/2004 (… e le imprese di acquacoltura sono
equiparate all’imprenditore ittico”), perché queste – ex art. 2135 c.c. – invece sono imprenditori agricoli (e non già
“equiparati”). In altre parole, l’acquicoltore non può essere “equiparato” all’imprenditore agricolo, perché l’art. 2135 cod.
civ. definisce imprenditore agricolo ANCHE colui che alleva gli animali, intendendo per allevamento “le attività dirette alla
cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale, che
utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.
In sostanza il contrasto palese tra la formula dell’art. 2 comma 5 del d. lgs. 226/2001 (che “equipara” gli imprenditori
ittici agli imprenditori agricoli) e la formula dell’art. 2135 cod. civ. (che definisce imprenditori agricoli anche gli allevatori di
animali in “acque dolci, salmastre e marine”) impone, ai sensi e in forza della delega per il riordino e la semplificazione
delle materie, la risoluzione della antinomia. Cosa che si è fatta, ribadendo la regola per la quale i pescatori, come
imprenditori ittici sono equiparati agli imprenditori agricoli, mentre gli acquicoltori non sono “equiparabili” agli imprenditori
agricoli perché essi sono, di per se stessi, imprenditori agricoli. Ma per estendere agli acquicoltori le più favorevoli
disposizioni di legge riservate agli imprenditori ittici, si è ora formulato un nuovo specifico articolo.
53
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 3 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
226 così come sostituito dall’art. 7 del
d.lgs. 26 maggio 2004, n. 154: «1. Si
considerano connesse alle attività di
pesca, purché non prevalenti rispetto a
queste ed effettuate dall'imprenditore
ittico mediante l'utilizzo di prodotti
provenienti in prevalenza dalla propria
attività di pesca, ovvero di attrezzature
o risorse dell'azienda normalmente
impiegate
nell'impresa
ittica,
le
seguenti attività: a) imbarco di persone
non facenti parte dell'equipaggio su
navi da pesca a scopo turisticoricreativo,
denominata:
«pescaturismo». b) attività di ospitalità,
ricreative, didattiche, culturali e di
servizi,
finalizzate
alla
corretta
fruizione degli ecosistemi acquatici e
vallivi, delle risorse della pesca e
dell'acquacoltura, e alla valorizzazione
degli aspetti socio-culturali delle
imprese ittiche e di acquacoltura,
esercitata da imprenditori, singoli o
associati, attraverso l'utilizzo della
propria abitazione o di struttura nella
disponibilità dell'imprenditore stesso,
denominata: «ittiturismo»; c) la prima
lavorazione dei prodotti del mare e
dell'acquacoltura, la conservazione, la
trasformazione, la distribuzione e la
commercializzazione, nonché le azioni
di promozione e valorizzazione. // 2. …
// 3. …». N.B.: Gli originari riferimenti
all’acquicoltura sono stati riportati al
comma 5 del presente articolo, posto
che si è ritenuto che gli imprenditori
esercenti l’acquicoltura non siano
“equiparati” agli imprenditori agricoli,
ma siano, di per sé, imprenditori
agricoli.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 12
legge 20 febbraio 2006, n. 96: “Sono
assimilate alle attività agrituristiche e
sono ad esse applicabili le norme della
presente legge, quelle svolte dai
pescatori relativamente all'ospitalità,
alla
somministrazione
dei
pasti
costituiti prevalentemente da prodotti
derivanti dall'attività di pesca, nonché
le attività connesse ai sensi del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
226, e successive modificazioni, ivi
compresa la pesca-turismo”, tenendosi
conto anche dell’art. 2 del d.lgs.
226/2001. Infatti, nel novero delle
attività connesse a quella ittica erano
stati inseriti, dall’art. 7 del d.lgs. 26
maggio 2004, n. 154, i servizi
ambientali (interventi di gestione attiva,
finalizzati alla valorizzazione produttiva
ed all'uso sostenibile degli ecosistemi
acquatici), che non risultano più
Art. 20
Art. 23
(Attività connesse a quelle di
(Attività connesse a quelle di
pesca e di acquacoltura)
pesca e di acquicoltura)
1. Si considerano connesse alle attività 1. Si considerano connesse alle attività
di pesca, purché non prevalenti di pesca, purché non prevalenti
rispetto a queste ed effettuate rispetto a queste ed effettuate
dall'imprenditore
ittico
mediante dall'imprenditore
ittico
mediante
l'utilizzo di prodotti provenienti in l'utilizzo di prodotti provenienti in
prevalenza dalla propria attività di prevalenza dalla propria attività di
pesca, ovvero di attrezzature o risorse pesca, ovvero di attrezzature o risorse
dell'azienda normalmente impiegate dell'azienda normalmente impiegate
nell'impresa ittica, le seguenti attività:
nell'impresa ittica, le seguenti attività:
a) imbarco di persone non facenti a) imbarco di persone non facenti
parte dell'equipaggio su navi da pesca parte dell'equipaggio su navi da pesca a
a
scopo
turistico-ricreativo, scopo turistico-ricreativo, denominata:
‘pescaturismo’;
denominata: «pescaturismo»;
b)attività di ospitalità, ricreative,
b) attività di ospitalità, ricreative,
didattiche, culturali e di servizi, didattiche, culturali e di servizi,
finalizzate alla corretta fruizione degli finalizzate alla corretta fruizione degli
ecosistemi acquatici e delle risorse ecosistemi acquatici e delle risorse della
della pesca e alla valorizzazione degli pesca e alla valorizzazione degli aspetti
aspetti socio-culturali delle imprese socio-culturali delle imprese ittiche,
ittiche, esercitata da imprenditori, esercitata da imprenditori, singoli o
singoli o associati, attraverso l'utilizzo associati, attraverso l'utilizzo della
della propria abitazione o di struttura propria abitazione o di struttura nella
nella disponibilità dell'imprenditore disponibilità dell'imprenditore stesso,
denominata: ‘ittiturismo’;
stesso, denominata: «ittiturismo»;
c) la prima lavorazione dei prodotti del c) la prima lavorazione dei prodotti del
mare,
la
conservazione,
la mare,
la
conservazione,
la
trasformazione, la distribuzione e la trasformazione, la distribuzione e la
commercializzazione, nonché le azioni commercializzazione, nonché le azioni
di promozione e valorizzazione del di promozione e valorizzazione del
pescato.
pescato.
2. Sono assimilate alle attività 2. Sono assimilate alle attività
agrituristiche di cui all’articolo 14 e ad agrituristiche di cui all’articolo 14 e ad
esse sono applicabili le relative norme, esse sono applicabili le relative norme,
quelle
svolte
dai
pescatori quelle
svolte
dai
pescatori
relativamente
all’ospitalità,
alla relativamente
all’ospitalità,
alla
somministrazione dei pasti costituiti somministrazione dei pasti costituiti
prevalentemente da prodotti derivanti prevalentemente da prodotti derivanti
dall’attività di pesca e quelli di cui al dall’attività di pesca e quelle di cui al
comma 1.
comma 1.
3. Alle opere ed alle strutture destinate 3. Alle opere ed alle strutture destinate
all'ittiturismo
si
applicano
le all'ittiturismo
si
applicano
le
disposizioni di cui all'articolo 19, disposizioni di cui all'articolo 19,
commi 2 e 3, del testo unico delle commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari disposizioni legislative e regolamentari
in materia di edilizia, approvato con in materia di edilizia, approvato con
decreto
del
Presidente
della decreto
del
Presidente
della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
nonché all'articolo 24, comma 2, della nonché all'articolo 24, comma 2, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge 5 febbraio 1992, n. 104,
relativamente all'utilizzo di opere relativamente all'utilizzo di opere
provvisionali per l'accessibilità ed il provvisionali per l'accessibilità ed il
superamento
delle
barriere superamento
delle
barriere
architettoniche.
architettoniche.
4. L'imbarco di persone di cui al 4. L'imbarco di persone di cui al
comma 1, lettera a), è autorizzato comma 1, lettera a), è autorizzato
dall'autorità marittima dell'ufficio di dall'autorità marittima dell'ufficio di
iscrizione della nave da pesca iscrizione della nave da pesca
secondo le modalità fissate dalle secondo le modalità fissate dalle
disposizioni vigenti.
disposizioni vigenti.
5. Costituisce attività connessa 5. Costituisce attività connessa
all’attività agricola dell’acquacoltura all’attività agricola dell’acquicoltura
l’attività di ittiturismo, ovvero le attività l’attività di ittiturismo, ovvero le attività
54
menzionati dall’art. 3 del d.lgs. 18
maggio 2001, n. 226. Essi, però,
potrebbero
essere
“riconsiderati”
attività connesse dell’impresa ittica in
forza dell’art. 12 della legge 20
febbraio 2006 sulle “attività assimilate”
alle attività agrituristiche. Comunque,
anche l’art. 3 del d.lgs. 226/2001
include, come attività connesse a
quelle di pesca, attività altre rispetto a
quelle di cui al comma 1 del presente
articolo.
Il comma 3 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 3 d.lgs. 226/2001: “2. Alle
opere ed alle strutture destinate
all'ittiturismo
si
applicano
le
disposizioni di cui all'articolo 19,
commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari
in materia di edilizia, approvato con
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
nonché all'articolo 24, comma 2, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104,
relativamente all'utilizzo di opere
provvisionali per l'accessibilità ed il
superamento
delle
barriere
architettoniche”.
Il comma 4 è riprodotto dal comma 3
dell’art. 3 d.lgs. 226/2001: “3.
L'imbarco di persone di cui al comma
1, lettera a), è autorizzato dall'autorità
marittima dell'ufficio di iscrizione della
nave da pesca secondo le modalità
fissate dalle disposizioni vigenti”.
L’attuale disposizione regolamentare
del pescaturismo è il decreto 13 aprile
1999, n. 293 del Ministero delle
politiche agricole, con il quale si è
adottato il «Regolamento recante
norme in materia di disciplina
dell'attività
di
pesca-turismo,
in
attuazione dell'art. 27-bis della legge
17 febbraio 1982, n. 41, e successive
modificazioni».
Si ricordi che è necessario tenere
distinte l’attività dell’acquicoltore – che
è attività propria dell’agricoltore ex art.
2135 del codice civile – e l’attività del
pescatore che è solo equiparato
all’agricoltore. Per questo motivo si è
ritenuto opportuno “separare” le attività
connesse dell’imprenditore ittico da
quelle dell’acquicoltore. Ovviamente,
nel comma 5 si sono ripetute
sostanzialmente le formule utilizzate
per
le
attività
connesse
dell’imprenditore ittico.
di ospitalità, ricreative, didattiche,
culturali e di servizi, finalizzate alla
corretta fruizione degli ecosistemi
acquatici e vallivi, delle risorse
dell’acquacoltura, e alla valorizzazione
degli aspetti socio-culturali delle
imprese di acquacoltura, esercitati da
imprenditori, singoli o associarti,
attraverso l’abitazione o la struttura
nella disponibilità dell’imprenditore
stesso, nonché le attività di prima
lavorazione
dei
prodotti
dell’acquacoltura, la conservazione, la
trasformazione, la distribuzione e la
commercializzazione, e le azioni di
promozione e valorizzazione. Per le
opere e per le strutture destinate
all’ittiturismo si applica la disposizione
di cui al comma 3.
di ospitalità, ricreative, didattiche,
culturali e di servizi, finalizzate alla
corretta fruizione degli ecosistemi
acquatici e vallivi, delle risorse
dell’acquicoltura, e alla valorizzazione
degli aspetti socio-culturali delle
imprese di acquicoltura, esercitati da
imprenditori, singoli o associarti,
attraverso l’abitazione o la struttura
nella disponibilità dell’imprenditore
stesso, nonché le attività di prima
lavorazione
dei
prodotti
dell’acquicoltura, la conservazione, la
trasformazione, la distribuzione e la
commercializzazione, e le azioni di
promozione e valorizzazione. Per le
opere e per le strutture destinate
all’ittiturismo si applica la disposizione
di cui al comma 3.
55
Il comma 1 è riprodotta dall’articolo 1
della legge 5 febbraio 1992 n. 102,
modificato per renderlo aderente alla
riforma dell’art. 2135 c.c. L’ultimo
inciso del comma 1 è una norma di
mero rinvio all’art. 111 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
recante Norme in materia ambientale,
per il quale “con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con i Ministri
delle politiche agricole, alimentari e
forestali, delle infrastrutture e dei
trasporti e dello sviluppo economico, e
previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti fra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono individuati i
criteri
relativi
al
contenimento
dell’impatto sull’ambiente derivante
dall’attività di acquacoltura e di
piscicoltura”.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 4-ter,
d.l. 3 novembre 2008 n. 171,
convertito in legge 30 dicembre 2008
n. 205. “Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d'intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono stabilite
disposizioni volte alla semplificazione
delle procedure per il rilascio ed il
rinnovo delle concessioni di acqua
pubblica ad uso di acquacoltura”.
Già Art. 10 DPR
(Impatto sull’ambiente derivante
dall’attività di acquacoltura o
piscicoltura)
1.
Con
decreto
del
Ministro
dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con i
Ministri
delle
politiche
agricole
alimentari
e
forestali,
delle
infrastrutture e dei trasporti e dello
sviluppo economico, e previa intesa
con la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, sono individuati i criteri
relativi al contenimento dell’impatto
sull’ambiente derivante dall’attività di
acquacoltura e di piscicoltura e ciò
come disposto dall’articolo 111 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia
ambientale.
2. Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d'intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono stabilite
disposizioni volte alla delle procedure
per il rilascio ed il rinnovo delle
concessioni di acqua pubblica ad uso
di acquacoltura.
Art. 24
(Impatto sull’ambiente derivante
dall’attività di acquicoltura o
piscicoltura.
Concessioni di acqua pubblica ad uso
di acquicoltura)
1.
Con
decreto
del
Ministro
dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con i
Ministri
delle
politiche
agricole
alimentari
e
forestali,
delle
infrastrutture e dei trasporti e dello
sviluppo economico, e previa intesa
con la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, sono individuati i criteri
relativi al contenimento dell’impatto
sull’ambiente derivante dall’attività di
acquicoltura e di piscicoltura in
applicazione dell’articolo 111 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia
ambientale.
2. Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d'intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono stabilite
disposizioni volte alla semplificazione
delle procedure per il rilascio ed il
rinnovo delle concessioni di acqua
pubblica ad uso di acquicoltura.
Nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 le disposizioni ora contenute nel presente
articolo facevano parte dello schema di DPR, ma il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010
(pag. 75), ha rilevato che tali disposizioni non possono essere delegificate perché attinenti al diritto di impresa per la
quale vi è costituzionalmente la riserva di legge. Accogliendo doverosamente il parere del Consiglio di Stato si è
provveduto ad inserire in questo nuovo articolo dello schema di decreto legislativo le disposizioni riprodotte dall’art. 1
della legge 102/1992 e dall’art. 4-ter del d.l. 3 novembre 2008 n. 171 convertito in legge 205/2008, contestualmente
eliminandole dallo schema di DPR.
Il comma 1 è riprodotto dal comma
1082 dell’art. 1 della legge 296/2006
(legge finanziaria per il 2007): “Al fine
di armonizzare l'attuazione delle
disposizioni sovranazionali in materia
forestale, in aderenza al Piano
d'azione per le foreste dell'Unione
europea
e
nel
rispetto
delle
competenze istituzionali, il Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali e il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare,
sulla
base
degli
strumenti
di
pianificazione regionale esistenti e
delle linee guida definite ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 227,
propongono
alla
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
Capo VIII
Delle attività selvicolturali
Art. 21
(Promozione delle attività
selvicolturali e forme di gestione)
1. Al fine di armonizzare l'attuazione
delle disposizioni sovranazionali in
materia forestale, in aderenza al Piano
d'azione per le foreste dell'Unione
europea
e
nel
rispetto
delle
competenze istituzionali, il Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali e il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare,
sulla
base
degli
strumenti
di
pianificazione regionale esistenti e
delle linee guida definite ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 227,
Capo VIII
Delle attività selvicolturali
Art. 25
(Promozione delle attività
selvicolturali e forme di gestione)
1. Al fine di armonizzare l'attuazione
delle disposizioni sovranazionali in
materia forestale, in aderenza al Piano
d'azione per le foreste dell'Unione
europea
e
nel
rispetto
delle
competenze istituzionali, il Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali e il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare,
sulla
base
degli
strumenti
di
pianificazione regionale esistenti e
delle linee guida definite ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 227,
56
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, ai fini di un
accordo ai sensi dell'articolo 4 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, un programma quadro per il
settore forestale finalizzato a favorire
la gestione forestale sostenibile e a
valorizzare la multifunzionalità degli
ecosistemi forestali. Le azioni previste
dal programma quadro possono
accedere alle risorse di cui all'articolo
61 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, nei limiti definiti dal CIPE nella
deliberazione di cui allo stesso articolo
61, comma 3, della citata legge n. 289
del 2002”.
I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art. 7
del d. lgs. 227/2001: “1. Al fine di
promuovere la crescita delle imprese e
qualificarne la professionalità, le
regioni istituiscono elenchi o albi delle
imprese per l’esecuzione di lavori ,
opere o servizi in ambito forestale. Tali
soggetti possono ottenere in gestione
aree silvo-pastorali di proprietà o
possesso pubblico. 2. Le norme di cui
all’art. 17 della legge 31 gennaio 1994
n. 97 sono estese ai soggetti di cui al
comma 1 anche per l’affidamento della
gestione e per la realizzazione di
lavori, opere e servizi in ambito
forestale”. L’inciso “e di difesa del
territorio” è stato aggiunto dall’art.
4novies del d.l. 3 novembre 2008 n.
171, convertito in legge 30 dicembre
2008 n. 205.
L’art. 17 legge 97/1994 prevede vari
incentivi alle pluriattività dei coltivatori
diretti conduttori di aziende agricole
ubicate nei comuni montani in deroga
alle vigenti leggi sugli appalti da enti
pubblici e da privati.
Con riguardo al comma 2, occorre
ricordare che la possibilità di attingere
agli albi regionali degli affidamenti a
trattativa privata – previsti dalle
disposizioni di cui dall’art. 7, comma 2,
d. lgs. 227/2001, all’art. 15 d.lgs.
228/2001 e all’art. 2, comma 134, della
legge 244/2007 - e limitata per i lavori
di importo fino a 150.000 euro,
tenendo conto della necessita che, per
i lavori superiori a 150.000 euro,
compresi i lavori forestali occorre il
possesso dell’attestazione SOA.
Il comma 4 è riprodotto dal d. lgs.
227/2001, art. 5, comma 3: “3. Per
favorire lo sviluppo ed una più
razionale gestione sostenibile delle
risorse forestali, le regioni, gli enti
locali e le associazioni agrarie
promuovono la costituzione o la
partecipazione ai consorzi forestali o
altre forme associative. Ai predetti
organismi possono partecipare, anche
ai fini di un miglior coordinamento della
gestione, soggetti privati, e le imprese
di cui all’art. 7, comma 1”. Gli articoli 1
propongono
alla
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, ai fini di un
accordo ai sensi dell'articolo 4 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, un programma quadro per il
settore forestale finalizzato a favorire
la gestione forestale sostenibile e a
valorizzare la multifunzionalità degli
ecosistemi forestali. Le azioni previste
dal programma quadro possono
accedere alle risorse di cui all'articolo
61 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, nei limiti definiti dal CIPE nella
deliberazione di cui allo stesso articolo
61, comma 3, della citata legge n. 289
del 2002.
2. Al fine di promuovere la crescita
delle imprese e qualificarne la
professionalità, le regioni istituiscono
elenchi o albi delle imprese per
l’esecuzione di lavori, opere o servizi
in ambito forestale e di difesa del
territorio di cui al comma 1 dell’articolo
22. Tali soggetti possono ottenere in
gestione
aree
silvo-pastorali
di
proprietà o possesso pubblico.
3. Le norme di cui all’articolo 17 della
legge 31 gennaio 1994, n. 97, sugli
incentivi alle pluriattività sono estese ai
soggetti di cui al comma 1 anche per
l’affidamento della gestione e per la
realizzazione di lavori, opere e servizi
in ambito forestale.
4. Per favorire lo sviluppo ed una più
razionale gestione sostenibile delle
risorse forestali, le regioni, gli enti
locali e le associazioni agrarie
promuovono la costituzione o la
partecipazione ai consorzi forestali o
altre forme associative. Ai predetti
organismi possono partecipare, anche
ai fini di un miglior coordinamento della
gestione, soggetti privati, e le imprese
iscritte negli elenchi o albi regionali di
cui al comma 1.
propongono
alla
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, ai fini di un
accordo ai sensi dell'articolo 4 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, un programma quadro per il
settore forestale finalizzato a favorire
la gestione forestale sostenibile e a
valorizzare la multifunzionalità degli
ecosistemi forestali. Le azioni previste
dal programma quadro possono
accedere alle risorse di cui all'articolo
61 della legge 27 dicembre 2002, n.
289, nei limiti definiti dal CIPE nella
deliberazione di cui allo stesso articolo
61, comma 3, della citata legge n. 289
del 2002.
2. Al fine di promuovere la crescita
delle imprese e qualificarne la
professionalità, le regioni istituiscono
elenchi o albi delle imprese per
l’esecuzione di lavori, opere o servizi
in ambito forestale e di difesa del
territorio di cui al comma 1 dell’articolo
26. Tali soggetti possono ottenere in
gestione
aree
silvo-pastorali
di
proprietà o possesso pubblico.
3. Le norme di cui all’articolo 17 della
legge 31 gennaio 1994, n. 97, sugli
incentivi alle pluriattività sono estese ai
soggetti di cui al comma 2 anche per
l’affidamento della gestione e per la
realizzazione di lavori, opere e servizi
in ambito forestale.
4. Per favorire lo sviluppo e una più
razionale gestione sostenibile delle
risorse forestali, le regioni, gli enti
locali e le associazioni agrarie e
forestali promuovono la costituzione o
la partecipazione ai consorzi forestali o
altre forme associative. Ai predetti
organismi possono partecipare, anche
ai fini di un miglior coordinamento della
gestione, soggetti privati, e le imprese
iscritte negli elenchi o albi regionali di
cui al comma 1.
57
e 3 non sono specificamente dedicati
all’argomento
delle
cooperative
forestali, ma per il richiamo alle “altre
forme associative” contenuto nel
comma 3 dell’art. 5, si è ritenuto
opportuno riportare gli articoli del
decreto 227/2001.
Si è suggerita l’aggiunta, nel comma 4, dell’aggettivo “forestali” ad “associazioni agrarie” (Conferenza Stato-Regioni:
riunione dell’8.1.2010). Per ragioni sistematiche il suggerimento va accolto; sicché il comma 4 dell’art.19 è stato
riformulato secondo il suggerimento.
Per il miglioramento del linguaggio
legislativo (e italiano) si è provveduto a
riprodurre
in
due
commi
le
disposizioni, peraltro separate, dell’art.
8 d.lgs. 227/2001 e dell’art. 2, comma
134, legge 244/ 2007. Il comma 1 è
riprodotto dall’art. 8 (Esercizio di
attività selvicolturali) d.lgs.18 maggio
2001, n.227 che così dispone. “Le
cooperative ed i loro consorzi che
forniscono in via principale, anche
nell'interesse di terzi, servizi nel
settore selvicolturale, ivi comprese le
sistemazioni idraulico-forestali, sono
equiparati agli imprenditori agricoli”. Il
riconoscimento dell’equiparazione è
già contenuto nell’art. 4 del presente
decreto legislativo di riordino.
Il comma 2 è riprodotto, con modesta
riformulazione per migliorarne la
forma, dall’art. 2, comma 134, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria per il 2008): “134. Le
cooperative e i loro consorzi di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 227, che abbiano
sede ed esercitino prevalentemente le
loro attività nei comuni montani e che,
conformemente alle disposizioni del
proprio statuto, esercitino attività di
sistemazione e manutenzione agraria,
forestale e, in genere, del territorio e
degli ambienti rurali, possono ricevere
in affidamento diretto, a condizione
che l’importo dei lavori o servizi non
sia superiore a 190.000 euro per anno,
dagli enti locali e dagli altri enti di
diritto pubblico, in deroga alle vigenti
disposizioni di legge e anche tramite
apposite convenzioni: a) lavori attinenti
alla valorizzazione e alla gestione e
manutenzione dell’ambiente e del
paesaggio, quali la forestazione, la
selvicoltura, il riassetto idrogeologico,
le opere di difesa e di consolidamento
del suolo, la sistemazione idraulica, le
opere e i servizi di bonifica e a verde;
b) servizi tecnici attinenti alla
realizzazione delle opere di cui alla
lettera a). Possono inoltre essere
affidati alle cooperative di produzione
agricolo-forestale i servizi tecnici, la
realizzazione e la gestione di impianti
ART. 22
(Cooperative forestali)
1. Le cooperative ed i loro consorzi
che forniscono in via principale, anche
nell'interesse di terzi, servizi nel
settore selvicolturale, ivi comprese le
sistemazioni idraulico-forestali, ove
abbiano
sede
ed
esercitino
prevalentemente le loro attività nei
comuni montani e, conformemente alle
disposizioni del proprio statuto,
esercitino attività di sistemazione e
manutenzione agraria, forestale e, in
genere, del territorio e degli ambienti
rurali, possono ricevere in affidamento
diretto, a condizione che l’importo dei
lavori o servizi non sia superiore a
150.000 euro per anno, dagli enti locali
e dagli altri enti di diritto pubblico, in
deroga alle vigenti disposizioni di
legge e anche tramite apposite
convenzioni:
a) lavori attinenti alla valorizzazione e
alla
gestione
e
manutenzione
dell’ambiente e del paesaggio, quali la
forestazione, la selvicoltura, il riassetto
idrogeologico, le opere di difesa e di
consolidamento
del
suolo,
la
sistemazione idraulica, le opere e i
servizi di bonifica e a verde;
b) servizi tecnici attinenti alla
realizzazione delle opere di cui alla
lettera a). Possono inoltre essere
affidati alle cooperative di produzione
agricolo-forestale i servizi tecnici, la
realizzazione e la gestione di impianti
di produzione di calore alimentati da
fonti rinnovabili di origine agricoloforestale.
Art. 26
(Cooperative forestali)
Sono
cooperative
forestali
le
cooperative e i loro consorzi che
forniscono in via principale, anche
nell'interesse di terzi, servizi nel
settore selvicolturale, ivi comprese le
sistemazioni idraulico-forestali, e come
tali sono equiparate agli imprenditori
agricoli.
Le cooperative di cui al comma 1, ove
abbiano
sede
ed
esercitino
prevalentemente le loro attività nei
comuni montani e, conformemente alle
disposizioni del proprio statuto,
esercitino attività di sistemazione e
manutenzione agraria, forestale e, in
genere, del territorio e degli ambienti
rurali, possono ricevere in affidamento
diretto, a condizione che l’importo dei
lavori o servizi non sia superiore a
190.000 euro per anno, dagli enti locali
e dagli altri enti di diritto pubblico, in
deroga alle vigenti disposizioni di
legge e anche tramite apposite
convenzioni:
a) lavori attinenti alla valorizzazione e
alla
gestione
e
manutenzione
dell’ambiente e del paesaggio, quali la
forestazione, la selvicoltura, il riassetto
idrogeologico, le opere di difesa e di
consolidamento
del
suolo,
la
sistemazione idraulica, le opere e i
servizi di bonifica e a verde;
b) servizi tecnici attinenti alla
realizzazione delle opere di cui alla
lettera a). Possono inoltre essere
affidati alle cooperative di produzione
agricolo-forestale i servizi tecnici, la
realizzazione e la gestione di impianti
di produzione di calore alimentati da
fonti rinnovabili di origine agricoloforestale.
58
di produzione di calore alimentati da
fonti rinnovabili di origine agricoloforestale.”
Lo sdoppiamento in due commi è stato suggerito anche dalla Confcooperative. Il miglioramento del linguaggio
legislativo, oltre che quello italiano, suggerisce non solo di riprodurre in due distinti commi le originarie disposizioni
dell’art. 8 d.lgs. 227/2001 e dell’art. 2, comma 134, della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008), ma altresì di
iniziare il comma 1 con l’incipit “Sono cooperative forestali ….”.
La cifra 150.000 euro per anno, esistente nell’originario art. 22 nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 viene riprodotta nel corretto ammontare di euro 190.000, così provvedendo a correggere il precedente
errore materiale.
Il comma 1 è riprodotto dalla fusione
del comma 1 e del comma 5 dell’art. 4
d.lgs. 228/2001. Art.4, comma 1, d.
lgs. 228/2001: «Gli imprenditori
agricoli, singoli o associati, iscritti nel
registro delle imprese di cui all'art. 8
della legge 29 dicembre 1993, n. 580,
possono vendere direttamente al
dettaglio, in tutto il territorio della
Repubblica, i prodotti provenienti in
misura prevalente dalle rispettive
aziende, osservate le disposizioni
vigenti in materia di igiene e sanità».
Art. 4 comma 5, d. leg. Vo 228/2001:
«La presente disciplina si applica
anche nel caso di vendita di prodotti
derivati, ottenuti a seguito di attività di
manipolazione o trasformazione dei
prodotti
agricoli
e
zootecnici,
finalizzate al completo sfruttamento del
ciclo produttivo».
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 4
comma 1, d. lgs. 99/2004: “1. La
disciplina amministrativa di cui all’art. 4
del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, si
applica anche agli enti e alle
associazioni che intendano vendere
direttamente prodotti agricoli. 2. All’art.
10, comma 8, legge 21 dicembre 1999
n. 526 è aggiunto, in fine, il seguente
periodo:
‘Gli
esercizi
di
somministrazione e di ristorazione
sono considerati consumatori finali”
[questo 2 comma dell’art. 4 del d. lgs.
99/2004 non viene riportato perché
attiene alla legge 21 dicembre 1999, n.
526 in materia di igiene dei prodotti
alimentari].
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 4
comma 7, d. lgs. 228/2001: «Alla
vendita diretta disciplinata dal presente
decreto legislativo continuano a non
applicarsi le disposizioni di cui al
decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114, in conformità a quanto stabilito
dall'articolo 4, comma 2, lettera d), del
medesimo decreto legislativo n. 114
del 1998».
Dato che il d.lgs. 114/1998 (la legge
nazionale sul commercio) è stato
superato/integrato dalle leggi regionali
sul commercio per la loro competenza
residuale, e dato che il principio
fondamentale del sistema statale è
Capo IX
Della vendita diretta di prodotti
agricoli
Capo IX
Della vendita diretta di prodotti
agricoli
Sezione I
Della vendita al dettaglio
Sezione I
Della vendita al dettaglio
Art. 23
(Esercizio dell'attività di vendita al
dettaglio)
1. Gli imprenditori agricoli, singoli o
associati, iscritti nel registro delle
imprese,
possono
vendere
direttamente al dettaglio, in tutto il
territorio della Repubblica, osservate le
disposizioni vigenti in materia di igiene
e sanità, i prodotti provenienti in
misura prevalente dalle rispettive
aziende, ivi inclusi i prodotti derivati,
ottenuti a seguito di attività di
manipolazione o trasformazione dei
prodotti agricoli aziendali e zootecnici,
finalizzate al completo sfruttamento del
ciclo produttivo dell'impresa.
2.La disciplina di cui alla presente
sezione si applica anche agli enti e alle
associazioni, che intendano vendere
direttamente prodotti agricoli.
3. Alla vendita diretta disciplinata dalla
presente sezione non si applicano le
disposizioni di cui al decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114. Egualmente
tale decreto legislativo non si applica
ai pescatori e alle loro cooperative,
nonché ai cacciatori, singoli o
associati, che vendano al pubblico, al
dettaglio, la cacciagione e i prodotti
ittici
provenienti
esclusivamente
dall'esercizio della loro attività, e a
coloro che esercitano la vendita dei
prodotti da essi direttamente e
legalmente raccolti su terreni soggetti
ad usi civici nell'esercizio dei diritti di
erbatico, di fungatico e di diritti similari.
4. Qualora l'ammontare dei ricavi
derivanti dalla vendita dei prodotti non
provenienti dalle rispettive aziende
nell'anno solare precedente sia
superiore a 160.000 euro per gli
imprenditori individuali ovvero a 4
milioni euro per le società, enti ed
associazioni,
si
applicano
le
disposizioni del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114.
5. In deroga alle disposizioni vigenti è
Art. 27
(Esercizio dell'attività di vendita al
dettaglio)
1. Gli imprenditori agricoli, singoli o
associati, iscritti nel registro delle
imprese,
possono
vendere
direttamente al dettaglio, in tutto il
territorio della Repubblica, osservate le
disposizioni vigenti in materia di igiene
e sanità, i prodotti provenienti in
misura prevalente dalle rispettive
aziende, ivi inclusi i prodotti derivati,
ottenuti a seguito di attività di
manipolazione o trasformazione dei
prodotti agricoli aziendali e zootecnici,
finalizzate al completo sfruttamento del
ciclo produttivo.
2.La disciplina di cui alla presente
sezione si applica anche agli enti e alle
associazioni che intendano vendere
direttamente prodotti agricoli.
3. Alla vendita diretta disciplinata dalla
presente sezione non si applicano le
disposizioni di cui al decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114, né quelle
delle leggi regionali sul commercio.
4. Qualora l'ammontare dei ricavi
derivanti dalla vendita dei prodotti non
provenienti dalle rispettive aziende
nell'anno solare precedente sia
superiore a 160.000 euro per gli
imprenditori individuali ovvero a 4
milioni euro per le società, enti ed
associazioni,
si
applicano
le
disposizioni del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114.
5. Per la vendita al dettaglio esercitata
su superfici all’aperto nell’ambito
dell’azienda agricola o di altre aree
private di cui gli imprenditori agricoli
abbiano disponibilità, non è richiesta la
comunicazione di inizio attività.
6. La vendita diretta che venga
esercitata nell’ambito dell’azienda
agricola è consentita anche nelle
giornate festive e domenicali, e non è
soggetta ai vincoli di orario fissati dai
regolamenti locali per la vendita delle
59
quello
dell’esclusione,
dalle
disposizioni sul commercio, della
vendita dei prodotti agricoli anche al
dettaglio, la formula proposta va
integrata con il richiamo (per
l’esclusione) anche alle leggi regionali
sul commercio.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. 4
comma 8, d. lgs. 228/2001: « Qualora
l'ammontare dei ricavi derivanti dalla
vendita dei prodotti non provenienti
dalle rispettive aziende nell'anno
solare precedente sia superiore a lire
80 milioni per gli imprenditori
individuali ovvero a lire 2 miliardi per le
società, si applicano le disposizioni del
citato decreto legislativo n. 114 del
1998». Le parole “enti ed associazioni”
sono aggiunte, a seguito della
disposizione dell’art. 4 comma 1 del d.
lgs. 99/2004 che dispone che ad enti
ed associazioni venga applicata la
medesima disciplina amministrativa
degli imprenditori agricoli in materia di
vendita diretta: dunque anch’essi sono
soggetti
al
limiti
economici
dell’ammontare dei ricavi. Gli importi
da 80 milioni di lire a 160.000 euro e
da 2 miliardi di lire a 4 milioni di euro
sono stati modificati dal comma 1064
dell’art. 1 legge 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007).
°Nello schema di decreto legislativo
approvato dal Consiglio dei Ministri
l’11 dicembre 2009 era riportato un
comma 5 che riproduceva l’art. 123,
comma 3ter, l. 388/2000: «In deroga
alle
disposizioni
vigenti
[probabilmente,
in
deroga
a
disposizioni sul commercio al dettaglio]
è consentita ai produttori di prodotti a
denominazione di origine protetta
(dop), a indicazione geografica
protetta (igp) e con attestazione di
specificità (as), di cui ai regolamenti
(CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92 del
Consiglio, del 14 luglio 1992, ivi
compresi i prodotti ammessi a tutela
provvisoria, la presentazione, la
degustazione e la vendita, anche per
via telematica, secondo disposizioni
emanate dalle regioni o dalle province
autonome. Al comma 8 dell'articolo 10
della legge 21 dicembre 1999, n. 526,
dopo le parole "la vendita diretta" sono
inserite le seguenti: "anche per via
telematica"».
La
formula
viene
soppressa perché sostanzialmente
ripetitiva di quanto viene riprodotto nel
successivo art. 30 del nuovo testo.
°Nello schema di decreto legislativo
approvato dal Consiglio dei Ministri
l’11 dicembre 2009 vi era un comma 6
che era riprodotto dal comma 1065
dell’art. 1 legge 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007): “Al fine di
promuovere lo sviluppo dei mercati
degli imprenditori agricoli a vendita
consentita ai produttori di prodotti a
denominazione di origine protetta
(DOP), a indicazione geografica
protetta (IGP) e con attestazione di
specialità tradizionale garantita (STG),
ivi compresi i prodotti ammessi a tutela
provvisoria, la presentazione, la
degustazione e la vendita anche per
via telematica, secondo disposizioni
emanate dalle regioni o dalle province
autonome.
6. Al fine di promuovere lo sviluppo dei
mercati degli imprenditori agricoli a
vendita diretta, con decreto del
Ministro
delle
politiche
agricole
alimentari e forestali di natura non
regolamentare,
d’intesa
con
la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono
stabiliti i requisiti uniformi e gli
standard per la realizzazione di detti
mercati, anche in riferimento alla
partecipazione
degli
imprenditori
agricoli, alle modalità di vendita e alla
trasparenza dei prezzi, nonché le
condizioni per poter beneficiare degli
interventi previsti dalla legislazione in
materia.
merci.
7. La vendita diretta dei prodotti
agricoli in forma itinerante è soggetta a
previa comunicazione allo Sportello
unico per le attività produttive (SUAP)
del Comune del luogo ove ha sede
l’azienda di produzione e può essere
effettuata decorsi trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione.
8. Qualora si intenda esercitare la
vendita diretta al dettaglio non in forma
itinerante su aree pubbliche o in locali
aperti al pubblico, la comunicazione è
indirizzata allo Sportello unico per le
attività produttive (SUAP) del Comune
del luogo in cui si intende esercitare la
vendita. Per la vendita al dettaglio su
aree pubbliche mediante l'utilizzo di un
posteggio, la comunicazione deve
contenere la richiesta di assegnazione
del posteggio medesimo, ai sensi
dell'articolo 28 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114 (92-quinquies).
9. La comunicazione di cui ai commi 6
e 7, oltre alle indicazioni delle
generalità
del
richiedente,
dell'iscrizione
nel
registro
delle
imprese e degli estremi di ubicazione
dell'azienda, deve contenere la
specificazione dei prodotti di cui si
intende praticare la vendita e delle
modalità con cui si intende effettuarla,
ivi compreso il commercio elettronico.
60
diretta, con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali
di natura non regolamentare, d’intesa
con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, da adottare entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono stabiliti i requisiti
uniformi e gli standard per la
realizzazione di detti mercati, anche in
riferimento alla partecipazione degli
imprenditori agricoli, alle modalità di
vendita e alla trasparenza dei prezzi,
nonché le condizioni per poter
beneficiare degli interventi previsti
dalla legislazione in materia”. Ora il
precedente comma 6 è divenuto
comma 5 del nuovo testo dell’art. 27.
Il comma 6 è un comma nuovo. Una
pronuncia della Corte di Cassazione
(Sez. III civ., n.1793 del 1999) ha
ritenuto
applicabile
anche
all’agricoltore che venda direttamente i
propri prodotti, la disposizione che
vieta la vendita domenicale e nei giorni
festivi. Tale pronuncia si pone in
contrasto con una sentenza del
Consiglio di Stato, n. 871/1980, che in
tema di vendita diretta, sanciva il
superamento «di ogni interpretazione
restrittiva, presupponente limitazioni,
anche temporali, […] tutte le volte che
le espressioni legislative possono
essere interpretate in modo da rendere
possibile la vendita, specie di prodotti
deperibili, in senso logico aggiuntiva
alla sfera dell’attività agricola, oltre gli
orari, i giorni e le modalità dei normali
esercizi commerciali del settore,
essendo il limite oggettivo costituito
dall’estrinseca natura e dimensione
dell’attività imprenditoriale agricola del
produttore». Anche considerando il
tenore dell’art. 4, comma 7, del d. lgs.
228/2001 e dell’art. 4, comma 2, lett,d)
del d. lgs n.114/1998, che escludono
espressamente
l’applicazione
all’imprenditore agricolo dell’intera
disciplina sul commercio prevista dal
d. lgs. 114/1998, tuttavia il caso di
specie sembra trattarsi di uno di quelli
in cui è opportuno utilizzare i poteri
che la delega concede per “chiarire il
significato di norme controverse”.
Il comma 7 è riprodotto dall’art. 4
comma 2 del d. lgs. 228/2001: «La
vendita diretta dei prodotti agricoli in
forma itinerante è soggetta a previa
comunicazione al comune del luogo
ove ha sede l'azienda di produzione e
può essere effettuata decorsi trenta
giorni
dal
ricevimento
della
comunicazione.» Il comma 4 del
medesimo articolo dispone che la
comunicazione deve essere indirizzata
al Sindaco del comune del luogo ove
si intende esercitare la vendita. Solo
61
per la prima ipotesi (art. 4 comma 2
del d. lgs. 228/2001: «La vendita
diretta … può essere effettuata decorsi
trenta giorni dal ricevimento della
comunicazione») vige la regola del
silenzio-assenso. Il Ministero della
salute ha fatto presente che la
comunicazione,
per
successiva
disposizione normativa, non va inviata
al Comune ma all’ASL. Ma la notizia
non è stata confermata; anzi è risultato
che la domanda debba essere
indirizzata al SUAP del comune
competente.
Il comma 8 è riprodotto dall’art. 4
comma 4, d. lgs. 228/2001:«Qualora si
intenda esercitare la vendita al
dettaglio non in forma itinerante su
aree pubbliche o in locali aperti al
pubblico,
la
comunicazione
è
indirizzata al sindaco del comune in
cui si intende esercitare la vendita. Per
la vendita al dettaglio su aree
pubbliche mediante l'utilizzo di un
posteggio la comunicazione deve
contenere la richiesta di assegnazione
del posteggio medesimo, ai sensi
dell'art. 28 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114». Per il posteggio
v. anche l’art. 28.
Il comma 9 è riprodotto dall’art. 4
comma 3, d. leg. Vo 228/2001:« La
comunicazione di cui al comma 2, oltre
alle indicazioni delle generalità del
richiedente, dell'iscrizione nel registro
delle imprese e degli estremi di
ubicazione
dell'azienda,
deve
contenere la specificazione dei prodotti
di cui s'intende praticare la vendita e
delle modalità con cui si intende
effettuarla, ivi compreso il commercio
elettronico».
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era riportato un articolo con la rubrica
“Promozione dello sviluppo della vendita diretta dei prodotti agricoli”). Si è suggerito di riportare le relative disposizioni,
che erano state delegificate, nel decreto legislativo (Commissione bicamerale per la semplificazione). Il suggerimento va
accolto, perché le disposizioni in un certo modo affrontano e regolano diritti soggettivi: la conseguenza è che il testo
dell’art. 23 è stato riformulato con l’aggiunta di altri sei commi. Di converso, le relative disposizioni, già comprese nell’art.
12 dello schema del nostro DPR, sono state soppresse.
Si chiede che si chiarisca, nel comma 1, il concetto di “prevalenza” di cui all’inciso “i prodotti provenienti in misura
prevalente dalle rispettive aziende” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010).
Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009
per i seguenti motivi: La legge delega non consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per
eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina
ha sollevato perplessità sulle parole “in misura prevalente”, dato che nel vigente sistema normativo italiano manca una
definizione unica ed univoca di “prodotti prevalenti” realizzati dall’imprenditore agricolo. Tale termine o il consimile
avverbio “prevalentemente” si trova anche nella definizione dell’art. 2135 c.c.; nell’art. 1, comma 423, della legge
finanziaria per il 2006; e nell’art. 3 del d.lgs. 154/2004 sulle attività connesse dei pescatori equiparati agli imprenditori
agricoli. Il fatto è, però, che allo stato, con riguardo alle disposizioni sopra citate, non risultano sentenze della Suprema
Corte sull’interpretazione dei termini “prevalente” o “prevalentemente”, sicché manca la ragione per essere “legittimati” a
chiarire normativamente la formula come consentirebbe la legge delega sui decreti legislativi di riordino e semplificazione
ogni qualvolta vi siano contrasti giurisprudenziali da risolvere, “scegliendo” l’interpretazione più consolidata. Non avendo
forza normativa le circolari 44/E del 15 novembre 2004 e 32/E del 6 luglio 2009 dell’Agenzia delle Entrate (che sembrano
riferire la prevalenza o a prodotti omogenei qualora i prodotti sono omogenei, o al valore dei beni se questi sono di
natura diversa: ad es. il profilo di una, sia pure ampia, omogeneità è tratto dalla interpretazione dell’attuale art. 32 del
Testo unico delle imposte dirette che, annoverando tra le attività connesse quelle “dirette alla manipolazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti
62
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati
con decreto biennale del Ministro dell’economia su proposta del MiPAAF”, richiama lo scopo del “miglioramento della
gamma di beni complessivamente offerti dall’impresa agricola, sempreché i beni acquistarti siano riconducibili al
comparto produttivo in cui opera l’imprenditore agricolo”) e, quindi, in difetto di una definizione normativa di valore
generale e non speciale come è quella fiscale, la questione rimane di interpretazione, che spetta e ancora spetterà
soltanto al giudice.
Si chiede di specificare, nel comma 2, a quali “enti e associazioni”, che intendano vendere direttamente prodotti
agricoli”, si applichi la disciplina delle vendite dirette da parte degli imprenditori agricoli singoli o associati (UPI-ANCI)
nella Conferenza Unificata Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema
approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti motivi: la legge delega non
consente di innovare le formulazioni delle norme originarie se non per eliminare duplicazioni e antinomie o per risolvere
contrasti giurisprudenziali. Nell’ipotesi di specie, finora solo la dottrina ha sollevato perplessità sulla detta disposizione il
cui significato resta oscuro. Invero delle due l’una: a) o si ritiene che la vendita diretta dei prodotti agricoli possa essere
operata da enti ed associazioni composti da produttori agricoli, ed in tal caso la norma sarebbe inutile e andrebbe
pertanto eliminata in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 3, della legge delega, che impone al legislatore delegato
di “eliminare le duplicazioni”; b) oppure si ritiene che la vendita diretta di prodotti agricoli da parte di enti ed associazioni
si riferisca ad enti ed associazioni non composte da produttori agricoli. In tal caso potrebbero beneficiare di queste
disposizioni tutti gli enti e le associazioni, dunque anche quelli non composti da produttori agricoli, quale ad esempio un
cd. “circolo culturale” (struttura dietro la quale notoriamente nelle grandi città vi sono celate iniziative commerciali per
evitare i vincoli determinati dalle norme sul commercio), ovvero un ente commerciale quale, a paradossale esempio, la
S.p.A. Autostrade. Sarebbe opportuno precisare che deve trattarsi di enti o associazioni, che vendono direttamente
prodotti agricoli ottenuti da imprenditori agricoli ad essi associati [e l’utilità della precisazione sarebbe quella di chiarire
l’ampia portata della formula “produttori agricoli singoli ed associati”, così da comprendere soggetti muniti di vera e
propria personalità giuridica distinta da quella degli associati, quali gli enti], tuttavia non si può che lasciare la formula
approvata dal Parlamento in mancanza di sentenze della Cassazione sull’interpretazione della formula. Si ricordi, infatti,
che i limiti dei poteri innovativi nella formulazione dei decreti legislativi di semplificazione non consentono di scegliere tra
le varie interpretazioni della dottrina, ma solo di “riprendere” e normativizzare lo jus receptum dalle superiori istanze
giurisdizionali.
Si chiede, quanto al comma 3, di: 1) di tenere conto della disposizione per la quale il d.lgs. 114/1998 sul commercio
non si applica più in diverse Regioni, sicché in esse vigono le leggi regionali sul commercio; 2) di tenere conto che lo
stesso d.lgs. 114/1998 dispone al comma 4, dell’art. 30, che esso “non si applica ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai
coloni i quali esercitino sulle aree pubbliche la vendita dei propri prodotti ai sensi della legge 9 febbraio 1963 n. 59 e
successive modificazioni, salvo che per le disposizioni relative alla concessione dei posteggi e alle soste per l’esercizio
dell’attività in forma itinerante”; 3) di far salve le disposizioni del d.lgs. 114/1998 che impongono l’obbligo di pubblicità dei
prezzi al pubblico; 4) di definire una disciplina sanzionatoria in caso di vendita diretta in forma itinerante o su aree
pubbliche senza la prescritta comunicazione (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010); 5) di
eliminare il richiamo alle vendite compiute dai cacciatori, pescatori ed esercenti diritti civici di erbatico e fungatico
(dossier di documentazione del Parlamento; Consiglio di Stato). Il primo suggerimento va accolto, sicché il comma 3 è
stato riformulato così: “Alla vendita diretta disciplinata dalla presente sezione non si applicano le disposizioni di cui al
decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, né quelle delle leggi regionali sul commercio”. Il comma 3 è stato, però, anche
riformulato con la soppressione dell’ultimo periodo, dato che – una volta che si è dichiarata l’inapplicabilità del d.lgs.
114/1998 alla vendita dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli, in un decreto di riordino e di semplificazione
delle normativa sull’attività agricola non ha senso richiamare l’art. 4 del suddetto d.lgs 114/1998 che dichiara inapplicabili
le norme sul commercio alla vendita dei prodotti da parte di cacciatori, pescatori e contitolari di terre civiche.
Quanto al secondo suggerimento si rileva che esso è divenuto superfluo, una volta rilegificate le disposizioni che in
precedenza erano state contenute nello schema del nostro DPR. Infatti, nel dossier di documentazione si è chiesta la
ragione dell’inserimento, nel testo del comma 3 del nostro schema, della lett. g), comma 2, dell’art. 4 del d.lgs.
114/1998, una volta che si è dichiarata l’inapplicabilità di tale d.lgs. alla vendita dei prodotti agricoli da parte degli
imprenditori agricoli. In effetti, è vero che i cacciatori, i pescatori e i contitolari delle terre civiche non sono, in quanto tali,
imprenditori agricoli: sicché l’inciso ben potrebbe essere eliminato. Poiché le stesse considerazioni sono espresse dal
Consiglio di Stato, nel punto 4.3 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 57), si è provveduto ad eliminare la
disposizione “contestata”. Giova comunque fare presente che l’inserzione era dovuta per opportunamente “rammentare”
che anche la vendita della cacciagione, dei pesci e dei prodotti delle terre civiche (cioè di “prodotti agricoli”) non è
soggetta alle leggi del commercio ma è assimilata alla vendita al dettaglio dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori
agricoli. Quanto al terzo suggerimento, si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal
Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo. Poiché è l’art. 14 del Codice del consumo che impone
l’obbligo di indicare il prezzo di vendita dei “prodotti offerti dai commercianti ai consumatori” e poiché - ancorché si usi
l’espressione “commerciante” – è da ritenersi che quando l’agricoltore vende su aree pubbliche o in forma itinerante i
suoi prodotti faccia attività di commercio, devesi concludere che, se è disposto che ai suoi atti di commercio non si
applichino le disposizioni del d.lgs. 114/1978 sul commercio, ovviamente ad essi è applicabile il diverso decreto
legislativo del 2006 sul Codice del consumo. Quanto al quarto suggerimento, si conferma la formula redatta nello
schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo. I limiti imposti
dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione non permettono di “aggiungere” al testo specifiche disposizioni
sanzionatorie non riprodotte nelle norme originarie. Quanto al quinto suggerimento, esso va accolto, cosicché dalla
formula del comma 3 come contenuta nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 viene eliminato il richiamo alle vendite compiute dai cacciatori, pescatori ed esercenti diritti civici di
erbatico e fungatico. Se l’eliminazione di tale richiamo è giustificata dal fatto che i soggetti considerati (cioè i cacciatori,
pescatori ed esercenti diritti civici di erbatico e fungatico) NON sono imprenditori agricoli che vendono i frutti della
63
rispettiva attività economica organizzata, la formula normativa che li riguarda VA ESCLUSA dall’elenco delle
abrogazioni.
Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 la Coldiretti ha contestato la sostanza e la forma del comma 6 sulla vendita
domenicali dei prodotti agricoli, osservando la contraddittorietà della disposizione rispetto a quanto disposto nel
precedente comma che esclude la vendita diretta dei prodotti agricoli sia dalla legge nazionale che dalle leggi regionali
sul commercio. Nel ribadire quanto già detto in ordine alla esistenza di due distinte pronunce giurisprudenziale (Cass.
1793/1999 e Cons. Stato 871/1980) una che considera vietate, l’altra che considera ammesse, le vendite domenicali
nell’ambito dell’azienda agricola, e quindi sull’opportunità di una disposizione specifica al riguardo che “tagli” ogni
possibile futura discussione, si osserva: a) che la formula esplicitamente vuole evitare che i diversi regolamenti
comunali possano introdurre limitazioni; b) che può ben essere accolta l’osservazione sull’utilizzo della parola “fondo” e,
quindi, sulla sua modifica in “azienda”.
A seguito di vari suggerimenti è apparso necessario sopprimere il comma (già) 5 perché sostanzialmente ripetitivo
delle formule del successivo art. 30.
ART. 13 DPR
Art. 28
(Disposizioni in materia di vendita
(Disposizioni in materia di vendita
dei prodotti agricoli e
dei prodotti agricoli e
agroalimentari)
agroalimentari)
1. Al fine di migliorare l'accesso ai 1. Al fine di migliorare l'accesso ai
mercati dei prodotti agricoli, freschi e mercati dei prodotti agricoli, freschi e
deperibili, tenendo conto degli interessi deperibili, tenendo conto degli interessi
dei consumatori, le intese di filiera di dei consumatori, le intese di filiera di
cui all'articolo 9 del decreto legislativo cui all'articolo 9 del decreto legislativo
27 maggio 2005, n. 102, definiscono 27 maggio 2005, n. 102, definiscono
azioni per consentire che nelle grandi azioni per consentire che nelle grandi
strutture di vendita e nei centri strutture di vendita e nei centri
commerciali di cui all'articolo 4 del commerciali di cui all'articolo 4 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114, in cui si esercita anche attività di 114, in cui si esercita anche attività di
vendita di prodotti agricoli, siano posti vendita di prodotti agricoli, siano posti
in vendita prodotti provenienti dalle in vendita prodotti provenienti dalle
aziende agricole ubicate nel territorio aziende agricole ubicate nel territorio
delle regioni in cui operano le predette delle regioni in cui operano le predette
strutture, in una congrua percentuale, strutture, in una congrua percentuale,
in termini di valore, della produzione in termini di valore, della produzione
agricola annualmente acquistata.
agricola annualmente acquistata.
2. A favore delle strutture che 2. A favore delle strutture che
rispettino quanto stabilito dalle intese rispettino quanto stabilito dalle intese
di filiera in attuazione del comma 1, di filiera in attuazione del comma 1,
possono essere applicati gli incentivi di possono essere applicati gli incentivi di
cui all'articolo 14 del decreto legislativo cui all'articolo 14 del decreto legislativo
27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito 27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito
delle risorse disponibili e senza nuovi delle risorse disponibili e senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
pubblica.
3. Il comune, sulla base delle 3. Il comune, sulla base delle
disposizioni emanate dalla regione, disposizioni emanate dalla regione,
stabilisce l'ampiezza complessiva delle stabilisce l'ampiezza complessiva delle
aree
da
destinare
all'esercizio aree
da
destinare
all'esercizio
dell'attività, nonché le modalità di dell'attività, nonché le modalità di
assegnazione dei posteggi, la loro assegnazione dei posteggi, la loro
superficie e i criteri di assegnazione superficie e i criteri di assegnazione
delle aree riservate, in misura congrua delle aree riservate, in misura congrua
sul totale, agli imprenditori agricoli che sul totale, agli imprenditori agricoli che
esercitano la vendita diretta ai sensi esercitano la vendita diretta.
dell’articolo 15 del decreto legislativo
di riordino sulla materia dell’agricoltura
Nello schema del connesso DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009 erano riportati due articoli, uno
rubricato “Disciplina amministrativa” (che era riprodotto dall’art. 2-quinqies del d.l. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito in
legge 11 marzo 2006 n. 8, dall’art. 4, commi 2, 3 e 4 del d.lgs. 228/2001 e dall’art. 2-bis, comma 3, del d.l. 9 settembre
2005, n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005, n. 231), l’altro, rubricato “Disposizioni in materia di venditi dei
prodotti agricoli e agroalimentari” come riprodotto dall’art. 2bis d.l. 9 settembre 2005, n. 182, come introdotto dalla legge
di conversione 11 novembre 2005, n. 231, del seguente tenore: “Art. 2-bis (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti
agricoli e agroalimentari). 1. Al fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili, tenendo
conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102,
definiscono azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali di cui all'articolo 4 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti in
64
vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette strutture, in
una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata. // 2. A favore delle
strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati gli
incentivi di cui all'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 102 del 2005, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. // 3. All'articolo 28, comma 15, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce
l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei
posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori
agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228”.
Poiché il decreto ministeriale è, al momento, il DM 20 novembre 2007 (come ricorda anche il Consiglio di Stato nel punto
4.3 del suo parere del 24 febbraio 2010, alla pag. 57) e poiché la norma sembrava avere una sostanza regolamentare, la
disposizione era stata “trasferita” nello schema del parallelo DPR. Ma il Consiglio di Stato, nel suo parere del 24 febbraio
2010 (punto 9, pagg. 76-77), espone osservazioni su eventuali “innovazioni” e sul contenuto dell’articolo rubricato
“Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari” e dell’articolo rubricato “Disciplina
amministrativa” riportati nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2010), senza esprimere
giudizi sull’operata delegificazione. Tuttavia, anche con riferimento a quanto suggerisce la Commissione bicamerale per
la semplificazione in ordine alla necessità di riportare nel testo del decreto legislativo la disposizione sulla “disciplina
amministrativa” della vendita dei prodotti agricoli, entrambe le dette disposizioni vengono riportate nello schema di
decreto legislativo.
Norma riprodotta dall’art. 4 comma 6,
d. lgs. 228/2001: «Non possono
esercitare l'attività di vendita diretta gli
imprenditori agricoli, singoli o soci di
società di persone e le persone
giuridiche i cui amministratori abbiano
riportato,
nell'espletamento
delle
funzioni connesse alla carica ricoperta
nella società, condanne con sentenza
passata in giudicato, per delitti in
materia di igiene e sanità o di frode
nella preparazione degli alimenti nel
quinquennio
precedente
all'inizio
dell'esercizio dell'attività. Il divieto ha
efficacia per un periodo di cinque anni
dal passaggio in giudicato della
sentenza di condanna.». Si sono
aggiunte
le
parole
“enti
ed
associazioni”
a
seguito
della
introduzione della disposizione di cui
all’art. 4, comma 1, d.lgs. 99/2004,
riportato al comma 2 del precedente
art. 27.
Art. 24
(Impedimenti allo svolgimento
dell’attività di vendita diretta di
prodotti agricoli)
1. Non possono esercitare l'attività di
vendita diretta gli imprenditori agricoli,
singoli o soci di società di persone, e
le persone giuridiche, enti ed
associazioni i cui amministratori
abbiano riportato, nell'espletamento
delle funzioni connesse alla carica
ricoperta, condanne con sentenza
passata in giudicato, per delitti in
materia di igiene e sanità o di frode
nella preparazione degli alimenti nel
quinquennio
precedente
all'inizio
dell'esercizio dell'attività.
2. Il divieto ha efficacia per un periodo
di cinque anni dal passaggio in
giudicato della sentenza di condanna.
Art. 29
(Impedimenti allo svolgimento
dell’attività di vendita diretta di
prodotti agricoli)
1. Non possono esercitare l'attività di
vendita diretta gli imprenditori agricoli,
singoli o soci di società di persone, e
le persone giuridiche, enti ed
associazioni i cui amministratori
abbiano riportato, nell'espletamento
delle funzioni connesse alla carica
ricoperta, condanne con sentenza
passata in giudicato, per delitti in
materia di igiene e sanità o di frode
nella preparazione degli alimenti nel
quinquennio
precedente
all'inizio
dell'esercizio dell'attività.
2. Il divieto ha efficacia per un periodo
di cinque anni dal passaggio in
giudicato della sentenza di condanna.
Si suggerisce di chiarire perché mai si colpiscono solo gli amministratori che commettono gli elencati reati
“nell’espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta” (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del
19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione
impongono di non innovare i testi delle norme originarie.
Riprodotto dall’art. 30 d.lgs. 228/01:
“30. Adeguamento delle borse merci.
1. Le contrattazioni delle merci e delle
derrate di cui alla legge 20 marzo
1913,
n.
272,
e
successive
modificazioni, sono svolte anche
attraverso strumenti informatici o per
via telematica. // 2. Al fine di rendere
uniformi le modalità di gestione, di
vigilanza
e
di
accesso
alle
negoziazioni telematiche, le camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura adottano, durante un
periodo sperimentale di dodici mesi,
Sezione II
Della vendita per via telematica
Sezione II
Della vendita per via telematica
Art. 25
(Adeguamento delle borse merci)
1. Le contrattazioni delle merci e delle
derrate agricole sono svolte anche
attraverso strumenti informatici o per
via telematica.
2. Al fine di rendere uniformi le
modalità di gestione, di vigilanza e di
accesso alle negoziazioni telematiche,
le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura adottano,
durante un periodo sperimentale di
Art. 30
(Adeguamento delle borse merci)
1. Le contrattazioni delle merci e delle
derrate agricole sono svolte anche
attraverso strumenti informatici o per
via telematica.
2. Al fine di rendere uniformi le
modalità di gestione, di vigilanza e di
accesso alle negoziazioni telematiche,
le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura adottano,
durante un periodo sperimentale di
65
apposite norme tecniche, in conformità
a quanto stabilito dal decreto del
Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato 20 dicembre 2000,
idonee a consentire l'accesso alle
contrattazioni, anche da postazioni
remote, ad una unica piattaforma
telematica. // 3. Con riferimento ai
prodotti elencati nell'Allegato I del
Trattato istitutivo della Comunità
europea, negli Allegati I e II del
regolamento (CEE) n. 2081/1992 del
14 luglio 1992, del Consiglio, come
modificato dal regolamento (CE) n.
692/2003 dell'8 aprile 2003, del
Consiglio, ed agli altri prodotti
qualificati
agricoli
dal
diritto
comunitario, anche ai fini dell'uniforme
classificazione
merceologica,
con
regolamento del Ministro delle politiche
agricole e forestali sono disciplinate le
modalità di attuazione di quanto
previsto dal comma 1. // 4. Fino
all'entrata in vigore del regolamento di
cui al comma 3, i risultati in termini di
prezzi di riferimento e di quantità delle
merci e delle derrate negoziate in via
telematica
sono
oggetto
di
comunicazione, da parte delle società
di gestione, alle Deputazioni delle
Borse merci, nonché di pubblicazione
nel bollettino ufficiale dei prezzi, edito
dalle camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura. // 5. Dalla
data di entrata in vigore del
regolamento di cui al comma 3 le
norme della legge 20 marzo 1913, n.
272, cessano di avere applicazione nei
confronti delle contrattazioni dei
prodotti
fungibili
agricoli,
agroindustriali, ittici e tipici.”. Non è
riportato il comma 4 perché ormai
superato. Il Reg. 2081/92 è stato
sostituito dal Reg. 510/2006.
dodici mesi, apposite norme tecniche,
in conformità a quanto stabilito dal
decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato in data 20
dicembre 2000, idonee a consentire
l'accesso alle contrattazioni, anche da
postazioni remote, ad una unica
piattaforma telematica.
3. Con riferimento ai prodotti elencati
nell'Allegato I del Trattato istitutivo
della Comunità europea, negli Allegati
I e II del regolamento (CE) n. 510/2006
del 20 marzo 2006, e successive
modificazioni, ed agli altri prodotti
qualificati
agricoli
dal
diritto
comunitario, anche ai fini dell'uniforme
classificazione
merceologica,
con
regolamento del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali sono
disciplinate le modalità di attuazione di
quanto previsto dal comma 1.
dodici mesi, apposite norme tecniche,
in conformità a quanto stabilito dal
decreto del Ministro dello sviluppo
economico, idonee a consentire
l'accesso alle contrattazioni, anche da
postazioni remote, ad una unica
piattaforma telematica.
3. Con riferimento ai prodotti elencati
nell'Allegato I del Trattato istitutivo
della Comunità europea, negli Allegati
I e II del regolamento (CE) n. 510/2006
del 20 marzo 2006, e successive
modificazioni, ed agli altri prodotti
qualificati agricoli dal diritto dell’Unione
europea, anche ai fini dell'uniforme
classificazione
merceologica,
con
regolamento del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali sono
disciplinate le modalità di attuazione di
quanto previsto dal comma 1.
E’ oltremodo opportuno eliminare, dal comma 2, il richiamo al decreto ministeriale del 20.12.2000, che potrebbe
“ingessare” la norma, lasciando, quindi, generico il richiamo ad un decreto ministeriale. Ed infatti, il vigente decreto
ministeriale di cui al comma 3 è, ora, il DM 6 aprile 2006, n. 174.
Le disposizioni sul SIAN e sulla
Capo X
connessa anagrafe delle imprese
Del Sistema informativo
agricole sono state oggetto della legge
agricolo nazionale (SIAN) e
194/1984, del d.lgs. 173/1998, del
della Carta dell’agricoltore
d.lgs. 99/2004 e del DPR 503/1999.
I commi 1-5 del nuovo art. 31 sono
riprodotti dall’art. 15 d. lgs. 173/1998:
Sezione I
«1. Il SIAN, quale strumento per
Del Sistema informativo
l'esercizio delle funzioni di cui al
decreto legislativo 4 giugno 1997, n.
Art. 26
143 [e successive modificazioni e
(Il sistema informativo agricolo
integrazioni], ha caratteristiche unitarie
nazionale)
ed integrate su base nazionale e si
1. La realizzazione e gestione del
avvale dei servizi di interoperabilità e
Sistema informativo agricolo nazionale
delle architetture di cooperazione
(SIAN), ai fini dell’esercizio delle
previste dal progetto della rete unitaria
competenze statali in materia di
Capo X
Del Sistema informativo
agricolo nazionale (SIAN
Sezione I
Del Sistema informativo
Art. 31
(Il sistema informativo agricolo
nazionale)
Il SIAN, quale strumento per l’esercizio
delle funzioni informative e statistiche
e delle altre funzioni ad esso attribuite
dalla legge, ha caratteristiche unitarie
ed integrate su base nazionale e si
avvale dei servizi di interoperabilità e
66
della pubblica amministrazione. Il
Ministero per le politiche agricole e gli
enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le
regioni e gli enti locali, nonché le altre
amministrazioni pubbliche operanti a
qualsiasi titolo nel comparto agricolo e
agroalimentare, hanno l'obbligo di
avvalersi
dei
servizi
messi
a
disposizione dal SIAN, intesi quali
servizi di interesse pubblico, anche per
quanto concerne le informazioni
derivanti
dall'esercizio
delle
competenze regionali e degli enti locali
nelle materie agricole, forestali ed
agroalimentari.
Il
SIAN
è
interconnesso, in particolare, con
l'Anagrafe tributaria del Ministero delle
finanze, i nuclei antifrode specializzati
della Guardia di finanza e dell'Arma
dei carabinieri, l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, le camere di
commercio, industria ed artigianato,
secondo quanto definito dal comma 4.
// 2. Il SIAN, istituito con legge 4
giugno 1984, n. 194, è unificato con i
sistemi informativi di cui all'articolo 24,
comma 3, della legge 31 gennaio
1994, n. 97, e all'articolo 1 della legge
28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con
i sistemi informativi regionali. Allo
stesso è trasferito l'insieme delle
strutture organizzative, dei beni, delle
banche dati, delle risorse hardware,
software e di rete dei sistemi di cui
all'articolo 01 della legge 28 marzo
1997,
n.
81,
senza
oneri
amministrativi. In attuazione della
normativa
comunitaria,
il
SIAN
assicura, garantendo la necessaria
riservatezza delle informazioni, nonché
l'uniformità su base nazionale dei
controlli obbligatori, i servizi necessari
alla gestione, da parte degli organismi
pagatori e delle regioni e degli enti
locali, degli adempimenti derivanti
dalla
politica
agricola
comune,
connessi alla gestione dei regimi di
intervento nei diversi settori produttivi
ivi inclusi i servizi per la gestione e
l'aggiornamento degli schedari oleicolo
e viticolo. // 3. Il SIAN è interconnesso
con i sistemi informativi delle camere
di commercio, industria, artigianato e
agricoltura, al fine di fornire all'ufficio
del registro delle imprese, di cui
all'articolo 2 del decreto del Presidente
della Repubblica 7 dicembre 1995, n.
581, gli elementi informativi necessari
alla costituzione ed aggiornamento del
Repertorio economico amministrativo
(REA). Con i medesimi regolamenti, di
cui all'articolo 14, comma 3, sono
altresì definite le modalità di fornitura
al SIAN da parte delle camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura, delle informazioni relative
alle
imprese
del
comparto
agroalimentare. // 4. Con apposita
indirizzo e coordinamento delle attività
agricole e della conseguente necessità
di acquisire e verificare tutti i dati
relativi al settore agricolo nazionale da
parte del Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali, avviene
in base ai criteri e secondo le direttive
fissate
dal
Ministro
medesimo,
attraverso la stipula di una o più
convenzioni con società a prevalente
partecipazione statale, anche indiretta.
Dette convenzioni, aventi durata non
superiore a cinque anni, sono
stipulate, e le relative spese sono
eseguite, anche in deroga alle norme
sulla contabilità dello stato, con
esclusione di ogni forma di gestione
fuori bilancio.
2. L’AGEA, nell’ambito delle ordinarie
dotazioni di bilancio, costituisce una
società a capitale misto pubblicoprivato, con partecipazione pubblica
maggioritaria nel limite massimo pari a
1,2 milioni di euro nell’ambito delle
predette dotazioni di bilancio, alla
quale affidare la gestione e lo sviluppo
del SIAN. La scelta del socio privato
avviene mediante l’espletamento di
una procedura ad evidenza pubblica ai
sensi del decreto legislativo 17 marzo
1995,
n.
157,
e
successive
modificazioni.
Dall’attuazione
del
presente comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato.
delle architetture di cooperazione
previste dal progetto della rete unitaria
della pubblica amministrazione. Il
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali e gli enti e le
agenzie dallo stesso vigilati, le regioni
e gli enti locali, nonché le altre
amministrazioni pubbliche operanti a
qualsiasi titolo nel comparto agricolo e
agroalimentare, hanno l'obbligo di
avvalersi
dei
servizi
messi
a
disposizione dal SIAN, intesi quali
servizi di interesse pubblico, anche per
quanto concerne le informazioni
derivanti
dall'esercizio
delle
competenze regionali e degli enti locali
nelle materie agricole, forestali ed
agroalimentari.
Il
SIAN
è
interconnesso, in particolare, con
l'Anagrafe tributaria del Ministero delle
finanze, i nuclei antifrode specializzati
della Guardia di finanza e dell'Arma
dei carabinieri, l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, le camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura, secondo quanto definito
dal comma 4.
2. Il SIAN è unificato con il Sistema
informativo della montagna e con i
sistemi informativi di cui all'articolo 01
della legge 28 marzo 1997, n. 81, di
conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 31 gennaio 1997, n. 11,
ed integrato con i sistemi informativi
regionali. Allo stesso è trasferito
l'insieme delle strutture organizzative,
dei beni, delle banche dati, delle
risorse hardware, software e di rete dei
sistemi di cui all'articolo 01 della legge
28 marzo 1997, n. 81, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge
31 gennaio 1997, n. 11, senza oneri
amministrativi. In attuazione della
normativa
comunitaria,
il
SIAN
assicura, garantendo la necessaria
riservatezza delle informazioni, nonché
l'uniformità su base nazionale dei
controlli obbligatori, i servizi necessari
alla gestione, da parte degli organismi
pagatori e delle regioni e degli enti
locali, degli adempimenti derivanti
dalla
politica
agricola
comune,
connessi alla gestione dei regimi di
intervento nei diversi settori produttivi
ivi inclusi i servizi per la gestione e
l'aggiornamento degli schedari oleicolo
e viticolo.
3. Il SIAN è interconnesso con i
sistemi informativi delle camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura, al fine di fornire all'ufficio
del registro delle imprese gli elementi
informativi necessari alla costituzione
ed aggiornamento del Repertorio
economico amministrativo (REA). Con
regolamenti
adottati
ai
sensi
dell’articolo 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono definite le modalità
67
convenzione le amministrazioni di cui
ai commi precedenti definiscono i
termini e le modalità tecniche per lo
scambio dei dati, attraverso l'adozione
di un protocollo di interscambio dati. Il
sistema automatico di interscambio dei
dati è attuato secondo modalità in
grado di assicurare la salvaguardia dei
dati personali e la certezza delle
operazioni
effettuate,
garantendo
altresì
il
trasferimento
delle
informazioni in ambienti operativi
eterogenei, nel pieno rispetto della
pariteticità dei soggetti coinvolti. // 5.
Lo scambio di dati tra i sistemi
informativi di cui al presente articolo,
finalizzato al perseguimento delle
funzioni istituzionali nelle pubbliche
amministrazioni
interessate,
non
costituisce violazione del segreto
d'ufficio. // 6. All'onere derivante
dall'attuazione del presente articolo si
farà fronte nei limiti delle autorizzazioni
di spesa all'uopo recate da appositi
provvedimenti legislativi”.
Si sono aggiunte formule migliorative o
inclusione di sistemi, come quello sulla
montagna, già operativi.
Il comma 6 è riprodotto dall’art. 15
commi 1 e 2 legge 194/1984, che
viene riformulato sotto il profilo
letterale dato che il MiPAAF ha già
“impiantato”
il
SIAN:
«Ai
fini
dell'esercizio delle competenze statali
in materia di indirizzo e coordinamento
delle
attività
agricole
e
della
conseguente necessità di acquisire e
verificare tutti i dati relativi al settore
agricolo nazionale, il ministro della
agricoltura e delle foreste è autorizzato
all'impianto di un sistema informativo
agricolo nazionale attraverso la stipula
di una o più convenzioni con società a
prevalente partecipazione statale,
anche indiretta, per la realizzazione,
messa in funzione ed eventuale
gestione temporanea di tale sistema
informativo in base ai criteri e secondo
le direttive fissate dal ministro
medesimo. // 2. Le convenzioni di cui
al precedente comma, aventi durata
non superiore a cinque anni, sono
stipulate, e le relative spese sono
eseguite, anche in deroga alle norme
sulla contabilità dello stato ed
all'articolo 14 della legge 28 settembre
1942, n. 1140, con esclusione di ogni
forma di gestione fuori bilancio. Per i
fini di cui al precedente primo comma
è autorizzata, per il triennio 19841986, la spesa di lire 6 miliardi in
ragione di lire 2 miliardi per ciascuno
degli anni dal 1984 al 1986». Il
richiamo, da parte dell’originario art. 15
della legge 194/1984, all’art. 14 legge
28 settembre 1942 n. 1140, è da
ritenersi soppresso perché il detto
art.14 della legge 1140/1942 è stato
di fornitura al SIAN da parte delle
camere di commercio, industria,
artigianato
e
agricoltura,
delle
informazioni relative alle imprese del
comparto agroalimentare.
4. Con apposita convenzione le
amministrazioni di cui ai commi da 1 a
3 definiscono i termini e le modalità
tecniche per lo scambio dei dati,
attraverso l'adozione di un protocollo di
interscambio
dati.
Il
sistema
automatico di interscambio dei dati è
attuato secondo modalità in grado di
assicurare la salvaguardia dei dati
personali e la certezza delle operazioni
effettuate,
garantendo
altresì
il
trasferimento delle informazioni in
ambienti operativi eterogenei, nel
pieno rispetto della pariteticità dei
soggetti coinvolti.
5. Lo scambio di dati tra i sistemi
informativi di cui al presente articolo,
finalizzato al perseguimento delle
funzioni istituzionali nelle pubbliche
amministrazioni
interessate,
non
costituisce violazione del segreto
d'ufficio.
6. (già comma 1) D’intesa con la
Conferenza Stato-Regioni e province
autonome, il Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali attua il
Sistema
informativo
agricolo
nazionale, anche attraverso la stipula
di una o più convenzioni con società a
prevalente partecipazione statale,
anche indiretta, per la realizzazione,
messa in funzione ed eventuale
gestione temporanea di tale sistema
informativo. Dette convenzioni, aventi
durata non superiore a cinque anni,
sono stipulate, e le relative spese sono
eseguite, anche in deroga alle norme
sulla contabilità dello Stato, con
esclusione di ogni forma di gestione
fuori bilancio.
7. (già comma 2) L’AGEA, nell’ambito
delle ordinarie dotazioni di bilancio,
costituisce una società a capitale misto
pubblico-privato, con partecipazione
pubblica maggioritaria nel limite
massimo pari a 1,2 milioni di euro
nell’ambito delle predette dotazioni di
bilancio, alla quale affidare la gestione
e lo sviluppo del SIAN. La scelta del
socio privato avviene mediante
l’espletamento di una procedura ad
evidenza pubblica ai sensi del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
68
abrogato dal comma 1, secondo
capoverso, dell’art. 256 del d.lgs. 12
aprile 2006, n. 163.
Il comma 7 è riprodotto dall’art. 4 d. l.
9 settembre 2005 n. 182, convertito in
legge 11 novembre 2005 n. 231:
“All’art. 14 d. lgs. 29 marzo 2004, n.
99, dopo il comma 10 è inserito il
seguente: “10-bis. L’AGEA, nell’ambito
delle ordinarie dotazioni di bilancio,
costituisce una società a capitale misto
pubblico-privato, con partecipazione
pubblica maggioritaria nel limite
massimo pari a 1,2 milioni di euro
nell’ambito delle predette dotazioni di
bilancio, alla quale affidare la gestione
e lo sviluppo del SIAN. La scelta del
socio privato avviene mediante
l’espletamento di una procedura ad
evidenza pubblica ai sensi del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e
successive
modificazioni.
Dall’attuazione del presente articolo
non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico del bilancio dello Stato”.
L’ultimo inciso è stato eliminato dal
testo, perché il presente decreto
legislativo contiene l’art. 132 quale
norma fiscale. Il richiamo al d.lgs.
157/1995 è, ora, al d.lgs. 12 aprile
2006, n. 163, sul codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture.
Le disposizioni dei d.lgs. 173/1998 e 99/2004 sul “carattere” di strumento unitario e integrato del SIAN che di primo
acchito appaiono avere una natura più regolamentare che legislativa – per cui si era ritenuto che potessero essere
riprodotte nel DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino e semplificazione – melius re perpensa e anche a
seguito del parere del Consiglio di Stato del 24 febbraio 2010 (punto 4.4, pagg. 57-61) sono state riprodotte nel presente
decreto legislativo. Trattasi, più specificamente, delle disposizioni su “Servizi di interoperabilità” e sulle “Modalità di
accesso alle informazioni contenute nel SIAN”. Egualmente si era ritenuto che potessero essere delegificate e, quindi,
inserite nel DPR attuativo del presente decreto legislativo di riordino della materia agricoltura, alcune le disposizioni del
d.lgs. 99/2004 sulla Carta dell’agricoltore, perché si trattava, sostanzialmente, di norme “attuative” delle modalità di
redazione e integrazione della detta Carta o del collegato fascicolo aziendale. Lo scopo della proposta delegificazione è
quello di “eliminare” l’attuale ingessatura delle disposizioni che non consentono facili modifiche regolamentari. Sempre
melius re perpensa si sono lasciate nel DPR soltanto alcune disposizioni in ordine all’integrazione e all’aggiornamento
del fascicolo aziendale, mentre sono state riportate nel testo legislativo la disposizione sulla realizzazione della Carta
dell’agricoltore.
Quanto, poi, alle disposizioni del DPR 503/1999, esse sono quasi tutte riprodotte nel DPR attuativo del presente
decreto legislativo di riordino della materia agricoltura, ad eccezione di quelle, relative all’anagrafe delle imprese
agricole, che hanno per oggetto l’utilizzazione, nei rapporti con la P.A., del codice unico di identificazione e che
riguardano il significato di “unità tecnico-econoliche” dell’azienda agricola. Proprio per il loro oggetto non dovrebbe
essere richiesta una copertura finanziaria. Soltanto queste, dunque, sono state legificate.
Come si è detto, a seguito delle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato al punto 4.4 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pagg. 57-61) le disposizioni che, nonostante fossero state riprodotte dai d.lgs. 173/1998 e 99/2004, erano
state riportate nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009, sono ora state rimesse
nello schema del presente decreto legislativo. Di conseguenza, si è ritenuto opportuna la riformulazione della rubrica del
Capo X.
Inoltre, si chiede che il testo del comma 1 [ora comma 6] del nuovo testo proposto sia diversamente formulato, perché
è venuto meno il potere di indirizzo e di coordinamento da parte dello Stato (Conferenza Stato-Regioni dell’8.1.2010;
Consiglio di Stato). L’osservazione del Consiglio di Stato è contenuta nel punto 4.4. del suo parere del 24 febbraio 2010.
Il suggerimento va accolto, sicché l’attuale comma 6 (già comma 1) è stato riformulato ex novo, nel senso che, escluso il
richiamo al potere di indirizzo e coordinamento, ciò che resta possibile è l’intesa tra Stato e Regioni.
Si suggerisce di sopprimere l’ultimo periodo dell’originario comma 2 come approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11
dicembre 2009, secondo il quale dall’attuazione del comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto perché lo schema del nostro
decreto legislativo di riordino e di semplificazione contiene l’articolo (ora) 123 come norma fiscale.
69
Si è ritenuto necessario sostituire il
termine “azienda” con “impresa”, al
fine di avere una norma coerente con il
sistema del codice civile. Si ricorda
che, per il nostro diritto, il termine
“impresa” presenta un richiamo ad un
soggetto (l’imprenditore), mentre il
termina “azienda” si richiama a
qualcosa di oggettivo, essendo – per
l’art. 2555 c.c. – un complesso di beni
organizzato dall’imprenditore. Nella
specie, poi, si noti che l’art. 1 del d.p.r.
503/99 nel comma 2 individua il codice
fiscale quale codice unico di
identificazione, per cui il rinvio è da
interpretarsi al concetto di impresa e
non a quello di azienda, stante la
possibilità di avere più aziende
dislocate in diversi luoghi, ma un'unica
impresa alla quale si riferisce il codice
fiscale.
Sicché,
pur
lasciando
l’acronimo CUAA si sostituisce con
“impresa” la parola “azienda”, salvo
quando il termine si riferisca al
complesso aziendale organizzato.
I commi 1 e 2 erano originariamente
regolamentari e qui vengono
legificati. Il comma 2 è riprodotto
dall’art. 1, commi 1 e 2 del DPR
503/1999: “1. L'anagrafe delle aziende
agricole, di seguito denominata
anagrafe, istituita ai sensi dell'articolo
14, comma 3, del decreto legislativo
30 aprile 1998, n. 173, all'interno del
Sistema informativo agricolo nazionale
(SIAN), integrato con i sistemi
informativi regionali, raccoglie le
notizie relative ai soggetti pubblici e
privati, identificati dal codice fiscale,
esercenti
attività
agricola,
agroalimentare, forestale e della
pesca, che intrattengano a qualsiasi
titolo rapporti con la pubblica
amministrazione centrale o locale, di
seguito denominati "aziende". // 2.Il
codice fiscale costituisce il codice
unico di identificazione aziende
agricole, di seguito CUAA. Il CUAA
deve essere utilizzato in tutti i rapporti
con la pubblica amministrazione”.
La parte finale del comma 2 è
riprodotta dall’art. 13 comma 3 d. lgs.
99/2004:
“Il
codice
unico
di
identificazione aziende agricole, di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 503 del
1999, costituisce sistema unico di
identificazione di ciascun soggetto che
esercita attività agricola anche ai sensi
all'articolo 18, paragrafo 1, lettera f),
del regolamento (CE) n. 1782/2003”. Il
regolamento 1782/2003 è stato
abrogato dal regolamento 73/2009: ma
conviene eliminare qualsiasi richiamo
al diritto dell’Unione europea che,
quando è espresso in regolamenti, è
Sezione II
Dell’anagrafe delle imprese
agricole
Art. 27
(Anagrafe delle imprese agricole)
1. L'anagrafe delle imprese agricole, di
seguito denominata anagrafe, istituita
all'interno del Sistema informativo
agricolo nazionale (SIAN), integrato
con i sistemi informativi regionali,
raccoglie le notizie relative ai soggetti
pubblici e privati, identificati dal codice
fiscale, esercenti attività agricola,
agroalimentare, forestale e della
pesca, che intrattengano a qualsiasi
titolo rapporti con la pubblica
amministrazione centrale o locale, di
seguito denominati "imprese".
2. Fatto salvo quanto previsto dalle
norme fiscali, il codice fiscale
costituisce
il
codice
unico
di
identificazione aziende agricole, di
seguito CUAA. Il CUAA deve essere
utilizzato in tutti i rapporti con la
pubblica amministrazione. Il CUAA
costituisce
sistema
unico
di
identificazione di ciascun soggetto che
esercita attività agricola, anche ai
sensi all'articolo 15, paragrafo 1,
lettera f), del regolamento (CE) n.
73/2009.
3. A ciascuna azienda fa capo una o
più unità tecnico-economiche, di
seguito denominata unità; per unità si
intende l'insieme dei mezzi di
produzione, degli stabilimenti e delle
unità zootecniche e acquicole condotte
a qualsiasi titolo dal medesimo
soggetto per una specifica attività
economica, ubicato in una porzione di
territorio,
identificata
nell'ambito
dell'anagrafe tramite il codice ISTAT
del comune ove ricade in misura
prevalente, e avente una propria
autonomia produttiva.
4. Per lo svolgimento delle proprie
attività l' Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA) è
autorizzato ad accedere alle
informazioni e ai dati di cui al presente
articolo, nonché al Registro nazionale
titoli di cui all’articolo 3 del decreto
legge 9 settembre 2005, n. 182,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 novembre 2005, n. 231.
Sezione II
Dell’anagrafe delle imprese
agricole
Art. 32
(Anagrafe delle imprese agricole.
Accesso alle informazioni)
1. L'anagrafe delle imprese agricole, di
seguito denominata anagrafe, istituita
all'interno del Sistema informativo
agricolo nazionale (SIAN), integrato
con i sistemi informativi regionali,
raccoglie le notizie relative ai soggetti
pubblici e privati, identificati dal codice
fiscale, esercenti attività agricola,
agroalimentare, forestale e della
pesca, che intrattengano a qualsiasi
titolo rapporti con la pubblica
amministrazione centrale o locale, di
seguito denominati ‘imprese’.
2. Fatto salvo quanto previsto dalle
norme fiscali, il codice fiscale
costituisce
il
codice
unico
di
identificazione aziende agricole, di
seguito CUAA. Il CUAA deve essere
utilizzato in tutti i rapporti con la
pubblica amministrazione. Il CUAA
costituisce
sistema
unico
di
identificazione di ciascun soggetto che
esercita attività agricola.
3. A ciascuna impresa fa capo una o
più unità tecnico-economiche, di
seguito denominata unità; per unità si
intende l'insieme dei mezzi di
produzione, degli stabilimenti e delle
unità zootecniche e acquicole condotte
a qualsiasi titolo dal medesimo
soggetto per una specifica attività
economica, ubicato in una porzione di
territorio,
identificata
nell'ambito
dell'anagrafe tramite il codice ISTAT
del comune ove ricade in misura
prevalente, e avente una propria
autonomia produttiva.
4. Per lo svolgimento delle proprie
attività l'Istituto di servizi per il mercato
agricolo
alimentare
(ISMEA)
è
autorizzato
ad
accedere
alle
informazioni e ai dati di cui al presente
articolo, nonché al Registro nazionale
titoli di cui all’articolo 3 del decretolegge 9 settembre 2005, n. 182,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 novembre 2005, n. 231.
5. Sono autorizzati ad accedere alle
informazioni e ai servizi dell’anagrafe,
nel rispetto di quanto previsto dalle
norme per la tutela dei dati personali,
di cui alla legge 31 dicembre 1996, n.
675, e successive modificazioni, e in
particolare nel rispetto di quanto
previsto dagli articoli 10 e 20 della
legge predetta in materia di segreto
aziendale e industriale, e dall’articolo
22 in materia di dati sensibili:
tutti i soggetti e le pubbliche
70
immediatamente applicabile.
amministrazioni individuati dall’articolo
Il comma 3 era originariamente
15, comma 1, del decreto legislativo
regolamentare e qui viene legificato.
30 aprile 1998, n. 173;
Esso è riprodotto dal comma 3 dell’art.
le imprese iscritte all’anagrafe e i
1 del DPR 503/1999: “3. A ciascuna
soggetti dalle stesse delegate.
azienda fa capo una o più unità
6. Attraverso il SIAN sono comunicati,
tecnico-economiche,
di
seguito
senza oneri per il destinatario, e nel
denominata unità; per unità si intende
rispetto delle disposizioni di cui al
l'insieme dei mezzi di produzione, degli
decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
stabilimenti e delle unità zootecniche e
196, le modalità attraverso le quali
acquicole condotte a qualsiasi titolo
ciascun soggetto che esercita attività
dal medesimo soggetto per una
agricola accede direttamente, anche
specifica attività economica, ubicato in
per via telematica, alle informazioni
una porzione di territorio, identificata
contenute
nel
proprio
fascicolo
nell'ambito dell'anagrafe tramite il
aziendale.
codice ISTAT del comune ove ricade
7. Il SIAN assicura le modalità di
in misura prevalente, e avente una
riconoscimento dell'utente e di firma
propria autonomia produttiva”.
sicure attraverso la firma digitale,
A tale comma farà rinvio il DPR nella
emessa per i procedimenti di propria
riformulazione
del
nostro
DPR
competenza, e la Carta dell'agricoltore
parallelo.
e del pescatore di cui al decreto del
Il comma 4 è riprodotto dal comma 5Presidente della Repubblica 1°
septies dell’art. 2 del d.l. 9 settembre
dicembre 1999, n. 503.
2005 n. 182, convertito in legge 11
novembre 2005 n. 231: “Per lo
svolgimento delle proprie attività
l'ISMEA è autorizzato ad accedere al
Registro nazionale titoli, nonché alle
informazioni e ai dati di cui all'articolo
13 del decreto legislativo 29 marzo
2004, n. 99 “.
Il comma 5 è nuovo (vedi nota).
I nuovi commi 6 e 7 del testo in
colonna 3 sono riprodotti dall’art. 14
commi 2 e 3 d. lgs. 99/2004: «2. Entro
trenta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, attraverso
il SIAN sono comunicati, senza oneri
per il destinatario, e nel rispetto delle
disposizioni di cui al decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196, le modalità
attraverso le quali ciascun soggetto
che esercita attività agricola accede
direttamente, anche per via telematica,
alle informazioni contenute nel proprio
fascicolo aziendale. // 3. Il SIAN
assicura le modalità di riconoscimento
dell'utente e di firma sicure attraverso
la firma digitale, emessa per i
procedimenti di propria competenza, e
la Carta dell'agricoltore e del pescatore
di cui all'articolo 13, comma 2».
Si suggerisce di riformulare in modo diverso l’originario articolo 27 (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010).
Il suggerimento va accolto. Sicché: a) viene soppresso, al comma 2, il richiamo al Regolamento (CE) 1782/2003,
abrogato dal Reg. 73/2009, eliminando qualsiasi richiamo; b) viene introdotto il comma 5 come meglio riformulato,
seguendo il suggerimento della Conferenza Stato-Regioni (documento del Coordinatore della Commissione regionale
delle politiche agricole del 27 gennaio 2010), suggerimento che chiarisce e risolve problemi attuali, senza che si possa
imputare alla riformulazione un intervento innovativo che comunque potrebbe ritenersi necessitato da esigenze di
sistematicità.
Il comma 5 è stato suggerito e introdotto sulla base delle osservazioni della Conferenza Stato-Regioni (documento
del Coordinatore della Commissione regionale delle politiche agricole del 27 gennaio 2010).
Inoltre, si suggerisce di riproporre nello schema di decreto legislativo le disposizioni riprodotte dai commi 2 e 3 dell’art.
14 del d.lgs. 99/2004 che erano state delegificate perché inserite nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei
ministri l’11 dicembre 2009. Anche tale suggerimento va accolto, sicché le disposizioni ora sono riportate nei commi 6 e
7 del presente articolo. La conseguenza è la integrazione della rubrica con il richiamo a “accesso alle informazioni”. I
commi 2 e 3 dell’art. 14 del d. lgs. 99/2004: «2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede
71
direttamente, anche per via telematica, alle informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale. // 3. Il SIAN assicura
le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria
competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 13, co. 2».
Si noti che con riguardo al comma 3 dell’art. 27 (ora art. 32), che invece legifica l’originaria disposizione contenuta nel
comma 3 dell’art. 1 del DPR 503/1999, nessuna obiezione è stata sollevata.
Il comma 1 (ora comma 3) è riprodotto
dall’art. 14 comma 7 d. lgs. 99/2004: «I
soggetti che esercitano attività agricola
che abbiano ottenuto la concessione di
aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi
della normativa comunitaria, nazionale
e regionale, relativa all'esercizio della
propria attività da parte della pubblica
amministrazione, qualora inoltrino
nuove istanze possono rendere una
dichiarazione sostitutiva di atto notorio
attestante
che
le
informazioni
contenute nel fascicolo aziendale non
hanno subito variazioni».
Il comma 2 (ora comma 4) è riprodotto
dal comma 5-quinquies dell’art. 3 del
d.l. 9 settembre 2005 n. 182,
convertito in legge 11 novembre 2005
n. 231: “Le domande di aiuto
presentate dai produttori agricoli per
l'accesso
al
pagamento
unico
disaccoppiato
sono
valide
per
richiedere
gli
stessi
contributi
comunitari anche per gli anni
successivi a quello di presentazione, a
condizione che non sia cambiato
nessuno degli elementi delle domande
previsti dalla normativa comunitaria”.
Sezione III
Del fascicolo aziendale
Sezione III
Del fascicolo aziendale
Art. 28
(Forma delle nuove istanze di
aiuti)
1. I soggetti che esercitano attività
agricola, che abbiano ottenuto la
concessione di aiuti, contributi e
agevolazioni ai sensi della normativa
comunitaria, nazionale e regionale,
relativa all'esercizio della propria
attività da parte della pubblica
amministrazione, qualora inoltrino
nuove istanze possono rendere una
dichiarazione sostitutiva di atto notorio
attestante
che
le
informazioni
contenute nel fascicolo aziendale non
hanno subito variazioni.
Le domande di aiuto presentate dai
produttori agricoli per l'accesso al
pagamento unico disaccoppiato sono
valide per richiedere gli stessi
contributi comunitari anche per gli anni
successivi a quello di presentazione, a
condizione che non sia cambiato
nessuno degli elementi delle domande
previsti dalla normativa comunitaria.
Art. 33
(Fascicolo aziendale. Forma
delle nuove istanze di aiuti)
1. Per i fini di semplificazione e
armonizzazione di cui all’articolo 14,
comma 3, del decreto legislativo 30
aprile 1998, n. 173, è istituito,
nell’ambito dell’anagrafe delle imprese
agricole, il fascicolo aziendale, modello
cartaceo ed elettronico riepilogativo
dei
dati
aziendali,
finalizzato
all’aggiornamento,
per
ciascuna
azienda, delle informazioni di cui
all’articolo 3 del decreto del Presidente
della Repubblica 1° dicembre 1999, n.
503.
2. Le informazioni relative ai dati
aziendali, compresi quelli relativi alle
consistenza aziendali e al titolo di
conduzione, risultanti dal fascicolo
aziendale, costituiscono la base di
riferimento e di calcolo valida ai fini dei
procedimenti istruttori in tutti i rapporti
con la pubblica amministrazione
centrale o locale in materia agricola,
forestale e della pesca, fatta
comunque la facoltà di verifica e
controllo dell’amministrazione stessa.
