Il turismo enogastronomico: i profumi e i sapori della Parigi

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Il turismo enogastronomico: i profumi e i sapori della Parigi
Programma Erasmus LLP IP Valortur Parigi 2011
Il turismo enogastronomico:
i profumi e i sapori della Parigi
“gourmande”
Federica Gobbi
Università degli Studi di Bologna
Polo di Rimini
Corso di Laurea Triennale in Economia del Turismo
Anno Accademico: 2011
1 INDICE
Premessa
p. 3
1.
Introduzione
p. 4
2.
IL TURISMO ENOGASTRONOMICO
p. 5
2.1
2.2
2.3
2.4
p. 5
p. 7
p. 7
p. 8
Una tipologia di viaggio culturale integrata
Una nuova sensibilità
Il turista enogastronomico : motivazioni, tratti distintivi e comportamento
Il turismo enogastronomico e i processi identitari
3.
LA FRANCIA, UN PAESE “GOURMAND”
p. 9
4.
LA GASTRONOMIA FRANCESE : PATRIMONIO IMMATERIALE DELL’UNESCO
P. 10
5.
IL RISTORANTE BUILLON CHARTIER : UN ECCELLENTE CASO DI STUDIO
P. 11
5.1
5.2
p. 11
p. 12
Chartier nel corso degli anni
La faccia nascosta di Chartier
Bibliografia
p. 13
Webgrafia
p.13
2 PREMESSA
Valortur è un Intensive Programme (IP) promosso dalle azioni comunitarie Erasmus nel campo dell’apprendimento
permanente (Lifelong Learning Program) dedicato alle Scienze del turismo ed in particolare alla “Valorizzazione
Turistica delle risorse ambientali e culturali” (www.centri.unicas.it). Il progetto costituisce un’occasione di incontro
interculturale tra paesi neolatini.
Nel Luglio 2011, Parigi è stata la sede di incontro della seconda edizione del programma Valortur, ospitata nelle aule
prestigiose dell’Università la Sorbona (Parigi 1 Panthéon- Sorbonne) e dell’IREST (Institut de Recherche et d’Étude
Supérieures du Torurism); essa ha rappresentato l’occasione per confrontarsi con studenti italiani, francesi e spagnoli sul
tema del turismo presentato con una serie di lezioni svolte da docenti internazionali specialisti in particolari aree
disciplinari e con numerosi lavori coordinati e ricerche sul campo nell’area parigina . La possibilità di partecipare a questa
Summer School è stato un momento molto significativo per la mia preparazione e anche un’esperienza di vita. Ho avuto
l’opportunità di conoscere all’interno del progetto professori, studenti ed attori del territorio che hanno reso l’esperienza
non solo un momento di studio ma anche un momento di conoscenza reciproca e convivialità.
Per questa progetto sento di dover ringraziare il professor Giuseppe Muti, coordinatore responsabile che mi ha
comunicato il senso dell’amicizia e la passione per il territorio. Si è avuta la possibilità di sperimentare la sua profonda
esperienza e conoscenza nel campo della Geografia del Turismo, insieme alla grande umanità con la quale ha saputo
incoraggiarmi in tutti i momenti di difficoltà.
Un ringraziamento particolare va alla professoressa Fiorella Dallari per la grande disponibilità e cortesia
dimostratemi. Le sono grata l’amicizia e l’entusiasmo per la ricerca che mi hanno trasmesso.
Lo stesso ringraziamento è rivolto anche a tutti i professori che ho conosciuto durante questo soggiorno parigino, che
hanno saputo incrementare con la loro conoscenza e professionalità il mio bagaglio culturale. In particolare
dall’Università di Bologna Davide Bagnaresi ; dall’Università di Cassino Patrizia Papetti, Andrea Moretta Tartaglione,
Domenico De Vincenzo, Simona Balzano, Sonia Di Vito, Chiara Rabbiosi; dall’università di Valencia Gregorio Garcia,
Amparo Cervera, Amparo Sancho, Manuela Pardo de Val e Bernardino Cambrer Borras e infine un ringraziamento a
Maria Gravari Barbas, Sebastien Jacquot, Amandine Chapuis, Saskia Cousin e Cécile Mermet e Chiara Santini.
Un ultimo ringraziamento va alle mie compagne di avventura, con le quali ho condiviso numerosi momenti di
riflessione, di scambio di opinioni e con le quali ho sorriso. Esse hanno reso l’esperienza piacevole anche quando alcune
giornate partivano in modo negativo : sono state per me più amiche che semplici compagne.
3 1. INTRODUZIONE
Il turismo è un elemento di civilizzazione che impone un’analisi critica sulla natura della civiltà stessa (sociologia,
antropologia, psicologia), è la pratica, l’azione svolta da coloro che viaggiano e visitano luoghi a scopo di svago,
conoscenza e istruzione. Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism
Organization, un dipartimento delle Nazioni Unite), un turista è “chiunque viaggi in paesi diversi da quello in cui ha la
sua residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte ma non superiore
ad un anno e il cui scopo abituale sia diverso dall’esercizio di ogni attività remunerata all’interno del paese visitato. In
questo termine sono inclusi coloro che viaggiano per: svago, riposo e vacanza; per visitare amici e parenti; per motivi di
affari e professionali, per motivi di salute, religiosi/pellegrinaggio e altro.”
