Le Operazioni per il Mantenimento della Pace
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Le Operazioni per il Mantenimento della Pace
Le Operazioni per il Mantenimento della Pace Contrammiraglio Claudio Confessore Comandante del Centro Addestramento Aeronavale della Marina Militare Italiana 1. Generalità .o rg Alla fine della seconda Guerra Mondiale il mondo è stato diviso in due principali aree di influenza e per molti anni abbiamo vissuto in un precario equilibrio geopolitico ed ideologico tra i blocchi occidentale e orientale, guidati rispettivamente da Stati Uniti e Unione Sovietica. Oltre alla volontà di affermare la propria egemonia su scala planetaria, i due grandi Paesi incarnavano modelli politici, sociali ed economici opposti. w. os di fe Il timore di un possibile nuovo conflitto mondiale spinse le potenze occidentali a stipulare il Patto Atlantico (aprile 1949) e quindi a istituire la Nato (1950). A loro volta le Nazioni del blocco orientale risposero con il Patto di Varsavia (1955). Chi non era "schierato" in uno dei due blocchi faceva parte dei cosiddetti Paesi "neutrali" oppure "non allineati" o "terzomondisti". ww La crisi dell'URSS ed il suo indebolimento sulla scena internazionale iniziata negli anni ottanta portò, il 12 marzo 1985, all'elezione a Segretario Generale del PCUS di Michail Gorbaciov che fu nominato con il compito preciso di portare una ventata di rinnovamento al sistema il disfacimento dell'URSS. Il nuovo corso portò al lancio di tre parole d'ordine: GLASNOST (trasparenza); USKORENIE (accelerazione, dello sviluppo economico), ed infine PERESTROJKA (ristrutturazione), che avrebbero portato alla trasformazione del sistema sovietico. Scopo della nuova politica estera era quello di ridurre la corsa agli armamenti, i cui costi erano diventati insostenibili per l'URSS che, inoltre, aveva necessità di ottenere crediti da parte dell'Occidente finalizzati alla modernizzazione del Paese. Ciò era l’obbiettivo che il nuovo Segretario del Partito aveva indicato da perseguire con priorità poiché "nel mondo contemporaneo, interdipendente e sempre più omogeneo, è impossibile il progresso di una società isolata dai processi mondiali per chiusura di frontiere e per barriere ideologiche. Ciò riguarda tutte le società, socialiste"(Gorbaciov). comprese quelle La stabilità del sistema dittatoriale socialista non ha retto ed in breve tempo esplosero, in quasi tutti i Paesi del blocco comunista, numerose manifestazioni che raggiunsero il loro apice con il "crollo del muro di Berlino". .o rg La caduta del muro di Berlino rappresenta lo spartiacque tra due modi di concepire la sicurezza e le relazioni internazionali: se prima tutto era incentrato e ingessato sulla logica dei blocchi, dal novembre del 1989 il mondo si è rimesso in movimento; la moltiplicazione, diversificazione e complessità dei nuovi scenari hanno profondamente inciso sui rapporti internazionali. Il riemergere di una politica estera basata sulla rivalutazione degli Stati Sovrani e degli interessi nazionali ha prodotto una crisi delle organizzazioni internazionali. ww w. os di fe Questa tendenza ha subito una forte accelerazione a seguito dei fatti dell’11 settembre 2001 che ha prodotto l’affermazione delle “coalition of the willings” a scapito delle organizzazioni internazionali e, in particolare, dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea. Peraltro, i recenti avvenimenti internazionali e i prevedibili scenari operativi sembrano lasciare intendere che ci siamo ormai, definitivamente avviati, in quella che è stata definita l’era delle “guerre di ordinamento” con le quali il mondo libero intende mettere ordine nei focolai di instabilità, spinto principalmente dalla necessità di assicurarsi la disponibilità di fonti energetiche. Il “controllo” di esse è divenuto infatti strategico per far fronte alla sfida di nuovi Paesi economicamente emergenti, quali ad esempio Cina ed India, la cui crescita esponenziale delle proprie necessità energetiche costituisce uno dei fattori scatenanti la recente lievitazione di prezzi, la quale è destinata, secondo gli esperti, a consolidarsi, al di là dell'altalena speculativa, dovuta alle guerre in atto. Non si tratta di un fenomeno ciclico, ma strutturale, che potrebbe essere superato solo da rivoluzioni