3. (già comma 1) I soggetti che
esercitano attività agricola, che
abbiano ottenuto la concessione di
aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi
del diritto dell’Unione europea, del
diritto nazionale e del diritto regionale,
relativa all'esercizio della propria
attività da parte della pubblica
amministrazione, qualora inoltrino
nuove istanze possono rendere una
dichiarazione sostitutiva di atto notorio
attestante
che
le
informazioni
contenute nel fascicolo aziendale non
hanno subito variazioni. In ogni caso,
aggiornano le informazioni depositate
prima di inoltrare nuove istanze di
aiuto.
4. (già comma 2) Le domande di aiuto
presentate dai produttori agricoli per
l'accesso
al
pagamento
unico
disaccoppiato
sono
valide
per
richiedere
gli
stessi
contributi
comunitari anche per gli anni
successivi a quello di presentazione, a
condizione che non sia cambiato
nessuno degli elementi delle domande
previsti dal diritto dell’Unione europea.
Si suggerisce la riformulazione dell’originario art. 28 (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il
suggerimento va accolto. Sicché vengono introdotti i commi 1 e 2 come riformulati anche con un italiano migliore,
72
seguendo il suggerimento che certamente chiarisce e risolve problemi attuali, senza che si possa imputare alla
riformulazione un intervento innovativo che comunque potrebbe ritenersi necessitato da esigenze di sistematicità. Al
comma 3 viene, poi, aggiunto l’inciso “in ogni caso, aggiornano le informazioni depositate prima di inoltrare nuove
istanze di aiuto”.
Riprodotto dall’art. 14 comma 8 d. lgs
99/2004: «I soggetti di cui all'articolo 6,
comma 1, lettera a), del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503, nei rapporti
con i soggetti che esercitano l'attività
agricola hanno l'obbligo di avvalersi
delle informazioni contenute nel
fascicolo aziendale. La pubblica
amministrazione
interessata,
ivi
compresi gli enti pubblici economici, li
acquisisce d'ufficio, prioritariamente in
via telematica, utilizzando i servizi di
certificazione
ed
i
servizi
di
interscambio e cooperazione del
SIAN».
La formulazione del comma 1 risente
di quanto disposto dall’incipit dell’art.7,
comma 3, lettere a), b), c), e), h), i)
della legge 5 marzo 2001, n.57 (legge
delega del 2001, richiamata dalla
legge delega del 2003, che per
memoria viene riportato integralmente:
«comma 3. I decreti legislativi di cui al
comma 1 sono diretti, in coerenza con
la
politica
agricola
dell'Unione
europea, a creare le condizioni per:
a) promuovere, anche attraverso il
metodo
della
concertazione,
il
sostegno e lo sviluppo economico e
sociale
dell'agricoltura,
dell'acquacoltura, della pesca e dei
sistemi agroalimentari secondo le
vocazioni produttive del territorio,
individuando
i
presupposti
per
l'istituzione di distretti agroalimentari,
rurali ed ittici di qualità ed assicurando
la tutela delle risorse naturali, della
biodiversità, del patrimonio culturale e
del paesaggio agrario e forestale;
b) favorire lo sviluppo dell'ambiente
rurale e delle risorse marine,
privilegiando
le
iniziative
dell'imprenditoria locale, anche con il
sostegno
della
multifunzionalità
dell'azienda agricola, di acquacoltura e
di pesca, comprese quelle relative alla
gestione ed alla tutela ambientale e
paesaggistica, anche allo scopo di
creare fonti alternative di reddito; c)
ammodernare le strutture produttive
agricole,
della
pesca
e
dell'acquacoltura, forestali, di servizio
e di fornitura di mezzi tecnici a minor
impatto ambientale, di trasformazione
e commercializzazione dei prodotti
nonché le infrastrutture per l'irrigazione
Art. 29
(Obbligo della Pubblica
amministrazione di servirsi delle
informazioni del fascicolo
aziendale)
1. I soggetti di cui all’articolo 6, comma
1, lettera a), del decreto del Presidente
della Repubblica 1° dicembre 1999, n.
503, nei rapporti con i soggetti che
esercitano l’attività agricola hanno
l’obbligo di avvalersi delle informazioni
contenute nel fascicolo aziendale. La
pubblica amministrazione interessata,
ivi compresi gli enti pubblici economici,
li acquisisce d’ufficio, prioritariamente
in via telematica, utilizzando i servizi di
certificazione
ed
i
servizi
di
interscambio e cooperazione del SIAN.
Titolo III
Della disciplina del territorio
Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale
Sezione I
Della valorizzazione dello
spazio rurale
Art. 30
(Gestione e sviluppo delle varie
aree rurali e delle loro produzioni)
1. La gestione e lo sviluppo dello
spazio rurale sono priorità essenziali
dell’uso razionale delle risorse naturali
e del territorio, In coerenza con le
finalità
perseguite
dalla
politica
agricola dell’Unione europea e dalla
Costituzione.
2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali
tutelano, nell'ambito delle rispettive
competenze e senza nuovi o maggiori
oneri a carico dei rispettivi bilanci:
a) la tipicità, la qualità, le
caratteristiche alimentari e nutrizionali,
nonché
le
tradizioni
rurali
di
elaborazione dei prodotti agricoli e
alimentari a denominazione di origine
controllata (DOC), a denominazione di
origine controllata e garantita (DOCG),
a denominazione di origine protetta
(DOP), a indicazione geografica
protetta (IGP) e a indicazione
geografica tipica (IGT);
b) le aree agricole in cui si ottengono
prodotti con tecniche dell'agricoltura
biologica
ai
sensi
del
diritto
comunitario;
c) le zone aventi specifico interesse
Art. 34
(Obbligo della Pubblica
amministrazione di servirsi delle
informazioni del fascicolo
aziendale)
1. I soggetti di cui all’articolo 6, comma
1, lettera a), del decreto del Presidente
della Repubblica 1° dicembre 1999, n.
503, nei rapporti con i soggetti che
esercitano l’attività agricola hanno
l’obbligo di avvalersi delle informazioni
contenute nel fascicolo aziendale. La
pubblica amministrazione interessata,
ivi compresi gli enti pubblici economici,
li acquisisce d’ufficio, prioritariamente
in via telematica, utilizzando i servizi di
certificazione
ed
i
servizi
di
interscambio e cooperazione del SIAN.
Titolo III
Della disciplina delle aree
agricole
Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale
Sezione I
Della valorizzazione dello
spazio rurale
Art. 35
(Gestione e sviluppo delle varie
aree rurali e delle loro produzioni)
Gli interventi e le misure inerenti al
governo del territorio hanno anche la
finalità di disciplinare la gestione e lo
sviluppo delle aree agricole e degli
ambiti rurali.
(già comma 1) La gestione e lo
sviluppo dello spazio rurale sono
priorità essenziali dell’uso razionale
delle risorse naturali e del territorio, in
coerenza con le finalità perseguite
dalla politica agricola dell’Unione
europea e dalla Costituzione.
(già comma 2) Lo Stato, le regioni e gli
enti locali tutelano, nell'ambito delle
rispettive competenze e senza nuovi o
maggiori oneri a carico dei rispettivi
bilanci:
a) le vocazioni produttive agricole del
territorio;
b)
la
tipicità,
la
qualità,
le
caratteristiche alimentari e nutrizionali,
nonché
le
tradizioni
rurali
di
elaborazione dei prodotti agricoli e
alimentari a denominazione di origine
controllata (DOC), a denominazione di
73
al fine di sviluppare la competitività
delle
imprese
agricole
ed
agroalimentari,
soddisfacendo
la
domanda dei mercati ed assicurando
la qualità dei prodotti, la tutela dei
consumatori e dell'ambiente; d)
garantire la tutela della salute dei
consumatori nel rispetto del principio di
precauzione,
promuovendo
la
riconversione
della
produzione
intensiva zootecnica in produzione
estensiva biologica e di qualità,
favorire il miglioramento e la tutela
dell'ambiente naturale, delle condizioni
di igiene e di benessere degli animali
negli allevamenti, nonché della qualità
dei prodotti per uso umano e dei
mangimi per gli animali, in particolare
sviluppando e regolamentando sistemi
di controllo e di tracciabilità delle filiere
agroalimentari;
e)
garantire
un
costante miglioramento della qualità,
valorizzare le peculiarità dei prodotti e
il rapporto fra prodotti e territorio,
assicurare una adeguata informazione
al consumatore e tutelare le tradizioni
alimentari e la presenza nei mercati
internazionali,
con
particolare
riferimento alle produzioni tipiche,
biologiche e di qualità; f) favorire
l'insediamento e la permanenza dei
giovani e la concentrazione dell'offerta
in armonia con le disposizioni
comunitarie in materia di concorrenza;
g) assicurare, in coerenza con le
politiche generali del lavoro, un idoneo
supporto allo sviluppo occupazionale
nei settori agricolo, della pesca,
dell'acquacoltura e forestale, per
favorire l'emersione dell'economia
irregolare e sommersa; h) favorire la
cura e la manutenzione dell'ambiente
rurale,
anche
attraverso
la
valorizzazione della piccola agricoltura
per autoconsumo o per attività di
agriturismo e di turismo rurale; i)
favorire lo sviluppo sostenibile del
sistema forestale, in aderenza ai criteri
e princìpi individuati dalle Conferenze
ministeriali sulla protezione delle
foreste in Europa”.
I commi 2, 3 e 4 dell’art. 30, come
approvati dal CdM del dicembre 2009
sono riprodotti dall’art. 21 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228,
con l’inversione del soggetto: “1.
Fermo quanto stabilito dal decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
come modificato dal decreto legislativo
8 novembre 1997, n. 389, e senza
nuovi o maggiori oneri a carico dei
rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e
gli enti locali tutelano, nell'ambito delle
rispettive competenze: a) la tipicità, la
qualità, le caratteristiche alimentari e
nutrizionali, nonché le tradizioni rurali
di elaborazione dei prodotti agricoli e
alimentari a denominazione di origine
agrituristico.
3. Sì come disposto dalla parte IV del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, contenente norme in materia
ambientale, la tutela di cui al comma 2
è realizzata, in particolare, con:
a) la definizione di criteri per
l'individuazione delle aree non idonee
alla localizzazione degli impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti;
b) l'adozione di piani territoriali di
coordinamento.
origine controllata e garantita (DOCG),
a denominazione di origine protetta
(DOP), a indicazione geografica
protetta (IGP) e a indicazione
geografica tipica (IGT);
c) le aree agricole in cui si ottengono
prodotti con tecniche dell'agricoltura
biologica ai sensi del diritto dell’Unione
europea;
d) le zone aventi specifico interesse
agrituristico.
4. (già comma 3) Come disposto dalla
parte IV del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, contenente norme in
materia ambientale, la tutela di cui al
comma 3 è realizzata, in particolare,
con:
a) la definizione di criteri per
l'individuazione delle aree non idonee
alla localizzazione degli impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti;
b) l'adozione di piani territoriali di
coordinamento.
5. Le disposizioni di questo articolo si
applicano alle regioni a statuto
speciale e alle province autonome di
Trento e di Bolzano nel rispetto e nei
limiti degli statuti di autonomia e delle
relative norme di attuazione.
74
controllata (DOC), a denominazione di
origine controllata e garantita (DOCG),
a denominazione di origine protetta
(DOP), a indicazione geografica
protetta (IGP) e a indicazione
geografica tutelata (IGT); b) le aree
agricole in cui si ottengono prodotti
con tecniche dell'agricoltura biologica
ai sensi del regolamento (CEE) n.
2092/91 del Consiglio, del 24 giugno
1991; c) le zone aventi specifico
interesse agrituristico. 2. La tutela di
cui al comma 1 è realizzata, in
particolare, con: a) la definizione dei
criteri per l'individuazione delle aree
non idonee alla localizzazione degli
impianti di smaltimento e recupero dei
rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3,
lettera e), del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, come modificato
dall'articolo 3 del decreto legislativo 8
novembre 1997, n. 389, e l'adozione di
tutte le misure utili per perseguire gli
obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo
2 del medesimo decreto legislativo n.
22 del 1997; b) l'adozione dei piani
territoriali di coordinamento di cui
all'articolo 15, comma 2, della legge 8
giugno 1990, n. 142, e l'individuazione
delle
zone
non
idonee
alla
localizzazione
di
impianti
di
smaltimento e recupero dei rifiuti ai
sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera
e), del citato decreto legislativo n. 22
del 1997, come modificato dall'articolo
3 del decreto legislativo n. 389 del
1997”.
L’originario rinvio al regolamento CE
2092/91
sull’agricoltura
biologica
(successivamente modificato) è stato
sostituito con un generico rinvio al
diritto comunitario.
La legge n. 142 del 1990 è stata
abrogata dal decreto legislativo n. 267
del 2000; si è ritenuto opportuno
richiamare, conseguentemente, l’art.
20 del decreto legislativo n. 267 del
2000, che “riproduce” l’art. 15 della
legge abrogata.
Il Consiglio di Stato, nella parte 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha obiettato che la denominazione del
Titolo III “Della disciplina del territorio” non è appropriata, perché la materia disciplinata attiene in misura largamente
maggiore alla tutela e alla gestione delle aree agricole; sicché ha suggerito di modificarla. E il suggerimento è stato
accolto.
Nell’esame dell’originario art. 33 del presente schema, il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio
2010 (pag. 60), ha messo in evidenza come dall’ordinamento vigente sia possibile ricavare un’indicazione implicita ad
“ampliare la prospettiva di una disciplina positiva dei suoli rurali, finalizzata alla tutela attiva dei valori agricoli (ad
esempio, lo sviluppo delle colture equilibrato e aderente alla vocazione delle varie zone; l’individuazione di arre
coltivabili) e dei valori rurali (ad esempio, la tutela della qualità degli ambienti rurali; la tutela ed il recupero degli edifici
rurali esistenti)”. Le suddette considerazioni confortano l’idea esplicitata anche dalla Conferenza Stato-Regioni che,
prescrivendo determinati interventi da parte dello Stato e delle Regioni, per tutelare, ad esempio, le vocazioni produttive
agricole delle varie aree, non si vada ultra vires. I suggerimenti sono da accogliersi, sicché si è premesso un nuovo
comma all’art. 35.
Si chiede di aggiungere al comma 2 (ora comma 3): 1) una lettera d) con “i suoli ad elevata vocazione agricola
consentendo il loro consumo soltanto in assenza di alternative localizzative tecnicamente ed economicamente valide”; 2)
una lettera e) con “le aree agricole e forestali attraverso specifici regolamenti di polizia rurale” (UPI-ANCI nella
Conferenza Stato-Regioni: riunione del 19.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima
seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti
75
legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Invece, solo per ragioni
sistematiche e per quanto sopra riferito con riguardo al punto 5 del parere del Consiglio di Stato, si è aggiunta la lettera
a) – provvedendo, poi, a riunumerare le successive lettere – in cui si indica che lo Stato e le Regioni tutelano: a) le
vocazioni produttive agricole del territorio; b)….”. In tal modo l’art. 35, (originariamente art. 30) è stato riformulato
nel comma 3 (originariamente comma 2).
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che, anche in forza dell’art. 25
della legge 57/2001 e dell’art. 35 del d.lgs. 228/2001 sia aggiunto un comma che ribadisca la competenza delle regioni a
statuto speciale e delle province autonome. La proposta di emendamento va accolta, sicché viene formulato il seguente
nuovo comma 5: “Le disposizioni di questo articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome
di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione”. Si è aggiunto
così il comma 5.
I commi 1 e 2 sono riprodotti dai
commi 1 e 2 dell’art. 14 del D. Lgs. 18
maggio 2001, n. 228: “1. Le pubbliche
amministrazioni possono concludere
contratti di collaborazione, anche ai
sensi dell’articolo 119 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con
gli imprenditori agricoli anche su
richiesta
delle
organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale, per
la
promozione
delle
vocazioni
produttive e la tutela delle produzioni
di qualità e delle tradizioni alimentari
locali. 2. I contratti di collaborazione
sono destinati ad assicurare il
sostegno
e
lo
sviluppo
dell’imprenditoria agricola locale anche
attraverso la valorizzazione delle
peculiarità dei prodotti tipici, biologici e
di qualità, anche tenendo conto dei
distretti agroalimentari, rurali e ittici”.
Cfr. Reg. (CE) 1257/99 (capo II,
programmazione)
e
successive
modifiche. Sugli aiuti di Stato in
agricoltura v. il Reg. 1857/2006 del 15
dicembre 2006 sugli aiuti di Stato alle
“piccole e medie imprese agricole
attive nel settore della produzione
primaria di prodotti agricoli” con
esclusione di quelle del settore della
loro
trasformazione
e
commercializzazione. Il regolamento è
accompagnato dalla Comunicazione
della Commissione sugli “orientamenti
comunitari per gli aiuti nel settore
agricolo e forestale 2007-2013” del
dicembre 2006. Alle PMI attive nella
trasformazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli si applicano i
regolamenti 70/2001 del 12 gennaio
2001 e 1/2004 del 23 dicembre 2003.
Cfr. ora la Comunicazione della
Commissione del 17 dicembre 2008
per porre rimedio “al grave turbamento
economico” attuale (2008-2009).
Il comma 3 è riprodotto dal comma 3
dell’art. 14 del d.lgs. 228/2001 “Al fine
di
assicurare
un’adeguata
informazione ai consumatori e di
consentire la conoscenza della
provenienza della materia prima e
della peculiarietà delle produzioni di
Titolo II
Dello spazio rurale
Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale
ART. 18 del DPR
(Contratti di collaborazione e
contratti di promozione)
1. Le pubbliche amministrazioni, anche
su richiesta delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
possono concludere contratti di
collaborazione con gli imprenditori
agricoli, per la promozione delle
vocazioni produttive e la tutela delle
produzioni di qualità e delle tradizioni
alimentari locali.
2. I contratti di collaborazione sono
destinati ad assicurare il sostegno e lo
sviluppo dell’imprenditoria agricola
locale,
anche
attraverso
la
valorizzazione delle peculiarità dei
prodotti tipici, biologici e di qualità,
anche tenendo conto dei distretti
agroalimentari, rurali e ittici.
3. Al fine di assicurare una adeguata
informazione
ai
consumatori
e
consentire la conoscenza della
provenienza della materia prima e
delle peculiarità delle produzioni
tipiche, biologiche e di qualità, le
pubbliche amministrazioni, nel rispetto
degli Orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato all’agricoltura,
possono concludere contratti di
promozione con gli imprenditori
agricoli che si impegnino nell’esercizio
dell’attività di impresa ad assicurare la
tutela delle risorse naturali, della
biodiversità e del paesaggio agrario e
forestale.
Art. 36
(Contratti di collaborazione e
contratti di promozione)
1. Le pubbliche amministrazioni, anche
su richiesta delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
possono concludere contratti di
collaborazione con gli imprenditori
agricoli, per la promozione delle
vocazioni produttive e la tutela delle
produzioni di qualità e delle tradizioni
alimentari locali.
2. I contratti di collaborazione sono
destinati ad assicurare il sostegno e lo
sviluppo dell’imprenditoria agricola
locale,
anche
attraverso
la
valorizzazione delle peculiarità dei
prodotti tipici, biologici e di qualità,
anche tenendo conto dei distretti
agroalimentari, rurali e ittici.
3. Al fine di assicurare una adeguata
informazione
ai
consumatori
e
consentire la conoscenza della
provenienza della materia prima e
delle peculiarità delle produzioni
tipiche, biologiche e di qualità, le
pubbliche amministrazioni, nel rispetto
degli Orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato all’agricoltura,
possono concludere contratti di
promozione con gli imprenditori
agricoli che si impegnino nell’esercizio
dell’attività di impresa ad assicurare la
tutela delle risorse naturali, della
biodiversità e del paesaggio agrario e
forestale.
76
cui ai commi 1, e 2, le pubbliche
amministrazioni, nel rispetto degli
Orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato all’agricoltura, possono
concludere contratti di promozione con
gli imprenditori agricoli che si
impegnino nell’esercizio dell’attività di
impresa ad assicurare la tutela delle
risorse naturali, della biodiversità, del
patrimonio culturale e del paesaggio
agrario e forestale”.
La disposizione sopra riportata originariamente era inserita nello schema del connesso DPR approvato dal Consiglio dei
Ministri l’11 dicembre 2009. Per le avvertite perplessità in ordine alla proposta delegificazione delle norme che vi erano
riprodotte, si è addivenuti a riportare l’articolo, rubricato “Contratti di collaborazione e contratti di promozione” nel
presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione.
Il comma 1 è riprodotto dal comma 1
dell’art. 15 del D. Lgs. 18 maggio 2001
n. 228: “1. Al fine di favorire lo
svolgimento di attività funzionali alla
sistemazione e alla manutenzione del
territorio,
alla
salvaguardia
del
paesaggio agrario e forestale, alla cura
e
al
mantenimento
dell’assetto
idrogeologico
e
di
promuovere
prestazioni a favore della tutela delle
vocazioni produttive del territorio, le
pubbliche amministrazioni possono
stipulare
convenzioni
con
gli
imprenditori agricoli”.
L’art. 15 del d.lgs. 228/2001 è stato
modificato dal decreto legge 171/2008,
convertito in legge 205/2008 che ha
ricompreso i consorzi di bonifica tra i
soggetti
abilitati
a
stipulare
convenzioni con gli imprenditori
agricoli. Perciò viene inserito l’inciso
“ivi compresi i consorzi di bonifica”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 15 del D.Lgs.18 maggio 2001
n. 228, come modificato dall’art. 1,
comma 1067, della legge 27 dicembre
2006, n. 296 (legge finanziaria per il
2007): “2. Le convenzioni di cui al
comma 1 definiscono le prestazioni
delle pubbliche amministrazioni che
possono consistere nel rispetto degli
Orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato all’agricoltura anche in
finanziamenti,
concessioni
amministrative, riduzioni tariffarie o
realizzazione di opere pubbliche. Per
le predette finalità le pubbliche
amministrazioni, in deroga alle norme
vigenti, possono stipulare contratti
d’appalto con gli imprenditori agricoli di
importo annuale non superiore a
50.000 euro nel caso di imprenditori
singoli, e 300.000 euro nel caso di
imprenditori in forma associata.”
Art. 19 del DPR
(Convenzioni in materia di
gestione del territorio)
1. Al fine di favorire lo svolgimento di
attività funzionali alla sistemazione ed
alla manutenzione del territorio, alla
salvaguardia del paesaggio agrario e
forestale, alla cura e al mantenimento
dell’assetto
idrogeologico
e
di
promuovere prestazioni a favore della
tutela delle vocazioni produttive del
territorio le pubbliche amministrazioni
possono stipulare convenzioni con gli
imprenditori agricoli.
2. Le convenzioni di cui al comma 1
definiscono
le
prestazioni
delle
pubbliche
amministrazioni
che
possono consistere, nel rispetto degli
Orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato all'agricoltura anche in
finanziamenti,
concessioni
amministrative, riduzioni tariffarie o
realizzazione di opere pubbliche. Per
le predette finalità le pubbliche
amministrazioni, in deroga alle norme
vigenti, possono stipulare contratti
d'appalto con gli imprenditori agricoli di
importo annuale non superiore a
50.000 euro nel caso di imprenditori
singoli, e 300.000 euro nel caso di
imprenditori in forma associata.
Art. 37
(Convenzioni in materia di
gestione del territorio)
1. Al fine di favorire lo svolgimento di
attività funzionali alla sistemazione e
alla manutenzione del territorio, alla
cura
dell’ambiente
rurale,
alla
salvaguardia del paesaggio agrario e
forestale, alla cura e al mantenimento
dell’assetto
idrogeologico
e
di
promuovere prestazioni a favore della
tutela delle vocazioni produttive del
territorio le pubbliche amministrazioni,
ivi compresi i consorzi di bonifica,
possono stipulare convenzioni con gli
imprenditori agricoli.
2. Le convenzioni di cui al comma 1
definiscono
le
prestazioni
delle
pubbliche
amministrazioni
che
possono consistere, nel rispetto degli
Orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato all'agricoltura anche in
finanziamenti,
concessioni
amministrative, riduzioni tariffarie o
realizzazione di opere pubbliche. Per
le predette finalità le pubbliche
amministrazioni, in deroga alle norme
vigenti, possono stipulare contratti
d'appalto con gli imprenditori agricoli di
importo annuale non superiore a
50.000 euro nel caso di imprenditori
singoli, e 300.000 euro nel caso di
imprenditori in forma associata.
La disposizione era originariamente inserita nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre
2009. Per le avvertite perplessità in ordine alla proposta delegificazione delle norme che vi erano riprodotte, si è
addivenuti a riportare l’articolo, rubricato “Convenzioni in materia di gestione del territorio” nel presente schema di
77
decreto legislativo di riordino e semplificazione. Su suggerimento si è provveduto a integrare il comma 1 con gli incisi”
alla cura dell’ambiente rurale” e “ivi compresi i consorzi di bonifica”.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 1,
legge 20 febbraio 2006, n. 96, dettante
la nuova disciplina dell’agriturismo: “La
Repubblica, in armonia con i
programmi
di
sviluppo
rurale
dell’Unione europea, dello Stato e
delle regioni, sostiene l’agricoltura
anche mediante la promozione di
forme idonee di turismo nelle
campagne,
volte
a: a)
tutelare,
qualificare e valorizzare le risorse
specifiche di ciascun territorio; b)
favorire il mantenimento delle attività
umane nelle aree rurali; c) favorire la
multifunzionalità in agricoltura e la
differenziazione dei redditi agricoli; d)
favorire le iniziative a difesa del suolo,
del territorio e dell’ambiente da parte
degli imprenditori agricoli attraverso
l’incremento dei redditi aziendali e il
miglioramento della qualità di vita; e)
recuperare il patrimonio edilizio rurale
tutelando le peculiarità paesaggistiche;
f) sostenere e incentivare le produzioni
tipiche, le produzioni di qualità e le
connesse
tradizioni
enogastronomiche; g) promuovere la
cultura
rurale
e
l’educazione
alimentare; h) favorire lo sviluppo
agricolo e forestale.
Il comma 2 è un comma nuovo,
perché non riproduce alcuna formula
di un’originaria disposizione. Esso
viene inserito in questo decreto
legislativo
innanzitutto
per
un’esigenza di sistema e, poi, per
potere richiamare, nella gestione del
territorio agricolo dove operano gli
agricoltori (che è il Titolo di questa
parte del presente decreto legislativo
di riordino), attività collegate o, del
tutto,
connesse,
all’attività
imprenditoriale dell’agricoltore.
Nel comma 3 il richiamo è all’art. 23
della legge 27 marzo 2001, n. 122: “Le
Regioni, nell’ambito delle iniziative
finalizzate allo sviluppo rurale e alla
valorizzazione della multifunzionalità
dell’azienda, possono disciplinare
l’attività relativa al servizio di alloggio e
di prima colazione nella propria
abitazione. Qualora dette attività
abbiano carattere professionale e
continuativo e siano esercitate da
imprenditori agricoli rientrano tra le
attività agrituristiche”.
Trattandosi di un richiamo, l’art. 27
della legge 122/2001 non rientra nella
nostra disposizione sulle abrogazioni
contenuta in questo decreto legislativo
di riordino.
Sempre nel comma 3 il richiamo è al
Sezione II
Delle zone agricole a vocazione
turistica
Sezione II
Delle zone agricole a vocazione
turistica
Art. 31
(Forme di turismo nelle zone
agricole: interventi e definizioni)
1. In armonia con i programmi di
sviluppo rurale dell’Unione europea,
dello Stato e delle regioni, l’agricoltura
è sostenuta anche mediante la
promozione di forme idonee di turismo
nelle campagne, volte a:
tutelare, qualificare e valorizzare
le risorse specifiche di ciascun
territorio;
b) favorire il mantenimento delle
attività umane nelle aree rurali;
c) favorire la multifunzionalità in
agricoltura e la differenziazione dei
redditi
agricoli;
d) favorire le iniziative a difesa del
suolo, del territorio e dell’ambiente da
parte
degli
imprenditori
agricoli
attraverso l’incremento dei redditi
aziendali e il miglioramento della
qualità
di
vita;
e) recuperare il patrimonio edilizio
rurale
tutelando
le
peculiarità
paesaggistiche;
f) sostenere e incentivare le produzioni
tipiche, le produzioni di qualità e le
connesse
tradizioni
enogastronomiche;
g) promuovere la cultura rurale e
l’educazione
alimentare;
h) favorire lo sviluppo agricolo e
forestale.
2. Costituiscono forme idonee anche
l’agriturismo,
l’ospitalità
rurale
familiare, il turismo venatorio svolto
dalle aziende agro-turistico-venatorie e
le strade del vino, dell’olio e degli altri
prodotti agricoli tipici.
3. Per agriturismo si intende l’attività
connessa dell’imprenditore agricolo di
cui all’articolo 14; per ospitalità rurale
familiare si intende l’attività relativa al
servizio di alloggio e di prima
colazione svolto da persone fisiche
nella propria abitazione che, se svolte
con
carattere
professionale
e
continuativo da imprenditori agricoli
rientrano tra le attività agrituristiche di
cui all’articolo 14; per turismo
venatorio si intende quello esercitato
nelle aziende agri-turistico-venatorie
istituite, su richiesta del concessionario
delle aziende faunistico venatorie di
cui alla legge 27 dicembre 1977, n.
968, dalle regioni; per strade del vino,
dell’olio e degli altri prodotti tipici si
Art. 38
(Forme di turismo nelle zone
agricole: interventi e definizioni)
1. In armonia con i programmi di
sviluppo rurale dell’Unione europea,
dello Stato e delle regioni, l’agricoltura
è sostenuta anche mediante la
promozione di forme idonee di turismo
nelle campagne, volte a:
a) tutelare, qualificare e valorizzare le
risorse specifiche di ciascun territorio;
b) favorire il mantenimento delle
attività umane nelle aree rurali;
c) favorire la multifunzionalità in
agricoltura e la differenziazione dei
redditi agricoli;
d) favorire le iniziative a difesa del
suolo, del territorio e dell’ambiente da
parte
degli
imprenditori
agricoli
attraverso l’incremento dei redditi
aziendali e il miglioramento della
qualità di vita;
e) recuperare il patrimonio edilizio
rurale tutelando le peculiarità
paesaggistiche;
f) sostenere e incentivare le produzioni
tipiche, le produzioni di qualità e le
connesse
tradizioni
enogastronomiche;
g) promuovere la cultura rurale e
l’educazione alimentare;
h) favorire lo sviluppo agricolo e
forestale.
2.
Costituiscono
forme
idonee
l’agriturismo,
l’ospitalità
rurale
familiare, il turismo venatorio svolto
dalle aziende agro-turistico-venatorie e
le strade del vino, dell’olio e degli altri
prodotti agricoli tipici.
3. Per agriturismo si intende l’attività
connessa dell’imprenditore agricolo di
cui all’articolo 14; per ospitalità rurale
familiare si intende l’attività relativa al
servizio di alloggio e di prima
colazione svolto da persone fisiche
nella propria abitazione che, se svolte
con
carattere
professionale
e
continuativo da imprenditori agricoli
rientrano tra le attività agrituristiche di
cui all’articolo 14; per turismo
venatorio si intende quello esercitato
nelle aziende agri-turistico-venatorie
istituite, su richiesta del concessionario
delle aziende faunistico venatorie di
cui alla legge 27 dicembre 1977, n.
968, dalle regioni; per strade del vino,
dell’olio e degli altri prodotti tipici si
intendono quelle di cui all’articolo 20.
78
comma 2 dell’art. 36 della legge 11 intendono quelle di cui all’articolo 18.
febbraio 1992 n. 157: 1 “Le aziende
faunistico venatorie autorizzate dalle
regioni ai sensi dell’art. 36 della legge
27 dicembre 1997 n. 968, fino alla
naturale scadenza della concessione
sono
regolate
in
base
al
provvedimento di concessione. // 2. Su
richiesta del concessionario, le regioni
possono trasformare le aziende
faunistico-venatorie di cui al comma 1
in aziende agri-turistico-venatorie”.
Trattandosi di un richiamo, l’art. 36
della legge 157/1992 non rientra nella
disposizione
sulle
abrogazioni
contenuta in questo decreto legislativo
di riordino.
Si è osservato che l’art. 31 del testo approvato dal CdM nel dicembre 2009 disciplinerebbe in maniera non omogenea
attività sostanzialmente analoghe (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema
approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: nell’ambito del Titolo III
“Della disciplina del territorio” e sotto la Sezione II “Delle zone agricole a vocazione turistica) l’art. 31 (ora art. 38)< si
limita a ricordare le finalità degli interventi a favore del turismo nelle campagne (comma 1), le varie e distinte forme di
turismo nelle zone agricole (comma 2) e a dare, di esse, la definizione (comma 3). Non contiene alcuna disciplina. Le
distinte discipline, per attività sì sostanzialmente analoghe ma rette da norme originarie diverse, sono invece riportate nei
successivi articoli: l’art. 14, per l’agriturismo; l’art. 18, per le strade del vino; la legge 968/1977, per il turismo venatorio.
Sezione III
Si tratta di una norma riformulata. La
Della contrattazione programmata
formula che era stata proposta nello
schema
di
decreto
legislativo
Art. 32
approvato dal Consiglio dei Ministri
(Programmazione territoriale
dell’11 dicembre 2009, recitava: “La
negoziata)
disciplina
della
programmazione
negoziata si applica anche al settore 1. La disciplina della programmazione
agricolo, agroalimentare e della negoziata si applica anche al settore
pesca”. In sostanza, intendendo fare agricolo, agroalimentare e della pesca.
riferimento
alla
“contrattazione
programmata” al fine di introdurre le
definizioni di “distretto rurale” e
“distretto agro-alimentare” di cui al
successivo articolo, si era ritenuto
opportuno
premettere
una
disposizione, il più possibile generale
del fenomeno.
All’uopo si era preso in considerazione
quanto contiene la legge 662/1996,
soprattutto nell’art. 2, comma 203
[comma 203: “Gli interventi che
coinvolgono
una
molteplicità
di
soggetti pubblici e privati ed implicano
decisioni
istituzionali
e
risorse
finanziarie
a
carico
delle
amministrazioni statali, regionali e
delle province autonome nonché degli
enti locali possono essere regolati
sulla base di accordi così definiti:
a)“Programmazione negoziata” (…),
b)”Intesa istituzionale di programma”
(…); c)”Accordo di programma quadro”
(…); d) “Patto territoriale”, come tale
intendendosi l’accordo, promosso da
enti locali, parti sociali, o da altri
soggetti pubblici o privati con i
contenuti di cui alla lettera c) relativo
all’attuazione di un programma di
Sezione III
Della contrattazione
programmata
Art. 39
(Programmazione territoriale
negoziata)
1. Alle imprese agricole, della pesca e
dell’acquicoltura e ai relativi consorzi,
si applicano le forme di accordo di cui
all’articolo 2, comma 203, lettere d),
patto territoriale, e), contratto di
programma, ed f), contratto di area,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
79
interventi caratterizzato da specifici
obiettivi di promozione dello sviluppo
locale; e) “Contratto di programma”,
come tale intendendosi il contratto
stipulato tra l’amministrazione statale
competente, grandi imprese, consorzi
di medie e piccole imprese e
rappresentanze di distretti industriali
per la realizzazione di interventi
oggetto di programmazione negoziata;
f) “Contratto di area”, come tale
intendendosi lo strumento operativo,
concordato tra amministrazioni, anche
locali, rappresentanze dei lavoratori e
dei datori di lavoro, nonché eventuali
altri soggetti interessati, per la
realizzazione delle azioni finalizzate ad
accelerare lo sviluppo e la creazione di
una nuova occupazione in territori
circoscritti, nell’ambito delle aree di
crisi indicate dal Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro
del
bilancio
e
della
programmazione economica e sentito
il parere delle competenti Commissioni
parlamentari, che si pronunciano entro
quindici giorni dalla richiesta, e delle
aree di sviluppo industriale e dei nuclei
di industrializzazione situati nei territori
di cui all’obiettivo 1 del Regolamento
CEE n. 2052/88, nonché delle aree
industrializzate realizzate a norma
dell’art. 32 della legge 14 maggio
1981, n. 219, che presenti i requisiti di
più rapida attivazione di investimenti di
disponibilità di aree attrezzate e di
risorse private o derivanti da interventi
normativi. Anche nell’ambito dei
contratti d’area dovranno essere
garantiti ai lavoratori i trattamenti
retributivi previsti dall’art. 6, comma 9,
lettera c), del decreto-legge 9 ottobre
1989, n. 338, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre
1989, n. 389”)].
La definizione si riferiva, in realtà, a
settori diversi da quello agricolo a cui,
però, è stata tuttavia estesa dall’art.
10, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1998,
n. 173 (“Rafforzamento strutturale
delle imprese. Il CIPE determina i
limiti, criteri e modalità di applicazione
anche alle imprese agricole, della
pesca marittima ed in acque salmastre
e dell’acquacoltura, e ai relativi
consorzi, degli interventi regolati
dall’art. 2, comma 203, lettera d)
“Contratto di area” della legge 23
dicembre 1996, n. 662.”). L’art. 10 del
d.lgs. n. 173 del 1998 è stato attuato
mediante Delibera CIPE 11 novembre
1998 n. 127.
Il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha proposta la riformulazione dell’articolo,
provvedendo a stilare la formula. La riformulazione è pienamente da accogliersi: di conseguenza si è provveduto alla
modifica dell’originario articolo 32 (ora art. 39) secondo il suggerimento espresso.
80
Il comma 1 è riprodotto dal comma 3
dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio
2001, n. 228 Orientamento e
modernizzazione del settore agricolo:
“Le
regioni
provvedono
all'individuazione dei distretti rurali e
dei distretti agroalimentari”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 1
dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio
2001, n. 228 Orientamento e
modernizzazione del settore agricolo:
“Si definiscono distretti rurali i sistemi
produttivi locali di cui all'articolo 36,
comma 1, della legge 5 ottobre 1991,
n. 317, e successive modificazioni,
caratterizzati da un'identità storica e
territoriale
omogenea
derivante
dall'integrazione fra attività agricole e
altre attività locali, nonché dalla
produzione di beni o servizi di
particolare specificità, coerenti con le
tradizioni e le vocazioni naturali e
territoriali”.
Il comma 3 è riprodotto dal comma 2
dell’articolo 13 del d. lgs. 18 maggio
2001, n. 228 Orientamento e
modernizzazione del settore agricolo:
“Si definiscono distretti agroalimentari
di qualità i sistemi produttivi locali,
anche a carattere interregionale,
caratterizzati da significativa presenza
economica e da interrelazione e
interdipendenza
produttiva
delle
imprese agricole e agroalimentari,
nonché da una o più produzioni
certificate e tutelate ai sensi della
vigente normativa comunitaria o
nazionale, oppure da produzioni
tradizionali o tipiche.”
Il comma 4 è riprodotto dal comma
369 dell’art. 1 della legge 23 dicembre
2005 n. 266 (legge finanziaria per il
2006): “Le norme in favore dei distretti
produttivi di cui al comma 366 si
applicano anche ai distretti rurali e
agroalimentari di cui all’articolo 13 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
228, ai sistemi produttivi, ai sistemi
produttivi locali, distretti industriali e
consorzi di sviluppo industriale definiti
ai sensi dell’articolo 36 della legge 5
ottobre 1991, n. 317, nonché ai
consorzi per il commercio estero di cui
alla legge 21 febbraio 1989 n.83”.
L’aggiunta “sì come disposto dal
comma 369 dell’articolo 1 della
predetta legge [23.12.2005, n. 266]
diventa superflua: sicché va eliminata.
Trattandosi di un richiamo, le
disposizioni precedenti non rientrano
nell’articolo
sulle
abrogazioni
contenuto in questo decreto legislativo
di riordino.
Art. 33
(Distretti rurali e distretti
agroalimentari)
1. Le regioni e le province autonome
individuano i distretti rurali e i distretti
agroalimentari.
2. Si definiscono distretti rurali i sistemi
produttivi locali di cui all’articolo 36,
comma 1, della legge 5 ottobre 1991,
n. 317, caratterizzati da un'identità
storica e territoriale omogenea,
derivante dall'integrazione fra attività
agricole e altre attività locali, nonché
dalla produzione di beni o servizi di
particolare specificità, coerenti con le
tradizioni e le vocazioni naturali e
territoriali.
3.
Si
definiscono
distretti
agroalimentari di qualità i sistemi
produttivi locali, anche a carattere
interregionale,
caratterizzati
da
significativa presenza economica e da
interrelazione
e
interdipendenza
produttiva delle imprese agricole e
agroalimentari, nonché da una o più
produzioni certificate e tutelate ai sensi
della vigente normativa comunitaria o
nazionale, oppure da produzioni
tradizionali o tipiche.
4. Le norme in favore dei distretti
produttivi di cui al comma 366
dell’articolo 1 della legge 23 dicembre
2005, n. 266, si applicano anche ai
distretti rurali e agroalimentari, sì come
disposto dal comma 369 dell’articolo 1
della predetta legge.
Art. 40
(Distretti rurali e distretti
agroalimentari)
1. Le regioni individuano i distretti
rurali e i distretti agroalimentari.
2. Si definiscono distretti rurali i sistemi
produttivi locali di cui all’articolo 36,
comma 1, della legge 5 ottobre 1991,
n. 317, caratterizzati da un'identità
storica e territoriale omogenea,
derivante dall'integrazione fra attività
agricole e altre attività locali, nonché
dalla produzione di beni o servizi di
particolare specificità, coerenti con le
tradizioni e le vocazioni naturali e
territoriali.
3.
Si
definiscono
distretti
agroalimentari di qualità i sistemi
produttivi locali, anche a carattere
interregionale,
caratterizzati
da
significativa presenza economica e da
interrelazione
e
interdipendenza
produttiva delle imprese agricole e
agroalimentari, nonché da una o più
produzioni certificate e tutelate ai sensi
della vigente normativa dell’Unione
europea o nazionale, oppure da
produzioni tradizionali o tipiche.
4. Le norme in favore dei distretti
produttivi di cui al comma 366
dell’articolo 1 della legge 23 dicembre
2005, n. 266, si applicano anche ai
distretti rurali e agroalimentari.
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che siano soppresse le parole “e
le province autonome” sia per ripristinare il testo originario dell’art. 13 d.lgs. 228/2001, sia perché l’art. 35 (ora art. 40) del
81
proposto testo di legge di riordino e di semplificazione contiene una specifica disposizione di salvaguardia delle
competenze delle autonomie locali. La proposta di emendamento va accolta.
Capo II
La prima parte del comma 1 è
riprodotta dal comma 1 dell’articolo 1
della legge 24 dicembre 2003, n. 378
Disposizioni per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale:
“La presente legge ha lo scopo di
salvaguardare
e
valorizzare
le
tipologie di architettura rurale, quali
insediamenti
agricoli,
edifici
o
fabbricati rurali, presenti sul territorio
nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX
secolo
e
che
costituiscono
testimonianza dell’economia rurale
tradizionale”.
La seconda parte del comma 1 è
riprodotta, con inversione del soggetto
e
con
accorpamento
delle
disposizioni, dal comma 2 dell’articolo
1 della legge 24 dicembre 2003, n. 378
Disposizioni per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale:
“Ai fini dei benefici previsti dalla
presente legge, le diverse tipologie di
architettura rurale di cui al comma 1,
presenti sul territorio nazionale, sono
individuate, con decreto avente natura
non regolamentare del Ministro per i
beni e le attività culturali, di concerto
con i Ministri delle politiche agricole e
forestali e dell’ambiente e della tutela
del territorio, su proposta delle regioni
interessate, previa intesa in sede di
Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281. Con il medesimo decreto
sono definiti altresì i criteri tecnicoscientifici per la realizzazione degli
interventi di cui all’articolo 2, comma 1,
lettera a), con riferimento anche a
modalità e tecniche costruttive coerenti
con
i
principi
dell’architettura
bioecologica”.
Con decreto del 6 ottobre 2005 del
Ministero per i beni e le attività culturali
sono state dettate le norme volte a
completare il dettato della legge
378/2003.
Il comma 2 è riprodotto dalle lettere a)
e b) del comma 1 dell’articolo 2 della
legge 24 dicembre 2003, n. 378
Disposizioni per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale:
“(…) a) definizione degli interventi
necessari per la conservazione degli
elementi
tradizionali
e
delle
caratteristiche storiche, architettoniche
e ambientali degli insediamenti
agricoli, degli edifici o dei fabbricati
rurali tradizionali, di cui all’articolo 1, al
fine di assicurarne il risanamento
conservativo ed il recupero funzionale,
compatibilmente con le esigenze di
ristrutturazione
tecnologica
delle
aziende agricole; b) previsione di
Dell’architettura rurale
Capo II
Dell’architettura rurale
Art. 34
Art. 41
(Individuazione e tutela
(Individuazione e tutela
dell’architettura rurale)
dell’architettura rurale)
1. Le tipologie di architettura rurale, 1. Ai fini dei benefici previsti dalla
quali insediamenti agricoli, edifici o legge 24 dicembre 2003, n. 378,
fabbricati rurali, presenti sul territorio recante disposizioni per la tutela e la
nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX valorizzazione dell’architettura rurale,
secolo,
e
che
costituiscono le tipologie di architettura rurale, quali
testimonianza dell’economia rurale insediamenti
agricoli,
edifici
o
tradizionale sono individuate con fabbricati rurali, presenti sul territorio
decreto del Ministro per i beni e le nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX
attività culturali, di concerto con i secolo,
e
che
costituiscono
Ministri
delle
politiche
agricole testimonianza dell’economia rurale
alimentari e forestali, dell’ambiente e tradizionale sono individuate con
della tutela del territorio e del mare e decreto del Ministro per i beni e le
del Ministro delle infrastrutture e dei attività culturali, di concerto con i
trasporti, su proposta delle regioni Ministri
delle
politiche
agricole
interessate e previa intesa in sede di alimentari e forestali, dell’ambiente e
Conferenza Stato-Regioni. Con il della tutela del territorio e del mare e
medesimo decreto sono previsti i del Ministro delle infrastrutture e dei
benefici e sono individuati i criteri trasporti, su proposta delle regioni
tecnico-scientifici per la realizzazione interessate e previa intesa in sede di
degli interventi di programmazione, Conferenza unificata. Con il medesimo
con riferimento anche a modalità e decreto sono definiti altresì i criteri
tecniche costruttive coerenti con i tecnico-scientifici per la realizzazione
principi dell’architettura bioecologica.
degli interventi di programmazione,
2. I criteri ed i principi direttivi cui con riferimento anche a modalità e
devono adeguarsi le regioni e le tecniche costruttive coerenti con i
province
autonome
nella principi dell’architettura bioecologica.
determinazione ed attuazione della 2. I criteri ed i principi direttivi cui
rispettiva
programmazione
di devono adeguarsi le regioni e le
valorizzazione dell’architettura rurale, province
autonome
nella
sono:
determinazione ed attuazione della
a) definizione degli interventi necessari rispettiva
programmazione
di
per la conservazione degli elementi valorizzazione dell’architettura rurale,
tradizionali e delle caratteristiche sono:
storiche, architettoniche e ambientali a) definizione degli interventi necessari
degli insediamenti agricoli, degli edifici
per la conservazione degli elementi
o dei fabbricati rurali tradizionali, di cui
tradizionali e delle caratteristiche storiche,
all’articolo I-20, per assicurarne architettoniche
il
e
ambientali
degli
risanamento
conservativo
ed insediamenti
il
agricoli, degli edifici o dei
recupero funzionale, compatibilmente
fabbricati rurali tradizionali, di cui al comma
con le esigenze di ristrutturazione
1, per assicurarne il risanamento
tecnologica delle aziende agricole; conservativo ed il recupero funzionale,
b) previsione di incentivi volti alla
compatibilmente con le esigenze di
conservazione
dell’originaria
ristrutturazione tecnologica delle aziende
destinazione d’uso degli insediamenti,
agricole;
degli edifici o dei fabbricati rurali, alla b) previsione di incentivi volti alla
tutela delle aree circostanti, dei tipi e conservazione
dell’originaria
metodi di coltivazione tradizionali, e destinazione d’uso degli insediamenti,
all’insediamento di attività compatibili degli edifici o dei fabbricati rurali, alla
con le tradizioni culturali tipiche
tutela e alla valorizzazione delle aree
circostanti, dei tipi e metodi di
coltivazione
tradizionali,
e
all’insediamento di attività compatibili
con le tradizioni culturali tipiche
82
incentivi volti alla conservazione
dell’originaria destinazione d’uso degli
insediamenti, degli edifici o dei
fabbricati rurali, alla tutela delle aree
circostanti, dei tipi e metodi di
coltivazione
tradizionali,
e
all’insediamento di attività compatibili
con le tradizioni culturali tipiche.”
Un’attenta rilettura della disposizione già inserita nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei
Ministri l’11 dicembre 2009 ha evidenziato la necessità di precisare, nel comma 1, a quali “benefici” sono destinati le
tipologie di architettura rurale. Con il richiamo specifico ai benefici di cui alla legge 378/2003 la disposizione è stata
riformulata.
Si è chiesto che, nel comma 2, alla lett. b) alla frase “… alla tutela delle aree circostanti” sia sostituita la frase “alla
tutela e valorizzazione delle aree circostanti e del paesaggio” (UPI-ANCI nella Conferenza Stato-Regioni: riunione del
19.1.2010).Il suggerimento è solo in parte condivisibile: invero, l’aggiunta della parola “valorizzazione” non può sollevare
problemi, spettando alle Regioni la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio. Diversamente va detto per quanto
riguarda l’aggiunta concernente il paesaggio, anche perché lo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio non ne dà
una definizione univoca per il “paesaggio” rurale. Dunque, si conferma la formula redatta nello schema approvato in
prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, con la sola integrazione della parola “valorizzazione”.
Riprodotto dal comma 1 dell’articolo 2
della legge 24 dicembre 2003, n. 378
Disposizioni per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale:
“Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, nell’ambito delle
proprie competenze di pianificazione e
programmazione territoriale, possono
individuare, sentita la competente
Soprintendenza per i beni e le attività
culturali, gli insediamenti di architettura
rurale, secondo le tipologie definite ai
sensi dell’articolo 1, presenti nel
proprio territorio e possono provvedere
al recupero, alla riqualificazione e alla
valorizzazione delle loro caratteristiche
costruttive, storiche, architettoniche e
ambientali,
anche
attraverso
la
predisposizione di appositi programmi,
di norma triennali, redatti sulla base
dei seguenti criteri e principi direttivi:
(…)”. La norma originaria è stata
divisa in due e viene riportata in
questo articolo 42 e nel precedente
articolo 41, comma 2.
Art. 35
(Programmazione regionale)
1. Fermo restando le disposizioni di cui
al d.lgs. n.42 del 2004 e successive
modificazioni, le regioni e le province
autonome individuano, nell’ambito
delle
proprie
competenze
di
pianificazione
e
programmazione
territoriale e sentita la competente
Soprintendenza per i beni e le attività
culturali, gli insediamenti di architettura
rurale, secondo le tipologie definite ai
sensi dell’articolo 27, presenti nel
proprio territorio, e provvedono al
recupero, alla riqualificazione e alla
valorizzazione delle loro caratteristiche
costruttive, storiche, architettoniche e
ambientali,
anche
attraverso
la
predisposizione di appositi programmi,
di norma triennali, redatti sulla base
dei criteri e principi direttivi di cui
all’articolo 34.
Art. 42
(Programmazione regionale)
1. Fermo restando le disposizioni di cui
al decreto legislativo n. 42 del 2004 e
successive modificazioni, le regioni
possono individuare, nell’ambito delle
proprie competenze di pianificazione e
programmazione territoriale e sentita
la competente Soprintendenza per i
beni e le attività culturali, gli
insediamenti di architettura rurale,
secondo le tipologie definite ai sensi
dell’articolo 41, presenti nel proprio
territorio, e provvedono al recupero,
alla
riqualificazione
e
alla
valorizzazione delle loro caratteristiche
costruttive, storiche, architettoniche e
ambientali,
anche
attraverso
la
predisposizione di appositi programmi,
di norma triennali, redatti sulla base
dei criteri e principi direttivi di cui all’
articolo 41.
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che nel comma 1 siano
soppresse le parole “e le province autonome” al fine di confermare la potestà legislativa provinciale in materia di
architettura rurale. La proposta di emendamento va accolta. Il Consiglio di Stato (pag. 60 del suo parere) ritiene che sia
più corretta la disposizione originaria “possono individuare”, perché invece l’espressione “individuano” segna un obbligo
e non una facoltà.
La tutela dell’ambiente rientra, ai
sensi della riforma del titolo V, nelle
competenze esclusive dello Stato. La
norma, pertanto, avrebbe dovuto
essere
considerata
come
di
competenza esclusiva dello Stato.
Capo III
Della biodiversità,
dell’agricoltura transgenica, dei
danni provocati all’agricoltura
dall’attività venatoria e dalla
fauna selvatica
Capo III
Della biodiversità,
dell’agricoltura transgenica, dei
danni provocati all’agricoltura
dall’attività venatoria e dalla
fauna selvatica
83
Tuttavia, è opportuno ricordare
l’interpretazione
della
Corte
costituzionale che in più occasioni (v.
sentenza n. 307 del 2003, paragrafo 5
del Considerato in diritto, nonché
sentenze n. 407 del 2002, n. 222 del
2003 e n. 62 del 2005) ha affermato:
«”la tutela dell'ambiente”, più che una
“materia” in senso stretto, rappresenta
un compito nell'esercizio del quale lo
Stato conserva il potere di dettare
standard di protezione uniformi validi
in tutte le Regioni e non derogabili da
queste; e che ciò non esclude affatto
la possibilità che leggi regionali,
emanate nell'esercizio della potestà
concorrente di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione o di quella
“residuale” di cui all'art. 117, quarto
comma, possano assumere tra i propri
scopi
anche
finalità
di
tutela
ambientale».
Per esigenza di ordine e di sistema,
i commi 1 e 2 sono una norma nuova
con rinvio al testo della Convenzione
sulla Biodiversità che si ritiene
giustificato
dal
fatto
che
la
Convenzione stessa è stata ratificata
con legge 14 febbraio 1994, n. 124. Si
è ripreso nella norma l’articolo 2 della
Convenzione come risulta nella
traduzione italiana della Convenzione
riportata in allegato alla decisione del
Consiglio 93/626/CEE relativa alla
conclusione della convenzione sulla
diversità biologica.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 1 del
decreto-legge 22 novembre 2004, n.
279, recante disposizioni urgenti per
assicurare la coesistenza tra le forme
di
agricoltura
transgenica,
convenzionale e biologica coordinato
con la legge di conversione 28
gennaio 2005, n. 5 (da ora in poi legge
sulla coesistenza), premettendo la
seconda frase del 1° comma alla prima
onde avere un testo di migliore lettura.
Il testo originario dell’art. 1 è il
seguente: “(Finalità) 1. Il presente
decreto,
in
attuazione
della
Raccomandazione della Commissione
2003/556/CE, del 23 luglio 2003,
definisce il quadro normativo minimo
per la coesistenza tra le colture
transgeniche, escluse quelle per fini di
ricerca e sperimentazione autorizzate
ai sensi del decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali adottato,
d'intesa con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, in base
all'articolo 8, comma 6, del decreto
legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e
quelle convenzionali e biologiche, al
fine di non compromettere la
biodiversità dell'ambiente naturale e di
garantire la libertà di iniziativa
economica, il diritto di scelta dei
consumatori e la qualità e la tipicità
Sezione I
Della biodiversità
Art. 36
(Della biodiversità e della sua
tutela. Della salvaguardia del
principio di coesistenza)
1. Ai sensi delle convenzioni
internazionali, si intende per diversità
biologica la variabilità degli organismi
viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra
l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini e
gli altri ecosistemi acquatici, ed i
complessi ecologici di cui fanno parte;
essa comprende la diversità all’interno
di ogni specie, tra le specie e degli
ecosistemi.
2. Al fine di non compromettere la
biodiversità dell’ambiente naturale e di
garantire la libertà di iniziativa
economica, il diritto di scelta dei
consumatori e la qualità e la tipicità
della
produzione
agroalimentare
nazionale è definito il quadro
normativo minimo per la coesistenza
tra le colture transgeniche, escluse
quelle
per
fini
di
ricerca
e
sperimentazione autorizzate ai sensi
del decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali adottato,
d’intesa con il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, in
base all’articolo 8, comma 6, del
decreto legislativo 8 luglio 2003, n.
224, e quelle convenzionali e
biologiche.
3. Ai fini dell’attuazione delle norme di
questa sezione si intendono per:
a) colture transgeniche: le
coltivazioni che fanno uso di
organismi
geneticamente
modificati, sì come disposto dal
decreto legislativo 8 luglio 2003,
n. 224;
b)
colture
biologiche:
le
coltivazioni che adottano metodi di
produzione di cui al diritto
dell’Unione europea;
c) colture convenzionali: le
coltivazioni che non rientrano in
quelle definite alle lettere a) e b).
4. Le colture di cui al comma 3 sono
praticate senza che l’esercizio di una
di esse possa compromettere lo
svolgimento delle altre.
5. La coesistenza tra le colture di cui al
comma 4 è realizzata in modo da
tutelarne le peculiarità e le specificità
produttive e, per quanto riguarda le
caratteristiche delle relative tipologie di
sementi, in modo da evitare ogni forma
di commistione tra le sementi
transgeniche e quelle convenzionali e
biologiche.
6. Nel rispetto del principio di cui al
comma 4, l’introduzione di colture
transgeniche avviene senza alcun
pregiudizio per le attività agricole
Sezione I
Della biodiversità
Art. 43
(Della biodiversità e della sua
tutela. Della salvaguardia del
principio di coesistenza)
1. Ai sensi delle convenzioni
internazionali, si intende per diversità
biologica la variabilità degli organismi
viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra
l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini e
gli altri ecosistemi acquatici, ed i
complessi ecologici di cui fanno parte;
essa comprende la diversità all’interno
di ogni specie, tra le specie e degli
ecosistemi.
2. Al fine di non compromettere la
biodiversità dell’ambiente naturale e di
garantire la libertà di iniziativa
economica, il diritto di scelta dei
consumatori e la qualità e la tipicità
della
produzione
agroalimentare
nazionale è definito il quadro
normativo minimo per la coesistenza
tra le colture transgeniche, escluse
quelle
per
fini
di
ricerca
e
sperimentazione autorizzate ai sensi
del decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali adottato,
d’intesa con il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, in
base all’articolo 8, comma 6, del
decreto legislativo 8 luglio 2003, n.
224, e quelle convenzionali e
biologiche.
3. Ai fini dell’attuazione delle norme di
questa sezione si intendono per:
colture transgeniche: le
coltivazioni che fanno uso di organismi
geneticamente modificati, sì come
disposto dal decreto legislativo 8 luglio
2003, n. 224;
b) colture biologiche: le coltivazioni
che adottano metodi di produzione di
cui al diritto dell’Unione europea;
c)
colture
convenzionali:
le
coltivazioni che non rientrano in quelle
definite alle lettere a) e b).
4. Le colture di cui al comma 3 sono
praticate senza che l’esercizio di una
di esse possa compromettere lo
svolgimento delle altre.
5. La coesistenza tra le colture di cui al
comma 4 è realizzata in modo da
tutelarne le peculiarità e le specificità
produttive e, per quanto riguarda le
caratteristiche delle relative tipologie di
sementi, in modo da evitare ogni forma
di commistione tra le sementi
transgeniche e quelle convenzionali e
biologiche.
6. Nel rispetto del principio di cui al
comma 4, l’introduzione di colture
transgeniche avviene senza alcun
pregiudizio per le attività agricole
preesistenti e senza comportare per
84
della
produzione
agroalimentare
nazionale. 2. Ai fini dell'attuazione del
presente decreto si intendono per: a)
colture transgeniche: le coltivazioni
che
fanno
uso
di
organismi
geneticamente modificati, secondo la
definizione di cui all'articolo 3 del
decreto legislativo 8 luglio 2003, n.
224;b)
colture
biologiche:
le
coltivazioni che adottano metodi di
produzione di cui al regolamento
(CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24
giugno 1991; c) colture convenzionali:
le coltivazioni che non rientrano in
quelle definite alle lettere a) e b). Si fa
presente che il Reg. 2092/91 è stato
abrogato dal Reg. CE 834/2007.
I commi 4, 5 e 6 sono riprodotti
dall’art.
2
della
legge
sulla
coesistenza:
“(Salvaguardia
del
principio di coesistenza). 1. Le colture
di cui all'articolo 1 sono praticate
senza che l'esercizio di una di esse
possa compromettere lo svolgimento
delle altre. // 2. La coesistenza tra le
colture di cui all'articolo 1 è realizzata
in modo da tutelarne le peculiarità e le
specificità produttive e, per quanto
riguarda le caratteristiche delle relative
tipologie di sementi, in modo da
evitare ogni forma di commistione tra
le sementi transgeniche e quelle
convenzionali e biologiche. // 2-bis. Nel
rispetto del principio di cui al comma 1,
l'introduzione di colture transgeniche
avviene senza alcun pregiudizio per le
attività agricole preesistenti e senza
comportare per esse l'obbligo di
modificare o adeguare le normali
tecniche di coltivazione e allevamento.
È fatta salva ogni disposizione
concernente le aree protette. // 3.
L'attuazione
delle
regole
di
coesistenza deve assicurare agli
agricoltori, agli operatori della filiera ed
ai consumatori la reale possibilità di
scelta tra prodotti convenzionali,
biologici e transgenici e, pertanto, le
coltivazioni
transgeniche
sono
praticate all'interno di filiere di
produzione separate rispetto a quelle
convenzionali e biologiche”.
Si tenga presente che con sentenza
17 marzo 2006 n. 116 la Corte
costituzionale
ha
dichiarato
incostituzionali gli artt. 3, 4, 5 (commi 3
e 4), 6 (commi 1 e 2), 7 e 8 del decreto
legge 22 novembre 2004 n. 279,
convertito, con modifiche, dalla legge
28 gennaio 2005, n. 5.
preesistenti e senza comportare per
esse l’obbligo di modificare o
adeguare le normali tecniche di
coltivazione e allevamento. È fatta
salva ogni disposizione concernente le
aree protette.
7. L’attuazione delle regole di
coesistenza assicura agli agricoltori,
agli operatori della filiera ed ai
consumatori la reale possibilità di
scelta tra prodotti convenzionali,
biologici e transgenici e, pertanto, le
coltivazioni
transgeniche
sono
praticate all’interno di filiere di
produzione separate rispetto a quelle
convenzionali e biologiche
esse l’obbligo di modificare o
adeguare le normali tecniche di
coltivazione e allevamento. È fatta
salva ogni disposizione concernente le
aree protette.
7. L’attuazione delle regole di
coesistenza assicura agli agricoltori,
agli operatori della filiera ed ai
consumatori la reale possibilità di
scelta tra prodotti convenzionali,
biologici e transgenici e, pertanto, le
coltivazioni
transgeniche
sono
praticate all’interno di filiere di
produzione separate rispetto a quelle
convenzionali e biologiche.
Art. 44
Art. 37
(Responsabilità)
Riprodotto dall’art. 5 del d.l. 279/2004
(Responsabilità)
convertito
in
legge
5/2005: 1. L’agricoltore e gli altri soggetti 1. L’agricoltore e gli altri soggetti
“(Responsabilità) 1. Il conduttore individuati dal piano di coesistenza individuati dal piano di coesistenza
85
agricolo e gli altri soggetti individuati
dal piano di coesistenza di cui
all'articolo 4 sono tenuti ad osservare
le misure contenute nel piano
medesimo. 1-bis. Il conduttore agricolo
che riceve un danno derivante
dall'inosservanza da parte di altri
soggetti delle misure del piano di
coesistenza ha diritto ad essere
risarcito. Tale risarcimento grava su
chiunque abbia cagionato i danni
derivanti dalla inosservanza del piano
di coesistenza di cui all'articolo 4 e del
piano di gestione aziendale di cui al
comma 3 del presente articolo. Sui
soggetti che non osservano tali misure
incombe l'onere probatorio derivante
dall'inosservanza delle misure stesse.
Analoga responsabilità grava sui
fornitori dei mezzi tecnici di produzione
e sugli altri operatori della filiera
produttiva primaria. 1-ter. Con il
decreto di cui all'articolo 3, comma 1,
sono individuate le diverse tipologie di
risarcimento dei danni di cui al comma
1-bis e di quelli derivanti da
commistione
non
imputabile
a
responsabilità soggettive. Il decreto
definisce inoltre le modalità di accesso
del conduttore agricolo danneggiato al
Fondo di solidarietà nazionale di cui al
decreto legislativo 29 marzo 2004, n.
102, nei limiti delle disponibilità del
Fondo medesimo. Il decreto definisce
altresì le forme di utilizzo, senza
ulteriori oneri a carico del bilancio dello
Stato, di specifici strumenti assicurativi
da parte dei conduttori agricoli, diretti a
sostenere gli oneri derivanti dalle
responsabilità e dai danni disciplinati
dal presente articolo. 2. Il conduttore
agricolo è esente dalle responsabilità
di cui al comma 1-bis, nell'ipotesi in cui
abbia utilizzato sementi certificate
dall'autorità pubblica e munite di
dichiarazione della ditta sementiera,
concernente l'assenza di organismi
geneticamente modificati secondo la
vigente normativa”. Come precisato
nella nota al precedente articolo, la
Corte costituzionale ha dichiarato
incostituzionali i seguenti commi 3 e 4
dell’art. 5 d.l. 279/2004: “3. Chiunque
intenda mettere a coltura organismi
genericamente modificati è tenuto a
dare la comunicazione di cui all'articolo
30, comma 2, del decreto legislativo 8
luglio 2003, n. 224, ad elaborare un
piano di gestione aziendale per la
coesistenza, sulla base del piano di cui
all'articolo 4, nonché a conservare
appositi registri aziendali contenenti
informazioni relative alle misure di
gestione adottate. 4. Le regioni e le
province autonome provvedono a
definire modalità e procedure per la
raccolta e la tenuta, nell'ambito del
Sistema informativo agricolo nazionale
adottato dalle regioni e dalle province
autonome sono tenuti ad osservare le
misure contenute nel piano medesimo.
2. L’agricoltore che riceve un danno
derivante dall’inosservanza da parte di
altri soggetti delle misure del piano di
coesistenza ha diritto ad essere
risarcito. Tale risarcimento grava su
chiunque abbia cagionato i danni
derivanti dalla inosservanza del piano
di coesistenza di cui al comma 1 e del
piano di gestione aziendale che è
tenuto ad elaborare. Sui soggetti che
non osservano tali misure incombe
l’onere
probatorio
derivante
dall’inosservanza delle misure stesse.
Analoga responsabilità grava sui
fornitori dei mezzi tecnici di produzione
e sugli altri operatori della filiera
produttiva primaria.
3. Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d’intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono individuate
le diverse tipologie di risarcimento dei
danni di cui al comma 2 e di quelli
derivanti
da
commistione
non
imputabile a responsabilità soggettive.
Il decreto definisce inoltre le modalità
di accesso dell’agricoltore danneggiato
al Fondo di solidarietà nazionale di cui
al decreto legislativo 29 marzo 2004 n.
102, nei limiti delle disponibilità del
Fondo medesimo. Il decreto definisce
altresì le forme di utilizzo, senza
ulteriori oneri a carico del bilancio dello
Stato, di specifici strumenti assicurativi
da parte dei conduttori agricoli, diretti a
sostenere gli oneri derivanti dalle
responsabilità e dai danni disciplinati
dal presente articolo.
4. L’agricoltore è esente dalle
responsabilità di cui al comma 2,
nell’ipotesi in cui abbia utilizzato
sementi
certificate
dall’autorità
pubblica e munite di dichiarazione
della ditta sementiera, concernente
l’assenza di organismi geneticamente
modificati
secondo
la
vigente
normativa
adottato dalle regioni e dalle province
autonome sono tenuti ad osservare le
misure contenute nel piano medesimo.
2. L’agricoltore che riceve un danno
derivante dall’inosservanza da parte di
altri soggetti delle misure del piano di
coesistenza ha diritto ad essere
risarcito. Tale risarcimento grava su
chiunque abbia cagionato i danni
derivanti dalla inosservanza del piano
di coesistenza di cui al comma 1 e del
piano di gestione aziendale che è
tenuto ad elaborare. Sui soggetti che
non osservano tali misure incombe
l’onere
probatorio
derivante
dall’inosservanza delle misure stesse.
Analoga responsabilità grava sui
fornitori dei mezzi tecnici di produzione
e sugli altri operatori della filiera
produttiva primaria.
3. Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d’intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono individuate
le diverse tipologie di risarcimento dei
danni di cui al comma 2 e di quelli
derivanti
da
commistione
non
imputabile a responsabilità soggettive.
Il decreto definisce inoltre le modalità
di accesso dell’agricoltore danneggiato
al Fondo di solidarietà nazionale di cui
al decreto legislativo 29 marzo 2004,
n. 102, nei limiti delle disponibilità del
Fondo medesimo. Il decreto definisce
altresì le forme di utilizzo, senza
ulteriori oneri a carico del bilancio dello
Stato, di specifici strumenti assicurativi
da parte dei conduttori agricoli, diretti a
sostenere gli oneri derivanti dalle
responsabilità e dai danni disciplinati
dal presente articolo.
4. L’agricoltore è esente dalle
responsabilità di cui al comma 2,
nell’ipotesi in cui abbia utilizzato
sementi
certificate
dall’autorità
pubblica e munite di dichiarazione
della ditta sementiera, concernente
l’assenza di organismi geneticamente
modificati
secondo
la
vigente
normativa.
86
(SIAN) di cui all'articolo 15 del decreto
legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dei
dati e degli elementi di cui al comma
32”. E’ stato gioco forza modificare i
richiami
ai
commi
dichiarati
incostituzionali”.
Va detto che si sono sostituite le
parole “conduttore agricolo” con la più
generica
locuzione
“agricoltore”,
perché il termine “conduttore” può
richiamare la nozione di coltivatore che
conduce un fondo in affitto, mentre la
più generica parola “agricoltore”
comprende chiunque, sia proprietario
sia affittuario, sia imprenditore agricolo
o non imprenditore agricolo (per
un’agricoltura
di
autoconsumo),
proceda a colture transgeniche: questo
certamente
è
l’intenzione
del
legislatore come emerge da tutta la
legge e dai lavori parlamentari.
Si rileva che dal testo del comma 3 dell’articolo come formulato nello schema di decreto legislativo approvato dal
Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 risultano omesse le parole “previo parere delle Commissioni parlamentari”
(Consiglio di Stato, punto 5, pag. 61 del parere del 24 febbraio 2010).
L’inciso “previo parere delle Commissioni parlamentari” è contenuto nell’art. 3 del d.l. 279/2004 e non già nell’art. 5 da
cui è riprodotto l’articolo dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. E
l’art. 3 è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza 116/2006. Sicché si è confermata la
formula già approvata dal CdM l’11.12.2009.
I commi 1-4 (ora commi 2-5) sono
riprodotti dall’art. 26 della legge del 11
febbraio 1992 n. 157: “Per far fronte ai
danni non altrimenti risarcibili arrecati
alla produzione agricola e alle opere
approntate sui terreni coltivati e a
pascolo dalla fauna selvatica, in
particolare da quella protetta, e
dall'attività venatoria, è costituito a
cura di ogni regione un fondo destinato
alla prevenzione e ai risarcimenti, al
quale affluisce anche una percentuale
dei proventi di cui all'articolo 23. //
2. Le regioni provvedono, con apposite
disposizioni,
a
regolare
il
funzionamento del fondo di cui al
comma 1, prevedendo per la relativa
gestione un comitato in cui siano
presenti rappresentanti di strutture
provinciali
delle
organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale e
rappresentanti
delle
associazioni
venatorie
nazionali
riconosciute
maggiormente rappresentative. //3. Il
proprietario o il conduttore del fondo è
tenuto a denunciare tempestivamente i
danni al comitato di cui al comma 2,
che procede entro trenta giorni alle
relative verifiche anche mediante
sopralluogo e ispezioni e nei
centottanta giorni successivi alla
liquidazione. // 4. Per le domande di
prevenzione dei danni, il termine entro
cui il procedimento deve concludersi è
Sezione II
Dei danni provocati
all’agricoltura dall’attività
venatoria e dalla fauna selvatica
Sezione II
Dei danni provocati
all’agricoltura dall’attività
venatoria e dalla fauna selvatica
Art. 38
(Risarcimento dei danni prodotti
all’agricoltura dall’attività venatoria
e dalla fauna selvatica)
1. Al fine di far fronte ai danni, non
altrimenti
risarciti,
arrecati
alla
produzione agricola e alle opere
approntate sui terreni coltivati ed al
pascolo dalla fauna selvatica, in
particolare da quella protetta, e
dall’attività venatoria è costituito a cura
di ogni regione un fondo destinato alla
prevenzione ed al risarcimento, al
quale affluisce anche una percentuale
dei proventi di cui all'articolo 23 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2. Sì come disciplinato dall’articolo 15,
commi 3, 4 e 7, della legge 6 dicembre
1991, n. 394, a cui si rinvia, l'ente
parco è tenuto ad indennizzare i danni
provocati dalla fauna selvatica del
parco. A tal fine, il regolamento del
parco stabilisce le modalità per la
liquidazione e la corresponsione degli
indennizzi, da corrispondersi entro
novanta giorni dal verificarsi del
nocumento. L'ente parco provvede ad
istituire nel proprio bilancio un apposito
capitolo, con dotazione adeguata al
prevedibile
fabbisogno,
per
il
pagamento di indennizzi e risarcimenti,
Art. 45
(Risarcimento dei danni prodotti
all’agricoltura dall’attività venatoria
e dalla fauna selvatica)
1. Ai fini dell’applicazione del presente
articolo tra le specie di fauna selvatica
rientrano le specie ittiofaghe capaci di
provocare
danni
agli
organismi
acquatici oggetto dell’attività agricola
di acquicoltura.
2. (già comma 1) Al fine di far fronte ai
danni, non altrimenti risarcibili, arrecati
alla produzione agricola e alle opere
approntate sui terreni coltivati ed al
pascolo dalla fauna selvatica, in
particolare da quella protetta, e
dall’attività venatoria è costituito a cura
di ogni regione un fondo destinato alla
prevenzione ed al risarcimento, al
quale affluisce anche una percentuale
dei proventi di cui all'articolo 23 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
3. Le regioni provvedono, con apposite
disposizioni,
a
regolare
il
funzionamento del fondo di cui al
comma 1, prevedendo per la relativa
gestione un comitato in cui siano
presenti rappresentanti di strutture
provinciali
delle
organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale e
87
direttamente
regionale”.
disposto
con
norma formulando un apposito programma, rappresentanti
delle
associazioni
con opportune priorità.
venatorie
nazionali
riconosciute
maggiormente rappresentative.
4. Il proprietario o il conduttore del
fondo è tenuto a denunciare
tempestivamente i danni al comitato di
cui al comma 2, che procede entro
trenta giorni alle relative verifiche
anche
mediante
sopralluogo
e
ispezioni e nei centottanta giorni
successivi alla liquidazione.
5. Per le domande di prevenzione dei
danni, il termine entro cui il
procedimento deve concludersi è
direttamente disposto con norma
regionale.
6. (già comma 2) Come disciplinato
dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394,
l'ente parco è tenuto ad indennizzare i
danni provocati dalla fauna selvatica
del parco.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 riproduceva solo il comma 1
dell’art. 26 della legge 157/1992, non essendo stati riportati gli altri commi (2-4) che perciò venivano lasciati all’interno
della legge 157/1992. Il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 61) ha criticato questa
tecnica normativa che introdurrebbe una frammentazione e un’incoerenza topografica, contrastante con i principi del
riordino e della semplificazione normativi: sicché anche i suddetti commi vengono ora riportati e incorporati nell’attuale
art. 45 (con conseguente abrogazione dell’intero originario art. 26 della legge 157/1992).
Il comma 1 è stato introdotto su suggerimento dalla Commissione Agricoltura del Senato, che suggerito di
ricomprendere tra la fauna selvatica capace di provocare danni all’agricoltura anche le specie ittiofaghe. Il suggerimento
è da accogliersi. Premesso che l’attività di acquacoltura è attività agricola e che l’allevamento di organismi acquatici in
acque dolci, salmastre e salate è anch’esso agricoltura, le specie ittiofaghe capaci di provocare danni alle specie allevate
vengono, per motivi sistematici e di analogia, ad essere comprese tra le specie di fauna selvatica dannosa. Di
conseguenza l’art. 45 (già art. 38) è stato riformulato con la redazione di un (nuovo) comma 1 del seguente tenore: “Ai
fini dell’applicazione del presente articolo tra le specie di fauna selvatica rientrano le specie ittiofaghe capaci di
provocare danni agli organismi acquatici oggetto dell’attività agricola di acquicoltura”.
Nel comma 2 si provvede a correggere il refuso “risarciti” nel corretto termine “risarcibili”
Quanto all’attuale comma 6, va detto che nello schema di decreto legislativo di riordino approvata dal Consiglio dei
Ministri l’11 dicembre 2009 era contenuto, nel comma 2, il richiamo ai commi 3, 4 e 7 dell’art. 15 della legge 6 dicembre
1991 n. 394, Legge quadro sulle aree protette: “1… 2… 3. L'ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla
fauna selvatica del parco. 4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli
indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del nocumento. 5…. 6. … 7. L'ente parco provvede ad
istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione, adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di
indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità”. Trattandosi di un mero richiamo (il
comma 2 aveva, come incipit, la formula “sì come disciplinato dall’articolo…..”), ovviamente i commi 3, 4 e 7 dell’art. 15
della legge 394/1991 non venivano riportati nell’articolo sulle abrogazioni di questo decreto legislativo di riordino. Però, si
è suggerito di sopprimere la parte finale del comma (già) 2, che richiama il disposto del regolamento dei Parco (Dossier
di documentazione, p. 77; Consiglio di Stato). In particolare, il Consiglio di Stato, nella parte 5 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pag. 61) ha criticato questa tecnica normativa, che potrebbe dare luogo a pericoli di sovrapposizione
normativa, Il suggerimento è da accogliersi, sicché il comma (ora) 6 dell’art. 45 (già art. 38) è stato riformulato secondo il
suggerimento, per cui il rinvio alla legge 394/1991 è divenuto molto generico, cioè senza la testuale riproduzione dei
commi 4 e 7 dell’art. 15 dell’originaria norma.
Titolo IV
Il comma 1 è riprodotto dal comma 1,
art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “1. Ove non
diversamente disposto dalle leggi
regionali, per compendio unico si
intende
l'estensione
di
terreno
necessaria al raggiungimento del
livello minimo di redditività determinato
dai piani regionali di sviluppo rurale
per l'erogazione del sostegno agli
investimenti previsti dal regolamenti
(CE) n. 1257 e 1260/1999, e
DELLA PROPRIETÀ TERRIERA E
DELLE STRUTTURE AGRARIE
Capo I
Della proprietà rurale
Sezione I
Del riordinamento della
proprietà rurale: il compendio
unico
Titolo IV
DELLA PROPRIETÀ TERRIERA E
DELLE STRUTTURE AGRARIE
Capo I
Della proprietà rurale
Sezione I
Del riordinamento della
proprietà rurale: il compendio
unico
88
successive modificazioni.”
L’abrogazione del Reg. 1257/99 ha
“eliminato” il parametro, ma non la
sostanza della disposizione, ovvero la
necessità che la estensione del
compendio unico, nella misura stabilita
dalle Regioni, abbia una “minima
redditività” economica [si ricordi che il
compendio unico ha la sua origine
nella minima unità colturale del Codice
civile del 1942]: cosicché il comma 1
termina a “redditività” con l’aggiunta
dell’aggettivo “aziendale”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 5,
art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004, al quale si è
data una diversa collocazione. “5.
Possono essere costituiti in compendio
unico terreni agricoli anche non
confinanti fra loro purché funzionali
all'esercizio dell'impresa agricola.”
Il comma 3 è riprodotto dal comma 6
dell’art. 5-bis, l. 97/94, introdotto
dall’art. 52, comma 21, l. 448/2001: “6.
Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano regolano con
proprie leggi l'istituzione e la
conservazione delle aziende montane,
determinando,
in
particolare,
l'estensione della superficie minima
indivisibile”.
Si noti che il comma 3 riguarda
l’estensione delle “aziende montane”
che, in base alle norme originarie
riprodotte, sono “altro” dalle aziende
situate non in territori montani. Il
richiamo alla “superficie minima
indivisibile”
come
parametro
dell’estensione delle aziende montane
(come determinata dalle Regioni) deve
essere mantenuto.
Art. 39
(Compendio unico)
1. Ove non diversamente disposto
dalle leggi regionali, per compendio
unico si intende l'estensione di terreno
necessaria al raggiungimento del
livello minimo di redditività determinato
dai piani regionali di sviluppo rurale
per l'erogazione del sostegno agli
investimenti
previsti
dal
diritto
dell’Unione europea.
2. Possono essere costituiti in
compendio unico terreni agricoli anche
non confinanti fra loro purché
funzionali all'esercizio dell'impresa
agricola.
3. Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano regolano con
proprie leggi l'istituzione e la
conservazione delle aziende montane,
determinando,
in
particolare,
l'estensione della superficie minima
indivisibile.
Art. 46
(Compendio unico)
1. Ove non diversamente disposto
dalle leggi regionali, per compendio
unico si intende l'estensione di terreno
necessaria al raggiungimento del
livello minimo di redditività aziendale
2. Possono essere costituiti in
compendio unico terreni agricoli anche
non confinanti fra loro purché
funzionali all'esercizio dell'impresa
agricola.
3. Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano regolano con
proprie leggi l'istituzione e la
conservazione delle aziende montane,
determinando,
in
particolare,
l'estensione della loro superficie
minima indivisibile.
Si è suggerita l’opportunità di dare la definizione di “redditività” che superi le definizioni rinvenibili in maniera
disomogenea nei Piani di sviluppo rurale, anche in considerazione della circostanza che i profili in questione rivestono
una natura di tipo fiscale, rientrando in quanto tali nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato (Commissione
Agricoltura del Senato). Il suggerimento è da condividersi, ma nel riordino della materia la legge delega non sembra
consentire di innovare fino al punto di “formulare” una nuova norma fiscale. Di conseguenza l’unica cosa che appare
opportuna è di eliminare l’inciso “[livello minimo di redditività] determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per
l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti (CE) 1257 e 1260/1999 e successive modificazioni”.
D’altronde, poiché l’abrogazione del Reg. 1257/99 ha “eliminato” il parametro, ma non la sostanza della disposizione, per
cui rimane la necessità che la estensione del compendio unico abbia una “minima redditività” economica [si ricordi che il
compendio unico ha la sua origine nella minima unità colturale del Codice civile del 1942], il comma 1 dell’art. 46 (già art.
39) è riformulato in modo che esso termini a “redditività” con l’aggiunta dell’aggettivo “aziendale”. Interverrà
eventualmente il Parlamento, su proposta del Ministro dell’economia, a fissare – su base nazionale – il minimo livello di
redditività. Anche dopo l’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, nel corso del quale la Coldiretti ha
eccepito la mancanza di criteri a cui collegare la “redditività” aziendale, Si ritiene di ribadire la precedente
considerazione. Invero, in un testo (sostanzialmente) unico come è il presente schema, non è dato al governo di
sostituire il richiamo a un regolamento comunitario abrogato con altro criterio di individuazione del minimo livello di
redditività valido per tutte le Regioni.
Il comma 1 è riprodotto dalla prima
frase del comma 11-bis (aggiunto
dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7,
d.lgs. 99/2004: “11-bis. La costituzione
di compendio unico avviene con
Art. 40
(Costituzione del compendio
unico)
1. La costituzione di compendio unico
avviene con dichiarazione resa dalla
parte acquirente o cessionaria nell’atto
di acquisto o di trasferimento.
Art. 47
(Costituzione del compendio
unico)
1. La costituzione di compendio unico
avviene con dichiarazione resa dalla
parte acquirente o cessionaria nell’atto
di acquisto o di trasferimento.
89
dichiarazione
resa
dalla
parte
acquirente o cessionaria nell'atto di
acquisto o di trasferimento”.
Il comma 2 è riprodotto dalla prima
frase del comma 11-quater (aggiunto
dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’ art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7,
d.lgs.
99/2004:
“11-quater.
La
costituzione di compendio unico può
avvenire anche in riferimento a terreni
agricoli e relative pertinenze già di
proprietà
della
parte,
mediante
dichiarazione
unilaterale
del
proprietario resa innanzi a notaio nelle
forme dell'atto pubblico”.
Il comma 3 è riprodotto dal comma
11-ter
(aggiunto
dall’art.
3,
d.lgs.101/2005) dell’ art. 5-bis, d.lgs.
228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs.
99/2004: “11-ter. I terreni e le relative
pertinenze possedute a titolo di
proprietà, possono concorrere al
raggiungimento del livello minimo di
redditività di cui al comma 1”.
2. La costituzione di compendio unico
può avvenire anche in riferimento a
terreni agricoli e relative pertinenze già
di proprietà della parte, mediante
dichiarazione
unilaterale
del
proprietario resa innanzi a notaio nelle
forme dell’atto pubblico.
3. I terreni e le relative pertinenze
possedute a titolo di proprietà possono
concorrere al raggiungimento minimo
di redditività di cui all’articolo 846.
2. La costituzione di compendio unico
può avvenire anche in riferimento a
terreni agricoli e relative pertinenze già
di proprietà della parte, mediante
dichiarazione
unilaterale
del
proprietario resa innanzi a notaio nelle
forme dell’atto pubblico.
3. I terreni e le relative pertinenze
possedute a titolo di proprietà possono
concorrere al raggiungimento minimo
di redditività di cui all’ articolo 46,
comma 1.
Nel comma 3 vi era un refuso (rinvio all’art. 846 c.c., anziché all’art. 39, comma 1, ora art. 46, comma 1 del presente
decreto di riordino). Esso è stato corretto.
Nonostante il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62), definisca “una norma
oscura” quella del comma 3, non si può che fare riferimento alla disposizione originaria da cui il comma 3 è stato
riprodotto.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 5-bis,
comma 2, del d.lgs. 18 maggio 2001 n.
228, introdotto dall’art. 7, d.lgs.
99/2004, coordinato con i commi 1 e 5
dell’art. 5-bis della legge 31 gennaio
1994 n. 97, introdotto dall’art 52,
comma 21, della legge 28 dicembre
2001, n. 448: “Il trasferimento a
qualsiasi titolo di terreni agricoli a
coloro che si impegnino a costituire un
compendio unico e a coltivarlo o a
condurlo in qualità di coltivatore diretto
o
di
imprenditore
agricolo
professionale per un periodo di almeno
dieci anni dal trasferimento è esente
da imposta di registro, ipotecaria,
catastale, di bollo e di ogni altro
genere. Gli onorari notarili per gli atti di
cui ai commi 1 e 3 sono ridotti ad un
sesto. In caso di violazione degli
obblighi di cui al presente comma sono
dovute, oltre alle imposte non pagate e
agli interessi, maggiori imposte pari al
50 per cento delle imposte dovute”.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 5-bis,
comma 3, del d.lgs. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “3. Le
agevolazioni fiscali e la riduzione degli
onorari notarili ad un sesto in favore
della costituzione del compendio unico
di cui al comma 2 spettano comunque
ai trasferimenti di immobili agricoli e
relative
pertinenze,
compresi
i
fabbricati, costituiti in maso chiuso di
cui alla legge della provincia autonoma
di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17,
Art. 41
(Agevolazioni fiscali e creditizie
per la formazione del compendio
unico)
1. Il trasferimento a qualsiasi titolo di
terreni agricoli a coloro che si
impegnino a costituire un compendio
unico e a coltivarlo o a condurlo in
qualità di coltivatore diretto o di
imprenditore agricolo professionale per
un periodo di almeno dieci anni dal
trasferimento è esente da imposta di
registro, ipotecaria, catastale, di bollo
e di ogni altro genere. Gli onorari
notarili per gli atti di cui ai commi 2 e 3
sono ridotti ad un sesto. In caso di
violazione degli obblighi di cui al
presente comma sono dovute, oltre
alle imposte non pagate e agli
interessi, maggiori imposte pari al 50
per cento delle imposte dovute.
2. Le agevolazioni fiscali e la riduzione
degli onorari notarili ad un sesto in
favore
della
costituzione
del
compendio unico di cui al comma 1
spettano comunque ai trasferimenti di
immobili agricoli e relative pertinenze,
compresi i fabbricati, costituiti in maso
chiuso di cui alla legge della provincia
autonoma di Bolzano 28 novembre
2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis
causa ad acquirenti che nell'atto o con
dichiarazione separata si impegnino a
condurre direttamente il maso per dieci
anni.
3.
Al
coltivatore
diretto
e
all'imprenditore agricolo professionale
Art. 48
(Agevolazioni fiscali e creditizie
per la formazione del compendio
unico)
1. Il trasferimento a qualsiasi titolo,
anche per il tramite dell’Istituto di
servizi per il mercato agricolo
alimentare (ISMEA), di terreni agricoli
a coloro che si impegnino a costituire
un compendio unico e a coltivarlo o a
condurlo in qualità di coltivatore diretto
o
di
imprenditore
agricolo
professionale per un periodo di almeno
dieci anni dal trasferimento è esente
da imposta di registro, ipotecaria,
catastale, di bollo e di ogni altro
genere. Gli onorari notarili sono ridotti
ad un sesto. In caso di violazione degli
obblighi di cui al presente comma sono
dovute, oltre alle imposte non pagate e
agli interessi, maggiori imposte pari al
50 per cento delle imposte dovute.
2. Le agevolazioni fiscali e la riduzione
degli onorari notarili ad un sesto in
favore
della
costituzione
del
compendio unico di cui al comma 1
spettano comunque ai trasferimenti di
immobili agricoli e relative pertinenze,
compresi i fabbricati, costituiti in maso
chiuso di cui alla legge della provincia
autonoma di Bolzano 28 novembre
2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis
causa ad acquirenti che nell'atto o con
dichiarazione separata si impegnino a
condurre direttamente il maso per dieci
anni.
3.
Al
coltivatore
diretto
e
90
effettuati tra vivi o mortis causa ad
acquirenti che nell'atto o con
dichiarazione separata si impegnino a
condurre direttamente il maso per dieci
anni.”
Il comma 3 è riprodotto dal comma 3,
art 5-bis, l. 97/94, introdotto dall’art 52,
comma 21, l. 28 dicembre 2001, n.
448, al quale sarebbe dovuto essere
aggiunto l’inciso “siti nei territori delle
comunità montane”, poiché non
sembra estensibile il beneficio agli
acquisti di terreni posti fuori dalle
richiamate zone, e ciò per ragioni di
interpretazione: Infatti, il comma 3,
secondo cui “Al coltivatore diretto e
all'imprenditore agricolo a titolo
principale che acquisti a qualsiasi titolo
i terreni agricoli di cui al comma 1
possono essere concessi, nei limiti del
Fondo di cui al comma 4, mutui
decennali a tasso agevolato con
copertura degli interessi pari al 50 per
cento a carico del bilancio dello Stato.
Tale mutuo concerne l'ammortamento
del capitale aziendale e l'indennizzo da
corrispondere ad eventuali coeredi, nel
rispetto della presente legge”, fa
richiamo al comma 1 dell’art. 5-bis
della legge 97/1994 che è la legge
sulla montagna. Poiché l’art. 48 di
questo schema, come i precedenti artt.
46 e 47, riguarda il compendio unico
costituito su tutto il territorio nazionale
(di pianura, di collina e di montagna),
sarebbe necessario limitare i benefici
di cui all’originario art. 5-bis della legge
sulla montagna alle “aziende agricole
montane” (che è la rubrica del detto
art. 5-bis), ovvero ai “territori delle
Comunità montane”. Attualmente,
però, le Comunità montane sono
assoggettate ad interventi fortemente
modificativi della loro esistenza e
configurazione, sicché – sotto questo
profilo – il richiamo ai “territori delle
comunità
montane”
potrebbe
determinare problemi di applicazione.
D’altra parte, limitarsi a scrivere “siti
nei territori montani” darebbe luogo ad
altri problemi di applicazione della
norma, poiché non esiste una
disposizione
nazionale
sulla
“montanità” del territorio. Resta solo la
possibilità di tenere presente che l’art.
1 della legge 97/94, oltre a definire i
territori delle comunità montane e i
comuni montani come comuni facenti
parte di comunità montane, definisce “i
comuni
interamente
montani
classificati tali ai sensi della legge 3
dicembre 1971 n. 1102 e successive
modificazioni” precisando che ciò si
verifica
“in
mancanza
della
ridelimitazione” spettante alle Regioni.
Tuttavia, l’art. 3 della legge 3 dicembre
1971 n. 1102 sulla montagna è stato
abrogato dall’art. 29 legge 8 giugno
che acquistino a qualsiasi titolo i
terreni agricoli di cui all’articolo 39 siti
nei territori delle comunità montane
possono essere concessi, nei limiti del
Fondo di cui al comma 4 dell’articolo
5-bis della legge 31 gennaio 1994, n.
97, modificato dall’articolo 1-quinquies
del decreto-legge 9 settembre 2005, n.
182, convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 novembre 2005, n. 231,
e dal comma 428 dell’articolo 1 della
legge 23 dicembre 2005, n. 266, mutui
decennali a tasso agevolato con
copertura degli interessi pari al 50 per
cento a carico del bilancio dello Stato.
Tale mutuo concerne l'ammortamento
del capitale aziendale e l'indennizzo da
corrispondere ad eventuali coeredi, nel
rispetto dell’articolo 51.
5. Nella ipotesi di costituzione di
compendio
unico
mediante
dichiarazione
resa
dalla
parte
acquirente o cessionaria nell’atto di
acquisto o di trasferimento, sono
dovuti esclusivamente gli onorari
notarili per l'atto di acquisto o
trasferimento ridotti ad un sesto ai
sensi del presente articolo, senza
alcuna maggiorazione.
6. Nella ipotesi di costituzione di
compendio
unico
mediante
dichiarazione
unilaterale
del
proprietario, gli onorari notarili sono
determinati in misura fissa in
conformità a quanto disposto dal
Ministro della giustizia con suo decreto
sulla tariffa notarile.
all'imprenditore agricolo professionale
che acquistino a qualsiasi titolo i
terreni agricoli di cui all’articolo 46 siti
nei territori montani come delimitati da
parte delle regioni e province
autonome con riguardo al rispettivo
territorio possono essere concessi,
dall’ISMEA mutui decennali a tasso
agevolato con copertura degli interessi
a carico del bilancio dello Stato
secondo il metodo di calcolo dei tassi
di riferimento e di attualizzazione
previsto nella comunicazione della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione dei
prestiti.
Tale
mutuo
concerne
l'ammortamento del capitale aziendale
e l'indennizzo da corrispondere ad
eventuali
coeredi,
nel
rispetto
dell’articolo 50. Gli onorari notarili sono
ridotti ad un sesto.
4. Nella ipotesi di costituzione di
compendio
unico
mediante
dichiarazione
resa
dalla
parte
acquirente o cessionaria nell’atto di
acquisto o di trasferimento, sono
dovuti esclusivamente gli onorari
notarili per l'atto di acquisto o
trasferimento ridotti ad un sesto ai
sensi del presente articolo, senza
alcuna maggiorazione.
5. Nella ipotesi di costituzione di
compendio
unico
mediante
dichiarazione
unilaterale
del
proprietario, gli onorari notarili sono
determinati in misura fissa in
conformità a quanto disposto dal
Ministro della giustizia con proprio
decreto sulla tariffa notarile.