Le origini del turismo moderno possono farsi risalire al secolo XVIII, quando tra la nobiltà dell’Europa centrale
divenne molto ambito e qualificante il viaggio in paesi esotici e ricchi di testimonianze artistiche, come molte regioni
d’Italia, o il soggiorno presso località termali come Bath, in Inghilterra. Dopo la rivoluzione industriale, il benessere della
nuova borghesia fece di questa classe la principale protagonista del primo sviluppo turistico moderno. Sorsero così nuove
stazioni termali (come Vichy in Francia), si sviluppò il turismo sui laghi e si iniziò la pratica sportiva dell’alpinismo, con
la creazione di nuove stazioni come Chamonix, in Savoia. Per lo sviluppo del turismo balneare estivo occorre attendere
gli albori del Novecento, anche se alcuni centri erano già frequentati per motivi terapeutici. In seguito, con la diffusione
dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione in Europa e nel Nord America, il turismo guadagnò anche le classi
lavoratrici e si affermarono alcuni sport invernali e il turismo balneare estivo. Durante le due guerre, e ancor più dopo
l’ultima guerra mondiale, il turismo ha assunto, nei paesi sviluppati, le attuali caratteristiche di fenomeno di massa. Le
località turistiche e i tipi di turismo si sono ulteriormente diversificati (Sergio Conti, Giuseppe Dematteis, Carla Lanza,
Ferruccio Nano, 1991)
A partire dagli anni Novanta, molti autori hanno espresso l’opinione che definire il turismo si rivela nella società postmoderna estremamente difficile e limitativo. La diversità e la velocità con cui si trasforma il turismo, fenomeno in
continua crescita, porta ad una sua complessificazione sempre più marcata che si traduce in una pluralità di turismi in
funzione del turista che presenta una grande varietà di motivazioni dettate dall’esigenza di essere coinvolto nelle sue
pratiche di tempo libero. Quest’ultimo assume, infatti, il significato di evasione, fuga, rigenerazione delle forze
psicofisiche e ricreazione della propria dimensione umana e della propria esistenza (materiale didattico della
professoressa Fiorella Dallari, 2011). Il viaggio diviene così un modo di usare il tempo libero al fine di soddisfare
un’ampia gamma di bisogni: la compensazione e l’integrazione sociale, la comunicazione, l’apertura della mente, la
libertà e l’autodeterminazione, l’autorealizzazione e la felicità (Krippendorf J., 1987).
Oggigiorno il turismo è un fattore strategico di crescita e addirittura una delle voci più importanti dell’economia in
Paesi, regioni, località che abbiano risorse da valorizzare e sappiano ideare, programmare, gestire, tutelare, aggiornare e
riqualificare il loro prodotto turistico con lucidità, tempismo e costanza. (Erica Croce, Giovanni Perri, 2008). Si
frequentano siti turistici per motivi di lavoro (es. congressi), di salute (es. cure termali), sportivi (partecipare a una
maratona oppure assistere a un gran premio automobilistico), religiosi (es. un pellegrinaggio), o semplicemente per andare
in vacanza al mare o in montagna. Fra tutte le possibili tipologie turistiche un ruolo crescente ha assunto il turismo
culturale, nel senso più ampio del termine: quindi non solo musei e monumenti, ma volontà di “ appropriazione”
dell’essenza di un luogo e della comunità che vi abita, i suoi costumi, tradizioni e abitudini. Tutto questo si traduce
turisticamente in un mercato dove la domanda è in continua crescita ed è sempre più differenziata e segmentata, richiede
pacchetti personalizzati per soddisfare le libertà individuali. Tra gli elementi di cultura materiale un ruolo centrale è
occupato dall’alimentazione: nella sua produzione e raccolta, nel suo tempo di consumo, in relazione ai luoghi, si
associano aspetti di conoscenza materiale e non materiale tali da permettere di iniziare l’esame dei contenuti di una
specifica cultura. Il cibo può trasformarsi in medium in grado non solo di comunicare cultura materiale, tradizione,
emozioni, sapori, profumi ma soprattutto di generare valore nel territorio, creando nuova e inattesa imprenditorialità. Di
conseguenza, l’alimento può costituire un’icona in grado di attirare l’interesse dei viaggiatori e dei media distribuendo
nuova e inaspettata ricchezza nel territorio (Paolini Davide, Il turismo ed enogastronomia, 2009)
L’importanza strategica del comparto enogastronomico quale segmento ben definito di turismo è andata
progressivamente crescendo nel corso degli anni in Italia e all’estero. Da componente trasversale ad ogni tipologia di
turismo l’enogastronomia è oggi assurta al ruolo di motivazione principale dello spostamento per certe fasce di utenti,
collocandosi a tutti gli effetti fra i cosidetti “turismi emergenti”.
Tuttavia, ad oggi, si assiste ancora ad un’imprecisa messa a fuoco del concetto di turismo enogastronomico, che viene
troppo spesso ricondotto alla sola ricerca di prodotti e cibi tipici, mettendo in secondo piano la conoscenza delle
motivazioni che spingono il turista all’esperienza enogastronomica, per il quale risulta invece essere fondamentale per la
scoperta più generale di un territorio e delle risorse culturali, artistiche e storiche in esso presenti.
4 Arrivata a questo punto è logico chiedersi cosa si debba intendere per turismo enogastronomico o quanto la
gastronomia in sé possa essere collegata allo sviluppo locale del territorio, alla conservazione della cultura e all’identità di
un luogo in una logica di sostenibilità. Trattasi di questioni, a cui occorre dare una risposta sulla base di buone pratiche
che possono essere individuate nelle destinazioni turistiche. Il turismo enogastronomico si presenta come una forma di
economia e consumo culturale idoneo a essere diffuso anche nelle aree meno sviluppate e costituire un volano per la
crescita delle attività agricole e per conservazione dinamica di un grande patrimonio intangibile costituito dal food
heritage.
