Introduzione alla lingua cinese moderna
Transcript
Introduzione alla lingua cinese moderna
Introduzione alla lingua cinese moderna Per “lingua cinese moderna” si intende la lingua ufficiale, parlata e scritta, nella Repubblica Popolare Cinese, lingua definita dal 1956 Ptnghuà 普通话 (letter.: “lingua comune”), in seguito alla riforma operata dalla nuova classe dirigente. Questa formulazione indica la pronuncia basata sui dialetti settentrionali, attualmente insegnata nelle scuole e usata dai media su scala nazionale. I dialetti parlati in Cina sono oltre 750, classificati in 7 gruppi principali, ma qualsiasi testo scritto risulta perfettamente comprensibile indipendentemente dal diverso modo in cui, per ragioni dialettali, venga pronunciato. Sarebbe come se la nostra scrittura invece di lettere usasse numeri: ad esempio, “8” può essere pronunciato nel modo più vario (“otto”, “eight”, “acht”, “huit”, “ba”, ecc.), ma visivamente sarà capito da tutti coloro che conoscono i numeri arabi. È esattamente ciò che avviene per il cinese: anche se possono esserci delle difficoltà di comprensione tra un Cinese di Shanghai e uno di Canton – solo per citare un esempio – a causa del diverso dialetto parlato, entrambi possono comprendere con la stessa facilità il medesimo testo scritto. È questa la peculiarità della lingua cinese, che si manifesta anche nella diverse definizioni di hàny 汉语 (lingua parlata) e zhng wén 中文 (lingua scritta). L’unità fonetica della lingua cinese è la sillaba. Attualmente si conta un totale di 408 sillabe. È importante tenere sempre presente la seguente corrispondenza: sillaba carattere morfema 人 persona rén Caratteristica fondamentale della lingua cinese è l’essere una lingua a toni (shngdiào 声调): ciò significa che le sillabe che formano le parole e quindi le parole stesse si differenziano l’una dall’altra anXI che per il tono. Ci sono quattro toni, più un tono neutro, che permettono di pronunciare foneticamente in cinque modi diversi ciascuna sillaba. Essi vengono così definiti con questo esempio della sillaba ma: m má m mà ma 妈 麻 马 骂 吗 Le sillabe cinesi vengono analizzate scomponendole in tre parti: shngm 声母 (suono consonantico iniziale) yùnm 韵母 (suono finale) e shngdiào 声调 (tono). Ad esempio: b + f + ao ang 4° tono 1° tono es: bào (报, “giornale”) es.: fng (方, “quadrato”) Il sistema Hàny Pnyn (汉语拼音) è la trascrizione fonetica del ptnghuà in lettere latine ufficialmente adottata dalla Repubblica Popolare Cinese con la riforma della lingua del 1956. Esso utilizza 25 lettere dell’alfabeto latino per trascrivere 21 shngm e 38 yùnm (ma non tutte le shngm possono combinarsi con tutte le yùnm) 1. Inoltre, non tutte le sillabe sono realizzate in tutti e quattro i toni. Nonostante l’apparente semplicità, la corretta pronuncia del pnyn2 discosta dalla lettura basata sulla pronuncia del lettore italiano o di qualsiasi lingua non cinese. Avere la perfetta padronanza della fonetica è un prerequisito per l’apprendimento del cinese. La lingua cinese scritta viene meglio definita quale lingua logografica (cioè disegno corrispondente a una nozione), non ideografica, così come le sue unità costitutive vengono chiamate caratteri (hànzì 汉 字), e non ideogrammi. 1 2 Si veda Tav. I. Si veda Tav. II. XII La lingua scritta, dal 221 a.C. e cioè da quando l’imperatore Shihuang dei Qin costituì l’impero e impose l’unificazione delle norme grafiche, ha pesato come fattore di unità della cultura cinese, nonostante le grandi barriere geografiche che hanno frazionato lo scenario del suo sviluppo. La struttura e la forma contemporanea dei caratteri risalgono alla fine della dinastia Han (220 d.C.), senza variazioni di rilievo. Dopo il 1949 sono state adottate varie misure di riforma della lingua scritta per una più facile alfabetizzazione della popolazione: - scrittura su linee orizzontali che procedono da sinistra a destra; - uso dei segni di interpunzione occidentali, tranne il punto fermo che è rappresentato da un circoletto; - adozione ufficiale di forme semplificate (cioè i caratteri sono formati da un minore numero di tratti); - utilizzazione di parole bisillabe o trisillabe. Nel cinese moderno la maggior parte delle parole è, infatti, formata da due o più sillabe, quindi è composta da due o più distinti caratteri con diversi significati originari, che contribuisco a formare un nuovo significato, più o meno etimologicamente legato a quelli originari. Nel cinese classico prevaleva invece il monosillabismo. Ogni carattere scritto cinese rappresenta, quindi, una sillaba dotata di tono, però una stessa sillaba pronunciata con il medesimo tono non necessariamente corrisponde a un solo carattere e quindi a un unico morfema. Ad esempio: la sillaba cái (2° tono), a livello grafico può corrispondere a: 才 (“abilità”), 财 (“ricchezza”), 材 (“materiale”), ecc.; la sillaba jn (1° tono), a livello grafico può corrispondere a: 金 (“oro”), 今 (“attuale”), 筋 (“muscolo”), ecc.; la sillaba shì (4° tono), è la forma orale di almeno 19 caratteri diversi, come 是 (“essere”), 事 (“cosa”), 试 (“provare”), 室 (“stanza”), 市 (“città”), ecc. È necessario qui reiterare che nel cinese moderno le parole monosillabiche sono relativamente poche. Ad esempio, i pronomi personali singolari come 我 w, “io”, 你 n “tu”, 他 t “egli”; i verbi come 来 XIII lái, “venire” e 去 qù, “andare”; aggettivi come 好 ho, “bene”; e sostantivi come 书 sh, “libro”. Ma benché caratteri diversi abbiamo la stessa sillaba dotata dello stesso tono, nell’uso non si confondono grazie alla loro combinazione con altri caratteri. Ad esempio: 才能 cáinéng, “capacità”, “talento”, formato da “abilità” + “capacità”; 今天 jntin, “oggi”, formato da “attuale” + “giorno”; 市场 shìchng, “mercato”, formato da “ città” + “spazio aperto” La scrittura dei caratteri è basata su 24 tratti3 diversi che si combinano in uno spazio quadrato, in posizioni e proporzioni variabili. Esistono regole precise riguardo alla direzione e alla sequenza con cui vengono tracciati i singoli tratti per il singolo carattere: 1 : dall’alto verso il basso; 2 : da sinistra verso destra; 3 : prima il tratto orizzontale e poi quello verticale; 4: quando uno o più tratti verticali attraversano perpendicolarmente uno o più tratti orizzontali, i verticali vengono tracciati per ultimi; 5 : al contrario, se i tratti verticali non attraversano il tratto orizzontale più in basso è questo a venire tracciato per ultimo; 6 : quando l’insieme o una parte di un carattere è compresa in uno spazio chiuso, questo ultimo deve essere ultimato solo quando tutti i tratti interni sono stati tracciati. Con riferimento alla struttura, i caratteri cinesi possono essere suddivisi in caratteri semplici e in caratteri composti: - i caratteri “a corpo semplice” derivano da antichi pittogrammi come: 人 rén, “persona”, 口 ku, “bocca”, 日 rì “sole”, 手 shu “mano”, 上 shàng “sopra”, 下 xià “sotto”, ecc. - i caratteri “a corpo composto” sono formati dall’unione di due parti, dette pinpáng 偏旁, derivate da caratteri preesistenti: 3 Si veda Tav. III. XIV a) entrambe le componenti sono utilizzate con valore semantico, cioè in relazione al loro significato: 好 ho, “bene”, “buono”, composto dai caratteri di “donna” (女 n) + “bambino” (子 z); 笔 b, “pennello”, composto dai caratteri di “bambù” (竹 zhú) + “pelo” (毛 mo); b) una componente è usata con valore semantico, l’altra ha invece un valore puramente fonetico: 妈妈 mma, “mamma”, composto dai caratteri di “donna” (女 n), componente semantica, + “cavallo” (马 m), componente fonetica Alcuni caratteri a corpo semplice subiscono modificazioni di forma quando sono utilizzati come componenti di caratteri a corpo composto. Ad esempio: 人 (rén, “persona”) è stilizzata in: ィ es.: “egli” 他 t 水 (shu , “acqua”) è stilizzata in: ツ es.: “fiume” 江 jing La familiarità con le componenti semantiche dei caratteri è necessaria soprattutto per consultare i dizionari cinesi che ordinano i caratteri sulla base di liste di “chiavi” o “radicali” (bùshu 部首), che non hanno equivalente linguistico in italiano: 部 bù significa “parte”, “sezione”, “ministero”. 首 shu significa “capo”, “principale”. Un bùshu è quindi un insieme di tratti costitutivi che sta a capo di una sezione contenente una serie di caratteri con un riferimento grafico e semantico comune. I bùshu sono in numero definito e da essi dipende la classificazione di tutti i caratteri cinesi nel dizionario. L’elenco e l’ordine di presentazione dei radicali è stato modificato diverse volte nel corso dei secoli: i dizionari più recenti, e precisamente quelli editi dal 2005, ne riportano 201 I bùshu sono catalogati in modo sequenziale e per numero progressivo di tratti che li compongono, in genere raccolti in una tavola su un’unica pagina all’inizio di ogni dizionario, che poi, in tavole sucXV cessive, classifica tutti i caratteri sotto ordinati a ciascun bùshu, sempre per numero progressivo di tratti. Un dizionario di uso comune contemporaneo conta circa 11.000 caratteri. Ma se consideriamo una lista di caratteri ordinati per uso di frequenza, scopriamo che i primi 3.000 coprono il 90% dell’uso comune, mentre i restanti sono termini specialistici di tutti i settori. Sul piano filologico i caratteri possono essere così indicati: 1) invariabili, in quanto essi, avendo una struttura fissa, non subiscono alcun cambiamento o alcuna inflessione: 人 rén (“uomo”), sostantivo, sia al singolare sia al plurale; 黃 huáng (“giallo”), aggettivo, sia in numero sia in genere; 愛 ài (“amare”), verbo, in qualunque modo, tempo o persona. 2) isolati, in quanto essi vanno scritti sempre in modo staccato e a distanza uguale uno dall’altro. 3) monosillabici, in quanto ogni carattere ha, generalmente, una sola pronuncia che corrisponde a una sillaba. La lingua cinese è un tipico esempio di lingua isolante (o, non flessiva): ogni unità lessicale è invariabile qualunque sia la posizione grammaticale che assume. È per questo motivo che la struttura sintattica è rigida e ogni categoria grammaticale assume, nella frase, una precisa collocazione. La metodologia di apprendimento prevede, quindi, un approccio immediato e costante al modo di “pensare alla cinese”. CB XVI