91
1990 n. 142 a sua volta abrogato
dall’art. 274 del d. lgs. 18 agosto 2000,
n. 267. Posto, però, che la legislazione
precedente ha sempre affidato alle
Regioni
la
competenza
della
delimitazione dei territori montani, si
potrebbe ritenere che il sistema
pretenda l’inserimento dell’inciso “siti
nei territori montani come delimitati da
parte delle regioni e province
autonome con riguardo al rispettivo
territorio”. Questa soluzione appare
preferibile rispetto all’altra possibile
formula: “siti nei territori come già
definiti dalle Comunità montane”
Si noti che l’art. 5-bis della legge
97/1994 costituisce il detto Fondo
presso l’ISMEA, articolo a cui fa rinvio
l’art. 1-quinquies del d.l. 9 settembre
2005, n. 182, convertito nella legge 11
novembre 2005, n. 231, come
modificato, a sua volta, dal comma
428 dell’art. 1 della legge 23 dicembre
2005, n. 266, che interviene sulla
destinazione a cui l’ISMEA è
autorizzata
nell’utilizzazione
delle
risorse finanziarie ad esso attribuite
dal detto art. 5-bis, comma 4.
L’ultimo inciso del comma 3 sugli
onorari notarili è riprodotto dal comma
2 dell’art. 5bis del d.lgs. 228/2001,
come introdotto dall’art. 7 d.lgs.
99/2004, che richiama, con riferimento
alla riduzione degli onorari notarili ad
un sesto, le disposizioni dell’art. 5-bis,
commi 1 e 2 [ma, più correttamente,
comma 3], della legge 97/1994. Il
comma 1 dell’art. 5-bis della legge
97/1994 si riferisce ai “trasferimenti a
qualsiasi titolo di terreni agricoli a
coltivatori diretti o a iap ….”, mentre il
comma 3 si riferisce ai mutui nei limiti
del Fondo costituito presso l’ISMEA.
Il comma 4 è riprodotto dalla seconda
frase del comma 11-bis (aggiunto
dall’art. 3, d.lgs. 101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7,
d.lgs. 99/2004: “in tale ipotesi sono
dovuti esclusivamente gli onorari
notarili per l'atto di acquisto o
trasferimento ridotti ad un sesto ai
sensi del presente articolo, senza
alcuna maggiorazione”
Il comma 5 è riprodotto dalla seconda
frase del comma 11-quater (aggiunto
dall’art. 3, d.lgs.101/2005) dell’art. 5bis, d.lgs. 228/01, introdotto dall’art. 7,
d.lgs. 99/2004, ma modificata perché
si è ritenuto di esplicitare il caso di
costituzione di compendio unico
mediante dichiarazione unilaterale del
proprietario.
Il testo originario della norma è il
seguente: “Gli onorari notarili in tali
ipotesi sono determinati in misura
fissa, con applicazione della voce di
tariffa di cui all’articolo 6, comma 2,
della tariffa degli onorari spettanti ai
92
notai approvata con decreto del
Ministro della giustizia in data 27
novembre 2001, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17
dicembre 2001”.
Si è suggerito, soprattutto da ISMEA), di aggiungere, nel comma 1, alle parole “Il trasferimento a qualsiasi titolo” le
parole “anche per il tramite dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)” (Commissione Agricoltura
del Senato). Il suggerimento va accolto, perché l’inciso integrativo è coerente con i principi della legge delega, in quanto,
riproducendo un principio affermato dalla Corte di Cassazione, si risolverebbero contrasti giurisprudenziali. Di
conseguenza, il comma 1 è stato riformulato secondo il suggerimento proposto.
Si è suggerita l’opportunità di aggiungere, in fine al comma 1, il seguente periodo: “Non costituisce violazione degli
obblighi l’alienazione dei terreni o la concessione in godimento degli stessi a favore del coniuge, di parenti entro il terzo
grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 c.c., nonché
l’alienazione conseguente all’attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l’insediamento di
giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore” (Conferenza Stato-Regioni: riunione
dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione
impongono di non innovare i testi delle norme originarie.
La rinnovata rilettura del testo dei commi 1 e 3 dello schema del presente decreto legislativo di riordino e di
semplificazione suggerisce di intervenire sul comma 1 con la soppressione delle parole “per gli atti di cui al comma 2 e
3” nel secondo periodo sugli onorari notarili, nonché di inserire, alla fine del comma 3, il periodo “Gli onorari notarili sono
ridotti ad un sesto”. Infatti, il comma 1 riguarda gli atti di trasferimento dei terreni per la costituzione del compendio unico;
il comma 3 concerne, invece, i mutui per l'acquisto dei detti terreni, sicché l’intervento sugli onorari notarili degli atti di
mutuo non può essere trattato assieme agli atti di trasferimento, ma deve avere una sua specifica disposizione. Di
conseguenza, per la distinzione dell’oggetto, i commi 1 e 3 dell’art. 41, nelle parti contenenti le disposizioni sulla
riduzione ad un sesto degli onorari notarili, sono stati riformulati.
Nel corso dell’incontro del 9-XI.2011 con le organizzazioni professionali l’ISMEA – così ribadendo quanto già espresso
con la sua nota n. 1131 del 1.3.2010 con cui suggeriva la soppressione del comma 3 perché la destinazione del Fondo
prevista dall’art. 5-bis, comma 4, della legge 97/1994 sarebbe stata successivamente modificata), ha messo in evidenza
che attualmente il Fondo, richiamato nel comma 3 del presente schema, ha una diversa destinazione. Si nota, però,
che non sono stati abrogati né il comma 4 dell’art. 5-bis della legge 97/1994,né il comma 428 dell’art. 1 della legge
266/2005 (che prevedono la concessione di mutui a favore dei coltivatori diretti e degli iap che, nei territori montani,
intendano costituire un compendio unico). D’altre parte, nel comma 1 dell’art. 1-quinquies del d.l. 182/2005 (rubricato
“garanzie creditizie in agricoltura”) le parole “anche per gli interventi di cui all’art. 17 d.lgs. 102/2004” sono sostituite con
le parole “per le finalità di cui al comma 2”, ovvero per le finalità riconosciute all’ISMEA per li svolgimento della propria
attività istituzionale, con ciò stabilendosi che il Fondo serve a finanziarie tutte le finalità istituzionali dell’ISMEA, tra cui –
ovviamente e come dispone il comma 1 del presente art. 48 – il trasferimento di terreni per la costituzione del compendio
unico: solo che il comma 1 concede agevolazioni fiscali, mentre il comma 3 concede agevolazioni creditizie ma solo per i
territori montani. Più precisamente, l’art. 52, comma 21, della legge 441/2001 ha aggiunto l’art. 5-bis alla legge 97/1994
sulle disposizioni per le zone montane; il comma 4 di tale art. 5-bis ha costituito, presso l’ISMEA, un Fondo di importo di
2.320.000 euro annui per gli scopi di cui ai precedenti commi 1 e 3 [concessione di mutui decennali per favorire la
costituzione di compendi unici nelle zone montane]; il successivo d.l. 182/2005 ha elevato il contributo, a favore
dell’ISMEA, a 4 milioni di euro annui (comma) stabilendo che l’ISMEA è autorizzato ad utilizzare le risorse finanziarie ad
esso attribuite dal comma 4 dell’art. 5-bis della legge 97/1994, per lo svolgimento di (tutte) le sue attività istituzionali, cioè
non solo per la concessione di mutui per la costituzione di compendi unici nei territori delle comunità montane. Di
conseguenza, l’espressione “nei limiti del Fondo” del comma 3 deve essere intesa che l’ISMEA non può andare – ed è
ovvio – oltre quanto il Fondo gli mette a disposizione perché è dell’ISMEA la competenza a concedere i mutui.
Pertanto, si ribadisce la formulazione del comma 3, con la eliminazione del richiamo al Fondo di cui al comma 4 dell’art.
5-bis della legge 97/1994, con la modifica già suggerita dal Ministero dell’economia al tempo dello studio per un progetto
di Codice agricolo e con la precisazione che la concessione dei mutui è operata dall’ISMEA.
Si suggerisce di sostituire il riferimento, nel comma 3, ai terreni “siti nei territori compresi nelle Comunità montane”
con “siti nei territori montani come delimitati da parte delle Regioni e Province autonome con riguardo al rispettivo
territorio”. Tale formula, peraltro, era stata già proposta dal MiPAAF dopo la riunione della Conferenza Stato-Regioni
dell’8 gennaio 2010, quando era stato chiesto di eliminare l’inciso “siti nei territori delle comunità montane”, quanto meno
con riferimento alle comunità montane. La questione, peraltro, non è di poco conto. Si deve partire dal fatto che
l’originario art. 5-bis della legge 97/1994 (come introdotto dall’art. 52, comma 21, della legge 448/2001) concede il
beneficio di un mutuo con il 50% degli interessi a carico dello Stato, agli acquisti, da parte di coltivatori diretti e iap,
riguarda terreni siti nei “territori delle comunità montane” e che l’art. 1, comma 3, della legge 97/1994 precisa che
“quando non diversamente stabilito, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle Comunità montane
come ridelimitate ai sensi dell’art. 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142”. L’attuale art. 48 (già art. 41) del nostro schema
di decreto legislativo, come i precedenti artt. 46 e 47, riguarda il compendio unico costituito su tutto il territorio nazionale
(di piano, di collina e di montagna), sicché è necessario limitare i benefici di cui all’originario art. 5-bis della legge sulla
montagna alle “aziende agricole montane” (come dalla rubrica del detto art. 5-bis). Attualmente, le Comunità montane
sono assoggettate ad interventi fortemente modificativi della loro esistenza e configurazione, sicché – sotto questo
profilo – il richiamo ai “territori delle comunità montane” potrebbe determinare problemi di applicazione. D’altra parte,
limitarsi a scrivere “siti nei territori montani” darebbe altri problemi di applicazione della norma perché non esiste una
disposizione nazionale sulla “montanità” del territorio. Resta solo la possibilità di tenere presente che l’art. 1 della legge
93
97/94, oltre a definire i territori delle comunità montane e i comuni montani come comuni facenti parte di comunità
montane, definisce “i comuni interamente montani classificati tali ai sensi della legge 3 dicembre 1971 n. 1102 e
successive modificazioni” precisando “in mancanza della ridelimitazione” spettante alle Regioni. Tuttavia, l’art. 3 della
legge 3 dicembre 1971 n. 1102 sulla montagna è stato abrogato dall’art. 29 legge 8 giugno 1990 n. 142 a sua volta
abrogato dall’art. 274 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La soluzione, prima proposta dal MiPAAF e poi suggerita dalla
Conferenza Stato-Regioni dell’8.1.2010, ha consentito di riformulare il comma 3 dell’art. 39 con la formula “siti nei territori
montani come delimitati da parte delle regioni e province autonome con riguardo al rispettivo territorio”.
Sempre con riguardo al comma 3, si è accettata la formula fiscale suggerita dal Ministero dell’economia nel corso
delle discussioni dicembre 2005/gennaio 2006 sullo schema di un precedente Codice agricolo (Ministro MiPAAF, on.
Alemanno), sul quale v. il volume 63 della Collana IDAIC (Milano, 2011).
La norma è riprodotta dal comma 4,
art. 5-bis, d.lgs. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004. Nella
seconda frase del comma 1 dell’art. 5bis, legge 97/94 sulla montagna
compariva l’inciso “entro i limiti della
superficie
minima
indivisibile”,
introdotto dall’art 52, comma 21, l. 28
dicembre 2001, n. 448: “I terreni e le
relative
pertinenze,
compresi
i
fabbricati, costituiti in compendio unico
ed entro i limiti della superficie minima
indivisibile di cui al comma 6, sono
considerati unità indivisibili per quindici
anni dal momento dell'acquisto e per
questi anni non possono essere
frazionati per effetto di trasferimenti a
causa di morte o per atti tra vivi”.
Invece, il comma 4, art. 5-bis, d.lgs.
228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs.
99/2004, recita: “I terreni e le relative
pertinenze, compresi i fabbricati,
costituenti il compendio unico, sono
considerati unità indivisibili per dieci
anni dal momento della costituzione e
durante tale periodo non possono
essere frazionati per effetto di
trasferimenti a causa di morte o per
atti tra vivi. Il predetto vincolo di
indivisibilità
deve
essere
espressamente menzionato, a cura dei
notai roganti, negli atti di costituzione
del compendio e trascritto nei pubblici
registri immobiliari dai direttori degli
uffici competenti. Sono nulli gli atti tra
vivi e le disposizioni testamentarie che
hanno per effetto il frazionamento del
compendio unico”. Seconda frase del
comma 1, art. 5-bis, l. 97/94,
Art. 42
(Indivisibilità)
1. I terreni e le relative pertinenze,
compresi i fabbricati, costituiti in
compendio unico ed entro i limiti della
superficie minima indivisibile prevista
per esso, sono considerati unità
indivisibili per dieci anni dal momento
della costituzione e durante questo
periodo non possono essere frazionati
per effetto di trasferimenti a causa di
morte o per atti tra vivi. Il vincolo di
indivisibilità
deve
essere
espressamente menzionato, a cura dei
notai roganti, negli atti di costituzione
del compendio e trascritto nei pubblici
registri immobiliari. Sono nulli gli atti
tra vivi e le disposizioni testamentarie
che hanno per effetto il frazionamento
del compendio unico.
Art. 49
(Indivisibilità)
1. I terreni e le relative pertinenze,
compresi i fabbricati, costituiti in
compendio unico, sono considerati
unità indivisibili per dieci anni dal
momento della costituzione e durante
questo periodo non possono essere
frazionati per effetto di trasferimenti a
causa di morte o per atti tra vivi. Il
vincolo di indivisibilità deve essere
espressamente menzionato, a cura dei
notai roganti, negli atti di costituzione
del compendio e trascritto nei pubblici
registri immobiliari. Sono nulli gli atti
tra vivi e le disposizioni testamentarie
che hanno per effetto il frazionamento
del compendio unico.
Si suggerisce di sopprimere le parole “ed entro i limiti della superficie minima indivisibile prevista per esso”
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento viene accolto. Le suddette parole erano state aggiunte nella
formulazione dell’originario art. 42, ricavandole dall’art. 5-bis della legge 97/1994 e dall’art. 52, comma 21, legge
448/2001. Invece, l’art. 5-bis del d.lgs 228/2001 come introdotto dall’art. 7 del d.lgs. 99/2004 non le riporta più. E’
opportuno rifarsi all’ultima disposizione, sicché l’attuale art. 49 (già art. 42) è stato riformulato seguendo il suggerimento
proposto.
Art. 43
Art. 50
La norma racchiusa nel comma 1 è
(Successione nel compendio
(Divisione ereditaria del compendio
riprodotta dalla terza frase del comma
unico)
unico)
1, dell’art. 5-bis, l. 97/94, introdotto 1. In caso di successione, i compendi
dall’art 52, comma 21, l. 28 dicembre devono essere compresi per intero 1. In caso di divisione ereditaria, i
2001, n. 448, ma è stata estesa a tutte nella porzione di uno dei coeredi o compendi devono essere compresi per
94
le ipotesi di compendio unico, anche
per quelli situati fuori dai territori della
comunità montane. Nell’art. 5-bis,
d.lgs. 228/01 non era espressamente
prevista
l’attribuzione
congiunta:
tuttavia l’inciso, che è stato aggiunto, è
solo formalmente nuovo e non
modifica la norma originaria, perché al
medesimo
risultato
poteva
tranquillamente pervenirsi in via di
interpretazione. “Terza frase art. 5-bis,
l.97/94: In caso di successione i
compendi devono essere compresi per
intero nella porzione di uno dei coeredi
o nelle porzioni di più coeredi che ne
richiedano
congiuntamente
l'attribuzione”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 6,
art. 5-bis, d.ls. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “Qualora nel
periodo di indivisibilità di cui al comma
4, i beni disponibili nell'asse ereditario
non consentano la soddisfazione di
tutti gli eredi secondo quanto disposto
in materia di successioni o dal dante
causa, si provvede all'assegnazione
del compendio di cui al presente
articolo all'erede che la richieda, con
addebito dell'eccedenza. A favore
degli eredi, per la parte non
soddisfatta, sorge un credito di valuta
garantito da ipoteca, iscritta a tassa
fissa sui terreni caduti in successione,
da pagarsi entro due anni dall'apertura
della stessa con un tasso d'interesse
inferiore di un punto a quello legale“.
In ordine all’ultimo inciso del comma 2
si è accettata la formula fiscale
suggerita dal Ministero dell’economia
nel corso delle discussioni dicembre
2005/gennaio 2006 sullo schema di un
precedente Codice agricolo (Ministro
MiPAAF, on. Alemanno).
Il comma 3 è riprodotto dal comma 8,
art. 5-bis, d.ls. 228/01, introdotto
dall’art. 7, d.lgs. 99/2004: “8. Se
nessuno
degli
eredi
richiede
l'attribuzione
preferenziale,
sono
revocati i diritti agli aiuti comunitari e
nazionali, ivi comprese l'attribuzione di
quote
produttive,
assegnati
all'imprenditore defunto per i terreni
oggetto della successione. Con
decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni, e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono
determinate le modalità per la revoca e
la riattribuzione dei diritti e delle
quote”.
nelle porzioni di più coeredi che ne
richiedano
congiuntamente
l'attribuzione.
2. Qualora nel periodo di indivisibilità i
beni disponibili nell’asse ereditario non
consentano la soddisfazione di tutti gli
eredi secondo quanto disposto dalla
legge in materia di successioni o dal
dante
causa,
si
provvede
all’assegnazione
del
compendio
all’erede che la richieda, con addebito
dell’eccedenza. A favore degli eredi,
per la parte non soddisfatta, sorge un
credito di valuta garantito da ipoteca,
iscritta sui beni assegnati al coerede
tenuto al conguaglio, da pagarsi entro
due anni dall'apertura della stessa con
un tasso di interesse inferiore di un
punto a quello legale. L’imposta
ipotecaria per l’iscrizione è dovuta in
misura fissa.
3. Se nessuno degli eredi richiede
l'attribuzione
preferenziale,
sono
revocati i diritti agli aiuti comunitari e
nazionali, ivi comprese l'attribuzione di
quote
produttive,
assegnati
all'imprenditore defunto per i terreni
oggetto della successione. Con
decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, d'intesa
con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni, e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, sono determinate le modalità
per la revoca e la riattribuzione dei
diritti e delle quote.
intero nella porzione di uno degli eredi
o nelle porzioni di più coeredi che ne
richiedano
congiuntamente
l'attribuzione.
2. Qualora nel periodo di indivisibilità i
beni disponibili nell’asse ereditario non
consentano la soddisfazione di tutti gli
eredi secondo quanto disposto dalla
legge o dal dante causa, si provvede
all’assegnazione
del
compendio
all’erede che la richieda, con addebito
dell’eccedenza. A favore degli eredi,
per la parte non soddisfatta, sorge un
credito di valuta garantito da ipoteca
sui beni assegnati al coerede tenuto al
conguaglio, da pagarsi entro due anni
dall'apertura della stessa con un tasso
di interesse inferiore di un punto a
quello legale. L’imposta ipotecaria per
l’iscrizione è dovuta in misura fissa.
3. Se nessuno degli eredi richiede
l'attribuzione
preferenziale,
sono
revocati i diritti agli aiuti comunitari e
nazionali, ivi comprese l'attribuzione di
quote
produttive,
assegnati
all'imprenditore defunto per i terreni
oggetto della successione. Con
decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, d'intesa
con la conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni, e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, sono determinate le modalità
per la revoca e la riattribuzione dei
diritti e delle quote.
La formulazione dell’attuale art. 50 tiene conto dei suggerimenti espressi dal Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo
parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62). Il Consiglio di Stato suggerisce che siano sostituiti le parole “successione” e
“coeredi” rispettivamente con “divisione ereditaria” e “eredi”. Osserva infatti e correttamente che fino a quando non c’è
divisione non si pone nessuna questione al momento della successione. Si noti, tuttavia, che le incongruenze sono della
disposizione originaria.
95
Ancora il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 62), suggerisce di eliminare
l’espressione “in materia di successioni” perché superflua. Inoltre suggerisce di eliminare le parole “di valuta” perché la
distinzione di “credito di valuta” e “credito di valore” è della dottrina e della giurisprudenza. Suggerisce ancora di
sostituire la frase “da ipoteca iscritta sui beni” con quella “iscritta sui beni”. Il primo e il terzo suggerimento vanno accolti.
Invece, si ritiene opportuno conservare la formula “credito di valuta”.
Si noti, comunque, che le incongruenze sono della disposizione originaria, che – per i limiti dei poteri concessi dalla
legge delega – non può che essere riportata, ad eccezione delle modifiche formali di cui sopra. In definitiva, non si può
modificare il testo originario come riprodotto nello schema di decreto legislativo.
Riprodotto dal comma 7, art. 5-bis,
d.ls. 228/01, introdotto dall’art. 7, d.lgs.
99/2004: “7. In caso di controversie sul
valore da assegnare al compendio
unico o relativamente ai diritti agli aiuti
comunitari e nazionali presenti sul
compendio stesso, le parti possono
richiedere un arbitrato alla camera
arbitrale
ed
allo
sportello
di
conciliazione di cui al decreto del
Ministro delle politiche agricole e
forestali 1 luglio 2002, n. 743.”
Art. 44
(Controversie sul valore del
compendio unico)
1. In caso di controversie sul valore da
assegnare al compendio unico o
relativamente ai diritti agli aiuti
comunitari e nazionali presenti sul
compendio stesso, le parti possono
richiedere un arbitrato alla camera
arbitrale
ed
allo
sportello
di
conciliazione.
Art. 51
(Controversie sul valore del
compendio unico)
1. In caso di controversie sul valore da
assegnare al compendio unico o
relativamente ai diritti agli aiuti
comunitari e nazionali presenti sul
compendio stesso, le parti possono
richiedere un arbitrato alla camera
arbitrale
ed
allo
sportello
di
conciliazione.
Si suggerisce l’opportunità di aggiungere, in fine, le parole “[camera arbitrale e sportello unico di conciliazione] di cui al
decreto MiPAAF 1° luglio 2002, n. 743 ( Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello
schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: nella
formulazione del testo del presente decreto legislativo di riordino e di semplificazione si è tenuto presente il principio
della inopportunità di “ingessare” le norme con rinvii a specifici e ben determinati decreti ministeriali che, proprio per la
loro natura, sono soggetti a modifiche ed a integrazioni.
La disposizione sostituisce le parole
“minima unità colturale” degli artt. 849
e 850 c.c. Restano nella loro vigente
formulazione i successivi articoli 849,
850, 851, 852, 853, 854, 855 e 856 del
codice civile. Solo per memoria, si
riportano le disposizioni degli artt. 849
e 850.
Art. 849 c.c. “Indipendentemente dalla
formazione del consorzio previsto
dall'articolo seguente, il proprietario di
terreni entro i quali sono compresi
appezzamenti appartenenti ad altri, di
estensione inferiore alla minima unità
colturale, può domandare che gli sia
trasferita la proprietà di questi ultimi,
pagandone il prezzo, allo scopo di
attuare una migliore sistemazione
delle unità fondiarie. In caso di
contrasto decide l'autorità giudiziaria,
sentite le associazioni professionali
circa la sussistenza delle condizioni
che giustificano la richiesta di
trasferimento”.
Art. 850 c.c. “Quando più terreni
contigui e inferiori alla minima unità
colturale appartengono a diversi
proprietari, può, su istanza di alcuno
degli interessati o per iniziativa
dell'autorità amministrativa, essere
costituito un consorzio tra gli stessi
proprietari, allo scopo di provvedere a
una ricomposizione fondiaria idonea
alla migliore utilizzazione dei terreni
stessi. // Per la costituzione del
consorzio si applicano le norme
Art. 45
(Modifica degli articoli 849 e 850
del codice civile)
1. Le parole: “minima unità colturale”
contenute negli articoli 849 e 850 del
codice civile sono sostituite dalle
seguenti: “compendio unico”.
Art. 52
(Modifica degli articoli 849 e 850
del codice civile)
1. Agli articoli 849, primo comma, e
850, primo comma, del codice civile le
parole: “alla minima unità colturale”
sono sostituite dalle seguenti: “al
compendio unico”.
96
stabilite per i consorzi di bonifica”.
La formula ora riportata è suggerita dal Consiglio di Stato nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 63)
Il comma 1 è riprodotto dal comma 1
dell’art. 8, legge 26 maggio 1965, n.
590: “In caso di trasferimento a titolo
oneroso o di concessione in enfiteusi
di fondi concessi in affitto a coltivatori
diretti, a mezzadria, a colonia
parziaria, o a compartecipazione,
esclusa quella stagionale, l'affittuario, il
mezzadro,
il
colono
o
il
compartecipante,
a
parità
di
condizioni, ha diritto di prelazione
purché coltivi il fondo stesso da
almeno due anni, non abbia venduto,
nel biennio precedente, altri fondi
rustici di imponibile fondiario superiore
a lire mille, salvo il caso di cessione a
scopo di ricomposizione fondiaria, ed il
fondo per il quale intende esercitare la
prelazione in aggiunta ad altri
eventualmente posseduti in proprietà
od enfiteusi non superi il triplo della
superficie corrispondente alla capacità
lavorativa della sua famiglia”.
L’originario importo di imponibile
fondiario di L. 1000 è stato moltiplicato
per
il
coefficiente
dedotto
dall’aggiornamento attuato dalla legge
31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove
disposizioni per le zone montane)
dell’importo di cui all’art. 2 della legge
10 maggio 1976, n. 346 (arrotondato a
€ 36,00). L’originaria cifra di lire 1.000
è stata, poi, aggiornata con Circolare
n. 221593 del Ministero agricoltura e
foreste, d’intesa con il Ministero delle
finanze-Direzione
generale
del
catasto, in data 21.4.1988, in lire
300.000 (cioè, in cifra tonda, euro
155).
Non sono state riportate le parole
“mezzadri, coloni, compartecipanti”
quali titolari del diritto di prelazione
perché soggetti con siffatte qualifiche
non possono più esistere. Quanto alle
situazioni del passato vale sempre il
principio che tempus regit actum.
La parte prima del comma 2 è
riprodotta dall’art. 7, l. n. 817/1971:
“Detto diritto di prelazione, con le
modifiche previste nella presente
legge, spetta anche: 1) al mezzadro o
al colono il cui contratto sia stato
stipulato dopo l'entrata in vigore della
legge 15 settembre 1964, n. 756; 2) al
coltivatore diretto proprietario di terreni
confinanti con fondi offerti in vendita,
purché sugli stessi non siano insediati
mezzadri,
coloni,
affittuari,
compartecipanti od enfiteuti coltivatori
diretti”.
Per mero chiarimento ed in armonia
con indirizzo giurisprudenziale ormai
incontrastato, si è sostituita la dizione
Sezione II
Della prelazione
Sezione II
Della prelazione
Art. 46
Art. 53
(Titolarità del diritto di prelazione)
(Titolarità del diritto di prelazione)
1. In caso di trasferimento a titolo 1. In caso di trasferimento a titolo
oneroso o di concessione in enfiteusi oneroso o di concessione in enfiteusi
di fondi concessi in affitto a coltivatori di fondi concessi in affitto a coltivatori
diretti, l'affittuario, a parità di diretti, l'affittuario, a parità di
condizioni, ha diritto di prelazione, condizioni, ha diritto di prelazione,
purché coltivi il fondo stesso da purché coltivi il fondo stesso da
almeno due anni, non abbia venduto, almeno due anni, non abbia venduto,
nel biennio precedente, altri fondi nel biennio precedente, altri fondi
rustici con un reddito dominicale rustici con un imponibile fondiario
iscritto in catasto superiore a 36 euro, iscritto in catasto superiore a 155 euro,
salvo il caso di cessione a scopo di salvo il caso di cessione a scopo di
ricomposizione fondiaria, ed il fondo ricomposizione fondiaria, ed il fondo
per il quale intende esercitare la per il quale intende esercitare la
prelazione in aggiunta ad altri prelazione in aggiunta ad altri
eventualmente posseduti in proprietà eventualmente posseduti in proprietà
od enfiteusi non superi il triplo della od enfiteusi non superi il triplo della
superficie corrispondente alla capacità superficie corrispondente alla capacità
lavorativa della sua famiglia.
lavorativa della sua famiglia.
2. Il diritto di prelazione spetta anche 2. Il diritto di prelazione spetta anche
al coltivatore diretto proprietario di al coltivatore diretto proprietario di
terreni confinanti con fondi offerti in terreni confinanti con fondi offerti in
vendita, purché su questi ultimi non vendita, purché su questi ultimi non
siano insediati affittuari od enfiteuti siano insediati affittuari od enfiteuti
coltivatori diretti. Gli assegnatari dei coltivatori diretti. Gli assegnatari dei
fondi acquistati dall'Istituto di servizi fondi acquistati dall'Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentare per il mercato agricolo alimentare
(ISMEA) sono equiparati ai proprietari (ISMEA) sono equiparati ai proprietari
coltivatori diretti in ordine al diritto di coltivatori diretti in ordine al diritto di
prelazione o di riscatto agrari nella prelazione o di riscatto agrari nella
compravendita dei fondi confinanti.
compravendita dei fondi confinanti.
3. Nel caso di più soggetti confinanti, si 3. Nel caso di più soggetti confinanti, si
intendono, quali criteri preferenziali, intendono, quali criteri preferenziali,
nell'ordine, la presenza come partecipi nell'ordine, la presenza come partecipi
nelle rispettive imprese di coltivatori nelle rispettive imprese di coltivatori
diretti
e
imprenditori
agricoli diretti
e
imprenditori
agricoli
professionali di età compresa tra i 18 e professionali di età compresa tra i 18 e
i 40 anni o in cooperative di i 40 anni o in cooperative di
conduzione associata dei terreni o in conduzione associata dei terreni o in
società agricola di persone, il numero società agricola di persone, il numero
di essi nonché il possesso da parte di essi nonché il possesso da parte
degli stessi di conoscenze e degli stessi di conoscenze e
competenze
adeguate
ai
sensi competenze adeguate come stabilite
dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. dal diritto dell’Unione europea.
1257/1999 del Consiglio, del 17 4. Il diritto di prelazione di cui ai commi
maggio
1999,
e
successive da 1 a 3 compete anche:
modificazioni.
a) alle società agricole di persone,
4. Il diritto di prelazione di cui ai commi
qualora almeno la metà dei soci sia in
da 1 a 3 compete anche:
possesso della qualifica di coltivatore
a) alle società agricole di persone,
diretto come risultante dall’iscrizione nella
qualora almeno la metà dei soci sia in
sezione speciale del registro delle
possesso della qualifica di coltivatore
imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti
diretto come risultante dall’iscrizione
del codice civile;
nella sezione speciale del registro b) alle cooperative agricole di
delle imprese di cui all’articolo 2188 braccianti,
e
fittavoli ed altri coltivatori della
seguenti del codice civile;
terra, sia che attuino la conduzione unita
dei poderi, sia con divisione dei terreni tra
b) alle cooperative agricole di
i soci.
braccianti, fittavoli ed altri coltivatori
della terra, sia che attuino la 5. Qualora il trasferimento a titolo
conduzione unita dei poderi, sia con oneroso sia proposto, per quota di
97
originaria “sugli stessi” con “su questi
ultimi”, per risolvere le precedenti
incertezze di identificazione.
La parte seconda del comma 2 è
riprodotta dall’art. 8, comma 1, d. lgs.
29.3.2004, n. 99: “Gli assegnatari dei
fondi acquistati dall'Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentare
(ISMEA) sono equiparati ai proprietari
coltivatori diretti, ai sensi del citato
articolo 7 della legge 14 agosto 1971,
n. 817, in ordine al diritto di prelazione
o di riscatto agrari nella compravendita
dei fondi confinanti”.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 7 d.
lgs. 18.5.2001, n. 228: “Ai fini
dell'esercizio del diritto di prelazione o
di riscatto di cui rispettivamente
all'articolo 8 della legge 26 maggio
1965,
n.
590,
e
successive
modificazioni, ed all'articolo 7 della
legge 14 agosto 1971, n. 817, nel caso
di più soggetti confinanti, si intendono,
quali criteri preferenziali, nell'ordine, la
presenza
come
partecipi
nelle
rispettive imprese di coltivatori diretti e
imprenditori agricoli a titolo principale
di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in
cooperative di conduzione associata
dei terreni, il numero di essi nonché il
possesso da parte degli stessi di
conoscenze e competenze adeguate
ai sensi dell'articolo 8 del regolamento
(CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17
maggio 1999”. Per coerenza con il
resto dello schema di decreto
legislativo, si è modificato il richiamo
specifico al Reg. 1257/1999, peraltro
abrogato e sostituito dal Reg.
1698/2005 con il rinvio generico al
diritto dell’Unione europea.
Si noti che è inciso nuovo l’aggiunta
del riferimento alla società agricola di
persone, motivata dall’estensione della
prelazione anche a tali società da
norma successiva a quella del d. lgs
228/2001.
Probabilmente migliore sarebbe stata
la seguente formula: “…..la presenza
come partecipi nelle rispettive imprese,
ovvero nell’ipotesi di cooperative di
conduzione associata dei terreni, o di
società agricola di persone, di partecipi
alle medesime, di coltivatori diretti e
imprenditori agricoli professionali di età
compresa tra i 18 e i 40 anni, il numero
di essi nonché il possesso da parte
degli stessi di conoscenze e
competenze
adeguate
ai
sensi
dell'articolo 8 del regolamento (CE) n.
1257/99 del Consiglio del 17 maggio
1999.
La lettera a) del comma 4 è riprodotta
dal d. lgs. 29.3.2004, n. 99, art. 2,
comma 3 – “L'esercizio del diritto di
prelazione o di riscatto di cui all'articolo
8 della legge 26 maggio 1965, n. 590,
e
successive
modificazioni,
ed
divisione dei terreni tra i soci.
5. Qualora il trasferimento a titolo
oneroso sia proposto, per quota di
fondo, da un componente la famiglia
coltivatrice, sia in costanza di
comunione ereditaria che in ogni altro
caso di comunione familiare, gli altri
componenti
hanno
diritto
alla
prelazione sempre che siano coltivatori
manuali o continuino l'esercizio
.
dell'impresa familiare in comune
6. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2
sono preferiti, se coltivatori diretti, i
coeredi del venditore.
7. In caso di alienazione a titolo
oneroso di fondi rustici da parte di enti
pubblici o di fondazioni o di enti
similari, il diritto di prelazione spetta
all'affittuario che, anche se non dedito
abitualmente alla coltivazione della
terra, coltivi il fondo da almeno due
anni con il lavoro proprio o di persone
della sua famiglia, sempre che tale
forza lavorativa costituisca almeno un
terzo di quella occorrente per le
normali necessità di coltivazione del
fondo.
8. Nel caso di vendita di un fondo
coltivato da una pluralità di affittuari, la
prelazione non può essere esercitata
che da tutti congiuntamente. Qualora
alcuno abbia rinunciato, la prelazione
può essere esercitata congiuntamente
dagli altri affittuari, purché la superficie
del fondo non ecceda il triplo della
complessiva capacità lavorativa delle
loro famiglie. Si considera rinunciatario
l'avente titolo che entro quindici giorni
dalla notificazione di cui al comma 4
non abbia comunicato agli altri aventi
diritto la sua intenzione di avvalersi
della prelazione.
9. Nel caso di vendita di più fondi ogni
affittuario può esercitare singolarmente
o congiuntamente il diritto di
prelazione rispettivamente del fondo
coltivato o dell'intero complesso di
fondi.
10. La prelazione non è consentita nei
casi di permuta, vendita forzata,
liquidazione
coatta,
fallimento,
espropriazione per pubblica utilità e
quando i terreni in base a piani
regolatori, anche se non ancora
approvati,
siano
destinati
ad
utilizzazione edilizia, industriale o
turistica.
11. Il diritto di prelazione non può
essere esercitato quando i terreni
vengano acquistati dall’ISMEA nello
svolgimento delle specifiche funzioni
ad essa demandate.
fondo, da un componente la famiglia
coltivatrice, sia in costanza di
comunione ereditaria che in ogni altro
caso di comunione familiare, gli altri
componenti
hanno
diritto
alla
prelazione sempre che siano coltivatori
manuali o continuino l'esercizio
dell'impresa familiare in comune.
6. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2
sono preferiti, se coltivatori diretti, i
coeredi del venditore.
7. In caso di alienazione a titolo
oneroso di fondi rustici da parte di enti
pubblici o di fondazioni o di enti
similari, il diritto di prelazione spetta
all'affittuario che, anche se non dedito
abitualmente alla coltivazione della
terra, coltivi il fondo da almeno due
anni con il lavoro proprio o di persone
della sua famiglia, sempre che tale
forza lavorativa costituisca almeno un
terzo di quella occorrente per le
normali necessità di coltivazione del
fondo.
8. Nel caso di vendita di un fondo
coltivato da una pluralità di affittuari, la
prelazione non può essere esercitata
che da tutti congiuntamente. Qualora
taluno abbia rinunciato, la prelazione
può essere esercitata congiuntamente
dagli altri affittuari, purché la superficie
del fondo non ecceda il triplo della
complessiva capacità lavorativa delle
loro famiglie. Si considera rinunciatario
l'avente titolo che entro quindici giorni
dalla notificazione di cui al comma 4
non abbia comunicato agli altri aventi
diritto la sua intenzione di avvalersi
della prelazione.
9. Nel caso di vendita di più fondi ogni
affittuario può esercitare singolarmente
o congiuntamente il diritto di
prelazione rispettivamente del fondo
coltivato o dell'intero complesso di
fondi.
10. La prelazione non è consentita nei
casi di permuta, vendita forzata,
liquidazione
coatta,
fallimento,
espropriazione per pubblica utilità e
quando i terreni in base a piani
regolatori, anche se non ancora
approvati,
siano
destinati
ad
utilizzazione edilizia, industriale o
turistica.
11. Il diritto di prelazione non può
essere esercitato quando i terreni
vengano acquistati dall’ISMEA nello
svolgimento delle specifiche funzioni
ad essa demandate.
98
all'articolo 7 della legge 14 agosto
1971, n. 817, spetta anche alla società
agricola di persone qualora almeno la
metà dei soci sia in possesso della
qualifica di coltivatore diretto come
risultante dall'iscrizione nella sezione
speciale del registro delle imprese di
cui all'articolo 2188 e seguenti del
codice civile”.
La lettera b) del comma 4 è
riformulata
per
identificare
la
fattispecie
della
cooperativa,
provvedendo ad un accorpamento di
due norme: l’art. 16, comma 1, legge
14.8.1971, n. 817: “La formazione
della proprietà diretto-coltivatrice da
parte di cooperative agricole di
braccianti, compartecipanti, coloni,
mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori
della terra, è agevolata laddove
sussistano
condizioni
sociali,
economiche, produttivistiche che, a
parere delle amministrazioni pubbliche
preposte, consentano una efficiente
conduzione associata dei terreni, sia
che venga attuata con proprietà
cooperativa a conduzione unita dei
poderi sia con la divisione dei terreni
tra i soci. A tale fine è autorizzato il
limite di impegno di lire 150 milioni per
gli anni 1971 e 1972 e di lire 130
milioni per ciascuno degli anni dal
1973 al 1976 per la concessione del
concorso dello Stato nel pagamento
degli interessi sui mutui di cui al
decreto
legislativo
del
Capo
provvisorio dello Stato 24 febbraio
1948,
n.
114,
e
successive
modificazioni ed integrazioni. [Questa
lettera b) non concerne in modo
specifico il diritto di prelazione, ma è
una norma che vale a qualificare il
termine di “cooperative agricole” di cui
al comma 3 e pertanto è ripresa nella
formulazione di quello]; l’art. 16,
comma 3: Il diritto di prelazione di cui
all'articolo 8 della legge 26 maggio
1965, n. 590, con le modifiche previste
dalla presente legge, si applica anche
alle cooperative agricole”.
Il comma 5 è riprodotto dal comma 3
dell’art. 8, legge 26.5.1965, n. 590:
“Qualora il trasferimento a titolo
oneroso sia proposto, per quota di
fondo, da un componente la famiglia
coltivatrice, sia in costanza di
comunione ereditaria che in ogni altro
caso di comunione familiare, gli altri
componenti
hanno
diritto
alla
prelazione sempreché siano coltivatori
manuali o continuino l'esercizio
dell'impresa familiare in comune.
Il comma 6 è riprodotto dall’ultimo
comma dell’art. 8 legge 590/1965: “Ai
soggetti di cui ai commi primo e
secondo sono preferiti, se coltivatori
diretti, i coeredi del venditore”.
Il comma 7 è riprodotto dal comma 1
99
dell’articolo unico, legge 265/1976: “In
caso di alienazione a titolo oneroso di
fondi rustici da parte di enti pubblici o
di fondazioni o di enti similari, il diritto
di prelazione di cui all'articolo 8 della
legge 26 maggio 1965, n. 590, e
successive
modificazioni,
spetta
all'affittuario che, anche se non dedito
abitualmente alla coltivazione della
terra, coltivi il fondo da almeno due
anni con il lavoro proprio o di persone
della sua famiglia, sempreché tale
forza lavorativa costituisca almeno un
terzo di quella occorrente per le
normali necessità di coltivazione del
fondo”.
Vengono pretermessi, perché privi di
attualità, i commi 2 e 3 – “In caso di
compravendita
intervenuta
prima
dell'entrata in vigore della presente
legge, l'affittuario di cui al primo
comma del presente articolo ha diritto
di riscattare il fondo dall'acquirente e
da ogni successivo avente causa a
condizione che la trascrizione del
contratto
di
compravendita
sia
avvenuta dopo il 1 gennaio 1974 e che
il diritto di riscatto venga esercitato
entro sei mesi dall'entrata in vigore
della presente legge. In tal caso
all'acquirente sono dovuti il rimborso
del prezzo aumentato di un importo
corrispondente
alla
eventuale
svalutazione monetaria nel frattempo
intervenuta, le spese sostenute per la
compravendita del fondo e gli interessi
legali nel frattempo maturati sulle
somme pagate per il prezzo e per le
spese”.
Il comma 4, articolo unico, l. 265/1976
stabiliva anche che: “Ai fini del
presente articolo non si applica il primo
comma dell'articolo 31 della legge 26
maggio 1965, n. 590, mentre restano
ferme tutte le altre disposizioni in
materia”. Poiché l’art. 31 della legge
590/1965 stabiliva: “Ai fini della
presente legge sono considerati
coltivatori
diretti
coloro
che
direttamente ed abitualmente si
dedicano alla coltivazione dei fondi ed
all'allevamento ed al governo del
bestiame, sempreché la complessiva
forza lavorativa del nucleo familiare
non sia inferiore ad un terzo di quella
occorrente per la normale necessità
della coltivazione del fondo e per
l'allevamento ed il governo del
bestiame”,
deve
ritenersi
che
l’esclusione era formulata per evitare
che venisse interpretata in modo
corrispondente
alla
tradizionale
formula di coltivatore diretto il soggetto
a cui veniva, nel 1976, attribuita la
prelazione sui fondi rustici di enti
pubblici e fondazioni: qui non c’è
bisogno di essere “dedito abitualmente
alla coltivazione della terra”. E’ per tale
100
motivo che si ritiene di non ripetere il
detto comma 4 dell’articolo unico della
legge 265/1976.
Il comma 8 è riprodotto dal comma 9
dell’art. 8 L. 26.5.1965, n. 590: “Nel
caso di vendita di un fondo coltivato da
una pluralità di affittuari, mezzadri o
coloni, la prelazione non può essere
esercitata che da tutti congiuntamente.
Qualora alcuno abbia rinunciato, la
prelazione può essere esercitata
congiuntamente dagli altri affittuari,
mezzadri o coloni purché la superficie
del fondo non ecceda il triplo della
complessiva capacità lavorativa delle
loro famiglie. Si considera rinunciatario
l'avente titolo che entro quindici giorni
dalla notificazione di cui al quarto
comma non abbia comunicato agli altri
aventi diritto la sua intenzione di
avvalersi della prelazione”.
Il comma 9 è riprodotto dal comma 3
dell’art. 3 L. 14.8.1971, n. 817: “Nel
caso di vendita di più fondi ogni
affittuario, mezzadro o colono può
esercitare
singolarmente
o
congiuntamente il diritto di prelazione
rispettivamente del fondo coltivato o
dell'intero complesso di fondi”.
Il comma 10 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 8, legge n. 590/1965: “La
prelazione non è consentita nei casi di
permuta, vendita forzata, liquidazione
coatta, fallimento, espropriazione per
pubblica utilità e quando i terreni in
base a piani regolatori, anche se non
ancora approvati, siano destinati ad
utilizzazione edilizia, industriale o
turistica”.
Il comma 11 è riprodotto dal comma 1
dell’art 14, l. n. 590/1965, aggiornato a
mente delle previsioni dell’art. 12 del
D.Lgs. 18-5-2001 n. 228 e dell’art. 6
del d.lgs. 29-10-1999 n. 419: “Il diritto
di prelazione previsto dall'art. 8 non
può essere esercitato quando i terreni
vengano acquistati dagli Enti ai sensi e
per gli scopi previsti dal precedente
art. 12, o quando vengano acquistati
dalla Cassa per la formazione della
proprietà contadina”.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24.2.2010, definisce “oscuro” il comma 1 e ne propone una
riformulazione (pag. 63). Si noti che l’eventuale “oscurità” è della disposizione originaria, che tuttavia – per i limiti dei
poteri concessi dalla legge delega – non può che essere riportata così come è stata a suo tempo formulata.
Si suggerisce di riportare al testo originario “imponibile fondiario” la formula proposta nel comma 1 dello schema di
decreto legislativo di riordino “reddito dominicale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto.
Invero, mentre la dottrina discuteva se l’originaria formula “imponibile fondiario” di cui all’art. 8, legge 590/1965, si
riferisse al “reddito dominicale”, la Corte di Cassazione (v. Cass. 18 marzo 2008 n. 7264) ha affermato che l’imponibile
fondiario è la somma del reddito dominicale e del reddito agrario. Di conseguenza, il comma 1 dell’art. 46 (ora art. 53) è
stato riformulato secondo il suggerimento proposto.
L’attenta rilettura del testo dello schema del presente decreto legislativo di riordino e di semplificazione suggerisce di
intervenire sul comma 1 con la modifica della somma di lire 1000 e poi in lire 300.000 in “euro 155”. Di conseguenza il
testo del comma 1 è stato così riformulato.
Si è suggerito di aggiungere un comma 12 del seguente tenore “Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione e di
riscatto l’interessato deve risultare da almeno un anno iscritto come coltivatore diretto nella sezione speciale del registro
delle imprese di cui all’art. 2188 c.c.”. Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal
101
Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di
semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie.
Prima dell’incontro del 9.XI.2011 si era pensato di aggiungere un comma 12 per il fatto che, nella attuale
formulazione dello schema di d.lgs., è stato soppresso l’articolo sulla formazione della proprietà coltivatrice a favore dei
lavoratori emigrati, in modo che l’originaria disposizione sull’attribuzione della prelazione venisse riportata qui con una
formula del seguente tenore: “Il diritto di prelazione compete anche ai lavoratori emigrati all’estero o che abbiano dovuto
trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto
dell’acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell’ultimo quinquennio”. Infatti, per la
mancata applicazione, da oltre 25 anni, dell’art. 10 della legge 817/1971 che aveva concesso mutui e diritto di prelazione
a favore di lavoratori emigrati, si era provveduto a sopprimere (ai sensi del decreto “taglia-leggi”) l’originario art. 62 dello
schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, ma si era ritenuto necessario
aggiungere il detto comma 12. Ma nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti
ha ribadito l’obsolescenza dell’intero art. 10 della legge 817/1971 (e, quindi, del preteso diritto di prelazione dei lavoratori
emigrati), evidenziando anche la concreta impossibilità di “individuare” i soggetti che avrebbero avuto il diritto di
prelazione. L’osservazione è corretta; sicché il comma 12 è da sopprimersi.
Si consideri infine che l’orientamento finora maggioritario è nel senso che il diritto di prelazione spetti soltanto alla
prima delle tre categorie indicate nel comma 1 dell’art. 2135 c.c., cioè al coltivatore diretto e non anche a chi sia dedito
alla silvicoltura e all’allevamento degli animali, salvo che una o entrambe queste due ultime attività non siano
complementari o aggiunte alla coltivazione del fondo: e perciò, nonostante i possibili suggerimenti, il nostro articolo 53
conserva le formule originarie. Tuttavia, si deve fare presente che di recente le Sezioni Unite della Suprema Corte
(sentenza 14.4.2011, n. 8486), dirimendo un contrasto giurisprudenziale in materia di prelazione agraria, hanno esteso la
nozione di coltivatore diretto al silvicoltore che eserciti tale attività in via esclusiva o principale, con il solo limite che il
terreno oggetto di vendita e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi.
Il comma 1 è riprodotto dal comma 4
dell’art. 8 l. n. 590/1965: “Il proprietario
deve
notificare
con
lettera
raccomandata
al
coltivatore
la
proposta di alienazione trasmettendo il
preliminare di compravendita in cui
devono essere indicati il nome
dell'acquirente, il prezzo di vendita e le
altre norme pattuite compresa la
clausola
per
l'eventualità
della
prelazione.
Il
coltivatore
deve
esercitare il suo diritto entro il termine
di 30 giorni”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 5
dell’art. 8,l. n. 590/1965: “Qualora il
proprietario non provveda a tale
notificazione o il prezzo indicato sia
superiore a quello risultante dal
contratto di compravendita, l'avente
titolo al diritto di prelazione può, entro
un anno dalla trascrizione del contratto
di compravendita, riscattare il fondo
dell'acquirente e da ogni altro
successivo avente causa”.
Il comma 3 è riprodotto dal comma 6
dell’art. 8, l. n. 590/1965: “Ove il diritto
di prelazione sia stato esercitato, il
versamento del prezzo di acquisto
deve essere effettuato entro il termine
di tre mesi, decorrenti dal trentesimo
giorno dall'avvenuta notifica da parte
del proprietario, salvo che non sia
diversamente pattuito tra le parti”.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. unico,
legge n. 2/1979: “La disciplina relativa
al versamento del prezzo di acquisto,
prevista dal sesto e dal settimo comma
dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965,
n. 590, modificato dalla legge 14
agosto 1971, n. 817, si intende riferita
anche ai casi di cui al quinto comma
dello stesso articolo. I termini
Art. 47
(Esercizio del diritto di prelazione
e di riscatto)
1. Il proprietario deve notificare con
lettera raccomandata al coltivatore la
proposta di alienazione trasmettendo il
preliminare di compravendita in cui
devono essere indicati il nome
dell'acquirente, il prezzo di vendita e le
altre norme pattuite compresa la
clausola
per
l'eventualità
della
prelazione.
Il
coltivatore
deve
esercitare il suo diritto entro il termine
di trenta giorni.
2. Qualora il proprietario non provveda
a tale notificazione o il prezzo indicato
sia superiore a quello risultante dal
contratto di compravendita, l'avente
titolo al diritto di prelazione può, entro
un anno dalla trascrizione del contratto
di compravendita, riscattare il fondo
dall'acquirente e da ogni altro
successivo avente causa.
3. Ove il diritto di prelazione sia stato
esercitato, il versamento del prezzo di
acquisto deve essere effettuato entro il
termine di tre mesi, decorrenti dal
trentesimo giorno dall'avvenuta notifica
da parte del proprietario, salvo che
non sia diversamente pattuito tra le
parti.
4. Nel caso di esercizio del riscatto, i
termini decorrono dalla comunicazione
scritta
dell'adesione
del
terzo
acquirente, o di successivo avente
causa, alla dichiarazione di riscatto,
oppure, ove sorga contestazione, dal
passaggio in giudicato della sentenza
che riconosce il diritto.
5. Se il coltivatore che esercita il diritto
di prelazione dimostra, con certificato
dell'organo regionale competente, di
aver presentato domanda ammessa
Art. 54
(Esercizio del diritto di prelazione
e di riscatto)
1. Il proprietario deve notificare con
lettera raccomandata al coltivatore la
proposta di alienazione trasmettendo il
preliminare di compravendita in cui
devono essere indicati il nome
dell'acquirente, il prezzo di vendita e le
altre norme pattuite compresa la
clausola
per
l'eventualità
della
prelazione.
Il
coltivatore
deve
esercitare il suo diritto entro il termine
di trenta giorni.
2. Qualora il proprietario non provveda
a tale notificazione o il prezzo indicato
sia superiore a quello risultante dal
contratto di compravendita, l'avente
titolo al diritto di prelazione può, entro
un anno dalla trascrizione del contratto
di compravendita, riscattare il fondo
dall'acquirente e da ogni altro
successivo avente causa.
3. Se il diritto di prelazione sia stato
esercitato, il versamento del prezzo di
acquisto deve essere effettuato entro il
termine di tre mesi, decorrenti dal
trentesimo giorno dall'avvenuta notifica
da parte del proprietario, salvo che
non sia diversamente pattuito tra le
parti.
4. Nel caso di esercizio del riscatto, i
termini decorrono dalla comunicazione
scritta
dell'adesione
del
terzo
acquirente, o di successivo avente
causa, alla dichiarazione di riscatto,
oppure, se sorga contestazione, dal
passaggio in giudicato della sentenza
che riconosce il diritto.
5. Se il coltivatore che esercita il diritto
di prelazione dimostra, con certificato
dell'organo regionale competente, di
aver presentato domanda ammessa
102
decorrono dalla comunicazione scritta
dell'adesione del terzo acquirente, o di
successivo
avente
causa,
alla
dichiarazione di riscatto, oppure, ove
sorga contestazione, dal passaggio in
giudicato della sentenza che riconosce
il diritto. La presente legge costituisce
interpretazione autentica della legge
26 maggio 1965, n. 590”.
Viene pretermesso, perché privo di
attualità, l’art. 9 della legge n.
817/1971: “Il termine di un anno
previsto dall'ottavo comma dell'articolo
8 della legge 26 maggio 1965, n. 590,
viene eccezionalmente prorogato fino
a sei mesi dopo l'entrata in vigore della
presente legge in tutti i casi in cui non
sia stata disposta la concessione del
mutuo agli esercenti il diritto di
prelazione per mancanza di fondi
disponibili e allorché l'anno di
sospensione del pagamento del
prezzo della terra sia venuto o venga a
scadere nell'anno 1971”.
La parte iniziale del comma 5 è
riprodotta dal comma 7 dell’art. 8, l. n.
590/1965: “Se il coltivatore che
esercita il diritto di prelazione dimostra,
con
certificato
dell'Ispettorato
provinciale dell'agricoltura competente,
di aver presentato domanda ammessa
all'istruttoria per la concessione del
mutuo ai sensi dell'art. 1, il termine di
cui al precedente comma è sospeso
fino a che non sia stata disposta la
concessione del mutuo ovvero fino a
che l'Ispettorato non abbia espresso
diniego a conclusione della istruttoria
compiuta e, comunque, per non più di
un anno. In tal caso l'Ispettorato
provinciale
dell'agricoltura
deve
provvedere entro quattro mesi dalla
domanda agli adempimenti di cui
all'art. 3, secondo le norme che
saranno stabilite dal regolamento di
esecuzione della presente legge”. È
stato soppresso il richiamo al DPR 15
novembre 1965, n. 1390, che
dovrebbe ritenersi superato dalla
competenza regionale.
La parte finale del comma 5 è
riprodotta dal comma 2 dell’art. 8, d.
lgs. 99/2004: “Alle operazioni di
acquisto
di
terreni
proposte
nell'esercizio del diritto di prelazione o
di riscatto agrario per le quali è stata
presentata domanda all'ISMEA si
applicano le disposizioni di cui
all'articolo 8, comma 7, della legge 26
maggio 1965, n. 590”.
Il comma 6 è riprodotto dal comma 8
dell’art. 8, l. n. 590/1965: “In tutti i casi
nei quali il pagamento del prezzo è
differito il trasferimento della proprietà
è
sottoposto
alla
condizione
sospensiva del pagamento stesso
entro il termine stabilito”.
all'istruttoria per la concessione del
mutuo ai sensi dell'articolo 53, il
termine di cui al comma 3 è sospeso
fino a che non sia stata disposta la
concessione del mutuo ovvero fino a
che l'organo regionale competente per
territorio non abbia espresso diniego a
conclusione della istruttoria compiuta
e, comunque, per non più di un anno.
In tal caso l’organo regionale
competente deve provvedere entro
quattro mesi dalla domanda agli
.
adempimenti di sua competenza Le
medesime disposizioni si applicano
alle operazioni di acquisto di terreni
proposte nell'esercizio del diritto di
prelazione o di riscatto agrario per le
quali è stata presentata domanda
all'ISMEA.
6. In tutti i casi nei quali il pagamento
del prezzo è differito il trasferimento
della proprietà è sottoposto alla
condizione sospensiva del pagamento
stesso entro il termine stabilito.
all'istruttoria per la concessione del
mutuo ai sensi dell'articolo 60, il
termine di cui al comma 3 è sospeso
fino a che non sia stata disposta la
concessione del mutuo ovvero fino a
che l'organo regionale competente per
territorio non abbia espresso diniego a
conclusione della istruttoria compiuta
e, comunque, per non più di un anno.
In tal caso l’organo regionale
competente deve provvedere entro
quattro mesi dalla domanda agli
adempimenti di sua competenza. Le
medesime disposizioni si applicano
alle operazioni di acquisto di terreni
proposte nell'esercizio del diritto di
prelazione o di riscatto agrario per le
quali è stata presentata domanda
all'Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA).
6. In tutti i casi nei quali il pagamento
del prezzo è differito, il trasferimento
della proprietà è sottoposto alla
condizione sospensiva del pagamento
stesso entro il termine stabilito.
103
Riprodotto dal comma 10 dell’art. 8, l.
n. 590/1965: “Se il componente di
famiglia coltivatrice, il quale abbia
cessato di far parte della conduzione
colonica in comune, non vende la
quota del fondo di sua spettanza entro
cinque anni dal giorno in cui ha
lasciato l'azienda, gli altri componenti
hanno diritto a riscattare la predetta
quota al prezzo ritenuto congruo
dall'Ispettorato
provinciale
dell'agricoltura, con le agevolazioni
previste
dalla
presente
legge,
sempreché l'acquisto sia fatto allo
scopo di assicurare il consolidamento
di impresa coltivatrice familiare di
dimensioni economicamente efficienti.
// Il diritto di riscatto viene esercitato,
se il proprietario della quota non
consente alla vendita, mediante la
procedura giudiziaria prevista dalle
vigenti leggi per l'affrancazione dei
canoni enfiteutici. // L'accertamento
delle condizioni o requisiti indicati dal
precedente comma è demandato allo
Ispettorato
agrario
provinciale
competente per territorio”.
La norma è formulata in modo da
ricordare quanto previsto da una serie
distinta di originarie disposizioni, che
solo per memoria vengono qui
indicate. Invero, le indicate finalità si
ricavano
da
una
pluralità
di
disposizioni normative: dal comma 2
dell’art. 1 del regio decreto 13 febbraio
1933, n. 215 Nuove norme per la
bonifica integrale; dall’art. 857 c.c.;
dall’art. 2, comma 1, lett. a), della
legge 3 dicembre 1971, n. 1102 Nuove
norme per lo sviluppo della montagna;
dall’art. 1 e dall’art. 3, comma 1, lett.
a), della legge 18 maggio 1989, n. 183
Norme per il riassetto organizzativo e
funzionale della difesa del suolo, i
quali prevedono rispettivamente; dagli
artt. 1 e 27 della legge 5 gennaio
1994, n. 36 Disposizioni in materia di
risorse idriche; dal comma 6 dell’art. 3
del d. legisl. 11 maggio 1999, n. 152
Disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento e recepimento della
direttiva 91/271/CEE concernente il
trattamento delle acque reflue urbane
e della direttiva 91/676/CEE relativa
alla
protezione
delle
acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati
provenienti da fonti agricole; nonché,
in particolare, dall’art. 44 Cost. il quale
ha consentito un ampliamento dei fini
della bonifica, come è stato messo in
evidenza dalla Corte Cost. nella
Art. 48
(Diritto di riscatto dei compartecipi
di famiglia coltivatrice)
1. Se il componente di famiglia
coltivatrice, il quale abbia cessato di
far parte della conduzione colonica in
comune, non vende la quota del fondo
di sua spettanza entro cinque anni dal
giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli
altri componenti hanno diritto a
riscattare la predetta quota al prezzo
ritenuto congruo dall'organo regionale
competente, con le agevolazioni
previste dalla presente legge, sempre
che l'acquisto sia fatto allo scopo di
assicurare il consolidamento di
impresa coltivatrice familiare di
dimensioni economicamente efficienti.
2. Il diritto di riscatto viene esercitato,
se il proprietario della quota non
consente alla vendita, mediante la
procedura giudiziaria prevista dalle
leggi per l'affrancazione dei canoni
enfiteutici.
3. L'accertamento delle condizioni o
requisiti indicati dal presente articolo è
demandato
all’organo
regionale
competente per territorio
Capo II
Della bonifica
Art. 49
(Finalità. Competenza regionale)
1. Le opere di bonifica sono indirizzate
al
perseguimento
di
finalità
economiche e sociali, allo sviluppo
rurale, alla tutela e alla valorizzazione
delle
produzioni
agricole,
con
particolare riguardo alla qualità, alla
difesa, all’uso razionale del suolo e
delle acque e alla salvaguardia
dell’ambiente e delle risorse naturali.
2. Fin quando le regioni non vi avranno
provveduto con proprie leggi, la
bonifica è disciplinata dalla Sezione III
del Titolo II del Libro terzo del codice
civile e dal regio decreto 13 febbraio
1933,
n.
215,
e
successive
modificazioni
Art. 55
(Diritto di riscatto dei compartecipi
di famiglia coltivatrice)
1. Se il componente di famiglia
coltivatrice, il quale abbia cessato di
far parte della conduzione colonica in
comune, non vende la quota del fondo
di sua spettanza entro cinque anni dal
giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli
altri componenti hanno diritto di
riscattare la predetta quota al prezzo
ritenuto congruo dall'organo regionale
competente, con le agevolazioni
previste
dal
presente
decreto
legislativo, sempre che l'acquisto sia
fatto allo scopo di assicurare il
consolidamento di impresa coltivatrice
familiare
di
dimensioni
economicamente efficienti.
2. Il diritto di riscatto viene esercitato,
se il proprietario della quota non
consente alla vendita, mediante la
procedura giudiziaria prevista dalle
leggi per l'affrancazione dei canoni
enfiteutici.
3. L'accertamento delle condizioni o
requisiti indicati dal presente articolo è
demandato
all’organo
regionale
competente per territorio.
Capo II
Della bonifica
Art. 56
(Finalità. Principi fondamentali per
la materia specifica di
competenza regionale)
1. Le opere di bonifica sono indirizzate
al
perseguimento
di
finalità
economiche e sociali, allo sviluppo
rurale, alla tutela e alla valorizzazione
delle
produzioni
agricole,
con
particolare riguardo alla qualità, alla
difesa, all’uso razionale del suolo e
delle acque e alla salvaguardia
dell’ambiente e delle risorse naturali.
2. Le norme contenute nella Sezione
III del Titolo II del Libro terzo del
codice civile e nel regio decreto 13
febbraio 1933, n. 215, e successive
modificazioni, costituiscono principi
fondamentali della materia, ferma
rimanendo la competenza regionale
per la disciplina di dettaglio.
104
sentenza 24 febbraio 1992, n. 66.
Il comma 2 è un comma nuovo e
riconferma in maniera chiara la
generale competenza dello Stato
quanto ai principi fondamentali della
materia della bonifica, mentre alle
Regioni spetta solo la competenza di
una legislazione di dettaglio. La
disposizione dell’art. 27 del d.l.
248/2007 non può essere abrogata.
L’art. 27 del d.l. 31 dicembre 2007 n.
248 aveva un 3° comma con due
disposizioni che sono ormai oltre il
termine, Esse, perciò, non sono
riportate nel testo; ma non possono,
peraltro, ritenersi abrogate. Tuttavia,
per memoria e completezza, vengono
riportate qui, in nota: “Entro il termine
del 30 giugno 2008, le Regioni
possono procedere al riordino, anche
mediante accorpamento o eventuale
soppressione di singoli consorzi, dei
consorzi di bonifica e di miglioramento
fondiario di cui al capo I del titolo V del
regio decreto 13 febbraio 1933 n. 215
e successive modificazioni, secondo
criteri definiti di intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, su
proposta dei Ministri delle politiche
agricole alimentari e forestali e delle
infrastrutture. Sono fatti salvi le
funzioni e i compiti attualmente svolti
dai medesimi consorzi e le relative
risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di
contribuzione di carattere statale o
regionale; i contributi consortili devono
essere contenuti nei limiti dei costi
sostenuti per l’attività istituzionale. La
riduzione prevista dal comma 35
dell’art. 2 della legge 24 dicembre
2007 n. 244, non si applica ai membri
eletti dai consorziati utenti che
partecipano agli organi a titolo gratuito.
Dell’attuazione delle disposizioni di cui
al presente articolo non devono
derivare nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica”.
La data del 30 giugno 2008 di cui alla
originale disposizione del 1° comma
dell’art. 27 del d.l. 31 dicembre 2007,
n. 248, è stata prorogata al 31
dicembre 2008 dal comma 14 dall’art.
4bis, d.l. 3 giugno 2008, n. 97. Alla
data odierna non risultano ulteriori
proroghe.
Si suggerisce, da un lato, l’opportunità di sopprimere il comma 1 (Consiglio di Stato, pag. 63 del punto 6 del suo parere)
o il comma 2 (Commissione Agricoltura del Senato), dall’altro e sostanzialmente, l’opportunità di riformulare l’articolo in
modo da mettere in evidenza che la bonifica è anche di competenza statale, per cui le norme di dettaglio delle Regioni
devono rispettare i principi fondamentali della materia espressi in leggi statali (Commissione bicamerale per la
semplificazione). Il suggerimento del Consiglio di Stato, che attiene solo al comma 1, riguarda il principio che “non c’è
bisogno di proclamare le finalità di una bonifica” non appare da condividersi soprattutto se si opera (come si è fatto) la
riformulazione del comma 2.
Il secondo suggerimento corrisponde meglio al testo come approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
Conseguentemente, modificata la rubrica dell’art. 49 in “Finalità. Principi fondamentali per la materia specifica di
competenza regionale”, il comma 2 – anche in considerazione delle osservazioni della Commissione bicamerale per la
105
semplificazione che ha rilevato come la formulazione approvata dal Consiglio dei ministri l’11 dicembre 2009 potesse
prefigurare una competenza residuale generale ed esclusiva delle Regioni nella materia disciplinata – è stato così
riformulato: “Le norme contenute nella Sezione III del Titolo II del Libro terzo del codice civile e nel regio decreto 13
febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, costituiscono principi fondamentali della materia, ferma rimanendo la
competenza regionale per la disciplina specifica di dettaglio”.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 49,
comma 1, della legge 3 maggio 1982,
n. 203 Norme sui contratti agrari“: “Nel
caso di morte del proprietario di fondi
rustici condotti o coltivati direttamente
da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli
eredi che, al momento della apertura
della successione, risultino aver
esercitato e continuino ad esercitare
su tali fondi attività agricola, in qualità
di imprenditori agricoli a titolo
principale ai sensi dell’art. 12 della
legge 9 maggio 1975, n. 153, o di
coltivatori diretti, hanno diritto a
continuare
nella
conduzione
o
coltivazione dei fondi stessi anche per
le porzioni ricomprese nelle quote
degli altri coeredi e sono considerati
affittuari di esse“.
Il riferimento all’imprenditore agricolo a
titolo principale è stato sostituito con
quello
all’imprenditore
agricolo
professionale dall’art. 1, quarto
comma, del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 99.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 49,
comma 1, della legge 3 maggio 1982,
n. 203 Norme sui contratti agrari“: “Il
rapporto di affitto che così si instaura
fra i coeredi è disciplinato dalle norme
della presente legge con inizio dalla
data di apertura della successione”.
Nel comma 2 vi è un inciso nuovo,
poiché si è esteso, per esigenze
sistematiche, a tutti il territorio
nazionale la originaria disposizione del
comma 1 dell’art. 4, della legge 31
gennaio 1994, n. 97, per la quale “Nei
comuni montani, gli eredi considerati
affittuari ai sensi dell’art. 49 della l. 3
maggio 1982, n. 203, delle porzioni di
fondi rustici ricomprese nelle quote
degli altri coeredi hanno diritto, alla
scadenza del rapporto di affitto
instauratosi per legge, all’acquisto
della
proprietà
delle
porzioni
medesime, unitamente alle scorte, alle
pertinenze ed agli annessi rustici”.
L’aggiunta – ripetesi – è dovuta ad
esigenze di coordinamento tra l’art.
49, comma 1, della legge n. 203 del
1982 e l’articolo 4, comma 1, della
legge n. 97 del 1994: invero, in
mancanza della stessa rimarrebbe
aperto il problema del destino delle
scorte, pertinenze e annessi rustici,
beni ai quali l’art. 49 della legge n. 203
non fa alcun riferimento.
Il comma 3 è riprodotto dall’art.49,
comma 2, della legge 203/1982:
Capo III
Delle strutture agrarie
Sezione I
Della formazione e della
conservazione delle unità
produttive
Art. 50
(Diritto degli eredi alla
prosecuzione legale dell’impresa)
1. Nel caso di morte del proprietario di
fondi rustici condotti o coltivati
direttamente da lui o dai suoi familiari,
quelli tra gli eredi che, al momento
della apertura della successione,
risultano aver esercitato e continuano
ad esercitare attività agricola su tali
fondi, in qualità di imprenditori agricoli
professionali, o di coltivatori diretti,
hanno diritto a continuare nella
conduzione o coltivazione dei fondi
stessi anche per le porzioni comprese
nelle quote degli altri coeredi e sono
considerati affittuari di esse.
2. Il rapporto che così si instaura fra i
coeredi, si estende alle scorte, alle
pertinenze ed agli annessi rustici di tali
fondi
ed
è
disciplinato
dalle
disposizioni sull’affitto di fondi rustici
contenute nel presente codice con
inizio dalla data di apertura della
successione.
3. L’alienazione della propria quota dei
fondi o di parte di essa effettuata da
parte degli eredi preferiti di cui al
comma 1 è causa di decadenza dal
diritto all’affitto forzoso.
Capo III
Delle strutture agrarie
Sezione I
Della formazione e della
conservazione delle unità
produttive
Art. 57
(Diritto degli eredi alla
prosecuzione legale dell’impresa)
1. Nel caso di morte del proprietario di
fondi rustici condotti o coltivati
direttamente da lui o dai suoi familiari,
quelli tra gli eredi che, al momento
della apertura della successione,
risultino aver esercitato e continuino
ad esercitare attività agricola su tali
fondi, in qualità di imprenditori agricoli
professionali o di coltivatori diretti,
hanno diritto di continuare nella
conduzione o coltivazione dei fondi
stessi anche per le porzioni comprese
nelle quote degli altri coeredi e sono
considerati affittuari di esse.
2. Il rapporto che così si instaura fra gli
eredi, si estende alle scorte, alle
pertinenze ed agli annessi rustici di tali
fondi
ed
è
disciplinato
dalle
disposizioni sull’affitto di fondi rustici
contenute nel presente decreto
legislativo con inizio dalla data di
apertura della successione.
3. L’alienazione della propria quota dei
fondi o di parte di essa effettuata da
parte degli eredi preferiti di cui al
comma 1 è causa di decadenza dal
diritto all’affitto forzoso.
106
“L’alienazione della propria quota dei
fondi o di parte di essa effettuata da
parte degli eredi preferiti di cui al
comma precedente è causa di
decadenza dal diritto previsto dal
comma stesso”.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 63-64), suggerisce alcune modifiche
formali (che vanno accolte) e anche la soppressione della frase “con inizio dalla data di apertura della successione” del
comma 2, in quanto “superflua”. Trattandosi di suggerimenti corretti, si è provveduto in tal senso. Tuttavia si noti che i
difetti formali e la frase superflua vanno imputati alla norma originaria.
Si è suggerito di inserire, nel comma 1, dopo le parole “avere esercitato” quelle “anche a titolo di affitto” (Commissione
Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei
Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di
semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie.
Si è anche suggerito di aggiungere, in fine al comma 2, il seguente periodo: “In mancanza di accordo tra le parti, il
canone dovuto agli altri coeredi deve tenere conto, in ogni caso, del valore dei canoni applicati nella Provincia dove è
ubicato il fondo per colture e terreni dello stesso tipo di quello oggetto dell’affitto di cui al presente articolo”. Si conferma
la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente
motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle
norme originarie. Il problema nasce dalla dichiarazione di incostituzionalità del sistema dell’equo canone dell’affitto; ma
per risolverlo occorre una legge del Parlamento e non già – e per di più in modo surrettizio – un decreto legislativo di
riordino delle norme nella loro consistenza e formulazione originaria.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), definisce “involuto” il comma 3. Si noti,
però, che i difetti formali e la frase superflua vanno imputati alla norma originaria, che – per i modesti poteri concessi
dalla legge delega – non pare che sia sempre possibile modificare.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4,
comma 1, della legge 31 gennaio
1994, n. 97 Nuove disposizioni per le
zone montane: “Nei comuni montani,
gli eredi considerati affittuari ai sensi
dell’art. 49 della l. 3 maggio 1982, n.
203, delle porzioni di fondi rustici
ricomprese nelle quote degli altri
coeredi hanno diritto, alla scadenza
del rapporto di affitto instauratosi per
legge, all’acquisto della proprietà delle
porzioni medesime, unitamente alle
scorte, alle pertinenze ed agli annessi
rustici”.
La soppressione del riferimento ai
comuni montani è giustificata dal
disposto dell’art. 8, del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228,
Orientamento e modernizzazione del
settore agricolo, a norma dell’articolo 7
della legge 5 marzo 2001, n. 57: “Le
disposizioni di cui agli articoli 4 e 5
della legge 31 gennaio 1994, n. 97, si
applicano, a decorrere dal 1 gennaio
2002, anche alle aziende agricole
ubicate in comuni non montani”.
La seconda parte del comma 1 con
le condizioni individuate nelle lettere
a/d è riprodotta dall’articolo 4, comma
2, della legge 31 gennaio 1994, n. 97,
Nuove disposizioni per le zone
montane: “ Il diritto di cui al comma 1 è
acquisito a condizione che i predetti
soggetti dimostrino: a) di non aver
alienato, nel triennio precedente, altri
fondi rustici di imponibile fondiario
superiore a Lire 500.000, salvo il caso
di permuta o cessione a fini di
ricomposizione fondiaria; b) che il
fondo per il quale intendono esercitare
Art. 51
(Diritto degli eredi all’acquisto
forzoso della proprietà)
1. Gli eredi preferiti ai sensi
dell’articolo 50 nella conduzione delle
porzioni di fondi rustici comprese nelle
quote degli altri coeredi hanno diritto,
alla scadenza del rapporto instauratosi
per legge, all’acquisto della proprietà
delle porzioni medesime, unitamente
alle scorte, alle pertinenze ed agli
annessi rustici, a condizione che
dimostrino:
a) di non aver alienato, nel triennio
precedente, altri fondi rustici di
imponibile fondiario superiore a 258,23
euro, salvo il caso di permuta o
cessione a fini di ricomposizione
fondiaria;
b) che il fondo per il quale intendono
esercitare il diritto, in aggiunta ad altri
eventualmente posseduti in proprietà o
enfiteusi, non superi il triplo della
superficie corrispondente alla capacità
lavorativa loro o della loro famiglia;
c) di essersi obbligati, con la
dichiarazione di acquisto di cui
all’articolo 41, comma 1, a condurre o
coltivare direttamente il fondo per
almeno sei anni;
d) di essere iscritti all’INPS-Servizio
contributi agricoli unificati (SCAU), in
qualità di coltivatore diretto o
imprenditore agricolo professionale.
2. La disciplina prevista dal comma 1
non si applica nella provincia
autonoma di Bolzano.
Art. 58
(Diritto degli eredi all’acquisto
forzoso della proprietà)
1. Gli eredi preferiti ai sensi dell’
articolo 57 nella conduzione delle
porzioni di fondi rustici comprese nelle
quote dei coeredi hanno diritto, alla
scadenza del rapporto instauratosi per
legge, all’acquisto della proprietà delle
porzioni medesime, unitamente alle
scorte, alle pertinenze ed agli annessi
rustici, a condizione che dimostrino:
a) di non aver alienato, nel triennio
precedente, altri fondi rustici di
imponibile fondiario superiore a 258,23
euro, salvo il caso di permuta o
cessione a fini di ricomposizione
fondiaria;
b) che il fondo per il quale intendono
esercitare il diritto, in aggiunta ad altri
eventualmente posseduti in proprietà o
enfiteusi, non superi il triplo della
superficie corrispondente alla capacità
lavorativa loro o della loro famiglia;
c) di essersi obbligati, con la
dichiarazione di acquisto di cui
all’articolo 48, comma 1, a condurre o
coltivare direttamente il fondo per
almeno cinque anni;
d) di essere iscritti nella gestione
previdenziale dell’agricoltura in qualità
di coltivatore diretto o imprenditore
agricolo professionale.
2. La disciplina prevista dal comma 1
non si applica nella provincia
autonoma di Bolzano.
107
il diritto, in aggiunta ad altri
eventualmente posseduti in proprietà o
enfiteusi, non superi il triplo della
superficie corrispondente alla capacità
lavorativa loro o della loro famiglia; c)
di
essere
obbligati,
con
la
dichiarazione di cui all’art. 5, comma 1,
a condurre o coltivare direttamente il
fondo per almeno sei anni; d) di essere
iscritti al Servizio contributi agricoli
unificati (SCAU) ai sensi della l. 2
agosto 1990, n. 233, in qualità di
coltivatore diretto o imprenditore
agricolo a titolo principale”. Poiché lo
SCAU è stato soppresso, il riferimento
corretto è alla iscrizione nella gestione
previdenziale.
La riduzione da sei anni a cinque il
numero degli anni dell’impegno a
coltivare o condurre il fondo è imposta
da esigenze sistematiche, e ciò con
riferimento all’art. 11, comma 1, del d.
lgs. 228/2001 che ha attenuato i vincoli
in materia di proprietà coltivatrice.
Il comma 3 è riprodotto dal comma 3
dell’art. 4, della legge 31 gennaio
1994, n. 97, Nuove disposizioni per le
zone montane: “La disciplina prevista
dal presente articolo non si applica
nella provincia autonoma di Bolzano”.
Si chiede di aggiungere nel comma 1, lett. a), tra le condizioni di alienazione che non escludono la possibilità di
esercitare il diritto di opzione coattiva delle quote dei coeredi, l’ipotesi della “cessione forzosa per motivi di pubblica
utilità” (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in
prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai
decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Peraltro, l’originaria
condizione escludente il diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà delle quote dei coeredi è (tra le altre)
l’ipotesi della precedente “alienazione” di propri fondi rustici, con l’utilizzazione di un termine che non può che essere
inteso come cessione volontaria. Né esiste contrasto giurisprudenziale da risolvere, in questo decreto legislativo di
riordino, con i poteri concessi dalla legge delega per il caso dell’accettazione volontaria della “cessione” per motivi di
pubblica utilità che, per il fatto di verificarsi all’interno del procedimento di espropriazione per pubblica utilità, non ha vera
natura volontaria di alienazione.
Si propone di ridurre, nel comma 1, lett. c), da sei a cinque il numero degli anni dell’impegno a coltivare o condurre il
fondo per avere diritto all’acquisto forzoso (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento è da
accogliersi, per esigenze di sistematicità e ciò con riferimento all’art. 11, comma 1, del d.lgs. 228/2001 che ha attenuato i
vincoli in materia di proprietà coltivatrice. Si consideri che i “sei anni” erano previsti dalla legge n. 97 del 1994, mentre i
“cinque anni” sono stati considerati dal successivo d.lgs. n. 228 del 2001. Di conseguenza, la disposizione è stata
riformulata seguendo il proposto suggerimento.
Si suggerisce di sostituire, nel comma 1, lett. d), le parole “all’INPS- Servizio contributi agricoli unificati (SCAU)” con
le parole “nella gestione previdenziale” (Commissione Agricoltura del Senato).Il suggerimento va accolto, dato che lo
SCAU è stato soppresso e che, perciò, la formula usata non è stata che un vero e proprio errore materiale. Di
conseguenza, la disposizione è stata riformulata seguendo il proposto suggerimento.
L’articolo è riprodotto dall’art. 5,
comma 5, della legge 31 gennaio
1994, n. 97, Nuove disposizioni per le
zone montane: “1. Gli eredi che
intendono esercitare il diritto di cui
all’art. 4 devono, entro sei mesi dalla
scadenza del rapporto di affitto,
notificare ai coeredi, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, la dichiarazione di
acquisto e versare il prezzo entro il
termine di tre mesi dall’avvenuta
Art. 52
(Procedura per l’acquisto forzoso
della proprietà)
1. Gli eredi che intendono esercitare il
diritto di cui all’articolo 51 devono,
entro sei mesi dalla scadenza del
rapporto di cui all’articolo 50, notificare
ai
coeredi,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, la dichiarazione di
acquisto e versare il prezzo entro il
termine di tre mesi dall’avvenuta
notificazione della dichiarazione.
Art. 59
(Procedura per l’acquisto forzoso
della proprietà)
1. Gli eredi che intendono esercitare il
diritto di cui all’articolo 58 devono,
entro sei mesi dalla scadenza del
rapporto di cui all’articolo 57, notificare
ai
coeredi,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, la dichiarazione di
acquisto e versare il prezzo entro il
termine di tre mesi dall’avvenuta
notificazione della dichiarazione.
108
notificazione della dichiarazione. 2. Il
prezzo di acquisto è costituito, al
momento dell’esercizio del diritto, dal
valore agricolo medio determinato ai
sensi dell’art. 4 della l. 26 maggio
1965, n. 590. 3. Qualora i terreni
oggetto dell’acquisto siano utilizzati,
prima della scadenza del periodo di cui
all’art. 4,comma 2, lett. c), a scopi
diversi da quelli agricoli, in conformità
agli strumenti urbanistici vigenti, gli
altri coeredi hanno diritto alla
rivalutazione del prezzo, in misura pari
alla differenza tra il corrispettivo già
percepito, adeguato secondo l’indice
dei prezzi al consumo per l’intera
collettività
nazionale
rilevato
dall’Istituto nazionale di statistica
(ISTAT), ed il valore di mercato
conseguente alla modificazione della
destinazione dell’area. 4. Il prezzo di
acquisto delle scorte, delle pertinenze
e degli annessi rustici è determinato, al
momento dell’esercizio del diritto,
dall’Ispettorato
provinciale
dell’agricoltura o dall’organo regionale
corrispondente. 5. In caso di rifiuto a
ricevere il pagamento del prezzo da
parte del proprietario, gli eredi devono
depositare la somma presso un Istituto
di credito nella provincia dove è
ubicato il fondo, dando comunicazione
al proprietario medesimo, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, dell’avvenuto deposito.
Dalla data della notificazione si
acquisisce la proprietà. 6. ……”.
Il comma 2 richiama l’art. 4 della legge
26 maggio 1965 n. 590, che viene
riportato integralmente sub art. 27
(ora, art. 18) del DPR attuativo del
presente decreto legislativo di riordino.
Il comma 2, sul prezzo di acquisto,
rinvia al DPR attuativo del presente
decreto legislativo di riordino, o più
precisamente rinvia all’intervento di
una apposita Commissione provinciale
deputata a tale determinazione. Si è,
perciò, preferito un generico richiamo
al futuro DPR attuativo di questa
disposizione.
I commi 1, 2 e 3 sono riprodotti
dall‘art. 1, l. n. 590/65: “1. Ai mezzadri,
ai coloni parziari, ai compartecipanti,
agli affittuari ed enfiteuti coltivatori
diretti, nonché agli altri lavoratori
manuali della terra, singoli o associati
in cooperativa, possono essere
concessi mutui della durata di anni 40
al tasso annuo di interesse dell'uno per
cento, per l'acquisto - effettuato in
epoca posteriore alla entrata in vigore
della presente legge - di fondi rustici
che,
a
giudizio
dell'Ispettorato
2. Il prezzo di acquisto è costituito, al
momento dell’esercizio del diritto, dal
valore agricolo medio determinato
dalla Commissione provinciale di cui al
regolamento attuativo del presente
decreto legislativo.
3.
Qualora
i
terreni
oggetto
dell’acquisto siano utilizzati, prima
della scadenza del periodo di sei anni
di cui all’articolo 51, comma 1, lettera
c), a scopi diversi da quelli agricoli, in
conformità agli strumenti urbanistici
vigenti, gli altri coeredi hanno diritto
alla rivalutazione del prezzo, in misura
pari alla differenza tra il corrispettivo
già percepito, adeguato secondo
l’indice dei prezzi al consumo per
l’intera collettività nazionale rilevato
dall’Istituto nazionale di statistica
(ISTAT), ed il valore di mercato
conseguente alla modificazione della
destinazione dell’area.
4. Il prezzo di acquisto delle scorte,
delle pertinenze e degli annessi rustici
è
determinato,
al
momento
dell’esercizio del diritto, dall’organo
regionale competente per territorio.
5. In caso di rifiuto a ricevere il
pagamento del prezzo da parte del
proprietario,
gli
eredi
devono
depositare la somma presso un Istituto
di credito nella provincia dove è
ubicato il fondo, dando comunicazione
al proprietario medesimo, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, dell’avvenuto deposito.
Dalla data della comunicazione si
acquisisce la proprietà
Sezione II
Della formazione e
dell’ampliamento della
proprietà coltivatrice
Art. 53
(Provvedimenti per lo sviluppo
della proprietà coltivatrice)
1. Agli affittuari coltivatori diretti,
nonché agli altri lavoratori manuali
della terra, singoli o associati in
cooperativa, possono essere concessi
mutui della durata di anni 30 al tasso
annuo secondo il metodo di calcolo dei
2. Il prezzo di acquisto è costituito, al
momento dell’esercizio del diritto, dal
valore agricolo medio determinato
dalla Commissione provinciale di cui
all’articolo
18
del
regolamento
attuativo
del
presente
decreto
legislativo.
3.
Qualora
i
terreni
oggetto
dell’acquisto siano utilizzati, prima
della scadenza del periodo di cinque
anni di cui all’articolo 58, comma 1,
lettera c), a scopi diversi da quelli
agricoli, in conformità agli strumenti
urbanistici vigenti, gli altri coeredi
hanno diritto alla rivalutazione del
prezzo, in misura pari alla differenza
tra il corrispettivo già percepito,
adeguato secondo l’indice dei prezzi al
consumo per l’intera collettività
nazionale
rilevato
dall’Istituto
nazionale di statistica (ISTAT), ed il
valore di mercato conseguente alla
modificazione
della
destinazione
dell’area.
4. Il prezzo di acquisto delle scorte,
delle pertinenze e degli annessi rustici
è
determinato,
al
momento
dell’esercizio del diritto, dall’organo
regionale competente per territorio.
5. In caso di rifiuto a ricevere il
pagamento del prezzo da parte del
proprietario,
gli
eredi
devono
depositare la somma presso un Istituto
di credito nella provincia dove è
ubicato il fondo, dando comunicazione
al proprietario medesimo, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, dell’avvenuto deposito.
Dalla data della comunicazione si
acquisisce la proprietà.
Sezione II
Della formazione e
dell’ampliamento della
proprietà coltivatrice
Art. 60
(Provvedimenti per lo sviluppo
della proprietà coltivatrice)
1. Agli affittuari coltivatori diretti,
nonché agli altri lavoratori manuali
della terra, singoli o associati in
cooperativa, possono essere concessi
mutui della durata di trent’anni al tasso
109
provinciale
dell'agricoltura,
avuto
riguardo alla concreta situazione
ambientale ed alla composizione del
nucleo
familiare
del
coltivatore
acquirente, la cui forza lavorativa non
sia inferiore ad un terzo di quella
occorrente per le normali necessità di
coltivazione
del
fondo,
siano
riconosciuti idonei alla costituzione di
aziende che abbiano caratteristiche o
suscettività per realizzare imprese
familiari efficienti, sotto il profilo tecnico
ed economico. // I mutui di cui al primo
comma
possono
essere
altresì
concessi ai proprietari coltivatori diretti,
singoli od associati in cooperative, il
cui nucleo familiare abbia una capacità
lavorativa superiore ad un terzo di
quella occorrente per la normale
coltivazione del loro fondo”, nonché
dall’art. 2 l. 817/1971: “2. I mutui di cui
all'articolo 1 della legge 26 maggio
1965, n. 590, verranno concessi di
massima per l'intero ammontare
ammesso dall'ispettorato provinciale
dell'agricoltura; la loro durata è di anni
30 ed il tasso annuo di interesse
dell'uno per cento. //.Le disposizioni di
cui al comma precedente si applicano
anche ai mutui autorizzati dagli
ispettorati della agricoltura e non
ancora stipulati anteriormente alla data
di entrata in vigore della presente
legge.//. Il tasso di interesse dell'uno
per cento si applica anche ai mutui per
la costruzione di proprietà contadina,
assistiti dal concorso statale negli
interessi di cui all'articolo 27 della
legge 2 giugno 1961, n. 454, liquidato
dopo l'entrata in vigore della presente
legge”.
Non sono stati riportati i richiami ai
“mezzadri,
coloni
parziari,
compartecipanti … ed enfiteuti” perché
ormai soggetti esclusi da possibili
contratti agrari.
Al posto dell’originario modestissimo
interesse sui mutui si è fatto
riferimento a quanto è detto nella
Comunicazione
del
2008
della
Commissione sul metodo di fissazione
dei tassi IBOR di riferimento e di
attualizzazione. Infatti, i modesti tassi
di interesse previsti dalle norme
originarie
potrebbero
essere
considerati aiuti di Stato: si tenga,
invero, presente che i mutuatari sono,
nei casi di specie, imprenditori agricoli.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. 26,
comma 1, legge 590/1965: “Il beneficio
della concessione dei mutui e dei
prestiti di cui al titolo I esclude, per gli
stessi acquisti, ogni altra provvidenza
creditizia o contributiva prevista dalle
vigenti disposizioni in materia”.
Il comma 5 è riprodotto dall’art. 27,
legge
590/65:
“Le
agevolazioni
creditizie previste dalla presente legge
tassi di riferimento e di attualizzazione
previsto nella comunicazione della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione del
prestito, per l'acquisto di fondi rustici
che, a giudizio dell'organo regionale
competente, avuto riguardo alla
concreta situazione ambientale ed alla
composizione del nucleo familiare del
coltivatore acquirente, la cui forza
lavorativa non sia inferiore ad un terzo
di quella occorrente per le normali
necessità di coltivazione del fondo,
siano
riconosciuti
idonei
alla
costituzione di aziende che abbiano
caratteristiche o suscettività per
realizzare imprese familiari efficienti,
sotto il profilo tecnico ed economico.
2. I mutui di cui al comma 1 possono
essere altresì concessi ai proprietari
coltivatori diretti, singoli od associati in
cooperative, il cui nucleo familiare
abbia
una
capacità
lavorativa
superiore ad un terzo di quella
occorrente per la normale coltivazione
del loro fondo.
3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 sono
concessi di massima per l'intero
ammontare
ammesso
dall'organo
regionale competente.
4. Il beneficio della concessione dei
mutui e dei prestiti di cui al comma 1
esclude, per gli stessi acquisti, ogni
altra
provvidenza
creditizia
o
contributiva prevista dalle vigenti
disposizioni in materia.
5. Le agevolazioni creditizie per
l’acquisto di fondi rustici destinati alla
formazione di proprietà contadina
possono essere concesse, ferma
restando
ogni
altra
condizione
richiesta, quando l’acquisto riguardi
terreni il cui reddito dominicale non sia
inferiore a 0,52 euro ovvero, nei casi di
arrotondamento, quando il reddito
dominicale dei terreni da acquistare in
aggiunta a quello dei terreni già
posseduti in proprietà o in enfiteusi dal
coltivatore non sia inferiore al predetto
limite.
annuo secondo il metodo di calcolo dei
tassi di riferimento e di attualizzazione
previsto nella comunicazione della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione del
prestito, per l'acquisto di fondi rustici. Il
giudizio
dell'organo
regionale
competente deve essere espresso con
riguardo alla concreta situazione
ambientale ed alla composizione del
nucleo
familiare
del
coltivatore
acquirente, la cui forza lavorativa non
sia inferiore ad un terzo di quella
occorrente per le normali necessità di
coltivazione
del
fondo,
siano
riconosciuti idonei alla costituzione di
aziende che abbiano caratteristiche o
suscettività per realizzare imprese
familiari efficienti, sotto il profilo tecnico
ed economico.
2. I mutui di cui al comma 1 possono
essere altresì concessi ai proprietari
coltivatori diretti, singoli od associati in
cooperative, il cui nucleo familiare
abbia
una
capacità
lavorativa
superiore ad un terzo di quella
occorrente per la normale coltivazione
del loro fondo.
3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 sono
concessi di massima per l'intero
ammontare
ammesso
dall'organo
regionale competente.
4. Il beneficio della concessione dei
mutui e dei prestiti di cui al comma 1
esclude, per gli stessi acquisti, ogni
altra
provvidenza
creditizia
o
contributiva prevista dalle vigenti
disposizioni in materia.
5. Le agevolazioni creditizie per
l’acquisto di fondi rustici destinati alla
formazione di proprietà contadina
possono essere concesse, ferma
restando
ogni
altra
condizione
richiesta, quando l’acquisto riguardi
terreni il cui reddito dominicale non sia
inferiore a 155 euro ovvero, nei casi di
arrotondamento, quando il reddito
dominicale dei terreni da acquistare in
aggiunta a quello dei terreni già
posseduti in proprietà o in enfiteusi dal
coltivatore non sia inferiore al predetto
limite.
110
nonché le agevolazioni creditizie e
contributive previste dal decreto
legislativo 24 febbraio 1948, n. 114, e
successive
modificazioni
ed
integrazioni, per l'acquisto di fondi
rustici destinati alla formazione di
proprietà contadina, possono essere
concesse – ferma restando ogni altra
condizione
richiesta
quando
l'acquisto riguardi terreni il cui
imponibile catastale non sia inferiore a
lire mille ovvero, nei casi di
arrotondamento, quando l'imponibile
catastale dei terreni da acquistare in
aggiunta a quello dei terreni già
posseduti in proprietà o in enfiteusi dal
coltivatore non sia inferiore al predetto
limite.// La disposizione di cui al
precedente comma si applica per gli
acquisti effettuati posteriormente alla
data di entrata in vigore della presente
legge”. La norma è stata riformulata
tenendo conto della formula, dapprima
suggerita dal Ministero dell’economia
nella riunione del dicembre 2005, e poi
secondo le indicazioni contenute
nell’e-mail del 27 gennaio 2006 con
riguardo al Codice agricolo (Ministro
MiPAAF, on. Alemanno). L’originaria
cifra di lire 1.000 era stata aggiornata
con Circolare n. 221593 del Ministero
agricoltura e foreste, d’intesa con il
Ministero
delle
finanze-Direzione
generale del catasto, in data
21.4.1988, in lire 300.000 (cioè, in cifra
tonda, euro 155).
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di “spezzare” in due il lungo
periodo del comma 1. Il suggerimento è da condividersi.
Con riferimento agli originari artt. 53-66 del d.lgs. (ora artt. 60-73) si è rilevato che la disposizione di cui all’originario
art. 53 (ora 60) dello schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione si articola sul fondo di rotazione per lo
sviluppo della proprietà contadina (art. 16, legge 590/1965) istituito per la concessione dei mutui richiamati nel detto
articolo e nei successivi. Ora, detto Fondo non è più operativo, poiché gli interventi creditizi di carattere statale per
l’acquisto dei terreni sono esclusivamente quelli relativi all’ISMEA (Commissione Agricoltura del Senato).
