IMAGING IN SENOLOGIA: tRA PRESENtE E fUtURO
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IMAGING IN SENOLOGIA: tRA PRESENtE E fUtURO
IMAGING IN SENOLOGIA: TRA PRESENTE E FUTURO Marco Falomi 3 N ell’era tecnologica che stiamo vivendo purtroppo oltre il 60% delle donne scopre di avere un tumore mammario con le proprie mani, con l’autopalpazione. La prognosi nella media dei casi è favorevole, ma il nostro compito come classe medica è quello di educare le pazienti alla prevenzione. Non potendo attuare nel tumore mammario una prevenzione primaria, cioè evitare che questo insorga, pur conoscendo numerosi fattori di rischio ma non essendo a conoscenza dei fattori scatenanti intriseci, dobbiamo orientarci verso quella secondaria, cioè guarire/eliminare la lesione prima che la malattia si manifesti clinicamente. Lo strumento della prevenzione secondaria è la diagnosi precoce che, nel caso dei tumori mammari, può avvenire solo con l’ausilio della diagnostica per immagini, che ci permette la scoperta di tumori in fase iniziale, non ancora palpabili (sotto il centimetro) e le cui ridotte dimensioni sono fondamentali per il successivo iter diagnostico e prognostico. Per questo motivo le metodiche che possono contribuire alla diagnosi dei tumori maligni sono al centro dell’interesse di medici e ricercatori da molti anni. La ricerca internazionale è orientata verso nuove tecnologie che possano fornire ulteriori informazioni diagnostiche a integrazione dei dati attualmente disponibili, per ottenere una più completa e accurata diagnosi. MAMMOGRAFIA La mammografia, anche se vecchia, resta l’indagine principe. A partire dal 2000, alla tradizionale tecnica analogica, basata sull’accoppiamento schermo-pellicola, si è affiancata quella digitale approvata dalla Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense responsabile della protezione e della promozione della salute pubblica attraverso la regolamentazione e la supervisione di alimenti e dispositivi medici. Con la digitalizzazione si è ottenuto una riduzione della dose di radiazioni ionizzanti al paziente e un aumento della sensibilità della metodica, grazie anche all’ausilio, per il radiologo, di un post-processing dell’immagine e dell’eventuale uso di un CAD (Computer Aided Detection), software per l’aiuto alla refertazione. TOMOSINTESI 4 Negli ultimi anni l’esame mammografico si è arricchito inoltre con la Tomosintesi, esame nel quale la mammella viene radiografata a strati, ottenuti con esposizioni multiple con diverse angolazioni in sequenza, tramite il movimento del tubo, per un determinato arco di tempo (1, 2). La scomposizione in strati della mammella permette una ridotta sovrapposizione dei tessuti con conseguente migliore evidenziazione di lesioni che potrebbero essere mascherate dalla sovrapposizione di strutture normali (3). ECOGRAFIA L’altro pilastro fondamentale della prevenzione mammaria è l’ecografia, che non usa radiazioni ionizzanti, ma ultrasuoni, esame di scelta in pazienti al di sotto dei 40 anni, che attualmente si avvale anche di software 3D e 4D attraverso sonde volumetriche, capaci di analizzare contemporaneamente le strutture secondo tutti i piani dello spazio (lunghezza, larghezza e profondità). L’ecografia mammaria, tuttavia, rimane ancora esame complementare alla mammografia e non dovrebbe essere utilizzata come unico esame diagnostico se non nel caso sopra esposto. Nell’ultimo decennio si è affermata una nuova metodica ecografia che, superata la fase sperimentale, è entrata a far parte della pratica clinica (6): l’elastosonografia (4). Questa tecnica è in grado di valutare l’elasticità e la consistenza (rigidità) dei noduli della mammella con il presupposto di base che la rigidità e la consistenza sono proprie delle formazioni tumorali maligne mentre l’elasticità è propria delle lesioni benigne. La durata dell’esame è di pochi minuti, generalmente si effettua al termine dell’esame tradizionale su noduli sospetti evidenziati. Il software traduce le comparazioni di compressibilità/deformabilità tra tessuti sani e patologici studiati, in differenze di colore. Il gradiente di colore è differente a secondo della macchina utilizzata. Si usano tre gradienti di colore: blu = duro/poco compressibile; verde = soffice/ ben compressibile; rosso = densità intermedia/uguale rispetto al tessuto normale. L’elastosonografia rappresenta un significativo avanzamento soprattutto per le piccole lesioni dubbie (circa 5-10 mm) poiché ne permette meglio la caratterizzazione riducendo i falsi positivi e incrementando la specificità con conseguente riduzione del numero delle pazienti che debbono proseguire l’iter diagnostico utilizzando metodiche più invasive e traumatiche (agoaspirato, agobiopsia e biopsia chirurgica) (7). L’indagine elastosonografica, tuttavia, allo stato attuale non può e non deve prescindere dagli attuali protocolli di indagine consolidati, così come i suoi dati devono essere sempre correlati con quelli rilevati dall’indagine ecografica tradizionale, color e power-doppler (5). RISONANZA MAGNETICA Una terza tecnica di imaging comunemente utilizzata, ma solo a integrazione di mammografia e dell’ecografia, è la RM mammaria (8). Bisogna sottolineare che la RM non è proponibile come primo esame diagnostico, se non in casi strettamente selezionati, sia per il suo alto costo, sia perché aumenta il rischio di casi dubbi o falsi positivi (20/25%) con il conseguente utilizzo di altre metodiche, di controlli a distanza di tempo o di biopsie. Bisogna quindi rispettare le indicazioni principali che sono (9): • studio di donne a rischio genetico o elevato rischio familiare per carcinoma mammario; • ricerca di carcinoma primitivo occulto metastatico (CUP syndrome); • ricerca di multicentricità, multifocalità, bilateralità, in caso di lesioni maligne già diagnosticate con tecniche tradizionali e candidate a intervento chirurgico conservativo; • monitoraggio delle lesioni mammarie trattate con chemioterapia neoadiuvante prechirurgica; • follow-up della mammella sottoposta a chirurgia conservativa e/o a radioterapia, qualora gli esami tradizionali pongano dubbi nella diagnosi differenziale tra recidiva e cicatrice non risolvibili con il prelievo cito/istologico; • valutazione di donne con protesi; • valutazione di mammelle di difficile interpretazione alle tecniche tradizionali e discrepanza tra differenti approcci diagnostici, in particolare in casi di difficile (o rifiutato) approccio bioptico. L’esame RM mammario si basa sulla capacità di rilevare l’angiogenesi, caratteristica di ogni processo tumorale che per il suo accrescimento richiede una rete di vasi sanguigni che apporti nutrimento e ossigeno e rimuova le scorie in accrescimento (22, 23, 24). Un complesso processo porta alla formazione nella zona tumorale di nuovi vasi che aumentano la vascolarizzazione della zona soddisfacendo i requisiti per la crescita, elemento sfruttato dalla RM, perchè favorisce l’impregnazione della lesione da parte del mezzo di contrasto paramagnetico. L’identificazione della lesione avviene elaborando le immagini con la sottrazione, che consente di esasperare la risoluzione di contrasto e pertanto di visualizzare le aree a maggiore vascolarizzazione, che si impregnano di mezzo di contrasto e divengono per questo iperintense. L’incremento di intensità viene definito enhancement con curve intensità/tempo che caratterizzano le varie lesioni mammarie, benigne e maligne. A queste metodiche classiche se ne affiancano altre riconosciute dal mondo scientifico, ma considerate di nicchia, in relazione agli alti costi e/o alla loro invasività. LA SCINTIMAMMOGRAFIA È un’indagine non invasiva, ma costosa, che utilizza radiofarmaci (principalmente il 99mTcSestamibi) per evidenziare la vitalità e la cellularità delle lesioni mammarie, il cui accumulo è proporzionale alla proliferazione cellulare (10). La tecnica scintigrafica ha una risoluzione spaziale inferiore rispetto alla RM e all’ecografia, ma è caratterizzata da una maggiore sensibilità. Essa è in grado di visualizzare la distribuzione dei traccianti marcati a concentrazioni molto basse (< 1 nanomole/litro) (11). La scintimammografia, usata necessariamente dopo mammografia ed ecografia, ha come indicazioni (12): 5 6 • presenza di una mammografia dubbia per tumore mammario, come esame complementare in presenza di microcalcificazioni, di una mammella densa e di protesi mammarie; • completamento