L’esperienza parigina può costituire un caso di studio emblematico per questa prospettiva di ricerca.
2. IL TURISMO ENOGASTRONOMICO
2.1
Una tipologia di viaggio culturale integrata
Il volume di Croce e Perri (2008), docenti di Turismo Enogastronomico presso l’Università degli Studi di Scienze
Gastronomiche e fondatori della società Meridies-Itinerari di cultura e turismo, definiscono il turismo enogastronomico
come “la disposizione a spostarsi dalla propria località di residenza al fine di raggiungere e comprendere la cultura di una
destinazione nota per una produzione agroalimentare di pregio, entrare in contatto diretto con il produttore, visitare l’area
destinata all’elaborazione della materia prima e al successivo confezionamento, degustare in loco, ed eventualmente
approvvigionarsi personalmente della specialità per poi fare rientro a casa”. In questo frangente, il cibo assume un ruolo
nuovo, diventando il vettore di una cultura e di valori saldamente legati al proprio territorio ed alle proprie radici. Oggi
infatti, si dà per scontato che tra le motivazioni alla base del turismo culturale, oltre all’interesse per la storia e l’arte, vada
incluso anche quello per le produzioni, le tradizioni, gli stili di vita di una località o di un popolo. Risulta quindi intuitivo
il legame di parentela esistente tra le due tipologie di turismo: un’esperienza enogastronomica in genere è costituita di più
di uno degli elementi che caratterizzano il turismo culturale. Il turismo enogastronomico è una tipologia di viaggio che, se
ben gestita, è facilmente integrabile con altre tipologie turistiche come la green way (percorsi alternativi al traffico
motorizzato), gli agriturismi e i parchi letterati.
La letteratura presenta alcuni casi di studio (Erica Croce, Giovanni Perri, 2008), riportando alcuni esempi per
dimostrare la diffusione della cultura enogastronomica e agricola. Alcuni monasteri coltivano frutti, confezionano
marmellate, producono vino sono meta di pellegrini ma anche di buongustai, come ne è un esempio “Abbaye Notre-Dame
D’Aiguebelle”, localizzata a Montjoyer in Francia, in cui all’esterno si può trovare un negozio dove vengono venduti oltre
che libri religiosi anche le specialità alimentari coltivate dai monaci e molto apprezzate dai turisti. Oppure un’escursione a
piedi lungo un sentiero alpino può prevedere una sosta in una malga dove si assista alla produzione e si degustino
formaggi d’alpeggio. In alcune località termali, così come in certi relais situati in zone vocate per la produzione di un
alimento di pregio, è possibile godere di trattamenti benessere a base di prodotti agroalimentari locali (vino e vinaccioli,
olio extravergine d’oliva, latte e yogurt, ecc..).
Nella stessa esperienza Valortur, durante una lezione della professoressa Chiara Rabbiosi, sono venuta a conoscenza
dell’esistenza del cosiddetto turismo dello shopping, ma esso non riguarda solo la moda e l’abbigliamento nel vero senso
del termine, ma può presentare diverse sfaccettature e una di queste è lo shopping correlato all’enogastronomia. Infatti vi
è proprio una guida della gastronomia francese, denominata “Paris Gourmand” (Foto 1), promossa dall’Ufficio del
Turismo e dei Congressi di Parigi, che mira a far conoscere ai turisti un altro modo di visitare la capitale francese. La
guida classifica i ristoranti geograficamente (Parigi per arrondissement e l’Ile-de- France per dipartimenti) e per stili di
cucina (alta gastronomia, cucina francese, brasserie e bistrots, tendenze e inventive, cucina del mondo per tutti i gusti). Il
piacere culinario non si ritrova solamente nelle caffetterie e nei ristoranti, ed è per questo che il manuale elenca anche
luoghi di spettacolo, battelli, negozi e saloni da thè, scuole e mercati dove poter trovare i prodotti tipici.
Tuttavia questo riconoscimento si aggiunge a una politica volta a promuovere il territorio francese integrando le
strutture dell’offerta legate al momento enogastronomico in sé con altre attività di valorizzazione e di fruizione delle
diverse risorse. Il prodotto tipico risulta tale solo se è inserito in un contesto integrato di risorse, in modo tale che esse si
valorizzino.
La valorizzazione di un territorio mira a:
- favorire la crescita sociale ed economica di aree rurali;
- decongestionare le aree a maggiore presenza turistica;
- creare nuove occasioni occupazionali;
- educazione alimentare;
- conservazione promozione e commercializzazione del patrimonio enogastronomico e del territorio;
5 - creare dei poli di attrazione turistica in cui enogastronomia artigianato, ricettività, ambiente, storia e cultura si
fondono si integrano a vicenda e interagiscono creando sinergia e valore aggiunto.
Per raggiungere tali obbiettivi in Francia, cosi come in Italia sono nate alcuni percorsi di valorizzazione delle
produzioni locali, fra queste occorre ricordare “Le Strade del vino e dei sapori” definite come percorsi segnalati e
pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di
aziende agricole singole o associate, aperte al pubblico; esse costituiscono uno strumento attraverso il quale i territori
vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica (legge
268/99 art.1 comma 2). In Italia infatti sono presenti 130 Strade del vino e dei sapori, offerta rilevante, cresciuta molto
rapidamente se si pensa che solo nel 2002 erano 98 su un totale di Strade nel mondo di 218. La varietà di prodotti tipici
nel nostro Paese, così come di territori vocati alle produzioni alimentari, non sono di per sé sufficienti a spiegare un così
ampio divario rispetto ad altre aree, soprattutto confrontando tale situazione con Paesi il cui peso dell’enogastronomia è
particolarmente rilevante (un esempio considerevole è la Francia, che nel 2002 contava solo 16 Strade). In ogni caso la
longevità di questi percorsi, unita al successo di mercato indica come la Strada sia un interessante strumento di
valorizzazione turistica per questo tipo di aree infatti se ne desume che essa si caratterizza per essere anzitutto un percorso
che si snoda all’interno di un territorio al fine di valorizzare non solo le aziende di produzione, ma anche le specificità
naturali, ambientali e culturali. Si tratta quindi dell’individuazione di un mezzo per leggere il territorio, per decodificarlo e
comprenderne i valori e le identità distintive in senso ampio e non esclusivo riferimento ai prodotti.