Inoltre, si è segnalato che ormai, da oltre 25 anni, non sarebbero più concessi mutui per la formazione della proprietà
coltivatrice, ad eccezione di quelli disposti da ISMEA, la cui attività sembrerebbe essersi conclusa il 31 dicembre 2009,
salvo proroghe (Conferenza Stato-Regioni). Su una pretesa obsolescenza (ai sensi del decreto “taglia-leggi”) della
legislazione sulla formazione e ampliamento della proprietà coltivatrice si è espressa anche la Coldiretti nel corso
dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali. Si rileva, invece, che negli ultimi anni si è registrato un
trend crescente di domande di accesso agli interventi di riordino offerti, anche nelle modalità di leasing finanziario,
dall’ISMEA, ciò ad ulteriore conferma dell’attualità di tali strumenti e della conseguente necessità di assicurare la loro
permanenza in vigore (ISMEA, nota 1 marzo 2010 n. 1131). Si noti ancora che il decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194
(mille proroghe) convertito in legge 26 febbraio 2010, n. 25 all’art. 2, comma 4bis, ha prorogato fino al 31 dicembre 2010
le agevolazioni tributarie per la piccola proprietà contadina, e che l’art. 1, comma 41, della legge 13.12.2010 n. 220 ha
soppresso le parole “e fino al 31 dicembre 2010”, così rendendo definitive le agevolazioni fiscali per la piccola proprietà
contadina e così confermando la “vigenza” dell’istituto. Per tali motivi si conferma la formula redatta nello schema
approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009. Infatti, se fosse corretto il rilievo della
Conferenza Stato-Regioni, quasi tutta la Sezione II del presente schema di decreto legislativo di riordino e
semplificazione andrebbe soppressa, anche in forza del decreto “taglia-leggi” posto che quasi tutte le disposizioni
originarie risalgono a prima del 1970. Ma le considerazioni espresse proprio dall’Istituto fondiario nazionale, cioè
dall’ISMEA che è l’organo deputato alla concessione dei mutui statali per la formazione della proprietà coltivatrice,
impongono di “conservare” molte delle disposizioni di questa Sezione dello schema di decreto legislativo di riordino
Deve essere accolto il suggerimento di aggiornare il comma 5 dell’art. 60 (già art. 53) dello schema di decreto di
riordino e semplificazione, da “euro 0,52” a “euro 155”: e in tal modo l’importo è stato riformulato.
Egualmente vanno accolti i suggerimenti (Conferenza Stato-Regioni) diretti a sostituire, nella formulazione degli artt.
64, 65 e 68, le originarie espressioni “ispettorato provinciale dell’agricoltura” con quelle “ufficio designato dalle regioni o
dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura”: in tal modo le espressioni sono state
riformulate.
111
Riprodotto dall’art. 12, l. 817/71,
commi 1 e 2: “12. I mutui di cui
all'articolo 2 della presente legge non
possono essere concessi per le
operazioni di compravendita di fondi
rustici i quali nel decennio precedente
abbiano già formato oggetto di
concessione
delle
provvidenze
creditizie previste dalla legislazione
per la costituzione della proprietà
diretto-coltivatrice,
a
meno
che
l'operazione, a giudizio dell'ispettorato
agrario compartimentale, non si
inquadri in particolari realtà socio
economiche connesse con modifiche
d'ordine
strutturale
interessanti
determinate zone agrarie. // Tale
divieto non si applica nei confronti
dell'erede coltivatore diretto il quale, a
norma di quanto disposto dall'articolo
720 del codice civile, debba soddisfare
i coeredi per il valore del fondo
eccedente la sua quota di eredità
ovvero nei confronti del coltivatore
diretto che intenda acquistare il fondo
per realizzare un accorpamento.”
Riprodotto dall’art. 4, legge 817/71: “4.
Nella concessione dei mutui per
l'acquisto di fondi rustici a scopo di
formazione o di ampliamento della
proprietà coltivatrice di cui al
precedente articolo 2, deve essere
data preferenza: 1) alle operazioni
proposte nell'esercizio del diritto di
prelazione o di riscatto previsto
dall'articolo 8 della legge 26 maggio
1965, n. 590, con le modifiche previste
nella presente legge, e comunque agli
acquisti
effettuati
dai
coltivatori
insediati sui fondi; 2) alle operazioni
che, realizzando un accorpamento di
fondi rustici, rivestono finalità di
ricomposizione
fondiaria,
indipendentemente dalla estensione
dei terreni acquisibili, purché destinate
ad ampliare le aziende e a formare
valide proprietà diretto-coltivatrici sotto
il profilo sia tecnico sia economico; 3)
alle operazioni di acquisto effettuate
da coltivatori profughi dalla Libia
(comma non riportato). // A decorrere
dal 1 luglio 1972 le regioni nella
propria
competenza
legislativa
potranno stabilire anche propri criteri
preferenziali nei limiti dei principi
fondamentali di cui all'articolo 117
della Costituzione.”
Art. 54
(Operazioni di acquisto di fondi
rustici non finanziabili)
1. I mutui di cui all’articolo 53 non
possono essere concessi per le
operazioni di compravendita di fondi
rustici i quali nel decennio precedente
abbiano già formato oggetto di
concessione
delle
provvidenze
creditizie previste dalla legislazione
per la costituzione della proprietà
diretto-coltivatrice,
a
meno
che
l'operazione, a giudizio dell'organo
regionale competente, non si inquadri
in particolari realtà socio economiche
connesse con modifiche d'ordine
strutturale interessanti determinate
zone agrarie.
2. Tale divieto non si applica nei
confronti dell'erede coltivatore diretto il
quale, a norma di quanto disposto
dall'articolo 720 del codice civile,
debba soddisfare i coeredi per il valore
del fondo eccedente la sua quota di
eredità ovvero nei confronti del
coltivatore
diretto
che
intenda
acquistare il fondo per realizzare un
accorpamento.
Art. 61
(Operazioni di acquisto di fondi
rustici non finanziabili)
1. I Mutui di cui all’ articolo 60 non
possono essere concessi per le
operazioni di compravendita di fondi
rustici i quali nel decennio precedente
abbiano già formato oggetto di
concessione
delle
provvidenze
creditizie previste dalla legislazione
per la costituzione della proprietà
diretto-coltivatrice,
a
meno
che
l'operazione, a giudizio dell'organo
regionale competente, non si inquadri
in
particolari
condizioni
socio
economiche connesse con modifiche
d'ordine
strutturale
interessanti
determinate zone agrarie.
2. Tale divieto non si applica nei
confronti dell'erede coltivatore diretto il
quale, a norma di quanto disposto
dall'articolo 720 del codice civile,
debba soddisfare i coeredi per il valore
del fondo eccedente la sua quota di
eredità ovvero nei confronti del
coltivatore
diretto
che
intenda
acquistare il fondo per realizzare un
accorpamento.
Art. 55
(Criteri preferenziali per la
concessione dei mutui per
l’acquisto di fondi rustici)
1. Nella concessione dei mutui per
l'acquisto di fondi rustici a scopo di
formazione o di ampliamento della
proprietà coltivatrice di cui all’articolo
53, deve essere data preferenza:
a)
alle
operazioni
proposte
nell'esercizio del diritto di prelazione o
di riscatto previsto dall’articolo 46 e
comunque agli acquisti effettuati dai
coltivatori insediati sui fondi;
b) alle operazioni che, realizzando un
accorpamento
di
fondi
rustici,
rivestono finalità di ricomposizione
fondiaria, indipendentemente dalla
estensione dei terreni acquisibili,
purché destinate ad ampliare le
aziende e a formare valide proprietà
diretto-coltivatrici sotto il profilo sia
tecnico sia economico.
2. Le regioni potranno stabilire anche
propri criteri preferenziali nei limiti della
competenza di cui all’articolo 117 della
Costituzione.
Art. 62
(Criteri preferenziali per la
concessione dei mutui per
l’acquisto di fondi rustici)
1. Nella concessione dei mutui per
l'acquisto di fondi rustici a scopo di
formazione o di ampliamento della
proprietà coltivatrice di cui all’articolo
60, deve essere data preferenza:
a)
alle
operazioni
proposte
nell'esercizio del diritto di prelazione o
di riscatto previsto dall’articolo 53 e
agli altri acquisti effettuati dai
coltivatori insediati sui fondi;
b) alle operazioni che, realizzando un
accorpamento
di
fondi
rustici,
rivestono finalità di ricomposizione
fondiaria, indipendentemente dalla
estensione dei terreni acquisibili,
purché destinate ad ampliare le
aziende e a formare valide proprietà
diretto-coltivatrici sotto il profilo sia
tecnico sia economico.
2. Le regioni potranno stabilire anche
propri criteri preferenziali nei limiti della
competenza
loro
assegnata
dall’articolo 117 della Costituzione.
112
Riprodotto dall’art. 5, l. 53/1956: “5.
Per l'acquisto dei terreni e delle case
di abitazione destinati alla formazione
e all'arrotondamento della piccola
proprietà
contadina,
quando
sussistono le condizioni stabilite
dall'art. 2 della legge 6 agosto 1954, n.
604, può essere concesso un sussidio
statale non superiore a un decimo
della spesa, a termini dell'art. 43 del
regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215,
e successive modificazioni.”
L’art. 5 legge 53/1956 richiama l’art. 2
della legge 6 agosto 1954 n. 604,
modificato dall’art. 3 legge 20 febbraio
1958, n. 189, che qui è riportato sub
art, 54, comma 4: ”Le agevolazioni
tributarie previste dall'articolo 1 sono
applicabili quando: 1) l'acquirente, il
permutante o l'enfiteuta sia persona
che dedica abitualmente la propria
attività manuale alla lavorazione della
terra; 2) il fondo venduto, permutato o
concesso in enfiteusi sia idoneo alla
formazione o all'arrotondamento della
piccola proprietà contadina e, in ogni
caso, in aggiunta a eventuali altri fondi
posseduti a titolo di proprietà od
enfiteusi dall'acquirente o comunque
dagli appartenenti al suo nucleo
familiare, non ecceda di oltre un
decimo la superficie corrispondente
alla capacità lavorativa dei membri
contadini del nucleo familiare stesso;
3) l'acquirente, il permutante o
l'enfiteuta nel biennio precedente
all'atto di acquisto o della concessione
in enfiteusi non abbia venduto altri
fondi rustici oppure abbia venduto
appezzamenti di terreno la cui
superficie
complessiva
non
sia
superiore ad un ettaro, con una
tolleranza del 10 per cento salvo casi
particolari da esaminarsi dall'ispettore
provinciale dell'agricoltura in modo da
favorire soprattutto la formazione di
organiche aziende agricole familiari”.
In origine l’art. 2 della legge 6 agosto
1954, n. 604, modificato dall’art. 3,
legge 20 febbraio 1958, n. 189
disponeva: “Le agevolazioni tributarie
previste dall’art. 1 sono applicabili
quando: a) l’acquirente, il permutante
o l’enfiteuta sia persona che dedica
abitualmente
la
propria
attività
manuale alla lavorazione della terra; b)
il fondo venduto, permutato o
concesso in enfiteusi sia idoneo alla
formazione o all’arrotondamento della
piccola proprietà contadina e, in ogni
caso, in aggiunta a eventuali altri fondi
posseduti a titolo di proprietà od
enfiteusi dall’acquirente o comunque
Art. 56
(Acquisto dei terreni e delle case
di abitazione)
1. Può essere concesso un sussidio
statale non superiore a un decimo
della spesa, a termini dell'articolo 5
della legge 1° febbraio 1956, n. 53, per
l'acquisto dei terreni e delle case di
abitazione destinati alla formazione e
all'arrotondamento
della
piccola
proprietà
coltivatrice,
quando
sussistono le condizioni di cui
all’articolo 2 della legge 6 agosto 1954,
n. 604.
Art. 63
(Acquisto dei terreni e delle case
di abitazione)
1. Può essere concesso un sussidio
statale non superiore a un decimo
della spesa, a termini dell'articolo 5
della legge 1° febbraio 1956, n. 53, per
l'acquisto dei terreni e delle case di
abitazione destinati alla formazione e
all'arrotondamento
della
piccola
proprietà
coltivatrice,
quando
sussistono le condizioni di cui
all’articolo 2 della legge 6 agosto 1954,
n. 604.
Art. 57
(Acquisti di macchine, attrezzi e
bestiame)
1. Agli acquirenti i fondi rustici con i
benefici di cui all’articolo 56, possono
essere pure concessi prestiti a tasso
agevolato per l'acquisto di macchine,
attrezzi e bestiame, anche di
pertinenza del venditore, per la
normale dotazione delle aziende di
nuova costituzione od ampliate,
purché gli interessati ne facciano
richiesta entro un biennio dall'avvenuto
acquisto dei fondi stessi.
2. Tali prestiti possono essere
concessi
anche
a
cooperative
costituite da coltivatori che abbiano
Art. 64
(Acquisti di macchine, attrezzi e
bestiame)
1. Agli acquirenti dei fondi rustici con i
benefici di cui all’articolo 63 possono
essere pure concessi prestiti a tasso
agevolato per l'acquisto di macchine,
attrezzi e bestiame, anche di
pertinenza del venditore, per la
normale dotazione delle aziende di
nuova costituzione od ampliate,
purché gli interessati ne facciano
richiesta entro un biennio dall'avvenuto
acquisto dei fondi stessi.
2. Tali prestiti possono essere
concessi
anche
a
cooperative
costituite da coltivatori che abbiano
113
dagli appartenenti al suo nucleo
familiare, non ecceda di oltre un
decimo la superficie corrispondente
alla capacità lavorativa dei membri
contadini del nucleo familiare stesso;
c) l’acquirente, il permutante o
l’enfiteuta nel biennio precedente
all’atto di acquisto o della concessione
in enfiteusi non abbia venduto altri
fondi rustici oppure abbia venduto
appezzamenti di terreno la cui
superficie
complessiva
non
sia
superiore ad un ettaro, con una
tolleranza del 10% salvo casi
particolari da esaminarsi dall’ispettore
provinciale dell’agricoltura in modo da
favorire soprattutto la formazione di
organiche aziende agricole familiari”.
Dalla capacità abrogatrice del comma
4bis dell’art. 2 della legge 26 febbraio
2010 n. 25 si potrebbe ricavare che
non sono più condizioni di accesso ai
benefici fiscali di cui al successivo art.
65 di questo schema di decreto
legislativo quelle di cui al previgente
art. 2, nn. 2 e 3 della legge 604/1954,
ovverosia che il terreno acquistato non
debba eccedere di oltre un decimo la
superficie corrispondente alla capacità
lavorativa dei membri contadini del
nucleo familiare, e che l’acquirente
non abbia venduto, nel biennio
precedente, altri fondi rustici. Così
anche si esprime la risoluzione
dell’Agenzia delle entrate n. 36/E del
17 maggio 2010.
I commi 1, 2 e 3 sono riprodotti
dall’art. 2, legge 590/65: “2. Agli
acquirenti i fondi rustici con i benefici
di cui al precedente articolo, possono
essere pure concessi prestiti a tasso
agevolato per l'acquisto di macchine,
attrezzi e bestiame, anche di
pertinenza del venditore, per la
normale dotazione delle aziende di
nuova costituzione od ampliate,
purché gli interessati ne facciano
richiesta entro un biennio dall'avvenuto
acquisto dei fondi stessi. // Tali prestiti
possono essere concessi anche a
cooperative costituite da coltivatori che
abbiano acquistato terreni ai sensi del
precedente articolo. // I prestiti di cui ai
precedenti commi avranno la durata di
cinque anni e saranno gravati di un
tasso annuo d'interesse del due per
cento.// Detti prestiti saranno concessi
agli istituti di cui al successivo art. 16,
ancorché
abilitati
ad
esercitare
esclusivamente il credito agrario di
miglioramento ai sensi della legge 5
luglio 1928, n. 1760, e successive
modificazioni ed integrazioni.” (l’ultimo
comma non è stato riportato).
I commi 4 e 5 sono riprodotti dall‘art.
4, legge n. 53/1956: “4. I prestiti per
l'acquisto delle scorte vive e morte per
la dotazione della piccola proprietà
acquistato terreni ai sensi dell’articolo
56.
3. I prestiti di cui ai commi 1 e 2
avranno la durata di cinque anni e
saranno gravati di un tasso annuo
d'interesse secondo il metodo di
calcolo dei tassi di riferimento e di
attualizzazione
previsto
nella
comunicazione della Commissione
europea in vigore al momento della
concessione del prestito.
4. I prestiti per l'acquisto delle scorte
vive e morte per la dotazione della
piccola proprietà coltivatrice possono
beneficiare del concorso statale nel
pagamento di un interesse secondo il
metodo di calcolo dei tassi di
riferimento e di attualizzazione previsto
nella
comunicazione
della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione del
prestito,
previo
parere
tecnico
dell'organo regionale competente per
territorio.
5. Alla liquidazione del concorso
statale di cui al comma 4 provvede
l'organo regionale competente per
territorio.
acquistato terreni ai sensi dell’ articolo
63.
3. I prestiti di cui ai commi 1 e 2
avranno la durata di cinque anni e
saranno gravati di un tasso annuo
d'interesse secondo il metodo di
calcolo dei tassi di riferimento e di
attualizzazione
previsto
nella
comunicazione della Commissione
europea in vigore al momento della
concessione del prestito.
4. I prestiti per l'acquisto delle scorte
vive e morte per la dotazione della
piccola proprietà coltivatrice possono
beneficiare del concorso statale nel
pagamento di un interesse secondo il
metodo di calcolo dei tassi di
riferimento e di attualizzazione previsto
nella
comunicazione
della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione del
prestito,
previo
parere
tecnico
dell'organo regionale competente per
territorio.
5. Alla liquidazione del concorso
statale di cui al comma 4 provvede
l'ufficio designato dalle regioni o dalle
province autonome con competenza
nella materia dell’agricoltura.
114
contadina, da effettuarsi a termini
dell'art. 2, numero 2), della legge 5
luglio 1928, n. 1760 (7), possono
beneficiare del concorso statale nel
pagamento degli interessi del 2,50 per
cento,
previo
parere
tecnico
dell'ispettore provinciale agrario. // Alla
liquidazione del concorso statale di cui
al comma precedente provvede
l'ispettore provinciale agrario, nei modi
regolamentari
vigenti
per
la
esecuzione della legge 5 luglio 1928,
n. 1760”.
Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si è modificata la formula del comma 5.
Riprodotto dall’art. 3, l. 590/65: “3. La
concessione dei mutui e dei prestiti
agevolati, nei limiti delle anticipazioni
disposte dalla presente legge, è
subordinata al rilascio di apposito nulla
osta
da
parte
dell'Ispettorato
provinciale dell'agricoltura competente
per territorio, che dovrà pronunciarsi
anche sulla congruità del prezzo
d'acquisto, nonché alla decisione
dell'istituto di credito, secondo le
modalità che saranno stabilite con le
norme di attuazione della presente
legge. // I mutui di cui all'art. 1, in
deroga alle vigenti disposizioni,
possono essere concessi fino all'intero
ammontare del prezzo di acquisto del
fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato
provinciale dell'agricoltura. // Il nulla
osta per mutui di importo superiore a
lire trenta milioni debbono essere
muniti del visto di approvazione
dell'Ispettorato
agrario
compartimentale. // Gli Enti di sviluppo
agricolo, istituiti per legge, sono
autorizzati ad intervenire per facilitare
l'espletamento delle procedure di cui
agli articoli precedenti (comma non
riportato per l’avvenuta soppressione
degli enti di sviluppo)”.
Art. 58
(Domanda e nulla osta)
La concessione dei mutui e dei
prestiti agevolati è subordinata al
rilascio di apposito nulla osta da
parte
dell'organo regionale competente
per territorio, che si pronuncia
anche sulla congruità del prezzo
d'acquisto, nonché alla decisione
dell'istituto di credito, secondo le
modalità stabilite con le norme di
attuazione della legge 26 maggio
1965, n. 590. Per il rilascio del
certificato,
l’organo
regionale
competente determina l’idoneità
del fondo a costituire la piccola
proprietà contadina tenendo conto
della
destinazione
colturale,
dell’imponibile catastale e, per
quanto riguarda l’estensione, del
rispetto del compendio unico di cui
all’articolo 39.
2. I mutui di cui all'articolo 53, in
deroga alle vigenti disposizioni,
possono essere concessi fino all'intero
ammontare del prezzo di acquisto del
fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato
provinciale dell'agricoltura.
3. Il nulla osta per mutui di importo
superiore a 15.493,71 euro sono
muniti del visto di approvazione
dell'organo regionale competente.
Art. 65
(Domanda e nulla osta)
La concessione dei mutui e dei prestiti
agevolati è subordinata al rilascio di
apposito nulla osta da parte
dell'organo regionale competente per
territorio, che si pronuncia anche sulla
congruità del prezzo d'acquisto,
nonché alla decisione dell'istituto di
credito, secondo le modalità stabilite
con le norme di attuazione della legge
26 maggio 1965, n. 590. Per il rilascio
del certificato, l’organo regionale
competente determina l’idoneità del
fondo a costituire la piccola proprietà
contadina
tenendo
conto
della
destinazione colturale, dell’imponibile
catastale e, per quanto riguarda
l’estensione,
del
rispetto
del
compendio unico di cui all’articolo 46.
2. I mutui di cui all'articolo 60, in
deroga alle vigenti disposizioni,
possono essere concessi fino all'intero
ammontare del prezzo di acquisto del
fondo ritenuto congruo dall’ufficio
designato dalle regioni o dalle province
autonome con competenza nella
materia dell’agricoltura.
3. Il nulla osta per mutui di importo
superiore a 15.493,71 euro sono
muniti del visto di approvazione
dell'organo regionale competente.
Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si è modificata la formula del comma 2.
Riprodotto dall’art. 7, legge 590/65:
“Oltre il pagamento delle rate di
ammortamento
per
capitale
ed
interesse, nessun altro onere può farsi
gravare dagli istituti delle ditte
beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la
trattenuta dello 0,20 per cento da
operare all'atto della somministrazione
della somma concessa a mutuo o
prestito. // Agli istituti di credito, a
copertura delle proprie spese di
amministrazione, dei rischi delle spese
per imposte e di ogni altro onere
nonché delle spese contrattuali, sarà
riconosciuto un compenso nella misura
Art. 59
(Rapporti con gli istituti di credito)
1. Oltre il pagamento delle rate di
ammortamento
per
capitale
ed
interesse, nessun altro onere può farsi
gravare dagli istituti sulle ditte
beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la
trattenuta dello 0,20 per cento da
operare all'atto della somministrazione
della somma concessa a mutuo o
prestito.
2. Agli istituti di credito, a copertura
delle
proprie
spese
di
amministrazione, dei rischi delle spese
per imposte e di ogni altro onere
nonché delle spese contrattuali, è
Art. 66
(Rapporti con gli istituti di credito)
1. Oltre il pagamento delle rate di
ammortamento
per
capitale
ed
interesse, nessun altro onere può farsi
gravare dagli istituti sulle ditte
beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la
trattenuta dello 0,20 per cento da
operare all'atto della corresponsione
della somma concessa a mutuo o
prestito.
2. Agli istituti di credito, a copertura
delle
proprie
spese
di
amministrazione, dei rischi delle spese
per imposte e di ogni altro onere
nonché delle spese contrattuali, è
115
da stabilire con apposite convenzioni.
// Le annualità di ammortamento
comprensive di capitale ed interessi
saranno versate dagli istituti al fondo di
rotazione di cui all'art. 16, previa
detrazione della quota ad essi
spettante in base alle predette
convenzioni,
a
rimborso
delle
anticipazioni e ad incremento del
fondo sino al 31 dicembre 1984.
Successivamente a tale data le
annualità e gli interessi saranno versati
al
Ministero
del
tesoro,
con
imputazione ad apposito capitolo del
bilancio di entrata. // Gli istituti faranno
i versamenti alle date stabilite, anche
se non abbiano ricevuto dai mutuatari
le corrispondenti annualità.”
riconosciuto un compenso nella misura
da stabilire con apposite convenzioni.
3. Le annualità di ammortamento
comprensive di capitale ed interessi e
previa detrazione della quota ad essi
spettante in base alle predette
convenzioni, sono versate al Ministero
dell’economia e delle finanze, con
imputazione ad apposito capitolo del
bilancio di entrata.
4. Gli istituti fanno i versamenti alle
date stabilite, anche se non abbiano
ricevuto dai mutuatari le corrispondenti
annualità.
riconosciuto un compenso nella misura
da stabilire con apposite convenzioni.
3. Le annualità di ammortamento
comprensive di capitale ed interessi e
previa detrazione della quota ad essi
spettante in base alle predette
convenzioni, sono versate al Ministero
dell’economia e delle finanze, con
imputazione ad apposito capitolo del
bilancio di entrata.
4. Gli istituti fanno i versamenti alle
date stabilite, anche se non abbiano
ricevuto dai mutuatari le corrispondenti
annualità.
Su suggerimento del Consiglio di Stato si è modificato il termine “somministrazione” con “concessione” nel comma 1.
I commi 1-4 sono riprodotti dall’art. 11,
legge 817/71: “11. I fondi acquistati
con le agevolazioni creditizie concesse
dallo Stato per la formazione o
l'ampliamento
della
proprietà
coltivatrice dopo l'entrata in vigore
della presente legge sono soggetti per
quindici anni [così modificato dal d.lgs.
228/01, art. 11] a vincolo di
indivisibilità.// Il suddetto vincolo deve
essere espressamente menzionato nei
nulla osta ispettoriali, nonché, a cura
dei notai roganti, negli atti di acquisto e
di mutuo, e trascritto nei pubblici
registri immobiliari dai conservatori dei
registri stessi. // Il vincolo di cui ai
precedenti commi può essere peraltro
revocato, a domanda degli interessati,
con provvedimento dell'ispettorato
dell'agricoltura
competente
per
territorio, e successivamente al 30
giugno 1972 dagli organi competenti
delle regioni, qualora, in caso di
successione
ereditaria,
i
fondi
medesimi siano divisibili fra gli eredi, in
quanto
aventi
caratteristiche
o
suscettività per realizzare imprese
familiari efficienti sotto il profilo tecnico
ed economico. Nella ipotesi contraria,
si applicano le disposizioni dell'articolo
720 del codice civile. // Il suddetto
vincolo può essere, altresì, revocato,
secondo le modalità di cui al
precedente comma, nel caso in cui sia
mutata la destinazione agricola del
fondo per effetto degli strumenti
urbanistici vigenti a condizione che la
porzione di terreno interessata sia tale
da consentire l'efficiente prosecuzione
dell'attività agricola sulla restante
superficie. Il riscatto anticipato da
parte dell'assegnatario avviene sulla
base del valore attribuito al terreno
all'epoca dell'assegnazione. [comma
aggiunto dall’art. 11 del d.lgs. 228/01]
//
Contro
il
provvedimento
Art. 60
(Vincolo di indivisibilità: revoca)
1. I fondi acquistati con le agevolazioni
creditizie concesse dallo Stato per la
formazione o l'ampliamento della
proprietà coltivatrice sono soggetti per
quindici anni a vincolo di indivisibilità.
2. Il suddetto vincolo è espressamente
menzionato nei nulla osta dell’organo
regionale competente per territorio,
nonché, a cura dei notai roganti, negli
atti di acquisto e di mutuo, e trascritto
nei pubblici registri immobiliari dai
conservatori dei registri stessi.
3. Il vincolo di cui al comma 1 può
essere peraltro revocato, a domanda
degli interessati, con provvedimento
dell’organo regionale competente per
territorio,
qualora,
in
caso
di
successione
ereditaria,
i
fondi
medesimi siano divisibili fra gli eredi, in
quanto
aventi
caratteristiche
o
suscettività per realizzare imprese
familiari efficienti sotto il profilo tecnico
ed economico. Nella ipotesi contraria,
si applicano le disposizioni dell'articolo
720 del codice civile.
4. Il suddetto vincolo può essere,
altresì, revocato, secondo le modalità
di cui al comma 3, nel caso in cui sia
mutata la destinazione agricola del
fondo per effetto degli strumenti
urbanistici vigenti a condizione che la
porzione di terreno interessata sia tale
da consentire l'efficiente prosecuzione
dell'attività agricola sulla restante
superficie. Il riscatto anticipato da
parte dell'assegnatario avviene sulla
base del valore attribuito al terreno
all'epoca dell'assegnazione.
5. Contro il provvedimento dell'organo
regionale competente che respinge la
domanda dell'interessato è ammesso
ricorso amministrativo nel termine di
trenta giorni dalla comunicazione.
6. È nullo qualsiasi atto compiuto in
violazione del vincolo di indivisibilità.
Art. 67
(Vincolo di indivisibilità: revoca)
1. I fondi acquistati con le agevolazioni
creditizie concesse per la formazione o
l'ampliamento
della
proprietà
coltivatrice sono soggetti per quindici
anni a vincolo di indivisibilità.
2. Il suddetto vincolo è espressamente
menzionato nei nulla osta dell’organo
regionale competente per territorio,
nonché, a cura dei notai roganti, negli
atti di acquisto e di mutuo, e trascritto
nei pubblici registri immobiliari dai
conservatori dei registri stessi.
3. Il vincolo di cui al comma 1 può
essere peraltro revocato, a domanda
degli interessati, con provvedimento
dell’organo regionale competente per
territorio,
qualora,
in
caso
di
successione
ereditaria,
i
fondi
medesimi siano divisibili fra gli eredi, in
quanto
aventi
caratteristiche
o
suscettività per realizzare imprese
familiari efficienti sotto il profilo tecnico
ed economico. Se l’indivisibilità non
viene revocata, si applicano le
disposizioni dell'articolo 720 del codice
civile.
4. Il suddetto vincolo può essere,
altresì, revocato, a domanda degli
interessati
con
provvedimento
dell’organo regionale competente per
territorio, nel caso in cui sia mutata la
destinazione agricola del fondo per
effetto degli strumenti urbanistici
vigenti a condizione che la porzione di
terreno interessata sia tale da
consentire l'efficiente prosecuzione
dell'attività agricola sulla restante
superficie. Il riscatto anticipato da
parte dell'assegnatario avviene sulla
base del valore attribuito al terreno
all'epoca dell'assegnazione.
5. Contro il provvedimento che
respinge la domanda dell'interessato è
ammesso
ricorso
amministrativo
all’organo
regionale
competente
116
dell'ispettorato
che
respinge
la
domanda dell'interessato, fino al
trasferimento delle competenze alle
regioni, è ammesso ricorso al
Ministero dell'agricoltura e delle foreste
nel termine di 30 giorni dalla
comunicazione. È nullo qualsiasi atto
compiuto in violazione del vincolo di
indivisibilità.”
I commi 7 e 8 del testo in colonna 2
(ora commi 6 e 7 del testo in colonna
3) sono riprodotti dai commi 4bis e 4ter
dell’art. 11 d.lgs. n. 228/01 che, però,
si riporta per intero. “Art. 11.
Attenuazione dei vincoli in materia di
proprietà coltivatrice. - 1. Il periodo di
decadenza dai benefìci previsti dalla
vigente legislazione in materia di
formazione e di arrotondamento di
proprietà coltivatrice è ridotto da dieci
a cinque anni. 2.La estinzione
anticipata del mutuo o la vendita del
fondo acquistato con i suddetti benefìci
non possono aver luogo prima che
siano decorsi cinque anni dall'acquisto.
3. Non incorre nella decadenza dei
benefìci l'acquirente che, durante il
periodo vincolativo di cui ai commi 1 e
2, ferma restando la destinazione
agricola, alieni il fondo o conceda il
godimento dello stesso a favore del
coniuge, di parenti entro il terzo grado
o di affini entro il secondo grado, che
esercitano l'attività di imprenditore
agricolo di cui all'articolo 2135 del
codice
civile,
come
sostituito
dall'articolo 1 del presente decreto. Le
disposizioni del presente comma si
applicano anche in tutti i casi di
alienazione conseguente all'attuazione
di politiche comunitarie, nazionali e
regionali volte a favorire l'insediamento
di giovani in agricoltura o tendenti a
promuovere il prepensionamento nel
settore. 4.All'articolo 11 della legge 14
agosto 1971, n. 817, sono apportate le
seguenti modificazioni: a) al primo
comma, le parole: «trenta anni» sono
sostituite dalle seguenti: «quindici
anni»; b). 4-bis. Il vincolo di
indivisibilità di cui all'articolo 11 della
legge 14 agosto 1971, n. 817, come
modificato dall'articolo 11, comma 4,
del decreto legislativo 18 maggio
2001, n. 228, gravante sui terreni
assegnati attraverso il regime di aiuto
fondiario n. 110/2001/Italia può essere,
altresì, revocato dall'Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentare,
limitatamente alla porzione di terreno
interessata
dalla
procedura
espropriativa
finalizzata
alla
realizzazione di opere pubbliche o di
pubblica utilità da parte di un soggetto
pubblico
o
privato.
4-ter.
All'assegnatario del fondo acquistato
dall'Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare - ISMEA, sia esso
7. Il vincolo di indivisibilità di cui al
presente articolo, gravante sui terreni
assegnati attraverso il regime di aiuto
fondiario n. 110/2001/Italia può essere,
altresì, revocato dall'Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentare,
limitatamente alla porzione di terreno
interessata
dalla
procedura
espropriativa
finalizzata
alla
realizzazione di opere pubbliche o di
pubblica utilità da parte di un soggetto
pubblico o privato.
8.
All'assegnatario
del
fondo
acquistato dall'Istituto di servizi per il
mercato agricolo alimentare-ISMEA,
sia esso in forma singola che
associata, spetta in ogni caso
l'indennità
aggiuntiva
prevista
dall'articolo 42, comma 1, del decreto
del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001, n. 327, e successive
modificazioni, come determinata ai
sensi dell’articolo 40, comma 4, del
citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 327 del 2001.
secondo le disposizioni stabilite dalla
regione, nel termine di trenta giorni
dalla comunicazione.
6. (già comma 7) Il vincolo di
indivisibilità di cui al presente articolo,
gravante
sui
terreni
assegnati
attraverso il regime di aiuto fondiario n.
110/2001/Italia può essere, altresì,
revocato dall'Istituto di servizi per il
mercato
agricolo
alimentare,
limitatamente alla porzione di terreno
interessata
dalla
procedura
espropriativa
finalizzata
alla
realizzazione di opere pubbliche o di
pubblica utilità da parte di un soggetto
pubblico o privato.
7. (già comma 8) All'assegnatario del
fondo acquistato dall'Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentareISMEA, sia esso in forma singola che
associata, spetta in ogni caso
l'indennità
aggiuntiva
prevista
dall'articolo 42, comma 1, del decreto
del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001, n. 327, e successive
modificazioni, come determinata ai
sensi dell’articolo 40, comma 4, del
citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 327 del 2001.
117
in forma singola che associata, spetta
in ogni caso l'indennità aggiuntiva
prevista dall'articolo 42, comma 1, del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e
successive modificazioni. L'indennità
aggiuntiva di cui al comma 1 è
determinata ai sensi dell'articolo 40,
comma 4, del citato decreto del
Presidente della Repubblica n. 327 del
2001, e successive modificazioni. 5.
Le disposizioni di cui al presente
articolo si applicano anche agli atti di
acquisto posti in essere in data
antecedente di almeno cinque anni la
data di entrata in vigore del presente
decreto”.
Si
ricordi
che
la
precedente
disposizione dell’art. 28, l. 590/65,
prevedeva: “Il periodo di decadenza
dai benefici previsti dalla vigente
legislazione in materia di formazione e
di
arrotondamento
di
proprietà
contadina è elevato da cinque a dieci
anni. // La estinzione anticipata del
mutuo o la vendita del fondo
acquistato con i benefici della presente
legge non possono aver luogo prima
che
siano
decorsi
dieci
anni
dall'acquisto. //Le disposizioni di cui ai
commi precedenti si applicano ai
contratti
di
mutuo
stipulati
posteriormente alla data di entrata in
vigore della presente legge.”
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sostituire, nel comma 3,
le parole “Nell’ipotesi contraria” con le parole “Se l’indivisibilità non viene revocata”. Il suggerimento formale è da
condividersi.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sostituire, nel comma 4,
le parole “secondo le modalità di cui al comma 3” con le parole “a domanda degli interessati con provvedimento
dell’organo regionale competente per territorio”. Il suggerimento formale è da condividersi.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 64), suggerisce di sopprimere il comma 5,
rilevando che non è più ammesso usare una generica dizione, senza precisare quali siano gli organi individuati dalle
singole Regioni. L’osservazione, pur essendo pertinente, non appare meritevole di portare alla soppressione del comma.
Invero, se non è più ammesso usare una generica dizione, senza precisare quali siano gli organi individuati dalle singole
Regioni per il ricorso amministrativo e, quindi, se è vero che l’osservazione è pertinente, tuttavia non appare opportuno
sopprimere il comma 5.
Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si sono modificate le formule dei commi 4 e 5.
Il comma 6 del testo in colonna 2 è diventato l’art. 68 del testo in colonna 3.
Riprodotto dall’ultimo periodo del
comma 5 dell’art. 11, legge 817/1971,
riportato per intero nella nota sub
articolo precedente.
Art. 68
(Violazione del divieto di
indivisibilità: nullità degli atti)
1. È nullo qualsiasi atto compiuto in
violazione del vincolo di indivisibilità.
Nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era stato formulato un unico
articolo (già art. 60, in colonna 2) che trattava sia della revoca del vincolo di indivisibilità, sia della nullità degli atti
commessi contro tale vincolo. Una rilettura del testo consiglia di “spezzare” in due il testo, con la formulazione di un
apposito articolo (l’attuale 68) che ha per oggetto la nullità degli atti.
Art. 61
Art. 69
Disposizione
costruita
con
(Vincoli di inalienabilità e di
(Vincoli di inalienabilità e di
l’accorpamento di varie precedenti
coltivazione diretta in materia di
coltivazione diretta: decadenza
disposizioni. I commi 1, 2, 3 e 5
proprietà coltivatrice: decadenza
dai benefici)
1. I soggetti indicati nell’articolo 60
dell’articolo 61 (ora art. 69) sono
dai benefici)
riprodotti dall’art. 9 del d.lgs. 24 1. I soggetti indicati nell’articolo 53 che, prima che siano trascorsi cinque
118
febbraio 1948, n. 114: “9. Chi, prima
che siano trascorsi dieci anni [cinque
anni ex art. 11 d.lgs. 228/2001]
dall'acquisto fatto a termini del
presente
decreto,
alieni
volontariamente il fondo acquistato o
cessi, senza giusta causa, dal
coltivarlo direttamente, perde i benefici
fiscali previsti dall'art. 1. Inoltre decade
dal diritto al concorso statale negli
interessi sul mutuo ed è tenuto,
solidalmente col compratore in caso di
vendita, a restituirne l'importo allo
Stato, il quale rimane obbligato nei
confronti dell'istituto finanziatore, nel
caso che il contributo abbia formato
oggetto di cessione.// Nei contratti di
vendita a persone di cui all'art. 1,
stipulati da consorzi, enti e società di
cui agli artt. 4 e 5 del presente decreto,
saranno introdotte clausole che
rivedano la perdita delle agevolazioni
fiscali e degli altri vantaggi conseguiti
dall'acquirente, qualora si verifichino le
ipotesi del primo comma del presente
articolo. // Nella decadenza dai
benefici del presente decreto incorre
pure l'acquirente il quale abbia, con
false dichiarazioni, con raggiri o false
documentazioni circa i requisiti previsti
dall'art. 1 del presente decreto, tratto in
inganno l'ufficio statale competente ad
attestare la sussistenza dei requisiti
medesimi, e salvo in ogni caso
l'esercizio dell'azione penale qualora il
fatto costituisca reato. In tal caso, oltre
alle imposte normali, è dovuta una
sopratassa pari all'importo dell'imposta
evasa. // Ai fini della dichiarazione di
decadenza dai benefici fiscali spetta
all'ispettore
compartimentale
per
l'agricoltura del compartimento, dove
ricade in tutto o per la maggior parte il
fondo, di procedere agli accertamenti
necessari, il cui risultato sarà
comunicato
all'Amministrazione
finanziaria per gli ulteriori adempimenti
di propria competenza”.
Il comma 4 dell’articolo 61 (ora, art.
69) è riprodotto dall’art. 12 comma 3
legge 817/1971: “Nei casi di acquisto
per
ampliamento
di
proprietà
coltivatrice con i benefici tributari e
finanziari di legge incorre nella
decadenza dai medesimi anche
l'acquirente che, durante il periodo
vincolativo di cui al primo comma
dell'articolo 28 della legge 26 maggio
1965, n. 590, alieni o cessi dal
coltivare
direttamente
i
terreni
preposseduti che hanno concorso alla
formazione del giudizio dell'ispettorato
agrario circa la validità della nuova
azienda, salvo i casi di vendita o
permuta per accorpamento ed i casi di
vendita di piccole superfici che non
ledano l'efficienza dell'azienda”.
I commi 6 e 7 dell’articolo 61 (ora, art.
che, prima che siano trascorsi cinque
anni dall'acquisto fatto a termini dello
stesso
articolo
53,
alienino
volontariamente il fondo acquistato o
cessino, senza giusta causa, dal
coltivarlo direttamente, perdono i
benefici fiscali loro concessi. Inoltre
decadono dal diritto al concorso
statale negli interessi sul mutuo e sono
tenuti, solidalmente col compratore in
caso di vendita, a restituirne l'importo
allo Stato, il quale rimane obbligato nei
confronti dell'istituto finanziatore, nel
caso che il contributo abbia formato
oggetto di cessione.
2. Nei contratti di vendita ai soggetti di
cui al comma 1, stipulati da consorzi di
bonifica integrale sono introdotte
clausole che prevedono la perdita
delle agevolazioni fiscali e degli altri
vantaggi conseguiti dall’acquirente,
qualora si verificano le ipotesi del
comma 1.
3. Nella decadenza dai benefici del
presente
articolo
incorre
pure
l'acquirente il quale abbia, con false
dichiarazioni, con raggiri o false
documentazioni circa la propria
qualifica di coltivatore diretto, tratto in
inganno l'ufficio competente ad
attestare la sussistenza dei requisiti
medesimi, e salvo in ogni caso
l'esercizio dell'azione penale qualora il
fatto costituisca reato. In tal caso, oltre
alle imposte normali, è dovuta una
sanzione amministrativa tributaria pari
all'importo dell'imposta evasa.
4. Nei casi di acquisto per
ampliamento di proprietà coltivatrice
con i benefici tributari e finanziari di
legge incorre nella decadenza dai
medesimi anche l'acquirente che,
durante il periodo vincolativo di cui al
comma 1 alieni o cessi dal coltivare
direttamente i terreni preposseduti che
hanno concorso alla formazione del
giudizio dell'ispettorato agrario o del
corrispondente organo regionale circa
la validità della nuova azienda, salvo i
casi di vendita o permuta per
accorpamento ed i casi di vendita di
piccole superfici che non ledano
l'efficienza dell'azienda.
5. Ai fini della dichiarazione di
decadenza dai benefici fiscali spetta
all’ispettorato
provinciale
dell’agricoltura od organo regionale
sostitutivo, nel cui territorio di
competenza ricade in tutto o per la
maggior parte il fondo, di procedere
agli accertamenti necessari, il cui
risultato
sarà
comunicato
all'amministrazione finanziaria per gli
ulteriori adempimenti di propria
competenza.
6. La estinzione anticipata del mutuo o
la vendita del fondo acquistato con i
suddetti benefici non possono aver
anni dall'acquisto fatto a termini dello
stesso
articolo
60,
alienino
volontariamente il fondo acquistato o
cessino, senza giusta causa, dal
coltivarlo direttamente, perdono i
benefici fiscali loro concessi. Inoltre
decadono dal diritto al concorso
statale negli interessi sul mutuo e sono
tenuti, solidalmente col compratore in
caso di vendita, a restituirne l'importo
allo Stato, il quale rimane obbligato nei
confronti dell'istituto finanziatore, nel
caso che il contributo abbia formato
oggetto di cessione.
2. Nei contratti di vendita ai soggetti di
cui al comma 1, stipulati da consorzi di
bonifica integrale, sono introdotte
clausole che prevedono la perdita
delle agevolazioni fiscali e degli altri
vantaggi conseguiti dall’acquirente,
qualora si verificano le ipotesi del
comma 1.
3. Nella decadenza dai benefici del
presente
articolo
incorre
pure
l'acquirente il quale abbia, con false
dichiarazioni, con raggiri o false
documentazioni circa la propria
qualifica di coltivatore diretto, tratto in
inganno l'ufficio competente ad
attestare la sussistenza dei requisiti
medesimi, e salvo in ogni caso
l'esercizio dell'azione penale qualora il
fatto costituisca reato. In tal caso, oltre
alle imposte normali, è dovuta una
sanzione amministrativa tributaria pari
all'importo dell'imposta evasa.
4. Nei casi di acquisto per
ampliamento di proprietà coltivatrice
con i benefici tributari e finanziari di
legge incorre nella decadenza dai
medesimi anche l'acquirente che,
durante il periodo di vincolo indicato al
comma 1, alieni o cessi dal coltivare
direttamente i terreni preposseduti che
hanno concorso alla formazione del
giudizio dell’ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome con
competenza
nella
materia
dell’agricoltura circa la validità della
nuova azienda, salvo i casi di vendita
o permuta per accorpamento ed i casi
di vendita di piccole superfici che non
ledano l'efficienza dell'azienda.
5. Ai fini della dichiarazione di
decadenza dai benefici fiscali spetta
all’ufficio designato dalle regioni o
dalle
province
autonome
con
competenza
nella
materia
dell’agricoltura, nel cui territorio di
competenza ricade in tutto o per la
maggior parte il fondo, di procedere
agli accertamenti necessari, il cui
risultato
sarà
comunicato
all'amministrazione finanziaria per gli
ulteriori adempimenti di propria
competenza.
6. L’estinzione anticipata del mutuo o
la vendita del fondo acquistato con i
119
69) sono riprodotti dai commi 2 e 3
dell’articolo 11 d.lgs. 228/2001 che
sono stati riportati per intero supra,
sub art. 60 del testo in tabella 2 del
presente schema di decreto legislativo
di riordino.
Il comma 8 dell’ articolo 61 (ora, art,
69) è riprodotto dall’art. 12, comma 4,
l. 817/71: “Trascorso il periodo
vincolativo previsto dal citato articolo
28, il residuo mutuo di favore
concesso al venditore può essere
trasferito all'acquirente che sia in
possesso dei requisiti previsti, per la
concessione delle agevolazioni fiscali
e creditizie, dalle norme contenute
nella legge 26 maggio 1965, n. 590, e
da questa richiamate.”
Il comma 1 può ritenersi derivato
anche dal comma 1 dell’art. 7 legge
604/54: “ Decade dalle agevolazioni
tributarie l'acquirente, il permutante o
l'enfiteuta il quale, prima che siano
trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti
a norma della presente legge, aliena
volontariamente il fondo o i diritti
parziali su di esso acquistati, ovvero
cessa dal coltivarlo direttamente”.
Nel testo della legge 817/1971
seguiva un articolo (l’art. 10) che
stabiliva “Le disposizioni della legge 26
maggio 1965, n. 590, e della presente
legge si applicano anche alle
operazioni di acquisto effettuate da
lavoratori emigrati all'estero o che
abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di
lavoro dalla loro residenza originaria, i
quali intendano coltivare direttamente
il fondo oggetto dell'acquisto ed
abbiano esercitato la loro attività
lavorativa
nel
settore
agricolo
nell'ultimo
quinquennio.”
Tale
disposizione non è attuata da oltre 25
anni, sicché è divenuta obsoleta ai fini
della formazione della proprietà
coltivatrice, compreso il diritto di
prelazione attribuito al lavoratore
emigrato il diritto di prelazione.
luogo prima che siano decorsi cinque
anni dall'acquisto.
7. Non incorre nella decadenza dei
benefici l'acquirente che, durante il
periodo durante il quale è sottoposto al
vincolo,
ferma
restando
la
destinazione agricola, alieni il fondo o
conceda il godimento dello stesso a
favore del coniuge, di parenti entro il
terzo grado o di affini entro il secondo
grado, che esercitano l'attività di
imprenditore agricolo di cui all'articolo
2135 del codice civile. Le disposizioni
del presente comma si applicano
anche in tutti i casi di alienazione
conseguente all'attuazione di politiche
comunitarie, nazionali e regionali volte
a favorire l'insediamento di giovani in
agricoltura o tendenti a promuovere il
prepensionamento nel settore.
8. Trascorso il periodo vincolativo
previsto dal comma 1, il residuo mutuo
di favore concesso al venditore può
essere trasferito all'acquirente che sia
in possesso dei requisiti previsti, per la
concessione delle agevolazioni fiscali
e creditizie, dalle norme contenute nel
presente capo.
suddetti benefici non possono aver
luogo prima che siano decorsi cinque
anni dall'acquisto.
7. Non incorre nella decadenza dei
benefici l'acquirente che, durante il
periodo durante il quale è sottoposto al
vincolo,
ferma
restando
la
destinazione agricola, alieni il fondo o
conceda il godimento dello stesso a
favore del coniuge, di parenti entro il
terzo grado o di affini entro il secondo
grado che esercitano l'attività di
imprenditore agricolo di cui all'articolo
2135 del codice civile. Le disposizioni
del presente comma si applicano
anche in tutti i casi di alienazione
conseguente all'attuazione di politiche
comunitarie, nazionali e regionali volte
a favorire l'insediamento di giovani in
agricoltura o tendenti a promuovere il
prepensionamento nel settore.
8. Trascorso il periodo vincolativo
previsto dal comma 1, il residuo mutuo
di favore concesso al venditore può
essere trasferito all'acquirente che sia
in possesso dei requisiti previsti, per la
concessione delle agevolazioni fiscali
e creditizie, dalle norme contenute nel
presente capo.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 65), suggerisce di eliminare dal comma 3
la formula “e salvo in ogni caso l’esercizio dell’azione penale qualora il fatto costituisca reato”; osserva che il termine
“preposseduti” nel comma 4 è inadeguato; nonché rileva alcuni difetti formali. Poiché le disposizioni sono riprodotti
pedissequamente da norme originarie, si ritiene che, per i modesti poteri innovativi concessi dalla legge delega, non sia
possibile “cancellare” la frase del comma 3 e il termine del comma 4. Diversamente, con riguardo alle mere correzioni
formali, i cui “difetti” tuttavia sono da imputare alla norma originaria.
Va detto e soprattutto con riferimento ai commi 3 e 4 che il comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194,
convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, recita “Al fine di assicurare le agevolazioni per la
piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e
fino al 31 dicembre 2010 [ora, questo termine è stato soppresso dall’art. 1, comma 41 della legge 13.12.2010 n. 220], gli
atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici
vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione
previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo
alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella
misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle
agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero
cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e
successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno
120
2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in
agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio
dello Stato”. Il detto comma 4-bis dell’art. 2 del d.l. 194/2009 è inserito nel comma 3 del (nuovo) art. 74 di questo schema
di decreto legislativo di riordino.
Si è suggerito di aggiungere nel comma 7, fra le ipotesi di non-decadenza dai benefici, l’esproprio per pubblica utilità
(Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima
seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti
legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie. Peraltro, la fattispecie di cui si
chiede l’aggiunta è già da intendersi compresa nella previsione che la decadenza si verifica solo in caso di “alienazione”
del fondo.
Su suggerimento della Conferenza Stato-Regioni si sono modificate le formule dei commi 4 e 5.
Art. 62
(Acquisto da parte di lavoratori
emigrati)
1. Le disposizioni del presente
Capo e quelle della sezione III del
Capo I del Titolo III sul diritto di
prelazione si applicano anche alle
operazioni di acquisto effettuate
da lavoratori emigrati all'estero o
che abbiano dovuto trasferirsi per
ragioni di lavoro dalla loro
residenza originaria, i quali
intendano coltivare direttamente il
fondo oggetto dell'acquisto ed
abbiano esercitato la loro attività
lavorativa nel settore agricolo
nell'ultimo quinquennio.
L’originario art. 10 legge 817/1971 – da cui l’art. 62 del testo di d.lgs. approvato da CdM l’11.12.2009 era stato ripreso –
concedeva ai lavoratori emigrati anche il diritto di prelazione.
Si segnala che ormai, da oltre 25 anni, non sarebbero più concessi mutui a lavoratori emigrati per la formazione della
proprietà coltivatrice (Conferenza Stato-Regioni) e l’ISMEA conferma. Di conseguenza, anche per l’applicazione
analogica del decreto “taglia-leggi” e per le condivisibili osservazioni della Coldiretti nel corso dell’incontro del 9.XI.2011
con le organizzazioni professionali, l’art. 62 dell’originario schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione
approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 viene eliminato, con rinumerazione degli articoli.
I commi 1, 3, 4, 7 e 8 sono riprodotti,
tranne per la iniziale precisazione “le
agevolazioni creditizie” e l’eliminazione
del richiamo originario anche a “coloni
e mezzadri” e ai limiti di impegno di
spesa, dall’art. 16, legge 817/71, e più
precisamente quelle dai commi 1, 3, 4,
6 e 7: “1. La formazione della proprietà
diretto-coltivatrice
da
parte
di
cooperative agricole di braccianti,
compartecipanti, coloni, mezzadri,
fittavoli ed altri coltivatori della terra, è
agevolata
laddove
sussistano
condizioni
sociali,
economiche,
produttivistiche che, a parere delle
amministrazioni pubbliche preposte,
consentano una efficiente conduzione
associata dei terreni, sia che venga
attuata con proprietà cooperativa a
conduzione unita dei poderi sia con la
divisione dei terreni tra i soci. A tale
fine è autorizzato il limite di impegno di
lire 150 milioni per gli anni 1971 e
1972 e di lire 130 milioni per ciascuno
degli anni dal 1973 al 1976 per la
concessione del concorso dello Stato
nel pagamento degli interessi sui mutui
di cui al decreto legislativo del Capo
Art. 63
(Cooperative di coltivatori diretti)
1. Le agevolazioni creditizie di cui
all’articolo 53 si applicano anche per la
formazione della proprietà direttocoltivatrice da parte di cooperative
agricole di braccianti, compartecipanti,
fittavoli ed altri coltivatori della terra,
laddove sussistano condizioni sociali,
economiche, produttivistiche che, a
parere delle amministrazioni pubbliche
preposte, consentano una efficiente
conduzione associata dei terreni, sia
che venga attuata con proprietà
cooperativa a conduzione unita dei
poderi, sia con la divisione dei terreni
tra i soci.
2. L’ISMEA può operare interventi
anche a favore delle cooperative di cui
al comma 1 e secondo i criteri da esso
stabiliti, sino alla concorrenza delle
disponibilità finanziarie annuali. La
Cassa depositi e prestiti è autorizzata
a concedere all'Istituto di servizi per il
mercato agricolo alimentare (ISMEA)
mutui ventennali per gli incentivi
relativi allo sviluppo della proprietà
coltivatrice. Gli oneri connessi al
pagamento degli interessi relativi ai
Art. 70
(Cooperative di coltivatori diretti)
1. Le agevolazioni creditizie di cui
all’articolo 60 si applicano anche per la
formazione della proprietà direttocoltivatrice da parte di cooperative
agricole di braccianti, compartecipanti,
fittavoli ed altri coltivatori della terra,
laddove sussistano condizioni sociali,
economiche e produttive che, a parere
delle
amministrazioni
pubbliche
preposte, consentano una efficiente
conduzione associata dei terreni, sia
che venga attuata con proprietà
cooperativa a conduzione unita dei
poderi, sia che venga attuata con la
divisione dei terreni tra i soci.
2. L’Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA) può
operare interventi anche a favore delle
cooperative di cui al comma 1 e
secondo i criteri da esso stabiliti sino
alla concorrenza delle disponibilità
finanziarie annuali. La Cassa depositi
e prestiti è autorizzata a concedere
all'Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA) mutui
ventennali per gli incentivi relativi allo
sviluppo della proprietà coltivatrice. Gli
121
provvisorio dello Stato 24 febbraio
1948,
n.
114,
e
successive
modificazioni ed integrazioni. // 2. Le
annualità relative saranno iscritte nello
stato di previsione della spesa del
Ministero dell'agricoltura e delle
foreste. // 3. Il tasso di interesse dei
mutui di cui al presente articolo, da
porsi a carico delle cooperative
beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle
disponibilità esistenti sulle predette
autorizzazioni di spesa, nella misura
dell'uno per cento. // 4. Il concorso
dello Stato per dette operazioni è
calcolato in conformità a quanto
previsto dall'articolo 34 della legge 2
giugno 1961, n. 454, con riferimento
ad una durata del mutuo di 30 anni
qualunque
sia
l'effettiva
durata
dell'operazione. // 5. Il diritto di
prelazione di cui all'articolo 8 della
legge 26 maggio 1965, n. 590, con le
modifiche previste dalla presente
legge,
si
applica
anche
alle
cooperative agricole. // 6. È data
facoltà al singolo coltivatore diretto che
ha acquistato il terreno con le
agevolazioni della legge 26 maggio
1965, n. 590, di aderire a socio di una
cooperativa agricola per la conduzione
dei terreni trasferendo ad essa la
proprietà, previo nulla osta dell'autorità
che ha concesso le predette
agevolazioni e dell'istituto di credito
mutuante e sempreché si tratti di fondo
finitimo con l'azienda cooperativa. // 7.
In tal caso la cooperativa può
accollarsi i mutui esistenti sui terreni
mantenendo tutte le agevolazioni in
atto”. Nel testo del nostro articolo 70
non è riportato l’originario comma 5
che è stato inserito nell’articolo sulla
prelazione: comma 4 dell’art. 53. Il
comma 5 del nostro articolo 70 deriva
dalle considerazioni espresse dal
Ministero dell’Economia nel corso delle
discussioni
sul
Codice
agricolo
predisposto sotto il Ministro MiPAAF,
on. Alemanno.
L’incipit del comma 2 è riprodotto
dall’articolo unico della legge 23 luglio
1980, n. 487: “ L’ISMEA può operare
interventi anche a favore delle
cooperative di cui al comma 1 e
secondo i criteri da esso stabiliti, sino
alla concorrenza delle disponibilità
finanziarie annuali”. Il seguito del
comma 2 è riprodotto dal comma 1081
dell’art. 1 legge 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007): “La Cassa
depositi e prestiti è autorizzata a
concedere all'Istituto di servizi per il
mercato agricolo alimentare (ISMEA)
mutui ventennali per gli incentivi
relativi allo sviluppo della proprietà
coltivatrice di cui alla legge 14 agosto
1971,
n.
817,
e
successive
modificazioni. Gli oneri connessi al
predetti finanziamenti restano a carico
dello Stato fino al limite di 2 milioni di
euro annui a decorrere dal 2007.
3. Il tasso di interesse dei mutui di cui
al presente articolo, da porsi a carico
delle cooperative beneficiarie, è
stabilito, nei limiti delle disponibilità
esistenti sulle predette autorizzazioni
di spesa, comunque nella misura di cui
al metodo di calcolo dei tassi di
riferimento e di attualizzazione previsto
nella
comunicazione
della
Commissione europea in vigore al
momento della concessione del
prestito.
4. Il concorso dello Stato, con
riferimento ad una durata del mutuo di
trenta anni qualunque sia l'effettiva
durata dell'operazione, è concesso per
le
operazioni
di
finanziamento
effettuate dagli istituti ed enti esercenti
il credito agrario, che praticano il tasso
di interesse e le aliquote accessorie in
misura non superiore a quella che è
determinata
annualmente,
previo
parere del Comitato interministeriale
per il credito ed il risparmio con
decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze di concerto con il Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali.
5. L'intervento dello Stato di cui al
comma 4 è ragguagliato alla differenza
tra la rata di ammortamento e di
preammortamento, calcolata al tasso
di interesse fissato ai sensi del comma
4, al lordo dei diritti di commissione,
comprensivi
delle
spese
di
accertamento
tecnico-legali,
delle
aliquote per imposte e tasse e di altri
diritti erariali, nonché dell'eventuale
provvigione per scarto cartelle, e
quella di ammortamento e di
preammortamento calcolata al tasso di
interesse dovuto dai mutuatari nelle
misure già indicate agli articoli 9, 16,
19 e 27 della legge 2 giugno 1961, n.
454, che per l’effetto continuano ad
essere vigenti.
6. Per la concessione dei mutui
previsti dal presente articolo e dalle
altre vigenti disposizioni in materia di
credito agrario, le imprese interessate
potranno esibire all'Istituto, in luogo
della documentazione di rito, una
dichiarazione notarile attestante l'esito
degli accertamenti eseguiti circa la
proprietà e la libertà del fondo offerto
in garanzia. Alla copertura del rischio
derivante da omissioni o da errori della
dichiarazione notarile l'Istituto potrà
provvedere mediante polizza di
assicurazione.
7. È data facoltà al singolo coltivatore
diretto che ha acquistato il terreno con
le agevolazioni previste dal presente
capo, di aderire a socio di una
cooperativa agricola per la conduzione
oneri connessi al pagamento degli
interessi
relativi
ai
predetti
finanziamenti restano a carico dello
Stato fino al limite di 2 milioni di euro
annui a decorrere dal 2007.
3. Il tasso di interesse dei mutui di cui
al presente articolo, da porre a carico
delle cooperative beneficiarie, è
stabilito, nei limiti delle disponibilità
esistenti sulle predette autorizzazioni
di spesa, purché non superiore alla
misura risultante dal metodo di calcolo
dei tassi di riferimento e di
attualizzazione
previsto
nella
comunicazione della Commissione
europea in vigore al momento della
concessione del prestito.
4. Il concorso dello Stato, con
riferimento ad una durata del mutuo di
trenta anni qualunque sia l'effettiva
durata dell'operazione, è concesso per
le
operazioni
di
finanziamento
effettuate dagli istituti ed enti esercenti
il credito agrario che praticano il tasso
di interesse e le aliquote accessorie in
misura non superiore a quella che è
determinata
annualmente,
previo
parere del Comitato interministeriale
per il credito ed il risparmio con
decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze di concerto con il Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali.
5. L'intervento dello Stato di cui al
comma 4 è ragguagliato alla differenza
tra la rata di ammortamento e di
preammortamento, calcolata al tasso
di interesse fissato ai sensi del comma
4, al lordo dei diritti di commissione,
comprensivi
delle
spese
di
accertamento
tecnico-legali,
delle
aliquote per imposte e tasse e di altri
diritti erariali, nonché dell'eventuale
provvigione per scarto cartelle, e
quella di ammortamento e di
preammortamento calcolata al tasso di
interesse dovuto dai mutuatari nelle
misure già indicate agli articoli 9, 16,
19 e 27 della legge 2 giugno 1961, n.
454, che per l’effetto continuano ad
essere vigenti.
6. Per la concessione dei mutui
previsti dal presente articolo e dalle
altre disposizioni in materia di credito
agrario,
le
imprese
interessate
potranno esibire all'Istituto, in luogo
della documentazione di rito, una
dichiarazione notarile attestante l'esito
degli accertamenti eseguiti circa la
proprietà e la libertà del fondo offerto
in garanzia. L'Istituto potrà provvedere
mediante polizza di assicurazione Alla
copertura del rischio derivante da
omissioni
o
da
errori
della
dichiarazione notarile.
7. È data facoltà al singolo coltivatore
diretto che ha acquistato il terreno con
le agevolazioni previste dal presente
122
pagamento degli interessi relativi ai
predetti finanziamenti restano a carico
dello Stato fino al limite di 2 milioni di
euro annui a decorrere dal 2007”.
dei terreni trasferendo ad essa la
proprietà, previo nulla osta dell'autorità
che ha concesso le predette
agevolazioni e dell'istituto di credito
mutuante e sempreché si tratti di fondo
finitimo con l'azienda cooperativa.
8. In tal caso la cooperativa può
accollarsi i mutui esistenti sui terreni
mantenendo tutte le agevolazioni in
atto.
capo, di divenire socio di una
cooperativa agricola per la conduzione
dei terreni trasferendo ad essa la
proprietà, previo nulla osta dell'autorità
che ha concesso le predette
agevolazioni e dell'istituto di credito
mutuante e sempre che si tratti di
fondo
finitimo
con
l'azienda
cooperativa.
8. In tal caso la cooperativa può
accollarsi i mutui esistenti sui terreni
mantenendo tutte le agevolazioni in
atto.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 65), suggerisce varie correzioni formali. I
vari suggerimenti sono da condividersi: di conseguenza, sono state apportate le modestissime correzioni di forma.
Comunque, si noti che i “difetti” formali sono imputabili alle norme originarie.
Si suggerisce di sopprimere il comma 3, perché il tasso di interesse, per gli interventi fondiari dell’ISMEA, viene
determinato autonomamente dall’Istituto con apposita delibera del consiglio di amministrazione. Si conferma la formula
redatta nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri per il seguente motivo: indipendentemente dal soggetto che
delibera il quantum dell’interesse richiesto per il mutuo, il diritto dell’Unione europea non consente che esso possa
costituire, per l’ammontare, un aiuto di Stato alle imprese (e gli agricoltori sono imprenditori).
La disposizione è frutto di un richiamo
all’art. 30, legge 26 maggio 1965 n.
590, secondo cui “La Cassa per la
formazione della proprietà contadina è
autorizzata ad agevolare attività intese
a realizzare il miglioramento delle
aziende formatesi con il proprio
intervento o assistite da garanzie
fidejussorie. // La disposizione di cui al
sesto comma dell'articolo 27 della
legge 2 giugno 1961, n. 454, si applica
- con effetto dal 1 gennaio successivo
all'entrata in vigore della citata legge anche per i terreni venduti dalla Cassa
in epoca antecedente all'entrata in
vigore della stessa legge n. 454, ed
esplica
efficacia
anche
successivamente al 30 giugno 1965. //
….. ”, nonché all’art. 17 del d.lgs.
102/2004. Avvertendo, peraltro, che
alla Cassa è subentrata l’ISMEA.
Art. 64
(Ulteriori interventi dell’Istituto di
servizi per il mercato agricolo
alimentare-ISMEA: rinvio)
1. L’intervento dell’Istituto di servizi per
il
mercato
agricolo
alimentare
(ISMEA), che è subentrata alla Cassa
per la formazione della proprietà
contadina
nell’autorizzazione
ad
acquistare o riacquistare terreni da
cooperative o singoli coltivatori che
abbiano acquisito i fondi medesimi
avvalendosi dei benefici previsti dalle
disposizioni vigenti in materia di
piccola proprietà contadina e della
fideiussione di cui all’articolo 7 della
legge 1° febbraio 1956, n. 53, è
disciplinato dall’articolo 17 del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 102.
Art. 71
(Interventi dell’Istituto di servizi
per il mercato agricolo alimentareISMEA)
1. Le vendite dei fondi rustici di natura
patrimoniale disposte dagli enti
pubblici
territoriali
anche
in
ottemperanza di quanto disposto dal
comma 17 dell’articolo 13, quando il
fine sia quello di destinarli alla
formazione della proprietà coltivatrice
o di quella dei giovani imprenditori
agricoli,
possono
avvenire
per
trattativa privata, qualora l’acquirente
sia l’Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA).
Con un articolo numerato, appunto, 64 dello schema proposto e approvato dal Consiglio dei Ministri l’11.12.2009, si
volevano rammentare gli interventi, prima della Cassa e ora dell’ISMEA nell’ambito della politica di favore per la proprietà
coltivatrice. A tal fine, in particolare si ricordavano, facendo sostanzialmente ad essi un rinvio, l’art. 30 legge 590/1965 e
27 legge 454/1961. Peraltro, si è trattato di richiami non corretti: infatti, le garanzie fidejussorie richiamate dall’art. 17
d.lgs. 29 marzo 2004 n. 102, non riguardano gli interventi per la formazione della proprietà contadina, ma i finanziamenti
che gli imprenditori operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca possono ottenere in forza del credito
agricolo e peschereccio. Conseguentemente si è provveduto a eliminare l’intera disposizione, richiamando invece, come
dalla nota 1131 del 1 marzo 2010 dell’ISMEA quanto il detto Istituto ha fatto presente come propri interventi nella materia
della formazione della proprietà coltivatrice.
Si tenga anche presente, come fatto presente dallo stesso ISMEA, l’opportunità di una disposizione che,
riproponendo quanto già disposto dall’art. 5 del d.lgs. 114/1948 e 13 della legge 165/1949 (“coinvolti” nell’abrogazione
disposta dal decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133), preveda la possibilità
della trattativa privata nei riguardi dell’ISMEA, quando “lo Stato, le Province e i Comuni” vendono “i [loro] fondi rustici di
natura patrimoniale da destinare alla formazione della proprietà contadina”. Trattasi di una riformulazione che, per
ragioni sistematiche, è stata inserita in questa Sezione del decreto legislativo di riordino e semplificazione, anche
richiamando il comma 17 dell’art. 13 di questo stesso decreto.
Art. 72
Art. 65
(Trasferimenti di diritti reali)
Riprodotto dall’art. 29, legge 590/65: “I
(Trasferimenti di diritti reali)
trasferimenti del diritto di proprietà o di 1. I trasferimenti del diritto di proprietà 1. I trasferimenti del diritto di proprietà
usufrutto su quote indivise o o di usufrutto su quote indivise o o di usufrutto su quote indivise o
123
determinate di fondi rustici provenienti
dalla stessa eredità, posti in essere a
favore di coerede che sia coltivatore
diretto, quando sussistano i prescritti
requisiti, sono considerati atti inerenti
alla formazione di proprietà contadina
e possono ottenere le provvidenze
previste dalle vigenti disposizioni in
materia, nonché le agevolazioni
creditizie di cui al precedente art. 1.”
determinate di fondi rustici provenienti
dalla stessa eredità, posti in essere a
favore di coerede che sia coltivatore
diretto, quando sussistano i prescritti
requisiti, sono considerati atti inerenti
alla formazione di proprietà contadina
e possono ottenere le provvidenze
previste dalle vigenti disposizioni in
materia, nonché le agevolazioni
creditizie di cui all’articolo 53.
determinate di fondi rustici provenienti
dalla stessa eredità, posti in essere a
favore di coerede che sia coltivatore
diretto sono considerati, quando
sussistano i prescritti requisiti, atti
inerenti alla formazione di proprietà
coltivatrice e possono ottenere le
provvidenze previste dalle vigenti
disposizioni in materia, nonché le
agevolazioni creditizie di cui all’articolo
60.
Al termine “proprietà contadina” si è sostituito il termine “proprietà coltivatrice”
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
5, legge 817/71: “Nei comprensori di
bonifica, nei quali la presenza di
proprietà polverizzata e frammentata
costituisca grave impedimento alla
creazione della rete distributrice
dell'acqua irrigua e renda onerosa la
gestione collettiva degli impianti, può
essere
disposto
dagli
organi
istituzionalmente
competenti,
la
ricomposizione ed il riordinamento
fondiario di cui agli articoli del Capo IV,
titolo II, del regio decreto 13 febbraio
1933, n. 215, pur in assenza di
iniziative da parte dei consorzi di
bonifica competenti. // Il riordinamento
fondiario eseguito dagli enti di sviluppo
ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 23 giugno 1962, n.
948, può attuarsi anche in assenza del
piano preliminare di riordinamento di
cui agli articoli 6 e 7 del citato decreto
presidenziale, quando, a giudizio del
Ministero dell'agricoltura e delle
foreste, ricorra la necessità e l'urgenza
di rendere più spedita l'operazione
(comma non riportato per la avvenuta
soppressione degli enti di sviluppo). //
Le opere di bonifica e di miglioramento
fondiario da attuarsi nel quadro di
interventi di riordino fondiario anche al
di fuori dei comprensori di bonifica
sono assistite dal contributo dello
Stato sino al 70 per cento della spesa
ammissibile, quando siano di interesse
particolare, e sino al 90 per cento,
quando siano di interesse comune a
più fondi.”
Il comma 3 è una mera norma di rinvio
ad altro articolo di questa stessa
sezione.
I commi 4 e 5 sono riprodotti dall’art.
6, commi 2 e 3, l. 53/56: “Per il
recupero, a carico degli inadempienti,
delle quote di concorso statale nel
pagamento degli interessi sui mutui e
dei sussidi concessi in base alla legge
di bonifica, si applicano le norme e i
privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria
e le relative sovraimposte provinciali e
comunali
osservando
quanto
è
Art. 66
(Sussidi pubblici per il riordino
fondiario nei comprensori di
bonifica e decadenza dai benefici)
1. Nei comprensori di bonifica, nei
quali la presenza di proprietà
polverizzata e frammentata costituisca
grave impedimento alla creazione
della rete distributrice dell'acqua irrigua
e renda onerosa la gestione collettiva
degli impianti, possono essere disposti
dagli
organi
istituzionalmente
competenti, la ricomposizione ed il
riordinamento fondiario di cui alle
norme del presente decreto legislativi,
pur in assenza di iniziative da parte dei
consorzi di bonifica competenti.
2. Le opere di bonifica e di
miglioramento fondiario da attuarsi nel
quadro di interventi di riordino fondiario
anche al di fuori dei comprensori di
bonifica sono assistite dal contributo
dello Stato sino al 70 per cento della
spesa ammissibile, quando siano di
interesse particolare, e sino al 90 per
cento, quando siano di interesse
comune a più fondi.
3. Si decade dai benefici per i mutui
concessi per il riordino fondiario nei
comprensori di bonifica per gli stessi
motivi indicati nell’articolo 61.
4. Per il recupero, a carico degli
inadempienti, delle quote di concorso
statale nel pagamento degli interessi
sui mutui e dei sussidi concessi in
base alla legge di bonifica, si
applicano le norme e i privilegi stabiliti
per i crediti di natura tributaria
osservando
quanto
è
previsto
dall’articolo 6, commi 2 e 3, della legge
1° febbraio 1956, n. 53.
5. Il privilegio statale di recupero
prende grado immediatamente dopo
l'ipoteca a favore dell'istituto di credito.
Art. 73
(Sussidi pubblici per il riordino
fondiario nei comprensori di
bonifica e
decadenza dai benefici)
1. Nei comprensori di bonifica, nei
quali la presenza di proprietà
polverizzata e frammentata costituisca
grave impedimento alla creazione
della rete distributrice dell'acqua irrigua
e renda onerosa la gestione collettiva
degli impianti, possono essere disposti
dagli
organi
istituzionalmente
competenti, la ricomposizione ed il
riordinamento fondiario di cui alle
norme del presente decreto legislativi,
pur in assenza di iniziative da parte dei
consorzi di bonifica competenti.
2. Le opere di bonifica e di
miglioramento fondiario da attuare nel
quadro di interventi di riordino fondiario
anche al di fuori dei comprensori di
bonifica sono assistite dal contributo
dello Stato sino al 70 per cento della
spesa ammissibile, quando siano di
interesse particolare, e sino al 90 per
cento, quando siano di interesse
comune a più fondi.
3. Si decade dai benefici per i mutui
concessi per il riordino fondiario nei
comprensori di bonifica per gli stessi
motivi indicati nell’articolo 69.
4. Per il recupero, a carico degli
inadempienti, delle quote di concorso
statale nel pagamento degli interessi
sui mutui e dei sussidi concessi in
base alla legge di bonifica, si
applicano le norme e i privilegi stabiliti
per i crediti di natura tributaria
osservando
quanto
è
previsto
dall’articolo 6, commi secondo e terzo,
della legge 1° febbraio 1956, n. 53.
5. Il privilegio statale di recupero
prende grado immediatamente dopo
l'ipoteca a favore dell'istituto di credito.
124
previsto all'art. 21 del regio decreto 13
febbraio 1933, n. 215. // Il privilegio
statale di recupero prende grado
immediatamente dopo l'ipoteca a
favore dell'istituto di credito”.
Chiaramente transitoria, e ormai
esaurita, è la portata degli artt. 9, 10,
11, 12 e 13 legge 53/56, sulla
dotazione dei Fondi.
Il Consiglio di Stato, nel punto 6 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 66), definisce “colloquiale” e superflua
l’espressione “polverizzata” accanto a “frammentata” nel comma 1, e quindi ne chiede la soppressione. Si ritiene di
dover mantenere l’espressione, riprodotta pedissequamente dalla norma originaria, perché in effetti il fenomeno della
“polverizzazione” (piccoli fazzoletti di terra appartenenti, ciascuno, ad un determinato proprietario) è differente dal
fenomeno della frammentazione (più particelle di terra, lontane l’una dall’altra, appartenenti tutte allo stesso proprietario.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 9,
comma 2, del d.lgs. 99/2004: “2. Alle
vendite dei beni appartenenti al
patrimonio
immobiliare
pubblico,
eseguite ai sensi del decreto legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, qualora
abbiano ad oggetto beni suscettibili di
utilizzazione agricola e siano concluse
con imprenditori agricoli o coltivatori
diretti iscritti nella sezione speciale del
registro delle imprese di cui all'articolo
2188 e seguenti del codice civile si
applica la riduzione del cinquanta per
cento delle imposte di registro,
ipotecaria, catastale e di bollo”.
Benché la norma originaria contenga
solo le parole “imprenditori agricoli” si
ritiene, per ragioni sistematiche ed
anche per la presenza dell’aggettivo
nel successivo comma, necessario
aggiungere l’aggettivo “professionali”.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 5,
comma 6, della legge 31 gennaio
1994, n. 97, Nuove disposizioni per le
zone montane stabilisce: “6. Agli atti di
acquisto effettuati ai sensi della
presente legge da coltivatori diretti o
imprenditori agricoli a titolo principale,
si applicano le agevolazioni fiscali e
creditizie previste per la formazione e
l’arrotondamento
della
proprietà
coltivatrice”. Tale disposto deve
ritenersi sostituito, ma solo per le
agevolazioni fiscali, dalla disposizione
introdotta dal comma 4-bis dell’art. 2
del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194,
convertito, con modificazioni, nella
legge 26 febbraio 2010, n. 25, come
riportato nella nota successiva.
Il comma 3 è riprodotto dal comma 4bis dell’art. 2 del d.l. 30 dicembre
2009, n. 194, convertito, con
modificazioni, nella legge 26 febbraio
2010, n. 25: “Al fine di assicurare le
agevolazioni per la piccola proprietà
contadina, a decorrere dalla data di
entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto e
Sezione III
Delle agevolazioni fiscali alla
formazione di proprietà
fondiarie gestite
da coltivatori diretti o da
imprenditori agricoli
professionali
Art. 67
(Disposizioni fiscali in favore della
proprietà agricola)
1. Alle vendite dei beni appartenenti al
patrimonio
immobiliare
pubblico,
eseguite ai sensi del decreto-legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, qualora
abbiano ad oggetto beni suscettibili di
utilizzazione agricola e siano concluse
con imprenditori agricoli o coltivatori
diretti iscritti nella sezione speciale del
registro delle imprese di cui all'articolo
2188 e seguenti del codice civile si
applica la riduzione del cinquanta per
cento delle imposte di registro,
ipotecaria, catastale e di bollo.
2. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi
dell’articolo 52 da coltivatori diretti o
imprenditori agricoli a titolo principale,
si applicano le agevolazioni fiscali e
creditizie previste per la formazione e
l’arrotondamento
della
proprietà
coltivatrice.
3. Sono ridotte della metà le imposte
dovute per gli atti tra vivi diretti a
realizzare l’accorpamento di fondi
rustici, attraverso la permuta di
particelle o la rettificazione dei confini
Sezione III
Delle agevolazioni fiscali e
creditizie alla formazione di
proprietà fondiarie gestite
da coltivatori diretti o da
imprenditori agricoli
professionali
Art. 74
(Disposizioni fiscali e creditizie in
favore della proprietà agricola)
1. Alle vendite dei beni appartenenti al
patrimonio
immobiliare
pubblico,
eseguite ai sensi del decreto-legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, qualora
abbiano ad oggetto beni suscettibili di
utilizzazione agricola e siano concluse
con imprenditori agricoli professionali o
coltivatori diretti iscritti nella sezione
speciale del registro delle imprese di
cui all'articolo 2188 e seguenti del
codice civile si applica la riduzione del
cinquanta per cento delle imposte di
registro, ipotecaria, catastale e di
bollo.
2. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi
dell’articolo 59 da coltivatori diretti o
imprenditori agricoli professionali, si
applicano anche le agevolazioni
creditizie previste per la formazione e
l’arrotondamento
della
proprietà
coltivatrice.
3. Al fine di assicurare le agevolazioni
per la piccola proprietà contadina, gli
atti di trasferimento a titolo oneroso di
terreni e relative pertinenze, qualificati
agricoli in base a strumenti urbanistici
vigenti, posti in essere a favore di
coltivatori diretti e imprenditori agricoli
professionali, iscritti nella relativa
gestione
previdenziale
ed
assistenziale, nonché le operazioni
fondiarie operate attraverso l'Istituto di
servizi per il mercato agricolo
alimentare (ISMEA), sono soggetti alle
imposte di registro ed ipotecaria nella
misura fissa ed all'imposta catastale
nella misura dell'1 per cento. Gli
125
fino al 31 dicembre 2010, gli atti di
trasferimento a titolo oneroso di terreni
e relative pertinenze, qualificati agricoli
in base a strumenti urbanistici vigenti,
posti in essere a favore di coltivatori
diretti
ed
imprenditori
agricoli
professionali, iscritti nella relativa
gestione
previdenziale
ed
assistenziale, nonché le operazioni
fondiarie operate attraverso l'Istituto di
servizi per il mercato agricolo
alimentare (ISMEA), sono soggetti alle
imposte di registro ed ipotecaria nella
misura fissa ed all'imposta catastale
nella misura dell'1 per cento. Gli
onorari dei notai per gli atti suindicati
sono ridotti alla metà. I predetti
soggetti decadono dalle agevolazioni
se, prima che siano trascorsi cinque
anni dalla stipula degli atti, alienano
volontariamente i terreni ovvero
cessano di coltivarli o di condurli
direttamente. Sono fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 11,
commi 2 e 3, del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 228, nonché
all'articolo 2 del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 99, e successive
modificazioni.
All'onere
derivante
dall'attuazione del presente comma,
pari a 40 milioni di euro per l'anno
2010, si provvede mediante utilizzo
delle residue disponibilità del fondo per
lo sviluppo della meccanizzazione in
agricoltura, di cui all'articolo 12 della
legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a
tale fine sono versate all'entrata del
bilancio dello Stato”.
Nel comma del presente articolo non
viene riportata l’ultima frase che
attiene alla copertura finanziaria. Ad
eccezione di tale frase, il predetto
comma 4-bis dell’art. 2 del d.l.
194/2009
viene
incluso
nella
disposizione delle abrogazioni di
questo schema di decreto legislativo di
riordino. Dalla formula utilizzata dal
comma 4bis dell’art. 2 della legge
25/2010
deve
argomentarsi
l’intendimento del legislatore di
disciplinare ex novo la fattispecie
fiscale di agevolazione della proprietà
coltivatrice e, quindi, l’abrogazione
implicita, ex art. 15 disp. prel. c.c.,
dell’art. 1 della legge 604/1954:
l’oggetto è costituito dagli atti di
trasferimento “a titolo oneroso di
terreni e relative pertinenze, qualificati
agricoli in base a strumenti urbanistici
in vigore”, i soggetti sono i coltivatori
diretti o gli imprenditori agricoli
professionali “iscritti nelle relative
gestioni previdenziali e assistenziali”.
Il comma 4 è riprodotto dal comma 1
dall’art. 9, d. lgs. 29 marzo 2004 n. 99:
Sono ridotte della metà le imposte
dovute per gli atti tra vivi diretti a
realizzare l’accorpamento di fondi
onorari dei notai per gli atti suindicati
sono ridotti alla metà. Si applica
l’articolo 69 qualora i predetti soggetti,
prima che siano trascorsi cinque anni
dalla stipula degli atti, alienano
volontariamente i terreni ovvero
cessano di coltivarli o di condurli
direttamente. Sono fatte salve le
disposizioni di cui ai commi 6 e 7
dell’articolo 69, nonché ai commi 3 e 4
dell'articolo 12.
4. Sono ridotte della metà le imposte
dovute per gli atti tra vivi diretti a
realizzare l’accorpamento di fondi
rustici, attraverso la permuta di
particelle o la rettificazione dei confini.
126
rustici, attraverso la permuta di
particelle o la rettificazione dei confini.
Si è suggerito di modificare, nel comma 1, le parole “imprenditori agricoli a titolo principale” con le parole “imprenditori
agricoli professionali” (Commissione Agricoltura del Senato). Trattandosi di un mero errore materiale, il comma 2 è stato
riformulato come da suggerimento proposto.
Il comma 3 è stato modificato con riferimento all’art. 1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010 n. 220 che ha così
stabilito: «Al comma 4-bis, primo periodo, dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, concernente le agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina,
le parole: “e fino al 31 dicembre 2010” sono soppresse». Di conseguenza le agevolazioni fiscali sono state stabilizzate.
Riprodotto dall’art. 58 della legge 3
maggio 1982 n. 203: “Tutte le norme
previste nella presente legge sono
inderogabili.
Le
convenzioni
in
contrasto con esso sono nulle di pieno
diritto e la loro nullità può essere
rilevata anche d'ufficio, salvo il
disposto degli articoli 45 e 51. // Le
disposizioni incompatibili con quelle
contenute nella presente legge sono
abrogate”.
Titolo V
Della disciplina dei contratti
agrari
Titolo V
Della disciplina dei contratti
agrari
Capo I
Dell’affitto di fondi rustici
Capo I
Dell’affitto di fondi rustici
Sezione I
Delle disposizioni generali
Sezione I
Delle disposizioni generali
Art. 68
(Inderogabilità delle norme)
1. Le norme previste nelle sezioni 1 e
2 sono inderogabili, salvo quanto
disposto negli articoli 69 e 70 o che
non
sia
diversamente
ed
espressamente stabilito da altra legge.
2. Le convenzioni in contrasto con
esse sono nulle di pieno diritto e la loro
nullità può essere rilevata anche
d’ufficio, salvo quanto stabilito negli
articoli 69 e 70.
3. Le disposizioni di leggi vigenti alla
data del 6 maggio 1982 incompatibili
con esse sono abrogate.
Art. 75
(Definizione e inderogabilità delle
norme)
1. L’affitto di fondo rustico, come
contratto di locazione che, a norma
dell’articolo 1615 del codice civile, ha
per oggetto il godimento di una cosa
immobile produttiva, è regolato dalle
disposizioni del presente capo.
2. (già comma 1) Le norme previste
nelle sezioni I e II sono inderogabili,
salvo quanto disposto negli articoli 76
e 77 o che non sia diversamente ed
espressamente stabilito da altra legge.
3. (già comma 2) Le convenzioni in
contrasto con esse sono nulle di pieno
diritto e la loro nullità può essere
rilevata anche d’ufficio, salvo quanto
stabilito negli articoli 76 e 77.
Giustamente il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 66), avverte che “le parti del
contratto di affitto si chiamano ‘locatore’ e ‘affittuario’ e non ‘concedente’ e ‘concessionario’, mentre nel testo del
proposto schema, poi approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, sono chiamate ora in un modo ora
nell’altro, e l’affittuario anche ‘conduttore’”, sicché suggerisce di effettuare le correzioni formali. Il suggerimento di regola
è condivisibile (salvo che nell’ipotesi disciplinata dall’art. 79 (già art. 72) sul divieto di subaffitto e di subconcessione o
quando ci si riferisce a conduttore non coltivatore diretto), sicché si è provveduto ad attuarlo. Tuttavia, si noti che i
“difetti” formali sono imputabili alle norme originarie, benché si debba riconoscere che le espressioni “concedente” e
“concessionario” talvolta erano dovute al fatto che la norma originaria si riferiva anche alle fattispecie della mezzadria e
della colonia.
Il comma 1 ha il rinvio esplicito alla definizione contenuta nell’art. 1615 c.c.: tale rinvio è stato suggerito dal Consiglio
di Stato nel punto 7 del suo parere (pag. 66), nonostante che lo schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009 contenga l’art. 99 (ora art. 107) di rinvio, appunto, al codice civile. Tuttavia, nel corso dell’incontro del
9.XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha rilevato che il richiamato art. 1615 c.c. non definisce l’affitto,
ma – sia pure con riferimento all’affitto a cui si intitola la rubrica della Sezione III – definisce la “locazione che ha per
oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile”. Per questo motivo, si ritiene opportuno che il
suggerimento del Consiglio di Stato di fare riferimento all’art. 1615 c.c, sia nel senso di riportare, per intero, l’incipit di tale
articolo a cui si fa rinvio.
Il Consiglio di Stato fa presente la superfluità del comma 3 dell’art. 68 dell’originario testo approvato dal CdM
l’11.12.2009, secondo cui “le disposizioni di leggi vigenti alla data del 6 maggio 1982 in compatibili con esse [con le
norme inderogabili delle Sezioni I e II] sono abrogate” data la generale disposizione abrogatrice del presente schema di
decreto legislativo (parere del 24 febbraio 2010, punto 7, pag. 66). Si accetta doverosamente il parere, e la disposizione
viene eliminata.
127
Riprodotto,
per
accorpamento,
dall’art. 23, commi 1 e 2 e comma 3
(come sostituito dall’art. 45, comma 1,
legge 203/1982) della legge 11
febbraio 1971 n. 11: “Le rinunce e le
transazioni, che hanno per oggetto
diritti dell'affittuario derivanti dalla
presente legge e da ogni altra legge,
nazionale o regionale, non sono
valide. // L'impugnazione deve essere
proposta a pena di decadenza nei
termini stabiliti dall'articolo 2113 del
codice civile. // Sono validi tra le parti,
anche in deroga alle norme vigenti in
materia di contratti agrari, gli accordi,
anche non aventi natura transattiva,
stipulati tra le parti stesse in materia di
contratti agrari con l'assistenza delle
rispettive organizzazioni professionali
agricole
maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
tramite
le
loro
organizzazioni
provinciali, e le transazioni stipulate
avanti al giudice competente. Nelle
province di Trento e di Bolzano
l'assistenza può essere prestata anche
dalle
organizzazioni
professionali
agricole provinciali”, nonché dell’art.
45, commi 2 e 3, legge 203/1982: “È
fatto comunque divieto di stipulare
contratti
di
mezzadria,
colonia
parziaria,
di
compartecipazione
agraria, esclusi quelli stagionali e quelli
di soccida. // È fatto altresì divieto di
corrispondere somme per buona
entrata. In ogni caso le organizzazioni
professionali
agricole
possono
stipulare accordi collettivi in materia di
contratti agrari”.
Art. 69
(Rinunce, transazioni e accordi in
deroga)
1. Le rinunce e le transazioni che
hanno per oggetto diritti dell’affittuario
derivanti dagli articoli da 78 a 98 e da
ogni altra legge, nazionale o regionale,
non sono valide.
2. L’impugnazione deve essere
proposta a pena di decadenza nei
termini stabiliti dall’articolo 2113 del
codice civile.
3. Sono validi tra le parti, anche in
deroga alle norme vigenti in materia di
contratti agrari, gli accordi, anche non
aventi natura transattiva, stipulati tra le
parti stesse in materia di contratti
agrari con l’assistenza delle rispettive
organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello
nazionale,
tramite
le
loro
organizzazioni
provinciali,
e
le
transazioni stipulate davanti al giudice
competente. Nelle province di Trento e
di Bolzano l’assistenza può essere
prestata anche dalle organizzazioni
professionali agricole provinciali.
4. È fatto comunque divieto di stipulare
contratti di mezzadria, di colonia
parziaria,
di
compartecipazione
agraria, esclusi quelli stagionali e quelli
di soccida. È fatto altresì divieto di
corrispondere somme per buona
entrata.
5. In ogni caso le organizzazioni
professionali
agricole
possono
stipulare accordi collettivi in materia di
contratti agrari
Art. 76
(Rinunce, transazioni e accordi in
deroga)
1. Le rinunce e le transazioni che
hanno per oggetto diritti dell’affittuario
derivanti dagli articoli da 78 a 98 e da
ogni altra legge, nazionale o regionale,
non sono valide.
2. L’impugnazione deve essere
proposta a pena di decadenza nei
termini stabiliti dall’articolo 2113 del
codice civile.
3. Sono validi tra le parti, anche in
deroga alle norme vigenti in materia di
contratti agrari, gli accordi, anche non
aventi natura transattiva, stipulati tra le
parti stesse in materia di contratti
agrari con l’assistenza delle rispettive
organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello
nazionale,
tramite
le
loro
organizzazioni
provinciali,
e
le
transazioni stipulate davanti al giudice
competente. Nelle province di Trento e
di Bolzano l’assistenza può essere
prestata anche dalle organizzazioni
professionali agricole provinciali.
4. È fatto comunque divieto di stipulare
contratti di mezzadria, di colonia
parziaria,
di
compartecipazione
agraria, esclusi quelli stagionali e quelli
di soccida. È fatto altresì divieto di
corrispondere somme per buona
entrata.
5. In ogni caso le organizzazioni
professionali
agricole
possono
stipulare accordi collettivi in materia di
contratti agrari.
Si è suggerito di sopprimere, nel comma 1, le parole “o regionali” nell’inciso “da ogni altra legge, nazionale o
regionale” aventi per oggetto diritti dell’affittuario (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta
nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: i limiti
imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle norme originarie.
Potrebbe ritenersi improbabile che vi siano leggi regionali nella materia contrattuale, tuttavia non è da escludersi che una
legge regionale possa avere effetti diretti o indiretti sui diritti degli affittuari di fondi rustici, come ad esempio si ricava
dalla disposizione dell’originario art. 57 della legge 203/1982 che stabilisce che la legge statale sui patti agrari “nelle
Province autonome di Trento e di Bolzano si applica in difetto di legislazione provinciale nelle materie di loro
competenza” e che tali Province autonome sono equiparate alle Regioni “ai fini dell’applicazione delle disposizioni” della
legge 203/1982.
Il Consiglio di Stato suggeriva (pag. 66 del suo parere) si sostituire le parole “organizzazioni professionali” con le
parole “associazioni professionali”. Tuttavia, si è ritenuto opportuno non modificare l’espressione, ormai corrente, di
“organizzazioni professionali”
Su suggerimento della Commissione Agricoltura del Senato si era provveduto ad integrare la formula del comma 3,
con l’inclusione delle parole “presenti nel Consiglio nazionale del lavoro (CNL)”, facendo ricordo che la precisazione più
volte è stata introdotta dalle più recenti leggi di natura sindacale. Tuttavia, melius re perpensa, le obiezioni sollevate dalla
Federazione nazionale della proprietà fondiaria (nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali)
inducono a “ritornare” alla formula della norma originaria, rilevando che: a) il Consiglio di Stato non ha sollevato alcuna
questione in merito e ciò sotto il profilo tecnico-giuridico; b) la Commissione Agricoltura del Senato non ha motivato il suo
suggerimento né da un punto di vista politico, né in alcun altro modo; d) la Commissione bicamerale per la
semplificazione nel suo parere del 23 novembre 2011 ha suggerito di “ritornare” alla formula originaria; e) la Coldiretti ha
ammesso (nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali) di essere stata lei a suggerire alle
Commissioni Agricoltura del Parlamento la detta integrazione; e) il fatto che più volte la Federazione nazionale della
proprietà fondiaria ha fatto parte di accordi in deroga.
128
Riprodotto dall’art. 22, comma 3,
secondo periodo, della legge 11
febbraio 1971 n. 11, così come
sostituito dall’art. 51 legge 203/1982:
«Nei contratti agrari relativi a fondi
rustici costituenti aziende agrarie
annesse
alle
università,
istituti
universitari, istituti tecnici agrari ed
istituti professionali per l'agricoltura
sono valide le clausole particolari
previste per consentire lo svolgimento
delle attività di ricerca didattiche e
scientifiche degli enti ed istituti suddetti
sui terreni a ciò destinati».
Riprodotto dall’art. 5, commi 2 e 3,
legge 3 maggio 1982 n. 203: «2. La
risoluzione del contratto di affitto a
coltivatore
diretto
può
essere
pronunciata nel caso in cui l'affittuario
si sia reso colpevole di grave
inadempimento
contrattuale,
particolarmente in relazione agli
obblighi inerenti al pagamento del
canone, alla normale e razionale
coltivazione
del
fondo,
alla
conservazione e manutenzione del
fondo medesimo e delle attrezzature
relative, alla instaurazione di rapporti
di subaffitto o di subconcessione. 3.
Prima
di
ricorrere
all'autorità
giudiziaria, il locatore è tenuto a
contestare all'altra parte, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, l'inadempimento e ad
illustrare le proprie motivate richieste.
Ove il conduttore sani l'inadempienza
entro tre mesi dal ricevimento di tale
comunicazione, non si dà luogo alla
risoluzione del contratto».