diagnostico nella identificazione di tumori multicentrici, multifocali o bilaterali in pazienti con tumore mammario già accertato; • studio della multi-drug resistance; • valutazione della risposta del tumore alla chemioterapia adiuvante. Va evitata in gravidanza e durante l’allattamento e dovrebbe essere eseguita prima o almeno da 7 a 10 giorni dopo un ago aspirato, da 4 a 6 settimane dopo una biopsia mammaria e almeno da 2 a 3 mesi dopo l’intervento chirurgico al seno o la radioterapia. Tutto questo porterebbe a una riduzione di dose per il paziente e a una migliore definizione dell’immagine. Attualmente il “gold standard” per la diagnosi precoce del tumore mammario su una popolazione maggiore di 40 anni è dato dalla mammografia associata all’ecografia. A queste indagini si può affiancare la RM mammaria e successivamente, per una migliore caratterizzazione della lesione, il prelievo citologico o microbioptico. Negli ultimi anni la ricerca internazionale si è orientata verso nuove tecnologie che possano affiancare e in alcuni casi sostituire le metodiche sopra citate per ottenere una più completa e accurata diagnosi. ABVS Il metodo a ultrasuoni, anche se in fase iniziale, consente la scansione dell’intera mammella in maniera tridimensionale, mediante scansione volumetrica automatizzata (ABVS: Automated Breast Volume Scanner). I vantaggi dell’ABVS rispetto alle indagini convenzionali a ultrasuoni sono: la scansione automatizzata dell’intera mammella, effettuabile da un tecnico radiologo anziché da un medico; l’insieme di immagini 3D, che consente una elaborazione più sofisticata in fase post-esame e una valutazione più completa di tutti i dati; da ultimo il risparmio di tempo, sempre prezioso in questi casi (13). MAMMOGRAFIA A CONTEGGIO FOTONICO Questa indagine si avvale di un mammografo apparentemente uguale agli altri ma che utilizza il photon-counting: una tecnologia promettente in grado di contare, letteralmente, ciascun fotone che raggiunge la superficie del rilevatore. I fotoni X sono misurati direttamente in valori da attribuire a ciascun pixel con efficienza vicina al 100% in quanto rileva i soli fotoni e non il rumore elettronico e nessuna informazione viene persa per conversioni o per diffusione come per le attuali piastre al selenio o ai fosfori. MAMMOGRAFIA DUAL-ENERGY CON MDC La mammografia a sottrazione digitale dualenergy sfrutta il principio che i diversi tessuti presenti nella mammella presentano una diversa do soddisfacente con mammografia o ecografia, essendo più economica, più rapida e praticabile anche in pazienti che soffrono di claustrofobia o portatrici di impianti metallici quali i pacemaker. MAMMOGRAFIA CON LUCE DI SINCROTRONE Convenzionale Dual-energy dipendenza dall’energia del fascio radiante (14). Scegliendo opportunamente le due energie, è possibile in pratica “cancellare” il fondo ed enfatizzare il contrasto delle strutture patologiche. Nel caso specifico del seno, ipotizzando una struttura a tre componenti, cioè tessuto adiposo, tessuto fibroghiandolare e tessuto tumorale (sia esso un nodulo o una microcalcificazione), lo scopo è di rimuovere il contrasto del tessuto sano (adiposo-fibroghiandolare) per meglio evidenziare la lesione. Le microcalcificazioni (15) manifestano già un alto contrasto radiografico ma sono difficilmente riconoscibili per via delle ridotte dimensioni, mentre le masse tumorali spesso non sono visibili a causa della minima differenza di attenuazione ai raggi X col tessuto circostante. La mammografia a doppia energia potrebbe risultare insufficiente nell’individuazione delle masse di piccole dimensioni poiché, pur rimuovendo il “rumore” strutturale, il segnale radiografico della patologia rimarrebbe molto debole. Per enfatizzare queste differenze ecco l’abbinamento della mammografia dual-energy con l’uso del mezzo di contrasto (16, 17) che aumenta la visibilità del segnale d’interesse grazie alla proliferazione di nuovi vasi sanguigni nell’area tumorale, e grazie alla neo-angiogenesi, peraltro sfruttata da altre metodiche che si basano su questa caratteristica tumorale. La mammografia dual-energy potrebbe costituire una valida alternativa alla RM della mammella, nell’approfondimento dell’analisi