tecnologiche che tutti attendono con impazienza. Il tradizionale compito delle Forze Armate della difesa della Patria, alla luce del nuovo quadro geopolitico, ha subito una modifica radicale con il coinvolgimento anche del nostro Paese in numorose missioni per il mantenimento della pace e la salvaguardia dei diritti umani, nell'ambito delle organizzazioni ONU, NATO ed Unione Europea. Oggi le Forze Armate italiane operano in oltre 20 aree geografiche con 24 missioni internazionali, con un impegno medio di circa 7500 unità. Le "missioni per il mantenimento della pace", fanno ormai parte della politica estera italiana e nella accezione più ampia, coinvolgono l'intero "Sistema Paese", a livello diplomatico, militare, economico e culturale ("comprehensiveapproach"). Lo Strumento Militare è una risorsa attiva a disposizione che ha visto dagli anni '60 ad oggi, il coinvolgimento dei nostri militari con un alto tributo in termini di vite umane. ww w. os di fe .o rg In tale scenario tutte le Forze Armate hanno adottato o si stanno avviando verso nuova dottrina, riformulando il concetto operativo d’impiego delle forze ed esaltando il ruolo degli assetti in grado di proiettare potenza. Tale impiego delle Forze che viene denominato "expeditionary". "Il confronto e la competizione tra gli Stati non dovrebbero essere mai risolti con il ricorso alle armi, ma qualora la guerra fosse inevitabile, nessuno dei contendenti dovrà combattere con il desiderio del profitto o della gloria. I generali dovranno avere la massima cura dei loro uomini e cercare di ridurre al minimo i danni dell’avversario". Non sono, queste, considerazioni di un pacifista dal cuore tenero e spaventato da un possibile olocausto nucleare, ma i precetti di due antichi pensatori cinesi, Sun Tzu e Sun Pin contemporanei di Platone (V-IV secolo a.C.), autori dei due tra i più famosi trattati orientali di strategia intitolati “Arte della Guerra” e “La Strategia Militare”. La guerra è cambiata. Ai tempi dell'antica Roma mantenere la pace fra i popoli era relativamente semplice. Bastava sottometterli tutti, concedere loro una buona dose di autonomia ed il gioco era fatto. Su quella formula, detta pax augustea, si fondò il periodo d'oro dell'Impero. Ma non durò molto. I duemila anni che vanno dall'era di Augusto ai giorni nostri sono stati caratterizzati da conflitti sanguinosi, quasi senza soluzione di continuità. Gli scritti di Clausewitz hanno esercitato per molto tempo un'influenza significativa non solo in campo militare (Napoleone ne aveva una copia del libro di Clausewitz nella sua biblioteca) ma anche in quello politico e letterario (Tommaso d'Aquino l'avrà a modello e Macchiavelli la riscriverà). Oggi che la guerra fa ancora parte della realtà, a ogni latitudine, la formula per la pace è necessariamente diversa. Se è vero che, come scrisse il generale ww w. os di fe .o rg prussiano von Clausewitz, "la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi", la via per la pace non può non passare attraverso la ricerca di una soluzione che porti tutti gli attori della scena internazionale a sedersi allo stesso tavolo per discutere dei problemi e delle loro soluzioni. Oggi siamo ormai abituati a sentir parlare di operazioni militari di supporto alla Pace. Spesso se ne parla a sproposito o senza un’idea esatta di che cosa significhi intervenire militarmente in Paesi in cui popolazioni senza tutela e senza risorse sono inermi vittime dei conflitti. È sicuramente opportuno astrarsi un momento dalle gabbie ideologiche e perfino dalla legittimità delle convinzioni individuali che vorrebbero un mondo perfetto, senza l’incombere della violenza armata, ipotesi che tutti chiaramente auspichiamo, per cercare di comprendere meglio cosa vi sia dietro il lavoro del militare che interviene in una qualsiasi area di crisi per riportare la normalità o anche solo una speranza in più a chi soffre per gli effetti di una guerra, di un disastro umanitario o semplicemente perché i Governi locali non esistono o non sono in grado di mantenere l’ordine, in virtù del concetto di monopolio della forza che dovrebbe dare titolo alle istituzioni legali. In questi casi s’inquadrano tutti gli interventi che, dal dopoguerra ad oggi hanno visto impegnata l’Italia in Libano, Somalia, Albania, Bosnia, Mozambico, Timor Est, Kosovo, Iraq ed, in ultimo, in Afghanistan (negli allegati sono riportate le missioni che vedono, od hanno visto, impegnate le nostre Forze Armate all'estero ed in Italia). 