Nella formula non si è fatto più
cenno al “coltivatore diretto” perché
l’art. 23 della legge 203/1982, nel
disporre quali norme dell’affitto a
coltivatore
diretto
si
applichino
all’affitto a conduttore, rinvia all’art. 5,
appunto sulla risoluzione.
Art. 70
(Contratti relativi a fondi rustici di
università e di istituti scolastici per
l’agricoltura)
1. Nei contratti agrari relativi a fondi
rustici costituenti aziende agrarie
annesse
alle
università,
istituti
universitari, istituti tecnici agrari e
istituti professionali per l’agricoltura,
sono valide le clausole particolari
previste per consentire lo svolgimento
delle attività di ricerca, didattiche e
scientifiche degli enti e istituti suddetti
sui terreni a ciò destinati.
Art. 77
(Contratti relativi a fondi rustici di
università e di istituti scolastici per
l’agricoltura)
1. Nei contratti agrari relativi a fondi
rustici costituenti aziende agrarie
annesse
alle
università,
istituti
universitari, istituti tecnici agrari e
istituti professionali per l’agricoltura,
sono valide le clausole particolari
previste per consentire lo svolgimento
delle attività di ricerca, didattiche e
scientifiche degli enti e istituti suddetti
sui terreni a ciò destinati.
Art. 71
(Risoluzione per grave
inadempimento)
1. La risoluzione del contratto di affitto
può essere pronunciata nei confronti
del concessionario nel caso in cui si
sia
reso
colpevole
di
grave
inadempimento
contrattuale,
particolarmente in relazione agli
obblighi inerenti al pagamento del
canone secondo quanto disposto
dall’articolo 84, alla normale e
razionale coltivazione del fondo, alla
conservazione e manutenzione del
fondo medesimo e delle attrezzature
relative, alla instaurazione di rapporti
di subaffitto o di subconcessione.
2. Prima di ricorrere all’autorità
giudiziaria, il concedente è tenuto a
contestare l’inadempimento all’altra
parte, mediante lettera raccomandata
con avviso di ricevimento, e ad
illustrare le proprie motivate richieste.
Ove
il
concessionario
sani
l’inadempienza entro tre mesi dal
ricevimento di tale comunicazione,
non si dà luogo alla risoluzione del
contratto.
Art. 78
(Risoluzione per grave
inadempimento)
1. La risoluzione del contratto di affitto
può essere pronunciata nei confronti
dell’affittuario nel caso in cui si sia reso
colpevole di grave inadempimento
contrattuale,
particolarmente
in
relazione agli obblighi inerenti al
pagamento del canone secondo
quanto disposto dall’articolo 91, alla
normale e razionale coltivazione del
fondo,
alla
conservazione
e
manutenzione del fondo medesimo e
delle
attrezzature
relative,
alla
instaurazione di rapporti di subaffitto o
di subconcessione.
2. Prima di ricorrere all’autorità
giudiziaria, il locatore è tenuto a
contestare l’inadempimento all’altra
parte, mediante lettera raccomandata
con avviso di ricevimento, e ad
illustrare le proprie motivate richieste.
Se l’affittuario sani l’inadempienza
entro tre mesi dal ricevimento di tale
comunicazione, non si dà luogo alla
risoluzione del contratto.
Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si tenga presente che i “difetti” formali sono contenuti nelle
disposizioni originarie.
I commi 1 e 2 sono riprodotti dai
commi 1-3 dell’art. 21 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «1. Sono vietati i
contratti di subaffitto, di sublocazione e
comunque di subconcessione dei fondi
Art. 72
(Subaffitto e subconcessione)
1. Sono vietati i contratti di subaffitto,
di sublocazione e comunque di
subconcessione dei fondi rustici.
2. La violazione del divieto di cui al
Art. 79
(Subaffitto e subconcessione)
1. Sono vietati i contratti di subaffitto,
di sublocazione e comunque di
subconcessione dei fondi rustici.
2. La violazione del divieto di cui al
129
rustici. 2. La violazione del divieto, ai
fini della dichiarazione di nullità del
subaffitto o della subconcessione,
della risoluzione del contratto di affitto
e della restituzione del fondo, può
essere fatta valere soltanto dal
locatore, entro quattro mesi dalla data
in cui ne è venuto a conoscenza. Se il
locatore non si avvale di tale facoltà, il
subaffittuario o il subconcessionario
subentra nella posizione giuridica
dell'affittuario o del concessionario. 3.
Se il locatore fa valere i propri diritti, il
subaffittuario o il subconcessionario ha
facoltà di subentrare nella posizione
giuridica
dell'affittuario
o
del
concessionario per tre annate agrarie
a partire dalla scadenza di quella in
corso e comunque per una durata non
eccedente
quella
del
contratto
originario».
[E’
da
ritenersi
implicitamente
abrogata l’ipotesi di cessione di cui
all’articolo 12, comma 3, della legge n.
11/1971,
riferita
a
disciplina
visibilmente superata con il venire
meno del sistema della proroga legale.
Per
la
migliore
comprensione
dell’assunto si riporta l’intero art. 12
della legge 11 febbraio 1971 n. 1:
«Qualora l'affittuario abbia eseguito a
sue spese i miglioramenti con le
procedure di cui agli articoli 11 e 14,
non opera, nel caso di vendita del
fondo, l'effetto risolutivo previsto
dall'art. 3 della legge 28 marzo 1957,
n. 244 ed il contratto di affitto, alla sua
scadenza, è prorogato per un periodo
non inferiore ad anni dodici, anche se
sia assoggettato alla proroga legale. –
In questi casi, per i contratti di affitto a
coltivatore diretto assoggettati alla
proroga legale, non si applicano le
norme previste dal decreto legislativo
del Capo provvisorio dello Stato 1°
aprile 1947, n. 273, articolo 1, lettera
a) e articolo 3, lettera c). // Nei casi
previsti dai commi precedenti, il
contratto
può
essere
ceduto
dall'affittuario ad uno o più componenti
della propria famiglia, anche senza il
consenso del locatore, sempre che sia
continuata dal cessionario la diretta
conduzione o coltivazione del fondo. Ai fini della presente legge sono
considerati componenti della propria
famiglia gli ascendenti, i discendenti
ed i parenti ed affini entro il secondo
grado, anche se non conviventi»].
Il comma 3 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 21 della legge 11 febbraio
1971 n. 11: «È’ ammessa la
subconcessione di terreni ai soci da
parte
delle
cooperative
che
propongano, nell'oggetto sociale, la
conduzione e coltivazione dei terreni
affittati».
primo
comma,
ai
fini
della
dichiarazione di nullità del subaffitto o
della subconcessione, della risoluzione
del contratto di affitto e della
restituzione del fondo, può essere fatta
valere soltanto dal locatore, entro
quattro mesi dalla data in cui ne è
venuto a conoscenza. Se il locatore
non si avvale di tale facoltà, il
subaffittuario o il subconcessionario
subentra nella posizione giuridica
dell’affittuario o del concessionario. Se
il locatore fa valere i propri diritti, il
subaffittuario o il subconcessionario ha
facoltà di subentrare nella posizione
giuridica
dell’affittuario
o
del
concessionario per tre annate agrarie,
a partire dalla scadenza di quella in
corso e comunque per una durata non
eccedente
quella
del
contratto
originario.
3. È ammessa la subconcessione di
terreni ai soci da parte delle
cooperative che si propongano,
nell’oggetto sociale, la conduzione e
coltivazione dei terreni affittati.
primo
comma,
ai
fini
della
dichiarazione di nullità del subaffitto o
della subconcessione, della risoluzione
del contratto di affitto e della
restituzione del fondo, può essere fatta
valere soltanto dal locatore, entro
quattro mesi dalla data in cui ne è
venuto a conoscenza. Se il locatore
non si avvale di tale facoltà, il
subaffittuario o il subconcessionario
subentra nella posizione giuridica
dell’affittuario o del concessionario. Se
il locatore fa valere i propri diritti, il
subaffittuario o il subconcessionario ha
facoltà di subentrare nella posizione
giuridica
dell’affittuario
o
del
concessionario per tre annate agrarie,
a partire dalla scadenza di quella in
corso e comunque per una durata non
eccedente
quella
del
contratto
originario.
3. È ammessa la subconcessione di
terreni ai soci da parte delle
cooperative che si propongano,
nell’oggetto sociale, la conduzione e
coltivazione dei terreni affittati.
130
Riprodotto dall’art. 43 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «In tutti i casi di
risoluzione incolpevole di contratti di
affitto, di mezzadria, di colonìa, di
compartecipazione e di soccida con
conferimento di pascolo di cui
all'articolo 25, agli affittuari coltivatori
diretti, agli affittuari non coltivatori
diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai
compartecipanti e ai soccidari spetta, a
fronte dell'interruzione della durata del
contratto, un equo indennizzo il cui
ammontare, in mancanza di accordo
fra le parti, è stabilito dal giudice. //
Nella determinazione della misura
dell'indennizzo il giudice tiene conto
della produttività del fondo, degli anni
per i quali ai sensi della presente legge
il rapporto sarebbe dovuto proseguire
e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella
specie. // La misura dell'indennizzo,
nel caso di contratto di affitto, non può
essere superiore a dodici annualità del
canone né inferiore al canone relativo
alle annualità residue di durata del
contratto, purché non superiori a
dodici; nel caso di contratto di
mezzadria, colonia, compartecipazione
e
soccida
non
può
superare
l'ammontare delle ultime cinque quote
annuali di riparto percepite dal
mezzadro,
dal
colono,
dal
compartecipante o dal soccidario né
può essere inferiore all'ammontare
delle quote di riparto relative alle
annualità contrattualmente residue,
purché non superiori a cinque. //
L'indennizzo non compete in caso di
recesso
unilaterale
da
parte
dell'affittuario, del mezzadro, del
colono, del compartecipante e del
soccidario e di cessazione del rapporto
alla naturale scadenza contrattuale. //
Al
conduttore,
sino
all'effettiva
corresponsione
dell'indennizzo,
compete il diritto di ritenzione del
fondo».
Art. 73
(Risoluzione incolpevole e
indennizzo a favore dell’affittuario)
1. In tutti i casi di risoluzione
incolpevole del contratto di affitto,
all’affittuario
spetta,
a
fronte
dell’interruzione della durata del
contratto, un equo indennizzo il cui
ammontare, in mancanza di accordo
fra le parti, è stabilito dal giudice.
2. Nella determinazione della misura
dell’indennizzo il giudice tiene conto
della produttività del fondo, degli anni
per i quali il rapporto sarebbe dovuto
proseguire e di tutti gli altri elementi
ricorrenti nella specie.
3. La misura dell’indennizzo non può
essere superiore a dodici annualità del
canone, né inferiore al canone relativo
alle annualità residue di durata del
contratto, purché non superiori a
dodici.
4. L’indennizzo non compete in caso di
recesso unilaterale da parte del
concessionario e di cessazione del
rapporto alla naturale scadenza
contrattuale.
5. Al conduttore, sino all’effettiva
corresponsione
dell’indennizzo,
compete il diritto di ritenzione del
fondo.
Art. 80
(Risoluzione incolpevole e
indennizzo a favore dell’affittuario)
1. In tutti i casi di risoluzione
incolpevole del contratto di affitto,
all’affittuario
spetta,
a
fronte
dell’interruzione della durata del
contratto, un equo indennizzo il cui
ammontare, in mancanza di accordo
fra le parti, è stabilito dal giudice.
2. Nella determinazione della misura
dell’indennizzo il giudice tiene conto
della produttività del fondo, degli anni
per i quali il rapporto sarebbe dovuto
proseguire e di tutti gli altri elementi
ricorrenti nella specie.
3. La misura dell’indennizzo non può
essere superiore a dodici annualità del
canone, né inferiore al canone relativo
alle annualità residue di durata del
contratto, purché non superiori a
dodici.
4. L’indennizzo non compete in caso di
recesso
unilaterale
da
parte
dell’affittuario e di cessazione del
rapporto alla naturale scadenza
contrattuale.
5. All’affittuario, sino all’effettiva
corresponsione
dell’indennizzo,
compete il diritto di ritenzione del
fondo.
Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si tenga presente che i “difetti” formali sono contenuti nelle
disposizioni originarie.
L’articolo è riprodotto quasi in modo
pedissequo dall’art. 50 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «Per i terreni che,
in conformità a strumenti urbanistici
vigenti, siano soggetti ad utilizzazione
diversa
da
quella
agricola,
il
proprietario o l'avente titolo che abbia
ottenuto la concessione ai sensi della
legge 28 gennaio 1977, n. 10, può
ottenere il rilascio dell'area necessaria
alla realizzazione dell'opera concessa,
Art. 74
(Terreni oggetto di concessione
edilizia. Fondi rustici oggetto di
esproprio per pubblica utilità)
1. Per i terreni che, in conformità a
strumenti urbanistici vigenti, siano
soggetti a utilizzazione diversa da
quella agricola, il proprietario o
l’avente titolo che abbia ottenuto la
concessione ai sensi della legge 28
gennaio 1977, n. 10, e successive
modifiche, può ottenere il rilascio
Art. 81
(Terreni oggetto di permesso di
costruire)
1. Per i terreni che, in conformità a
strumenti urbanistici vigenti, siano
soggetti a utilizzazione diversa da
quella agricola, il proprietario o
l’avente titolo che abbia ottenuto il
permesso di costruire, può ottenere il
rilascio dell’area necessaria alla
realizzazione dell’opera concessa, dei
relativi servizi e delle opere di
131
dei relativi servizi e delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria.
// Il rilascio deve essere richiesto
mediante lettera raccomandata, con
avviso di ricevimento, contenente gli
estremi della concessione. // Copia
della raccomandata deve essere
contestualmente inviata all'ispettorato
provinciale dell'agricoltura, il quale
convoca le parti, compie i necessari
accertamenti ed effettua la stima delle
colture in atto e delle opere di cui al
primo comma dell'articolo 16. La stima
deve essere comunicata alle parti
entro trenta giorni dal ricevimento della
copia della raccomandata da parte
dell'ispettorato ed è definitiva. // Al
conduttore,
concessionario
o
mezzadro spetta, oltre alla somma
risultante dalla stima dell'ispettorato,
l'indennizzo previsto dall'articolo 43.
Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al
pagamento,
quando
non
viene
prestata idonea garanzia, nell'importo
e
nei
modi
ritenuti
adeguati
dall'ispettorato. // È in facoltà
dell'affittuario
coltivatore
diretto,
mezzadro, colono o compartecipante o
del rappresentante delle relative
imprese
familiari
coltivatrici,
se
presenti, di chiedere, in alternativa alle
somme di cui al comma precedente, le
indennità previste dal secondo comma
dell'articolo 17 della legge 22 ottobre
1971,
n.
865,
e
successive
modificazioni,
ivi
compresa
la
maggiorazione del cinquanta per cento
di cui all'articolo 12 della legge
medesima. // Il rilascio deve avvenire
decorsi trenta giorni dall'eseguito
pagamento di quanto previsto nel
quinto comma o dalla notificazione
dell'effettuato deposito bancario della
somma in caso di mancato ritiro. Ove il
rilascio non sia stato effettuato entro il
termine suddetto, il richiedente può
ottenerlo con provvedimento di
urgenza ai sensi dell'articolo 700 del
codice
di
procedura
civile,
presentando la relativa istanza entro
trenta giorni dalla scadenza del
termine stesso. // La decorrenza dei
termini fissati nella concessione
edilizia rimane sospesa fino alla data
dell'effettivo rilascio. // Qualora il
richiedente non esegua l'opera entro i
termini
di
decadenza
della
concessione edilizia, si ripristina il
contratto originario e le somme dovute
ai sensi del quarto comma vengono
trattenute
dal
conduttore,
concessionario o mezzadro a titolo di
risarcimento del danno. // Restano
ferme, anche per quanto attiene agli
indennizzi,
le
norme
sulla
espropriazione per pubblica utilità».
N.B.: Alle originarie parole “affittuari
coltivatori
diretti,
concessionari,
dell’area necessaria alla realizzazione
dell’opera concessa, dei relativi servizi
e delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria.
2. Il rilascio deve essere richiesto
mediante lettera raccomandata, con
avviso di ricevimento, contenente gli
estremi della concessione.
3. Copia della raccomandata deve
essere
contestualmente
inviata
all’ispettorato
provinciale
dell’agricoltura, il quale convoca le
parti, compie i necessari accertamenti
ed effettua la stima delle colture in atto
e delle opere di cui al primo comma
dell’articolo 87. La stima deve essere
comunicata alle parti entro trenta giorni
dal ricevimento della copia della
raccomandata da parte dell’ispettorato
ed è definitiva.
4. All’affittuario spetta, oltre alla
somma
risultante
dalla
stima
dell’ispettorato, l’indennizzo previsto
dall’articolo 88. Egli ha diritto di
ritenere il fondo sino al pagamento,
quando non viene prestata idonea
garanzia, nell’importo e nei modi
ritenuti adeguati dall’ispettorato.
5. È in facoltà dell’affittuario coltivatore
diretto o del rappresentante della
relativa impresa familiare coltivatrice,
se presente, di chiedere, in alternativa
alle somme di cui al quarto comma,
l’indennità aggiuntiva prevista dalla
legislazione
in
materia
di
espropriazione per pubblica utilità, con
la maggiorazione stabilita per il caso di
cessione volontaria.
6. Il rilascio deve avvenire decorsi
trenta giorni dall’eseguito pagamento
di quanto previsto nel quinto comma o
dalla
notificazione
dell’effettuato
deposito bancario della somma in caso
di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia
stato effettuato entro il termine
suddetto, il richiedente può ottenerlo
con provvedimento di urgenza ai sensi
dell’articolo 700 del codice di
procedura civile, presentando la
relativa istanza entro trenta giorni dalla
scadenza del termine stesso.
7. La decorrenza dei termini fissati
nella concessione edilizia rimane
sospesa fino alla data dell’effettivo
rilascio.
8. Qualora il richiedente non esegua
l’opera entro i termini di decadenza
della concessione edilizia, si ripristina
il contratto originario e le somme
dovute ai sensi del quarto comma
vengono trattenute dal concessionario
a titolo di risarcimento del danno.
9. Restano ferme, anche per quanto
attiene agli indennizzi, le norme sulla
espropriazione per pubblica utilità di
cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e
successive modifiche. In particolare, in
urbanizzazione primaria e secondaria.
2. Il rilascio deve essere richiesto
mediante lettera raccomandata, con
avviso di ricevimento, contenente gli
estremi della concessione.
3. Copia della raccomandata deve
essere
contestualmente
inviata
all’ufficio designato dalle regioni o
dalle
province
autonome
con
competenza
nella
materia
dell’agricoltura, il quale convoca le
parti, compie i necessari accertamenti
ed effettua la stima delle colture in atto
e delle opere di cui al comma 1
dell’articolo 94. La stima deve essere
comunicata alle parti entro trenta giorni
dal ricevimento della copia della
raccomandata
da
parte
del
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome ed è
definitiva.
4. All’affittuario spetta, oltre alla
somma risultante dalla stima del
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome,
l’indennizzo previsto dall’articolo 80.
Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al
pagamento,
quando
non
viene
prestata idonea garanzia, per l’importo
e nei modi ritenuti adeguati dal
predetto competente ufficio designato
dalle regioni o dalle province
autonome.
5. È in facoltà dell’affittuario coltivatore
diretto o del rappresentante della
relativa impresa familiare coltivatrice,
se presente, di chiedere, in alternativa
alle somme di cui al comma 4,
l’indennità aggiuntiva prevista dalla
legislazione
in
materia
di
espropriazione per pubblica utilità, con
la maggiorazione stabilita per il caso di
cessione volontaria.
6. Il rilascio deve avvenire decorsi
trenta giorni dall’eseguito pagamento
di quanto previsto nel comma 5 o dalla
notificazione dell’effettuato deposito
bancario della somma in caso di
mancato ritiro. Se il rilascio non sia
stato effettuato entro il termine
suddetto, il richiedente può ottenerlo
con provvedimento d’urgenza ai sensi
dell’articolo 700 del codice di
procedura civile, presentando la
relativa istanza entro trenta giorni dalla
scadenza del termine stesso.
7. La decorrenza dei termini fissati nel
permesso di costruire rimane sospesa
fino alla data dell’effettivo rilascio.
8. Qualora il richiedente non esegua
l’opera entro i termini di decadenza del
titolo edilizio, si ripristina il contratto
originario e le somme dovute ai sensi
del comma 4 vengono trattenute
dall’affittuario a titolo di risarcimento
del danno.
132
mezzadri, coloni, compartecipanti”
degli originari commi 4 e 5 si sono
sostituite le parole “affittuario”. Si
ritiene inutile riportare le formule
relative alla mezzadria, soccida,
compartecipazione non stagionale e
soccida con conferimento di pascolo,
perché tali contratti dovrebbero essere
ormai esauriti.
caso di espropriazione per pubblico
interesse
o
di
occupazione
temporanea
del
fondo
locato,
l’affittuario ha diritto di ottenere dal
locatore la parte di indennità a questo
corrisposta per i frutti non percepiti o
per il mancato raccolto.
E’ stato suggerito: di modificare, in tutto il testo dell’articolo e nella rubrica, le parole “concessione edilizia” in
“permesso di costruire” (Consiglio di Stato); di sostituire “legge 28 gennaio 1977 n. 10 e successive modifiche” con il
richiamo al vigente Testo unico in materia di edilizia e urbanistica (DPR 6 giugno 2001, n. 380) (Commissione Agricoltura
del Senato); di modificare l’originario richiamo all’ispettorato provinciale dell’agricoltura con “l’ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome con competenza nella materia dell’agricoltura” (Conferenza Stato-Regioni: riunione
dell’8.1.2010). Il primo suggerimento deve essere accolto. Il secondo suggerimento non viene accolto, provvedendo,
anzi, all’eliminazione della formula di rinvio. Il terzo suggerimento viene accolto e, di conseguenza, la disposizione è
stata riformulata secondo quanto proposto.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), rileva che sarebbe errato il richiamo,
nel comma 7, all’art. 700 c.p.c. perché il richiamo più corretto sarebbe all’art. 657 c.p.c. L’osservazione non può essere
accolta, perché il legislatore del 1982 ha voluto offrire al locatore un modo molto più “veloce” per recuperare
giudizialmente il suo terreno destinato all’edificazione.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 conteneva un comma 9
sull’espropriazione del fondo locato per pubblica utilità. Ma il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pag. 67), ha espresso l’opinione che l’intera disposizione del comma 9 fosse superflua “non potendovi
essere dubbi sull’applicazione delle norme generali sull’espropriazione per pubblica utilità”. Si fa notare che il richiamo
con cui si apriva l’incipit dell’originario comma 9 era diretto a ricordare quanto era scritto nella seconda frase e cioè che
l’affittuario coltivatore diretto ha una specifica normativa in caso di esproprio del terreno del locatore con perdita, da parte
sua, dell’azienda [ha diritto ad una somma uguale a quella spettante al proprietario locatore: v. art. 37 (L), comma 9, del
DPR 327/2001)]. In sostanza, si voleva mettere in evidenza la differenza di trattamento, in caso di esproprio del fondo
locato, tra l’affittuario coltivatore diretto e l’affittuario non-coltivatore diretto, la cui diversa disposizione era inserita
nell’articolo 103. Poi, per l’inserimento del comma 9 in un articolo che fa parte delle “Disposizioni generali” aveva
imposto di richiamare la disposizione contenuta nell’art. 1638 c.c., secondo cui, l’affittuario tout court ha diritto di ottenere
dal locatore l’indennizzo per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto quando tale indennizzo venga pagato al
locatore. Più precisamente l’art. 1638 c.c. stabilisce che: «In caso di espropriazione per pubblico interesse o di
occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo
corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto». La disposizione riprodotta dall’articolo 1638 c.c. era stata
poi inserita sub art. 103 (ora art. 111) del presente decreto nella sezione dedicata all’affitto a non-coltivatore diretto, dato
che all’affittuario non coltivatore diretto non spettano le forme di indennizzo particolare concesse all’affittuario coltivatore
diretto dal DPR 327/2001. Le osservazioni del Consiglio di Stato impongono di disciplinare, in modo topograficamente
distinto, le due discipline dell’indennizzo, formulando due articoli diversi, uno nella Sezione relativa all’affittuario
coltivatore diretto, l’altra nella Sezione dedicata all’affittuario non-coltivatore diretto, riformulando l’art. 103 (ora art. 111).
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 49,
comma 3, della legge 3 maggio 1982
n. 203: «I contratti agrari non si
sciolgono
per
la
morte
del
concedente».
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 49,
comma 4, della legge 3 maggio 1982
n.
203:
«In
caso
di
morte
dell'affittuario,
mezzadro,
colono,
compartecipante o soccidario, il
contratto si scioglie alla fine dell'annata
agraria in corso, salvo che tra gli eredi
vi sia persona che abbia esercitato e
continui ad esercitare attività agricola
in qualità di coltivatore diretto o di
imprenditore a titolo principale, come
previsto dal primo comma».
Si ritiene inutile riportare le formule
relative ai mezzadri, coloni e
compartecipanti perché tali contratti
dovrebbero essere ormai esauriti. Per
la morte del soccidario v. art. 123 (già
Art. 75
(Successione nel contratto per
causa di morte)
1. I contratti agrari non si sciolgono per
la morte del concedente.
2. In caso di morte dell’affittuario il
contratto
si
scioglie
alla
fine
dell’annata agraria in corso, salvo che
tra gli eredi vi sia persona che abbia
esercitato e continui ad esercitare
attività agricola in qualità di coltivatore
diretto o di imprenditore agricolo
professionale.
Art. 82
(Successione nel contratto per
causa di morte)
1. I contratti agrari non si sciolgono per
la morte del locatore.
2. In caso di morte dell’affittuario il
contratto
si
scioglie
alla
fine
dell’annata agraria in corso, salvo che
tra gli eredi vi sia persona che abbia
esercitato e continui ad esercitare
attività agricola in qualità di coltivatore
diretto o di imprenditore agricolo
professionale.
133
art. 115).
Si noti che l’art. 49 della legge
203/1982 non è richiamato dall’art. 23
della stessa legge che detta, con
richiamo, la disciplina del contratto di
affitto a conduttore. Per tale motivo la
Suprema Corte (Cass. 8214/2002) ha
più volte affermato che l’art. 49 vale
solo per l’affittuario coltivatore diretto.
L’affittuario conduttore verrebbe preso
in considerazione solo se imprenditore
agricolo professionale.
In mancanza di eredi “idonei” tornerà
ad applicarsi l’art. 1627 c.c. secondo
cui: “Nel caso di morte dell’affittuario, il
locatore e gli eredi dell’affittuario
possono, entro tre mesi dalla morte,
recedere dal contratto mediante
disdetta comunicata all’altra parte con
preavviso di sei mesi. // Se l’affitto ha
per oggetto un fondo rustico, la
disdetta ha effetto per la fine dell’anno
agrario in corso alla scadenza del
termine di preavviso”.
Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni
originarie.
Riprodotto dall’art. 41 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «I contratti agrari
ultranovennali, compresi quelli in
corso, anche se verbali o non trascritti,
sono validi ed hanno effetto anche
riguardo ai terzi».
Si noti che si è posta la questione
se, in quanto norma successiva, l’art.
41 abbia portata abrogatrice dell’art. 3,
comma 1, della legge 22 luglio 1966,
n. 606 Disposizioni in materia di affitto
a conduttori non coltivatori diretti: «Il
contratto di affitto di fondi rustici a
conduttore non coltivatore diretto deve
essere provato per iscritto»; parte della
dottrina ritiene che la libertà di forma
ad substantiam sia tra le parti, sia nei
confronti di terzi prevista dal ricordato
art. 41 possa avere portata generale e
come
tale
dovrebbe
ritenersi
prevalente sulla forma ad probationem
richiesta dalla legge del 1966. E’
emersa, inoltre, in dottrina, una
interpretazione secondo la quale l’art.
41 avrebbe portata generale, valida
anche quando il concessionario sia un
conduttore non coltivatore diretto. Tale
tesi sembrerebbe la più valida, anche
perché meglio corrispondente al dato
letterale. Tuttavia, l’opposta tesi
sostenuta dalla Cassazione, benché
discutibile, è stata più volte ribadita,
sicché
si
è
addivenuti
alla
formulazione della norma come quella
riprodotta
nel
testo,
come
sembrerebbe imposto dalla legge
delega.
Art. 76
(Forma del contratto)
1. I contratti agrari ultranovennali,
conclusi con coltivatori diretti, anche
se verbali e non trascritti, sono validi e
hanno effetto anche nei confronti dei
terzi.
2. Il contratto di affitto di fondi rustici a
conduttore non coltivatore diretto deve
essere provato per iscritto
Art. 83
(Forma del contratto)
1. I contratti agrari ultranovennali,
conclusi con coltivatori diretti, anche
se verbali e non trascritti, sono validi e
hanno effetto anche nei confronti dei
terzi.
2. Il contratto stipulato con l’affittuario
non coltivatore diretto deve essere
provato per iscritto.
134
Si suggerisce di aggiungere dopo le parole “coltivatori diretti” le parole “o imprenditori agricoli professionali”, in quanto
l’originaria normativa dell’art. 41 della legge 203/1982 non conterrebbe siffatta limitazione (Commissione Agricoltura del
Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre
2009 per il seguente motivo: infatti, premesso che l’originario art. 41 della legge 203/1982 non contiene alcuna
indicazione della qualifica degli affittuari i cui contratti sono validi anche se verbali e non trascritti, devesi far presente
che, nonostante la differente tesi dottrinale, per ius receptum della Cassazione i contratti di cui all’originario art. 41 della
legge 203/1982 sono quelli stipulati con coltivatori diretti.
La modifica formale del comma 2 è suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si noti che il “difetto” formale è proprio della
disposizione originaria.
Art. 77
Art. 84
(Province autonome di Trento e di
(Province autonome di Trento e di
Bolzano e Regioni a statuto
Bolzano e Regioni a statuto
speciale)
speciale)
1. Ai fini dell’applicazione delle 1. Ai fini dell’applicazione delle
disposizioni del presente Titolo V sono disposizioni del Capo I del presente
equiparate alle regioni le province Titolo sono equiparate alle regioni le
autonome di Trento e di Bolzano, le province autonome di Trento e di
cui speciali competenze sono salve. Bolzano. Sono fatte salve le speciali
Sono
fatte
salve
le
speciali competenze delle regioni a statuto
competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di
speciale.
Trento e di Bolzano.
2. Nelle province autonome di Trento e 2. Nelle province autonome di Trento e
di Bolzano, il presente Titolo V si di Bolzano, il Capo I del presente
applica in difetto di legislazione Titolo si applica in difetto di
provinciale nelle materie di loro legislazione provinciale nelle materie
competenza”.
di loro competenza.
Una più attenta rilettura ha consentito di rilevare che la disposizione, contenuta nello schema di decreto legislativo di
riordino approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, conteneva un rinvio all’intero Titolo V di questo decreto e
non, invece, al solo Capo I del Titolo V, cioè solo al Capo relativo al contratto di affitto come disponeva l’originario art. 57
della legge 203/1982. La disposizione è stata, perciò, riformulata in tal senso.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), precisa che la frase “le cui speciali
competenze sono salve” contenuta nel comma 1, deve essere eliminata “perché le competenze delle due province
speciali sono attribuite da norme costituzionali”. Il suggerimento è senza alcun dubbio condivisibile; tuttavia, si conferma
la formula redatta nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, perché si
ritiene opportuno ribadire la formulazione originaria dell’art. 57 della legge 203/1982.
Nel suo parere favorevole del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ritiene necessario che, nel comma 2, dopo le
parole “Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto speciale” siano aggiunte le parole ”e delle province
autonome di Trento e di Bolzano”. La proposta di emendamento va accolta.
Riprodotto dall’art. 57 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «Ai fini
dell'applicazione della presente legge
le province autonome di Trento e di
Bolzano sono equiparate alle regioni. //
Sono
fatte
salve
le
speciali
competenze delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di
Trento e di Bolzano. // Nelle province
autonome di Trento e di Bolzano, la
presente legge si applica in difetto di
legislazione provinciale nelle materie
di loro competenza».
Il comma 1 è riprodotto, per
accorpamento, dall’art. 1 della legge
3 maggio 1982 n. 203: «La durata dei
contratti di affitto a coltivatore diretto,
compresi quelli in corso e quelli in
regime di proroga, è regolata dalle
norme della presente legge. // I
contratti di affitto a coltivatori diretti,
singoli o associati, hanno la durata
minima di quindici anni, salvo quanto
previsto dalla presente legge», nonché
dall’art. 17 della legge 11 febbraio
1971 n. 11: «Per i contratti di affitto a
conduttore non coltivatore, regolati
dalla legge 22 luglio 1966, n. 606, il
periodo minimo di durata di cui al
primo comma dell'art. 1 della legge
stessa è elevato a 15 anni e la
disciplina ivi contenuta si applica ai
contratti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge anche se
stipulati prima dell'entrata in vigore
della legge 22 luglio 1966, n. 606. // È
abrogato il primo comma dell'articolo 5
della legge 22 luglio 1996, n. 606».
Sezione II
Dell’affitto a coltivatore diretto
Art. 78
(Durata minima e massima
dell’affitto)
1. Salvo diversa disposizione, il
contratto di affitto di fondi rustici ha
durata minima di quindici anni.
2. Ai sensi dell’articolo 1573 del codice
civile la durata massima dell’affitto di
fondi rustici è di anni trenta.
Sezione II
Dell’affitto a coltivatore diretto
Art. 85
(Durata minima e massima
dell’affitto)
1. Salvo diversa disposizione di legge
il contratto di affitto di fondi rustici ha la
durata minima di quindici anni.
2. Ai sensi dell’articolo 1573 del codice
civile la durata massima dell’affitto di
fondi rustici è di anni trenta.
135
Il comma 2 è un rinvio al disposto
dell’art. 1573 c.c. che dispone: «Salvo
diverse norme di legge, la locazione
non può stipularsi per un tempo
eccedente i trenta anni. Se stipulata
per un periodo più lungo o in perpetuo,
è ridotta al termine suddetto».
Proprio per la disposizione per la quale un contratto di affitto superiore a 30 anni o in perpetuo è ricondotto a 30 anni, è
sembrato opportuno non accettare la riformulazione predisposta dal Consiglio di Stato nel punto 7 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pag. 67) “Il contratto di affitto di fondi rustici ha la durata minima di quindici anni, salvo diversa
disposizione di legge, e la durata massima di trent’anni”.
Nel corso dell’incontro del 9-XI.2011 con le organizzazioni professionali, la Coldiretti ha contestato il richiamo all’art.
1573 c.c quanto alla durata massima dell’affitto. Si osserva, invece, che perfino il Consiglio di Stato aveva suggerito di
riportare il termine della durata massima dell’affitto. Inoltre, il disposto dell’art. 1629 c.c. (sulla durata massima dell’affitto
di fondi destinati al rimboschimento) è stato riportato al comma 5 dell’art. 86 (già art. 79) del presente schema: sicché
non appare utile né opportuno sopprimere il comma 2.
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art. 3
della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Al
fine di soddisfare le particolari
esigenze delle imprese agricole dei
territori dichiarati montani ai sensi della
legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le
regioni sono delegate a determinare,
sentito il parere delle comunità
montane, in base alla natura del
terreno, alla sua estensione, al livello
altimetrico ed alle destinazioni o
vocazioni colturali, le zone ricomprese
in tali territori, quali delimitati ai sensi
della predetta legge 3 dicembre 1971,
n. 1102, nelle quali la durata minima
dei nuovi contratti di affitto, stipulati
dopo l'entrata in vigore della presente
legge, è ridotta a sei anni, quando
oggetto del contratto siano uno o più
appezzamenti
di
terreno
non
costituenti, neppure unitamente ad altri
fondi condotti dall'affittuario, una unità
produttiva idonea ai sensi dell'articolo
31 della presente legge».
Si rammenta che la definizione di
territorio montano è ricavabile da varie
leggi succedutesi nel tempo, anche di
competenza regionale. Si ricordi che le
Comunità montane sono state di
recente
rideterminate,
sicché
potrebbero esserci “territori montani”
che
non
ricadono
nell’ambito
geografico di Comunità montane: ciò
giustificherebbe
l’inciso
“”laddove
esistenti”.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 31
legge 203/1982 ma adattata alla
disposizione sull’affitto particellare.
Invero, l’art. 31 riguarda la conversione
dei contratti associativi, sicché si sono
eliminati i richiami a tali contratti,
nonché il comma relativo al concorso
di altri fondi ai fini del raggiungimento
dell’idoneità del fondo oggetto della
conversione. Dall’art. 31 della legge 3
maggio 1982, n. 203: «Qualora il fondo
o il podere oggetto del contratto
associativo non costituisca, nelle sue
Art. 79
(Altre ipotesi di durata: l’affitto
particellare; i terreni montani
destinati all’alpeggio; i fondi
destinati al rimboschimento)
1.Al fine di soddisfare le particolari
esigenze delle imprese agricole dei
territori dichiarati montani, le regioni
sono delegate a determinare, sentito il
parere delle comunità montane
laddove esistenti, in base alla natura
del terreno, alla sua estensione, al
livello altimetrico ed alle destinazioni o
vocazioni colturali, le zone ricomprese
in tali territori, quali delimitati ai sensi
della legge 3 dicembre 1971, n. 1102,
nelle quali la durata minima dei nuovi
contratti di affitto, stipulati a decorrere
dal 6 maggio 1982, è ridotta a sei anni,
quando oggetto del contratto siano
uno o più appezzamenti di terreno non
costituenti, neppure unitamente ad altri
fondi condotti dall’affittuario, un’unità
produttiva idonea ai sensi del presente
articolo.
2.L’unità produttiva idonea, nelle
condizioni esistenti o a seguito della
realizzazione di un piano di sviluppo
aziendale, deve essere tale da
consentire, per condizioni obiettive di
redditività o produttività, la formazione
di un’impresa agricola valida sotto il
profilo tecnico ed economico.
3.Per unità produttiva idonea deve
intendersi quella capace di assicurare
una produzione annuale media,
dedotte le spese di coltivazione,
escluse quelle di manodopera, pari
almeno alla retribuzione annuale di un
salariato fisso comune occupato in
agricoltura, quale risulta dai patti
sindacali vigenti nella zona.
4.In caso di disaccordo tra le parti,
l’accertamento
della
idoneità
è
effettuato dall’ispettorato provinciale
dell’agricoltura
nel
cui
ambito
territoriale è sito il fondo.
5.Per i terreni montani destinati ad
alpeggio, quando sussistano edifici ed
Art. 86
(Altre ipotesi di durata: l’affitto
particellare; i terreni montani
destinati all’alpeggio;
i fondi destinati al
rimboschimento)
1. Al fine di soddisfare le particolari
esigenze delle imprese agricole dei
territori dichiarati montani, le regioni e
le province autonome sono delegate a
determinare, sentito il parere delle
comunità montane laddove esistenti, le
zone nelle quali la durata minima del
contratto di affitto è ridotta a sei anni.
L’individuazione delle zone è compiuta
in base alla natura del terreno, alla sua
estensione, al livello altimetrico e alle
destinazioni o vocazioni colturali. La
riduzione è possibile quando il
contratto di affitto abbia per oggetto
uno o più appezzamenti di terreno non
costituenti, neppure unitamente ad altri
fondi condotti dall’affittuario, un’unità
produttiva idonea.
2. Unità produttiva idonea, nelle
condizioni esistenti o a seguito della
realizzazione di un piano di sviluppo
aziendale, è quella che consente, per
condizioni obiettive di redditività o
produttività,
la
formazione
di
un’impresa agricola valida sotto il
profilo tecnico ed economico. Per essa
s’intende quella capace di assicurare
una produzione annuale media,
dedotte le spese di coltivazione,
escluse quelle di manodopera, pari
almeno alla retribuzione annuale di un
salariato fisso comune occupato in
agricoltura, quale risulta dai patti
sindacali vigenti nella zona.
3. In caso di disaccordo tra le parti,
l’accertamento
dell’idoneità
è
effettuato dal competente ufficio
designato dalle regioni o dalle province
autonome di Trento e di Bolzano nel
cui ambito territoriale è sito il fondo.
4. Per i terreni montani destinati ad
alpeggio, quando sussistano edifici ed
attrezzature
per
l’alloggio
del
136
attuali condizioni o a seguito della
realizzazione di un piano di sviluppo
aziendale, una unità produttiva idonea
a consentire, per condizioni obiettive di
redditività o produttività, la formazione
di una impresa agricola valida sotto il
profilo tecnico ed economico, la
conversione
del
contratto
di
mezzadria, colonia, compartecipazione
o soccida in affitto, prevista dall'articolo
25, non ha luogo. // Per unità
produttiva idonea deve intendersi
quella capace di assicurare, alla data
della conversione, una produzione
annuale media, dedotte le spese di
coltivazione,
escluse
quelle
di
manodopera,
pari
almeno
alla
retribuzione annuale di un salariato
fisso comune occupato in agricoltura,
quale risulta dai patti sindacali vigenti
nella
zona.
//
Concorrono
al
raggiungimento dell'unità produttiva
idonea, oltre il fondo oggetto della
conversione, anche gli altri fondi
condotti a qualsiasi titolo dal
concessionario; nel caso di cui
all'articolo 33, concorrono anche tutti
gli appezzamenti che compongono
l'azienda pluripoderale per i quali
venga richiesta la conversione.
L'accertamento
dell'idoneità
è
effettuato dall'ispettorato provinciale
dell'agricoltura
nel
cui
ambito
territoriale è sito il fondo oggetto di
conversione. // È altresì idonea l'unità
produttiva che sia dichiarata tale
dall'ispettorato sulla base di un piano
di sviluppo aziendale, presentato dalla
parte interessata, in grado di
assicurare la produzione prevista dal
secondo comma. Le determinazioni
dell'ispettorato sono adottate entro
novanta giorni dalla richiesta. // Nel
caso previsto dal comma precedente,
la
conversione
del
contratto
associativo in affitto ha luogo al
termine dell'annata agraria in corso
alla
data
della
decisione
dell'ispettorato ed il proponente è
tenuto a realizzare il piano entro il
termine
fissato
dall'ispettorato
medesimo. // La mancata attuazione
del piano comporta la risoluzione del
rapporto». Si ripete, perciò, che l’art.
31 è stato preso in considerazione
solo per parti limitate, e ciò per la
necessità di eliminare i riferimenti
espressi
alla
disciplina
della
conversione, di per sé ormai superata
e comunque priva di rilievo ai fini della
disciplina dell’affitto particellare.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. 52
della legge 3 maggio 1982 n. 203:
«Per i terreni montani destinati ad
alpeggio, quando sussistano edifici ed
attrezzature
per
l'alloggio
del
personale e per il ricovero del
bestiame, possono essere stipulati
attrezzature
per
l’alloggio
del
personale e per il ricovero del
bestiame, possono essere stipulati
contratti di affitto di durata inferiore a
quella stabilita dall’articolo 78, comma
1, purché non inferiore a sei anni.
6.L’affitto di fondi rustici destinati al
rimboschimento può essere stipulato
per
un
termine
massimo
di
novantanove anni.
personale e per il ricovero del
bestiame, possono essere stipulati
contratti di affitto di durata inferiore a
quella stabilita dall’articolo 85, comma
1, purché non inferiore a sei anni.
5. L’affitto di fondi rustici destinati al
rimboschimento può essere stipulato
per
un
termine
massimo
di
novantanove anni.
137
contratti di affitto di durata inferiore a
quella stabilita dall'articolo 1, purché
non inferiore a sei anni». Per il
mantenimento della parola “bestiame”
si rinvia alle note precedenti.
Il comma 5 è riprodotto dall’art. 1629
c.c.: «L’affitto di fondi rustici destinati
al
rimboschimento
può
essere
stipulato per un termine massimo di
novantanove anni».
Si suggerisce innanzitutto di eliminare il richiamo alla legge 1102/1971 (contenuto nell’originario art. 79) sulla
delimitazione delle zone montane perché essa non è più in vigore sul punto, nonché di modificare il richiamo
all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio designato dalle regioni o dalle province
autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). I suggerimenti vanno accolti. Di conseguenza la
disposizione è stata riformulata secondo i suggerimenti proposti.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 67), suggerisce di dare un diverso ordine ai
primi quattro commi dell’originario art. 79 (ora art. 86), invertendone l’ordine in 3, 2, 4 e 1, nonché di eliminare l’incipit del
comma 1, cioè di eliminare l’indicazione della finalità in vista della quale le regioni possono determinare la durata di 6
anni (il c.d. affitto particellare). Il suggerimento non può essere accolto. Invero, la formulazione attuale si articola,
prima, nella previsione dell’affitto particellare (comma 1); poi, nella definizione del requisito di unità produttiva idonea che
non consente l’affitto particellare (commi 2 e 3); poi, nella individuazione a chi tocchi accertare l’idoneità in caso di
disaccordo tra le parti (comma 4). Ciò che, invece, conviene disporre è la migliore formulazione dei commi 1, 2 e 3.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 4,
comma 1, della legge 3 maggio 1982
n. 203: «In mancanza di disdetta di
una delle parti, il contratto di affitto si
intende tacitamente rinnovato per il
periodo minimo, rispettivamente, di
quindici anni per l'affitto ordinario e di
sei anni per l'affitto particellare, e così
di seguito», ma la rinnovazione tacita
per il periodo di durata minima
sessennale è estesa al caso dei
terreni montani destinati ad alpeggio
anche se l’art. 4, comma 1, della legge
n. 203 del 1982 la limita all’affitto
particellare, trattandosi di situazioni
molto simili e sottoposte a identica
durata minima, come tali assoggettabili
alla
stessa
disciplina.
Occorre
precisare che il principio della
rinnovazione legale per lo stesso
periodo in caso di mancanza di
disdetta è rinvenibile anche, per l’affitto
a conduttore non coltivatore, nell’art. 1,
comma 2, della legge 22 luglio 1966,
n. 606 Disposizioni in materia di affitto
a conduttori non coltivatori diretti: «Se
non è stata data disdetta da una delle
parti almeno dodici mesi prima della
scadenza, il contratto si rinnova per lo
stesso periodo». Le parole originarie
“e così di seguito” del comma 1
dell’art. 4, legge 203/1982 sono state
rese con le parole “di volta in volta”.
La disposizione sul regime di proroga
contenuta nell’art. 42 della legge 3
maggio 1982, n. 203 è da ritenersi
ormai superata dato il tempo
trascorso. Essa diceva: «Per tutti i
contratti agrari previsti dalla presente
legge in corso, o in regime di proroga,
alla data di entrata in vigore della
medesima, il concedente che sia
divenuto proprietario dei fondi da
Art. 80
(Rinnovazione tacita e recesso)
1. In mancanza di disdetta di una delle
parti, il contratto di affitto si intende
tacitamente rinnovato di volta in volta
per il periodo minimo stabilito dagli
articoli 78, primo comma, e 79, primo
comma.
2. La disdetta deve essere comunicata
almeno un anno prima della scadenza
del
contratto,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento o mediante atto notificato.
3. L’affittuario può sempre recedere
dal contratto col semplice preavviso da
comunicarsi al locatore, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, almeno un anno prima
della scadenza dell’annata agraria.
4. Per l’affitto a misura, oppure a corpo
con indicazione della misura, nel caso
di eccesso o di difetto dell’estensione
del fondo rispetto alla misura indicata, i
diritti e le obbligazioni delle parti sono
determinati secondo le norme degli
articoli 1537 e 1538 del codice civile.
Art. 87
(Rinnovazione tacita e recesso)
1. In mancanza di disdetta di una delle
parti, il contratto di affitto si intende
tacitamente rinnovato di volta in volta
per il periodo minimo stabilito dagli
articoli 85, comma 1, e 86, comma 1.
2. La disdetta deve essere comunicata
almeno un anno prima della scadenza
del
contratto
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento o mediante atto notificato.
3. L’affittuario può sempre recedere
dal contratto col semplice preavviso da
comunicarsi al locatore, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, almeno un anno prima
della scadenza dell’annata agraria.
4. Per l’affitto a misura, oppure a corpo
con indicazione della misura, nel caso
di eccesso o di difetto dell’estensione
del fondo rispetto alla misura indicata, i
diritti e le obbligazioni delle parti sono
determinati secondo le norme degli
articoli 1537 e 1538 del codice civile.
138
almeno
un
anno,
anche
successivamente alla data suddetta,
può ottenere per sé, o per un
componente la propria famiglia che ne
abbia i requisiti, la risoluzione
anticipata
del
contratto,
previa
disdetta, da intimare, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, almeno tre anni prima
della fine dell'annata agraria in cui
avverrà il rilascio del fondo da parte
del concessionario, purché concorrano
congiuntamente, nel soggetto per il
quale è esercitata la ripresa, le
seguenti condizioni: a) che sia
coltivatore diretto o soggetto ad esso
equiparato ai sensi dell'articolo 7; b)
che abbia nella propria famiglia, al
momento della intimazione della
disdetta, almeno una unità attiva
coltivatrice diretta di età inferiore ai
cinquantacinque anni; c) che nella
disdetta si obblighi a coltivare
direttamente il fondo per un periodo
non inferiore a nove anni ed a farlo
coltivare direttamente, per lo stesso
periodo, dai familiari eventualmente
presi in considerazione per la
sussistenza della condizione di cui alla
lettera b); d) che non sia nel
godimento, a qualsiasi titolo, di altri
fondi che, con le colture in atto,
possono assorbire più della metà della
forza lavorativa sua e della famiglia. - Il
presente articolo si applica anche a
favore del concedente coltivatore
diretto che sia emigrato per ragioni di
lavoro in Italia o all'estero da meno di
cinque anni purché sussistano le
condizioni
indicate
nel
comma
precedente. In tale ipotesi la disdetta
deve essere inviata almeno due anni
prima della fine dell'annata agraria in
cui avverrà il rilascio del fondo da
parte del concessionario. // Nell'ipotesi
in cui il soggetto per il quale è stata
esercitata la ripresa non adempia
all'obbligo di cui alla lettera c) del
primo comma, il concessionario ha
diritto, a sua scelta, al risarcimento dei
danni o al ripristino del contratto anche
nei confronti dei terzi, fatto sempre
salvo il risarcimento del danno».
Tuttavia,
se
ne
dichiara
espressamente l’abrogazione.
Il comma 2 è riprodotto, per
accorpamento, dall’art. 4, comma 2,
della legge 3 maggio 1982 n. 203: «La
disdetta deve essere comunicata
almeno un anno prima della scadenza
del
contratto,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento» e dall’art. 1, ultimo
comma, della legge 22 luglio 1966 n.
606 Disposizioni in materia di affitto a
conduttori non coltivatori diretti: «La
disdetta, di cui ai commi secondo e
quarto, e la richiesta di cui al terzo
139
comma del presente articolo non
hanno effetto se non sono comunicate
mediante raccomandata con avviso di
ricevimento
o
mediante
atto
notificato». Si generalizzano entrambe
le modalità di comunicazione tratte da
due norme diverse, l’una dettata per
l’affitto a coltivatore diretto, l’altra per
l’affitto a conduttore non coltivatore,
per la loro sostanziale equipollenza.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 5,
comma 1, della legge 3 maggio 1982,
n. 203: «L'affittuario coltivatore diretto
può sempre recedere dal contratto col
semplice preavviso da comunicarsi al
locatore,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, almeno un anno prima
della scadenza dell'annata agraria».
Nella formula non si è fatto più
cenno al “coltivatore diretto” perché
l’art. 23 della legge 203/1982, nel
disporre quali norme dell’affitto a
coltivatore
diretto
si
applichino
all’affitto a conduttore, rinvia all’art. 5,
appunto sul recesso.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. 1631
c.c.: «Per l’affitto a misura, oppure a
corpo con indicazione della misura, nel
caso di eccesso o di difetto
dell’estensione del fondo rispetto alla
misura indicata, i diritti e le
obbligazioni
delle
parti
sono
determinati
secondo
le
norme
contenute nel capo della vendita». Si è
ritenuto opportuno fare riferimento agli
articoli 1537 e 1538 del codice civile,
anziché alle “norme contenute nel
capo della vendita” in ragione del fatto
che l’attuale disposizione non si trova
nel codice civile, bensì nel testo
normativo distinto costituito dal
presente decreto legislativo di riordino.
Riprodotto
dall’art.
1646
c.c.:
«L'affittuario uscente deve mettere a
disposizione di chi gli subentra nella
coltivazione i locali opportuni e gli altri
comodi occorrenti per i lavori dell'anno
seguente; il nuovo affittuario deve
lasciare al precedente i locali opportuni
e gli altri comodi occorrenti per il
consumo dei foraggi e per le raccolte
che restano da fare. - Per l'ulteriore
determinazione
dei
rapporti
tra
l'affittuario uscente e l'affittuario
subentrante
si
osservano
le
disposizioni delle norme corporative e,
in mancanza, gli usi locali». Si precisa
che dall’ultimo comma dell’articolo
tratto dal codice civile si elimina il
rinvio
alle
norme
corporative,
considerato ormai definitivamente
inattuale, in quanto, come è noto, le
Art. 81
(Rapporti fra gli affittuari uscente e
subentrante)
1. L’affittuario uscente deve mettere a
disposizione di chi gli subentra nella
coltivazione i locali opportuni e gli altri
comodi occorrenti per i lavori dell’anno
seguente; il nuovo affittuario deve
lasciare al precedente i locali opportuni
e gli altri comodi occorrenti per il
consumo dei foraggi e per le raccolte
che restano da fare.
2. Per l’ulteriore determinazione dei
rapporti tra l’affittuario uscente e
l’affittuario subentrante si osservano gli
usi locali.
Art. 88
(Rapporti fra gli affittuari uscente e
subentrante)
1. L’affittuario uscente deve mettere a
disposizione di chi gli subentra nella
coltivazione i locali opportuni e gli altri
comodi occorrenti per i lavori dell’anno
seguente; il nuovo affittuario deve
lasciare al precedente i locali opportuni
e gli altri comodi occorrenti per il
consumo dei foraggi e per le raccolte
che restano da fare.
2. Per l’ulteriore determinazione dei
rapporti tra l’affittuario uscente e
l’affittuario subentrante si osservano gli
usi locali.
140
norme
corporative
sono
state
abrogate, quali fonti di diritto, per
effetto
della
soppressione
dell'ordinamento corporativo, disposta
con r.d.l. 9 agosto 1943, n. 721 e della
soppressione delle organizzazioni
sindacali fasciste, disposta con
d.lgs.lgt. 23 novembre 1944, n. 369 e
in quanto non risulta l’esistenza di
norme anteriori in materia di scorte.
Nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali la Coldiretti ha contestato l’inserimento, nel
presente schema, della originaria formula dell’art. 1646 c.,c, sui rapporti tra gli affittuari uscente e subentrante,
osservando che di regola i problemi nascono tra “proprietario” uscente e affittuario entrante, e rilevando la “antichità
ottocentesca” del termine “comodi”. Si osserva che i rapporti tra proprietari e affittuari, sia nel caso in cui il primo sia il
subentrante o l’uscente, vengono sicuramente regolati tra le parti al momento della conclusione del contratto e, con
molta probabilità, secondo gli stessi termini “utilizzati” nell’art. 1646 c.c. Invece, sono i rapporti tra gli affittuari (l’uscente e
il subentrante) che non si incontrano in alcun patto tra loro intercorrente, sicché è stata la legge a definirli. Di
conseguenza, l’art. 88 (già art. 81) di questo schema merita essere conservato.
Riprodotto dall’art. 4 bis della legge 3
maggio 1982 n. 203 aggiunto dall'art.
5, del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228: «Il
locatore che, alla scadenza prevista
dall'articolo 1, ovvero a quella prevista
dal primo comma dell'articolo 22 o alla
diversa scadenza pattuita tra le parti,
intende concedere in affitto il fondo a
terzi, deve comunicare al conduttore le
offerte ricevute, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, almeno novanta giorni
prima della scadenza. Le offerte
possono avere ad oggetto anche
proposte di affitto definite dal locatore
e dai terzi al sensi del terzo comma
dell'articolo 23 della legge 11 febbraio
1971, n. 11, come sostituito dal primo
comma dell'articolo 45 della presente
legge. // L'obbligo di cui al comma 1
non ricorre quando il conduttore abbia
comunicato che non intende rinnovare
l'affitto e nei casi di cessazione del
rapporto
di
affitto
per
grave
inadempienza
o
recesso
del
conduttore ai sensi dell'articolo 5. // Il
conduttore ha diritto di prelazione se,
entro quarantacinque giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui
al comma 1 e nelle forme ivi previste,
offre condizioni uguali a quelle
comunicategli dal locatore. // Nel caso
in cui il locatore entro i sei mesi
successivi alla scadenza del contratto
abbia concesso il fondo in affitto a terzi
senza preventivamente comunicare le
offerte ricevute secondo le modalità e i
termini di cui al comma 1 ovvero a
condizioni più favorevoli di quelle
comunicate al conduttore, quest'ultimo
conserva il diritto di prelazione da
esercitare nelle forme di cui al comma
3 entro il termine di un anno dalla
scadenza del contratto non rinnovato.
Per effetto dell'esercizio del diritto di
prelazione si instaura un nuovo
Art. 82
(Diritto di prelazione in caso di
nuovo affitto)
1. Il locatore che, alla scadenza
quindicennale di cui al primo comma
dell’articolo 78 o alla diversa scadenza
pattuita tra le parti, intende concedere
in affitto il fondo a terzi, deve
comunicare al conduttore le offerte
ricevute,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, almeno novanta giorni
prima della scadenza. Le offerte
possono avere ad oggetto anche
proposte di affitto definite dal locatore
e dai terzi al sensi dell’articolo 69,
terzo comma.
2. L’obbligo di cui al comma 1 non
ricorre quando il conduttore abbia
comunicato che non intende rinnovare
l’affitto e nei casi di cessazione del
rapporto di affitto per recesso o per
grave inadempienza del conduttore ai
sensi, rispettivamente, degli articoli 71
e 73.
3. Il conduttore ha diritto di prelazione
se, entro quarantacinque giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui
al primo comma e nelle forme ivi
previste, offre condizioni uguali a
quelle comunicategli dal locatore.
4. Nel caso in cui il locatore entro i sei
mesi successivi alla scadenza del
contratto abbia concesso il fondo in
affitto a terzi senza preventivamente
comunicare le offerte ricevute secondo
le modalità e i termini di cui al primo
comma ovvero a condizioni più
favorevoli di quelle comunicate al
conduttore, quest’ultimo conserva il
diritto di prelazione da esercitare nelle
forme di cui al terzo comma entro il
termine di un anno dalla scadenza del
contratto non rinnovato. Per effetto
dell’esercizio del diritto di prelazione si
instaura un nuovo rapporto di affitto
alle medesime condizioni del contratto
Art. 89
(Diritto di prelazione in caso di
nuovo affitto)
1. Il locatore che, alla scadenza
quindicennale di cui al comma 1
dell’articolo 85 o alla diversa scadenza
pattuita tra le parti, intende concedere
in affitto il fondo a terzi, deve
comunicare all’affittuario, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento e almeno novanta giorni
prima della scadenza, le offerte
ricevute. Le offerte possono avere ad
oggetto anche proposte di affitto
definite dal locatore e dai terzi al sensi
dell’articolo 76, comma 3.
2. L’obbligo di cui al comma 1 non
ricorre quando l’affittuario abbia
comunicato che non intende rinnovare
l’affitto e nei casi di cessazione del
rapporto di affitto per recesso o per
grave inadempienza dell’affittuario ai
sensi, rispettivamente, degli articoli 78
e 80.
3. L’affittuario ha diritto di prelazione
se, entro quarantacinque giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui
al comma 1 e nelle forme ivi previste,
offre condizioni uguali a quelle
comunicategli dal locatore.
4. Nel caso in cui il locatore entro i sei
mesi successivi alla scadenza del
contratto abbia concesso il fondo in
affitto a terzi senza preventivamente
comunicare le offerte ricevute secondo
le modalità e i termini di cui al comma
1 ovvero a condizioni più favorevoli di
quelle
comunicate
all’affittuario,
quest’ultimo conserva il diritto di
prelazione da esercitare nelle forme di
cui al comma 3 entro il termine di un
anno dalla scadenza del contratto non
rinnovato. Per effetto dell’esercizio del
diritto di prelazione si instaura un
nuovo rapporto di affitto alle medesime
condizioni del contratto concluso dal
locatore con il terzo.
141
rapporto di affitto alle medesime concluso dal locatore con il terzo.
condizioni del contratto concluso dal
locatore con il terzo».
Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni
originarie.
Il comma 1 è redatto a seguito delle
sentenze della Corte costituzionale 5
luglio 2002 n. 318 e 28 ottobre 2004 n.
315:
sicché
si
è
provveduto
all’eliminazione,
dalla
disciplina
vigente, dell’intero sistema del canone
legale, ivi comprese le norme
sull’adeguamento del canone e,
quindi, quelle sulle commissioni
tecniche. Alcune disposizioni sulle
commissioni
tecniche
dovrebbero
ritenersi ancora vigenti, dato il loro
intervento in caso di perimento dei
frutti per caso fortuito o per avversità
atmosferiche: è per questo motivo che
in questo decreto legislativo di riordino
non vengono soppresse le disposizioni
codicistiche e quelle speciali sulla
riduzione del canone per perdita a
causa di avversità atmosferiche,
mentre viene formula, nell’allegato
DPR al decreto legislativo di riordino,
una norma nuova sulle Commissioni
tecniche provinciali in tema di
determinazione
della
quota
di
riduzione del canone per perdita dei
frutti.
A seguito della sopra richiamata
sentenza della Corte costituzionale,
deve ritenersi che sia diventato “libero”
non solo il quantum del canone, ma
anche il quomodo. Comunque, per
memoria, viene riportato l’art. 1, parte
del comma 1, della legge 10 dicembre
1973 n. 814, che ha sostituito l’art. 1
della legge 12 giugno 1962 n. 567, già
modificato dall’art. 1 della legge 11
febbraio 1971 n. 11 che aveva
introdotto
il
principio
della
determinazione e corresponsione del
canone in denaro: «L’articolo 1 della
legge 12 giugno 1962, n. 567,
modificato dall’art. 1 della legge 11
febbraio 1971, n. 11, è sostituito dal
seguente: “Nell'affitto di fondo rustico il
canone è determinato e corrisposto in
denaro”».
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 9 della
legge 12 giugno 1962 n. 567: «Sono
vietate le regalie, le prestazioni
gratuite, le onoranze e qualsiasi
compenso dovuto dall'affittuario a
qualsiasi titolo oltre il canone di affitto;
sono nulle di diritto le eventuali relative
pattuizioni».
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 10
Art. 83
(Determinazione del canone.
Divieto di regalie. Pagamenti
senza titolo. Adempimento
mediante deposito)
1. Nell’affitto di fondo rustico il canone
è liberamente stabilito dalle parti.
2. Sono vietate le regalie, le
prestazioni gratuite, le onoranze e
qualsiasi
compenso
dovuto
dall’affittuario a qualsiasi titolo oltre il
canone di affitto; sono nulle di diritto le
eventuali relative pattuizioni.
3. Si presumono pagamenti senza
titolo e si considerano imputabili al
canone di affitto e comunque ripetibili i
pagamenti effettuati dall’affittuario oltre
il canone contrattuale in occasione
della stipulazione e del rinnovo del
contratto di affitto.
4. In caso di rifiuto del concedente a
ricevere in pagamento il canone
corrisposto dall’affittuario, quest’ultimo
sarà ritenuto adempiente se avrà
depositato tale somma in un libretto di
risparmio intestato al concedente
presso l’ufficio postale o presso una
banca del comune ove si trova
l’azienda, ed avrà dato al locatore
comunicazione
a
mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno
entro quindici giorni dall’avvenuto
deposito.
Art. 90
(Determinazione del canone.
Divieto di regalie. Pagamenti
senza titolo.
Adempimento mediante deposito)
1. Nell’affitto di fondo rustico il canone
è liberamente stabilito dalle parti.
2. Sono vietate le regalie, le
prestazioni gratuite, le onoranze e
qualsiasi
compenso
dovuto
dall’affittuario a qualsiasi titolo oltre il
canone di affitto; sono nulle di diritto le
eventuali relative pattuizioni.
3. Si presumono pagamenti senza
titolo e si considerano imputabili al
canone di affitto e comunque ripetibili i
pagamenti effettuati dall’affittuario oltre
il canone contrattuale in occasione
della stipulazione e del rinnovo del
contratto di affitto.
4. In caso di rifiuto del locatore di
ricevere in pagamento il canone
corrisposto dall’affittuario, quest’ultimo
sarà ritenuto adempiente se avrà
depositato tale somma in un libretto di
risparmio intestato al concedente
presso l’ufficio postale o presso una
banca del comune ove si trova
l’azienda, ed avrà dato al locatore
comunicazione
a
mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno
entro quindici giorni dall’avvenuto
deposito.
5. La prova del pagamento del
5. La prova del pagamento del canone, di cui al comma 4, sostituisce
canone, di cui al comma 4, sostituisce, l’offerta reale di cui all’articolo 1209,
a tutti gli effetti, l’offerta reale di cui primo comma, del codice civile.
all’articolo 1209, primo comma, del
codice civile.
142
della legge 12 giugno 1962, n. 567,
Norme in materia di affitto di fondi
rustici: «Si presumono pagamenti
senza titolo e si considerano imputabili
al canone di affitto e comunque
ripetibili
i
pagamenti
effettuati
dall'affittuario
oltre
il
canone
contrattuale
in
occasione
della
stipulazione e del rinnovo del contratto
di affitto».
I commi 4 e 5 sono riprodotto dall’ art.
7, commi 2 e 3, della legge 11 febbraio
1971 n. 1: «In caso di rifiuto del
concedente a ricevere in pagamento il
canone
corrisposto
dall'affittuario,
quest'ultimo sarà ritenuto adempiente
se avrà depositato tale somma in un
libretto di risparmio intestato al
concedente presso l'ufficio postale o
presso una banca del comune ove si
trova l'azienda, ed avrà dato al
locatore comunicazione a mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno
entro quindici giorni dall'avvenuto
deposito. // La prova del pagamento
del canone, di cui al precedente
comma, sostituisce, a tutti gli effetti,
l'offerta reale di cui all'articolo 1209,
primo comma, del codice civile». Il
comma 1 di tale art. 7, relativo al
carattere liberatorio del pagamento del
massimo tabellare, deve ritenersi
abrogato con la caduta del sistema del
canone legale, sicché di esso non si fa
qui menzione. Invece, i commi
successivi che comportano una
significativa semplificazione, a favore
dell’affittuario, del sistema dell’offerta
reale
al
creditore,
possono
considerarsi ancora operanti anche
con
riferimento
a
un canone
determinato diversamente dal vecchio
canone legale.
Le modifiche formali sono suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni
originarie.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 5,
comma 4, della legge 3 maggio 1982
n. 203: «La morosità del conduttore
costituisce grave inadempimento ai fini
della pronunzia di risoluzione del
contratto ai sensi del secondo comma
del presente articolo quando si
concreti nel mancato pagamento del
canone per almeno una annualità. È in
ogni caso applicabile il terzo comma
dell'articolo 2 della legge 9 agosto
1973, n. 508». Il contenuto di
quest’ultimo inciso, che rinvia all’art. 2
legge 508/1973, viene esplicitato nel
successivo comma.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 2,
comma 3, della legge 9 agosto 1973 n.
508: «Non può essere dichiarata
risoluzione del contratto per morosità,
Art. 84
(Morosità del conduttore. Giudizio
per morosità)
1. La morosità del conduttore
costituisce grave inadempimento ai fini
della pronuncia di risoluzione del
contratto, ai sensi dell’articolo 71,
primo comma, quando si concreti nel
mancato pagamento di almeno una
annualità del canone.
2. Non può essere pronunciata la
risoluzione del contratto per morosità,
qualora l’affittuario, convenuto in
giudizio, dimostri un credito di importo
pari o superiori a quello del canone
non pagato, per somme comunque
versate e a qualunque titolo, durante il
corso del rapporto, o per le spese fatte
ai sensi dell’articolo 88, comma 1.
3. Quando l'affittuario è convenuto in
Art. 91
(Morosità dell’affittuario. Giudizio
di risoluzione dell’affitto per
morosità: rinvio)
1.
La
morosità
dell’affittuario
costituisce grave inadempimento ai fini
della pronuncia di risoluzione del
contratto, quando si concreti nel
mancato pagamento di almeno
un’annualità del canone.
2. Non può essere pronunciata la
risoluzione del contratto per morosità,
qualora l’affittuario, dimostri un credito
di importo pari o superiori a quello del
canone non pagato, per somme
comunque versate e a qualunque titolo
durante il corso del rapporto o per le
spese fatte ai sensi dell’articolo 95,
comma 1.
3. Instauratosi il giudizio per morosità
143
qualora l'affittuario convenuto in
giudizio, dimostri un credito per
somme pari o superiori all'importo del
canone non pagato, comunque
versate e a qualunque titolo, durante il
corso del rapporto, o per le spese fatte
ai sensi del primo comma dell'art. 16
della legge 11 febbraio 1971, n. 11».
Il comma 3 è riprodotto dal comma 6
dell’art. 46 legge 3 maggio 1982, n.
203 “(Omissis) 6. Quando l'affittuario
viene convenuto in giudizio per
morosità, il giudice, alla prima udienza,
prima di ogni altro provvedimento,
concede al convenuto stesso un
termine, non inferiore a trenta giorni e
non superiore a novanta giorni, per il
pagamento dei canoni scaduti, i quali,
con l'instaurazione del giudizio,
vengono rivalutati, fin dall'origine, in
base alle variazioni della lira secondo
gli indici ISTAT e maggiorati degli
interessi di legge. Il pagamento entro il
termine fissato dal giudice sana a tutti
gli effetti la morosità”.
giudizio per morosità, il giudice, alla
prima udienza, prima di ogni altro
provvedimento, concede al convenuto
stesso un termine, non inferiore a
trenta giorni e non superiore a novanta
giorni, per il pagamento dei canoni
scaduti, i quali, con l'instaurazione del
giudizio,
vengono
rivalutati,
fin
dall'origine, in base alle variazioni della
moneta secondo gli indici ISTAT e
maggiorati degli interessi di legge. Il
pagamento entro il termine fissato dal
giudice sana a tutti gli effetti la
morosità.
si applica il comma 8 dell’articolo 11
del decreto legislativo 1 settembre
2011, n. 150, contenente disposizioni
complementari al codice di procedura
civile.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 68), ha dato al comma 3 una riformulazione
che, sotto il profilo formale, è da accettarsi, dato che la correzione dei difetti formali (peraltro imputabili alla norma
originaria) non intacca la sostanza del disposto.
Dopo la formulazione del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione e dopo le varie
osservazioni da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza StatoRegioni è stato emanato il d.lgs. 150/2011 che è una sorta di Testo unico dei vari procedimenti speciali che, così, sono
stati “riuniti” in un unico testo. Prospettata siffatta novità nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni
professionali e sollevato il problema della conferma, come comma 3 del presente schema, dell’originario comma 6
dell’art. 46 della legge 203/1981, l’unica risposta che si è avuta è stata quella della Confagricoltura che ha espresso
l’opportunità che non venga inciso il riordino compiuto dal d.lgs. 150/2011. L’opinione può ben essere condivisa.
La prima parte del comma 1 è
riprodotta, per accorpamento, dall’art.
12 della legge 12 giugno 1962, n. 567
(“La riduzione del canone di cui agli
originari articoli 1635, comma primo,
secondo e terzo, e 1636 del codice
civile, è ammessa in relazione a
ciascuna annata agraria a favore
dell'affittuario, qualora per caso fortuito
si verifichi perimento di frutti non
ancora separati o mancata produzione
di essi, in misura non inferiore al terzo
della
normale
produzione”),
dall’art.1635, commi 1, 2, 3, e 5, c.c.
(“Se, durante l’affitto convenuto per più
anni, almeno la metà dei frutti di un
anno non ancora separati perisce per
caso
fortuito,
l’affittuario
può
domandare una riduzione del fitto,
salvo che la perdita trovi compenso nei
precedenti raccolti. // Qualora la
perdita non trovi compenso nei
precedenti raccolti, la riduzione è
determinata alla fine dell’affitto,
eseguito il conguaglio con i frutti
raccolti in tutti gli anni decorsi. Il
Art. 85
(Riduzione del canone per perdita
dei frutti e accollo dei casi fortuiti.
Perdita dei frutti per avversità
atmosferiche)
1. Qualora per caso fortuito si verifichi
perimento di frutti non ancora separati
o mancata produzione di essi in
misura non inferiore al terzo della
normale produzione, la riduzione del
canone è ammessa, in relazione a
ciascuna annata agraria, a favore
dell'affittuario, salvo che la perdita trovi
compenso nei precedenti raccolti.
Qualora la perdita non trovi compenso
nei precedenti raccolti, la riduzione è
determinata alla fine dell’affitto,
eseguito il conguaglio con i frutti
raccolti in tutti gli anni decorsi. Il
giudice
può
dispensare
provvisoriamente
l’affittuario
dal
pagamento di una parte del canone in
proporzione della perdita sofferta. La
riduzione non può mai eccedere la
metà del canone. In ogni caso, salvo
diversa pattuizione, si deve tenere
conto degli indennizzi che l’affittuario
Art. 92
(Riduzione del canone per perdita
dei frutti e accollo dei casi fortuiti.
Perdita dei frutti per avversità
atmosferiche)
1. Quando per caso fortuito si
verifichino perimento di frutti non
ancora separati o mancata produzione
di essi in misura non inferiore al terzo
della normale produzione, la riduzione
del canone è ammessa, in relazione a
ciascuna annata agraria, a favore
dell'affittuario, salvo che la perdita trovi
compenso nei precedenti raccolti.
Qualora la perdita non trovi compenso
nei precedenti raccolti, la riduzione è
determinata alla fine dell’affitto,
eseguito il conguaglio con i frutti
raccolti in tutti gli anni decorsi. Il
giudice
può
dispensare
provvisoriamente
l’affittuario
dal
pagamento di una parte del canone in
proporzione della perdita sofferta. La
riduzione non può mai eccedere la
metà del canone. In ogni caso, salvo
diversa pattuizione, si deve tenere
conto degli indennizzi che l’affittuario
144
giudice
può
dispensare
provvisoriamente
l’affittuario
dal
pagamento di una parte del fitto in
proporzione della perdita sofferta. – La
riduzione non può mai eccedere la
metà del fitto. // […]. // Al perimento è
equiparata la mancata produzione dei
frutti) e dall’art.1636 c.c. (“Se l’affitto
ha la durata di un solo anno, e si è
verificata la perdita per caso fortuito di
almeno la metà dei frutti, l’affittuario
può essere esonerato dal pagamento
di una parte del fitto in misura non
superiore alla metà”).
L’ultima frase del comma 1 è
riprodotta dall’originario art. 1635,
comma 4, c.c.: «In ogni caso si deve
tener conto degli indennizzi che
l’affittuario abbia conseguito o possa
conseguire in relazione alla perdita
sofferta». Si è ritenuto opportuno
inserire
l’inciso
“salvo
diversa
pattuizione” trattandosi di norma del
codice civile di cui non risulta la
inderogabilità, mentre inderogabile può
ritenersi per ragioni di interpretazione
sistematica la legge n. 567 del 1962.
Al riguardo si segnala che ci si trova di
fronte a una eccezione al principio
generale di inderogabilità consentita
dall’art. 75 come formulato in questo
decreto legislativo di riordino.
La prima frase de comma 2 è
riprodotta dall’art. 11 della legge 12
giugno 1962, n. 567, Norme in materia
di affitto di fondi rustici: «Nei contratti
conclusi con affittuari coltivatori diretti
che siano tali a norma dell'art. 1, terzo
comma, della legge 25 giugno 1949, n.
353, è nullo qualunque patto che
accolli all'affittuario il rischio dei casi
fortuiti straordinari o di quelli ordinari,
che determinino perimento di frutti non
separati o mancata produzione in
misura superiore ad un terzo della
normale produzione».
Le altre frasi del comma 2 sono
riprodotte dall’originario art. 1637 c.c.:
«L’affittuario può, con patto espresso,
assumere il rischio dei casi fortuiti
ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che,
avuto riguardo ai luoghi e a ogni altra
circostanza,
le
parti
potevano
ragionevolmente ritenere probabili. //
E’ nullo il patto col quale l’affittuario si
assoggetta ai casi fortuiti straordinari».
La regola del codice, dettata per
l’affitto di fondi rustici in generale, deve
essere ristretta alla sola ipotesi
dell’affitto a conduttore non coltivatore
per tenere conto della disciplina
stabilita per l’affittuario coltivatore
diretto dal ricordato art. 11 della legge
n. 567 del 1962.
I commi 3 e 4 sono riprodotto dall’art.
4 della legge 12 giugno 1962, n. 567,
Norme in materia di affitto di fondi
rustici, come sostituito dall’art. 5 della
abbia conseguito o possa conseguire
in relazione alla perdita sofferta.
2. Nei contratti conclusi con affittuari
coltivatori diretti è nullo qualunque
patto che accolli all’affittuario il rischio
dei casi fortuiti straordinari o di quelli
ordinari, che determinino perimento di
frutti non separati o mancata
produzione in misura superiore a un
terzo della normale produzione.
L’affittuario non coltivatore diretto può,
con patto espresso, assumere il rischio
dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati
tali i fortuiti che, avuto riguardo ai
luoghi e ad ogni altra circostanza, le
parti
potevano
ragionevolmente
ritenere probabili. È, tuttavia, nullo il
patto con il quale l’affittuario si
assoggetta ai casi fortuiti straordinari.
3. Quando in determinate zone agrarie
si
siano
verificate
avversità
atmosferiche o calamità naturali che
abbiano gravemente danneggiato le
coltivazioni provocando perimento e
mancata percezione dei frutti in misura
non inferiore al trenta per cento della
normale produzione, la commissione
tecnica provinciale di cui all’articolo 2
della legge 18 agosto 1948, n. 1140 e
dell’articolo 2 della legge 12 giugno
1962, n. 567, istituita dalla Regione
interessata, determina, non oltre
sessanta giorni dalla fine dell’annata
agraria, le percentuali di riduzione da
apportarsi ai canoni in atto corrisposti
dagli affittuari.
4. Qualora le avversità atmosferiche o
le calamità naturali abbiano causato il
perimento e la mancata percezione dei
frutti in misura di almeno la metà della
normale produzione, nelle zone
delimitate ai sensi dell’articolo 31 del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
16
e
successive
modifiche ,
la
commissione
tecnica
provinciale
istituita dalla Regione interessata,
entro trenta giorni dalla pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale del decreto
ministeriale di delimitazione delle
zone, dovrà determinare le percentuali
di riduzione dei canoni, nella misura
del trentacinque per cento se il danno
subito ammonta alla metà della
normale produzione, e in misura
proporzionale in caso di danni
superiori. Nel caso che non si
provveda entro sessanta giorni
dall’evento alla delimitazione delle
zone e alla determinazione delle
percentuali di riduzione, l’assessore
regionale
delegato
all’agricoltura
determina la percentuale di riduzione
da apportarsi ai canoni corrisposti
dagli affittuari che abbiano subito i
danni.
ha conseguito o possa conseguire in
relazione alla perdita sofferta.
2. Nei contratti conclusi con affittuari
coltivatori diretti è nullo qualunque
patto che accolli all’affittuario il rischio
dei casi fortuiti straordinari o di quelli
ordinari, che determinino perimento di
frutti non separati o mancata
produzione in misura superiore a un
terzo della normale produzione.
L’affittuario non coltivatore diretto può,
con patto espresso, assumere il rischio
dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati
tali i fortuiti che, avuto riguardo ai
luoghi e ad ogni altra circostanza, le
parti
potevano
ragionevolmente
ritenere probabili. È, tuttavia, nullo il
patto con il quale l’affittuario si
assoggetta ai casi fortuiti straordinari.
3. Quando in determinate zone agrarie
si
siano
verificate
avversità
atmosferiche o calamità naturali che
abbiano gravemente danneggiato le
coltivazioni provocando perimento e
mancata percezione dei frutti in misura
non inferiore al trenta per cento della
normale produzione, la commissione
tecnica di cui al decreto del Presidente
della Repubblica di attuazione del
presente decreto legislativo, istituita
dalla regione o dalla provincia
autonoma interessata, determina, non
oltre sessanta giorni dalla fine
dell’annata agraria, le percentuali di
riduzione da apportarsi ai canoni in
atto corrisposti dagli affittuari.
4. Qualora le avversità atmosferiche o
le calamità naturali abbiano causato il
perimento e la mancata percezione dei
frutti in misura di almeno la metà della
normale produzione, nelle zone
delimitate ai sensi dell’articolo 31 del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
la commissione tecnica di cui al
comma 3, entro trenta giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
del
decreto
ministeriale
di
delimitazione delle zone, determina le
percentuali di riduzione dei canoni,
nella misura del trentacinque per cento
se il danno subito ammonta alla metà
della normale produzione, e in misura
proporzionale in caso di danni
superiori. Nel caso che non si
provveda entro sessanta giorni
dall’evento, alla delimitazione delle
zone e alla determinazione delle
percentuali di riduzione l’autorità
competente come individuata dalle
regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano determina la
percentuale di riduzione da apportarsi
ai canoni corrisposti dagli affittuari che
abbiano subito i danni.
145
legge 11 febbraio 1971, n. 11 Nuova
disciplina dell’affitto di fondi rustici:
«Quando in determinate zone agrarie
si
siano
verificate
avversità
atmosferiche o calamità naturali che
abbiano gravemente danneggiato le
coltivazioni provocando perimento e
mancata percezione dei frutti in misura
non inferiore al 30 per cento della
normale produzione, la commissione
tecnica provinciale determina, non
oltre 60 giorni dalla fine dell'annata
agraria, le percentuali di riduzione da
apportarsi ai canoni in atto corrisposti
dagli affittuari. – Qualora le avversità
atmosferiche o le calamità naturali
abbiano causato il perimento e la
mancata percezione dei frutti in misura
di almeno la metà della normale
produzione, nelle zone delimitate ai
sensi dell'articolo 9 della legge 21
luglio 1960, n. 739, e successive
modificazioni ed integrazioni, la
commissione tecnica provinciale, entro
30 giorni dalla pubblicazione sulla
Gazzetta
Ufficiale
del
decreto
ministeriale di delimitazione delle
zone, dovrà determinare le percentuali
di riduzione dei canoni, nella misura
del 35 per cento se il danno subito
ammonta alla metà della normale
produzione, e in misura proporzionale
in caso di danni superiori. - Nel caso
che non si provveda entro 60 giorni
dall'evento alla delimitazione di cui al
precedente comma, la commissione
tecnica provinciale determina la
percentuale di riduzione da apportarsi
ai canoni corrisposti dagli affittuari che
abbiano subito i danni».
Nel comma 3, però, va soppresso il
riferimento all’art. 2 della legge
1140/1948 perché la legge richiamata
è stata abrogata dal d.l. 112/2008.
Tuttavia è necessario “riempire” il
vuoto
normativo,
dato
che
è
necessario
che
vi
sia
una
commissione tecnica che provveda a
determinare le percentuali di riduzione:
sicché si è ritenuto necessario formula
una norma sulla base delle espressioni
della vecchia.
Nella prima parte del comma 4 si è
sostituito il riferimento all’art. 9 della
legge 21 luglio 1960, n. 739 con la
norma corrispondente nel vigente
Testo unico sulle imposte dirette. Per
completezza si riporta il testo dell’art.
31 di tale Testo unico citato nel testo:
«Se un fondo rustico costituito per
almeno due terzi da terreni qualificati
come coltivabili a prodotti annuali non
sia stato coltivato, neppure in parte,
per un'intera annata agraria e per
cause non dipendenti dalla tecnica
agraria, il reddito dominicale, per
l'anno in cui si è chiusa l'annata
agraria, si considera pari al 30 per
146
cento di quello determinato a norma
dei precedenti articoli. // In caso di
perdita, per eventi naturali, di almeno il
30 per cento del prodotto ordinario del
fondo rustico preso a base per la
formazione delle tariffe d'estimo, il
reddito dominicale, per l'anno in cui si
è verificata la perdita, si considera
inesistente. L'evento dannoso deve
essere denunciato dal possessore
danneggiato entro tre mesi dalla data
in cui si è verificato ovvero, se la data
non sia esattamente determinabile,
almeno quindici giorni prima dell'inizio
del raccolto. La denuncia deve essere
presentata all'ufficio tecnico erariale,
che provvede all'accertamento della
diminuzione del prodotto, sentito
l'ispettorato provinciale dell'agricoltura,
e la trasmette all'ufficio delle imposte. Se l'evento dannoso interessa una
pluralità di fondi rustici gli uffici tecnici
erariali, su richiesta dei sindaci dei
comuni interessati o di altri soggetti
nell'interesse
dei
possessori
danneggiati, sentiti gli ispettorati
provinciali
della
agricoltura,
provvedono alla delimitazione delle
zone danneggiate e all'accertamento
della diminuzione dei prodotti e
trasmettono agli uffici delle imposte nel
cui distretto sono situati i fondi le
corografie relative alle zone delimitate,
indicando le ditte catastali comprese in
detta zona e il reddito dominicale
relativo a ciascuna di esse. - Ai fini del
presente articolo il fondo rustico deve
essere costituito da particelle catastali
riportate in una stessa partita e
contigue l'una all'altra in modo da
formare un unico appezzamento. La
contiguità non si considera interrotta
da strade, ferrovie e corsi di acqua
naturali o artificiali eventualmente
interposti ».
Come formulato nel DPR allegato al
presente decreto legislativo di riordino
si è provveduto a disporre che le
apposite
Commissioni
tecniche
provinciali siano istituite dalle Regioni
interessate ai fenomeni di avversità
atmosferiche e siano presiedute dal
Capo dell’IPA.
Per memoria si ricorda che, in
occasione della riunione del dicembre
2005 durante l’analisi dello schema
IDAIC di Codice agricolo (ministro
MiPAAF, on Alemanno) il Ministero
dell’economia aveva suggerito la
seguente formula come ulteriore
comma dell’articolo riportato nel testo:
“5. Per i provvedimenti dell’ufficio
provinciale dell’Agenzia del territorio,
richiamati dall’articolo 31 del Testo
Unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, fornisce, a richiesta, la propria
147
consulenza l’ispettorato
dell’agricoltura”.
provinciale
Si è suggerito di sostituire, nel comma 3, le parole “di cui all’art.2 della legge 1140/1948 e all’art. 2 legge 567/1962” con
il richiamo “all’art. 30 del DPR di attuazione del presente decreto legislativo” (Commissione Agricoltura del Senato). Si
tenga, infatti, presente che l’art. 30 dello schema del proposto DPR correlativo al presente decreto legislativo ha per
oggetto l’istituzione di Commissioni tecniche provinciali per l’applicazione dell’art. 85 del presente decreto legislativo.
Anche in virtù del fatto che la legge 1140/1948 è stata abrogata dal d.l. 112/2008, il suggerimento va accolto. Di
conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento proposto, ma con un rinvio generico al
connesso DPR (benché il rinvio è all’art. 21).
Si è richiesto di modificare il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente ufficio
designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il suggerimento va
accolto. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento proposto.
Le modifiche formali nel comma 1 sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono
propri delle disposizioni originarie.
I commi 1, 2, 3 e 4 sono riprodotti
dall’art. 10 della legge n. 11 del 1971
«L'affittuario può prendere tutte le
iniziative di organizzazione e di
gestione richieste dalla razionale
coltivazione
del
fondo,
dagli
allevamenti di animali o dall'esercizio
delle attività connesse di cui all'art.
2135 del codice civile, anche in
relazione
alle
direttive
di
programmazione economica stabilite
dalle competenti autorità. // L'affittuario
può altresì partecipare ad organismi
associativi sia per la conduzione, la
coltivazione, la trasformazione e il
miglioramento dei terreni che per la
trasformazione
e
la
commercializzazione
dei
prodotti
agricoli. // Sono nulle clausole
contenute in contratti individuali o
collettivi, o capitolati, che comunque
limitino i poteri riconosciuti all'affittuario
nei precedenti commi nonché i suoi
poteri relativi alla disponibilità dei
prodotti. // Sono fatte salve le norme
contenute in contratti individuali,
relative alla razionale utilizzazione di
impianti fruttiferi specializzati o alla
conservazione
delle
opere
di
sistemazione fondiaria e dei fabbricati
rurali, limitatamente alla ordinaria
manutenzione».
Il comma 5 è norma nuova e di rinvio
ad una norma del codice civile che,
per riferirsi al più generale affitto di
cosa produttiva, non può essere
abrogata. Con tale rinvio si vuole
tenere conto di una consolidata
giurisprudenza – anche se non
mancano talune posizioni diverse – e
per eliminare ogni dubbio dinanzi a
possibili controversie future con
l’intento di ridurre il contenzioso in
materia. Tale principio si ricava dall’art.
1615 c.c.: “Quando la locazione ha per
oggetto il godimento di una cosa
produttiva,
mobile
o
immobile,
l’affittuario deve curarne la gestione in
conformità
della
destinazione
economica della cosa e dell’interesse
Art. 86
(Poteri di gestione dell’affittuario)
1. L’affittuario può prendere tutte le
iniziative di organizzazione e di
gestione richieste dalla razionale
coltivazione
del
fondo,
dagli
allevamenti di animali o dall’esercizio
delle attività connesse di cui all’articolo
2135 del codice civile, anche in
relazione
alle
direttive
di
programmazione economica stabilite
dalle competenti autorità.
2. L’affittuario può altresì partecipare
ad organismi associativi sia per la
conduzione,
la
coltivazione,
la
trasformazione e il miglioramento dei
terreni che per la trasformazione e la
commercializzazione
dei
prodotti
agricoli.
3. Sono nulle le clausole contenute in
contratti individuali o collettivi, o
capitolati, che comunque limitino i
poteri riconosciuti all’affittuario nei
precedenti commi, nonché i suoi poteri
relativi alla disponibilità dei prodotti.
4. Sono fatte salve le norme contenute
in contratti individuali, relative alla
razionale utilizzazione di impianti
fruttiferi
specializzati
o
alla
conservazione
delle
opere
di
sistemazione fondiaria e dei fabbricati
rurali, limitatamente alla ordinaria
manutenzione.
5. È fatto salvo, altresì, il generale
dovere dell’affittuario di rispettare la
destinazione economica agricola della
cosa, secondo il disposto dell’articolo
1615 del codice civile
Art. 93
(Poteri di gestione dell’affittuario)
1. L’affittuario può prendere tutte le
iniziative di organizzazione e di
gestione richieste dalla razionale
coltivazione
del
fondo,
dagli
allevamenti di animali o dall’esercizio
delle attività connesse di cui all’articolo
2135 del codice civile, anche in
relazione
alle
direttive
di
programmazione economica stabilite
dalle competenti autorità.
2. L’affittuario può altresì partecipare
ad organismi associativi sia per la
conduzione,
la
coltivazione,
la
trasformazione e il miglioramento dei
terreni che per la trasformazione e la
commercializzazione
dei
prodotti
agricoli.
3. Sono nulle le clausole contenute in
contratti individuali o collettivi, o
capitolati, che comunque limitino i
poteri riconosciuti all’affittuario nei
commi 1, 2 e 3, nonché i suoi poteri
relativi alla disponibilità dei prodotti.
4. Sono fatte salve le norme contenute
in contratti individuali, relative alla
razionale utilizzazione di impianti
fruttiferi
specializzati
o
alla
conservazione
delle
opere
di
sistemazione fondiaria e dei fabbricati
rurali, limitatamente alla ordinaria
manutenzione.
5. È fatto salvo, altresì, il generale
dovere dell’affittuario di rispettare la
destinazione economica agricola della
cosa, secondo il disposto dell’articolo
1615 del codice civile.
148
della produzione. A lui spettano i frutti
e le altre utilità della cosa”, al quale si
è
ritenuto
opportuno
rinviare
esplicitamente per la più precisa
determinazione e delimitazione dei
poteri di gestione dell’affittuario.
I commi 1-7 sono riprodotti dall’art. 16
della legge 3 maggio 1982 n. 203:
«Ciascuna delle parti può eseguire
opere di miglioramento fondiario,
addizioni e trasformazioni degli
ordinamenti produttivi e dei fabbricati
rurali, purché le medesime non
modifichino la destinazione agricola
del fondo e siano eseguite nel rispetto
dei programmi regionali di sviluppo
oppure, ove tali programmi non
esistano, delle vocazioni colturali delle
zone in cui è ubicato il fondo. - La
parte che intende proporre la
esecuzione delle opere di cui al primo
comma, in mancanza di un preventivo
accordo, deve comunicare all'altra
parte e all'ispettorato provinciale
dell'agricoltura,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, corredata di progetto di
massima, la natura, le caratteristiche e
le finalità delle opere di cui si chiede
l'esecuzione
all'altra
parte.
//
L'ispettorato
provinciale
dell'agricoltura, non appena ricevuta la
comunicazione di cui al comma
precedente, convoca le parti, che
possono farsi assistere dalle rispettive
organizzazioni professionali, ai fini di
tentare un accordo in ordine alla
proposta e ai connessi regolamenti di
rapporti tra le parti. Nel caso in cui non
si raggiunga tale accordo, l'ispettorato,
entro sessanta giorni dal ricevimento
della comunicazione, si pronuncia,
motivando, in senso favorevole o
contrario in ordine alle opere richieste
di cui al primo comma, riscontrata
anche la congruità delle medesime;
indica altresì eventuali modificazioni
tecniche al progetto presentato ed
assegna,
in
caso
di
giudizio
favorevole, un termine per l'inizio e la
ultimazione delle opere. – La decisione
deve essere comunicata, a cura
dell'ispettorato, ad entrambe le parti. //
Qualora venga adottata una decisione
favorevole, il proprietario del fondo
deve fare conoscere, entro sessanta
giorni dalla comunicazione di cui al
comma precedente, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, se egli stesso intenda
eseguire le opere. // In caso di
dichiarazione negativa o di silenzio,
l'affittuario può procedere senz'altro
Art. 87
(Miglioramenti, addizioni e
trasformazioni del fondo. Lavori
nella casa rurale).
1. Ciascuna delle parti può eseguire
opere di miglioramento fondiario,
addizioni e trasformazioni degli
ordinamenti produttivi e dei fabbricati
rurali, purché le medesime non
modifichino la destinazione agricola
del fondo e siano eseguite nel rispetto
dei programmi regionali di sviluppo
oppure, ove tali programmi non
esistano, delle vocazioni colturali delle
zone in cui è ubicato il fondo.
2. La parte che intende proporre la
esecuzione delle opere di cui al
comma 1, in mancanza di un
preventivo accordo, deve comunicare
all’altra
parte
e
all’ispettorato
provinciale dell’agricoltura, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, corredata di progetto di
massima, la natura, le caratteristiche e
le finalità delle opere di cui si chiede
l’esecuzione all’altra parte.
3.
L’ispettorato
provinciale
dell’agricoltura, non appena ricevuta la
comunicazione di cui al comma 2,
convoca le parti, che possono farsi
assistere
dalle
rispettive
organizzazioni professionali, ai fini di
tentare un accordo in ordine alla
proposta e ai connessi regolamenti di
rapporti tra le parti. Nel caso in cui non
si raggiunga tale accordo, l’ispettorato,
entro sessanta giorni dal ricevimento
della comunicazione, si pronuncia,
motivando, in senso favorevole o
contrario, in ordine alle opere richieste
di cui al comma 1, riscontrata anche la
congruità delle medesime; indica
altresì eventuali modificazioni tecniche
al progetto presentato e assegna, in
caso di giudizio favorevole, un termine
per l’inizio e la ultimazione delle opere.
4. La decisione deve essere
comunicata, a cura dell’ispettorato, a
entrambe le parti.
5. Qualora venga adottata una
decisione favorevole, il proprietario del
fondo deve fare conoscere, entro
sessanta giorni dalla comunicazione di
cui al quarto comma, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, se egli stesso intenda
eseguire le opere.