di un’area che non possa essere investigata in mo- Questa nuova tecnica d’indagine è ancora agli albori come ricerca clinica e vuole esplorare il vantaggio dovuto al fatto che, a differenza dei tubi a raggi X comunemente utilizzati, la radiazione di sincrotrone è una radiazione molto collimata, composta da fotoni di un’unica energia che grazie alla tecnica del contrasto di fase riesce a ottenere dei contorni nitidi anche per dettagli praticamente trasparenti alla radiografia convenzionale e vedere quindi strutture che, nella mammografia tradizionale, sono impossibili da rilevare (18, 19, 20). Queste caratteristiche della radiazione portano una migliore qualità dell’immagine e una dose minore di radiazione per le pazienti. MAMMOGRAFIA-PET La mammografia-PET, come la precedente, è ancora agli albori come ricerca clinica e si basa, attraverso il dispositivo MAMMI, sulla tecnica di tomografia a emissione di positroni (PET) generati da un acceleratore di particelle: il ciclotrone (21). La tecnica PET nel dispositivo MAMMI misura l’attività metabolica del tumore localizzando l’alto assorbimento di glucosio da parte delle cellule cancerose. Il dispositivo Mammi può vedere lesioni di appena 1,5 mm, mentre il migliore dei sistemi attualmente esistenti offre una risoluzione di 5 mm. Il sistema è valido in tutti i casi, ma è particolarmente efficace per le donne con protesi al seno o nelle giovani donne con seno molto denso. L’uso dell’apparecchiatura è inoltre orientato verso la gestione della risposta alla terapia, 7 ed è ragionevole pensare che questa complessa, sofisticata e costosa tecnica di imaging molecolare, attraverso un utilizzo accorto e ragionato, possa portare a un miglioramento del management delle pazienti indirizzando correttamente alla terapia più appropriata. MAMMOGRAFIA A FIBRE OTTICHE 8 Una nuova metodica, già da anni motivo di studio e di sperimentazione, è quella che fa uso di raggi infrarossi per lo studio della mammella. Negli anni sono usciti vari acronimi per caratterizzare questa metodica: DOBI (Dynamic Optical Breast Imaging) (26), NIBI (Near Infrared Breast Imaging) (27). Queste metodiche si basano sul riconoscere nel sangue la differenza nel contenuto tra ossiemogoblina (sangue ossigenato) e deossiemoglobina (sangue povero di ossigeno) che hanno un differente spettro di assorbimento. È stato inoltre evidenziato che la vascolarità associata alla crescita delle lesioni maligne è diversa dalla vascolarità osservata nei tessuti non patologici. Questi principi sono associati al concetto di “neoangiogenesi” dei tumori maligni in generale (25), specie quelli mammari, principi che vengono sfruttati per il riconoscimento della lesione da parte di questa nuova metodica, e già sfruttati anche dalla RM, valutando la localizzazione e lo sviluppo di tale “neoangiogenesi”. Questa tecnica di imaging ha avuto una forte risonanza nell’opinione pubblica, in quanto pubblicizzata come metodica “innocua” che non utilizza radiazioni ionizzanti, né mezzi di contrasto, capace di porre diagnosi senza ricorrere a indagini mini-invasive come il prelievo bioptico, con un costo d’istallazione e di esercizio basso, rispetto alle metodiche tradizionali, ma con un forte ritorno economico (27, 28). Benché le ultime metodiche sopra esposte abbiano una loro validità scientifica, non bisogna dimenticare che queste devono essere ancora validate da studi scientifici seri basati su un’ampia popolazione, per uscire dall’attuale fase sperimentale ed entrare in quella diagnostica. Queste nuove indagini vanno sempre affiancate a quelle tradizionali, mai usate come alternative ed eventuali risultati discordanti con le metodiche classiche non possono essere presi in considerazione al 100%. In conclusione non dobbiamo denigrare queste nuove indagini che si affacciano nel mondo senologico e che potrebbero sicuramente avere un futuro, ma non dobbiamo neanche farci fuorviare da messaggi sbagliati e faziosi, considerando che alla stato attuale dell’arte la mammografia e l’ecografia anche se metodiche del “millennio scorso” mantengono tutt’ora la loro validità come “gold standard” per la prevenzione del tumore mammario. 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