E’ innegabile, ad esempio, che il prodotto enogastronomico identitario quale lo Champagne Francese che prende il
nome dalla regione in cui è prodotto è frutto di un clima particolare, di tradizioni locali e modalità produttive che
riflettono le caratteristiche tipiche di una specifica comunità. Tra le escursioni e gli itinerari in Francia è stato dedicato
ampio spazio alla regione dello Champagne francese, alle sue Maison du Champagne e alla lavorazione delle sue preziose
uve. In questo modo promuovendo il prodotto tipico, la promozione del territorio induce i turisti ad accostarsi a nuove
realtà, oltre che alimentari, anche umane, produttive e ambientali.
Una promozione congiunta delle varie risorse territoriali è anche un passaggio obbligatorio per rendere un prodotto
enogastronomico tipico un vero e proprio prodotto turistico
Foto 1: Paris Gourmand Good food Guide (2011/2012)
Fonte: Office du Turism et de Cogrès Parism – Valortur 2011
6 2.2 Una nuova sensibilità
Il rapporto dell’uomo con il cibo non è certo nuovo, non solo perché cibarsi rappresenta per l’uomo un bisogno
primario ma anche perché nei secoli la gastronomia, i modi e i momenti di consumo degli alimenti hanno costantemente
rappresentato un aspetto di identità ed identificazione. Il cibo ha sempre assunto ruoli connessi con la sacralità, la
socializzazione, l’espressione culturale ed il piacere. Non esiste forse, anzi, comportamento più carico di simbolismo di
quello alimentare che caratterizza l’uomo nella sua interiorità, nella sua storia e nella sua identità storico e sociale.
Quello che può definirsi nuovo è il cambiamento di sensibilità da parte di alcuni segmenti della domanda, per quanto
concerne alcuni aspetti connessi al momento dell’alimentazione come la qualità, la non standardizzazione, il legame con
le tradizioni del luogo e la cucina tipica.
Nel corso degli ultimi decenni, però almeno nei territori economicamente sviluppati, si è attuata una vera e propria “
rivoluzione alimentare”. Le principali caratteristiche di questa nuova rivoluzione erano legate all’alimentazione:
- Delocalizzazione del sistema alimentare: il legame tra territorio e cibo si è affievolito. Alla base del fenomeno c’è,
da un lato, lo sviluppo dei trasporti, della comunicazione e della rete di distribuzione commerciale su scala planetaria,
dall’altro un enorme progresso nel campo delle tecnologie di trasformazioni e, soprattutto, conservazione dei prodotti
alimentari, progresso che rende possibile una sensibile differenziazione, su scala spaziotemporale, del momento della
produzione da quello del consumo
- Tendenziale uniformità dei modelli alimentari: è questa una conseguenza diretta della delocalizzazione.
Quest’ultima, infatti, affievolendo il legame tra cibo e territorio, ha conferito all’offerta gastronomica carattere di
maggiore omogeneità o, se si preferisce, di minore differenziazione. L’effetto di questo processo è la “banalizzazione” dei
modelli alimentari, l’eliminazione di ogni specificità e caratteristica distintiva.
- Crescente caratterizzazione urbana dei modelli alimentari: non solo nel senso che la società attuale è una società ad
alto tasso di urbanizzazione, ma nel senso che i modelli urbani di alimentazione costituiscono ormai il paradigma di
riferimento.
Una delle più importanti conseguenze di questa linea di tendenza è la progressiva mancanza di conoscenza del cibo
che mangiamo, sempre più difficilmente, infatti, ci è dato conoscere la provenienza dei prodotti o meglio la loro
appartenenza territoriale, la loro storia.
In passato, l’appartenenza del cibo al territorio era un fattore scontato e, in un certo senso, inevitabile, oggi invece il
nostro rapporto con il cibo si allontana e, semmai, esso viene sostituito da un rapporto “mediato” attraverso immagini
rimandanti a contesti di naturalezza, genuinità e tradizione.
Come contrapposizione a tutto questo sta emergendo un cambiamento di sensibilità da parte di alcuni segmenti della
domanda, per quanto riguarda alcuni aspetti connessi al momento dell’alimentazione come la qualità, la non
standardizzazione, il legame con le tradizioni del luogo e la cucina tipica.
Connesso con questa controtendenza, sta crescendo anche un turismo legato alla voglia di riappropriarsi di questo
legame tra cibo e territorio, tra cucina locale e cultura dalla quale essa trova origine. Il turista esprime il suo interesse non
solo verso il prodotto enogastronomico in sé, ma anche verso il luogo della sua produzione, verso tutti quegli aspetti che
ne connotano il paesaggio, la storia, la cultura, le tradizioni, che finiscono per caratterizzare in modo biunivoco il
prodotto, dando vita ad una forma di turismo definibile culturale.