6. In caso di dichiarazione negativa o
Art. 94
(Miglioramenti, addizioni e
trasformazioni del fondo. Lavori
nella casa rurale).
1. Ciascuna delle parti può eseguire
opere di miglioramento fondiario,
addizioni e trasformazioni degli
ordinamenti produttivi e dei fabbricati
rurali, purché le medesime non
modifichino la destinazione agricola
del fondo e siano eseguite nel rispetto
dei programmi regionali di sviluppo
oppure, ove tali programmi non
esistano, delle vocazioni colturali delle
zone in cui è ubicato il fondo.
2. La parte che intende proporre la
esecuzione delle opere di cui al
comma 1, in mancanza di un
preventivo accordo, deve comunicare
all’altra parte e al competente ufficio
designato dalle regioni o dalle province
autonome di Trento e di Bolzano,
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento, corredata di
progetto di massima, la natura, le
caratteristiche e le finalità delle opere
di cui si chiede l’esecuzione all’altra
parte.
3. Il competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano, non appena
ricevuta la comunicazione di cui al
comma 2, convoca le parti, che
possono farsi assistere dalle rispettive
organizzazioni professionali, ai fini di
tentare un accordo in ordine alla
proposta e ai connessi regolamenti di
rapporti tra le parti. Nel caso in cui non
si raggiunga tale accordo, il predetto
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano, entro sessanta
giorni
dal
ricevimento
della
comunicazione,
si
pronuncia,
motivando, in senso favorevole o
contrario, in ordine alle opere richieste
di cui al comma 1, riscontrata anche la
congruità delle medesime; indica
altresì eventuali modificazioni tecniche
al progetto presentato e assegna, in
caso di giudizio favorevole, un termine
per l’inizio e la ultimazione delle opere.
4. La decisione deve essere
comunicata, a cura del competente
ufficio designato dalle regioni o dalle
province autonome di Trento e di
Bolzano, a entrambe le parti.
5. Qualora venga adottata una
149
anche se la proposta delle opere di cui
al primo comma è stata fatta dal
locatore,
alla
esecuzione
delle
medesime. Qualora il proprietario
comunichi
di
voler
eseguire
direttamente le opere di cui al primo
comma con le eventuali modifiche
stabilite dall'ispettorato, deve iniziare
ed ultimare le relative opere entro i
termini
assegnati
dall'ispettorato
stesso. // Se il proprietario non dà
inizio alle opere di cui al primo comma
o non le ultima entro i termini di cui al
comma precedente, l'affittuario può
eseguirle a sue spese. L'affittuario è
tenuto a comunicare, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento,
al
proprietario
e
all'ispettorato la sua decisione di
surrogarsi al locatore nella esecuzione
o nel completamento delle opere».
I commi 8-10 sono riprodotti dall’art.
16 della legge 11 febbraio 1971 n. 1:
«Qualora la casa rurale adibita
all'abitazione dell'affittuario e della sua
famiglia non presenti le condizioni di
abitabilità prescritte dalle norme
relative alla tutela dell'igiene e della
sanità,
ovvero
abbisogni
degli
essenziali servizi igienici ovvero di
urgenti riparazioni indispensabili per il
godimento
della
casa
stessa,
l'affittuario può eseguire direttamente
le opere necessarie conformemente
alle prescrizioni ed ai limiti delle leggi
sull'edilizia popolare ed economica,
previo parere favorevole degli uffici
tecnico o sanitario comunali, purché
ne dia contemporaneamente avviso al
locatore e salvo che il proprietario non
dia inizio entro quindici giorni alle
opere e non le completi entro i termini
tecnici. // L'affittuario può trattenere
l'importo delle spese relative all'atto
del pagamento del fitto. // È fatta salva
per l'affittuario la facoltà di chiedere
alle competenti autorità l'applicazione
dell'art. 223 del testo unico delle leggi
sanitarie, approvato con regio decreto
27 luglio 1934, n. 1265. // Gli
allacciamenti di energia elettrica, gli
impianti di acqua potabile e gli
eventuali ampliamenti delle case rurali
sono considerati miglioramenti che
ricadono sotto la disciplina del
precedente articolo 11».
di silenzio, l’affittuario può procedere
senz’altro, anche se la proposta delle
opere di cui al primo comma è stata
fatta dal locatore, alla esecuzione delle
medesime. Qualora il proprietario
comunichi
di
voler
eseguire
direttamente le opere di cui al comma
1 con le eventuali modifiche stabilite
dall’ispettorato, deve iniziare ed
ultimare le relative opere entro i termini
assegnati dall’ispettorato stesso.
7. Se il proprietario non dà inizio alle
opere di cui al comma 1 o non le
ultima entro i termini di cui al sesto
comma, l’affittuario può eseguirle a
sue spese. L’affittuario è tenuto a
comunicare,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento,
al
proprietario
e
all’ispettorato la sua decisione di
surrogarsi al locatore nella esecuzione
o nel completamento delle opere.
8. Qualora la casa rurale adibita
all’abitazione dell’affittuario e della sua
famiglia non presenti le condizioni di
abitabilità prescritte dalle norme
relative alla tutela dell’igiene della
sanità,
ovvero
abbisogni
degli
essenziali servizi igienici ovvero di
urgenti riparazioni indispensabili per il
godimento
della
casa
stessa,
l’affittuario può eseguire direttamente
le opere necessarie conformemente
alle prescrizioni e ai limiti delle leggi
sull’edilizia popolare ed economica,
previo parere favorevole degli uffici
tecnico o sanitario comunali, purché
ne dia contemporaneamente avviso al
locatore e salvo che il proprietario non
dia inizio entro quindici giorni alle
opere e non le completi entro i termini
tecnici.
9. L’affittuario può trattenere l’importo
delle spese relative all’atto del
pagamento del canone.
10. È fatta salva per l’affittuario la
facoltà di chiedere alle competenti
autorità l’applicazione dell’articolo 223
del testo unico delle leggi sanitarie,
approvato con regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265.
11. Gli allacciamenti di energia
elettrica, gli impianti di acqua potabile
e gli eventuali ampliamenti delle case
rurali sono considerati miglioramenti
che ricadono sotto la disciplina del
presente articolo
decisione favorevole, il proprietario del
fondo deve fare conoscere, entro
sessanta giorni dalla comunicazione di
cui al comma 4, mediante lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, se egli stesso intenda
eseguire le opere.
6. In caso di dichiarazione negativa o
di silenzio, l’affittuario può procedere,
anche se la proposta delle opere di cui
al comma 1 è stata fatta dal locatore,
nell’esecuzione
delle
medesime.
Quando il proprietario comunichi di
voler eseguire direttamente le opere di
cui al comma 1 con le eventuali
modifiche stabilite dal competente
ufficio designato dalle regioni o dalle
province autonome di Trento e di
Bolzano, deve iniziarle ed ultimarle
entro i termini assegnati dallo stesso
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano.
7. Se il proprietario non dà inizio alle
opere di cui al comma 1 o non le
ultima entro i termini di cui al sesto
comma, l’affittuario può eseguirle a
sue spese. L’affittuario è tenuto a
comunicare,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento, al proprietario e al
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome di
Trento e di Bolzano la sua decisione di
surrogarsi al locatore nella esecuzione
o nel completamento delle opere.
8. Qualora la casa rurale adibita
all’abitazione dell’affittuario e della sua
famiglia non presenti le condizioni di
abitabilità prescritte dalle norme
relative alla tutela dell’igiene e della
sanità,
ovvero
abbisogni
degli
essenziali servizi igienici ovvero di
urgenti riparazioni indispensabili per il
godimento
della
casa
stessa,
l’affittuario, fatta salva la facoltà di
chiedere alle competenti autorità
l’applicazione del testo unico delle
leggi
sanitarie
può
eseguire
direttamente le opere necessarie
conformemente alle prescrizioni e ai
limiti delle leggi sull’edilizia popolare
ed
economica,
previo
parere
favorevole degli uffici tecnico o
sanitario comunali, purché ne dia
contemporaneamente
avviso
al
locatore e salvo che il proprietario non
dia inizio entro quindici giorni alle
opere e non le completi entro i termini
tecnici.
9. L’affittuario può trattenere l’importo
delle spese relative all’atto del
pagamento del canone.
10 (già comma 11). Gli allacciamenti di
energia elettrica, gli impianti di acqua
potabile e gli ampliamenti delle case
rurali sono considerati miglioramenti
che ricadono sotto la disciplina del
150
presente articolo.
Si è richiesto di modificare, nei commi 2, 3, 4, 6 e 7, il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al
competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010).
Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto.
Si è suggerito di sostituire – nel comma 8 e nella rubrica – le parole “casa rurale” con quelle “fabbricati rurali”
(Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal
Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente motivo: gli interventi migliorativi sulla casa rurale erano stati
introdotti in modo specifico dalla legge 11/1971, per garantire, all’affittuario, la possibilità di intervenire sulla casa rurale
al fine di renderla, con riferimento ai servizi igienici essenziali, all’allacciamento di energia elettrica e agli impianti di
acqua potabile. Il regime previsto non richiedeva il ricorso all’ispettorato agrario provinciale (invece competente per i
miglioramenti agrari) ma il ricorso agli uffici tecnici e sanitari comunali. I lavori ai fabbricati rurali invece, quando hanno
portata miglioratrice, sono subordinati (in difetto di accordo tra le parti) all’autorizzazione dell’ispettorato agrario
provinciale. In altre parole, per i servizi essenziali alla casa rurale e per i lavori migliorativi dei fabbricati rurali i regimi
sono diversi.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 68 e 69) ha suggerito di adottare una
formula che coordini le disposizioni contenute nei commi 8 e 10 dell’art. 87 (ora art. 94) dello schema proposto e
approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 e provvede a precisarla. Il suggerimento è da accogliersi,
sicché il comma 8 è stato riformulato. Per conseguenza, gli undici commi dell’originario testo come approvato dal
Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 sono stati ridotti in dieci.
Le altre modifiche formali che sono state apportate, sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Si noti, però, che i
“difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie.
I commi 1-8 sono riprodotti dall’art. 17
della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Il
locatore che ha eseguito le opere di
cui al primo comma dell'articolo 16 può
chiedere all'affittuario l'aumento del
canone corrispondente alla nuova
classificazione del fondo ai sensi
dell'articolo 4 della legge 11 febbraio
1971, n. 11, come modificato
dall'articolo 18 della presente legge. //
L'affittuario che ha eseguito le opere di
cui al primo comma dell'articolo 16 ha
diritto ad una indennità corrispondente
all'aumento del valore di mercato
conseguito dal fondo a seguito dei
miglioramenti da lui effettuati e quale
risultante al momento della cessazione
del rapporto, con riferimento al valore
attuale di mercato del fondo non
trasformato.
Le
parti
possono
convenire la corresponsione di tale
indennità
anche
prima
della
cessazione del rapporto. // Se non
interviene accordo in ordine alla
misura dell'indennità prevista dal
comma
precedente,
essa
è
determinata, a richiesta di una delle
parti,
dall'ispettorato
provinciale
dell'agricoltura, la cui deliberazione,
agli effetti dell'articolo 634 del codice di
procedura civile, costituisce prova
scritta del credito per l'indennità
stessa. // All'affittuario compete la
ritenzione del fondo fino a quando non
gli sia stata versata dal locatore
l'indennità
fissata
dall'ispettorato
oppure determinata con sentenza
definitiva dall'autorità giudiziaria. // Nel
caso di vendita del fondo prima del
pagamento all'affittuario della indennità
di cui al comma precedente, il
proprietario è tenuto a dichiarare,
nell'atto
di
vendita,
l'esistenza
Art. 88
(Regime dei miglioramenti, delle
addizioni e delle trasformazioni)
1. Il locatore che ha eseguito le opere
di cui all’articolo 87, comma 1, può
chiedere all’affittuario l’aumento del
canone corrispondente all’incremento
di
produttività
conseguente
all’investimento eseguito.
2. L’affittuario che ha eseguito le opere
di cui all’articolo 87, comma 1, ha
diritto ad una indennità corrispondente
all’aumento del valore di mercato
conseguito dal fondo a seguito dei
miglioramenti da lui effettuati e quale
risultante al momento della cessazione
del rapporto, con riferimento al valore
attuale di mercato del fondo non
trasformato.
Le
parti
possono
convenire la corresponsione di tale
indennità
anche
prima
della
cessazione del rapporto.
3. Se non interviene accordo in ordine
alla misura dell’indennità prevista dal
comma 2, essa è determinata, a
richiesta
di
una
delle
parti,
dall’ispettorato
provinciale
dell’agricoltura, la cui deliberazione,
agli effetti dell’articolo 634 del codice
di procedura civile, costituisce prova
scritta del credito per l’indennità
stessa.
4. All’affittuario compete la ritenzione
del fondo fino a quando non gli sia
stata versata dal locatore l’indennità
fissata
dall’ispettorato
oppure
determinata con sentenza definitiva
dall’autorità giudiziaria.
5. Nel caso di vendita del fondo prima
del pagamento all’affittuario della
indennità di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, il
proprietario è tenuto a dichiarare,
nell’atto
di
vendita,
l’esistenza
dell’obbligazione
nei
confronti
Art. 95
(Regime dei miglioramenti, delle
addizioni e delle trasformazioni)
1. Il locatore che ha eseguito le opere
indicate nell’articolo 94, comma 1, può
chiedere all’affittuario l’aumento del
canone corrispondente all’incremento
di
produttività
conseguente
all’investimento eseguito.
2. L’affittuario che ha eseguito le opere
indicate nell’articolo 94, comma 1, ha
diritto ad una indennità corrispondente
all’aumento del valore di mercato
conseguito dal fondo a seguito dei
miglioramenti da lui effettuati e quale
risultante al momento della cessazione
del rapporto, con riferimento al valore
attuale di mercato del fondo non
trasformato.
Le
parti
possono
convenire la corresponsione di tale
indennità
anche
prima
della
cessazione del rapporto.
3. Se non interviene accordo sulla
misura dell’indennità prevista dal
comma 2, essa è determinata, a
richiesta di una delle parti, dal
competente ufficio designato dalle
regioni o dalle province autonome, il
cui provvedimento, ai fini del decreto
ingiuntivo previsto dagli articoli 634 e
seguenti del codice di procedura civile,
costituisce prova scritta del credito per
l’indennità.
4. All’affittuario compete la ritenzione
del fondo fino a quando non gli sia
stata versata dal locatore l’indennità
fissata
dal
competente
ufficio
designato dalle regioni o dalle province
autonome oppure determinata con
sentenza
definitiva
dall’autorità
giudiziaria.
5. Nel caso di vendita del fondo prima
del pagamento all’affittuario della
indennità indicata nei commi 1, 2, 3 e
151
dell'obbligazione
nei
confronti
dell'affittuario per effetto delle opere di
cui al primo comma dell'articolo 16,
restando in tale caso liberato
dall'obbligazione stessa. // Ove per
l'espletamento delle opere di cui al
primo comma dell'articolo 16 si
rendano
necessari
permessi,
concessioni, autorizzazioni da parte
della pubblica amministrazione e nel
caso in cui sia possibile ottenere
finanziamenti pubblici, ai sensi delle
norme vigenti in materia, per
l'esecuzione delle opere stesse,
l'affittuario
può
provvedere
direttamente a proporre le relative
istanze ed a percepire i finanziamenti,
dandone comunicazione al locatore
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento. // Le disposizioni
del presente articolo si applicano
anche per le opere di cui al primo
comma dell'articolo 16 previste nel
contratto e concordate dalle parti, o
comunque eseguite in data anteriore
all'entrata in vigore della presente
legge. // A locatore che esegue le
opere di cui al primo comma
dell'articolo 16 sono estese le
agevolazioni fiscali e creditizie previste
dalle
vigenti
leggi
in
favore
dell'affittuario. // Nella determinazione
dell'indennità di cui al secondo
comma, i finanziamenti pubblici fatti
propri dall'affittuario, che non abbia la
qualifica di imprenditore agricolo a
titolo principale, ai sensi dell'articolo 12
della legge 9 maggio 1975, n. 153, non
sono computati».
Si noti, tuttavia, che: a) diversamente
da quanto disposto nell’art. 17 legge
203/1982 (testo di provenienza), che
faceva riferimento al solo comma 4
(che qui viene riportato, appunto,
come comma 4), si ritiene opportuno
un richiamo generale all’indennità,
perché in ogni caso ricorre la ratio
dell’obbligo
di
comunicazione
all’acquirente del terreno. b) l’inciso
“fatta eccezione per le opere non
previste nel contratto o non consentite
dal concedente che siano state
eseguite prima di tale data senza
l’osservanza delle procedure prescritte
dalla legislazione precedente” è stato
inserito nel comma 7 per tenere conto
della sentenza della Corte Cost. 23
giugno 1988, n. 692, che ha dichiarato
l'illegittimità dell'art. 17, settimo
comma, della legge n. 203 del 1982,
nella parte in cui estendeva il regime
dei miglioramenti, delle addizioni e
delle trasformazioni, statuito nel
medesimo art. 17, agli affittuari che, in
data anteriore all'entrata in vigore della
legge stessa, avessero eseguito,
senza l'osservanza delle procedure
prescritte
dalla
legislazione
dell’affittuario per effetto delle opere di
cui all’articolo 87, comma 1, restando
in tale caso liberato dall’obbligazione
stessa.
6. Ove per l’espletamento delle opere
di cui all’articolo 87, comma 1, si
rendano
necessari
permessi,
concessioni, autorizzazioni da parte
della pubblica amministrazione e nel
caso in cui sia possibile ottenere
finanziamenti pubblici, ai sensi delle
norme vigenti in materia, per
l’esecuzione delle opere stesse,
l’affittuario
può
provvedere
direttamente a proporre le relative
istanze e a percepire i finanziamenti,
dandone comunicazione al locatore
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento.
7. Le disposizioni del presente articolo
si applicano anche per le opere di cui
all’articolo 87, comma 1, previste nel
contratto e concordate dalle parti, o
comunque eseguite in data anteriore al
6 maggio 1982, fatta eccezione per le
opere non previste nel contratto o non
consentite dal concedente che siano
state eseguite prima di tale data senza
l’osservanza delle procedure prescritte
dalla legislazione precedente.
8. Nella determinazione dell’indennità
di cui al secondo comma, i
finanziamenti pubblici fatti propri
dall’affittuario, che non abbia la
qualifica di imprenditore agricolo
professionale, non sono computati.
9. Le migliorie apportate dall’affittuario
non danno luogo alla revisione del
canone fin quando non è stata
corrisposta l’indennità prevista dal
secondo comma e fino a tale data
l’eventuale revisione catastale non ha
effetto sulla misura dei tributi dovuti
4, il proprietario è tenuto a dichiarare,
nell’atto
di
vendita,
l’esistenza
dell’obbligazione
nei
confronti
dell’affittuario per effetto delle opere
indicate nell’articolo 94, comma 1,
restando in tale caso liberato
dall’obbligazione.
6. Se per l’espletamento delle opere
indicate nell’articolo 94, comma 1, si
rendano
necessari
permessi,
concessioni, autorizzazioni da parte
della pubblica amministrazione e nel
caso in cui sia possibile ottenere
finanziamenti pubblici per l’esecuzione
delle opere stesse, l’affittuario può
provvedere direttamente a proporre le
relative istanze e a percepire i
finanziamenti, dandone comunicazione
al
locatore
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento.
7. Le disposizioni del presente articolo
si applicano anche per le opere
indicate nell’articolo 94, comma 1,
previste nel contratto e concordate
dalle parti o eseguite in data anteriore
al 6 maggio 1982, fatta eccezione per
le opere non previste nel contratto o
non consentite dal concedente che
siano state eseguite prima di tale data
senza l’osservanza delle procedure
prescritte
dalla
legislazione
precedente.
8. Nella determinazione dell’indennità
di cui al comma 2, i finanziamenti
pubblici fatti propri dall’affittuario, che
non abbia la qualifica di imprenditore
agricolo professionale, non sono
computati.
9. Le migliorie apportate dall’affittuario
non danno luogo alla revisione del
canone fin quando non sia stata
corrisposta l’indennità prevista dal
comma 2 e fino a tale data l’eventuale
revisione catastale non ha effetto sulla
misura dei tributi dovuti.
152
precedente,
opere
migliorative,
incrementative o trasformative non
previste nel contratto o non consentite
dal concedente.
Il comma 9 è riprodotto dall’ultimo
comma dell’art. 4 della legge 11
febbraio 1971, n. 11: «Le migliorie
apportate dall'affittuario non danno
luogo alla revisione del canone fin
quando non è stata corrisposta
l'indennità prevista dal secondo
comma dell'articolo 15 e fino a tale
data l'eventuale revisione catastale
non ha effetto sulla misura dei tributi
dovuti».
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 69), ha individuato una serie di espressioni
formali meritevoli di modifica. Ad eccezione delle osservazioni sollevate con riguardo al comma 4 in ordine alla frase
“con sentenza definitiva” – che, invece, risulta opportuna, nel senso che occorre attendere la sentenza, non essendo
sufficiente una sentenza che non abbia il visto di esecutorietà – tutti i rilievi formali vanno accolti. Tuttavia, si noti che i
“difetti” formali sono imputabili alla norma originaria.
Si richiede di modificare il richiamo, nei commi 3 e 4, all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al
competente ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010).
Il suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto.
Si suggerisce di sopprimere il comma 8 che disciplina la non-inclusione dei finanziamenti pubblici nel quantum
dell’indennità spettante all’affittuario per i miglioramenti compiuti (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la
formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per il seguente
motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non innovare i testi delle
norme originarie.
Riprodotto,
per
accorpamento,
dall’art. 20 della legge 3 maggio 1982
n. 203 (“Il giudice, con riguardo alle
condizioni economiche del locatore,
può disporre il pagamento rateale,
entro cinque anni, della indennità di cui
al secondo comma dell'articolo 17 da
corrispondersi dal locatore medesimo
all'affittuario, ordinando comunque la
prestazione di idonee garanzie e il
pagamento degli interessi legali oltre al
risarcimento del danno derivante dalla
eventuale svalutazione monetaria
intervenuta
tra
la
data
dell'accertamento del diritto e quella
del pagamento della somma dovuta. //
Se nel giudizio di cognizione o nel
processo di esecuzione è fornita prova
della sussistenza in generale delle
opere di cui al primo comma
dell'articolo 16, all'affittuario compete
la ritenzione del fondo fino a quando
non sia stato soddisfatto il suo credito,
salvo che il locatore non presti idonea
garanzia da stabilirsi dall'autorità
giudiziaria su istanza del locatore
medesimo. // Le disposizioni di cui al
primo comma si applicano anche nel
caso di riconoscimento giudiziale o
stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi
somma e di indennizzi per risoluzione
del rapporto”) e dall’art. 38 della legge
3 maggio 1982, n. 203 (“Ai contratti
associativi
anche
con
clausola
migliorataria che non siano convertiti si
applicano le disposizioni di cui al
Art. 89
(Diritto di ritenzione dell’affittuario.
Pagamento dell’indennità)
1. Il giudice, con riguardo alle
condizioni
economiche
del
concedente, può disporre il pagamento
rateale, entro cinque anni, della
indennità di cui al secondo comma
dell’articolo 88, da corrispondersi dal
concedente
medesimo
al
concessionario, ordinando comunque
la prestazione di idonee garanzie e il
pagamento degli interessi legali oltre al
risarcimento del danno derivante dalla
eventuale svalutazione monetaria
intervenuta
tra
la
data
dell’accertamento del diritto e quella
del pagamento della somma dovuta.
2. Se nel giudizio di cognizione o nel
processo di esecuzione è fornita prova
della sussistenza in generale delle
opere di cui al comma 1 dell’articolo
87, al concessionario compete la
ritenzione del fondo fino a quando non
sia stato soddisfatto il suo credito,
salvo che il concedente non presti
idonea
garanzia
da
stabilirsi
dall’autorità giudiziaria su istanza del
concedente medesimo.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si
applicano
anche
nel
caso
di
riconoscimento
giudiziale
o
stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi
somma e di indennizzi per risoluzione
del rapporto.
Art. 96
(Diritto di ritenzione dell’affittuario.
Pagamento dell’indennità)
1. Il giudice, con riguardo alle
condizioni economiche del locatore,
può disporre il pagamento rateale,
entro cinque anni, della indennità
indicata nel comma 2 dell’articolo 95,
da
corrispondersi
dal
locatore
medesimo all’affittuario, ordinando
comunque la prestazione di idonee
garanzie e il pagamento degli interessi
legali oltre al risarcimento del danno
derivante dalla eventuale svalutazione
monetaria intervenuta tra la data
dell’accertamento del diritto e quella
del pagamento della somma dovuta.
2. Se nel giudizio di cognizione o nel
processo di esecuzione è fornita prova
della sussistenza in generale delle
opere
indicate
nel
comma
1
dell’articolo 94, all’affittuario compete
la ritenzione del fondo fino a quando
non sia stato soddisfatto il suo credito,
salvo che il locatore non presti idonea
garanzia
stabilita
dall’autorità
giudiziaria su istanza del locatore
medesimo.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si
applicano
anche
nel
caso
di
riconoscimento
giudiziale
o
stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi
somma e di indennizzi per risoluzione
del rapporto.
153
secondo, quarto, quinto e settimo
comma dell'articolo 17 e all'articolo
20”). Il richiamo, da parte dell’art. 38
della legge n. 203, alle norme dell’art.
20 della medesima, anche per i
contratti associativi non convertiti,
giustifica l’adozione nel testo dei
termini generali: “concedente” e
“concessionario”.
Le modifiche formali che sono state apportate sono state, tutte, suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti”
formali sono propri delle disposizioni originarie.
Riprodotto dall’art. 19 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «L'affittuario può
eseguire piccoli miglioramenti in
deroga
alle
procedure
previste
dall'articolo 16, previa comunicazione
da inviarsi al concedente, venti giorni
prima della esecuzione delle opere,
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento. // Per piccolo
miglioramento si intende quello che
venga eseguito dall'affittuario con il
lavoro proprio e della propria famiglia e
che non comporti trasformazioni
dell'ordinamento produttivo, ma sia
diretto a rendere più agevoli e
produttivi i sistemi di coltivazione in
atto».
Si specifica che la facoltà di eseguire
piccoli miglioramenti è riservata
all’affittuario coltivatore diretto, così
integrando il generico riferimento della
legge n. 203 del 1982 all’affittuario, in
considerazione sia del riferimento al
lavoro del medesimo e dei suoi
famigliari, sia, ancor più, del fatto che
l’art. 23 della legge n. 203 del 1982,
che elenca le norme applicabili
all’affitto a conduttore non coltivatore,
comprende tutte le norme in materia di
iniziative straordinarie con esclusione
del solo art. 19.
Art. 90
(Piccoli miglioramenti)
1. L’affittuario coltivatore diretto può
eseguire piccoli miglioramenti in
deroga
alle
procedure
previste
dall’articolo
1637,
previa
comunicazione
da
inviarsi
al
concedente, venti giorni prima della
esecuzione delle opere, mediante
lettera raccomandata con avviso di
ricevimento.
2. Per piccolo miglioramento si intende
quello
che
venga
eseguito
dall’affittuario con il lavoro proprio e
della propria famiglia e che non
comporti
trasformazioni
dell’ordinamento produttivo, ma sia
diretto a rendere più agevoli e
produttivi i sistemi di coltivazione in
atto.
Art. 97
(Piccoli miglioramenti)
1. L’affittuario coltivatore diretto può
eseguire piccoli miglioramenti in
deroga
alle
procedure
previste
dall’articolo 94, previa comunicazione
da inviarsi al locatore, venti giorni
prima dell’esecuzione delle opere,
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento.
2. Per piccolo miglioramento si intende
quello
che
venga
eseguito
dall’affittuario con il lavoro proprio e
della propria famiglia e che non
comporti
trasformazioni
dell’ordinamento produttivo, ma sia
diretto a rendere più agevoli e
produttivi i sistemi di coltivazione in
atto.
Si fa rilevare che il richiamo all’art. 1637 c.c. operato dall’art. 90 del testo presentato al CdM nel dicembre 2009 non
è corretto e non è pertinente (Commissione Agricoltura del Senato). Trattasi di un mero errore materiale: il richiamo
corretto è all’art. 94 (già art. 87) del presente decreto legislativo. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata.
Le altre correzioni formali che sono state apportate, sono state suggerite dal Consiglio di Stato per un migliore italiano
e per un più corretto linguaggio giuridico. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie.
Quanto alle norme sulle scorte, che
sono riprodotte dal codice civile, da
considerarsi
come
un
piccolo
microsistema, si ritiene che possano
essere considerate inderogabili solo
quelle che non fanno espressamente
salve le diverse pattuizioni private.
I commi 1-4 sono riprodotti dall’art.
1640 c.c.: «Le scorte morte costituenti
la dotazione del fondo, che sono state
consegnate
all'affittuario
all'inizio
dell'affitto, con determinazione della
specie, qualità e quantità, devono,
Art. 91
(Scorte morte e scorte vive)
1. Le scorte morte costituenti la
dotazione del fondo, che sono state
consegnate
all’affittuario
all’inizio
dell’affitto, con determinazione della
specie, qualità e quantità, devono,
anche se stimate, essere restituite al
locatore alla fine dell’affitto, nella
stessa specie, qualità e quantità e, se
si tratta di scorte fisse, come
macchinari e attrezzi, nello stesso
stato d’uso. L’eccedenza o la
deficienza deve essere regolata in
Art. 98
(Scorte morte e scorte vive)
1. Le scorte morte costituenti la
dotazione del fondo, che sono state
consegnate
all’affittuario
all’inizio
dell’affitto, con determinazione della
specie, qualità e quantità, devono,
anche se stimate, essere restituite al
locatore alla fine dell’affitto, nella
stessa specie, qualità e quantità e, se
si tratta di scorte fisse, come
macchinari e attrezzi, nello stesso
stato d’uso. L’eccedenza o la
deficienza deve essere regolata in
154
anche se stimate, essere restituite al
locatore alla fine dell'affitto, nella
stessa specie, qualità e quantità e, se
si tratta di scorte fisse, come
macchinari e attrezzi, nello stesso
stato d'uso. L'eccedenza o la
deficienza deve essere regolata in
danaro, secondo il valore corrente al
tempo della riconsegna. La dotazione
necessaria non può essere distratta e
deve essere mantenuta secondo le
esigenze delle colture e la pratica dei
luoghi. // La disposizione del comma
precedente si applica anche se,
all'inizio dell'affitto, l'affittuario ha
depositato la somma che rappresenti il
valore delle scorte presso il locatore,
salvo l'obbligo di questo di restituirla al
tempo della riconsegna delle scorte. //
Se le scorte sono state consegnate
con la sola indicazione del valore,
l'affittuario ne acquista la proprietà, e,
alla fine dell'affitto, deve restituire il
valore ricevuto o scorte in natura per
un corrispondente valore, determinato
secondo il prezzo corrente, al tempo
della riconsegna, ovvero parte dell'uno
e parte delle altre. // Sono salve le
diverse disposizioni delle norme
corporative o le diverse pattuizioni
delle parti». Ovviamente, si è eliminato
il riferimento alle norme corporative
contenuto nell’articolo del codice.
Il comma 5 è riprodotto dall’art. 1641
c.c.: «Quando il bestiame da lavoro o
da
allevamento,
costituente
la
dotazione del fondo, è stato in tutto o
in parte fornito dal locatore, si
osservano le disposizioni degli articoli
seguenti, salve le norme corporative o
i patti diversi».
Alla originaria parola “bestiame” si è, di
regola, sostituita la parola “animali”,
per esigenze sistematiche, ovvero per
tenere conto, quanto all’attività di
allevamento, della sostituzione del
termine “animali” a quello di “bestiame”
nella
disposizione
generale
di
definizione dell’imprenditore agricolo,
contenuta nell’art. 2135 c.c., come
modificato dall’art. 1 del d. lgs. 18
maggio 2001, n. 228. Tuttavia, si
mantiene la parola “bestiame” laddove
il contenuto della norma riportata sia
riferibile
ai
soli
animali
tradizionalmente
compresi
nella
locuzione “bestiame” (bovini, equini,
ovini e caprini). Ovviamente, si è
provveduto ad eliminare il riferimento
alle norme corporative contenuto
nell’articolo del codice.
Il comma 6 è riprodotto dall’art. 1642
c.c.: «Qualora il bestiame consegnato
all'affittuario sia stato determinato con
indicazione della specie, del numero,
del sesso, della qualità, dell'età e del
peso, anche se ne è stata fatta stima,
la proprietà di esso rimane al locatore.
danaro, secondo il valore corrente al
tempo della riconsegna. La dotazione
necessaria non può essere distratta e
deve essere mantenuta secondo le
esigenze delle colture e la pratica dei
luoghi.
2. La disposizione del primo comma si
applica anche se, all’inizio dell’affitto,
l’affittuario ha depositato la somma
che rappresenti il valore delle scorte
presso il locatore, salvo l’obbligo di
questo di restituirla al tempo della
riconsegna delle scorte.
3. Se le scorte sono state consegnate
con la sola indicazione del valore,
l’affittuario ne acquista la proprietà, e,
alla fine dell’affitto, deve restituire il
valore ricevuto o scorte in natura per
un corrispondente valore, determinato
secondo il prezzo corrente, al tempo
della riconsegna, ovvero parte dell’uno
e parte delle altre.
4. Sono salve le diverse pattuizioni
delle parti.
5. Quando le scorte vive, ovvero gli
animali da lavoro o da allevamento,
costituenti la dotazione del fondo, sono
state in tutto o in parte fornite dal
locatore, si osservano le disposizioni
dei commi seguenti, salvi i patti diversi.
6. Qualora gli animali consegnati
all’affittuario siano stati determinati con
indicazione della specie, del numero,
del sesso, della qualità, dell’età e del
peso, anche se ne è stata fatta stima,
la proprietà di essi rimane al locatore.
Tuttavia l’affittuario può disporre dei
singoli capi, ma deve mantenere nel
fondo la dotazione necessaria.
7. Il rischio della perdita degli animali è
a carico dell’affittuario dal momento in
cui questi li ha ricevuti, se non è stato
diversamente pattuito.
8. L’affittuario fa suoi i parti e gli altri
frutti degli animali, l’accrescimento e
ogni altro provento che ne deriva.
9. Il letame però deve essere
impiegato
prioritariamente
nella
coltivazione del fondo.
10. Nel caso previsto dal comma 6, al
termine del contratto l’affittuario deve
restituire animali corrispondenti per
specie, numero, sesso, qualità, età e
peso a quelli ricevuti. Se vi sono
differenze di qualità o di quantità
contenute nei limiti in cui esse
possano ammettersi avuto riguardo ai
bisogni della coltivazione del fondo,
l’affittuario deve restituire animali di
uguale valore. Se vi è eccedenza o
deficienza nel valore degli animali ne è
fatto conguaglio in danaro tra le parti,
secondo il valore al tempo della
riconsegna.
11. La disposizione del comma 10 si
applica anche se, all’inizio dell’affitto,
l’affittuario ha depositato presso il
locatore la somma che rappresenta il
danaro, secondo il valore corrente al
tempo della riconsegna. La dotazione
necessaria non può essere distratta e
deve essere mantenuta secondo le
esigenze delle colture e la pratica dei
luoghi.
2. La disposizione del comma 1 si
applica anche se, all’inizio dell’affitto,
l’affittuario ha depositato presso il
locatore la somma che rappresenta il
valore delle scorte, salvo l’obbligo di
questo di restituirla al tempo della
riconsegna delle scorte.
3. Se le scorte sono state consegnate
con la sola indicazione del valore,
l’affittuario ne acquista la proprietà, e,
alla fine dell’affitto, deve restituire il
valore ricevuto o scorte in natura per
un corrispondente valore, determinato
secondo il prezzo corrente, al tempo
della riconsegna, ovvero parte dell’uno
e parte delle altre.
4. Sono salve le diverse pattuizioni
delle parti.
5. Quando le scorte vive, ovvero gli
animali da lavoro o da allevamento,
costituenti la dotazione del fondo, sono
state in tutto o in parte fornite dal
locatore, si osservano le disposizioni
dei commi 6, 7, 8, 9, 10 e 11, salvi i
patti diversi.
6. Quando gli animali consegnati
all’affittuario sono stati determinati con
indicazione della specie, del numero,
del sesso, della qualità, dell’età e del
peso, anche se ne è stata fatta stima,
la proprietà di essi rimane al locatore.
Tuttavia l’affittuario può disporre dei
singoli capi, ma deve mantenere nel
fondo la dotazione necessaria.
7. Il rischio della perdita degli animali è
a carico dell’affittuario dal momento in
cui questi li ha ricevuti, se non è stato
diversamente pattuito.
8. L’affittuario fa suoi i parti e gli altri
frutti degli animali, l’accrescimento e
ogni altro provento che ne deriva; il
letame però deve essere impiegato
prioritariamente nella coltivazione del
fondo.
9. (già comma 10) Nel caso previsto
dal comma 6, al termine del contratto
l’affittuario deve restituire animali
corrispondenti per specie, numero,
sesso, qualità, età e peso a quelli
ricevuti. Se vi sono differenze di
qualità o di quantità contenute nei limiti
in cui esse possano ammettersi avuto
riguardo ai bisogni della coltivazione
del fondo, l’affittuario deve restituire
animali di uguale valore. Se vi è
eccedenza o deficienza nel valore
degli animali ne è fatto conguaglio in
danaro tra le parti, secondo il valore al
tempo della riconsegna.
10. (già comma 11) La disposizione
del comma 9 si applica anche se,
all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha
155
Tuttavia l'affittuario può disporre dei valore degli animali. Si applica altresì depositato presso il locatore la somma
singoli capi, ma deve mantenere nel la disposizione del comma 3.
che rappresenta il valore degli animali.
fondo la dotazione necessaria». Per la 12. Sono salvi i patti diversi.
Si applica altresì la disposizione del
sostituzione del termine “bestiame”
comma 3.
con quello di ”animali” si rinvia alla
11. (già comma 12) Sono salvi i patti
nota precedente.
diversi.
Il comma 7 è riprodotto dall’art. 1643
c.c.: «Il rischio della perdita del
bestiame è a carico dell'affittuario dal
momento in cui questi lo ha ricevuto,
se non è stato diversamente pattuito».
Per la sostituzione del termine
“bestiame” con quello di ”animali” si
rinvia alla considerazione precedente.
I commi 8 e 9 dell’art. 91 del teso in
colonna 2 (ora comma 8 dell’art. 98 in
colonna 3) sono riprodotti dall’art. 1644
c.c.: «L'affittuario fa suoi i parti e gli
altri frutti del bestiame, l'accrescimento
e ogni altro provento che ne deriva. // Il
letame però deve essere impiegato
esclusivamente nella coltivazione del
fondo». Si è provveduto, però, alla
sostituzione
dell’avverbio
“esclusivamente” della norma del
codice con “prioritariamente”, per
esigenze sistematiche, cioè per la
necessità del coordinamento con i
poteri di organizzazione e gestione
attribuiti all’affittuario dall’art. 10 della
legge 11 febbraio 1971, n. 11. Per la
sostituzione del termine “bestiame”
con quello di “animali” si rinvia alla
nota precedente.
I commi 10-12 dell’art. 91 del teso in
colonna 2 (ora commi 9-11 dell’art. 98
in colonna 3) sono riprodotti dall’art.
1645 c.c.: «Nel caso previsto
dall’articolo 1642 al termine del
contratto l'affittuario deve restituire
bestiame corrispondente per specie,
numero, sesso, qualità, età e peso a
quello ricevuto. Se vi sono differenze
di qualità o di quantità contenute nei
limiti in cui esse possano ammettersi
avuto riguardo ai bisogni della
coltivazione del fondo, l'affittuario deve
restituire bestiame di uguale valore. Se
vi è eccedenza o deficienza nel valore
del bestiame ne è fatto conguaglio in
danaro tra le parti, secondo il valore al
tempo della riconsegna. // La
disposizione del comma precedente si
applica anche se, all'inizio dell'affitto,
l'affittuario ha depositato presso il
locatore la somma che rappresenta il
valore del bestiame. // Si applica
altresì la disposizione del terzo comma
dell’articolo 1640. // Sono salve le
disposizioni delle norme corporative e i
patti diversi». Si richiama quanto già
detto con riguardo all’eliminazione del
riferimento alle norme corporative
contenuto nell’originario articolo del
codice, nonché con riguardo alla
sostituzione del termine “bestiame”
con quello di “animali”.
156
Le correzioni formali apportate sono state suggerite dal Consiglio di Stato per il miglioramento del testo italiano.
Riprodotto dall’art. 11 del d.lgs. 29
marzo 2004 n. 99: «1. Sono ridotte di
due terzi le imposte dovute per la
stipula dei contratti di società
cooperativa tra imprenditori agricoli
che conferiscono in godimento alla
società i terreni di cui sono proprietari
o affittuari, per la costituzione di
un'unica azienda agricola a gestione
comune. Sono dovute in misura fissa
le predette imposte qualora un quinto
dei soci della cooperativa siano
imprenditori agricoli giovani che si
impegnano ad esercitare la gestione
comune per almeno nove anni.». Si
segnala che la normativa sul contratto
di società cooperativa viene qui
ricordata, per analogia dell’oggetto
regolato rispetto ala ricomposizione
aziendale – e non fondiaria - a mezzo
di concessione di terre in godimento.
Art. 92
(Ricomposizione aziendale a
mezzo di contratto di affitto o di
contratto di società cooperativa.
Rinvio a disposizioni fiscali)
1. Al fine di incentivare l'accorpamento
aziendale attraverso la stipulazione di
contratti di affitto delle particelle
finitime della durata di almeno cinque
anni, o attraverso contratti di società
cooperativa tra imprenditori agricoli
che conferiscono in godimento alla
società i terreni di cui sono proprietari
o affittuari, per la costituzione di
un'unica azienda agricola a gestione
comune, l’imposta di registro per i
contratti di affitto è dovuta in misura
fissa, mentre per i contratti di società
cooperativa le imposte dovute per tali
contratti sono ridotte di due terzi e
sono in misura fissa qualora un quinto
dei soci siano imprenditori agricoli
giovani e si impegnano ad esercitare
la gestione comune per almeno nove
anni.
Art. 99
(Ricomposizione aziendale a
mezzo di contratto di affitto o di
contratto di società cooperativa.
Rinvio a disposizioni fiscali)
1. Al fine di incentivare l'accorpamento
aziendale attraverso la stipulazione di
contratti di affitto delle particelle
finitime della durata di almeno cinque
anni, o attraverso contratti di società
cooperativa tra imprenditori agricoli
che conferiscono in godimento alla
società i terreni di cui sono proprietari
o affittuari, per la costituzione di
un'unica azienda agricola a gestione
comune, l’imposta di registro per i
contratti di affitto è dovuta in misura
fissa, mentre per i contratti di società
cooperativa le imposte dovute per tali
contratti sono ridotte di due terzi e
sono in misura fissa qualora un quinto
dei soci siano imprenditori agricoli
giovani e si impegnano ad esercitare
la gestione comune per almeno nove
anni.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 69), suggerisce una diversa formulazione che
si allontana dalla norma originaria soprattutto per l’eliminazione delle finalità. Si ritiene, invece, opportuno che sia
mantenuta l’esplicitazione espressa dello scopo della normativa.
Riprodotto dall’art. 13 della legge 11
febbraio 1971, n. 11: «Per l'esecuzione
dei
miglioramenti
previsti
dalle
disposizioni della presente legge
possono essere concessi direttamente
agli affittuari, singoli o associati, i
contributi e le altre agevolazioni, statali
o regionali, di cui alle leggi in vigore,
purché risulti in qualsiasi modo
l'esistenza del rapporto di affittanza. I
mutui contratti dall'affittuario coltivatore
diretto sono coperti dalla garanzia
sussidiaria del fondo interbancario ai
sensi dell'articolo 56 della legge 27
ottobre 1966, n. 910, ed è ammesso
l'accollo di essi da parte del locatore o
di altro affittuario che subentri nella
conduzione del fondo migliorato. // Le
garanzie fideiussorie di cui all'articolo
3, lettera a) della legge 14 luglio 1965,
n. 901, possono essere concesse
anche nelle ipotesi previste dal comma
precedente».
Con sentenza n. 35 del 1 marzo 1972,
la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente
articolo 13, nella parte in cui dispone
sull'assegnazione diretta agli affittuari
anche dei contributi disposti da leggi
regionali del Trentino-Alto Adige.
Alla originaria norma sono state
apportate alcune modificazioni per
Art. 93
(Concessione di contributi e altre
agevolazioni)
1. Per l’esecuzione dei miglioramenti
previsti dalle precedenti disposizioni
della presente sezione possono
essere concessi direttamente agli
affittuari, singoli o associati, i contributi
e le altre agevolazioni, statali o
regionali, di cui alle leggi in vigore,
eccezion fatta per i contributi disposti
da leggi regionali del Trentino Alto
Adige, purché risulti in qualsiasi modo
l’esistenza del rapporto di affitto. È
ammesso l’accollo dei mutui contratti
dall’affittuario coltivatore diretto da
parte del locatore o di altro affittuario
che subentri nella conduzione del
fondo migliorato.
Art. 100
(Concessione di contributi e altre
agevolazioni)
1. Per l’esecuzione dei miglioramenti
previsti dalle precedenti disposizioni
della presente sezione possono
essere concessi direttamente agli
affittuari, singoli o associati, i contributi
e le altre agevolazioni, statali o
regionali, di cui alle leggi in vigore,
eccezion fatta per i contributi disposti
da leggi regionali del Trentino-Alto
Adige, purché risulti in qualsiasi modo
l’esistenza del rapporto di affitto. È
ammesso l’accollo dei mutui contratti
dall’affittuario coltivatore diretto da
parte del locatore o di altro affittuario
che subentri nella conduzione del
fondo migliorato.
157
una serie di interventi soppressivi di
“porzioni” della norma originaria: si è
eliminato, all’interno del primo comma,
il riferimento al fondo interbancario di
garanzia, in considerazione della
soppressione dello stesso, senza
sostituzione, con l’art. 5, comma 1, del
d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101, e si è
adattata la parte residua del comma a
tale eliminazione; si è cancellato,
inoltre, il comma 2, riguardante
garanzie fideiussorie prestate da
vecchi enti operanti in varie parti del
territorio nazionale, oggi sostituiti dalla
diversa strutturazione organica degli
interventi in agricoltura affidata alle
regioni e da queste variamente
regolata.
Riprodotto dall’art. 20 della legge 11
febbraio 1971 n. 11: «L'affittuario di
terreni ricadenti in comprensorio
consortile il quale, per obbligo
derivante dal contratto, sia tenuto a
pagare contributi consortili di esercizio
per opere pubbliche di bonifica e di
irrigazione, nonché per opere comuni
di miglioramento fondiario, è iscritto a
sua richiesta solidalmente con il
proprietario, nei catasti consortili e nei
ruoli di contribuenza ed acquista diritto
all'elettorato attivo e passivo nelle
elezioni degli organi dei consorzi di
bonifica, di bonifica montana e di
miglioramento
fondiario.
//
La
solidarietà di cui al comma precedente
è limitata alla somma dovuta per
contratto dall'affittuario per le predette
somme di esercizio».
Art. 94
(Pagamento dei contributi
consortili)
1. L’affittuario di terreni ricadenti in
comprensorio consortile il quale, per
obbligo derivante da contratto, sia
tenuto a pagare contributi consortili di
esercizio per opere pubbliche di
bonifica e di irrigazione, nonché per
opere comuni di miglioramento
fondiario, è iscritto, a sua richiesta,
solidalmente con il proprietario, nei
catasti consortili e nei ruoli di
contribuenza
e
acquista
diritto
all’elettorato attivo e passivo nelle
elezioni degli organi dei consorzi di
bonifica, di bonifica montana e di
miglioramento fondiario.
2. La solidarietà di cui al comma 1 è
limitata alla somma dovuta per
contratto dall’affittuario per le predette
somme di esercizio.
Art. 101
(Pagamento dei contributi
consortili)
1. L’affittuario di terreni ricadenti in
comprensorio consortile il quale, per
obbligo derivante da contratto, sia
tenuto a pagare contributi consortili di
esercizio per opere pubbliche di
bonifica e di irrigazione, nonché per
opere comuni di miglioramento
fondiario, è iscritto, a sua richiesta,
solidalmente con il proprietario, nei
catasti consortili e nei ruoli dei
contribuenti
e
acquista
diritto
all’elettorato attivo e passivo nelle
elezioni degli organi dei consorzi di
bonifica, di bonifica montana e di
miglioramento fondiario.
2. La solidarietà di cui al comma 1 è
limitata alla somma dovuta per
contratto dall’affittuario per le predette
somme di esercizio.
La correzione formale è stata suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si consideri che il “difetto” formale è proprio della
disposizione originaria.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 19,
comma 1, della legge 11 febbraio 1971
n. 11: «Le clausole contrattuali che
prevedono la concessione separata
delle colture del suolo da quelle del
soprassuolo o che prevedono sullo
stesso fondo forme contrattuali diverse
e per diverse coltivazioni, sono nulle di
pieno diritto».
Il resto dell’articolo è riprodotto
dall’art. 14 della legge 12 giugno 1962
n. 567: «L'affitto si estende a tutte le
coltivazioni del fondo. // L'esclusione
dal contratto di talune colture è
consentita se risponda a particolari
esigenze della produzione accertate
dall'Ispettorato
provinciale
dell'agricoltura, e non dia luogo per
Articolo 95
(Divieto di concessioni separate
ed estensione dell’affitto)
1. Le clausole contrattuali che
prevedono la concessione separata
delle colture del suolo da quelle del
soprassuolo o che prevedono sullo
stesso fondo forme contrattuali diverse
e per diverse coltivazioni, sono nulle di
pieno diritto.
2. L’affitto si estende a tutte le
coltivazioni del fondo.
3. L’esclusione dal contratto di talune
colture è consentita se risponda a
particolari esigenze della produzione
accertate dall’ispettorato provinciale
dell’agricoltura, e non dia luogo per
l’affittuario a riduzione superiore a un
quarto della produzione lorda vendibile
Art. 102
(Divieto di concessioni separate
ed estensione dell’affitto)
1. Le clausole contrattuali che
prevedono la concessione separata
delle colture del suolo da quelle del
soprassuolo o che prevedono sullo
stesso fondo forme contrattuali diverse
e per diverse coltivazioni, sono nulle di
pieno diritto.
2. L’affitto si estende a tutte le
coltivazioni del fondo.
3. L’esclusione dal contratto di talune
colture è consentita se risponda a
particolari esigenze della produzione
accertate dal competente ufficio
designato dalle regioni o dalle province
autonome di Trento e di Bolzano, e
non dia luogo per l’affittuario a
158
l'affittuario a riduzione superiore ad un
quarto della produzione lorda vendibile
del fondo. // La disposizione del
comma precedente si applica ai
contratti stipulati dopo l'entrata in
vigore della presente legge, e non si
applica agli affitti per pascoli di terreni
alberati o di boschi».
del fondo.
4. La disposizione del comma
applica ai contratti stipulati dopo
luglio 1962 e non si applica agli
per pascoli di terreni alberati
boschi.
2 si
il 15
affitti
o di
riduzione superiore a un quarto della
produzione lorda vendibile del fondo.
4. La disposizione del comma 2 si
applica ai contratti stipulati dopo il 15
luglio 1962 e non si applica agli affitti
per pascoli di terreni alberati o di
boschi.
Si richiede di modificare, nel comma 3, il richiamo all’ispettorato agrario provinciale con quello relativo al competente
ufficio designato dalle regioni o dalle province autonome (Conferenza Stato-Regioni: riunione dell’8.1.2010). Il
suggerimento va accolto. Di conseguenza, le disposizioni sono state riformulate secondo il suggerimento proposto.
Riprodotto dall’art 27 della legge 3
maggio 1982 n. 203: «Le norme
regolatrici dell'affitto dei fondi rustici si
applicano anche a tutti i contratti
agrari, stipulati dopo l'entrata in vigore
della presente legge, aventi per
oggetto la concessione di fondi rustici
o tra le cui prestazioni vi sia il
conferimento di fondi rustici».
Norma di per sé nuova. Ma essa è la
conseguenza
della
differenza
ontologica tra fondo rustico attrezzato
(artt. 817-818 c.c.) e azienda (art.
2555 c.c.). Si tenga conto anche della
formula dell’art. 27 della legge
203/1982 che “riconduce all’affitto” i
contratti agrari (post 1982) che
abbiano “per oggetto [del contratto] la
concessione di un fondo rustico”.
Quando l’affitto ha per oggetto
un’azienda, che è un “bene nuovo” e
unitario, si ha qualcosa che è
giuridicamente diversa dal fondo. Si
tenga conto che all’affittuario di fondo
rustico sono concessi poteri di
miglioramento e di trasformazione che
sarebbe
assurdo
riconoscere
all’affittuario,
ad
esempio,
di
un’azienda
vitivinicola.
Per
la
chiarezza del rinvio si riportano le
disposizioni di cui agli articoli 2562 e
2561 c.c. Art. 2562: «Le disposizioni
dell’articolo precedente si applicano
anche nel caso di affitto dell’azienda».
Art. 2561: «L’usufruttuario dell’azienda
deve esercitarla sotto la ditta che la
contraddistingue. // Egli deve gestire
l’azienda
senza
modificarne
la
destinazione e in modo da conservare
l’efficienza dell’organizzazione e degli
impianti e le normali dotazioni di
scorte. // Se non adempie a tale
obbligo o cessa arbitrariamente dalla
gestione dell’azienda, si applica l’art.
1015. // La differenza tra le
consistenze di inventario all’inizio e al
termine dell’usufrutto è regolata in
denaro, sulla base dei valori correnti al
termine dell’usufrutto».
Art. 96
(Riconduzione all’affitto)
1. Le norme regolatrici dell’affitto dei
fondi rustici si applicano a tutti i
contratti agrari stipulati dopo il 6
maggio 1982, aventi per oggetto la
concessione di fondi rustici o tra le cui
prestazioni vi sia il conferimento di
fondi rustici.
Art. 103
(Riconduzione all’affitto)
1. Le norme regolatrici dell’affitto dei
fondi rustici si applicano a tutti i
contratti agrari stipulati dopo il 6
maggio 1982, aventi per oggetto la
concessione di fondi rustici o tra le cui
prestazioni vi sia il conferimento di
fondi rustici.
Art. 97
(Affitto di azienda agraria)
1. Quando il contratto sia configurabile
come affitto di azienda agraria,
anziché di fondo rustico, si applicano
le disposizioni dell’articolo 2562 del
codice civile sull’affitto di azienda.
Art. 104
(Affitto di azienda agricola)
1. Quando il contratto sia configurabile
come affitto di azienda agricola,
anziché di fondo rustico, si applicano
le disposizioni dell’articolo 2562 del
codice civile sull’affitto di azienda.
159
Il Consiglio di Stato si è limitato ad una semplice correzione formale della espressione “azienda agricola” al posto di
“azienda agraria” nella rubrica dell’articolo e ciò per un migliore testo in lingua italiana: il che consente di ritenere la
correttezza sistematica della disposizione così come si era fatto presente nella nota che ora leggesi nella prima
colonna.
Tuttavia, nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni professionali la Coldiretti ha contestato
l’inserimento della disposizione perché “nuova” e, quindi, “fuori” delega. Premesso che la legge delega non esclude le
inserzioni utili ai fini della migliore sistematizzazione degli istituti, non si può non fare presente che la questione della
sussistenza dell’ipotesi dell’affitto di azienda agricola come distinta dall’affitto di fondo rustico attrezzato non è estranea
né alla giurisprudenza, né alla dottrina, vertendo sulla differenza normativa che corrisponde al “complesso organizzato di
beni” (art. 2555 c.c.) o al “fondo con pertinenze” (art. 817 c.c.), il primo in una considerazione qualitativa e il secondo in
una considerazione (solo) quantitativa di ciò che si “aggiunge” al terreno agricolo. A prescindere dalle massime che vari
commentatori hanno stilato con riferimento alle decisioni giurisprudenziali in argomento, non può essere tralasciato che i
“fatti” oggetto delle varie sentenze in proposito dimostrano chiaramente che, ad esempio, non sono le serre (anche di
valore ingente) che fanno di un fondo rustico un’azienda (qualificandolo, invece e semplicemente, come fondo
attrezzato), dato che – per esserci dell’azienda agricola – occorre ben altro, ovvero occorre una serie di rapporti
(oggettivi e soggettivi) che rendono specifico il complesso aziendale e che, soprattutto, danno al complesso uno “scopo”
che il locatore vorrebbe “riavere” al termine dell’affitto e che, peraltro, è quello che ha indotto la controparte a prendere in
godimento temporaneo il complesso. Già si è osservato – v. la nota nella prima colonna – che se un proprietario che ha
organizzato il suo terreno a viticoltura e che, oltre alla cantina e ai tini, ha compiuto quanto necessario per distinguere il
suo vino dagli altri e ciò a mezzo di un marchio individuale che ha reso di prestigio, ha provveduto a imbottigliare il suo
vino e ad allocarlo sul mercato a mezzo di specifici contratti di vendita a ben determinati ristoranti e clienti, in sostanza
ha creato una rete di rapporti di produzione e di commercializzazione, non può trovarsi, al termine del contratto, un fondo
organizzato a diversa produzione, così come sarebbe possibile se l’affitto del complesso che ha stipulato potesse essere
“ricondotto” al (semplice) affitto di fondo rustico, dato che, per l’applicazione dell’art. 27 della legge 203/1982 (in questo
schema, formulato all’art. 105, già art. 96), questa legge consente che, con il giudizio favorevole dell’IPA, l’affittuario
possa modificare il tipo di coltura esistente sul terreno al momento del contratto. E’ per questo motivo che si ribadisce la
formulazione dell’art. 104 (già art. 97). Si noti ancora che il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
espropriazione per pubblica utilità fa un espresso richiamo alla azienda agricola, riconoscendo che vi è una differenza di
disciplina normativa a seconda che l’esproprio riguardi un soggetto titolare della proprietà di un’area, non solo nonedificabile ma anche non-coltivata, oppure un proprietario di un terreno che egli coltiva imprenditorialmente e con una
organizzazione – non da fundus instructus, ma – da azienda, caratterizzata anche da una clientela e da un avviamento.
Tenendo presente che l’affittuario ha diritto, in caso di esproprio, a una indennità pari a quella che spetterebbe al
proprietario, non si mettere in dubbio che la figura dell’affitto di azienda è una figura del nostro Ordinamento giuridico.
Riprodotto dall’art. 48 della legge 3
maggio 1982, n. 203 Norme sui
contratti agrari: «Il rapporto di
mezzadria e, in presenza di impresa
familiare coltivatrice, il rapporto di
colonia parziaria e quello di affitto ed
ogni altro rapporto agrario intercorrono
tra concedente e famiglia coltivatrice,
la quale è rappresentata nei confronti
del concedente, se questi lo richiede,
da uno dei suoi familiari. // Il rapporto
continua anche con un solo familiare,
purché la sua forza lavorativa
costituisca almeno un terzo di quella
occorrente per le normali necessità di
coltivazione del fondo. - Per le
obbligazioni assunte nello svolgimento
del rapporto agrario, i familiari
rispondono con i beni comuni. Delle
obbligazioni stesse rispondono anche,
personalmente e solidalmente, i
familiari che hanno agito in nome e per
conto della famiglia e, salvo patto
contrario, anche gli altri. // Qualora non
sussista impresa familiare, il contratto
può essere ceduto dal concessionario,
anche senza il consenso del locatore,
ad uno o più componenti la propria
famiglia che continuino la diretta
conduzione e coltivazione del fondo,
purché già svolgano da almeno tre
Art. 98
(Impresa familiare coltivatrice)
1. In caso di presenza di famiglia
coltivatrice, il rapporto di affitto
intercorre tra concedente e la famiglia
coltivatrice, la quale è rappresentata
nei confronti del concedente, se questi
lo richiede, da uno dei suoi
componenti.
2. Il rapporto continua anche con un
solo famigliare, purché la sua forza
lavorativa costituisca almeno un terzo
di quella occorrente per le normali
necessità di coltivazione del fondo.
3. Per le obbligazioni assunte nello
svolgimento del rapporto agrario, i
famigliari rispondono con i beni
comuni. Delle obbligazioni stesse
rispondono anche, personalmente e
solidalmente, i famigliari che hanno
agito in nome e per conto della
famiglia e, salvo patto contrario, anche
gli altri.
4. Qualora non sussista impresa
familiare, il contratto può essere
ceduto dal concessionario, anche
senza il consenso del concedente, ad
uno o più componenti la propria
famiglia che continuino la diretta
conduzione e coltivazione del fondo,
purché già svolgano da almeno tre
anni attività agricola in qualità di
Art. 105
(Impresa familiare coltivatrice)
1. In caso di presenza di famiglia
coltivatrice, il contratto di affitto
intercorre tra il locatore e la famiglia
coltivatrice, la quale è rappresentata
nei confronti del locatore, se questi lo
richiede, da uno dei suoi componenti.
2. Il rapporto continua anche con un
solo familiare, purché la sua forza
lavorativa costituisca almeno un terzo
di quella occorrente per le normali
necessità di coltivazione del fondo.
3. Per le obbligazioni assunte nello
svolgimento del rapporto agrario, i
familiari rispondono con i beni comuni.
Delle obbligazioni stesse rispondono
anche, personalmente e solidalmente,
i familiari che hanno agito in nome e
per conto della famiglia e, salvo patto
contrario, anche gli altri.
4. Qualora non sussista impresa
familiare, il contratto può essere
ceduto dall’affittuario, anche senza il
consenso del locatore, ad uno o più
componenti la propria famiglia che
continuino la diretta conduzione e
coltivazione del fondo, purché già
svolgano da almeno tre anni attività
agricola in qualità di imprenditore
agricolo professionale.
160
anni
attività
agricola
a
titolo imprenditore agricolo professionale.
principale». Nel comma 4 si fa
riferimento all’imprenditore agricolo
professionale sostituendo la nuova
figura a quella dell’imprenditore
agricolo a titolo principale cui, secondo
l’interpretazione migliore, sembrava
riferibile il dettato della legge del 1982.
Si suggerisce di inserire nel comma 4, dopo le parole “imprenditore agricolo professionale” quelle “o coltivatore
diretto” con riguardo al soggetto cui l’imprenditore agricolo può cedere il proprio contratto ad un componente della
propria famiglia quando non sussista impresa familiare, e ciò anche senza il consenso del locatore (Commissione
Agricoltura del Senato). Premesso che la disposizione è nel senso che i componenti della famiglia, a cui l’imprenditore
agricolo può cedere il contratto senza il consenso del locatore, devono essere familiari “che continuino la diretta
conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola in qualità di imprenditore
agricolo professionale”, è da dire che la norma originaria pretende che il cessionario, per il fatto che dovrà continuare la
diretta coltivazione o la diretta conduzione, sia stato necessariamente o un coltivatore diretto o un non-coltivatore diretto,
purché in entrambi i casi sia stato anche imprenditore agricolo professionale. Dunque, secondo la norma originaria il
cessionario deve essere stato un coltivatore diretto imprenditore agricolo professionale (cioè si richiedono entrambe le
qualifiche) o un non-coltivatore diretto ma imprenditore agricolo professionale.
Per i limiti imposti dalla legge delega non possono essere introdotte innovazioni normative, si conferma la formula
redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
Le correzioni formali apportate sono state suggerite dal Consiglio di Stato. Ma si noti che i “difetti” formali sono propri
delle disposizioni originarie.
Il comma 1 è riprodotto dal comma 9
dell’art. 37 (L) del DPR 8 giugno 2001,
n. 327, contenente il Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari
in materia di espropriazione per
pubblica utilità, comma 9 modificato
dall’art. 1, d.lgs. 27 dicembre 2002, n.
302: “Qualora l’area edificabile sia
utilizzata a scopi agricoli, spetta al
proprietario coltivatore diretto anche
un’indennità pari al valore agricolo
medio corrispondente al tipo di coltura
effettivamente praticato. La stessa
indennità spetta al fittavolo, al
mezzadro o al compartecipante che,
per effetto della procedura, sia
costretto ad abbandonare in tutto o in
parte il fondo direttamente coltivato, da
almeno un anno, col lavoro proprio o di
quello dei familiari”. L’uso del termine
“fittavolo”, il richiamo al “lavoro proprio
o dei familiari” e l’inserimento della
disposizione a favore dell’affittuario in
un comma che attribuisce un’indennità
aggiuntiva al “proprietario coltivatore
diretto” consentono di restringere la
portata della norma all’affittuario
coltivatore diretto.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 1638
c.c. che stabilisce che: «In caso di
espropriazione per pubblico interesse
o di occupazione temporanea del
fondo locato, l’affittuario ha diritto di
ottenere dal locatore la parte
d’indennità a questo corrisposta per i
frutti non percepiti o per il mancato
raccolto». Dalla originaria formula
codicistica si è espunto il richiamo al
“caso di espropriazione”, perché
l’ipotesi dell’espropriazione definitiva
del fondo e non della semplice
Art. 106
(Espropriazione per pubblica utilità:
indennizzo)
1.In caso di espropriazione del fondo
locato, all’affittuario coltivatore diretto
spetta l’indennità come disposta dal
comma 9 dell’articolo 37 (L) del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e
successive modifiche.
2. In caso di occupazione temporanea
del fondo locato, l’affittuario ha diritto
di ottenere dal locatore la parte di
indennità a questo corrisposta per i
frutti non percepiti o per il mancato
raccolto.
161
“occupazione temporanea” è regolato
dal comma 1.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 conteneva, nell’art. 74, un
comma 9 sull’espropriazione del fondo locato per pubblica utilità. Ma il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del
24 febbraio 2010 (pag. 67), ha espresso l’opinione che l’intera disposizione del comma 9 fosse superflua “non potendovi
essere dubbi sull’applicazione delle norme generali sull’espropriazione per pubblica utilità”. Si fa notare che il richiamo
con cui si apriva l’incipit del comma 9 era diretto a ricordare quanto era scritto nella seconda frase dello stesso comma 9,
e cioè che l’affittuario coltivatore diretto ha una specifica normativa in caso di esproprio del terreno del locatore con
perdita, da parte sua, dell’azienda [ha diritto ad una somma uguale a quella spettante al proprietario coltivatore diretto,
cioè un’indennità pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato: v. art. 37 (L),
comma 9, del DPR 327/2001)]. In sostanza, si voleva mettere in evidenza la differenza di trattamento, in caso di
esproprio del fondo locato, tra l’affittuario coltivatore diretto e l’affittuario non-coltivatore diretto, per il quale una diversa
disposizione era inserita nell’articolo 103 dello schema di decreto legislativo di riordino. Inoltre, era necessario notare
che l’inserimento del comma 9 in un articolo che faceva parte delle “Disposizioni generali sul contratto di affitto di fondi
rustici” aveva imposto di richiamare la disposizione contenuta nell’art. 1638 c.c., secondo cui, l’affittuario tout court ha
diritto di ottenere dal locatore l’indennizzo per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto quando tale indennizzo
venga pagato al locatore. La disposizione riprodotta dall’articolo 1638 c.c. era stata poi inserita anche sub articolo 103
del presente decreto nella sezione dedicata all’affitto a non-coltivatore diretto, dato che all’affittuario non-coltivatore
diretto non spettano le forme di indennizzo particolare concesse all’affittuario coltivatore diretto dal DPR 327/2001.
Le osservazioni del Consiglio di Stato impongono di disciplinare, in modo topograficamente distinto, le due discipline
dell’indennizzo, formulando due articoli diversi, uno nella Sezione relativa all’affittuario coltivatore diretto (ed è il presente
articolo), l’altra nella Sezione dedicata all’affittuario non-coltivatore diretto, riformulando l’art. 111 (già art. 103).
Art. 99
La disposizione è formulata a fini del
(Rinvio al codice civile)
coordinamento generale di questo 1. Per quanto non previsto dalla
testo con il codice civile.
presente sezione si applicano, ove
compatibili, le norme del paragrafo 1 Disposizioni generali dell’affitto di cose
produttive della sezione III del Capo VI
del Titolo III del Libro IV del codice
civile.
Art. 107
(Rinvio al codice civile)
1. Per quanto non previsto dalla
presente sezione si applicano le
norme del paragrafo 1, disposizioni
generali della sezione III, dell’affitto del
Capo VI della locazione del Titolo III
del Libro IV del codice civile.
Si è segnalato che non esiste nel codice civile una sezione intitolata “Disposizioni generali dell’affitto di cose
produttive” (Commissione Agricoltura del Senato). Il richiamo è giusto. Di conseguenza la disposizione è stata
riformulata così: “…. si applicano, ove compatibili, le norme del paragrafo 1-Disposizioni generali della Sezione III
“Dell’affitto” del Capo VI “Della locazione” del Titolo III del Libro IV del codice civile.
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 9,
legge 14 febbraio 1990, n. 29: “Tutte le
controversie in materia di contratti
agrari o conseguenti alla conversione
dei contratti associativi in affitto sono
di
competenza
delle
sezioni
specializzate agrarie di cui alla legge 2
marzo 1963, n. 320, ed assoggettate
al rito di cui agli articoli 409 e seguenti
del codice di procedura civile”.
Il comma 2 dell’art. 100 nel testo in
colonna 2 (ora soppresso: vedi nota) è
riprodotto dall’art. 26, commi 1-3 legge
11 febbraio 1971, n. 11: “1.Tutte le
controversie relative all'attuazione
della presente legge e delle altre leggi
o norme sull'affitto sono di esclusiva
competenza delle sezioni specializzate
agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963,
n. 320. // 2. Sono altresì devoluti alla
competenza delle sezioni specializzate
agrarie i provvedimenti cautelari, di cui
al capo III, titolo I del libro IV del
codice di procedura civile, relativi a
controversie di competenza delle
stesse sezioni. // 3. Sulle istanze di
Art. 100
(Disposizioni processuali)
1. Tutte le controversie in materia di
contratti agrari sono di competenza
delle sezioni specializzate agrarie di
cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320,
ed assoggettate al rito di cui agli
articoli 409 e seguenti del codice di
procedura civile.
2.
Sono
altresì
devoluti
alla
competenza
delle
Sezioni
specializzate agrarie i provvedimenti
cautelari relativi a controversie di
competenza delle stesse Sezioni.
Sulle istanze di sequestro le Sezioni
specializzate
provvedono
con
ordinanza in camera di consiglio dopo
avere sentito le parti.
3. Chi intende proporre in giudizio una
domanda relativa a una controversia
in materia di contratti agrari, è tenuto a
darne
preventivamente
comunicazione,
mediante
lettera
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento,
all'altra
parte
e
all'ispettorato
provinciale
dell'agricoltura
competente
per
Art. 108
(Disposizioni processuali: rinvio)
1. La competenza e il rito delle
controversie in materia di contratti
agrari sono determinate dai commi da
1 a 7 e da 9 a 11 dell’articolo 11 del
decreto legislativo 1 settembre 2011, n.
150.
162
sequestro le sezioni specializzate
provvedono con ordinanza in camera
di consiglio dopo aver sentito le parti. //
4. Restano comunque salve le
competenze di cui alla legge 22 luglio
1966,
n.
607,
e
successive
modificazioni ed integrazioni”. Si
vedano anche: legge 2 marzo 1963, n.
320: articolo 5 (Norme di procedura)
“La domanda per la decisione delle
controversie richiamate all'articolo 1 si
propone nei modi previsti dagli articoli
163 e seguenti del codice di procedura
civile. // La trattazione della causa,
innanzi
le
sezioni
specializzate
previste dalla presente legge, si svolge
secondo le norme dettate dagli articoli
429 e seguenti del codice stesso in
quanto applicabili”. A sua volta
l’articolo
409
c.p.c.
recita:
(Controversie individuali di lavoro). Si
osservano le disposizioni del presente
capo nelle controversie relative a:
omissis 2) rapporti di mezzadria, di
colonia parziaria, di compartecipazione
agraria, di affitto a coltivatore diretto,
nonché rapporti derivanti da altri
contratti agrari, salva la competenza
delle sezioni specializzate agrarie;
omissis”.
I commi 3-7 sono riprodotti dall’art. 46,
commi 1-5 della legge 3 maggio 1982,
n. 203: “ 1. Chi intende proporre in
giudizio una domanda relativa a una
controversia in materia di contratti
agrari
è
tenuto
a
darne
preventivamente
comunicazione,
mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento, all'altra parte e
all'ispettorato
provinciale
dell'agricoltura
competente
per
territorio. // 2. Il capo dell'ispettorato,
entro venti giorni dalla comunicazione
di cui al comma precedente, convoca
le parti e i rappresentanti delle
associazioni professionali di categoria
da esse indicati per esperire il tentativo
di conciliazione della vertenza. // 3. Se
la conciliazione riesce, viene redatto
processo verbale sottoscritto da
entrambe le parti, dai rappresentanti
delle associazioni di categoria e dal
funzionario dell'ispettorato. 4. Se la
conciliazione non riesce, si forma
egualmente processo verbale, nel
quale vengono precisate le posizioni
delle parti. 5. Nel caso in cui il tentativo
di conciliazione non si definisca entro
sessanta giorni dalla comunicazione di
cui al primo comma, ciascuna delle
parti è libera di adire l'autorità
giudiziaria competente. Omissis.”
Il comma 8 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 47 legge 3 maggio 1982, n.
203 “2. Il rilascio del fondo a seguito di
giudizio può avvenire solo al termine
dell'annata agraria durante la quale è
stata emessa sentenza esecutiva”.
territorio.
4. Il capo dell'ispettorato, entro venti
giorni dalla comunicazione di cui al
comma terzo, convoca le parti ed i
rappresentanti
delle
associazioni
professionali di categoria da esse
indicati per esperire il tentativo di
conciliazione della vertenza.
5. Se la conciliazione riesce, viene
redatto processo verbale sottoscritto
da
entrambe
le
parti,
dai
rappresentanti delle associazioni di
categoria
e
dal
funzionario
dell'ispettorato.
6. Se la conciliazione non riesce, si
forma egualmente processo verbale,
nel quale vengono precisate le
posizioni delle parti.
7. Nel caso in cui il tentativo di
conciliazione non si definisca entro
sessanta giorni dalla comunicazione di
cui al comma 1, ciascuna delle parti è
libera di adire l'autorità giudiziaria
competente.
8. l rilascio del fondo a seguito di
giudizio può avvenire solo al termine
dell'annata agraria durante la quale è
stata emessa sentenza esecutiva.
9. Costituisce grave ed irreparabile
danno, ai sensi dell'articolo 373 del
codice di procedura civile anche
l'esecuzione di sentenza che privi il
cessionario di un fondo rustico del
principale mezzo di sostentamento
suo o della sua famiglia, o possa
risultare fonte di un serio pericolo per
l'integrità economica dell'azienda o
per l'allevamento di animali”.
163
Il comma 9 è riprodotto dal comma 7
dell’art. 46 legge 3 maggio 1982, n.
203 “7. Costituisce grave ed
irreparabile danno, ai sensi dell'articolo
373 del codice di procedura civile
anche l'esecuzione di sentenza che
privi il cessionario di un fondo rustico
del principale mezzo di sostentamento
suo o della sua famiglia, o possa
risultare fonte di un serio pericolo per
l'integrità economica dell'azienda o per
l'allevamento di animali”.
Dopo la formulazione del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione e dopo le varie
osservazioni da parte delle competenti Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza StatoRegioni è stato emanato il d.lgs. 150/2011 che è una sorta di Testo unico dei vari procedimenti speciali che, così, sono
stati “riuniti” in un unico testo. Prospettata siffatta novità nel corso dell’incontro del 9.XI.2011 con le organizzazioni
professionali e sollevato il problema della conferma, come commi 1-9 del presente schema, dell’originario art. 46 della
legge 203/1981, l’unica risposta che si è avuta è stata quella della Confagricoltura che ha espresso l’opportunità che non
venga inciso il riordino compiuto dal d.lgs. 150/2011. L’opinione può ben essere condivisa. Conseguentemente, mentre
l’art. 91 fa rinvio al comma 8 dell’art. 11 del d.lgs. 150/2011 sul giudizio per morosità, il presente art. 108 rinvia a tutti gli
altri commi del detto art. 11.
E’ opportuno notare che il d.lgs. 150/2011 non contiene più la disposizione che attribuisce alla competenza delle
Sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari. La disposizione, peraltro, era originariamente contenuta nell’art.
26 della legge 11 febbraio 1971 n. 11 che l’art. 34, comma 11, del d.lgs. 150/2011 ha abrogato. Di conseguenza, si è
provveduto a sopprimere il vecchio comma 2 di questo art. 108 (già art. 100).
Le originarie formule possono leggersi tanto nella prima, quanto nella seconda colonna.
Vale la pena rilevare che il d.lgs. 150/2011 conserva formule delle norme originarie che sono “superate”.
Sezione III
Sezione III
Dell’affitto a conduttore non
Dell’affitto a conduttore non
Riprodotto dall’art. 2, comma 1, della
coltivatore diretto
coltivatore diretto
legge 22 luglio 1966 n. 606: «L’affitto a
conduttore non coltivatore diretto è
fatto a misura. Può essere fatto a
Art. 101
Art. 109
corpo quando ciò risulti necessario o
(Affitto a misura e a corpo)
(Affitto a misura e a corpo)
conveniente per rilevanti difficoltà di
1. L’affitto a conduttore non coltivatore 1. L’affitto a conduttore non coltivatore
misurazione o importanti esigenze
diretto è fatto a misura. Può essere diretto è fatto a misura. Può essere
pratiche, espressamente indicate nel
fatto a corpo quando ciò risulti fatto a corpo quando ciò risulti
contratto».
necessario o conveniente per rilevanti necessario o conveniente per rilevanti
difficoltà di misurazione o importanti difficoltà di misurazione o importanti
esigenze pratiche, espressamente esigenze pratiche, espressamente da
indicate nel contratto.
indicare nel contratto.
La modifica formale è stata suggerita dal Consiglio di Stato. Ma si noti che il “difetto” formale è proprio della disposizione
originaria
Il comma 1 è riprodotto, accorpando i
commi 4 e 5, dall’art. 1, della legge 22
luglio 1966 n. 606 Disposizioni in
materia di affitto a conduttori non
coltivatori diretti: «In caso di vendita o
di concessione in enfiteusi del fondo a
coltivatori diretti singoli o associati, o di
vendita agli Enti di sviluppo, ai sensi
dell'articolo 12 della legge 26 maggio
1965, n. 590, od alla Cassa per la
formazione della piccola proprietà
contadina, istituita con l'articolo 9 del
decreto legislativo 5 marzo 1948, n.
121, il contratto di affitto si risolve al
termine dell'annata agraria successiva
a quella in cui è stipulata la vendita o
la concessione in enfiteusi, purché sia
stata data disdetta almeno un anno
prima di questo termine. Nessun
Art. 102
(Risoluzione dell’affitto a
conduttore in caso di vendita o
concessione in enfiteusi del
fondo)
1. In caso di vendita o di concessione
in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti
singoli o associati, o di vendita
all’Istituto di servizi per il mercato
agricolo
alimentare
(ISMEA),
il
contratto di affitto si risolve al termine
dell’annata agraria successiva a quella
in cui è stipulata la vendita o la
concessione in enfiteusi, purché sia
stata data disdetta almeno un anno
prima di questo termine mediante
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento o mediante atto notificato.
2. Il presente articolo non si applica
nell’ipotesi in cui l’affittuario sia un
Art. 110
(Risoluzione dell’affitto in caso di
vendita o concessione in enfiteusi
del fondo)
1. In caso di vendita o di concessione
in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti
singoli o associati, o di vendita
all’Istituto di servizi per il mercato
agricolo
alimentare
(ISMEA),
il
contratto di affitto si risolve al termine
dell’annata agraria successiva a quella
in cui è stipulata la vendita o la
concessione in enfiteusi, purché sia
stata data disdetta almeno un anno
prima di questo termine mediante
raccomandata
con
avviso
di
ricevimento o mediante atto notificato.
2. Il presente articolo non si applica
nell’ipotesi in cui l’affittuario sia un
imprenditore agricolo professionale.
164
indennizzo è dovuto per effetto di tale imprenditore agricolo professionale.
risoluzione,
fermo
il
diritto
dell'affittuario di essere indennizzato
delle migliorie a norma di legge o di
contratto. // La disdetta, di cui ai
commi secondo e quarto, e la richiesta
di cui al terzo comma del presente
articolo non hanno effetto se non sono
comunicate mediante raccomandata
con avviso di ricevimento o mediante
atto notificato». Non si riporta la parte
finale del comma 4, in quanto si ritiene
che, trattandosi di uno scioglimento
anticipato non imputabile a colpa
dell’affittuario
estromesso,
un
indennizzo sia dovuto in base al
principio generale introdotto dall’art. 43
della legge 3 maggio 1982 n. 203,
riprodotto
in
questa
legge
di
semplificazione come articolo 1654quinquies c.c. Si precisa, inoltre, che
l’inciso richiamante gli enti di sviluppo
e l’art. 12 legge 590/1965 non sono
stati riportati perché gli enti di sviluppo
non esistono più, mentre alla Cassa
per la formazione della proprietà
contadina,
richiamata
nella
disposizione originaria, si è sostituita
l’ISMEA (Istituto per studi, ricerche e
informazioni sul mercato agricolo), che
alla Cassa è subentrata in virtù dell’art.
6, comma 5, del decreto legislativo 29
ottobre 1999, n. 419.
Benché l’art. 130 del presente decreto
legislativo dichiari l’estinzione delle
enfiteusi rustiche introdotte dalle leggi
327/1963 e 607/1966, trasformandole
da contratti con effetti reali a contratti
con effetti obbligatori, ciò non esclude
la possibilità che si possano stipulare
contratti enfiteutici ex art. 957 c.c. Per
questo motivo non è stato omesso il
richiamo originario alla concessione
del fondo in enfiteusi.
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 22,
comma 2, della legge 3 maggio 1982
n. 203: «Qualora l'affittuario non
coltivatore diretto sia imprenditore
agricolo a titolo principale ai sensi
dell'articolo 12 della legge 9 maggio
1975, n. 153, non è operante il
disposto di cui al comma 4 dell'articolo
1 della legge 22 luglio 1966, n. 606. In
tale ipotesi, per i contratti in corso la
durata non può comunque essere
inferiore a quella minima stabilita per i
contratti d'affitto in corso a coltivatore
diretto».
Art. 103
Art. 111
Riprodotto dall’art. 1638 c.c.: “In caso
(Espropriazione per pubblico
(Espropriazione per pubblico
di
espropriazione
per
pubblico
interesse)
interesse: indennizzo)
interesse
o
di
occupazione 1. In caso di espropriazione per 1. In caso di espropriazione per
temporanea del
fondo locato, pubblico interesse o di occupazione pubblico interesse o di occupazione
del
fondo
locato,
l’affittuario ha diritto di ottenere dal temporanea
del
fondo
locato, temporanea
165
locatore la parte d’indennità a questo
corrisposta per i frutti non
percepiti
o per il mancato raccolto”.
La disposizione è da ritenersi, ormai,
sostanzialmente
solo
a
favore
dell’affittuario non coltivatore diretto,
perché per l’affittuario coltivatore
diretto la legge sull’espropriazione per
pubblica utilità prevede specifiche
disposizioni. L’art. 106 del testo
riformulato ed ora in colonna 3, nel suo
comma 1, richiama tali specifiche
disposizioni, mentre il suo comma 2
riproduce,
con
riferimento
all’indennizzo nel caso di sola
occupazione
temporanea,
parte
dell’art. 1638 c.c.
l’affittuario ha diritto di ottenere dal
locatore la parte d’indennità a questo
corrisposta per i frutti non percepiti o
per il mancato raccolto.
l’affittuario non coltivatore diretto ha
diritto di ottenere dal locatore la parte
d’indennità a questo corrisposta per i
frutti non percepiti o per il mancato
raccolto.
Art. 104
Art. 112
L’articolo è riprodotto, in parte, dall’art.
(Rinvio alla disciplina dell’affitto a
(Rinvio alla disciplina dell’affitto a
23 legge 203/1982 nella sua precisa
coltivatore diretto)
coltivatore diretto. Disposizioni
formulazione letterale: “Al contratto di 1. Al contratto di affitto a conduttore
processuali)
affitto a conduttore non coltivatore non coltivatore diretto si applicano, 1. Al contratto di affitto a conduttore
diretto si applicano le norme previste oltre a quelle riportate nelle precedenti non coltivatore diretto si applicano,
negli articoli 3 (affitto particellare), 5 Sezioni con specifico richiamo alla oltre le disposizioni generali della
(recesso), 15 (conguaglio canoni), 16 qualifica di affittuario conduttore, le Sezione I e quelle riportate nella
(miglioramenti),
17
(regime disposizioni di cui agli articoli 78 Sezione II quando ricorra lo specifico
miglioramenti),
18
(miglioramenti (durata), 79 (affitto particellare), 80 richiamo alla qualifica di affittuario non
eseguiti dal proprietario), 20 (diritto di (recesso e rinnovazione tacita), 86 coltivatore diretto, le disposizioni
ritenzione), 21 (subaffitto), 42 (diritto di (poteri di gestione), 87 (miglioramenti dettate per l’affitto a coltivatore diretto
ripresa), 43 (indennizzo) e 45 (patti in e lavori nella casa rurale), 88 (regime dagli articoli 85 (durata), 86 (affitto
deroga)”. Ma si è preferito compiere un dei miglioramenti), 89 (diritto di particellare),
87
(recesso
e
espresso richiamo a quelle altre ritenzione), 91 (scorte). Si applicano rinnovazione tacita), 93 (poteri di
disposizioni della legge 203/1982 che anche gli articoli 81 (rapporti tra gestione), 94 (miglioramenti e lavori
si
applicano,
per
dottrina
e l’affittuario uscente e il subentrante), nella casa rurale), 95 (regime dei
giurisprudenza concordi, all’affittuario 82 (diritto di prelazione in caso di miglioramenti), 96 (diritto di ritenzione),
conduttore. Ed è proprio per il rispetto nuovo affitto), 83 (canone), 84 98 (scorte). Si applicano anche gli
della giurisprudenza della Suprema (giudizio per morosità), 85 (perdita dei articoli 88 (rapporti tra l’affittuario
Corte che il richiamo all’art. 108 (sulle frutti), 92 (ricomposizione aziendale a uscente e il subentrante), 89 (diritto di
disposizioni processuali) è limitato ai mezzo dell’affitto e a mezzo di prelazione in caso di nuovo affitto), 90
commi 1, 2, 8 e 9, dato che i commi cooperativa), 93 (concessione di (canone), 91 (giudizio per morosità),
pretermessi concernono il ricorso al contributi), 94 (contributi consortili), 95 92
(perdita
dei
frutti),
99
preventivo tentativo di conciliazione (divieto di concessioni separate ed (ricomposizione aziendale a mezzo
davanti l’IPA, ricorso che la Suprema estensione dell’affitto), 97 (affitto di dell’affitto e a mezzo di cooperativa),
Corte (Cass. 16 luglio 2002 n. 10278; azienda agraria), 99 (rinvio al codice 100 (concessione di contributi), 101
Cass. 14 dicembre 2007 n. 26299) civile sull’affitto di beni produttivi) e (contributi consortili), 102 (divieto di
esclude nell’ipotesi di contratto di 100, commi primo, secondo, ottavo e concessioni separate ed estensione
affitto a conduttore non coltivatore nono (disposizioni processuali).
dell’affitto), 104 (affitto di azienda
diretto; lo stesso è con riferimento
agraria) e 107 (rinvio al codice civile
all’art. 103 del presente schema di
sull’affitto di beni produttivi).
decreto legislativo di riordino riprodotto
2. Alle controversie in materia di
dall’art. 27 della legge 203/1982
contratto di affitto a conduttore non
(“riconduzione all’affitto”) che, per non
coltivatore diretto si applica l’articolo
essere richiamato dall’art. 23 della
11 del decreto legislativo 1 settembre
stessa legge 203/1982, la Suprema
2011, n. 150.
Corte ritiene non applicabile all’affitto a
non coltivatore diretto (Cass. 16 luglio
2002, n. 10280).
Un’ulteriore lettura della disposizione approvata dal CdM l’11.12.2009 ha rilevata l’opportunità di precisare, onde
evitare dubbi, la formula dell’articolo, nel senso di introdurre, nell’incipit, la precisazione che all’affitto a conduttore non
coltivatore si applicano non solo i precedenti articoli espressamente richiamati, ma anche “le disposizioni generali della
Sezione I e quelle riportate nella Sezione II quando vi sia lo specifico richiamo alla qualifica di affittuario conduttore”. In
tal modo, la disposizione è stata riformulata.
166
A seguito dell’emanazione del d.lg. 150/2011 sulle disposizioni complementari del codice di procedura civile si è
stati costretti a riformulare il precedente art. 108 sulle disposizioni processuali. La formula adoperata nell’art. 104 del
testo approvato dal CdM l’11.12.2009 nel rinviare all’art.100 “saltava” i commi relativi al tentativo di conciliazione davanti
all’IPA che la giurisprudenza della Cassazione ritiene non obbligatorio nelle controversie sull’affitto a conduttore
capitalista. Avendo, ora, modificato la formula dell’art. 100 (ora, art. 108) con il semplice e generico rinvio all’art. 11 del
d.lgs. 150/2011 non sarebbe corretto, in una disposizione rubricata “Rinvio alla disciplina dell’affitto a coltivatore diretto”,
inserire un 2° comma del seguente tenore: “All’affit to a conduttore non coltivatore diretto si applicano solo i commi 1, 2,
10 e 11 dell’articolo 11 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 sulle controversie agrarie”.
L’art. 11 del d.lgs 150/2011 è, però, espressione della “scelta” che il legislatore ha fatto in tema di controversie relative a
tutti i contratti agrari. In altre parole, oggi occorre rilevare che l’istituto del tentativo obbligatorio di conciliazione è stato
“tolto” dal complesso normativo sui contratti agrari, cioè dalla legge 203/1982, ed è divenuto parte integrante di un
corpus normativo autonomo e a sé stante, quello del d.lgs. 150/2011 rubricato “disposizioni complementari al codice di
procedura civile”; sicché esso è applicabile a tutte le controversie agrarie e, quindi, anche a quelle aventi ad oggetto gli
affitti a conduttore non coltivatore diretto.
Sezione IV
Sezione IV
I commi 1-4 sono riprodotti dall’art. 6
Affitto di terreni demaniali,
Affitto di terreni demaniali,
patrimoniali indisponibili e
patrimoniali indisponibili e
del d.lgs. 18 maggio 2001 n. 228: «Le
golenali
golenali
disposizioni recate dalla legge 12
giugno 1962, n. 567, e successive
Art. 105
Art. 113
modificazioni, dalla legge 11 febbraio
1971,
n.
11,
e
successive
(Utilizzazione agricola dei terreni
(Utilizzazione agricola dei terreni
modificazioni, dalla legge 3 maggio
demaniali e patrimoniali
demaniali e patrimoniali
1982
n.
203,
e
successive
indisponibili)
indisponibili)
modificazioni, si applicano anche 1.aiSalvo quanto disposto dall’articolo 92,1.leSalvo quanto disposto dall’articolo 99, le
terreni demaniali o soggetti al regime
disposizioni delle sezioni I, II e III del
disposizioni delle sezioni I, II e III del
dei beni demaniali di qualsiasi naturapresente
o
Titolo V, sull’affitto di fondi rustici
presente Titolo V, sull’affitto di fondi rustici
del
patrimonio
indisponibile
si applicano anche ai terreni demanialisioapplicano anche ai terreni demaniali o
appartenenti ad enti pubblici, territoriali
soggetti al regime dei beni demaniali soggetti
di
al regime dei beni demaniali di
o non territoriali, ivi compresi i terreni
qualsiasi
natura
o
del patrimonio
qualsiasi
natura
o
del patrimonio
golenali, che siano oggetto di affittoindisponibile
o
appartenenti a enti pubblici,
indisponibile appartenenti a enti pubblici,
di concessione amministrativa. territoriali
//
o non territoriali, ivi compresiterritoriali
i
o non territoriali, ivi compresi i
L'ente proprietario può recedere terreni
in
golenali, che siano oggetto di affitto
terreni golenali, che siano oggetto di affitto
tutto o in parte dalla concessione o dal
o di concessione amministrativa.
o di concessione amministrativa.
contratto di affitto mediante preavviso 2. L’ente proprietario può recedere in 2. L’ente proprietario può recedere in
non inferiore a sei mesi e pagamento tutto o in parte dalla concessione o dal tutto o in parte dalla concessione o dal
di una indennità per le coltivazioni in contratto di affitto mediante preavviso contratto di affitto, mediante preavviso
corso che vadano perdute nell'ipotesi non inferiore a sei mesi e pagamento non inferiore a sei mesi e pagamento
che il terreno demaniale o equiparato di una indennità per le coltivazioni in di una indennità per le coltivazioni in
o facente parte del patrimonio corso che vadano perdute nell’ipotesi corso che vadano perdute, nel caso in
indisponibile
debba
essere che il terreno demaniale o equiparato cui il terreno demaniale o equiparato o
improcrastinabilmente destinato al fine o facente parte del patrimonio facente
parte
del
patrimonio
per il quale la demanialità o indisponibile
debba
essere indisponibile
debba
essere
l'indisponibilità è posta. // Sui terreni di improcrastinabilmente destinato al fine improcrastinabilmente destinato al fine
cui al comma 1 del presente articolo per il quale la demanialità o per il quale la demanialità o
sono ammessi soltanto i miglioramenti, l’indisponibilità è posta.
l’indisponibilità è posta.
le addizioni e le trasformazioni 3. Sui terreni di cui al comma 1 sono 3. Sui terreni indicati nel comma 1
concordati tra le parti o quelli eseguiti ammessi soltanto i miglioramenti, le sono ammessi soltanto i miglioramenti,
a seguito del procedimento di cui addizioni e le trasformazioni concordati le addizioni e le trasformazioni
all'articolo 16 della legge 3 maggio tra le parti o quelli eseguiti a seguito concordati tra le parti o quelli eseguiti
1982, n. 203. In quest'ultimo caso del procedimento di cui all’articolo 87. a seguito del procedimento previsto
l'autorità
competente
non
può In
quest’ultimo
caso
l’autorità nell’articolo 94. In quest’ultimo caso
emettere parere favorevole se i competente non può emettere parere l’autorità
competente
non
può
miglioramenti, le addizioni e le favorevole se i miglioramenti, le emettere parere favorevole se i
trasformazioni mantengono la loro addizioni
e
le
trasformazioni miglioramenti, le addizioni e le
utilità anche dopo la restituzione del mantengono la loro utilità anche dopo trasformazioni mantengono la loro
terreno
alla
sua
destinazione la restituzione del terreno alla sua utilità anche dopo la restituzione del
istituzionale. // Gli enti di cui al comma destinazione istituzionale.
terreno
alla
sua
destinazione
1 del presente articolo, alla scadenza 4. Gli enti di cui al comma 1, alla istituzionale.
della concessione amministrativa o del scadenza
della
concessione 4. Gli enti indicati nel comma 1, alla
contratto di affitto, per la concessione amministrativa o del contratto di affitto, scadenza
della
concessione
e la locazione dei terreni di loro per la concessione e la locazione dei amministrativa o del contratto di affitto,
proprietà devono adottare procedure di terreni di loro proprietà devono per la concessione e la locazione dei
licitazione privata o trattativa privata. A adottare procedure di licitazione terreni di loro proprietà devono
tal fine possono avvalersi della privata o trattativa privata. A tal fine adottare procedure di licitazione
167
disposizione di cui all'articolo 23, terzo
comma, della legge 11 febbraio 1971,
n. 11, come sostituito dal primo
comma dell'articolo 45 della legge 3
maggio 1982, n. 203».