2. Le operazioni militari Generalmente si possono definire operazioni militari tutte quelle attività in cui risorse militari, a prescindere dall’entità e dal tipo, vengono impiegate per assolvere un compito o meglio ancora, usando una parola più tecnica, una missione. Esse si possono dividere in due macroattività ben distinte: operazioni di guerra (war); operazioni militari diverse dalla guerra (MOOTW - Military Operations Other Than War). rg .o os di fe ww w. Le operazioni in risposta alle crisi (CRO – Crise Response Operations) sono operazioni in cui lo strumento militare viene impiegato secondo un principio di imparzialità ed in ottemperanza ad un mandato stabilito, normalmente, da una organizzazione internazionale. Nella presente trattazione parleremo solo delle MOOTW. Esse indicano tutte quelle operazioni in cui le forze militari sono impiegate pur non essendovi una situazione di guerra conclamata. In questo tipo di operazioni lo strumento militare viene affiancato dal lavoro di diplomatici e organizzazioni umanitarie con lo scopo di raggiungere una soluzione politica a lungo termine od obiettivi diversamente specificati nel mandato. Le operazioni di Supporto alla Pace sono interventi condotti “da forze armate multinazionali, costituiti da contingenti messi a disposizione dagli Stati membri, al fine di prevenire, contenere o far cessare le ostilità in un conflitto di carattere internazionale o interno” 1. La stessa Nato sente il bisogno, visto il sempre crescente utilizzo di questo genere di operazioni, 1 The Blue Helmets, A Review of the United Nations Peace-Keeping, UN, New York, 1996 rg soprattutto dalla caduta del muro di Berlino, di dargli una definizione formale: “le Peace Support Operations sono operazioni multi-funzionali, condotte in modo imparziale, normalmente a supporto di un’organizzazione internazionale come l’ONU o l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che coinvolge forze militari e agenzie diplomatiche e umanitarie. Le PSO sono concepite per raggiungere un accordo politico a lungo termine o altre specifiche condizioni. Esse includono il Peace Keeping e il Peace Enforcing, così come la prevenzione dei conflitti, il Peace Making, il Peace Building e 2 . L’utilizzo di questa l’aiuto umanitario” definizione sancisce una differenza fondamentale tra le PSO e le operazioni militari, poiché nelle prime non si combatte un nemico ma si persegue piuttosto l’obiettivo di creare un ambiente sicuro nel quale le agenzie umanitarie possano operare, nel pieno riconoscimento dell’importanza del loro lavoro 3. os di fe .o Infatti, uno degli obiettivi della missione secondo la dottrina Nato consiste nel trasferimento di compiti dalla Forza di Supporto (Pace Support Force PSF) alla componente civile della missione, perché la PSF possa mettere in pratica la sua strategia d’uscita 4. ww w. 3. Genesi delle Operazioni di supporto alla pace Le forze di Peace Keeping costituiscono uno sviluppo delle "missioni di osservatori" create dalle Nazioni Unite per svolgere semplici funzioni di inchiesta: l’Organizzazione per la Supervisione della Tregua in Palestina (United Nations Truce Supervision Organization – UNTSO) costituisce il primo esempio di missione con 2 Allied Joint Publication 3-4-1(AJP 3-4-1), NATO Peace Support Operations,2001, cap 2, par. 0203, pag.1 3 Ibidem. Le PSO sono disegnate per creare un ambiente sicuro, nel quale le agenzie civili possano ricostruire l’infrastruttura necessaria per fondare una pace auto-sostenibile 4 Allied Joint Publication 3-4-1(AJP 3-4-1), NATO Peace Support Operations,2001. Il raggiungimento degli obiettivi militari e la creazione di un ambiente sicuro non garantiscono che si stabilisca una pace auto-sostenibile. Senza sicurezza (e giustizia) e riconciliazione, la ricostruzione e i programmi di sviluppo, necessari per creare la pace, hanno poche possibilità di riuscita. Una volta che gli obiettivi militari relativi alla sicurezza siano stati raggiunti, la creazione dello stato richiederà che la missione passi in mano dalla forza militare a quella civile che si occupa di peace building. Senza tale