2.3
Il turista enogastronomico : motivazioni, tratti distintivi e comportamenti
Quando si parla di turista in generale si compie un’astrazione: non esiste il turista ma persone che fanno turismo,
ognuno delle quali esprime un mix differente di attese, esigenze, comportamenti, caratteristiche e motivazioni.
Queste considerazione è valida anche per la domanda di turismo enogastronomico, nella quale le variabili più
strettamente economiche si intersecano con la molteplicità delle componenti motivazionali e comportamentali pertinenti
alla sfera della propria soggettività (Federico Maurizi, 2005).
E’ possibile elencare i risultati di alcuni tentativi di leggere l’enogastronomia in relazione ai fattori di stimolo alla
vacanza, i quali hanno portato a quattro categorie di motivazioni:
- Motivazioni fisiche: il piacere che discende dal buon mangiare e dal buon bere
- Motivazioni culturali: attraverso l’esperienza enogastronomica si può entrare in contatto con nuove culture, realtà e
luoghi. La vacanza diviene cos’ una occasione per accrescere il proprio bagaglio culturale.
- Motivazioni interpersonali: la funzione sociale del cibo ha un valore superiore a quello della qualità che si beve e si
mangia. Di solito, il momento dell’alimentazione facilità il processo di conoscenza di altre persone, di rinsaldare legami
esistenti e persino di riprodurre ruoli sociali già definiti. Il turismo enogastronomico può essere un mezzo per instaurare
relazioni anche tra ospite e comunità locale.
7 - Motivazioni di status: la possibilità di mangiare certi cibi o di scegliere certi luoghi è sempre stata un fattore di
distinzione di classe. Le scelte alimentari, così come quella di destinazione della vacanza, possono veicolare il nostro
gusto e il nostro stile di vita.
Si può asserire che il turista enogastronomico è un turista alla ricerca non di omologazione ma di un surplus di
personalizzazione e qualità, di un coinvolgimento alla base dei propri interessi, maggiormente attento alla propria
persona. Questa tendenza ha portato ad un sensibile recupero delle tradizioni e del gusto del convivio, alla riscoperta di
rituali legati al mangiare, al bere e più in generale allo stare insieme.
Dal rapporto annuale sul turismo della Mercury (Edizione XVII 2010-2011) emerge un “prototipo” di turista
enogastronomico così caratterizzato:
- Prevalentemente maschio
- Età compresa tra i 26 ed i 45 anni
- Livello sociale ed economico medio alto
- Si sposta con mezzi proprio
- Auto diretto, raramente si rivolge ad intermediari per organizzare la vacanza
- Raramente viaggia solo
- Si muove soprattutto in autunno e primavera
- Percorre brevi distanze
- La ricerca di informazioni avviene prevalentemente attraverso il passaparola o letture specializzate.
Sul versante delle motivazioni che spingono all’esperienza enogastronomica, ciò che emerge è che, sia nelle indagini
degli anni ‘90 che in quelle dei primi anni del 2010 primeggiano quelle culturali. Nelle prime ricerche però, si imponeva
la volontà di conoscere meglio il prodotto, nelle più recenti, invece, oltre al prodotto si vuole conoscere anche il territorio
d’origine, cosicché ad influenzare le scelte del turista entrano anche paesaggio, cultura e clima.
Altro dato interessante riguarda la stagionalità: oltre all’autunno (preferito per esperienze di vero e proprio turismo) e
alla primavera (soprattutto escursionismo), si aggiunge anche l’estate, come plus da aggiungere alla normale stagione,
aprendo scenari di sinergia tra centri urbani artistici e aree rurali adiacenti, oppure tra aree balneari ed entroterra.
Concludendo, emerge un nuovo trend all’interno di questo tipo di turismo: partendo da una situazione di semplice
escursionismo tipico degli anni ‘90, poco diffuso, negli ultimi anni si è passati ad un deciso sviluppo dell’interesse verso
l’enogastronomia, con una trasformazione in vera e propria forma di turismo, implicante quindi un periodo di stanzialità.
Si è passati, inoltre da un prevalente interesse verso il prodotto ad un più generale interesse verso le produzioni tipiche. Il
turismo enogastronomico, da semplice alternativa per il tempo libero, è divenuto oggi un fatto culturale, uno strumento di
conoscenza di territori in grado di offrire diversità, oltre a rimanere, una possibilità di distacco dai modelli alimentari di
massa, dal caos e dalle sofisticazioni urbane, verso realtà antiche ma dimenticate.
2.4
Il turismo enogastronomico e i processi identitari
Esperto di geografia del turismo, Lorenzo Bagnoli (2010) ha analizzato il turismo enogastronomico parallelamente ai
processi identitari e ha individuato una serie di spunti teorici molto interessanti che espliciteremo nel proseguo del
paragrafo.
Il turista enogastronomico è una figura sempre presente nella storia del turismo. Il cibo, tuttavia, oltre ad essere “come
un grande faro in grado di attirare l’interesse dei viaggiatori e dei media” (Paolini, 2000) e quindi capace di causare un
cospicuo flusso turistico, acquista oggi anche un altro significato ugualmente importante ai fini turistici.
In un mondo sempre più globalizzato o meglio dire “macdonaldizzato” la dimensione locale della cucina tipica
regionale è diventata un aspetto di primissimo ordine per sottolineare la specificità di una regione in un panorama
“globale” sempre più uniforme.
Se il cibo da una parte costituisce un robusto elemento identitario per una regione turistica passiva, dall’altro può
essere un valido strumento anche per il rafforzamento dell’identità del turista.