Il comma 5 è riprodotto dai commi 1
(secondo periodo) e 2 della legge 11
febbraio 1971, n. 11, come sostituito
dall’art. 51 della legge 3 maggio 1982
n. 203: “Le norme della legge 12
giugno 1962 n. 567 e della presente
legge si applicano anche ai terreni che
comunque vengano concessi per
l’utilizzazione agricola o silvo-pastorale
dallo Stato, dalle province, dai comuni
e da altri enti. Qualora vi sia richiesta
da parte dei lavoratori manuali della
terra o coltivatori diretti, singoli o
associati, lo Stato, le province, i
comuni o gli altri enti, per la
concessione o l’affitto dei terreni di loro
proprietà devono adottare la licitazione
privata o la trattativa privata. // La
disposizione del comma precedente si
applica anche nel caso che sia stata
indetta una asta pubblica”.
Il comma 6 è riprodotto dall’art. 22,
comma 3, primo periodo, della legge
11 febbraio 1971, n. 11, come
sostituito dall’art. 51 della legge 3
maggio 1982, n. 203: «Qualora vi sia
una pluralità di richieste si procede alla
concessione
mediante
sorteggio,
dovendosi
però
riconoscere
preliminarmente la preferenza ai
coltivatori, singoli o associati, insediati
su fondi contigui al bene oggetto della
concessione».
Si ritiene che l’art. 6 del d.lgs. n. 228
del
2001
abbia
sostituito
integralmente
le
disposizioni
precedenti in materia di concessione di
terreni agricoli pubblici, salvo quanto
stabilito nel sopra riportato comma 5.
Al riguardo si precisa che, avendo l’art.
6 escluso il riferimento all’ipotesi di
asta pubblica di cui all’art. 22,
penultimo comma, della legge n. 11
del 1971, tale riferimento sembra da
ritenere implicitamente abrogato. Si
ritiene,
invece,
che
possano
sopravvivere i successivi riferimenti al
sorteggio e alla preferenza per i
coltivatori confinanti, in quanto criteri
integrativi e complementari non
intrinseci alle ricordate procedure
amministrative; tuttavia, a salvaguardia
dell’interesse
pubblico,
sembra
indispensabile
integrare
la
disposizione con il richiamo del
principio della parità di condizioni.
possono avvalersi della disposizione di
cui all’articolo 69, comma 3.
5. Qualora l’affitto dei terreni di cui al
comma 1 sia richiesto da parte dei
lavoratori manuali della terra o
coltivatori diretti, singoli o associati, lo
Stato, le province, i comuni o gli altri
enti, per la concessione o l’affitto dei
terreni di loro proprietà devono
adottare la licitazione privata o la
trattativa privata. La disposizione del
presente comma si applica anche nel
caso che sia stata indetta una asta
pubblica.
6. Qualora vi sia una pluralità di
richieste, fermo il principio della parità
di condizioni, si procede alla
concessione
mediante
sorteggio,
dovendosi
però
riconoscere
preliminarmente la preferenza ai
coltivatori, singoli o associati, insediati
su fondi contigui al bene oggetto della
concessione
privata o trattativa privata. A tal fine
possono avvalersi della disposizione
prevista dall’articolo 76, comma 3.
5. Quando l’affitto dei terreni indicati
nel comma 1 sia richiesto da parte dei
lavoratori manuali della terra o
coltivatori diretti, singoli o associati, lo
Stato, le province, i comuni o gli altri
enti, per la concessione o l’affitto dei
terreni di loro proprietà devono
adottare la licitazione privata o la
trattativa privata. La disposizione del
presente comma si applica anche nel
caso che sia stata indetta una asta
pubblica.
6. Quando vi sia una pluralità di
richieste, fermo il principio della parità
di condizioni, si procede alla
concessione
mediante
sorteggio,
dovendosi
però
riconoscere
preliminarmente la preferenza ai
coltivatori, singoli o associati, insediati
su fondi contigui al bene oggetto della
concessione.
Si è fatto presente che le aree demaniali marittime concesse ad uso acquacoltura a soggetti diversi dalle società
cooperative, sono assoggettate a canoni demaniali marittimi sensibilmente diversi rispetto a quelli delle predette società
(Commissione Agricoltura del Senato). La disposizione contenuta nell’art. 105 del presente schema di decreto legislativo
di riordino e semplificazione non contiene alcuna norma sui canoni demaniali. Ne consegue la conferma della formula
della disposizione come approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009.
168
Si propone di sopprimere, nel comma 1, le seguenti parole “Salvo quanto disposto dall’art. 92” e di inserire, dopo le
parole “golenali” le parole “e i terreni gravati da uso civico” (Commissione Agricoltura del Senato). Si conferma la
formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 per i seguenti
motivi: quanto alla proposta soppressione si osserva che l’originaria norma (art. 6 del d.lgs 228/2001 richiama, per
l’affitto dei terreni demaniali o patrimoniali indisponibili, le disposizioni delle leggi 567/1962, 11/1971 e 203/1982 che
sono riprodotte nelle Sezioni I, II e III del presente schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione, invece l’art.
92 di questo stesso decreto riproduce l’art. 11 del d.lgs. 99/2004 che, per di più, è norma fiscale, che non consente,
ovviamente, estensione di applicazione; quanto al proposto inserimento, si rileva che la norma originaria non riporta le
parole (“terreni gravati da uso civico”) che si intenderebbero inserire, sicché vi è l’insuperabile limite rappresentato dal
tenore della legge delega che esclude poteri di innovazione normativa.
Le modifiche formali sono state suggerite dal Consiglio di Stato nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag.
70). Si noti, tuttavia, che i “difetti” formali sono propri delle disposizioni originarie.
La norma è riprodotta: a) dall’art. 56
della legge 3 maggio 1982 n. 203: «Le
disposizioni della presente legge non
si applicano ai contratti agrari di
compartecipazione limitata a singole
coltivazioni
stagionali
né
alle
concessioni per coltivazioni intercalari
né alle vendite di erbe di durata
inferiore ad un anno quando si tratta di
terreni non destinati a pascolo
permanente, ma soggetti a rotazione
agraria». Analogo orientamento era
già nell’art. 2, della legge 15 settembre
1964, n. 756 Norme in materia di
contratti agrari: «Le disposizioni della
presente legge non si applicano ai
contratti agrari di compartecipazione
limitati a singole coltivazioni stagionali
o intercalari né ai contratti di soccida
con conferimento di pascolo». Tale
articolo
deve
ritenersi
già
implicitamente abrogato dall’art. 56,
legge 203/1982; b) dall’art. 4 della
legge 22 luglio 1966 n. 606: «Le
norme dell'articolo 1 non si applicano
ai contratti di affitto che, secondo gli
usi locali, hanno durata inferiore
all'annata agraria». La legge 606/1966
è una legge sull’affitto a conduttore,
sicché – a stretto rigore – la formula
proposta avrebbe dovuto contenere il
richiamo ai soli “contratti di affitto a
conduttore non coltivatore diretto”.
Tuttavia oggi siffatta limitazione non
ha ragione per motivi di eguaglianza di
trattamento.
Sezione V
Contratti di compartecipazione
stagionale e coltivazioni intercalari
Sezione V
Contratti di compartecipazione
stagionale e coltivazioni intercalari
Articolo 106
(Contratti per i quali è esclusa
l’applicazione degli articoli
da 71 a 97)
1. Le disposizioni degli articoli da 71 a
97 non si applicano ai contratti agrari
di compartecipazione limitata a singole
coltivazioni
stagionali,
né
alle
concessioni per coltivazioni intercalari,
né alle vendite di erbe di durata
inferiore ad un anno, quando si tratta
di terreni non destinati a pascolo
permanente ma soggetti a rotazione
agraria, né ai contratti di affitto che,
secondo gli usi locali, hanno durata
inferiore all’annata agraria”.
Art. 114
(Contratti per i quali è esclusa
l’applicazione degli articoli
da 78 a 104)
1. Le disposizioni degli articoli da 78 a
104 non si applicano ai contratti agrari
di compartecipazione limitata a singole
coltivazioni
stagionali,
né
alle
concessioni per coltivazioni intercalari,
né alle vendite di erbe di durata
inferiore ad un anno, quando si tratta
di terreni non destinati a pascolo
permanente ma soggetti a rotazione
agraria, né ai contratti di affitto che,
secondo gli usi locali, hanno durata
inferiore all’annata agraria.
CAPO II
CAPO II
Il comma 1 in parte è stato formulato
Della conduzione dell’impresa
Della conduzione dell’impresa
agricola associata
agricola associata
ex novo al fine di ribadire il carattere
residuale e ad esaurimento dei
Sezione I
Sezione I
rapporti di mezzadria e di colonia
Dell’impresa agricola di
Dell’impresa agricola di
parziaria ancora in corso; in parte è
tratto, con gli opportuni adattamenti,
coltivazione in forma associata
coltivazione in forma associata
dalle disposizioni dell’art. 34, comma
Art. 115
Art. 107
3, della legge 3 maggio 1982, n. 203
Norme sui contratti agrari, come
(Contratti di mezzadria e di colonia
(Contratti di mezzadria e di colonia
ancora in corso)
integrata dall’art. 6 della legge 14
ancora in corso)
febbraio 1990, n. 29: «I contratti 1. I contratti associativi di mezzadria e 1. I contratti associativi di mezzadria e
169
associativi previsti dall'articolo 25 che
non vengono trasformati in affitto
hanno la seguente durata: a) sei anni
sia nel caso in cui la conversione, pur
sussistendone i requisiti ai sensi della
presente legge, non abbia luogo per
mancata richiesta delle parti sia nella
ipotesi in cui la conversione stessa
non possa aver luogo in presenza
della causa di esclusione prevista dalla
lettera a) dell'articolo 29; b) dieci anni
nel caso in cui la conversione,
ancorché richiesta dal concessionario,
non possa aver luogo in presenza
della
causa
impeditiva
prevista
dall'articolo 31 ovvero in presenza
della causa di esclusione prevista dalla
lettera b) dell'articolo 29. - In tutti i casi
previsti dal comma precedente la
durata è computata a far tempo dal
termine dell'annata agraria successiva
all'entrata in vigore della presente
legge. – Restano tuttavia valide le
clausole contrattuali verbali o scritte
che prevedano una più lunga durata
del rapporto associativo. Sono altresì
valide le clausole perfezionate con gli
accordi di cui all'articolo 45. - Ai
contratti di cui al primo comma si
applicano le norme sul recesso del
contratto e sui casi di risoluzione di cui
all'articolo 5».
Il comma 2 è riprodotto dall’art. 38
della legge 3 maggio 1982 n. 203: “ Ai
contratti associativi anche con clausola
migliorataria che non siano convertiti si
applicano le disposizioni di cui all’art.
17, secondo, quarto, quinto e settimo
comma, e all'articolo 20” (trattasi del
diritto di prelazione, che spetta al
mezzadro e al colono dei contratti
ancora legittimamente in corso).
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 53,
commi 1 e 2, della legge 3 maggio
1982, n. 203: «La presente legge si
applica a tutti i rapporti, comunque in
corso,
anche
se
oggetto
di
controversie che non siano state
definite con sentenza passata in
giudicato, salvo che la sentenza sia
già esecutiva, oppure con transazione
stipulata in conformità al disposto
dell'articolo 23 della legge 11 febbraio
1971, n. 11, ad eccezione di quanto
previsto nel primo comma dell'articolo
42 della presente legge. // Ai fini del
decorso del termine quadriennale di
cui al primo comma dell'articolo 25,
non si computa il periodo durante il
quale sono pendenti giudizi di nullità,
di annullamento, di risoluzione, di
opposizione alla proroga dei contratti
agrari associativi nonché giudizi
dinanzi ai tribunali amministrativi
regionali». Si richiama l’art. 53 per
quanto
possa
trovare
ancora
applicazione, ricordando che sono stati
eliminati i commi successivi perché
di colonia parziaria non convertiti in
affitto e ancora in corso in virtù di
clausole
legittimamente
stipulate
anteriormente alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo,
sono regolati dalle disposizioni del
presente Titolo e dalle discipline
anteriori ad essi applicabili.
2. Ai contratti associativi anche con
clausola migliorataria che non siano
stati convertiti e che siano ancora in
corso si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 88, commi 2, 4, 5 e 7, e
all'articolo 89.
3. Ai fini del decorso del termine
quadriennale previsto per la richiesta
di conversione di cui all’articolo 25
della legge 3 maggio 1982, n. 203, non
si computa il periodo durante il quale
sono pendenti giudizi di nullità, di
annullamento, di risoluzione, di
opposizione alla proroga dei contratti
agrari associativi, nonché giudizi
dinanzi ai tribunali amministrativi
regionali. Ove tale quadriennio non sia
ancora decorso, trova applicazione la
disciplina in materia di conversione
contenuta negli articoli 25, 26, da 28 a
33-bis e 37 della legge 3 maggio 1982,
n. 203, e nella legge 14 febbraio 1990,
n. 29, altrimenti da ritenere abrogata.
4. Al concessionario di tali contratti
associativi non convertiti in affitto e
ancora in corso spetta un aumento
della quota dei prodotti e degli utili alla
quale ha diritto per legge, patto
individuale, contratto collettivo o
consuetudine, pari al 6 per cento della
produzione
lorda
vendibile.
Il
concessionario del contratto di colonia
ha diritto ad una quota non inferiore al
60 per cento della produzione lorda
vendibile, sempreché partecipi a non
meno del 50 per cento delle spese di
conduzione, escluse quelle per la
mano d’opera estranea.
5. Nei rapporti associativi ancora in
corso per effetto della proroga di cui
all’articolo 10 della legge 14 febbraio
1990, n. 29, per quanto non è
espressamente disposto nel presente
articolo, si applicano, in mancanza di
convenzione, gli usi.
di colonia parziaria non convertiti in
affitto e ancora in corso in virtù di
clausole
legittimamente
stipulate
anteriormente alla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo,
sono regolati dalle disposizioni del
presente titolo e dalle discipline
anteriori ad essi applicabili
2. Ai contratti associativi anche con
clausola migliorataria che non siano
stati convertiti e che siano ancora in
corso si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 95, commi 2, 4, 5 e 7, e
all'articolo 96, nonché all’articolo 53.
3. Ai fini del decorso del termine
quadriennale di conversione dei
contratti di mezzadria e colonia
parziaria in affitto, prevista dall’articolo
25 della legge 3 maggio 1982, n. 203,
non si computa il periodo durante il
quale sono pendenti giudizi di nullità,
di annullamento, di risoluzione, di
opposizione alla proroga dei contratti
agrari associativi, nonché giudizi
dinanzi ai tribunali amministrativi
regionali. Se il quadriennio non sia
ancora decorso, trova applicazione la
disciplina in materia di conversione
contenuta negli articoli 25, 26, da 28 a
33-bis e 37 della legge 3 maggio 1982,
n. 203, e nella legge 14 febbraio 1990,
n. 29.
4. Al concessionario di tali contratti
associativi non convertiti in affitto e
ancora in corso spetta un aumento
della quota dei prodotti e degli utili alla
quale ha diritto per legge, patto
individuale, contratto collettivo o
consuetudine, pari al 6 per cento della
produzione
lorda
vendibile.
Il
concessionario del contratto di colonia
ha diritto ad una quota non inferiore al
60 per cento della produzione lorda
vendibile, sempreché partecipi a non
meno del 50 per cento delle spese di
conduzione, escluse quelle per la
mano d’opera estranea.
5. Nei rapporti associativi ancora in
corso per effetto della proroga di cui
all’articolo 10 della legge 14 febbraio
1990, n. 29, per quanto non è
espressamente disposto nel presente
articolo, in mancanza di convenzione
si applicano gli usi.
170
riguardanti il sistema della proroga
legale ormai definitivamente superato.
Il comma 4 è riprodotto dall’art. 37
della legge 203/1982: “Al mezzadro,
colono, compartecipante o soccidario
che non può ottenere o che comunque
non richiede la conversione del
contratto in affitto spetta un aumento
della quota dei prodotti e degli utili alla
quale ha diritto per legge, patto
individuale, contratto collettivo o
consuetudine, pari al 6% della
produzione lorda vendibile. // Nei casi
previsti dal comma precedente, il
colono, compartecipante o soccidario
ha diritto ad una quota non inferiore al
60% della produzione lorda vendibile,
sempreché partecipi a non meno del
50% delle spese di conduzione,
escluse quelle per la mano d’opera
estranea”.
Il comma 5 è riprodotto dall’art. 2187
c.c.: «Nei rapporti di associazione
agraria regolati dalle Sezioni II, III e IV
di questo Capo, per quanto non è
espressamente disposto, si applicano,
in mancanza di convenzione, gli usi». I
rapporti di associazione agraria a cui si
riferisce l’art. 2187 del codice civile
corrispondono ai rapporti associativi di
mezzadria, di colonia e di soccida di
cui tratta anche questo Titolo V del
decreto legislativo di riordino.
Un’ulteriore lettura della disposizione approvata dal CdM l’11.12 2009 ha rilevata l’opportunità di meglio precisare,
onde evitare dubbi, la formula del comma 2, nel senso di richiamare, come applicabile, anche la norma del presente
schema di decreto di riordino e semplificazione, che attribuisce il diritto di prelazione ai concessionari del fondo. Di
conseguenza, la disposizione è stata riformulata.
Le altre modifiche formali sono state suggerite dal Consiglio di Stato (punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010
(pag. 71). Si tenga presente che tali “difetti” formali sono propri delle disposizioni originari.
Riprodotto dall’art. 36 della legge 3
maggio 1982, n. 203: «Qualora
almeno tre concedenti, ottenuto il
consenso dei rispettivi concessionari,
si associno tra loro per la conduzione
in comune dei fondi concessi prima
dell'entrata in vigore della presente
legge
a
mezzadria,
colonia,
compartecipazione o soccida, a tali
forme associative si estendono i
benefici previsti dalle vigenti norme a
favore delle cooperative agricole
costituite per la conduzione associata
dei terreni. // La disposizione di cui al
comma precedente si applica anche
alle ipotesi di forme associative,
costituite da non meno di tre membri,
fra concedenti e concessionari che,
avendo ottenuto il consenso dei
rispettivi concessionari o concedenti, si
accordino tra loro per tale conduzione
comune, oppure fra soli concessionari
che abbiano ottenuto al riguardo il
consenso dei loro concedenti. // Nei
casi previsti dai commi precedenti
Art. 108
(Forme associative di concedenti
e di concessionari)
1. Qualora almeno tre concedenti,
ottenuto il consenso dei rispettivi
concessionari, si siano associati tra
loro per la conduzione in comune dei
fondi concessi prima del 6 maggio
1982 a mezzadria, colonia o soccida, a
tali forme associative si estendono i
benefici previsti dalle vigenti norme a
favore delle cooperative agricole
costituite per la conduzione associata
dei terreni.
2. La disposizione di cui al comma 1 si
applica anche alle ipotesi di forme
associative, costituite da non meno di
tre membri, fra concedenti e
concessionari che, avendo ottenuto il
consenso dei rispettivi concessionari o
concedenti, si accordino tra loro per
tale conduzione comune, oppure fra
soli
concessionari
che
abbiano
ottenuto al riguardo il consenso dei
loro concedenti.
3. Nei casi previsti dai commi primo e
171
deve essere in primo luogo garantita al
concessionario
una
adeguata
remunerazione per il lavoro prestato
pari quanto meno al trattamento
minimo contrattuale per i salariati fissi
specializzati. L'amministrazione della
forma
associativa
compete
congiuntamente a tutti i componenti la
stessa, ove non sia diversamente
disposto
dall'atto
costitutivo.
Il
concessionario ha comunque diritto di
usufruire dell'abitazione in godimento
all'atto della costituzione della forma
associativa».
secondo deve essere in primo luogo
garantita al concessionario una
adeguata remunerazione per il lavoro
prestato, pari quanto meno al
trattamento minimo contrattuale per i
salariati
fissi
specializzati.
L’amministrazione
della
forma
associativa compete congiuntamente a
tutti i componenti la stessa, ove non
sia diversamente disposto dall’atto
costitutivo. Il concessionario ha
comunque
diritto
di
usufruire
dell’abitazione in godimento all’atto
della
costituzione
della
forma
associativa”.
Nello schema proposto e approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un articolo (l’art. 108) che
riproduceva l’art. 36 della legge 3 maggio 1982, così come è riportato nella prima colonna. Ma già in quella data si
faceva notare che l’applicazione di questa disposizione fosse da ritenersi del tutto improbabile, ove si considerasse che
essa non aveva trovato utilizzazione neppure per il periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della legge
n. 203 del 1982; tuttavia si prospettava l’opportunità di mantenerla in vigore, come dimostrazione di una chiusura non
definitiva del sistema verso contratti associativi nuovi e diversi rispetto a quelli condotti a superamento a causa della loro
arcaicità, così da intendere la norma non come forma alternativa alla conversione, assoggettata allo stesso termine di
decadenza della medesima, ma come disposizione di portata più generale. Melius re perpensa, e trattandosi di una
disposizione mai applicata dal 1982 e quindi da ritenersi obsoleta, è da preferirsi l’abrogazione.
Perciò, se ne è disposta la soppressione. La numerazione dei successivi articoli è stata, di conseguenza, modificata
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
2170 c.c., dopo avere sostituito la
parola “bestiame” con la parola
“animali”: «Nella soccida il soccidante
e il soccidario si associano per
l’allevamento e lo sfruttamento di una
certa quantità di bestiame e per
l’esercizio delle attività connesse, al
fine di ripartire l’accrescimento del
bestiame e gli altri prodotti e utili che
ne derivano. // L’accrescimento
consiste tanto nei parti sopravvenuti,
quanto nel maggior valore intrinseco
che il bestiame abbia al termine del
contratto».
Sezione II
Dell’impresa agricola di
allevamento in forma associata
Sezione II
Dell’impresa agricola di
allevamento in forma associata
§ 1 – Della soccida –
Disposizioni generali
§ 1 – Della soccida –
Disposizioni generali
Art. 109
(Nozione)
1. Nella soccida il soccidante e il
soccidario
si
associano
per
l’allevamento e lo sfruttamento di una
certa quantità di animali e per
l’esercizio delle attività connesse, al
fine di ripartire l’accrescimento degli
animali e gli altri prodotti e utili che ne
derivano.
2. L’accrescimento consiste tanto nei
parti sopravvenuti, quanto nel maggior
valore intrinseco che gli animali al
termine del contratto.
Art. 116
(Nozione)
1. Nella soccida il soccidante e il
soccidario
si
associano
per
l’allevamento e lo sfruttamento di una
certa quantità di animali e per
l’esercizio delle attività connesse, al
fine di ripartire l’accrescimento degli
animali e gli altri prodotti e utili che ne
derivano.
2.L’accrescimento consiste tanto nei
parti sopravvenuti, quanto nel maggior
valore intrinseco che gli animali
abbiano al termine del contratto.
Il Consiglio di Stato, nel punto 7 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 71) osserva che lo spostamento delle
disposizioni sulla soccida dal codice civile al presente testo di riordino e semplificazione, in quanto “fine a se steso”
appare una forzatura. Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato non può fare a meno di rilevare che lo spostamento risulta
coerente “nell’ambito di una scelta incline alla decodificazione”. Si conferma la scelta, anche pensando alla “comodità”
di rinvenire tutte le ipotesi della contrattazione agraria in un unico testo normativo.
§ 2 – Della soccida semplice
Riprodotto dall’art. 2171 c.c.: «Nella
soccida semplice il bestiame è
conferito dal soccidante. // La stima del
bestiame all’inizio del contratto non ne
trasferisce la proprietà al soccidario. //
La stima deve indicare il numero, la
razza,la qualità, il sesso, il peso e l’età
del bestiame e il relativo prezzo di
Art. 110
(Nozione)
1.Nella soccida semplice gli animali
sono conferiti dal soccidante.
2.La stima degli animali all’inizio del
contratto non ne trasferisce la
proprietà al soccidario.
§ 2 – Della soccida semplice
Art. 117
(Nozione)
1. Nella soccida semplice gli animali
sono conferiti dal soccidante.
2. La stima degli animali all’inizio del
contratto non ne trasferisce la
proprietà al soccidario.
172
mercato. La stima serve di base per
determinare il prelevamento a cui ha
diritto il soccidante alla fine del
contratto, a norma dell’art. 2181».
3.La stima deve indicare il numero, la
razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età
degli animali e il relativo prezzo di
mercato. La stima serve di base per
determinare il prelevamento a cui ha
diritto il soccidante alla fine del
contratto, a norma dell’articolo 113,
commi terzo, quarto e quinto.
3. La stima deve indicare il numero, la
razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età
degli animali e il relativo prezzo di
mercato. La stima serve di base per
determinare il prelevamento a cui ha
diritto il soccidante alla fine del
contratto, a norma dell’articolo 122,
commi 4 e 5.
Art. 111
(Durata del contratto)
1. Se nel contratto non è stabilito un
termine, la soccida ha la durata di tre
anni.
2. Alla scadenza del termine il
contratto non cessa di diritto, e la parte
che non intende rinnovarlo deve darne
disdetta almeno sei mesi prima della
scadenza o nel maggior termine
fissato dalla convenzione o dagli usi.
3. Se non è data disdetta, il contratto
s’intende rinnovato di anno in anno
Art. 118
(Durata del contratto)
1. Se nel contratto non è stabilito un
termine, la soccida ha la durata di tre
anni.
2. Alla scadenza del termine il
contratto non cessa di diritto, e la parte
che non intende rinnovarlo deve darne
disdetta almeno sei mesi prima della
scadenza o nel maggior termine
fissato dalla convenzione o dagli usi.
3. Se non è data disdetta, il contratto
s’intende rinnovato di anno in anno.
Art. 112
L’articolo è riprodotto dal comma 1
(Direzione dell’impresa,
dell’art. 2173 c.c.: “La direzione
assunzione di mano d’opera e
dell’impresa spetta al soccidante, il
obblighi del soccidario)
quale deve esercitarla secondo le 1.La direzione dell’impresa spetta al
regole
della
buona
tecnica soccidante, il quale deve esercitarla
dell’allevamento.
secondo le regole della buona tecnica
dell’allevamento.
2.La scelta di prestatori di lavoro,
estranei alla famiglia del soccidario,
deve essere fatta col consenso del
soccidante, anche quando secondo la
convenzione o gli usi la relativa spesa
è posta a carico del soccidario.
3.Il soccidario deve prestare, secondo
le direttive del soccidante, il lavoro
occorrente
per
la
custodia
e
l’allevamento del bestiame affidatogli,
per la lavorazione dei prodotti e per il
trasporto sino ai luoghi di ordinario
deposito.
4. Il soccidario deve usare la diligenza
del buon allevatore
Art. 119
(Direzione dell’impresa)
1. La direzione dell’impresa spetta al
soccidante, il quale deve esercitarla
secondo le regole della buona tecnica
dell’allevamento.
Art. 112 co. 2,3,4
(Direzione dell’impresa,
assunzione di mano d’opera e
obblighi del soccidario)
1.La scelta di prestatori di lavoro,
estranei alla famiglia del soccidario,
deve essere fatta col consenso del
soccidante, anche quando secondo la
convenzione o gli usi la relativa spesa
è posta a carico del soccidario.
2.Il soccidario deve prestare, secondo
Art. 120
(Assunzione di mano d’opera e
obblighi del soccidario)
La scelta di prestatori di lavoro,
estranei alla famiglia del soccidario,
deve essere fatta col consenso del
soccidante, anche quando secondo la
convenzione o gli usi la relativa spesa
è posta a carico del soccidario.
Il soccidario deve prestare, secondo le
direttive del soccidante, il lavoro
Riprodotto dall’art. 2172 c.c. dopo
avere soppresso le parole “norme
corporative”: «Se nel contratto non è
stabilito un termine, la soccida ha la
durata di tre anni. // Alla scadenza del
termine il contratto non cessa di diritto,
e la parte che non intende rinnovarlo
deve darne disdetta almeno sei mesi
prima della scadenza o nel maggior
termine
fissato
dalle
norme
corporative, dalla convenzione o dagli
usi. // Se non è data disdetta, il
contratto s’intende rinnovato di anno in
anno».
Il comma 1 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 2173 c.c.: «La direzione
dell’impresa spetta al soccidante, il
quale deve esercitarla secondo le
regole
della
buona
tecnica
dell’allevamento. // La scelta di
prestatori di lavoro, estranei alla
famiglia del soccidario, deve essere
fatta col consenso del soccidante,
anche
quando
secondo
la
173
convenzione o gli usi la relativa spesa
è posta a carico del soccidario».
I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art.
2174 c.c.: «Il soccidario deve prestare,
secondo le direttive del soccidante, il
lavoro occorrente per la custodia e
l’allevamento del bestiame affidatogli,
per la lavorazione dei prodotti e per il
trasporto sino ai luoghi di ordinario
deposito. // Il soccidario deve usare la
diligenza del buon allevatore».
Il comma 1 è riprodotto dall’art. 2175
c.c.: «Il soccidario non risponde del
bestiame che provi essere perito per
causa a lui non imputabile, ma deve
rendere conto delle parti recuperabili».
I commi 2 e 3 sono riprodotti dall’art.
2176 c.c.: «Nella soccida stipulata per
un tempo non inferiore a tre anni,
qualora durante la prima metà del
periodo contrattuale perisca la maggior
parte del bestiame inizialmente
conferito, per causa non imputabile al
soccidario, questi può chiederne la
reintegrazione con altri capi di valore
intrinseco eguale a quello che i capi
periti avevano all’inizio del contratto,
tenuto conto del numero, della razza,
della qualità, del sesso, del peso e
dell’età. // Se il soccidante non
provvede
alla
reintegrazione,
il
soccidario può recedere dal contratto».
I commi 4 e 5 sono riprodotti dall’art.
2177 c.c.: «Se la proprietà o il
godimento del bestiame dato a
soccida viene trasferito ad altri, il
contratto non si scioglie, e i crediti e i
debiti del soccidante, derivanti dalla
soccida, passano all’acquirente in
proporzione della quota acquistata,
salva per i debiti la responsabilità
sussidiaria del soccidante. // Se il
trasferimento riguarda la maggior parte
del bestiame, il soccidario può, nel
termine di un mese da quando ha
avuto conoscenza del trasferimento,
recedere dal contratto con effetto dalla
fine dell’anno in corso».
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
2178 c.c.: «Gli accrescimenti, i
prodotti, gli utili e le spese si dividono
tra le parti secondo le proporzioni
stabilite dalle norme corporative, dalla
convenzione o dagli usi. // E’ nullo il
patto per il quale il soccidario debba
sopportare nella perdita una parte
maggiore di quella spettantegli nel
guadagno».
I commi 3, 4 e 5 sono riprodotti
le direttive del soccidante, il lavoro
occorrente
per
la
custodia
e
l’allevamento del bestiame affidatogli,
per la lavorazione dei prodotti e per il
trasporto sino ai luoghi di ordinario
deposito.
3.Il soccidario deve usare la diligenza
del buon allevatore
occorrente
per
la
custodia
e
l’allevamento degli animali affidatigli,
per la lavorazione dei prodotti e per il
trasporto sino ai luoghi di ordinario
deposito.
Il soccidario deve usare la diligenza
del buon allevatore.
Art. 113
Art. 121
(Degli animali conferiti)
(Degli animali conferiti)
1. Il soccidario non risponde degli 1. Il soccidario non risponde degli
animali bestiame che provi essere animali che provi essere periti per
periti per causa a lui non imputabile, causa a lui non imputabile, ma deve
ma deve rendere conto delle parti rendere conto delle parti recuperabili.
recuperabili.
2. Nella soccida stipulata per un tempo
2. Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora
non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo
durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte
contrattuale perisca la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, per
degli animali inizialmente conferiti, per causa non imputabile al soccidario,
causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione
questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco
con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti
eguale a quello che i capi periti avevano all’inizio del contratto, tenuto
avevano all’inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della
conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell’età.
qualità, del sesso, del peso e dell’età. 3. Se il soccidante non provvede alla
3. Se il soccidante non provvede alla
reintegrazione, il soccidario può recedere
reintegrazione, il soccidario può
dal contratto.
recedere dal contratto.
4. Se la proprietà o il godimento degli
4. Se la proprietà o il godimento degli animali dati a soccida viene trasferito
animali dati a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i
ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante,
crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano
derivanti dalla soccida, passano all’acquirente in proporzione della
all’acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la
quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità
sussidiaria
del
responsabilità
sussidiaria
del soccidante.
soccidante.
5. Se il trasferimento riguarda la
5. Se il trasferimento riguarda la maggior parte degli animali, il
maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese
soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del
da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto
trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell’anno in corso.
con effetto dalla fine dell’anno in corso.
Art. 114
(Accrescimenti, prodotti, utili e
spese. Prelevamento e divisione
al termine del contratto)
1.Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e
le spese si dividono tra le parti
secondo le proporzioni stabilite dalla
convenzione o dagli usi.
2.E’ nullo il patto per il quale il
soccidario debba sopportare nella
perdita una parte maggiore di quella
spettantegli nel guadagno.
Art. 122
(Accrescimenti, prodotti, utili e
spese. Prelevamento e divisione
al termine del contratto)
1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e
le spese si dividono tra le parti
secondo le proporzioni stabilite dalla
convenzione o dagli usi.
2. E’ nullo il patto per il quale il
soccidario debba sopportare nella
perdita una parte maggiore di quella
spettante gli nel guadagno.
174
dall’art. 2181 c.c.: «Al termine del
contratto le parti procedono a nuova
stima del bestiame. // Il soccidante
preleva, d’accordo con il soccidario, un
complesso di capi che, avuto riguardo
al numero, alla razza, al sesso, al
peso, alla qualità e all’età, sia
corrispondente alla consistenza del
bestiame apportato all’inizio della
soccida. Il di più si divide a norma
dell’art. 2178. // Se non vi sono capi
sufficienti ad eguagliare la stima
iniziale, il soccidante prende quelli che
rimangono».
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
2179 c.c., dopo avere riscritto, sulla
base del secondo comma dell’art.
2158 sulla morte del mezzadro, la
successione degli eredi del soccidario:
“La soccida non si scioglie per la morte
del soccidante. // In caso di morte del
soccidario, si osservano, in quanto
applicabili, nei riguardi degli eredi le
disposizioni del secondo, terzo e
quarto
comma
dell’art.
2158”.
L’originaria norma codicistica sulla
morte del soccidario deve ritenersi
incompatibile e, perciò, tacitamente
abrogata, dall’art. 49, comma 4, della
legge 203/1982, che disciplina per tutti
i contratti agrari (compresa la soccida)
la prosecuzione del contratto in caso di
morte del concessionario. L’art. 49, 4°
comma, legge 203/1982 stabilisce: “in
caso
di
morte
dell’affittuario,
mezzadro, colono, compartecipante e
soccidario, il contratto si scioglie alla
fine dell’annata agraria in corso, salvo
che tra gli eredi vi sia persona che
abbia esercitato e continui ad
esercitare attività agricola in qualità di
coltivatore diretto o di imprenditore a
titolo principale, come previsto dal
primo comma”.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 2180
c.c.: «Salve le norme generali sulla
risoluzione
dei
contratti
per
inadempimento, ciascuna delle parti
può chiedere lo scioglimento del
contratto, quando si verificano fatti tali
da non consentire la prosecuzione del
rapporto».
3.Al termine del contratto le parti
procedono a nuova stima degli
animali.
4.Il soccidante preleva, d’accordo con
il soccidario, un complesso di capi che,
avuto riguardo al numero, alla razza, al
sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia
corrispondente alla consistenza del
bestiame apportato all’inizio della
soccida. Il di più si divide a norma del
primo comma.
5. Se non vi sono capi sufficienti ad
eguagliare la stima iniziale, il
soccidante
prende
quelli
che
rimangono
3. Al termine del contratto le parti
procedono a nuova stima degli
animali.
4.Il soccidante preleva, d’accordo con
il soccidario, un complesso di capi che,
avuto riguardo al numero, alla razza, al
sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia
corrispondente alla consistenza del
bestiame apportato all’inizio della
soccida. Il di più si divide a norma del
comma 1.
5.Se non vi sono capi sufficienti ad
eguagliare la stima iniziale, il
soccidante
prende
quelli
che
rimangono.
Art. 115
(Morte di una delle parti.
Scioglimento del contratto)
1.La soccida non si scioglie per la
morte del soccidante.
2.In caso di morte del soccidario la
soccida si scioglie alla fine dell’anno
agrario in corso, salvo che tra gli eredi
del soccidario vi sia persona idonea a
sostituirlo e i componenti della famiglia
del soccidario si accordino nel
designarla.
3.Salve le norme generali sulla
risoluzione
dei
contratti
per
inadempimento, ciascuna delle parti
può chiedere lo scioglimento del
contratto, quando si verificano fatti tali
da non consentire la prosecuzione del
rapporto
Art. 123
(Morte di una delle parti.
Scioglimento del contratto)
1. La soccida non si scioglie per la
morte del soccidante.
2. In caso di morte del soccidario la
soccida si scioglie alla fine dell’anno
agrario in corso, salvo che tra gli eredi
del soccidario vi sia persona che abbia
esercitato e continui ad esercitare
attività agricola in qualità di coltivatore
diretto o di imprenditore agricolo
professionale.
3. Salve le norme generali sulla
risoluzione
dei
contratti
per
inadempimento, ciascuna delle parti
può chiedere lo scioglimento del
contratto, quando si verificano fatti tali
da non consentire la prosecuzione del
rapporto.
Si è segnalata la necessità di integrare il disposto del comma 2 con quanto stabilito, in caso di morte del soccidario,
dall’art. 49, comma 4, della legge 203/1982, nel senso che “in caso di morte del soccidario la soccida si scioglie alla fine
dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del soccidario vi sia persona che abbia esercitato e continui ad
esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale”. La disposizione è stata
riformulata nel predetto senso.
175
§ 3 – Della soccida parziaria
I commi 1 e 2 sono riprodotti dall’art.
2182 c.c.: «Nella soccida parziaria il
bestiame è conferito da entrambi i
contraenti nelle proporzioni convenute.
// Essi divengono comproprietari del
bestiame in proporzione del rispettivo
conferimento».
I commi 3, 4, 5 e 6 sono riprodotti
dall’art. 2183 c.c.: «Nella soccida
stipulata per un tempo non inferiore a
tre anni, qualora durante la prima metà
del periodo contrattuale perisca per
causa non imputabile al soccidario la
maggior
parte
del
bestiame
inizialmente conferito, e i contraenti
non si accordino per la reintegrazione,
ciascuno di essi ha diritto di recedere
dal contratto. // Salvo diverso accordo
delle parti, il recesso ha effetto con la
fine dell’anno in corso. // Il bestiame
rimasto è diviso fra le parti nella
proporzione indicata nell’art. 2184. //
Se è convenuto che nella divisione del
bestiame da farsi alla scadenza del
contratto sia attribuita ad uno dei
contraenti una quota maggiore di
quella
corrispondente
al
suo
conferimento, tale quota deve essere
ridotta in rapporto alla minore durata
della soccida».
§ 3 – Della soccida parziaria
Art. 116
(Degli animali conferiti)
1.Nella soccida parziaria gli animali
sono conferiti da entrambi i contraenti
nelle proporzioni convenute.
2.Essi divengono comproprietari degli
animali in proporzione del rispettivo
conferimento.
3.Nella soccida stipulata per un tempo
non inferiore a tre anni, qualora
durante la prima metà del periodo
contrattuale perisca per causa non
imputabile al soccidario la maggior
parte degli animali inizialmente
conferiti, e i contraenti non si
accordino per la reintegrazione,
ciascuno di essi ha diritto di recedere
dal contratto.
4.Salvo diverso accordo delle parti, il
recesso ha effetto con la fine dell’anno
in corso.
5.Il bestiame rimasto è diviso fra le
parti
nella
proporzione
indicata
nell’articolo 117.
6. Se è convenuto che nella divisione
degli animali da farsi alla scadenza del
contratto sia attribuita ad uno dei
contraenti una quota maggiore di
quella
corrispondente
al
suo
conferimento, tale quota deve essere
ridotta in rapporto alla minore durata
della soccida.
Art. 124
(Degli animali conferiti)
1.Nella soccida parziaria gli animali
sono conferiti da entrambi i contraenti
nelle proporzioni convenute.
2.Essi divengono comproprietari degli
animali in proporzione del rispettivo
conferimento.
3.Nella soccida stipulata per un tempo
non inferiore a tre anni, qualora
durante la prima metà del periodo
contrattuale perisca per causa non
imputabile al soccidario la maggior
parte degli animali inizialmente
conferiti, e i contraenti non si
accordino per la reintegrazione,
ciascuno di essi ha diritto di recedere
dal contratto.
4.Salvo diverso accordo delle parti, il
recesso ha effetto con la fine dell’anno
in corso.
5.Gli animali rimasti sono divisi fra le
parti
nella
proporzione
indicata
nell’articolo 125.
6. Se è convenuto che nella divisione
degli animali da farsi alla scadenza del
contratto sia attribuita ad uno dei
contraenti una quota maggiore di
quella
corrispondente
al
suo
conferimento, tale quota deve essere
ridotta in rapporto alla minore durata
della soccida.
La norma è riprodotta dall’art. 2184
c.c.: «Gli accrescimenti, i prodotti, gli
utili, le spese e, al termine del
contratto, il bestiame conferito si
dividono nella proporzione stabilita
dalle
norme
corporative,
dalla
convenzione o dagli usi».
Art. 117
(Divisione degli animali, dei prodotti e
degli utili)
1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili,
le spese e, al termine del contratto, gli
animali conferiti si dividono nella
proporzione stabilita dalla convenzione
o dagli usi.
Art. 125
(Divisione degli animali, dei prodotti e
degli utili)
1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili,
le spese e, al termine del contratto, gli
animali conferiti si dividono nella
proporzione stabilita dalla convenzione
o dagli usi.
La norma è riprodotta dall’art. 2185
c.c.: «Per quanto non è disposto dagli
articoli precedenti, si applicano alla
soccida parziaria le disposizioni
relative alla soccida semplice».
Art. 118
(Rinvio)
1.Per quanto non è disposto dagli
articoli precedenti, si applicano alla
soccida parziaria le disposizioni
relative alla soccida semplice.
Art. 126
(Rinvio)
1. Per quanto non è disposto dagli
articoli 124 e 125, si applicano alla
soccida parziaria le disposizioni
relative alla soccida semplice.
§ 4 – Della soccida con
conferimento di pascolo
§ 4 – Della soccida con
conferimento di pascolo
Art. 119
(Nozione e norme applicabili)
1.Si ha rapporto di soccida anche
quando gli animali sono conferiti dal
soccidario e il soccidante conferisce il
terreno per il pascolo.
Art. 127
(Nozione e norme applicabili)
1. Si ha rapporto di soccida anche
quando gli animali sono conferiti dal
soccidario e il soccidante conferisce il
terreno per il pascolo.
Riprodotto dall’art. 2186 c.c.: «Si ha
rapporto di soccida anche quando il
bestiame è conferito dal soccidario e il
soccidante conferisce il terreno per il
pascolo. // In tal caso il soccidario ha
la direzione dell’impresa e al
soccidante spetta il controllo della
gestione. // Si osservano inoltre le
176
disposizioni dell’art. 2184 e, in quanto 2.In tal caso il soccidario ha la
applicabili, quelle dettate per la direzione dell’impresa e al soccidante
soccida semplice».
spetta il controllo della gestione.
3.Si osservano inoltre le disposizioni
dell’articolo 117 e, in quanto
applicabili, quelle dettate per la
soccida semplice.
§ 5 – Disposizione finale
Riprodotto dall’art. 2187, ma qui solo
con riguardo alla soccida, dato che
con riferimenti ai residui contratti di
mezzadria e colonia la disposizione è
stata inclusa nel comma 5 dell'art. 115:
«Nei rapporti di associazione agraria
regolati dalle sezioni II, III e IV di
questo capo, per quanto non è
espressamente disposto, si applicano,
in mancanza di convenzione, gli usi».
L’incipit del comma 1 è riformulato
tenendo conto, congiuntamente, delle
norme richiamate di seguito nella nota
a questo articolo. Dall’art. 1, comma 1,
d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102 Interventi
finanziari a sostegno delle imprese
agricole, come modificato dall’art.
d.lgs, 18 aprile 2008, n. 82: “ Art. 1
(Finalità).- 1. Il Fondo di solidarietà
nazionale (FSN) ha l’obiettivo di
promuovere principalmente interventi
di prevenzione per far fronte ai danni
alle produzioni agricole e zootecniche,
alle strutture aziendali agricole, agli
impianti produttivi e alle infrastrutture
agricole nelle zone colpite da calamità
naturali o eventi eccezionali, alle
condizioni e modalità previste dalle
disposizioni comunitarie vigenti in
materia di aiuti di Stato, entro i limiti
delle risorse disponibili sul Fondo
stesso”.
Tale norma specifica le
finalità contenute in art. 1, comma 2
lettera i), l. 7 marzo 2003, n. 38
Disposizioni in materia di agricoltura:
“Favorire l'accesso ai mercati finanziari
delle imprese agricole, agroalimentari,
dell'acquacoltura e della pesca, al fine
di sostenerne la competitività e la
permanenza stabile sui mercati,
definendo
innovativi
strumenti
finanziari, di garanzia del credito e
assicurativi finalizzati anche alla
riduzione dei rischi di mercato, nonché
favorire il superamento da parte delle
imprese agricole delle situazioni di crisi
determinate da eventi calamitosi o
straordinari”.
Nella seconda frase del comma 1 il
richiamo è al comma 3 dell’art. 1 d.lgs.
102/2004 come sostituito dall’art. 1,
lettera a), del d. lgs. 82/2008: “ 3. Per
le finalità di cui al comma 1, il FSN
Art. 120
(Rapporti di soccida: disposizione
finale)
1. Nei rapporti di associazione di
allevamento, per quanto non è
espressamente disposto da questo
Capo, si applicano, in mancanza di
convenzione, gli usi.
2. In tal caso il soccidario ha la
direzione dell’impresa e al soccidante
spetta il controllo della gestione.
3. Si osservano inoltre le disposizioni
dell’articolo 125 e, in quanto
applicabili, quelle dettate per la
soccida semplice.
§ 5 – Disposizione finale (già
Sezione III)
Art. 128
(Rapporti di soccida: disposizione
finale)
1. Nei rapporti di associazione di
allevamento, per quanto non è
espressamente disposto da questo
Capo, si applicano, in mancanza di
convenzione, gli usi.
Capo III
Dei contratti di assicurazione in
agricoltura
Art. 129
(Contratti di assicurazione contro le
avversità atmosferiche: contributi
statali)
1. Per far fronte ai danni alle
produzioni agricole e zootecniche, alle
strutture aziendali agricole, agli
impianti produttivi e alle infrastrutture
agricole nelle zone colpite da calamità
naturali o eventi eccezionali, lo Stato,
nell’ambito delle misure del Fondo di
solidarietà nazionale di cui alla lettera
a) del comma 3 dell’articolo 1 del
decreto legislativo 29 marzo 2004, n.
102, come modificato dall’articolo 1 del
decreto legislativo 18 aprile 2008, n.
82, misure volte a incentivare la stipula
di contratti assicurativi contro i danni
alla produzione e alle strutture,
concede
contributi
sui
premi
assicurativi, in conformità a quanto
previsto dagli orientamenti comunitari
in materia di aiuti di Stato nel settore
agricolo, agli imprenditori agricoli di cui
all’articolo 2135 del codice civile iscritti
nel
registro
delle
imprese
o
nell’anagrafe delle imprese agricole
istituita presso le Province autonome.
2. Il contributo dello Stato è concesso
fino all'80 per cento del costo dei premi
per
contratti
assicurativi
che
prevedono un risarcimento se il danno
raggiunga il 30 per cento della
produzione. Per contratti assicurativi
che coprono anche altre perdite
dovute
ad
avverse
condizioni
atmosferiche non assimilabili alle
calamità naturali, di cui al comma
primo, o perdite dovute a epizoozie o
fitopatie, il contributo dello Stato è
177
prevede le seguenti tipologie di
intervento:
a)
misure
volte
a
incentivare la stipula di contratti
assicurativi; b) interventi compensativi,
esclusivamente nel caso di danni a
produzioni,
strutture
e
impianti
produttivi non inseriti nel Piano
assicurativo
agricolo
annuale,
finalizzati alla ripresa economica e
produttiva delle imprese che hanno
subito danni dagli eventi di cui al
comma 2 nei limiti previsti dalla
normativa comunitaria; c) interventi di
ripristino delle infrastrutture connesse
all’attività agricola, tra cui quelle irrigue
e di bonifica, compatibilmente con le
esigenze
primarie
dell’impresa
agricola”. Ai fini dell’art. 129 interessa
soltanto il richiamo alle misure volte a
incentivare la stipula di contratti
assicurativi.
Per
evitare
l’estrapolazione
(con
successiva
abrogazione, della lettera a) di tale
comma 3, si preferisce fare il rinvio al
d.lgs. 82/2008.
La parte finale del comma 1 è
riprodotta dall’art. 2, comma 1, d.lgs.
29 marzo 2004, n. 102, come
modificato dall’art. 1, comma 1, lettere
c) e d) del d.lgs. 82/2008: “Per le
finalità di cui all'articolo 1, lo Stato
concede
contributi
sui
premi
assicurativi, in conformità a quanto
previsto dagli orientamenti comunitari
in materia di aiuti di Stato nel settore
agricolo, agli imprenditori agricoli di cui
all'articolo 2135 del codice civile iscritti
nel
registro
delle
imprese
o
nell’anagrafe delle imprese agricole
istituita presso le Province autonome”.
Il comma 2 è riprodotto dai commi 2, 3
e 4 dell’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004
n. 102, come modificato dall’art. 1,
lettera e) del d. lgs. 82/2008: “2. Il
contributo dello Stato è concesso fino
all'80 per cento del costo dei premi per
contratti assicurativi che prevedono un
risarcimento se il danno raggiunge il
30 della produzione. // 3. Per contratti
assicurativi che coprono anche altre
perdite dovute ad avverse condizioni
atmosferiche non assimilabili alle
calamità naturali, di cui al comma 1, o
perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il
contributo dello Stato è ridotto fino al
50 per cento del costo del premio. // 4.
Il contributo pubblico è concesso
esclusivamente
per
contratti
assicurativi che prevedono per ciascun
prodotto assicurato la copertura della
produzione complessiva aziendale
all'interno di uno stesso comune. Con
decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali sono stabiliti i
termini, le modalità e le procedure di
erogazione del contributo sui premi
assicurativi”.
Il comma 3 è riprodotto dall’art. 1,
ridotto fino al 50 per cento del costo
del premio. Il contributo pubblico è
concesso esclusivamente per contratti
assicurativi che prevedono per ciascun
prodotto assicurato la copertura della
produzione complessiva aziendale
all’interno di uno stesso comune. Con
decreto del Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali sono
stabiliti i termini, le modalità e le
procedure di erogazione del contributo
sui premi assicurativi.
3. Così come stabilito dall’articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 102, sostituito
dall’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 18 aprile 2008, n. 82, ai fini
della concessione dei contributi statali
sui premi assicurativi sono considerati
calamità naturali o eventi eccezionali
quelli previsti dagli orientamenti e dai
regolamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato nel settore agricolo,
nonché
le
avverse
condizioni
atmosferiche
previste
dagli
orientamenti comunitari.
4. La sottoscrizione delle polizze
assicurative è volontaria e può
avvenire in forma collettiva o
individuale. Possono deliberare di far
ricorso a forme assicurative collettive i
consorzi di difesa di cui all’articolo 11
del decreto legislativo 29 marzo 2004
n. 102, nonché le cooperative agricole
e loro consorzi, comprese quelle che
effettuano
la
raccolta,
la
trasformazione,
la
commercializzazione
dei
prodotti
agricoli degli imprenditori agricoli soci,
specificamente autorizzate per lo
svolgimento dell’attività assicurativa
agevolata dalla rispettiva regione o
provincia autonoma.
5. La copertura assicurativa per le
produzioni zootecniche è comprensiva
del costo di smaltimento dei capi morti
per qualsiasi causa.
6. Così come stabilito dall’articolo 4 del
decreto legislativo 29 marzo 2004, n.
102, l’entità del contributo pubblico sui
premi assicurativi è determinata
attraverso
il
Piano
assicurativo
agricolo
annuale,
di
seguito
denominato:
Piano
assicurativo,
tenendo conto delle disponibilità di
bilancio,
dell’importanza
socioeconomica delle produzioni e del
numero di potenziali assicurati.
178
comma 2, d.lgs. 29 marzo 2004, n.
102, come sostituito dall’art. 1, comma
2, d. lga. 82/2008 “Ai fini del presente
decreto legislativo sono considerate
calamità naturali o eventi eccezionali
quelli previsti dagli orientamenti e dai
regolamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato nel settore agricolo,
nonché
le
avverse
condizioni
atmosferiche
previste
dagli
orientamenti comunitari”.
Poiché la definizione di calamità
naturali, avversità atmosferiche vale
anche per altre misure del FNS, il
richiamo presenta l’incipit “Così come
è stabilito….”.
E’ utile ricordare la Comunicazione
della Commissione sugli Orientamenti
comunitari per gli aiuti di Stato,
pubblicata nella GUCE del 1 febbraio
2000, nella versione rivista del 12
agosto 2000. Si ritiene opportuno
riportare nel testo il dettato dell’articolo
1, comma 2, del decreto legislativo n.
102 del 2004, anziché riprodurre il
contenuto
degli
orientamenti
comunitari in esso richiamati. Tuttavia,
a fini di migliore documentazione, si
prospetta la possibilità di esprimere
tale contenuto, dando ad esso una
forma legislativa definitoria, nel modo
seguente: «a) per calamità naturali si
intendono i terremoti, le valanghe, le
frane, le inondazioni e le avverse
condizioni atmosferiche quali gelo,
grandine, ghiaccio, pioggia o siccità.
Queste ultime sono considerate
calamità
naturali
solo
qualora
arrechino alla produzione agricola o ai
mezzi di produzione agricoli danni pari
al 20 per cento della produzione
normale nelle zone svantaggiate e al
30 per cento nelle altre zone; b) per
eventi eccezionali si intendono i
disordini interni e gli scioperi e, in
funzione della loro estensione, gravi
incidenti nucleari o industriali e incendi
che causano perdite estese; c) le
epizoozie e le fitopatie sono assimilate
alle calamità naturali o agli eventi
eccezionali solo in presenza di
circostanze particolari da valutarsi in
concreto».
Ora gli aiuti di Stato all’agricoltura
sono disciplinati dal regolamento
1/2004 del 23 dicembre 2003 e, sugli
aiuti de minimis, dal regolamento
1860/2004 del 6 ottobre 2004, nonché
dagli Orientamenti comunitari di cui
alla Comunicazione 2006/C 319/01.
Il comma 4 è riprodotto dal comma 5
del d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102, con
l’aggiunta dell’ultimo inciso relativo alle
cooperative di raccolta, trasformazione
e commercializzazione dei prodotti
agricoli dei soci, che l’art. 4 del nostro
schema
di
d.lgs.
considera
imprenditori agricoli.
179
Infatti il richiamo ai consorzi di difesa,
fatto all’art. 11, commi 1, 2, 3, 4 del
d.lgs. 29 marzo 2004, n. 102 Interventi
finanziari a sostegno delle imprese
agricole, mette in luce che: “1. I
consorzi di difesa sono costituiti da
imprenditori agricoli per l'attuazione di
iniziative di difesa attiva e passiva
delle produzioni e devono costituirsi
con atto pubblico, adottando una delle
seguenti
forme
giuridiche:
a)
associazioni persone giuridiche di
diritto privato; b) società cooperative
agricole e loro consorzi; c) consorzi di
cui all'articolo 2612 e seguenti del
codice civile o società consortili di cui
all'articolo 2615-ter del medesimo
codice.
// 2. Il riconoscimento di
idoneità allo svolgimento dell'attività
dei consorzi è concesso dalla
rispettiva
regione
o
provincia
autonoma ed è limitato al territorio
regionale o della provincia autonoma
ove l'ente ha la sede legale. // 3. Il
riconoscimento di idoneità può essere
attribuito altresì alle cooperative
agricole di raccolta, trasformazione e
commercializzazione
di
prodotti
agricoli e loro consorzi, previa modifica
del proprio statuto, al fine di
uniformarlo alle regole stabilite per i
consorzi di cui al comma 1. Qualora le
cooperative
predette
associno
produttori situati in regioni o province
autonome diverse, il riconoscimento di
idoneità deve essere attribuito da
ciascuna
regione
o
provincia
autonoma. // 4. I consorzi di difesa
possono accedere al credito agrario a
tasso agevolato per lo svolgimento
delle attività di difesa attiva e passiva
delle colture.” Non si riporta il comma
5 perché temporalmente superato;
esso infatti diceva: “5. Entro 12 mesi
dalla data di entrata in vigore del
presente decreto i consorzi esistenti
ecc. ecc.”
Il comma 5 è riprodotto dal comma
5bis dell’art. 2 del d. lgs. 29 marzo
2004, n. 102, come modificato dalle
lettera f del comma 1 del d. lgs. 18
aprile 2008, n. 82.
Il comma 6 è riprodotto dal 1° comma
dell’art. 4 d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102
«Piano assicurativo agricolo annuale»:
“1. L'entità del contributo pubblico sui
premi assicurativi è determinata
attraverso
il
Piano
assicurativo
agricolo
annuale,
di
seguito
denominato
‘Piano
assicurativo’,
tenendo conto delle disponibilità di
bilancio,
dell'importanza
socioeconomica delle produzioni e del
numero di potenziali assicurati”.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 era riportato un articolo (l’art. 31) rubricato
“Contratti di assicurazione contro le avversità atmosferiche: contributi statali”, che era riprodotto dal d.lgs. 29 marzo 2004
n. 102, recante interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, in cui si sono previsti, tra l’altro, contributi sui
180
premi assicurativi pagati dagli agricoltori, e ciò in osservanza degli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato nel settore
agricolo. Per l’ampiezza della materia (cioè quella del Fondo di solidarietà nazionale) lo schema del DPR non lo
prendeva in considerazione nella sua totalità ma solo negli aspetti concernenti i contratti di assicurazione contro i danni.
Di conseguenza, solo alcuni commi del d.lgs. 102/2004 venivano a far parte del DPR e solo rispetto si sarebbe dovuto
pronunciare l’abrogazione; tuttavia, era apparso preferibile non “spezzettare” le disposizioni, estrapolandole (e
conseguentemente abrogandole) dal d. lgs. 102/2004, ricorrendo al sistema del richiamo “Così come è stabilito ….”.
Però, stante l’integrale ripetizione nel proposto DPR, venivano (e ora vengono) abrogati i commi 1, 2, 3, 4, 5, e 5bis
dell’art. 2 del d.lgs. 102/2004, come sostituiti dall’art. 1, comma 1, lettere b), c), d), e), f) del d.lgs. 18 aprile 2008 n. 82 (v.
art. 131 lett. vv del presente schema di d.lgs. di riordino e semplificazione). L’art. 31 del collegato DPR, sotto la rubrica
“Assicurazione contro le avversità atmosferiche”, disponeva: “1. Per far fronte ai danni alle produzioni agricole e
zootecniche, alle strutture aziendali agricole e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi
eccezionali, lo Stato, nell’ambito delle misure del Fondo di solidarietà nazionale volte a incentivare la stipula di contratti
assicurativi contro i danni alla produzione e alle strutture, concede contributi sui premi assicurativi agli imprenditori
agricoli di cui all’articolo 2135. // 2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per
contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 20 per cento della produzione nelle aree
svantaggiate ed il 30 per cento nelle altre zone. Per contratti assicurativi che coprono anche altre perdite dovute ad
avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al comma primo, o perdite dovute a
epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. Il contributo pubblico è
concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della
produzione complessiva aziendale all’interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi.
// 3. Ai fini della concessione dei contributi statali sui premi assicurativi sono considerati calamità naturali o eventi
eccezionali quelli previsti al punto 11.2 degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo,
2000/C28/02, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste al punto 11.3 dei predetti orientamenti comunitari. // 4.
I rischi di mercato rientrano nei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale previsto dall’articolo 4
del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102. // 5. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire
in forma collettiva o individuale. Possono deliberare di far ricorso a forme assicurative collettive i consorzi di difesa di cui
all’articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nonché le cooperative agricole e loro consorzi. // 6. L’entità
del contributo pubblico sui premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito
denominato Piano assicurativo, tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell’importanza socio-economica delle
produzioni e del numero di potenziali assicurati”. Il d.lgs. 102/2004 è stato modificato anche in modo rilevante, dal d.lgs.
18 aprile 2008, n. 82.
Melius re perpensa, è sembrato più corretto non delegificare le disposizioni riprodotte dai decreti legislativi 102/2004 e
82/2008, sicché esse sono state riportate nello schema del presente decreto legislativo alla fine dei Capi relativi ai
contratti di coltivazione e di allevamento, in un Capo distinto, perché esse si applicano a tutte le imprese agricole.
Comunque e con riferimento all’art. 31 del connesso DPR approvato dal CdM l’11.12.2009, è stato suggerito di
aggiungere un ultimo inciso al comma 4 relativo alle cooperative di raccolta, trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli dei soci, che l’art. 4 del nostro schema di d.lgs. considera imprenditori agricoli (Federcoop), nonché di
aggiungere, anche alla luce dell’art. 11 del d.lgs. 102/2004, le parole “specificamente autorizzate ….. provincia
autonoma” ( Commissione parlamentare del Senato). I suggerimenti meritano di essere accolti.
Si è dell’opinione che i contratti agrari
di tipo enfiteutico, ossia quelli che
danno luogo ad un diritto reale,
facciano parte di un periodo storico
ormai
superato.
Sicché,
indipendentemente dalla circostanza
che molto probabilmente tutti gli
enfiteuti di fondi rustici si siano già
avvalsi della facoltà di affrancazione, si
ritiene che convenga applicare a quelli
che eventualmente residuano la
disciplina della vecchia legge 15
febbraio 1958 n. 74 sui livelli veneti,
che ebbe a trasformare in un debito
personale il livello, stabilendo un
agevole procedimento di liberazione.
Comunque si ricorda che i contratti
agrari di tipo enfiteutico risalgono:
1) alla legge 25 febbraio 1963, n. 327
Norme sui contratti a miglioria in uso
nelle Province del Lazio [secondo cui
«I rapporti a miglioria in uso nelle
Province
del
Lazio,
comunque
denominati e comunque costituiti, nei
quali il coltivatore abbia il possesso del
Capo III
Dei contratti agrari di tipo
enfiteutico
Art. 121
(Riconduzione dei contratti agrari di
tipo enfiteutico a contratti di godimento
personale di fondi rustici. Estinzione)
1. I diritti dei concedenti dei contratti
agrari di tipo enfiteutico come già
definiti dalle leggi 25 febbraio 1963, n.
327, e 22 luglio 1966, n. 607, sono
convertiti nel diritto di credito di cui al
comma 2.
2. I titolari dei diritti di cui al comma 1
divengono creditori degli attuali
concessionari di contratti agrari di tipo
enfiteutico,
di
una
somma
corrispondente a 20 volte il canone
annuo che, ai sensi delle vigenti leggi,
sia dovuto alla data di entrata in vigore
del decreto legislativo di riordino sulla
materia dell’agricoltura di cui alla legge
delega 28 novembre 2005 n. 246. Il
credito deve essere estinto entro un
Capo IV (già Capo III)
Dei contratti agrari di tipo
enfiteutico
Art. 130
(Riconduzione dei contratti agrari
e dei rapporti di tipo enfiteutico a
contratti e a rapporti di godimento
personale di fondi rustici.
Estinzione)
1. I diritti dei concedenti dei contratti
agrari di tipo enfiteutico definiti dalla
legge 22 luglio 1966, n. 607, sono
convertiti nel diritto di credito di cui al
comma 2.
2. I titolari dei diritti di cui al comma 1
divengono creditori degli attuali
concessionari di contratti agrari di tipo
enfiteutico,
di
una
somma
corrispondente a 15 volte il canone
annuo che, ai sensi delle vigenti leggi,
sia dovuto alla data di entrata in vigore
del presente decreto legislativo. Il
credito deve essere estinto entro un
anno dalla data di entrata in vigore del
181
fondo da oltre trent'anni, e abbia
apportato al fondo migliorie in
conformità dell'uso locale o della
convenzione, sono dichiarati perpetui
e sono applicabili ad essi, oltre le
norme della presente legge, quelle
contenute nel titolo IV del libro terzo
del codice civile e nella legge 11
giugno 1925, n. 998, e successive
modificazioni e integrazioni. // Sono
ritenuti rapporti a miglioria quelli nei
quali il coltivatore abbia apportato al
fondo miglioramenti con impianto di
colture arboree o arbustive, con o
senza fabbricati rurali, o quelli nei quali
il coltivatore abbia pagato il valore
delle migliorie secondo la convenzione
o l'uso locale, all'atto dell'ingresso nel
fondo»];
2) alla legge 22 luglio 1966, n. 607
Norme in materia di enfiteusi e
prestazioni
fondiarie
perpetue
[secondo cui «Le disposizioni della
presente legge si applicano anche: a)
ai rapporti a miglioria in uso nelle
province del Lazio, previste dagli
articoli 1 e 2 della legge 25 febbraio
1963, n. 327; b) ai rapporti a miglioria
analoghi,
per
contenuto
e
caratteristiche, a quelli di cui alla
precedente lettera a) e relativi a fondi
rustici situati in altre parti del territorio
nazionale; c) ai rapporti costituiti in
base a contratti agrari atipici ed in cui
siano prevalenti gli elementi del
rapporto enfiteutico. // Ai rapporti di cui
alla lettera b) sono inoltre applicabili le
disposizioni degli articoli 1, 2, 3, 6 e 9
della legge 25 febbraio 1963, n. 327»],
ovverosia a leggi pre-1970.
Si ricordi ancora che l’art. 2 della legge
25 febbraio 1963, n. 327, Norme sui
contratti a miglioria in uso nelle
Province del Lazio stabilisce: «Ai fini
dell'applicazione dell'art. 1 la durata
del rapporto dell'attuale miglioratario si
cumula con quella dei rapporti dei
miglioratari precedenti quando vi sia
stata cessione del contratto a qualsiasi
titolo o quando il miglioratario
subentrato abbia pagato all'atto
dell'ingresso nel fondo il valore delle
migliorie secondo la convenzione o
l'uso locale»; che l’art. 1 della legge 22
maggio 1980, n. 233, Interpretazione
autentica degli articoli 1 e 6 della legge
25 febbraio 1963, n. 327 dispone:
«L'articolo 1 della legge 25 febbraio
1963, n. 327, deve intendersi
applicabile ai soli rapporti a miglioria ivi
considerati, comunque denominati e
comunque costituiti anche in deroga al
disposto dell'articolo 1350, n. 2, del
codice civile e non anche a quelli che
erano
gia
perpetui
all'epoca
dell'entrata in vigore di detta legge, in
virtù di anteriore titolo costitutivo o di
usucapione»; e che l’art. 54 della
anno dall’entrata in vigore del presente
decreto legislativo di riordino e si
prescrive nei due anni successivi.
3. Gli uffici catastali e quelli dei registri
immobiliari cancelleranno, entro tre
anni dall’entrata in vigore del presente
decreto legislativo di riordino, ogni
intestazione riguardante i diritti di cui al
comma primo. Le trascrizioni dei diritti
di cui al comma 1 si intendono
comunque cancellate dopo tre anni
dall’entrata in vigore del presente
decreto legislativo di riordino.
presente decreto legislativo e si
prescrive nei cinque anni successivi.
All’estinzione
del
credito
per
pagamento
o
per
prescrizione
consegue l’attribuzione della proprietà
del bene al concessionario.
3.
Su
richiesta
e
a
spese
dell’interessato,
senza
particolari
formalità, gli uffici catastali e quelli dei
registri immobiliari cancelleranno ogni
intestazione riguardante i diritti di cui al
comma primo. Le trascrizioni dei diritti
di cui al comma 1 si intendono
comunque cancellate dopo cinque
anni dall’entrata in vigore del presente
decreto legislativo.
4. Le disposizioni di cui ai precedenti
commi si applicano anche ai rapporti di
tipo enfiteutico sorti a seguito della
liquidazione degli usi civici, o della
legittimazione delle usurpazioni o della
assegnazione
dei
terreni
convenientemente utilizzabili per la
coltura agraria come regolate dagli
articoli 7, 10 e 19 della legge 16
giugno 1927, n. 1766. I Comuni
divengono creditori di una somma
corrispondente a 15 volte il canone
annuo fissato, ai sensi della suddetta
legge, al momento della liquidazione o
della legittimazione o della ripartizione.
182
legge 3 maggio 1982 n. 203 dispone:
«Ai rapporti di miglioria di cui
all'articolo 1 della legge 25 febbraio
1963, n. 327, e ai rapporti analoghi
esistenti nell'intero territorio nazionale,
sino a quando non abbiano raggiunto
la durata indicata in tale articolo, si
applicano le norme della presente
legge sempreché più favorevoli alle
condizioni pattizie e consuetudinarie
esistenti».
Si ritiene che comunque vadano
abrogate la legge 327/1963; la legge
607/1966; la legge 233/1980; nonché
l’art. 54 della legge 203/1982.
I commi 1, 2 e 3 sono una norma
nuova. La formula è suggerita dalla
legge 7 gennaio 1974, n. 3 “Norme
integrative ed interpretative della legge
15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli
veneti”. L’art. 1 della predetta legge
recita: “1. I diritti dei concedenti o
direttari relativi ai rapporti regolati dalla
legge 15 febbraio 1958, n. 74, nonché
quelli relativi ad altre prestazioni
fondiarie perpetue, sono convertiti nel
diritto di credito di cui all’articolo 2
della presente legge e salvo quanto
disposto dal successivo articolo 3…//
2. Sono parimenti convertiti nel diritto
di credito di cui all’articolo 2 della
presente legge e salvo il disposto del
successivo articolo 3 i canoni sinora
dovuti dai proprietari di fondi situati
nelle province venete a titolo di
decime, quartesi ed altre prestazioni
fondiarie perpetue”. L’art 2 della
predetta legge 3/74 recita: “I titolari dei
diritti di cui al comma precedente
divengono creditori degli attuali
proprietari utilisti di una somma
corrispondente a 20 volte il canone
annuo che, ai sensi delle vigenti leggi,
sia dovuto per l’anno 1970. Il credito
deve essere estinto entro un anno
dall’entrata in vigore della presente
legge e si prescrive nei due anni
successivi”. L’art. 3 della predetta
legge 3/74 recita: “I proprietari utilisti
che non intendono assumere il debito
di cui all’articolo precedente debbono
darne notizia alla controparte a
prestarsi entro un anno dall’entrata in
vigore della presente legge all’atto di
ricognizione di cui all’articolo 969 del
codice civile. In tal caso i diritti indicati
nell’articolo 1 sono regolati dalle
disposizioni sull’enfiteusi contenute
negli articoli 957 e seguenti del codice
civile e successive disposizioni in
materia”. L’art. 4 della predetta legge
3/74 recita: “Gli uffici catastali e quelli
dei registri immobiliari cancelleranno,
entro tre anni dall’entrata in vigore
della presente legge, ogni intestazione
riguardante i diritti di cui all’articolo 1,
salvo che non sia prodotto l’atto di
ricognizione di cui all’articolo 3. Le
183
trascrizioni dei diritti di cui all’articolo 1
si intendono comunque cancellate
dopo tre anni dall’entrata in vigore
della presente legge, salvo che non
sia prodotto l’atto di ricognizione di cui
all’articolo 3”.
Non si ritiene di dover richiamare il
disposto dell’art. 3 della predetta legge
3/74 perché è opportuno che tutte le
disposizioni relative ai contratti agrari
di
tipo
enfiteutico
vengano
definitivamente eliminate.
Sono,
comunque,
da
ritenersi
abrogate non solo la legge 15
febbraio 1958 n. 74 sui canoni livellari
veneti (già abrogata dall’art. 24 del d.l.
25 giugno 2008 n. 112), ma anche la
legge 7 gennaio 1974 n. 3.
Il comma 4 riguarda i rapporti
enfiteutici “nati” dalla liquidazione degli
usi civici. La legge 1766/1927 sulla
liquidazione degli usi civici prevedente
il sorgere di rapporti enfiteutici in tre
distinte ipotesi. L’art. 7 dichiara che
“sono esenti dalla divisione e gravati di
un annuo canone di natura enfiteutica
a favore del Comune, in misura
corrispondente al valore dei diritti da
stabilirsi con perizia, i terreni [gravati
da usi civici] che abbiano ricevuto dai
proprietari sostanziali e permanenti
miglioramenti,
ed
i
piccoli
appezzamenti non raggruppabili in
unità agrarie”. L’art. 9 stabilisce che
“qualora sulle terre di uso civico
appartenenti ai Comuni, alle frazioni e
alle associazioni o ad esse pervenuti
per effetto della liquidazione di cui
all’art. 1, siano avvenute occupazioni,
queste, su domanda degli occupatori,
potranno
essere
legittimate….”,
mentre l’art. 10 aggiunge: “Nel
concedere la legittimazione di cui
all’articolo precedente, il commissario
imporrà sul fondo occupato e a favore
del Comune o dell’associazione un
canone di natura enfiteutica…”. L’art.
19 stabilisce che “L’assegnazione
delle unità fondiarie risultanti dalla
ripartizione è fatta a titolo di
enfiteusi…”. Si estende a tali ipotesi la
regola dell’estinzione delle enfiteusi
rustiche, anche su suggerimento della
Commissione
bicamerale
sulla
semplificazione.
Non sono considerate in questo
Titolo V del decreto legislativo di
riordino le discipline dettate dall’art. 11
della legge 15 settembre 1964, n. 756,
relativo alle concessioni separate,
nonché dall’art. 13 della medesima
legge n. 756 del 1964, e dagli artt. 18
e 24, commi 1 e 3, della legge 11
febbraio 1971, n. 11, relativi ai contratti
atipici. Tali discipline, infatti, hanno
ormai soltanto valore storico, perché
sostituite dalla disciplina generale,
rispettivamente dell’art. 19 della legge
184
11 febbraio 1971, n. 11 e 27 della
legge 3 maggio 1982, n. 203.
Comunque le suddette leggi vengono
abrogate.
Si suggerisce di estendere la formula approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 anche alle ipotesi dei
rapporti enfiteutici che si costituiscono nei casi di quotizzazione e di legittimazione delle terre gravate da usi civici,
nonché di calcolare il quantum dell’affrancazione in 15 volte il canone annuo, e di espressamente disporre che
all’estinzione del credito, per pagamento o per prescrizione, consegua l’attribuzione della proprietà del bene al
concessionario affrancante (Commissione bicamerale per la semplificazione).
Il suggerimento va accolto anche per ragioni di un corretto sistema. Di conseguenza, la disposizione del comma 4 è
stata riformulata secondo i suggerimenti proposti, suggerimenti accolti anche con riguardo alla soppressione del richiamo
(comma 1) alla legge 327/1963 che implicitamente risulta già richiamata con il riferimento alla legge 607/1966.
La Commissione bicamerale per la semplificazione ha invitato il Governo di valutare la permanenza in vigore delle
disposizioni di carattere processuale della legge 607/1966. Le disposizioni processuali riguardano la domanda giudiziale
di affrancazione dei canoni enfiteutici; poiché, però, la disposizione dell’articolo 130 del presente decreto legislativo
modifica completamente il sistema (non si tratta più di affrancazione, ma di automatica trasformazione del diritto dei
concedenti in un diritto di credito) non può restare in vigore il sistema processuale di affrancazione.
Titolo VII
Delle abrogazioni
Art. 123
(Abrogazioni)
1. Sono abrogati:
a) legge 3 giugno 1940 n. 1078, sulle
unità poderali in zona di bonifica;
b) articolo 9 del decreto legislativo 24
febbraio 1948, n. 114 (Provvidenze a
favore
della
piccola
proprietà
contadina);
c) legge 18 agosto 1948, n. 1140
(Contratto di affitto dei fondi rustici e di
vendita delle erbe per il pascolo);
d) legge 1° luglio 1952, n. 701 (Norme
in materia di revisione dei canoni
enfiteutici e di affrancazione);
e) articoli 6 e 8 della legge 6 agosto
1954, n. 604 (Modificazioni alle norme
relative alle agevolazioni tributarie
favore
della
piccola
proprietà
contadina);
f) legge 1° febbraio 1956, n. 53
(Provvedimenti per lo sviluppo della
piccola proprietà contadina), ad
eccezione degli articoli 2, 3, 6, 7 e 8;
g) legge 2 giugno 1961, n. 454 (Piano
quinquennale
per
lo
sviluppo
dell’agricoltura
ad
eccezione
dell’articolo 28;
h) legge 2 aprile 1962, n. 171 (Norme
in
materia
di
ripartizione
dell’incremento legnoso delle piante
d’alto fusto);
i) legge 12 giugno 1962, n. 567
(Norme in materia di affitto di fondi
rustici), ad eccezione del comma 3
dell’articolo 1;
j) legge 25 febbraio 1963, n. 327
(Norme sui contratti a miglioria in uso
nelle Province del Lazio);
k) articoli da 5 a 8 e da 10 a 12 della
legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina
delle controversie innanzi alle Sezioni
specializzate agrarie);
Titolo VI
Delle abrogazioni
Art. 131
(Abrogazioni)
1. Sono abrogati:
a) la legge 3 giugno 1940, n. 1078,
sulle unità poderali in zona di bonifica;
b) articolo 9 del decreto legislativo 24
febbraio 1948, n. 114, provvidenze a
favore
della
piccola
proprietà
contadina;
c) la legge 1° luglio 1952, n. 701,
norme in materia di revisione dei
canoni enfiteutici e di affrancazione;
d) gli articoli 6 e 8 della legge 6 agosto
1954, n. 604, modificazioni alle norme
relative alle agevolazioni tributarie
favore
della
piccola
proprietà
contadina;
e) la legge 1° febbraio 1956, n. 53,
provvedimenti per lo sviluppo della
piccola
proprietà
contadina,
ad
eccezione degli articoli 2, 3, 6, 7 e 8;
f) la legge 2 giugno 1961, n. 454,
piano quinquennale per lo sviluppo
dell’agricoltura,
ad
eccezione
dell’articolo 28 e dell’articolo che
istituisce la Commissione tecnica
provinciale;
g) la legge 2 aprile 1962, n. 171,
norme in materia di ripartizione
dell’incremento legnoso delle piante
d’alto fusto;
h) la legge 12 giugno 1962, n. 567,
norme in materia di affitto di fondi
rustici, ad eccezione del comma 3
dell’articolo 1;
i) la legge 25 febbraio 1963, n. 327,
norme sui contratti a miglioria in uso
nelle Province del Lazio, ad eccezione
dell’articolo 1;
j) gli articoli 8 e da 10 a 12 della legge
2 marzo 1963, n. 320, disciplina delle
controversie innanzi alle Sezioni
specializzate agrarie;
185
l) legge 15 settembre 1964, n. 756
(Norme in materia di contratti agrari);
m) articoli da 1 a 8, da 12 a 13, 14
(comma 1), da 15 a 39 della legge 26
maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per
lo sviluppo della proprietà coltivatrice),
ad eccezione del comma 2 dell’articolo
14 e dell’articolo 25;
n) legge 22 luglio 1966, n. 606
(Disposizioni in materia di affitto a
conduttori non coltivatori diretti), ad
eccezione del comma 4 dell’articolo 1;
o) legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme
in materia di enfiteusi e prestazioni
fondiarie perpetue);
p) legge 18 dicembre 1970, n. 1138
(Nuove norme in materia di enfiteusi);
q) legge 11 febbraio 1971 n. 11
(Nuova disciplina dell’affitto di fondi
rustici);
r) legge 14 agosto 1971, n. 817
(Disposizioni per il rifinanziamento
delle provvidenze per lo sviluppo della
proprietà coltivatrice) ad eccezione
dell’articolo 6;
s) legge 9 agosto 1973, n. 508
(Ulteriore proroga delle disposizioni
contenute nella legge 462/1972 in
materia di affitto di fondi rustici);
t) legge 10 dicembre 1973, n. 814
(Modifiche
alla
legge
11/1971
concernente la disciplina dell’affitto dei
fondi rustici);
u) legge 7 gennaio 1974, n. 3 (Norme
integrative ed interpretative della legge
15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli
veneti);
v) legge 14 giugno 1974, n. 270
(Norme in materia di enfiteusi);
w) legge 10 maggio 1976, n. 265
(Modifiche e integrazioni alla legge
590/1965 sulla proprietà coltivatrice);
x) legge 10 maggio 1978, n. 176
(Norme provvisorie in materia di affitto
di fondi rustici);
y) legge 4 agosto 1978 n. 440, sulla
concessione delle terre incolte;
z) legge 8 gennaio 1979 n. 2
(Interpretazione autentica dell’articolo
8 della legge 590/65);
aa) legge 22 maggio 1980, n. 233
(Interpretazione autentica degli articoli
1 e 6 della legge 25 febbraio 1963, n.
327);
bb) legge 23 luglio 1980 n. 487
(Interventi della Cassa per la
formazione della proprietà contadina a
favore delle cooperative agricole);
cc) legge 3 maggio 1982, n. 203
(Norme sui contratti agrari), ad
eccezione degli articoli 25, 26, da 28 a
33-bis e 37;
dd) articoli 1, 2 e 15 della legge 4
giugno 1984 n. 194 (Interventi a
sostegno dell’agricoltura) [N.B.: gli altri
articoli riguardano autorizzazioni di
spese che si ignora se siano ancora
vigenti;
k) la legge 15 settembre 1964, n. 756,
norme in materia di contratti agrari;
l) gli articoli da 1 a 3, da 5 a 8, da 12 a
13, 14, comma 1, da 15 a 39 della
legge 26 maggio 1965, n. 590,
disposizioni per lo sviluppo della
proprietà coltivatrice, ad eccezione del
comma 2 dell’articolo 14 e dell’articolo
25;
m) la legge 22 luglio 1966, n. 606,
disposizioni in materia di affitto a
conduttori non coltivatori diretti, ad
eccezione del comma 4 dell’articolo 1;
n) la legge 22 luglio 1966, n. 607,
norme in materia di enfiteusi e
prestazioni fondiarie perpetue;
o) gli articoli da 1 a 4 della legge 18
dicembre 1970, n. 1138, nuove norme
in materia di enfiteusi;
p) la legge 11 febbraio 1971 n. 11,
nuova disciplina dell’affitto di fondi
rustici, ad esclusione dell’art. 26 già
abrogato;
q) la legge 14 agosto 1971, n. 817,
disposizioni per il rifinanziamento delle
provvidenze per lo sviluppo della
proprietà coltivatrice, ad eccezione
dell’articolo 6;
r) la legge 9 agosto 1973, n. 508,
ulteriore proroga delle disposizioni
contenute nella legge 462/1972 in
materia di affitto di fondi rustici;
s) la legge 10 dicembre 1973, n. 814,
modifiche alla legge n. 11 del 1971
concernente la disciplina dell’affitto dei
fondi rustici;
t) la legge 7 gennaio 1974, n. 3,
norme integrative ed interpretative
della legge 15 febbraio 1958, n. 74, sui
livelli veneti;
u) la legge 14 giugno 1974, n. 270,
norme in materia di enfiteusi;
v) la legge 10 maggio 1976, n. 265,
modifiche e integrazioni alla legge n.
590
del
1965
sulla
proprietà
coltivatrice);
w) la legge 10 maggio 1978, n. 176,
norme provvisorie in materia di affitto
di fondi rustici;
x) la legge 4 agosto 1978 n. 440, sulla
concessione delle terre incolte;
y) la legge 8 gennaio 1979 n. 2,
interpretazione autentica dell’articolo 8
della legge n. 590 del 1965;
z) la legge 22 maggio 1980, n. 233,
interpretazione autentica degli articoli
1 e 6 della legge 25 febbraio 1963, n.
327;
aa) la legge 23 luglio 1980 n. 487,
interventi
della
Cassa
per
la
formazione della proprietà contadina a
favore delle cooperative agricole;
bb) la legge 3 maggio 1982, n. 203,
norme sui contratti agrari, ad
eccezione degli articoli 25, 26, da 28 a
33-bis, nonché degli articoli 46 e 47
questi ultimi già abrogati;
cc) gli articoli 1 e 15 della legge 4
186
ee) legge 14 febbraio 1990 n. 29
(Modifiche e integrazioni alla legge
203/1982 relativa alla conversione in
affitto dei contratti agrari associativi);
ff) legge 5 febbraio 1992, n. 102
(Norme
concernenti
l’attività
d’acquacoltura);
gg) comma 1 dell’articolo 26 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna
selvatica);
hh) articolo 2 della legge 23 agosto
1993, n. 349, Norme in materia di
attività cinotecnica;
ii) articoli 4, 5 e 5-bis (commi 1, 2, 3
e 6) della legge 31 gennaio 1994, n.
97 (Nuove disposizioni per le zone
montane);
jj) comma 2, lettere d) e g),
dell’articolo 4 del decreto legislativo 31
marzo 1998 n. 114 (Riforma della
disciplina del commercio);
kk) articolo 15 del decreto legislativo
30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in
materia di contenimento dei costi di
produzione e per il rafforzamento
strutturale delle imprese agricole);
ll) articoli 3 (commi 1, 2 e 3), 14
(comma 1) e 15 della legge 15
dicembre 1998, n. 441 (Norme per la
diffusione
e
la
valorizzazione
dell’imprenditoria
giovanile
in
agricoltura);
mm) articoli 1, 3 e 4 (comma 2) della
legge 27 luglio 1999, n. 268 (Disciplina
delle strade del vino);
nn) commi 3-bis e 3-ter dell’articolo
59 della legge 23 dicembre 1998, n.
488 (Legge finanziaria 2000) come
aggiunti dall’articolo 123 della legge 23
dicembre 2000, n. 388 (Legge
finanziaria 2001);
oo) articolo 1 del decreto del
Presidente
della
Repubblica
1
dicembre 1999 n. 503 (Regolamento
recante norme per l’istituzione della
carta dell’agricoltore e del pescatore e
dell’anagrafe delle aziende agricole, in
attuazione dell’art. 14, comma 3, d.
lgs. 173/1998);
pp) articoli 2 (commi 1-7) e 3 del
decreto legislativo 18 maggio 2001 n.
226 (Orientamento e modernizzazione
del
settore
della
pesca
e
dell’acquacoltura);
qq) articoli 5 (comma 3), 7 e 8 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
227 (Orientamento e modernizzazione
del settore forestale);
rr) articoli 1 (comma 2), da 2 a 11
(commi da 4 a 5), da 13 a 15, da 21 a
22 del decreto legislativo 18 maggio
2001 n. 228 (Orientamento e
modernizzazione del settore agricolo);
ss) articolo 67 della legge 27
dicembre 2002, n. 289 (Legge
finanziaria per il 2003);
tt) articoli 1, 2 (comma 1, lettere a e
giugno 1984 n. 194, interventi a
sostegno dell’agricoltura;
dd) la legge 14 febbraio 1990 n. 29,
modifiche e integrazioni alla legge n.
203 del 1982 relativa alla conversione
in affitto dei contratti agrari associativi,
ad esclusione dell’articolo 9 già
abrogato;
ee) la legge 5 febbraio 1992, n. 102,
norme
concernenti
l’attività
d’acquicoltura;
ff) l’articolo 26 della legge 11
febbraio 1992, n. 157, norme per la
protezione della fauna selvatica;
gg) l’articolo 2 della legge 23 agosto
1993, n. 349, norme in materia di
attività cinotecnica;
hh) gli articoli 4, 5 e 5-bis, commi 1, 2,
3 e 6, della legge 31 gennaio 1994, n.
97, nuove disposizioni per le zone
montane;
ii) il comma 2, lettere d) e g),
dell’articolo 4 del decreto legislativo 31
marzo 1998 n. 114, riforma della
disciplina del commercio;
jj) l’articolo 15 del decreto legislativo
30 aprile 1998, n. 173, disposizioni in
materia di contenimento dei costi di
produzione e per il rafforzamento
strutturale delle imprese agricole;
kk) gli articoli 3, commi 1, 2, 3 e 4,
14, comma 1, e 15 della legge 15
dicembre 1998, n. 441, norme per la
diffusione
e
la
valorizzazione
dell’imprenditoria
giovanile
in
agricoltura;
ll) gli articoli 1, 3 e 4, comma 2, della
legge 27 luglio 1999, n. 268, disciplina
delle strade del vino;
mm) i commi 3-bis e 3-ter dell’articolo
59 della legge 23 dicembre 1999, n.
488, legge finanziaria 2000, come
aggiunti dall’articolo 123 della legge 23
dicembre 2000, n. 388, legge
finanziaria 2001;
nn) l’articolo 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999 n. 503, regolamento
recante norme per l’istituzione della
carta dell’agricoltore e del pescatore e
dell’anagrafe delle aziende agricole, in
attuazione dell’articolo 14, comma 3,
del decreto legislativo n. 173 del
1998);
oo) gli articoli 9 e 10 del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 185,
come modificati;
pp) gli articoli 2, commi da 1 a 7, e 3
del decreto legislativo 18 maggio 2001
n.
226,
orientamento
e
modernizzazione del settore della
pesca e dell’acquicoltura;
qq) gli articoli 5, comma 3, 7 e 8 del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n.
227, orientamento e modernizzazione
del settore forestale;
rr) gli articoli 1, comma 2, da 2 a 11,
commi 4 e 5, 13 e 14, 21 e 22 del
187
b), 3, 4, 5 della legge 24 dicembre
2003, n. 378 (Disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale);
uu) articoli 1, 2, 4 (comma 1), da 7 a
11, 13 (commi 2, 3 e 6) e 14 (commi 2,
3, 4, 7, 8 e 13-quater) del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99
(Disposizioni in materia di soggetti e
attività,
integrità
aziendale
e
semplificazione
amministrativa
in
agricoltura);
vv) articoli 1, 2 e 5 del decreto legge
22
novembre
2004,
n.
279
(Disposizioni urgenti per assicurare la
coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica,
convenzionale
e
biologica), convertito, con modifiche,
nella legge 28 gennaio 2005, n. 5;
ww) articoli 1, 2, 3 e 4 (comma 3) del
decreto legislativo 27 maggio 2005 n.
101 (Ulteriori disposizioni per la
modernizzazione
dei
settori
dell’agricoltura e delle foreste);
xx) articoli 2bis,
3 (comma 5quinquies) e 4 del decreto legge 9
settembre 2005 n. 182 (Interventi
urgenti in agricoltura e per gli
organismi pubblici del settore, nonché
per contrastare andamenti anomali dei
prezzi nelle filiere agroalimentare),
convertito, con modifiche, in legge 11
novembre 2005, n. 231;
yy) articolo 1 (commi 420 e 423),
legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Legge
finanziaria per il 2006);
zz) articoli 2-quinquies, 5 (commi 1sexies e 1-septies) del decreto legge
10 gennaio 2006, n. 2 (Interventi
urgenti per i settore dell’agricoltura,
dell’agroindustria, della pesca, nonché
in materia di fiscalità di impresa),
convertito, con modifiche, in legge 11
marzo 2006, n. 2;
aaa) articoli da 1 a 3, da 5 a 13 e 15
della legge 20 febbraio 2006 n. 96
(Disciplina dell’agriturismo);
bbb) commi 1065, 1068, 1069, 1081,
1082 e 1094, dell’articolo 1 della legge
27 dicembre 2006, n. 296 (Legge
finanziaria per 2007);
ccc) commi 35, 120, 177, 134 e 382
dell’articolo 2 della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (Legge finanziaria per il
2008);
ddd) articolo 27 del decreto legge 31
dicembre 2007 n. 248 (Proroga dei
termini
previsti
da
disposizioni
legislative e disposizioni urgenti in
materia finanziaria);
eee) articoli 4-ter e 4-octies del
decreto legge 3 novembre 2008, n.
171 (Misure urgenti per il rilancio
competitivo
del
settore
agroalimentare);
fff) articolo 4-quinquies del decreto
legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito,
con modificazioni, nella legge 3 agosto
decreto legislativo 18 maggio 2001 n.
228, orientamento e modernizzazione
del settore agricolo;
ss) (già tt) l’articolo 67 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, legge
finanziaria per il 2003;
tt) gli articoli 1, 2, comma 1, lettere
a) e b), 3, 4, 5 della legge 24 dicembre
2003, n. 378, disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale;
uu) gli articoli 1, 2, 4, comma 1, da 7
a 11, 13, commi 2, 3 e 6, e 14, commi
2, 3, 4, 7, 8 e 13-quater, del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99,
disposizioni in materia di soggetti e
attività,
integrità
aziendale
e
semplificazione
amministrativa
in
agricoltura;
vv) i commi 1, 2, 3, 4, 5 e 5-bis
dell’articolo 2 del decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 102, interventi
finanziari a sostegno delle imprese
agricole) come modificati o sostituiti
dalle lettere b), c), d), e) ed f) del
comma 1 dell’articolo 1 del decreto
legislativo 18 aprile 2008, n. 82,
modifiche al decreto legislativo 29
marzo 2004, n. 102;
ww) gli articoli 1, 2 e 5 del decretolegge 22 novembre 2004, n. 279,
disposizioni urgenti per assicurare la
coesistenza tra le forme di agricoltura
transgenica,
convenzionale
e
biologica,
convertito,
con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio
2005, n. 5;
xx) gli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 3,
del decreto legislativo 27 maggio 2005
n. 101, ulteriori disposizioni per la
modernizzazione
dei
settori
dell’agricoltura e delle foreste;
yy) gli articoli 2-bis, 3, comma 5quinquies, e 4 del decreto-legge 9
settembre 2005 n. 182, interventi
urgenti in agricoltura e per gli
organismi pubblici del settore, nonché
per contrastare andamenti anomali dei
prezzi nelle filiere agroalimentare,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 novembre 2005, n. 231;
zz) l’articolo 1, commi 420 e 423,
legge 23 dicembre 2005 n. 266, legge
finanziaria per il 2006;
aaa) gli articoli 2-quinquies, 5, commi
1-sexies e 1-septies, del decreto-legge
10 gennaio 2006, n. 2, interventi
urgenti per i settore dell’agricoltura,
dell’agroindustria, della pesca, nonché
in materia di fiscalità di impresa,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 marzo 2006, n. 2;
bbb) gli articoli da 1 a 3, da 5 a 13 e 15
della legge 20 febbraio 2006, n. 96,
disciplina dell’agriturismo;
ccc) i commi 1065, 1068, 1069, 1081,
1082 e 1094, dell’articolo 1 della legge
27 dicembre 2006, n. 296, legge
188
2009, n. 102 (Provvedimenti anticrisi,
nonché proroga dei termini);
ggg) articoli da 1629 a 1631, da 1634
a 1649, 1652, 1654 e da 2141 a 2187
del codice civile.
2. Tutti i rinvii alle disposizioni
nominalmente abrogate dal comma 1,
perché sostituite da disposizioni
contenute nel presente decreto
legislativo, si intendono riferiti a queste
ultime.
finanziaria per 2007;
ddd) i commi 35, 120, 177, 134 e 382
dell’articolo 2 della legge 24 dicembre
2007, n. 244, legge finanziaria per il
2008;
eee) gli articoli 4-ter e 4-octies del
decreto-legge 3 novembre 2008, n.
171, misure urgenti per il rilancio
competitivo del settore agroalimentare,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 dicembre 2008, n. 205;
fff) l’articolo 4-quinquies del decretolegge 1° luglio 2009, n. 78, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto
2009, n. 102, provvedimenti anticrisi,
nonché proroga dei termini;
ggg) il comma 4-bis (le prime tre frasi)
dell’articolo 2 del decreto-legge 30
dicembre 2009, n. 194 (il c.d. decreto
“mille proroghe”), convertito. Con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio
2010, n. 25;
hhh) il comma 41 dell’articolo 1 della
legge 13 dicembre 2010 n. 220;
iii) il comma 43 dell’articolo 23 del
decreto-legge 6 luglio 2001 n. 98,
convertito in legge 15 luglio 2011 n.
111;
jjj) la prima frase del comma 2
dell’articolo 7 della legge 12 novembre
2011, n. 183;
lll) gli articoli da 1629 a 1631, da 1634
a 1649, 1652, 1654 e da 2141 a 2187
del codice civile.