Il turista che scopre che ci sono al mondo popoli che non hanno le stesse usanze nella loro cucina tradizionale potrà
dedurre, oltre al fatto che esistono altre culture al mondo, anche che la sua è fortemente connotata da elementi
caratterizzanti. Se da una parte il turista sa approfittare di tali opportunità e rientra a casa sua effettivamente arricchito e
accresciuto dall’esperienza del viaggiare, troppo spesso invece egli opera un procedimento psicologico totalmente
opposto che lo porta ad una quasi totale chiusura al confronto.
Spesso nelle regioni di incoming si assiste molto spesso alla costruzione, fisica e psicologica, di quello che Cohen
(1972) ha definito “environmental bubble”, cioè una bolla culturale uguale a quella della regione di outgoing entro la
quale il turista si possa muovere con disinvoltura senza mai venire a contatto con l’Alterità dei luoghi e delle persone.
Raramente e volontariamente il turista esce dalla sua bolla culturale per entrare in contatto con quel mondo che lo
circonda, ma che comunque gli rimane estraneo.
8 3 LA FRANCIA, UN PAESE “GOURMAND”
La Francia è da un lato una nazione con un forte senso nazionalistico e dall’altro un immenso spazio agricolo con
produzioni straordinarie che vanno dai bovini ai cereali delle pianure fino alle lavande e agli uliveti del Mediterraneo.
La cucina francese è uno stile di cottura e preparazione dei cibi evolutosi in Francia e considerato una delle basi della
cucina occidentale che trae origini dalla cucina romana. La gastronomia fino all’ avvento della Rivoluzione Industriale era
una cucina a “chilometro zero”1, successivamente vi fu uno sradicamento tra il luogo di produzione e luogo di consumo e
questo ha inficiato fortemente sull’agricoltura del territorio e ciò a portato al trasferimento dalla cultura a mercato locale a
una cultura a mercato internazionale (DeMatteis Giuseppe, Sergio Conti, Carla Lanza, Ferruccio Nano, 1993).
All’attuale cucina francese si è giunti attraverso secoli di evoluzione sociale e politica, dai banchetti opulenti dell’alta
società medievale ricchi di preparazioni elaborate con condimenti molto saporiti preparati da chef come Guillaume Tirel2
all’era della rivoluzione francese che portò con sé minore uso di spezie a favore di una maggiore diffusione di erbe
aromatiche, verdure fresche e tecniche di preparazione più raffinate.
Di fronte alla globalizzazione, che genera un’apertura di gusti nuovi, la gastronomia francese è capace di resistere
grazie alle sue cucine del terroir e la sua scienza dei vini, l’enologia.
Raramente i francesi mangiano nella loro vita quotidiana la cucina raffinata, elegante ed elaborata proposta dai
ristoranti. Quando si parla di tipica cucina francese vengono subito in mente la varietà dei formaggi, i molluschi, le rane,
le lumache ed i vini. In effetti però non esiste una cucina unica, ma la gastronomia é estremamente varia ed ogni regione
della Francia possiede le sue specialità. Nelle numerose e frequentate brasserie a Parigi è comunque possibile provare i
piatti tipici di ogni regione.
4 LA GASTRONOMIA FRANCESE: PATRIMONIO IMMATERIALE DELL’UNESCO
L’Enogastronomia francese da un lato è considerata un fattore identitario e culturale e dall’altro rappresenta un
Patrimonio dell’umanità3.
Il 16 novembre 20104, l’Unesco ha esteso la sua protezione al tradizionale pasto gastronomico alla francese, che va ad
aggiungersi ad altre 212 pratiche e consuetudini culturali che costituiscono il patrimonio mondiale immateriale
dell’umanità. Esso celebra l’inizio delle tradizioni culinarie che, nel 2010, sono state segnalate dal comitato
intergovernativo dell’Unesco5, riunito a Nairobi, in Kenya, per riconoscere la Dieta Mediterranea patrimonio culturale
immateriale dell’Unesco. In definitiva i due grandi modelli europei diventano espressione di un qualcosa che appartiene a
tutto il mondo. Si tratta comunque di una risultato atteso con gli altri Paesi del mediterraneo proponenti, e cioè Grecia,
Spagna e Marocco.