2. Tutti i rinvii alle disposizioni
nominalmente abrogate dal comma 1,
perché sostituite da disposizioni
contenute nel presente decreto
legislativo, si intendono riferiti a queste
ultime.
*Si suggerisce di espungere dall’articolo sulle abrogazioni le seguenti disposizioni:
-legge 18 agosto 1948 n. 1140, perché già abrogata
-articolo 2 della legge 4 giugno 1984 n. 194, perché già abrogato
-articolo 27 del d.l. 248/2007 (Consigliano tale espunzione la Commissione bicamerale e la Commissione agricoltura del
Senato). I suggerimenti sono stati accolti.
*Inoltre sono stati espunti dall’elenco delle abrogazioni, perché già abrogati dall’art.34, commi 10,11,12 e 13 del d.lgs. 1
settembre 2011 n. 150, sulle disposizioni complementari al codice di procedura civile, le seguenti disposizioni:
-articoli 5, 6 e 7 della legge 2 marzo 1963 n. 320
-articolo 26 della legge 11 febbraio 1971 n. 11
-articoli 46 e 47 della legge 3 maggio 1982 n. 203
-articolo 9 della legge 14 febbraio 1990 n. 29.
*L’attenta rilettura dell’intero schema di decreto legislativo di riordino e semplificazione ha messo in evidenza che, alle
disposizioni di abrogazione contenute nello schema approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009, debbano
aggiungersi le seguenti:
-artt. 9 e 10 d.lgs. 185/2000, interamente riprodotti nei commi 2,3,4 e 5 dell’art. 13 del presente decreto;
mentre dalle abrogazione debbano essere espunti:
-l’art. 4 della legge 26 maggio 1965 n. 590
Titolo VII
Titolo VI
Delle disposizioni finali
Il comma 1 è stato “dettato” dal
Delle disposizioni finali
Ministero dell’economia.
Art. 122
Art. 132
Il comma 2 ribadisce la clausola di
(Norma finale)
(Norma finanziaria)
invarianza
finanziaria
anche
in
ottemperanza a quanto previsto dalla 1.Le disposizioni recate dal presente 1. Le disposizioni recate dal presente
189
legge delega (art. 10, comma 1, legge decreto legislativo non comportano, in
246/2005).
ogni caso, mutamenti dell’ambito di
applicazione di norme tributarie
agevolative vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto.
decreto legislativo non comportano, in
ogni caso, mutamenti dell’ambito di
applicazione di norme tributarie
agevolative vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto.
2. Comunque, dall’attuazione del
presente decreto non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Si è sentita l’opportunità/necessità di riproporre in modo generale che le disposizioni del presente decreto legislativo di
riordino e semplificazione non possono incidere sulle finanze pubbliche.
L’articolo riproduce la clausola di cui
all’art. 14, comma 18, della legge
246/2005.
Art. 133
(Disposizioni integrative, correttive
e modificative)
A decorrere dalla data di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale del presente
decreto legislativo e del correlato
regolamento ed entro due anni dalla
relativa entrata in vigore, possono
essere emanate, con uno o più decreti
legislativi, su proposta del Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali, disposizioni integrative e
correttive.
Ogni intervento normativo di rango
legislativo incidente sul presente
decreto legislativo o sulle materie dallo
stesso disciplinate va attuato mediante
esplicita modifica, integrazione, deroga
o
abrogazione
delle
specifiche
disposizioni in esso contenute.
Come stabilito in occasione dell’emanazione di altri “codici” di settore e su raccomandazione della Commissione
bicamerale per la semplificazione (ribadita nel parere del 23 novembre 2011) si è previsto che entro due anni dall’entrata
in vigore del presente decreto possano essere emanate disposizioni integrative e correttive, come è previsto dall’art. 14
della legge 246/2005 (ma senza richiamare la legge 246/2005). Inoltre, anche su suggerimento della Commissione
bicamerale per la semplificazione e comunque ai sensi dell’art. 13-bis della legge 400/1988, si è avvertita
l’opportunità/necessità di stabilire che le future disposizioni sulle materie contenute nel presente decreto legislativo
debbano intervenire sul testo di questo stesso decreto, mediante espressa modificazione delle sue disposizioni. A
seguito della riformulazione dell’apparato ministeriale (novembre 2011) si è ritenuta necessaria l’eliminazione del
richiamo al “concerto” con il Ministro per la semplificazione normativa.
L’entrata in vigore del decreto
legislativo coincide con quella del
connesso DPR (v. art 23 del DPR) ed
è strettamente agganciata al peculiare
meccanismo previsto dal c.d. taglialeggi che individua la decorrenza
dell’effetto automatico abrogativo a far
data dal 15 dicembre 2010 (cfr. art. 14,
comma 14-ter, legge 246/2005)
Art. 134
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto legislativo entra
in vigore sei mesi dopo la
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
Nella stessa data entra in vigore il
decreto
del
Presidente
della
Repubblica attuativo del presente
decreto legislativo.
2. Fino all’adozione dell’intervento
correttivo che provveda ad adeguare il
presente
decreto
legislativo,
rimangono in vigore le disposizioni
che, nelle materie del presente decreto
legislativo, dovessero essere emanate
prima della data della sua entrata in
vigore.
3. Il presente decreto legislativo,
munito del sigillo dello Stato, sarà
inserito nella Raccolta ufficiale degli
atti normativi della Repubblica italiana.
190
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e farlo osservare.
Si è prevista un’entrata in vigore entro sei mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Nel suo parere del 23 novembre 2011, la Commissione bicamerale per la semplificazione ha suggerito di integrare
l’art. 134: a) con la previsione della contestuale entrata in vigore del DPR attuativo del presente decreto legislativo di
riordino e ciò ai sensi dell’art. 20, comma 7, della legge 59/1997; b) con la clausola di salvezza per le disposizioni che
dovessero essere nel frattempo emanate, prima dell’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino,
assicurandone la permanenza in vigore, fino all’adozione di un primo intervento correttivo che provveda ad adeguare il
decreto legislativo di riordino. Il suggerimento è da accogliersi
Il d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 212 “Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’articolo 14, comma14quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246”, il d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 213 “Modifiche ed integrazioni al decreto
legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante dispo sizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene
indispensabile la permanenza in vigore” e il DPR 13 dicembre 2010, n. 248, “Regolamento recante abrogazione
espressa delle norme regolamentari vigenti che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto
normativo o sono comunque obsolete, a norma dell’articolo 17, comma 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400” sono
stati esaminati nella redazione dei presenti testi di d.lgs. e del correlato DPR, ma giudicati non rilevanti ai loro fini.
191
192
PROPOSTA
DI
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
ATTUATIVO DEL
DECRETO LEGISLATIVO
DI RIORDINO DELLE NORMATIVE
SULL’ATTIVITA’ AGRICOLA
Indice
Titolo I Dell’impresa agricola
Capo I Dell’attività di produzione e cessione di agroenergia come attività connessa
ART. 1 (Opzione per la determinazione del reddito da cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili
agroforestali e fotovoltaiche)
Capo II Degli imprenditori agricoli giovani
ART. 2 (Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura)
ART. 3 (Percorsi formativi per giovani agricoltori)
Capo III Delle attività connesse agrituristiche
ART. 4 (Programmazione e sviluppo dell'agriturismo)
ART. 5 (Osservatorio nazionale dell'agriturismo)
Capo IV Delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici
Art. 6 (Presentazione delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici
Art. 7 (Misure di sostegno)
Capo V Dell’acquicoltura, della piscicoltura e dell’impresa ittica
Art. 8 (Filiera del settore ittico)
Capo VI Della carta dell’agricoltore e del fascicolo aziendale
ART. 9 (Della carta dell’agricoltore)
ART. 10 (Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento)
Titolo II Della disciplina delle aree agricole
Capo I Della gestione e della tutela dello spazio rurale
ART. 11 (Della buona pratica agricola)
Capo II Dell’architettura rurale
ART. 12 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale)
ART. 13 (Procedure di concessione dei contributi)
ART. 14 (Sponsorizzazioni)
Capo III Della biodiversità e dell’agricoltura transgenica
ART. 15 (Sorveglianza rinforzata)
ART. 16 (Fondo per filiere produttive esenti da contaminazioni OGM)
Titolo III della proprietà terriera e delle strutture agrarie
ART. 17 (Piani di ricomposizione fondiaria e di riordino)
ART. 18 (Commissione provinciale per la determinazione dei valori dei terreni ai fini della concessione del mutuo)
ART. 19 (Attestazione notarile circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia)
Titolo IV Della contrattazione agraria
ART. 20 (Annata agraria)
ART. 21 (Commissioni tecniche provinciali)
TITOLO V Delle disposizioni finali
Art. 22 (Norma finanziaria)
Art. 23 (Entrata in vigore)
193
194
Norme originarie da cui sono
Norme approvate dal Consiglio
Norme ribadite o modificate
dei Ministri l’11.12.2009
state
riprodotte
le
norme
dopo l’esame da parte delle
approvate dal Consiglio dei
competenti
Commissioni
Ministri l’11.12.2009.
parlamentari, del Consiglio di
In questa colonna sono anche
Stato e della Conferenza Statoriportate le considerazioni dei
Regioni, nonché a seguito delle
compilatori del testo nel momento
prescritte audizioni e dell’incontro
in cui esso è stato proposto al
con le organizzazioni professionali
Consiglio dei Ministri.
del 9.XI.2011.
Tutte le modifiche sono scritte in rosso. I soggetti che hanno proposto le osservazioni sono individuabili in base al
colore: in verde, le varie Commissioni parlamentari; in azzurro, il Consiglio di Stato; in celeste, la Conferenza StatoRegioni e gli altri Organismi consultati o auditi; in fucsia sono riportate le osservazioni delle organizzazioni professionali
all’incontro del 9.XI.2011 presso il MiPAAF. Egualmente in fucsia sono riportate le spiegazioni a tutte le novità introdotte
legislativamente dopo la presentazione del nuovo testo alle Commissioni parlamentari (giugno 2011). Le correzioni di
refusi sono evidenziate in giallo. I rinvii al decreto legislativo sono evidenziati in grigio.
Riprodotto dall’ultimo inciso dell’art. 1,
comma 423, legge 23 dicembre 2005,
n. 266 (legge finanziaria per il 2006,
come successivamente modificato:
“Ferme restando le disposizioni
tributarie in materia di accisa, la
produzione e la cessione di energia
elettrica e calorica da fonti rinnovabili
agroforestali e fotovoltaiche nonché di
carburanti ottenuti da produzioni
vegetali provenienti prevalentemente
dal fondo e di prodotti chimici derivanti
da
prodotti
agricoli
provenienti
prevalentemente dal fondo effettuate
dagli
imprenditori
agricoli,
costituiscono attività connesse ai sensi
dell'articolo 2135, terzo comma, del
codice civile e si considerano
produttive di reddito agrario, fatta salva
l’opzione per la determinazione del
reddito nei modi ordinari, previa
comunicazione all’ufficio secondo le
modalità previste dal regolamento di
cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n.
442”.
TITOLO I
Dell’impresa agricola
TITOLO I
Dell’impresa agricola
Capo I
Dell’attività di produzione e
cessione di agroenergia come
attività connessa
Capo I
Dell’attività di produzione e
cessione di agroenergia come
attività connessa
Art. 1
(Opzione per la determinazione
del reddito da produzione e
cessione di energia elettrica e
calorica da fonti rinnovabili
agroforestali e fotovoltaiche)
1. L’opzione per la determinazione del
reddito derivante dalla produzione e
cessione di energia elettrica e calorica
da fonti rinnovabili agroforestali e
fotovoltaiche quale attività connessa
dell’imprenditore agricolo di cui
all’ultimo comma dell’articolo 2135 del
codice civile, è esercitata previa
comunicazione all’ufficio secondo le
modalità previste dal regolamento di
cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.
Art. 1
(Opzione per la determinazione
del reddito da cessione di energia
elettrica e calorica da fonti
rinnovabili agroforestali e
fotovoltaiche)
1. L’opzione per la determinazione del
reddito derivante dalle attività di
produzione e cessione di energia
elettrica e calorica da fonti rinnovabili
agroforestali e fotovoltaiche di cui
all’ultimo comma dell’articolo 2135 del
codice civile è esercitata previa
comunicazione all’ufficio secondo le
modalità previste dal regolamento di
cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.
Il Consiglio di Stato, nella parte 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 72-73) ha ritenuto legittimo lo scorporo
della norma originaria in una disposizione di rango legislativo (l’art. 2 dello schema di decreto legislativo) ed una di valore
regolamentare (appunto, il presente articolo 1).
Si è suggerita la modificazione formale con la sostituzione delle parole “derivante dalla produzione e cessione di
energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche quale attività connessa dell’imprenditore
agricolo” con le parole “derivante dalle attività [dell’imprenditore agricolo di cui all’ultimo comma dell’art. 2135 c.c.]…..”
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata secondo il
suggerimento.
Capo II
Capo II
Il primo periodo del comma 1 è
Degli imprenditori agricoli
Degli imprenditori agricoli
giovani
giovani
riprodotto dal comma 1068 dell’art. 1
della legge 296/2006 (legge finanziaria
ART. 2
ART. 2
per il 2007): “Al fine di favorire il
cambio generazionale e lo sviluppo
(Fondo per lo sviluppo
(Fondo per lo sviluppo
delle imprese giovanili nel settore
dell’imprenditoria giovanile in
dell’imprenditoria giovanile in
agricolo ed agro-alimentare, è istituito
agricoltura)
agricoltura)
presso il Ministero delle politiche 1. Al fine di favorire il cambio 1. Al fine di favorire il ricambio
agricole alimentari e forestali il Fondo generazionale e lo sviluppo delle generazionale e lo sviluppo delle
195
per lo sviluppo dell’imprenditoria
giovanile in agricoltura avente una
disponibilità finanziaria di 10 milioni di
euro all’anno per il quinquennio 20072011”. Il secondo periodo del
comma 1 è riprodotto dall’art. 2,
comma 120, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (legge finanziaria per il
2008: “120. Il Fondo per lo sviluppo
dell’imprenditoria
giovanile
in
agricoltura, istituito dall’articolo 1,
comma 1068, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, è altresì destinato al
ricambio generazionale e allo sviluppo
delle imprese giovanili nel settore della
pesca”.
La parte prima del comma 2 è
riprodotta dal comma 1069 dell’art.1
della legge 296/2006 (legge finanziaria
per il 2007): “Con decreto di natura
non regolamentare del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali
sono disciplinati i criteri, le modalità e
le procedure di attuazione del Fondo di
cui al comma 1068, in coerenza con la
normativa comunitaria in materia di
aiuti di Stato nel settore agricolo”.
La parte seconda del comma 2 è
riprodotta dall’art. 1, comma 1074,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(legge finanziaria per il 2007), dispone:
“Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d'intesa
con
la
Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da emanare entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, sono disciplinate
le modalità operative di funzionamento
del Fondo di cui al comma 1068, nel
rispetto degli orientamenti comunitari
in materia”. Trattandosi di un mero
rinvio, il detto comma 1074 rimane in
vigore.
imprese giovanili nel settore agricolo
ed agro-alimentare, è istituito presso il
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali il Fondo per lo
sviluppo dell’imprenditoria giovanile in
agricoltura avente una disponibilità
finanziaria di 10 milioni di euro all’anno
per il quinquennio 2007-2011. Tale
fondo è altresì destinato al ricambio
generazionale e allo sviluppo delle
imprese giovanili nel settore della
pesca.
2. Con decreto di natura non
regolamentare del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali
sono disciplinati i criteri, le modalità e
le procedure di attuazione del Fondo di
cui al comma 1, in coerenza con la
normativa comunitaria in materia di
aiuti di Stato nel settore agricolo. Le
modalità operative di funzionamento
del fondo sono disciplinate come
stabilito dall’articolo 1, comma 1074,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
imprese giovanili nel settore agricolo
ed agro-alimentare, è istituito presso il
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali il Fondo per lo
sviluppo dell’imprenditoria giovanile in
agricoltura avente una disponibilità
finanziaria di 10 milioni di euro all’anno
per il quinquennio 2007-2011. Tale
fondo è altresì destinato al ricambio
generazionale e allo sviluppo delle
imprese giovanili nel settore della
pesca.
2. Con decreto di natura non
regolamentare del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali
sono disciplinati i criteri, le modalità e
le procedure di attuazione del Fondo di
cui al comma 1, in coerenza con la
normativa comunitaria in materia di
aiuti di Stato nel settore agricolo. Le
modalità operative del funzionamento
del fondo sono disciplinate dall’articolo
1, comma 1074, della legge 27
dicembre 2006, n. 296.
Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 73), rileva che “si tratta di una disposizione di
natura finanziaria, che può essere oggetto di delegificazione ove si consideri, da un lato, la sua portata di
organizzazione, dall’altro la sua stretta coesione con l’articolo 13 del codice [cioè con il relativo articolo dello schema di
decreto legislativo di riordino e semplificazione].
Benché il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere, nulla dica in modo esplicito sulla delegificazione della
disposizione riprodotta dal comma 1069 dell’art1 della legge finanziaria per il 2007, si può serenamente confermare la
considerazione espressa dallo stesso Consiglio di Stato con riguardo al comma 1068 dell’art. della stessa legge
finanziaria per il 2007.
Si suggerisce la modificazione formale, nel comma 1, della parola “cambio generazionale” con “ricambio
generazionale” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata
riformulata secondo il suggerimento.
Si suggerisce di sopprimere il secondo periodo secondo il quale “Le modalità operative del Fondo sono disciplinate
dall’art.1, comma 1074, della legge 27 dicembre 2006 n. 296” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va
accolto perché è di natura formale: infatti il secondo periodo (benché riprodotto dal comma 1074 dell’art. 1 della legge
296/2006) è sostanzialmente ripetitivo del primo periodo (che è riprodotto dal comma 1069 dell’art. 1 della legge
296/2006). Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il suggerimento.
ART. 3
ART. 3
(Percorsi informativi per giovani
(Percorsi formativi per giovani
Riprodotto dal comma 5 dell’articolo 3
agricoltori)
agricoltori)
legge 15 dicembre 1998, n. 441
Norme per la diffusione e la 1. Allo scopo di realizzare percorsi 1. Allo scopo di realizzare percorsi
196
valorizzazione
dell'imprenditoria
giovanile in agricoltura. «Aiuti al primo
insediamento
determinazione
del
reddito e formazione. Per una migliore
comprensione della disposizione si
riporta l’intero articolo 3, precisando
che i commi 1-4 sono stati riportati
nello schema di decreto legislativo di
riordino e semplificazione: “1. Le
regioni accordano prioritariamente gli
aiuti di cui all'articolo 10 del citato
regolamento (CE) n. 950/97 ai giovani
agricoltori che si insediano nelle zone
di montagna o svantaggiate delimitate
ai sensi degli articoli 21 e seguenti del
medesimo regolamento, nonché ai
giovani agricoltori che succedono al
titolare dell'azienda quando questi
abbia aderito al regime di aiuti previsto
dal programma di cui al regolamento
(CE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30
giugno 1992. // 2. Per poter accedere
agli aiuti i giovani agricoltori devono
avere frequentato almeno la scuola
dell'obbligo ed aver partecipato o
impegnarsi
a
partecipare
nei
ventiquattro mesi successivi alle
iniziative formative di cui ai commi 4 e
5. Sono esentati da tale ultimo
impegno i giovani che già siano in
possesso di un diploma di laurea o di
scuola media superiore ad indirizzo
agrario o di un diploma assimilabile,
ovvero del titolo conseguito presso
istituti professionali di Stato per
l'agricoltura o ad essi parificati, nonché
quelli che abbiano maturato una
esperienza almeno triennale nella
qualifica
di
coadiuvante
o
di
collaboratore familiare. // 3. La
determinazione della quota del reddito
agricolo rispetto al reddito totale, per le
finalità di cui all'articolo 5 del citato
regolamento (CE) n. 950/97, è
effettuata secondo il criterio del reddito
lordo standard (RLS) di cui alla
decisione
85/377/CEE
della
Commissione, del 7 giugno 1985,
calcolato su stime standardizzate per
ettari di superficie, nel caso delle
produzioni vegetali, e per capi di
bestiame, suddivisi per specie e
categorie, nel caso delle produzioni
animali, o desunta dalla contabilità
aziendale
ove
richiesto
dall'imprenditore. // 4. Le regioni
disciplinano
le
modalità
di
adeguamento
della
formazione
professionale
alle
esigenze
di
un'agricoltura moderna previste dagli
articoli 26, 27 e 28 del citato
regolamento (CE) n. 950/97, in
particolare per quanto concerne i
giovani agricoltori. // 5. Allo scopo di
realizzare percorsi formativi finalizzati
all'inserimento lavorativo in agricoltura
dei giovani laureati o diplomati, il
Ministro delle politiche agricole e
formativi
finalizzati
all’inserimento
lavorativo in agricoltura dei giovani
laureati o diplomati, il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d’intesa con le regioni, è autorizzato a
stipulare accordi o convenzioni con
istituti
di
istruzione,
anche
universitaria,
con
altri enti
di
formazione e con gli ordini e collegi
degli agronomi, degli agrotecnici e dei
periti agrari per lo svolgimento di corsi
orientati alla preparazione dei giovani
agricoltori. Per le finalità di cui al
presente comma è autorizzata la
spesa nel limite di 516 milioni di euro
annue a decorrere dal 1999.
formativi
finalizzati
all’inserimento
lavorativo in agricoltura dei giovani
laureati o diplomati, il Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d’intesa con le regioni, è autorizzato a
stipulare accordi o convenzioni con
istituti
di
istruzione,
anche
universitaria,
con
altri enti
di
formazione e con gli ordini e collegi
degli agronomi, degli agrotecnici e dei
periti agrari per lo svolgimento di corsi
orientati alla preparazione dei giovani
agricoltori. Per le finalità di cui al
presente comma è autorizzata la
spesa nel limite di 516 mila euro annui
a decorrere dal 1999.
197
forestali, d'intesa con le regioni è
autorizzato a stipulare accordi o
convenzioni con istituti di istruzione,
anche universitaria, con altri enti di
formazione e con gli ordini e collegi
degli agronomi, degli agrotecnici e dei
periti agrari per lo svolgimento di corsi
orientati alla preparazione dei giovani
agricoltori. Per le finalità di cui al
presente comma è autorizzata la
spesa nel limite di un miliardo di lire
annue a decorrere dal 1999».
La Corte costituzionale, con sentenza
31 maggio 2001, n. 170, aveva
dichiarato l'illegittimità costituzionale
del comma 5 dell’articolo 3 nella parte
in cui autorizza, con riferimento
all'ambito territoriale delle Province
autonome di Trento e di Bolzano, il
Ministro per le politiche agricole a
stipulare, d'intesa con le Regioni,
accordi o convenzioni con istituti di
istruzione, enti di formazione e collegi
professionali, volti allo svolgimento di
corsi per la formazione professionale
dei giovani agricoltori. Detta sentenza
deve essere tenuta presente anche
nell’interpretazione della nuova norma.
Nella nuova formulazione si è tenuto
conto
dell’abrogazione
del
regolamento
950/97
ad
opera
dell’articolo 55 del regolamento
1257/99 che contiene una nuova
disciplina della materia, con le
modifiche apportate dal regolamento
1783/2003.
Ogni
riferimento
all’imprenditore agricolo a titolo
principale è stato sostituito con
l’imprenditore agricolo professionale,
in coerenza con quanto disposto
dall’articolo 1 comma 5ter del decreto
legislativo 29 marzo 2004, n. 99,
aggiunto dall’articolo 1, comma 4 del
decreto legislativo 27 maggio 2005, n.
101, nonché all’art. 6 del decreto
legislativo di riordino e semplificazione.
E’ stato evidenziato il refuso contenuto nella rubrica, in cui vi era il termine “informativi” anziché quello corretto
“formativi” (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, per cui la disposizione è stata riformulata
secondo il suggerimento.
Nella parte 9 del suo parere (pag. 73) il Consiglio di Stato non solleva osservazioni sulla delegificazione del comma 5
dell’art. 3 dell’originaria legge 441/1998, che quindi viene riportata come art. 3 di questo DPR.
ART. 4
(Disposizioni per l’insediamento La norma è tornata “legificata” e quindi
nelle zone di montagna)
è stata portata nel d.lgs. (art. 13,
1. La normativa di cui al decreto-legge commi 19-20).
30 dicembre 1985, n. 786, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28
febbraio 1986, n. 44, e successive
modificazioni, concernente misure
straordinarie per la promozione e lo
sviluppo dell’imprenditorialità giovanile
nel Mezzogiorno, è estesa, fino
all’ammontare massimo di 10 milioni di
euro annui, anche ai comuni montani
con meno di 5.000 abitanti non
198
ricadenti nelle delimitazioni di cui
all’articolo 1 del testo unico delle leggi
sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui
al decreto del Presidente della
Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.
2. I criteri e le procedure applicative
per l’estensione di cui al comma 1, ivi
compresa la definizione della quota dei
fondi in essere di cui al decreto-legge
30 dicembre 1985, n. 786, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28
febbraio 1986, n. 44, e successive
modificazioni, a tale fine riservata,
sono determinati dal CIPE, su
proposta del Ministro dell’economia e
delle finanze, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
Nella parte 9 del suo parere (pag. 74) il Consiglio di Stato contesta la delegificazione dell’articolo rubricato “Disposizioni
per l’insediamento nelle zone di montagna”, sicché si è provveduto ad eliminare la disposizione da questo DPR.
Capo III
Delle attività connesse
agrituristiche
La norma è tornata “legificata” e quindi
è stata portata nel d.lgs. (art. 16).
ART. 5
(Certificati di abilitazione e
requisiti igienico-sanitari degli
immobili)
1. Le modalità per il rilascio del
certificato di abilitazione all'esercizio
dell'attività
agrituristica
e
la
determinazione dei requisiti igienicosanitari degli immobili e delle
attrezzature da utilizzare per le attività
agrituristiche sono disciplinate dalle
regioni e dalle province autonome.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato
“Certificati di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili). Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del
24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. Le considerazioni appaiono meritevoli di
accoglimento, sicché si provvede a rimettere nello schema di decreto legislativo le disposizioni che erano state riprodotte
dall’art. 5 della legge 92/1996 nelle parti non colpite dalla sentenza della Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 339. Di
conseguenza, l’originaria disposizione è stata eliminata dal presente schema di DPR e inserita nello schema di decreto
legislativo di riordino e semplificazione.
I commi 1, 2 e 3 del nuovo art. 4 del
DPR sono riprodotti dall’art. 11 legge
20 febbraio 2006, n. 96: “1.Il Ministro
delle politiche agricole e forestali, di
intesa con le regioni e le province
autonome e sentite le associazioni
nazionali agrituristiche maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
predispone un programma di durata
triennale, aggiornabile annualmente,
finalizzato
alla
promozione
dell'agriturismo italiano sui mercati
nazionali e internazionali. // 2. Allo
scopo di promuovere le attività di
ART. 6
(Programmazione e sviluppo
dell'agriturismo)
1. Il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, di intesa con le
regioni e le province autonome e
sentite le associazioni nazionali
agrituristiche
maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
predispone un programma di durata
triennale, aggiornabile annualmente,
finalizzato
alla
promozione
dell'agriturismo italiano sui mercati
nazionali e internazionali.
Capo III
Delle attività connesse
agrituristiche.
ART. 4
(Programmazione e sviluppo
dell'agriturismo)
1. Il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, di intesa con le
regioni e sentite le associazioni
nazionali agrituristiche maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
predispone un programma di durata
triennale, aggiornabile annualmente,
finalizzato
alla
promozione
199
turismo equestre, le regioni possono
incentivare l'acquisto e l'allevamento di
cavalli da sella, nell'ambito delle
aziende agrituristiche, e l'allestimento
delle relative attrezzature di ricovero e
di esercizio. Possono essere altresì
incentivati gli itinerari di turismo
equestre, opportunamente segnalati in
collaborazione
con
le
aziende
agrituristiche e i circoli ippoturistici. //
3. Le regioni, in collaborazione con le
associazioni più rappresentative di
operatori
agrituristici,
sostengono
altresì lo sviluppo dell'agriturismo
attraverso attività di studio, ricerca,
sperimentazione,
formazione
professionale
e
promozione.
4. Dall'attuazione del presente articolo
non derivano nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica”.
2. Allo scopo di promuovere le attività
di turismo equestre, le regioni possono
incentivare l'acquisto e l'allevamento di
cavalli da sella, nell'ambito delle
aziende agrituristiche, e l'allestimento
delle relative attrezzature di ricovero e
di esercizio. Possono essere altresì
incentivati gli itinerari di turismo
equestre, opportunamente segnalati in
collaborazione
con
le
aziende
agrituristiche e i circoli ippoturistici.
3. Le regioni, in collaborazione con le
associazioni più rappresentative di
operatori
agrituristici,
sostengono
altresì lo sviluppo dell'agriturismo
attraverso attività di studio, ricerca,
sperimentazione,
formazione
professionale e promozione.
4. Dall'attuazione del presente articolo
non derivano nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
dell'agriturismo italiano sui mercati
nazionali e internazionali.
2. Allo scopo di promuovere le attività
di turismo equestre, le regioni possono
incentivare l'acquisto e l'allevamento di
cavalli da sella, nell'ambito delle
aziende agrituristiche, e l'allestimento
delle relative attrezzature di ricovero e
di esercizio. Possono essere altresì
incentivati gli itinerari di turismo
equestre, opportunamente segnalati in
collaborazione
con
le
aziende
agrituristiche e i circoli ippoturistici.
3. Le regioni, in collaborazione con le
associazioni più rappresentative di
operatori
agrituristici,
sostengono
altresì lo sviluppo dell'agriturismo
attraverso attività di studio, ricerca,
sperimentazione,
formazione
professionale e promozione.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo
rubricato “Programmazione e sviluppo dell’agriturismo”. Il Consiglio di Stato, mentre ha contestato – nel punto 9 del suo
parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74) - la delegificazione degli originari articoli 4 e 5 del testo di DPR, nessuna obiezione
ha sollevato “contro” la delegificazione dell’originario art. 6 del testo di DPR. Anzi, dalla lettura della pag. 74 del Consiglio
di Stato si ricava che si dovrebbe estendere al presente articolo la frase “Per tutte queste disposizioni non vi sono
ostacoli assoluti alla delegificazione, sicché valgono le osservazioni di carattere generale” che, per essere “a capo”
potrebbe sembrare che si riferisca solo alle strade del vino.
Si suggerisce la soppressione del comma 4 che stabilisce che dall’attuazione della disposizione non debbano derivare
maggiori oneri per la finanza pubblica (Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, anche perché il
presente DPR contiene una disposizione generale di salvezza della finanza pubblica. Di conseguenza, la disposizione è
stata riformulata secondo il suggerimento.
Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza unificata Stato-Regioni ha ritenuto necessario sopprimere il
riferimento alle Province autonome. La proposta di emendamento è stata accolta.
Riprodotto dall’art. 13 legge 20
febbraio 2006, n. 96: “1. Al fine di
fornire informazioni utili per lo
svolgimento delle attività di indirizzo e
di coordinamento di competenza del
Ministero delle politiche agricole e
forestali, nonché allo scopo di favorire
la comunicazione e lo scambio di
esperienze sul territorio nazionale, le
regioni inviano annualmente allo
stesso
Ministero
delle
politiche
agricole e forestali una relazione
sintetica sullo stato dell'agriturismo nel
territorio di propria competenza,
integrata dai dati sulla consistenza del
settore e da eventuali disposizioni
emanate in materia. // 2. Presso il
Ministero delle politiche agricole e
forestali è istituito l'Osservatorio
nazionale dell'agriturismo, al quale
partecipano le associazioni di operatori
agrituristici più rappresentative a livello
nazionale.
//
3.
L'Osservatorio
nazionale dell'agriturismo cura la
raccolta e la elaborazione delle
informazioni provenienti dalle regioni e
dalle associazioni di cui al comma 2,
pubblicando annualmente un rapporto
nazionale sullo stato dell'agriturismo e
formulando, anche con il contributo di
ART. 7
(Osservatorio nazionale
dell'agriturismo)
1. Al fine di fornire informazioni utili per
lo svolgimento delle attività di indirizzo
e di coordinamento di competenza del
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, nonché allo
scopo di favorire la comunicazione e lo
scambio di esperienze sul territorio
nazionale,
le
regioni
inviano
annualmente allo stesso Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali una relazione sintetica sullo
stato dell'agriturismo nel territorio di
propria competenza, integrata dai dati
sulla consistenza del settore e da
eventuali disposizioni emanate in
materia.
2. Presso il Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali è istituito
l'Osservatorio
nazionale
dell'agriturismo, al quale partecipano le
Regioni per mezzo della Conferenza
Stato-Regioni e le associazioni di
operatori
agrituristici
più
rappresentative a livello nazionale.
3.
L'Osservatorio
nazionale
dell'agriturismo cura la raccolta e la
elaborazione
delle
informazioni
provenienti dalle regioni e dalle
ART. 5
(Osservatorio nazionale
dell'agriturismo)
1. Al fine di fornire informazioni utili per
lo svolgimento delle attività di indirizzo
e di coordinamento di competenza del
Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, nonché allo
scopo di favorire la comunicazione e lo
scambio di esperienze sul territorio
nazionale,
le
regioni
inviano
annualmente allo stesso Ministero
delle politiche agricole alimentari e
forestali una relazione sintetica sullo
stato dell'agriturismo nel territorio di
propria competenza, integrata dai dati
sulla consistenza del settore e da
eventuali disposizioni emanate in
materia.
2. Presso il Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali è istituito
l'Osservatorio
nazionale
dell'agriturismo, al quale partecipano le
Regioni per mezzo della Conferenza
Stato-Regioni e le associazioni di
operatori
agrituristici
più
rappresentative a livello nazionale.
3.
L'Osservatorio
nazionale
dell'agriturismo cura la raccolta e la
elaborazione
delle
informazioni
provenienti dalle regioni e dalle
200
esperienze estere, proposte per lo
sviluppo
del
settore.
//
4.Dall'attuazione del presente articolo
non derivano nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica”. L’ultimo
comma non è stato riportato perché vi
è una norma finale che dispone che
dall’attuazione delle norme contenute
nel presente DPR non possano
derivare nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Esisteva un originario art. 14 della
legge 96/2006 che non viene qui
riportato,
perché
il
1 comma
provvedeva ad abrogare la precedente
legge 730/1985; il comma 2 è stato
dichiarato incostituzionale da Corte
cost. 12 ottobre 2007 n. 339; i commi 3
e 4 sono ormai superati per la loro
natura transitoria.
associazioni di cui al comma 2,
pubblicando annualmente un rapporto
nazionale sullo stato dell'agriturismo e
formulando, anche con il contributo di
esperienze estere, proposte per lo
sviluppo del settore.
4. Dall'attuazione del presente articolo
non derivano nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
associazioni di cui al comma 2,
pubblicando annualmente un rapporto
nazionale sullo stato dell'agriturismo e
formulando, anche con il contributo di
esperienze estere, proposte per lo
sviluppo del settore.
Nessuna obiezione “contro” tale delegificazione è stata sollevata dal Consiglio di Stato nella parte 9 del suo parere
del 24 febbraio 2010 (pag. 74).
Si è suggerita la soppressione del comma 4 dell’originario art. 7 del testo di DPR approvato dal CdM l’11.12.2009
che stabilisce che dall’attuazione della disposizione non debbano derivare maggiori oneri per la finanza pubblica
(Commissione Agricoltura del Senato). Il suggerimento va accolto, anche perché il presente DPR contiene una
disposizione generale di salvezza della finanza pubblica. Di conseguenza, la disposizione è stata riformulata secondo il
suggerimento.
Il comma 1 è riprodotto dal comma 4,
articolo 1 della legge 27 luglio 1999, n.
268 Disciplina delle strade del vino: “In
deroga alle disposizioni vigenti, le
cantine industriali e le enoteche
presenti nell’ambito delle ‘strade del
vino’ ed aderenti al disciplinare di cui
all’art. 2, comma 1, lettera a), possono
effettuare
la
presentazione,
la
degustazione e la mescita di prodotti
vitivinicoli, nel rispetto delle norme
previste per le aziende agricole
produttrici”.
Il
comma
2
è
riprodotto
sostanzialmente dall’art. 3 della legge
268/1999 il cui testo recitava: “Le
caratteristiche della cartellonistica
sono definite, ai sensi dell’art. 39,
comma 1, lett. c), capov. h) del d.lgs.
30 aprile 1992, n. 285, anche sulla
base delle esperienze maturate
nell’ambito dell’Unione europea, con
decreto del Ministro per le politiche
agricole, da adottare di concerto con i
Ministri competenti, d’intesa con la
Conferenza
Stato-Regioni
entro
sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge”. Per il
tempo trascorso la disposizione è da
ritenersi superata. Quello che viene
“lasciato” riformulando il comma 2 è
l’estrapolazione della competenza
delle
Regioni
in
ordine
alla
individuazione dei percorsi.
Il
comma
3
è
riprodotto
sostanzialmente dall’art. 3 della legge
268/1996: “Con decreto del Ministro
per le politiche agricole, da adottare
Capo IV
Delle strade del vino, dell’olio e
degli altri prodotti agricoli tipici
Capo IV
Delle strade del vino, dell’olio e
degli altri prodotti agricoli tipici
ART. 8
(Presentazione delle strade del
vino, dell’olio e degli altri prodotti
agricoli tipici da parte di cantine
industriali ed enoteche)
1. In deroga alle disposizioni vigenti, le
cantine industriali e le enoteche
presenti nell’ambito delle ‘strade del
vino’ ed aderenti al disciplinare
stabilito dalla Regione, possono
effettuare
la
presentazione,
la
degustazione e la mescita di prodotti
vitivinicoli, nel rispetto delle norme
previste per le imprese agricole
produttrici.
ART. 6
(Presentazione delle strade del vino,
dell’olio e degli altri prodotti agricoli
tipici da parte di cantine industriali,
enoteche, frantoi e produttori di
prodotti agricoli tipici)
1. In deroga alle disposizioni vigenti, le
cantine industriali, le enoteche, i frantoi
e i produttori di prodotti agricoli tipici
presenti nell’ambito delle ‘strade del
vino’ ed aderenti al disciplinare
stabilito dalla Regione, possono
effettuare
la
presentazione,
la
degustazione e la mescita dei loro
prodotti, nel rispetto delle norme
amministrative previste per le imprese
agricole produttrici.
2. Spetta alle regioni e alle province
autonome di Trento e di Bolzano
individuare i percorsi delle strade del vino,
dell’olio e degli altri prodotti tipici.
3. Gli standard minimi di qualità sono
definiti con il decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali del
12 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2000, adottato
d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
201
entro 60 giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, d’intesa
con la Conferenza Stato-Regioni, sono
definiti gli standard minimi di qualità”. Il
DM vigente è stato emanato il 12 luglio
2000.
Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), afferma che “per queste disposizioni non
vi sono ostacoli assoluti alla delegificazione…”.
Una più attenta rilettura della disposizione ha suggerito – per ragioni di sistematicità – di estendere la disposizione “ai
frantoi e ai produttori di prodotti tipici”, che hanno una natura “industriale-commerciale”, cioè quella stessa natura delle
“cantine industriali ed enoteche” indicate dalla norma originaria dell’art. 1, comma 4, della legge 268/1999. Per questa
considerazione, la rubrica e la disposizione sono state riformulate in tal senso.
Il comma 1 è riprodotto dall’articolo 3
della legge 27 luglio 1999, n. 268
Disciplina delle strade del vino: “Lo
Stato può cofinanziare, nell’ambito
delle disponibilità finanziarie proprie e
di interventi comunitari, leggi di spesa
regionale
per
interventi
di
adeguamento delle aziende e dei punti
di accoglienza e di informazione
locale, limitatamente agli interventi
volti
a
migliorare
le
strutture
indispensabili alla realizzazione degli
obiettivi della presente legge”.
Il comma 2 è riprodotto dal comma 2,
articolo 4 della legge 27 luglio 1999, n.
268 Disciplina delle strade del vino:
“Ferme restando le competenze delle
regioni in materia di promozione
all’estero, la realizzazione di materiale
promozionale,
informativo
e
pubblicitario,
anche
destinato
all’estero, per l’incentivazione della
conoscenza delle ‘strade del vino’ può
essere altresì finanziata attraverso
l’intervento dell’Ente nazionale italiano
per il turismo (ENIT) e dell’Istituto
nazionale per il commercio estero
(ICE)”.
ART. 9
(Misure di sostegno)
1. Lo Stato può cofinanziare,
nell’ambito
delle
disponibilità
finanziarie proprie e di interventi
comunitari, leggi di spesa regionale
per interventi di adeguamento delle
aziende e dei punti di accoglienza e di
informazione locale, limitatamente agli
interventi volti a migliorare le strutture
indispensabili alla realizzazione degli
obiettivi del presente capo.
2. Ferme restando le competenze
delle regioni in materia di promozione
all’estero, la realizzazione di materiale
promozionale,
informativo
e
pubblicitario,
anche
destinato
all’estero, per l’incentivazione della
conoscenza delle ‘strade del vino’ può
essere altresì finanziata attraverso
l’intervento dell’Ente nazionale italiano
per il turismo (ENIT) e dell’Istituto
nazionale per il commercio estero
(ICE).
ART. 7
(Misure di sostegno)
1. Lo Stato può cofinanziare,
nell’ambito
delle
disponibilità
finanziarie proprie e di interventi
comunitari, leggi di spesa regionale
per interventi di adeguamento delle
aziende e dei punti di accoglienza e di
informazione locale, limitatamente agli
interventi volti a migliorare le strutture
indispensabili alla realizzazione degli
obiettivi del presente capo.
2. Ferme restando le competenze
delle regioni in materia di promozione
all’estero, la realizzazione di materiale
promozionale,
informativo
e
pubblicitario,
anche
destinato
all’estero, per l’incentivazione della
conoscenza delle ‘strade del vino’ può
essere altresì finanziata attraverso
l’intervento dell’Ente nazionale italiano
per il turismo (ENIT) e dell’Istituto
nazionale per il commercio estero
(ICE).
Capo V
Dell’acquacoltura, della
La norma è tornata “legificata” e quindi
piscicoltura e dell’impresa ittica è stata portata nel d.lgs. (art. 24).
ART. 10
(Impatto sull’ambiente derivante
dall’attività di acquacoltura o
piscicoltura)
1.
Con
decreto
del
Ministro
dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con i
Ministri
delle
politiche
agricole
alimentari
e
forestali,
delle
infrastrutture e dei trasporti e dello
sviluppo economico, e previa intesa
con la Conferenza permanente per i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano, sono individuati i criteri
relativi al contenimento dell’impatto
202
sull’ambiente derivante dall’attività di
acquacoltura e di piscicoltura e ciò
come disposto dall’articolo 111 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia
ambientale.
2. Con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sono stabilite
disposizioni volte alla delle procedure
per il rilascio ed il rinnovo delle
concessioni di acqua pubblica ad uso
di acquacoltura.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo
rubricato “Impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura e piscicoltura”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del
suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. Ritenendo corretta l’osservazione, la
norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs.
Capo V
I commi 1 e 2 sono riprodotti dai
commi 8 e 9 dell’art. 4-octies, d.l. 3
novembre 2008 n. 171, convertito in
legge 30 dicembre 2008 n. 205: “8. Al
fine di favorire l'integrazione di filiera
del sistema ittico e il rafforzamento dei
distretti
di
pesca
nelle
aree
sottoutilizzate, il Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, nel
rispetto
della
programmazione
regionale,
promuove,
nel
limite
finanziario complessivo fissato con
deliberazione
del
Comitato
interministeriale
per
la
programmazione
economica
in
attuazione della legge 27 dicembre
2002, n. 289, contratti di filiera e di
distretto a rilevanza nazionale con gli
operatori delle filiere, ivi comprese le
forme
associate,
finalizzati
alla
realizzazione
di
programmi
di
investimenti
aventi
carattere
interprofessionale, in coerenza con gli
orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato nel settore della pesca. //
9. I criteri, le modalità e le procedure
per l'attuazione delle iniziative di cui al
comma 1 sono definiti con decreto del
Ministro
delle
politiche
agricole
alimentari e forestali, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro
sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del
presente decreto”.
Quanto al fondo per le aree
sottoutilizzate, trattasi del fondo
istituito
dalla
legge
289/2002
(richiamata dal presente articolo dello
schema di DPR) che ha concentrato le
risorse destinate agli interventi nelle
aree sottoutilizzate in due fondi di
carattere generale, di competenza,
ART. 11
(Filiera del settore ittico)
1. Al fine di favorire l'integrazione di
filiera del sistema ittico e il
rafforzamento dei distretti di pesca
nelle aree sottoutilizzate, il Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali,
nel
rispetto
della
programmazione regionale, promuove,
nel limite finanziario complessivo
fissato con deliberazione del Comitato
interministeriale
per
la
programmazione
economica
in
attuazione della legge 27 dicembre
2002, n. 289, contratti di filiera e di
distretto a rilevanza nazionale con gli
operatori delle filiere, ivi comprese le
forme
associate,
finalizzati
alla
realizzazione
di
programmi
di
investimenti
aventi
carattere
interprofessionale, in coerenza con gli
orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato nel settore della pesca.
2. I criteri, le modalità e le procedure
per l'attuazione delle iniziative di cui al
comma 1 sono definiti con decreto del
Ministro
delle
politiche
agricole
alimentari e forestali, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro
sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
Dell’acquicoltura, della
piscicoltura e dell’impresa ittica
ART. 8
(Filiera del settore ittico)
1. Al fine di favorire l'integrazione
di filiera del sistema ittico e il
rafforzamento dei distretti di pesca
nelle aree sottoutilizzate, il
Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, nel rispetto
della programmazione regionale,
promuove, nel limite finanziario
complessivo
fissato
con
deliberazione
del
Comitato
interministeriale
per
la
programmazione economica in
attuazione
della
legge
27
dicembre 2002, n. 289, contratti di
filiera e di distretto a rilevanza
nazionale con gli operatori delle
filiere, ivi comprese le forme
associate,
finalizzati
alla
realizzazione di programmi di
investimenti
aventi
carattere
interprofessionale, in coerenza
con gli orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato nel settore
della pesca.
2. I criteri, le modalità e le
procedure per l'attuazione delle
iniziative di cui al comma 1 sono
definiti con decreto del Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano,
entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente
decreto.
203
rispettivamente,
del
Ministero
dell’economia e finanze o MEF (art.
61, comma 1) e del Ministero delle
attività produttive o MAP (art. 60,
comma 3). Nel Fondo MEF sono
confluite
le
risorse
relative
all’intervento
straordinario
nel
Mezzogiorno, all’intervento ordinario
nelle aree depresse, al fondo per
l’imprenditoria giovanile, ai crediti di
imposta per investimenti e per le
nuove assunzioni. Al Fondo MAP sono
confluite le risorse del Fondo unico per
gli incentivi alle imprese (legge
488/1992) e agli strumenti della
programmazione negoziata.
Nel suo parere del 24 febbraio 2010 (punto 9, pagg. 75-76) il Consiglio di Stato non solleva obiezioni in ordine alla
delegificazione degli originari commi 8 e 9 dell’art. 4-octies del d.l. 171/2008, convertito nella legge 205/2008.
Si suggerisce di sopprimere le parole “e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzati” dopo le parole
“filiera del sistema ittico”, nonché le parole “e di distretto” dopo le parole “contratti di filiera” (Commissione Agricoltura del
Senato). Si conferma la formula redatta nello schema approvato in prima seduta dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre
2009 per il seguente motivo: i limiti imposti dalla legge delega ai decreti legislativi di semplificazione impongono di non
innovare i testi delle norme originarie.
Capo VI
Della vendita dei prodotti
agricoli
La norma è tornata “legificata” e quindi
ART. 12
è stata portata nel d.lgs. (art. 23,
(Disciplina amministrativa)
commi 5-9).
1. Per la vendita al dettaglio esercitata
su superfici all’aperto nell’ambito
dell’azienda agricola o di altre aree
private di cui gli imprenditori agricoli
abbiano disponibilità, non è richiesta la
comunicazione di inizio attività.
2. La vendita diretta che venga
esercitata nel fondo è consentita
anche nelle giornate festive e
domenicali, e non è soggetta ai vincoli
di orario fissati dai regolamenti locali
per la vendita delle merci.
3. La vendita diretta dei prodotti
agricoli in forma itinerante è soggetta a
previa comunicazione alla Azienda
Sanitaria Locale (ASL) del luogo ove
ha sede l’azienda di produzione e può
essere effettuata decorsi trenta giorni
dal ricevimento della comunicazione.
4. Qualora si intenda esercitare la
vendita diretta al dettaglio non in forma
itinerante su aree pubbliche o in locali
aperti al pubblico, la comunicazione è
indirizzata alla Azienda Sanitaria
Locale (ASL) del luogo in cui si intende
esercitare la vendita. Per la vendita al
dettaglio su aree pubbliche mediante
l'utilizzo
di
un
posteggio,
la
comunicazione deve contenere la
richiesta
di
assegnazione
del
posteggio
medesimo,
ai
sensi
dell'articolo 28 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114.
5. La comunicazione di cui ai commi 2
e 3, oltre alle indicazioni delle
generalità
del
richiedente,
204
dell'iscrizione
nel
registro
delle
imprese e degli estremi di ubicazione
dell'azienda, deve contenere la
specificazione dei prodotti di cui si
intende praticare la vendita e delle
modalità con cui si intende effettuarla,
ivi compreso il commercio elettronico.
6. Il comune, sulla base delle
disposizioni emanate dalla regione,
stabilisce l'ampiezza complessiva delle
aree
da
destinare
all'esercizio
dell'attività, nonché le modalità di
assegnazione dei posteggi, la loro
superficie e i criteri di assegnazione
delle aree riservate, in misura congrua
sul totale, agli imprenditori agricoli che
esercitano la vendita diretta.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi era un Capo (il Capo VI) rubricato
“Della vendita dei prodotti agricoli” con due articoli rubricati, l’uno, “Disciplina amministrativa” e, l’altro, “Disposizioni in
materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari” riprodotti, nonostante la loro riproduzione da testi legislativi, nel
DPR. Però, la Commissione bicamerale per la semplificazione ha suggerito di riportare nello schema di testo legislativo
l’articolo rubricato “Disciplina amministrativa”, mentre il Consiglio di Stato, nel suo parere del 24 febbraio 2010, non
proponeva esplicite osservazioni in ordine alla operata delegificazione. Per la necessità di accogliere il suggerimento
della Commissione bicamerale con riguardo al primo articolo, si è provveduto a riportare nel testo di decreto legislativo
anche il secondo articolo. D’altronde anche il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag.
74), contesta la delegificazione dell’articolo. Il dubbio, sotto il profilo sostanziale, della natura di norma secondaria della
disposizione è stata espressa dalla Commissione Agricoltura del Senato.
Accogliendo le manifestate perplessità, si è provveduto a “trasferire” la detta disposizione sub art. 23 dello schema di
decreto legislativo di riordino e semplificazione. Quindi, la norma è tornata “legificata” ed è stata portata nel d.lgs.
ART. 13
(Disposizioni in materia di vendita La norma è tornata “legificata” e quindi
dei prodotti agricoli e
è stata portata nel d.lgs. (art. 28).
agroalimentari)
1. Al fine di migliorare l'accesso ai
mercati dei prodotti agricoli, freschi e
deperibili, tenendo conto degli interessi
dei consumatori, le intese di filiera di
cui all'articolo 9 del decreto legislativo
27 maggio 2005, n. 102, definiscono
azioni per consentire che nelle grandi
strutture di vendita e nei centri
commerciali di cui all'articolo 4 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114, in cui si esercita anche attività di
vendita di prodotti agricoli, siano posti
in vendita prodotti provenienti dalle
aziende agricole ubicate nel territorio
delle regioni in cui operano le predette
strutture, in una congrua percentuale,
in termini di valore, della produzione
agricola annualmente acquistata.
2. A favore delle strutture che
rispettino quanto stabilito dalle intese
di filiera in attuazione del comma 1,
possono essere applicati gli incentivi di
cui all'articolo 14 del decreto legislativo
27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito
delle risorse disponibili e senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
3. Il comune, sulla base delle
disposizioni emanate dalla regione,
stabilisce l'ampiezza complessiva delle
aree
da
destinare
all'esercizio
dell'attività, nonché le modalità di
205
assegnazione dei posteggi, la loro
superficie e i criteri di assegnazione
delle aree riservate, in misura congrua
sul totale, agli imprenditori agricoli che
esercitano la vendita diretta ai sensi
dell’articolo 15 del decreto legislativo
di
riordino
sulla
materia
dell’agricoltura.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato
“Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere
del 24 febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata
portata nel d.lgs.
Capo VII
Del Servizio informativo
agricolo nazionale (SIAN)
La norma è tornata “legificata” e quindi
è stata portata nel d.lgs. (art. 31).
ART. 14
(Servizi di interoperabilità)
1. Il SIAN, quale strumento per
l’esercizio
delle
funzioni,
ha
caratteristiche unitarie ed integrate su
base nazionale e si avvale dei servizi
di interoperabilità e delle architetture di
cooperazione previste dal progetto
della rete unitaria della pubblica
amministrazione. Il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali
e gli enti e le agenzie dallo stesso
vigilati, le regioni e gli enti locali,
nonché le altre amministrazioni
pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel
comparto agricolo e agroalimentare,
hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi
messi a disposizione dal SIAN, intesi
quali servizi di interesse pubblico,
anche per quanto concerne le
informazioni derivanti dall'esercizio
delle competenze regionali e degli enti
locali nelle materie agricole, forestali
ed
agroalimentari.
Il
SIAN
è
interconnesso, in particolare, con
l'Anagrafe tributaria del Ministero delle
finanze, i nuclei antifrode specializzati
della Guardia di finanza e dell'Arma
dei carabinieri, l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, le camere di
commercio, industria ed artigianato,
secondo quanto definito dal comma
quarto.
2. Il SIAN è unificato con i sistemi
informativi di cui all'articolo 24, comma
3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97,
e all'articolo 1 della legge 28 marzo
1997, n. 81, ed integrato con i sistemi
informativi regionali. Allo stesso è
trasferito l'insieme delle strutture
organizzative, dei beni, delle banche
dati, delle risorse hardware, software e
di rete dei sistemi di cui all'articolo 1
della legge 28 marzo 1997, n. 81,
senza
oneri
amministrativi.
In
attuazione
della
normativa
comunitaria,
il
SIAN
assicura,
garantendo la necessaria riservatezza
delle informazioni, nonché l'uniformità
206
su base nazionale dei controlli
obbligatori, i servizi necessari alla
gestione, da parte degli organismi
pagatori e delle regioni e degli enti
locali, degli adempimenti derivanti
dalla
politica
agricola
comune,
connessi alla gestione dei regimi di
intervento nei diversi settori produttivi
ivi inclusi i servizi per la gestione e
l'aggiornamento degli schedari oleicolo
e viticolo.
3. Il SIAN è interconnesso con i
sistemi informativi delle camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura, al fine di fornire all'ufficio
del registro delle imprese gli elementi
informativi necessari alla costituzione
ed aggiornamento del Repertorio
economico amministrativo (REA). Con
regolamenti
adottati
ai
sensi
dell’articolo 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono definite le modalità
di fornitura al SIAN da parte delle
camere di commercio, industria,
artigianato
e
agricoltura,
delle
informazioni relative alle imprese del
comparto agroalimentare.
4. Con apposita convenzione le
amministrazioni di cui ai commi da 1 a
3 definiscono i termini e le modalità
tecniche per lo scambio dei dati,
attraverso l'adozione di un protocollo di
interscambio
dati.
Il
sistema
automatico di interscambio dei dati è
attuato secondo modalità in grado di
assicurare la salvaguardia dei dati
personali e la certezza delle operazioni
effettuate,
garantendo
altresì
il
trasferimento delle informazioni in
ambienti operativi eterogenei, nel
pieno rispetto della pariteticità dei
soggetti coinvolti.
5. Lo scambio di dati tra i sistemi
informativi di cui al presente articolo,
finalizzato al perseguimento delle
funzioni istituzionali nelle pubbliche
amministrazioni
interessate,
non
costituisce violazione del segreto
d'ufficio.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi erano due disposizioni (contenute negli
articoli 14 e il 15 e rubricate “Servizi di interoperablità” e “Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN”) che,
pur riprodotte da un testo legislativo (il d.lgs. 99/2004), erano state delegificate. Anche per il parere espresso dal
Consiglio di Stato nel suo parere del 24 febbraio 2010 (pagg. 72-77) tali disposizioni sono state reintrodotte nello schema
di decreto legislativo di riordino.
ART. 15
La norma è tornata “legificata” e quindi
(Modalità di accesso alle
è stata portata nel d.lgs. (art. 32,
informazioni contenute nel SIAN) commi 6-7).
1. Attraverso il SIAN sono comunicati,
senza oneri per il destinatario, e nel
rispetto delle disposizioni di cui al
decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, le modalità attraverso le quali
ciascun soggetto che esercita attività
agricola accede direttamente, anche
per via telematica, alle informazioni
207
contenute
aziendale.
nel
proprio
fascicolo
2. Il SIAN assicura le modalità di
riconoscimento dell'utente e di firma
sicure attraverso la firma digitale,
emessa per i procedimenti di propria
competenza, e la Carta dell'agricoltore
e del pescatore di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato
“Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24
febbraio 2010 (pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata
nel d.lgs.
L’art. 7 D.p.r. 503/1999 ha istituito la
Carta dell’agricoltore con i seguenti
commi: «1. È istituita la "Carta
dell'agricoltore e del pescatore", di
seguito denominata Carta, documento
di
riconoscimento
cartaceo
ed
elettronico. // 2. La Carta è di uso
strettamente personale, ed è rilasciata
su supporto cartaceo ed elettronico
dalle regioni e dalle province
autonome di Trento e Bolzano a
domanda dei legali rappresentanti di
ciascuna azienda iscritta all'anagrafe.
// 3. La Carta viene emessa dal SIAN
su supporto cartaceo ed elettronico
idoneo a garantirne l'inalterabilità, la
riservatezza, la compatibilità con i
sistemi tecnici di lettura utilizzati dal
SIAN stesso, e, su richiesta, l'esercizio
della firma digitale conformemente a
quanto previsto dal decreto del
Presidente della Repubblica 10
novembre 1997, n. 513, e dal
provvedimento del Presidente del
Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 3
del citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 513 del 1997, in materia
di
formazione,
archiviazione
e
trasmissione
di
documenti
con
strumenti informatici e telematici. // 4.
La Carta contiene le informazioni
minime idonee a consentire il
riconoscimento univoco del titolare e
l'esercizio delle funzioni abilitate. // 5. Il
SIAN
garantisce
i
servizi
di
abilitazione, documentazione, controllo
e certificazione degli accessi al
sistema, nonché i servizi connessi alla
gestione delle Carte, nel pieno rispetto
delle disposizioni di cui agli articoli 8, 9
e 17 del decreto del Presidente della
Repubblica 10 novembre 1997, n. 513,
e del relativo regolamento di
attuazione».
Il comma 1 è riprodotto dal comma 2
dell’art. 13 del d. lgs. 99/2004 che, a
seguito del presente inserimento nel
DPR 503/1999, viene delegificato per
la
sua
sostanziale
natura
regolamentare:
«La
Carta
Capo VIII
Dell’anagrafe delle imprese
agricole e del fascicolo
aziendale
ART. 16
(Della carta dell’agricoltore)
1. All’articolo 7 del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503, è aggiunto, in
fine, il seguente comma: “5-bis. La
carta dell'agricoltore e del pescatore, è
realizzata in coerenza con l'articolo 36
del Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa,
approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445, e con il decreto legislativo 7
marzo
2005,
n.
82
(codice
dell’amministrazione digitale), nonché
secondo quanto previsto dal decreto
del Ministro dell’interno 19 luglio 2000
e successive modificazioni”.
Capo VI
Della carta dell’agricoltore e del
fascicolo aziendale e del
fascicolo aziendale
ART. 9
(Della carta dell’agricoltore)
1. All’articolo 7 del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503, dopo il comma
5 è aggiunto, in fine, il seguente: “5bis. La carta dell'agricoltore e del
pescatore, è realizzata in coerenza
con l'articolo 36 del Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari
in
materia
di
documentazione
amministrativa, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, e con il decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, codice
dell’amministrazione digitale, nonché
secondo quanto previsto dal decreto
del Ministro dell’interno 19 luglio 2000,
pubblicato nel Supplemento Ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21
luglio
2000,
e
successive
modificazioni”.
208
dell'agricoltore e del pescatore, di cui
all'articolo 7 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 503 del 1999, è
realizzata in coerenza con l'articolo 36
del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa,
approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445, e con il decreto legislativo 23
febbraio 2002, n. 10, nonché secondo
quanto previsto dal decreto del
Ministro dell'interno 19 luglio 2000, e
successive modificazioni, pubblicato
nel Supplemento Ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio
2000». Il decreto legislativo n. 10 del
2002 è stato abrogato dal decreto
legislativo n. 82/2005.
Nessuna obiezione sulla delegificazione della riportata norma è stata sollevata dal Consiglio di Stato.
Si è ritenuto necessario sostituire (là
dove è scritto) il termine “azienda” con
“impresa”, al fine di avere una norma
coerente con il sistema del codice
civile. Si ricorda che, per il nostro
diritto, il termine “impresa” presenta un
richiamo
ad
un
soggetto
(l’imprenditore), mentre il termina
“azienda” si richiama a qualcosa di
oggettivo, essendo – per l’art. 2555
c.c. – un complesso di beni
organizzato dall’imprenditore. Nella
specie, poi, si noti che l’art. 1 del d.p.r.
503/99 nel comma 2 individua il codice
fiscale quale codice unico di
identificazione, per cui il rinvio è da
interpretarsi al concetto di impresa e
non a quello di azienda, stante la
possibilità di avere più aziende
dislocate in diversi luoghi, ma un'unica
impresa alla quale si riferisce il codice
fiscale.
Sicché,
pur
lasciando
l’acronimo CUAA si sostituisce con
“impresa” la parola “azienda”, salvo
quando il termine si riferisca al
complesso aziendale organizzato.
Nel comma 1 è richiamato l’art. 9 del
DPR 1° dicembre 1999, n. 503, che
per memoria si riporta. Esso stabilisce:
«1. Per i fini di ed armonizzazione, di
cui all'articolo 14, comma 3, del
decreto legislativo n. 173 del 1998, è
istituito, nell'ambito dell'anagrafe, a
decorrere dal 30 giugno 2000, il
fascicolo aziendale, modello cartaceo
ed elettronico riepilogativo dei dati
aziendali,
finalizzato
all'aggiornamento,
per
ciascuna
azienda, delle informazioni di cui
all'articolo 3. // 2.Anteriormente alla
data di cui al comma 1, attraverso le
procedure progressivamente rese
disponibili dai SIAN, ciascun soggetto
iscritto
all'anagrafe
verifica
le
ART. 17
(Fascicolo aziendale. Integrazione
e aggiornamento)
ART. 10
(Fascicolo aziendale. Integrazione
e aggiornamento)
1. All’articolo 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503, sono aggiunti,
in fine, i seguenti commi:
«4-bis. Le modalità operative per la
gestione
e
l'aggiornamento
del
fascicolo aziendale elettronico e della
Carta dell'agricoltore e del pescatore,
e per il loro aggiornamento, sono
stabilite con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano”.
4-ter. Ai fini dell'aggiornamento del
repertorio delle notizie economiche e
amministrative (REA), le Camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura (CCIAA) competenti per
territorio acquisiscono, attraverso le
modalità previste dall'articolo 14,
comma 4, le dichiarazioni del soggetto
che
esercita
attività
agricola
modificative del fascicolo aziendale.
Per le predette finalità il SIAN può
altresì stipulare apposite convenzioni
con i Centri di assistenza agricola”
4-quater.
Ai
fini
dell'attuazione
dell'articolo 15, paragrafo 2, del
regolamento (CE) n. 73/2009 del
Consiglio, del 19 gennaio 2009,
nonché
dell'aggiornamento
del
fascicolo aziendale di cui al presente
articolo, nel SIAN confluiscono i dati e
le
informazioni
relativi
all'identificazione e registrazione degli
animali di cui alla direttiva 92/102/CEE
del Consiglio, del 27 novembre 1992,
e al regolamento (CE) n. 1760/2000
del Parlamento europeo e del
1. All’articolo 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 1°
dicembre 1999, n. 503, dopo il comma
4 sono aggiunti, in fine, i seguenti:
«4-bis. Le modalità operative per la
gestione
e
l'aggiornamento
del
fascicolo aziendale elettronico e della
Carta dell'agricoltore e del pescatore,
e per il loro aggiornamento, sono
stabilite con decreto del Ministro delle
politiche agricole alimentari e forestali,
sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano.
4-ter. Ai fini dell'aggiornamento del
repertorio delle notizie economiche e
amministrative (REA), le Camere di
commercio, industria, artigianato e
agricoltura (CCIAA) competenti per
territorio acquisiscono, attraverso le
modalità previste dall'articolo 14,
comma 4, le dichiarazioni del soggetto
che
esercita
attività
agricola
modificative del fascicolo aziendale.
Per le predette finalità il SIAN può
altresì stipulare apposite convenzioni
con i Centri di assistenza agricola
4-quater.
Ai
fini
dell'attuazione
dell'articolo 15, paragrafo 2, del
regolamento (CE) n. 73/2009 del
Consiglio, del 19 gennaio 2009,
nonché
dell'aggiornamento
del
fascicolo aziendale di cui al presente
articolo, nel SIAN confluiscono i dati e
le
informazioni
relativi
all'identificazione e registrazione degli
animali di cui alla direttiva 92/102/CEE
del Consiglio, del 27 novembre 1992,
e al regolamento (CE) n. 1760/2000
del Parlamento europeo e del
209
informazioni relative al titolo di
conduzione ed alla consistenza
aziendale, con l'obbligo di confermarne
l'attualità ovvero di comunicare le
eventuali variazioni o integrazioni.
Nell'ambito delle predette procedure
sono indicati tempi e modalità per le
conferme,
le
variazioni
o
le
integrazioni. In caso di mancata
conferma entro i termini indicati dalle
procedure, valgono i dati risultanti nel
fascicolo aziendale. Qualora ai fini
della
verifica
delle
consistenze
aziendali sia necessario rendere
disponibile all'azienda, attraverso i
servizi del SIAN, la riproduzione dei
dati catastali, la stessa è tenuta al
pagamento degli oneri di cui al decreto
del Ministero delle finanze del 27
giugno
1996
e
successive
modificazioni e integrazioni, con le
facilitazioni previste per gli enti statali e
territoriali, nonché dal protocollo
d'intesa tra il Ministero delle finanze e
il Ministero delle politiche agricole e
forestali del 30 giugno 1998. // 3. Le
variazioni ed integrazioni comunicate
ai sensi del comma 2 sono valide
anche ai fini dell'aggiornamento del
repertorio delle notizie economiche e
amministrative (REA) e vengono
trasmesse dal SIAN al sistema
informativo delle camere di commercio
con le modalità di cui all'articolo 5. // 4.
A partire dal 10 luglio 2000, le aziende
che eventualmente non risultano
iscritte all'anagrafe sono tenute, nel
momento in cui si manifestano
all'amministrazione,
ai
fini
dell'ammissione a qualsiasi beneficio
comunitario, nazionale o regionale, a
comunicare le informazioni relative al
beneficio richiesto che saranno inserite
nel fascicolo aziendale».
Il comma 4-bis è riprodotto dal
comma 6 dell’art. 13 del d. lgs.
99/2004 che, a seguito del presente
inserimento nel DPR 503/1999, viene
delegificato per la sua sostanziale
natura regolamentare: «Le modalità
operative
per
la
gestione
e
l'aggiornamento
del
fascicolo
aziendale elettronico e della Carta
dell'agricoltore e del pescatore, e per il
loro aggiornamento, sono stabilite con
decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano».
Il comma 4-ter è riprodotto dal comma
4 dell’art. 14 del d. lgs. 99/2004 che, a
seguito del presente inserimento nel
DPR 503/1999, viene delegificato per
la
sua
sostanziale
natura
regolamentare:
«Ai
fini
dell'aggiornamento del repertorio delle
notizie economiche e amministrative
Consiglio, del 17 luglio 2000”.
4-quinquies. Il fascicolo aziendale
elettronico di cui all’articolo 9 del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503,
unico per azienda, è integrato con i
dati di cui agli articoli 15, paragrafo 1,
lettera c), e 18 del regolamento (CE) n.
73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio
2009. L'aggiornamento del fascicolo
aziendale
elettronico,
attraverso
procedure certificate del SIAN, può
essere effettuato dai soggetti di cui
all’articolo 6, comma 1, lettera a), del
decreto
del
Presidente
della
Repubblica n. 503 del 1999, nonché
dai Centri autorizzati di assistenza
agricola (CAA) di cui all’articolo 3-bis
del decreto legislativo 27 maggio 1999
n. 165, sulla base di apposite
convenzioni stipulate con l’AGEA. Per
qualsiasi
accesso
nel
fascicolo
aziendale
elettronico,
finalizzato
all’aggiornamento delle informazioni ivi
contenute,
è
assicurata
l’identificazione del soggetto che vi
abbia
proceduto.
La
pubblica
amministrazione, ivi compresi gli enti
pubblici economici, registra inoltre nel
fascicolo aziendale gli aiuti concessi al
soggetto che esercita attività agricola
in
attuazione
della
normativa
comunitaria, nazionale e regionale”. ».
Consiglio, del 17 luglio 2000.
4-quinquies. Il fascicolo aziendale
elettronico, unico per azienda, è
integrato con i dati di cui agli articoli
15, paragrafo 1, lettera c), e 18 del
regolamento (CE) n. 73/2009 del
Consiglio, del 19 gennaio 2009.
L'aggiornamento
del
fascicolo
aziendale
elettronico,
attraverso
procedure certificate del SIAN, può
essere effettuato dai soggetti di cui
all’articolo 6, comma 1, lettera a),
nonché dai Centri autorizzati di
assistenza agricola (CAA) di cui
all’articolo 3-bis del decreto legislativo
27 maggio 1999, n. 165, sulla base di
apposite convenzioni stipulate con
l’AGEA. Per qualsiasi accesso nel
fascicolo
aziendale
elettronico,
finalizzato all’aggiornamento delle
informazioni ivi contenute, è assicurata
l’identificazione del soggetto che vi
abbia
proceduto.
La
pubblica
amministrazione, ivi compresi gli enti
pubblici economici, registra inoltre nel
fascicolo aziendale gli aiuti concessi al
soggetto che esercita attività agricola
in
attuazione
della
normativa
comunitaria, nazionale e regionale».
210
(REA), le Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura
(CCIAA) competenti per territorio
acquisiscono, attraverso le modalità
previste dall'articolo 15, comma 4, del
decreto legislativo 30 aprile 1998, n.
173, le dichiarazioni del soggetto che
esercita attività agricola modificative
del fascicolo aziendale. Per le predette
finalità il SIAN può altresì stipulare
apposite convenzioni con i soggetti di
cui all'articolo 3-bis del decreto
legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e
successive modificazioni».
Il comma 4-quater è riprodotto dal
comma 5 dell’art. 14 del d. lgs.
99/2004 che, a seguito del presente
inserimento nel DPR 503/1999, viene
delegificato per la sua sostanziale
natura
regolamentare:
«Ai
fini
dell'attuazione dell'articolo 18, comma
2, del regolamento (CE) n. 1782/2003,
nonché
dell'aggiornamento
del
fascicolo aziendale di cui all'articolo
13,comma 1, nel SIAN confluiscono i
dati
e
le
informazioni
relativi
all'identificazione e registrazione degli
animali di cui alla direttiva 92/102/CEE
del Consiglio, del 27 novembre 1992,
e al regolamento (CE) n. 1760/2000
del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 17 luglio 2000».
Il comma 4-quinquies è riprodotto dal
comma 1 dell’art. 13 del d. lgs.
99/2004 che, a seguito del presente
inserimento nel DPR 503/1999, viene
delegificato per la sua sostanziale
natura regolamentare: «1. Il fascicolo
aziendale elettronico di cui all'articolo 9
del decreto del Presidente della
Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503,
unico per azienda, è integrato con i
dati di cui all'articolo 18, paragrafo 1,
lettera c), e all'articolo 21 del
regolamento (CE) n. 1782/2003 del
Consiglio, del 29 settembre 2003.
L'aggiornamento
del
fascicolo
aziendale
elettronico,
attraverso
procedure certificate del Sistema
informativo agricolo nazionale (SIAN),
può essere effettuato dai soggetti di
cui all'articolo 6, comma 1, lettera a),
del decreto del Presidente della
Repubblica n. 503 del 1999, nonché
dai soggetti di cui all'articolo 3-bis del
decreto legislativo 27 maggio 1999, n.
165,
sulla
base
di
apposite
convenzioni stipulate con l'Agenzia per
le erogazioni in agricoltura (AGEA).
Per qualsiasi accesso nel fascicolo
aziendale
elettronico,
finalizzato
all'aggiornamento delle informazioni ivi
contenute,
e'
assicurata
l'identificazione del soggetto che vi
abbia
proceduto.
La
pubblica
amministrazione, ivi compresi gli enti
pubblici economici, registra inoltre nel
fascicolo aziendale gli aiuti concessi al
211
soggetto che esercita attività agricola
in
attuazione
della
normativa
comunitaria, nazionale e regionale».
L’art. 6, comma 1, lett. a) DPR
503/1999 rinvia all’art. 15, comma 1, d.
lgs. 30 aprile 1998, n. 173 il quale
recita: “Il SIAN, quale strumento per
l'esercizio delle funzioni di cui al
decreto legislativo 4 giugno 1997, n.
143 , ha caratteristiche unitarie ed
integrate su base nazionale e si avvale
dei servizi di interoperabilità e delle
architetture di cooperazione previste
dal progetto della rete unitaria della
pubblica amministrazione. Il Ministero
per le politiche agricole e gli enti e le
agenzie dallo stesso vigilati, le regioni
e gli enti locali, nonché le altre
amministrazioni pubbliche operanti a
qualsiasi titolo nel comparto agricolo e
agroalimentare, hanno l'obbligo di
avvalersi
dei
servizi
messi
a
disposizione dal SIAN, intesi quali
servizi di interesse pubblico, anche per
quanto concerne le informazioni
derivanti
dall'esercizio
delle
competenze regionali e degli enti locali
nelle materie agricole, forestali ed
agroalimentari.
Il
SIAN
è
interconnesso, in particolare, con
l'Anagrafe tributaria del Ministero delle
finanze, i nuclei antifrode specializzati
della Guardia di finanza e dell'Arma
dei carabinieri, l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, le camere di
commercio, industria ed artigianato,
secondo quanto definito dal comma 4”.
Nessun problema deriva dall’inserimento di queste disposizioni nel DPR, come implicitamente ritenuto dal Consiglio di
Stato nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 77).
Titolo II
Dello spazio rurale
La norma è tornata “legificata” e quindi
è stata portata nel d.lgs. (art. 36).
Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale
ART. 18
(Contratti di collaborazione e
contratti di promozione)
1. Le pubbliche amministrazioni, anche
su richiesta delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale,
possono concludere contratti di
collaborazione con gli imprenditori
agricoli, per la promozione delle
vocazioni produttive e la tutela delle
produzioni di qualità e delle tradizioni
alimentari locali.
2. I contratti di collaborazione sono
destinati ad assicurare il sostegno e lo
sviluppo dell’imprenditoria agricola
locale,
anche
attraverso
la
valorizzazione delle peculiarità dei
212
prodotti tipici, biologici e di qualità,
anche tenendo conto dei distretti
agroalimentari, rurali e ittici.
3. Al fine di assicurare una adeguata
informazione
ai
consumatori
e
consentire la conoscenza della
provenienza della materia prima e
delle peculiarità delle produzioni
tipiche, biologiche e di qualità, le
pubbliche amministrazioni, nel rispetto
degli Orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato all’agricoltura,
possono concludere contratti di
promozione con gli imprenditori
agricoli che si impegnino nell’esercizio
dell’attività di impresa ad assicurare la
tutela delle risorse naturali, della
biodiversità e del paesaggio agrario e
forestale.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 dicembre 2009 vi erano due articoli rubricati, il primo,
“Contratti di collaborazione e contratti di promozione” e, il secondo, “Convenzioni in materia di gestione del territorio”,
così delegificando alcuni articoli del d.lgs. 228/2001. Melius re perpensa, si è ritenuta problematica la suddetta
delegificazione, sicché le due disposizioni sono state inserite nello schema di decreto legislativo di riordino e
semplificazione. In particolare, con riguardo all’articolo rubricato “Contratti di collaborazione e contratti di promozione”, il
Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 74), ne ha contesta la delegificazione
dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs.
ART. 19
(Convenzioni in materia di
gestione del territorio)
La norma è tornata “legificata” e quindi
è stata portata nel d.lgs. (art. 37).
1. Al fine di favorire lo svolgimento di
attività funzionali alla sistemazione ed
alla manutenzione del territorio, alla
salvaguardia del paesaggio agrario e
forestale, alla cura e al mantenimento
dell’assetto
idrogeologico
e
di
promuovere prestazioni a favore della
tutela delle vocazioni produttive del
territorio le pubbliche amministrazioni
possono stipulare convenzioni con gli
imprenditori agricoli.
2.Le convenzioni di cui al comma 1
definiscono
le
prestazioni
delle
pubbliche
amministrazioni
che
possono consistere, nel rispetto degli
Orientamenti comunitari in materia di
aiuti di Stato all'agricoltura anche in
finanziamenti,
concessioni
amministrative, riduzioni tariffarie o
realizzazione di opere pubbliche. Per
le predette finalità le pubbliche
amministrazioni, in deroga alle norme
vigenti, possono stipulare contratti
d'appalto con gli imprenditori agricoli di
importo annuale non superiore a
50.000 euro nel caso di imprenditori
singoli, e 300.000 euro nel caso di
imprenditori in forma associata.
Nello schema di DPR approvato dal Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2009 risultava compreso un articolo rubricato
“Convenzioni in materia di gestione del territorio”. Il Consiglio di Stato, nel punto 9 del suo parere del 24 febbraio 2010
(pag. 74), contesta la delegificazione dell’articolo. La norma è tornata “legificata” e quindi è stata portata nel d.lgs.
213
Il comma 1 è una norma di rinvio al
ART. 20
D.M. 19 aprile 1999 sulla protezione
(Della buona pratica agricola)
delle acque dai nitrati, che le Regioni
possono integrare.
1. Ogni riferimento alla “buona pratica
agricola” contenuto nel decreto
legislativo di riordino sulla materia
dell’agricoltura e in questo decreto del
Presidente della Repubblica attuativo
di esso, si intende fatto al Codice di
buona pratica agricola, approvato in
attuazione dell’articolo 4 della direttiva
del Consiglio 91/676/CEE del 12
dicembre 1991, recante criteri e
indicazioni di validità nazionale, se del
caso integrabili da parte delle regioni e
province autonome in relazione a
esigenze locali, fermi restando i criteri
e indicazioni ivi fissati.
Titolo II
Della disciplina delle aree
agricole
Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale
ART. 11
(Della buona pratica agricola)
1. Ogni riferimento alla ‘buona pratica
agricola’ contenuto nel decreto
legislativo di riordino sulla materia
dell’agricoltura
e
nel
presente
decreto si intende fatto al Codice di
buona pratica agricola, approvato in
attuazione dell’articolo 4 della direttiva
del Consiglio 91/676/CEE del 12
dicembre 1991, recante criteri e
indicazioni di validità nazionale, se del
caso integrabili da parte delle regioni
in relazione a esigenze locali, fermi
restando i criteri e indicazioni ivi fissati.
Con riferimento alla rubrica del Titolo III dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri l’11
dicembre 2009, il Consiglio di Stato, nel punto 5 del suo parere del 24 febbraio 2010 (pag. 59), ha suggerito di
modificarla da “Della disciplina del territorio” a “Disciplina delle aree agricole”. Si ritiene che sia opportuno modificare
nello stesso sensi il Titolo II di questo schema di DPR.
Nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ha ritenuto necessaria la soppressione del riferimento alle
province autonome in tale articolo contenuto. La proposta di emendamento è stata accolta.
Il comma 1 è riprodotto dal comma 1
dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre
2003, n. 378 Disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale:
“Al
fine
di
contribuire
all’attuazione dei programmi di cui
all’articolo 2, presso il Ministero
dell’economia e delle finanze è istituito
il Fondo nazionale per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale.”
Il comma 2 è riprodotto dal comma 2
dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre
2003, n. 378 Disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale:
“Le
risorse
assegnate
annualmente al Fondo di cui al comma
1 sono ripartite tra le regioni e le
province autonome di Trento e di
Bolzano dal Ministro dell’economia e
delle finanze, previa intesa in sede di
Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, proporzionalmente alle
richieste di finanziamento relative agli
interventi effettivamente approvati da
ciascuna
regione
e
provincia
autonoma e anche in rapporto alla
quota di risorse messe a disposizione
dalle singole regioni e province
autonome medesime.”
Il comma 3 è riprodotto dal comma 3
Capo II
Dell’architettura rurale
ART. 21
(Fondo nazionale per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura
rurale)
1. Presso il Ministero dell’economia e
delle finanze è istituito il Fondo
nazionale per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura rurale al
fine di contribuire all’attuazione dei
programmi di cui all’articolo 27 del
decreto legislativo di riordino sulla
materia dell’agricoltura.
2. Le risorse assegnate annualmente
al Fondo di cui al comma 1 sono
ripartite tra le regioni e le province
autonome dal Ministro dell’economia e
delle finanze, previa intesa in sede di
Conferenza
Stato-Regioni,
proporzionalmente alle richieste di
finanziamento relative agli interventi
effettivamente approvati da ciascuna
regione e provincia autonoma e anche
in rapporto alla quota di risorse messe
a disposizione dalle singole regioni e
province autonome medesime.
3.
Con
decreto
del
Ministro
dell’economia e delle finanze, di
concerto con i Ministri dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare,
Capo II
Dell’architettura rurale
ART. 12
(Fondo nazionale per la tutela e la
valorizzazione dell’architettura
rurale)
1.
Presso
il
Ministero
dell’economia e delle finanze è
istituito il Fondo nazionale per la
tutela
e
la
valorizzazione
dell’architettura rurale al fine di
contribuire
all’attuazione
dei
programmi di cui all’articolo 42 del
decreto legislativo di riordino sulla
materia dell’agricoltura.
2. Le risorse assegnate annualmente
al Fondo di cui al comma 1 sono
ripartite tra le regioni dal Ministro
dell’economia e delle finanze, previa
intesa in sede di Conferenza StatoRegioni,
proporzionalmente
alle
richieste di finanziamento relative agli
interventi effettivamente approvati da
ciascuna
regione
e
provincia
autonoma e anche in rapporto alla
quota di risorse messe a disposizione
dalle singole regioni e province
autonome medesime.
3.
Con
decreto
del
Ministro
dell’economia e delle finanze, di
concerto con i Ministri dell’ambiente e
214
dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre
2003, n. 378 Disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale: “Con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di
concerto con i Ministri dell’ambiente e
della tutela del territorio, per i beni e le
attività culturali e delle politiche
agricole e forestali, previa intesa in
sede di Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, sono stabilite le
modalità per il riparto delle risorse
assegnate al Fondo di cui al comma 1,
in attuazione dei criteri di cui al comma
2.”
Il comma 4 è riprodotto dal comma 4
dell’articolo 3 della Legge 24 dicembre
2003, n. 378 Disposizioni per la tutela
e la valorizzazione dell’architettura
rurale: “Per gli anni 2003, 2004 e
2005, la dotazione del Fondo di cui al
comma 1 è determinata in 8 milioni di
euro annui. A decorrere dall’anno
2006, al finanziamento del Fondo si
provvede ai sensi dell’articolo 11,
comma 3, lettera f), della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni.”
Nell’articolo del presente schema di
DPR si è eliminata il riferimento agli
anni 2003, 2004 e 2005, già trascorsi e
perciò non più rilevanti, nonché l’inciso
“a decorrere dall’anno 2006”.
per i beni e le attività culturali, delle
politiche agricole alimentari e forestali
e delle infrastrutture e dei trasporti,
previa intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni,
sono
stabilite
le
modalità per il riparto delle risorse
assegnate al Fondo di cui al comma 1,
in attuazione dei criteri di cui al comma
secondo.
4. A decorrere dall’anno 2006, al
finanziamento del Fondo si provvede
ai sensi dell’articolo 11, comma 3,
lettera f), della legge 5 agosto 1978, n.
468, e successive modificazioni.
della tutela del territorio e del mare,
per i beni e le attività culturali, delle
politiche agricole alimentari e forestali
e delle infrastrutture e dei trasporti,
previa intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni,
sono
stabilite
le
modalità per il riparto delle risorse
assegnate al Fondo di cui al comma 1,
in attuazione dei criteri di cui al co. 2.
4. Al finanziamento del Fondo si
provvede ai sensi dell’articolo 11,
comma 3, lettera f), della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni.
Si rileva che, nel comma 1, vi è un errato riferimento a un articolo del decreto legislativo di riordino (Commissione
Agricoltura del Senato). Il refuso è stato corretto
Inoltre, nel suo parere del 29 aprile 2010 la Conferenza Unificata ha ritenuto necessaria la soppressione del
riferimento alle province autonome in tale articolo contenuto. La proposta di emendamento è stata accolta.
Si è proposta la soppressione delle parole “a decorrere dall’anno 2006” (Commissione Agricoltura del Senato) Il
suggerimento è stato accolto
Riprodotto dall’articolo 4 della Legge
24 dicembre 2003, n. 378 Disposizioni
per la tutela e la valorizzazione
dell’architettura rurale: “1. Le regioni e
le province autonome di Trento e di
Bolzano gestiscono le quote del Fondo
di cui all'articolo 3 loro assegnate
unitamente alle risorse proprie e alle
risorse di cui all'articolo 5 e concedono
contributi a soggetti proprietari o titolari
degli insediamenti, degli edifici o dei
fabbricati rurali, di cui all'articolo 1, fino
all'importo massimo del 50 per cento
della spesa riconosciuta secondo il
relativo piano finanziario. I contributi
sono erogati sulla base dello stato di
avanzamento dei lavori, ovvero, previa
verifica, a saldo finale. I contributi di
cui alla presente legge non sono
cumulabili con altri contributi pubblici
e, in particolare, con quelli concessi ai
sensi degli articoli 41 e 43 del testo
unico delle disposizioni legislative in
materia di beni culturali e ambientali, di
ART. 22
(Procedure di concessione dei
contributi)
1. Le regioni e le province autonome
gestiscono le quote del Fondo, di cui
all’articolo
25,
loro
assegnate
unitamente alle risorse proprie e alle
risorse, di cui all’articolo 27, e
concedono contributi a soggetti
proprietari o titolari degli insediamenti,
degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui
all’articolo 26 del decreto legislativo di
riordino sulla materia dell’agricoltura,
fino all’importo massimo del 50 per
cento
della
spesa
riconosciuta
secondo il relativo piano finanziario. I
contributi sono erogati sulla base dello
stato di avanzamento dei lavori,
ovvero, previa verifica, a saldo finale. I
contributi non sono cumulabili con altri
contributi pubblici e, in particolare, con
quelli concessi ai sensi degli articoli 35
e 37 del Codice dei beni culturali e del
paesaggio approvato con decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
ART. 13
(Procedure di concessione dei
contributi)
1. Le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano gestiscono le
quote del Fondo, di cui all’articolo 12,
loro assegnate unitamente alle risorse
proprie e alle risorse di cui all’articolo
14, e concedono contributi a soggetti
proprietari o titolari degli insediamenti,
degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui
all’articolo 41 del decreto legislativo di
riordino sulla materia dell’agricoltura,
fino all’importo massimo del 50 per
cento
della
spesa
riconosciuta
secondo il relativo piano finanziario. I
contributi sono erogati sulla base dello
stato di avanzamento dei lavori,
ovvero, previa verifica, a saldo finale. I
contributi non sono cumulabili con altri
contributi pubblici e, in particolare, con
quelli concessi ai sensi degli articoli 35
e 37 del codice dei beni culturali e del
paesaggio approvato con decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
215
cui al decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490. [N:B. Questo comma
non è perfettamente conforme alla
norma originaria nella parte finale
poiché si sono aggiornate le norme
richiamate ora contenute nel Codice
dei beni culturali e del paesaggio]. 2.
La concessione dei contributi è
comunque subordinata alla stipula di
un'apposita convenzione che prevede,
tra l'altro, la non trasferibilità degli
immobili per almeno un decennio,
l'avvenuto rilascio dei permessi per la
realizzazione delle opere, la redazione
del preventivo di spesa a cura del
direttore dei lavori e sottoscritto dal
proprietario, la possibilità di revoca dei
contributi per il mancato inizio dei
lavori entro sei mesi dalla data del
rilascio delle apposite autorizzazioni o
a causa di lavori eseguiti in difformità
rispetto ai progetti approvati. 3. Per i
beni immobili dichiarati di interesse
particolarmente importante ai sensi
dell'articolo 6, comma 1, del testo
unico delle disposizioni legislative in
materia di beni culturali e ambientali, di
cui al decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490, resta fermo quanto
previsto dalla normativa vigente in
tema di tutela dei beni culturali.”
Nel 3 comma dell’articolo si è
aggiornato il richiamo alla norma del
testo unico in materia di beni culturali e
ambientali ora contenuta nel Codice
dei beni culturali e del paesaggio.
2. La concessione dei contributi è
comunque subordinata alla stipula di
un’apposita convenzione che prevede,
tra l’altro, la non trasferibilità degli
immobili per almeno un decennio,
l’avvenuto rilascio dei permessi per la
realizzazione delle opere, la redazione
del preventivo di spesa a cura del
direttore dei lavori e sottoscritto dal
proprietario, la possibilità di revoca dei
contributi per il mancato inizio dei
lavori entro sei mesi dalla data del
rilascio delle apposite autorizzazioni o
a causa di lavori eseguiti in difformità
rispetto ai progetti approvati.
3. Per i beni immobili dichiarati di
interesse culturale ai sensi dell’articolo
13, comma 1, del Codice dei beni
culturali e del paesaggio, approvato
con decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, resta fermo quanto
previsto dalla normativa vigente in
tema di tutela dei beni culturali.
2. La concessione dei contributi è
comunque subordinata alla stipula di
un’apposita convenzione che prevede,
tra l’altro, la non trasferibilità degli
immobili per almeno un decennio,
l’avvenuto rilascio dei permessi per la
realizzazione delle opere, la redazione
del preventivo di spesa a cura del
direttore dei lavori e sottoscritto dal
proprietario, la possibilità di revoca dei
contributi per il mancato inizio dei
lavori entro sei mesi dalla data del
rilascio delle apposite autorizzazioni o
a causa di lavori eseguiti in difformità
rispetto ai progetti approvati.
3. Per i beni immobili dichiarati di
interesse culturale ai sensi dell’articolo
13, comma 1, del codice dei beni
culturali e del paesaggio, approvato
con decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, resta fermo quanto
previsto dalla normativa vigente in
tema di tutela dei beni culturali.
Si rileva che vi è un errato riferimento a un articolo del nostro decreto legislativo di riordino (Commissione
Agricoltura del Senato). Il refuso è stato corretto.
ART. 23
ART. 14
Riprodotto dall’articolo 5 della legge 24
(Sponsorizzazioni)
(Sponsorizzazioni)
dicembre 2003, n. 378 Disposizioni per 1. I proventi di sponsorizzazioni, lasciti 1. I proventi di sponsorizzazioni, lasciti
la
tutela
e
la
valorizzazione ed erogazioni liberali, finalizzati alla ed erogazioni liberali, finalizzati alla
dell’architettura rurale: “All’attuazione tutela e valorizzazione delle tipologie tutela e valorizzazione delle tipologie
dei programmi di cui all’articolo 2 di architettura rurale ricadenti sul di architettura rurale ricadenti sul
concorrono anche i proventi di territorio regionale o delle province territorio regionale o delle province
sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni autonome concorrono all’attuazione autonome concorrono all’attuazione
liberali, finalizzati alla tutela e dei programmi di cui all’articolo 28 del dei programmi di cui all’articolo 42 del
valorizzazione delle tipologie di decreto legislativo di riordino sulla decreto legislativo di riordino sulla
architettura
rurale
ricadenti
sul materia dell’agricoltura.
materia dell’agricoltura.
territorio regionale o delle province 2. Tali proventi integrano le risorse che 2. Tali proventi integrano le risorse che
autonome di Trento e di Bolzano. I le regioni e le province autonome le regioni e le province autonome
predetti proventi integrano le risorse decidono di riservare alla tutela e alla decidono di riservare alla tutela e alla
che le regioni e le province autonome valorizzazione delle tipologie di valorizzazione delle tipologie di
di Trento e di Bolzano decidono di architettura rurale.
architettura rurale.
riservare
alla
tutela
e
alla
valorizzazione delle tipologie di
architettura rurale.”
Si rileva che vi è un errato riferimento a un articolo del nostro decreto legislativo di riordino (Commissione Agricoltura del
Senato). Il refuso è stato corretto.
216
Riprodotto dall’art. 22 del decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 228
“Orientamento e modernizzazione del
settore agricolo”. Il testo è il seguente:
“Art. 22. (Sorveglianza rinforzata) 1. I
vegetali, le sementi, i prodotti
antiparassitari di uso agricolo e i
prodotti assimilati, i fertilizzanti, i
composti e i materiali di sostegno, che
sono composti in tutto o in parte di
organismi geneticamente modificati,
sono soggetti ad uno specifico
monitoraggio territoriale. // 2. I Servizi
fitosanitari regionali, nell'ambito delle
attività ispettive previste dalle vigenti
normative fitosanitarie sui vegetali e
prodotti vegetali, collaborano con le
strutture incaricate dell'effettuazione
dei
controlli
sugli
organismi
geneticamente modificati. // 3. Le
modalità per l'espletamento del
monitoraggio, anche al fine di
assicurare omogeneità di interventi e
raccordo operativo con il Servizio
fitosanitario centrale del Ministero delle
politiche agricole e forestali, sono
stabilite con decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali, di
concerto con i Ministri della sanità e
dell'ambiente e d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, senza oneri aggiuntivi a
carico dei bilanci dello Stato, delle
regioni e delle province”.
Capo III
Della biodiversità e
dell’agricoltura transgenica
Capo III
Della biodiversità e
dell’agricoltura transgenica
ART. 24
(Sorveglianza rinforzata)
ART. 15
(Sorveglianza rinforzata)
1. I vegetali, le sementi, i prodotti
antiparassitari di uso agricolo e i
prodotti assimilati, i fertilizzanti, i
composti e i materiali di sostegno, che
sono composti in tutto o in parte di
organismi geneticamente modificati,
sono soggetti ad uno specifico
monitoraggio territoriale.
2. I Servizi fitosanitari regionali,
nell’ambito delle attività ispettive
previste dalle vigenti normative
fitosanitarie sui vegetali e prodotti
vegetali, collaborano con le strutture
incaricate
dell’effettuazione
dei
controlli sugli organismi geneticamente
modificati.
3. Le modalità per l’espletamento del
monitoraggio, anche al fine di
assicurare omogeneità di interventi e
raccordo operativo con il Servizio
fitosanitario centrale del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali,
sono stabilite con decreto del Ministro
delle politiche agricole alimentari e
forestali, di concerto con i Ministri del
lavoro, della salute e delle politiche
sociali e dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e d’intesa con
la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome, senza oneri
aggiuntivi a carico dei bilanci dello
Stato, delle regioni e delle province.
1. I vegetali, le sementi, i prodotti
antiparassitari di uso agricolo e i
prodotti assimilati, i fertilizzanti, i
composti e i materiali di sostegno,
che sono composti in tutto o in
parte di organismi geneticamente
modificati, sono soggetti ad uno
specifico monitoraggio territoriale.
2. I Servizi fitosanitari regionali,
nell’ambito delle attività ispettive
previste dalle vige