A differenza del patrimonio materiale, che comprende i siti e i monumenti, il patrimonio immateriale sono espressione
della cultura immateriale del mondo che l’Unesco ha inserito in un apposito elenco, per sottolineare l’importanza che esse
hanno secondo tale organizzazione. L’Unesco si è posta il problema di salvaguardare questi capolavori per evitarne la
scomparsa, allo stesso modo di come è già stato fatto per i beni materiali
Tra i 46 nuovi elementi che costituiscono il Patrimonio immateriale dell’umanità, si inserisce, appunto, la Francia con
Le repas gastronomique des Français6 Secondo un rapporto dell’Unesco il pasto gourmet francese è una pratica sociale
volta a celebrare i momenti più importanti della vita degli individui e dei gruppi, quali le nascite, i matrimoni, i
compleanni, e le riunioni di successo. Si tratta di un pasto festivo in cui gli ospiti per l’occasione praticano la cosiddetta
arte del “mangiar bene” e “ bere bene”. Il vitto gourmet fonda le sue radici sullo stare bene insieme, sul piacere del gusto,
sull’armonia tra gli esseri umani e le produzioni della natura. Si pone molta attenzione alla selezione dei piatti,
all’acquisto di prodotti di qualità, preferibilmente locali, dalla cui unione nascono sapori indescrivibili, e infine al legame
tra cibo e vino. Le persone riconosciute come buongustai possiedono una profonda conoscenza della tradizione culinaria e
1
“Chilometro zero” identifica quel modo di cucinare e reperire alimenti e cibi esclusivamente prodotti nel territorio circostante, evitando dunque tutti quei
prodotti che per arrivare alla nostra tavola devono percorrere centinaia e talvolta migliaia di chilometri.- http://www.odealvino.com/armonie-dalmondo/cucina-a-chilometro-zero.html
2
Guillaume Tirel: detto Taillevent (. Nato circa 1310 a Pont-Audemer - 1395) è stato cuoco alla corte di Francia al tempo dei primi re di Valois e la guerra
dei Cento Anni. La sua prima posizione è stato quello di lavapiatti per la regina Giovanna d'Évreux. Dal 1326 era chef, a Filippo VI. .Morì nel 1395 a
circa 80 anni di età. Ha scritto un famoso libro di cucina chiamato Le Viandier che fu importante per gli storici.- http://www.wikipedia.it//
3
Patrimonio dell’Umanità : è la denominazione ufficiale delle aree registrate nella Lista del Patrimonio dell'Umanità, o nella sua accezione inglese World
Heritage List, della Convenzione sul Patrimonio dell'Umanità. La Convenzione sul Patrimonio dell'Umanità, adottata dalla Conferenza generale,
dell'UNESCO il 16 novembre 1972, ha lo scopo di identificare e mantenere la lista di quei siti che rappresentano delle particolarità di eccezionale
importanza da un punto di vista culturale o naturale - http://it.wikipedia.org
4
http://www.france.fr/it/conoscere/cultura-e-patrimonio/patrimonio-classificato-dallunesco/article/la-gastronomia-francese-fa-il-suo-ingresso-nel-patrimo
5
Comitato intergovernativo dell’Unesco: Viene qui istituito nell’ambito dell’UNESCO un Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio
culturale immateriale, in seguito denominato “il Comitato”. Esso sarà composto dai rappresentanti di 18 Stati contraenti che vengono nominati dagli Stati
contraenti riuniti in Assemblea generale dopo che la presente Convenzione sarà entrata in vigore conformemente all’articolo 34.Il numero di Stati membri
del Comitato sarà aumentato a 24 non appena 50 Stati contraenti avranno aderito alla presente Convenzione – http://www.unesco.beniculturali.it//
6
Le repas gastronomique des Français: pasto gastronomico francese - http://www.unesco.org/new/fr
9 del pasto gourmet e ne conservano le memorie cercando di trasmetterle per via orale o scritta alle generazioni future al
fine di rafforzare i legami sociali.
5. IL RISTORANTE BUILLON CHARTIER : UN ECCELLENTE CASO DI STUDIO
5.1 Chartier nel corso degli anni
Nell’ambito del progetto Valortur sono state proposte due serate enogastronomiche in due ristoranti tipici parigini, sia
per struttura sia per aspetto culinario, una delle quali si è svolta al ristorante Bouillon Chartier.
Prima di esprimere le mie opinioni riguardo alla tipicità del locale, occorre fare un passo indietro di diversi anni e
raccontare brevemente nella parte introduttiva di questo paragrafo chi è Chartier, come è nato, come struttura la sua
organizzazione; successivamente riportare le mie considerazioni personali in merito all’esperienza vissuta, e le mie
opinioni relativamente a ciò che mi è piaciuto e non piaciuto, per concludere mi soffermerò sulle caratteristiche cha fanno
di questo ristorante popolare un rinomato locale.
L’antica denominazione del locale era “Bouillon Chartier”, deve il suo nome alla fondatrice Camille Chartier ed al
piatto chiamato bouillon (brodo), un composto di carne e verdure, piatto semplice ed economico che rispecchia lo spirito
del ristorante.
“Chartier” esiste da 300 anni, durante i quali ha conosciuto solo 4 proprietari, e nel 1896 ne è stata inaugurata la veste
odierna. Ma nonostante il passare del tempo, alla base è rimasto lo stesso principio: offrire un pasto a base di cucina
francese, semplice ed economico, in un clima allegro e piacevole (http://www.bouillon-chartier.com/)
Infatti ha servito 50 milioni di pasti, rimanendo aperto 365 giorni l’anno, e la sua stanza è stata classificata come
monumento storico nel 1989.
Oggi, sia la clientela che il menù sono cambiati. Dal famoso bouillon che veniva consumato, l’unico cambiamento
notato nel corso degli anni, sia tra i mangiatori sia dal punto di vista del menu, è la varietà.
Il ristorante presenta una personalità storica e una propria anima, incrementata dall’amore e dalla passione che il
personale pone nello svolgimento del proprio mestiere. Un contributo essenziale a questo clima informale è dato dai
camerieri, vestiti con il tradizionale rondin (gilet nero) e grembiule bianco, simpatici, scattanti e veloci a fare i conti; le
ordinazioni vengono infatti scritte a mano sulla tovaglietta di ogni tavolo, che serve poi come “foglio di calcolo” per fare
il conto.
In aggiunta alla semplicità del servizio, vi è lo splendore della decorazione retrò del luogo che ricorda l’Art Deco, che
possiede però un non so che di popolare. A seconda dei posti che si liberano all’interno, il cameriere esce dal locale e “dà
i numeri”: “Deux!... Cinq!... Quatre!”, sembra di assistere all’estrazione del lotto ma in realtà non è così! Ma a Chartier,
un certo spirito rimane, un comportamento che trasforma qualsiasi cliente in un convertito. Entrare a lavorare da Chartier
infatti viene visto come entrare a far parte di una religione. Impegno e rispetto sono due pilastri principali su cui il
ristorante fonda le proprie radici. Non vi sono tovaglie di seta, ma semplice carta, non vi sono cristalli o raffinate posate,
ma l’anima e l’autenticità di un luogo che fanno si rimanga unico nel tempo.
Dopo questa breve presentazione, riporto di seguito la mia esperienza in questo rinomato ristorante di Parigi.
Definirei Chartier non un ristorante ma una “trattoria”, storica di Parigi in cui non ci si aspetta di certo di trovare una
fila chilometrica all’ingresso, cosa che invece capitò, nonostante noi arrivammo in tarda serata, il che mi stupì moltissimo
ma sulla base della mia esperienza la lunga fila poteva significare che era un locale molto apprezzato. Ad esso si accede
da una grande porta in legno, (Foto 2) entrati dentro si respira un altro clima: rumorosità, gioia, festa e molta vivacità.
Vedo davanti a me tantissime persone sedute, che ridono e chiacchierano allegramente con un buon bicchiere di vino alla
mano e i camerieri che corrono scattanti tra un tavolo e l’altro senza fermarsi un attimo. Mi guardo intorno e vedo dinanzi
a me uno spazio vasto e chiaro, la camera presenta soffitti in vetro, e specchi ovunque che accentuano la prospettiva,
(Foto 3) da una scala si può salire in un’altra stanza dove si trovano altri tavolini. Ogni tavolo, circondato da sedie in
legno, è saldamente ancorato al pavimento con i loro piedi in ghisa. Quando mi sedetti notai numerose cassettiere
numerate in legno disposte in tutta la stanza, il cameriere mi spiego che esse venivano utilizzate dai clienti abituali per
conservare il proprio tovagliolo. Era un’antica usanza, ora non più utilizzata che rende il locale ancora più tradizionale.
Le pietanze che ci furono servite furono molto semplici, ricordo di aver ordinato le pommes de terres anglais, (Foto
4) il cui nome mi incuriosì particolarmente, ma le mie aspettative furono negative poiché esse si rivelarono banalissime
patate lesse. Scambiando con le mie compagne di viaggio le pietanze, ebbi l’occasione di provare una vasta tipicità di cibi
tipici francesi, fra cui la rinomata tartare7 (Foto 5) che non mi piacque per nulla.
7
Tartare : piatto di carne
cruda di origine francese.
10 Il locale è molto curioso per la sua varietà di clientela composta da parigini, anziani, giovani e turisti, una lode
particolare ai camerieri che segnano la comanda sulla tovaglia di carta e poi ricordano tutto a memoria e alla fine fanno il
conto a mente. La frenesia dei camerieri fa fronte alla numerosissima clientela, che fa anche la fila fuori, ma nonostante
ciò si rivelano simpatici, cordiali ed efficienti e sempre pronti alla battuta. Il menu scritto in sola lingua francese non
agevola gli stranieri ma i camerieri cercano di aiutare nella scelta e nella spiegazione delle pietanze nonostante la tanta
gente.
Foto 2 : entrata in legno del ristorante Chartier
Fonte : Immagine dell’Autrice – Valortur 2011
Foto 3 : interno del ristorante Chartier
Fonte: Immagine dell’Autrice – Valortur 2011
11 4 : Pommes de terres anglais
Fonte: Immagine dell’Autrice – Valortur 2011
Foto 5: Tartare
Fonte: Immagine dell’Autrice – Valortur 2011
5.2 La faccia nascosta di Chartier
La qualità e la semplicità dell’accoglienza di centinaia di clienti abituali del ristorante Chartier, l’efficienza e
l’efficacia con cui le pietanze sono servite dopo essere state scelte tra decine di piatti, sono la testimonianza della maggior
parte del successo del locale. Milioni di pasti sono preparati e serviti con lo stesso entusiasmo e la stessa gioia.
Il fama di questo ristorante non è legata solo alla lunghissima fila che ogni giorno si presenta all’esterno, ma anche e
soprattutto bisogna tener conto di tutto ciò che sta dietro, in cucina, l’organizzazione di squadre, la collaborazione e la
12 cooperazione, senza la quale la situazione sarebbe terribilmente difficile. Il tutto è straordinariamente sostenuto grazie a
fornitori affidabili e costanti che rappresentano uno dei pilastri del ristorante, i quali consegnano in tempo una grande
quantità di derrate alimentari necessarie per soddisfare i clienti di insaziabile appetito, e forniscono la biancheria e tutte le
attrezzature indispensabili per assecondare il comfort del cliente.
Concludendo, le Bouillon Chartier è un ambiente d’epoca, che ricorda lo stile liberty, nonostante l’insistente
rumorosità; ritengo che passare una serata in questa trattoria lo definirei quasi di obbligo per chi vuole non solo visitare
Parigi ma immedesimarsi in un vero parigino. La popolarità del ristorante, deriva non solo dalla naturalità e tipicità degli
arredi interni ma anche dal personale, composto da camerieri sempre allegri, disponibili, educati, disposti a ridacchiare e
scherzare con il cliente, e soprattutto dalla banalità con cui scrivono l’ordinazione sulla tovaglia di carta. Pochi fronzoli,
servizi particolari o lusso caratterizzano il locale.
In definitiva, a Chartier si può essere sempre se stessi mangiando da veri parigini, conoscendo il cibo tradizionale
francese a costi molto bassi e con una velocità del servizio sorprendente.
Bibliografia
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Dallari F., “Geografia del Turismo” (materiale del corso), Rimini, 2011
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settore strategico” in particolare la parte a cura di Paolini D., “ Turismo ed enogastronomia”, Marchesi, Roma, 2009
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Webgrafia
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