evoluzione dell’obiettivo principale, accompagnata ad un altrettanto appropriato adeguamento nei finanziamenti e nelle risorse, l’operazione ha poche possibilità di uscire dal suo status di intervento militare. os di fe .o rg caratteristiche (il fondamento consensuale e la neutralità dell’operazione) successivamente trasfuse nelle PSO 5. L’UNTSO, tutt’ora operante, benché in assenza di un mandato ben definito, si è prestata ad essere utilizzata in altre missioni, funzionando come corpo di osservatori che spesso è intervenuto per integrare ed assistere forze create successivamente. Così è stato ad esempio per l’UNEF II, costituita tra Egitto ed Israele dopo la guerra del Kippur 6, per la Forza delle Nazioni Unite per l’Osservazione del Disimpegno tra Israele e Siria (United Nations Disengagement Observer Force – UNDOF) 7 e per l’UNIFIL 8 (United Nations Interim Force in Lebanon). L'UNDOF e l'UNIFIL sono forze ancora operatve. I corpi osservatori costituiscono, quindi, uno strumento flessibile che si presta ad essere utilizzato anche in operazioni svolte dalle forze militari. D’altro canto è pur vero che, in relazione al caso, sono state create operazioni alle quali sono state attribuite funzioni di osservazione unitamente a compiti tradizionalmente rientranti nei mandati delle forze impiegate in operazioni di PSO, nonché operazioni che hanno presentato un’evoluzione dal primo al secondo tipo di funzioni. Questo dimostra che vi sono molte difficoltà nel determinare i confini tra le missioni di corpi di osservatori e le forze militari impiegate nelle PSO, anche se, in linea di principio, i due tipi di operazioni sono diversi. ww w. Nel medesimo scenario dell’UNTSO è stata istituita la prima vera e propria Forza delle Nazioni Unite in supporto alla Pace. Si tratta dell’UNEF 9(United Nations Emergency Force), con funzioni ben più ampie di quelle fino ad ora conosciute per i corpi di osservatori. Questo mandato più ampio era dovuto alla gravità della situazione in cui l’Organizzazione interveniva per favorire il mantenimento della pace. Risultò infatti insufficiente l’esercizio di funzioni di semplice osservazione del cessate il fuoco e quindi fu attribuito alla Forza il compito di assicurarne il mantenimento. Una delle più evidenti differenze era che questa missione risultava caratterizzata da un notevole numero di militari, ma soprattutto, pur condividendo con altre missioni i principi di 5 Non sembra che il primo esempio di missione nell’esperienza in esame possa essere individuato nel Comitato Specialistico delle Nazioni Unite nei Balcani (United Nations Special Commitee on the Balcans – UNSCOB) creato dall’Assemblea Generale con risoluzione 109 del 21 ottobre 1947, in quanto non presenta le medesime caratteristiche delle PSO. 6 Con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n° 340 del 25 ottobre 1973. 7 Con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n° 350 del 31 maggio 1974 8 Con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n° 425 del 19 marzo 1978. 9 Con la risoluzione dell’Assemblea Generale n° 998 in data 4 novembre 1956. os di fe .o rg fondamento consensuale e neutralità dell’operazione, dovendo agire in una situazione di conflitto, all’UNEF era riconosciuta la possibilità di ricorrere all’uso della forza, seppure per finalità di legittima difesa. Le caratteristiche e le condizioni di 10 funzionamento della forza UNEF hanno costituito il punto costante di riferimento per la creazione di altre operazioni di Peace Keeping. La creazione dell’UNEF sollevò. comunque, alcune controversie, soprattutto per gli aspetti operativi e costitutivi delle forze: in particolare il finanziamento delle operazioni e il reclutamento dei contingenti. Questi contrasti accompagnarono le prime operazioni di Supporto alla Pace, ma non ostacolarono la creazione anche di altre missioni, come ad esempio l’UNSF nella Guinea 11 Occidentale e l’UNFICYP a Cipro. A questa nuova fase iniziale di avvio della prassi delle operazioni, ha fatto seguito un periodo, ricompreso tra la fine degli anni ’60 e la prima metà del decennio successivo, caratterizzato da crisi e conflitti con il diretto coinvolgimento delle superpotenze (specialmente Stati Uniti ed ex URSS), che non permisero di utilizzare al meglio la strumento delle PSO. A partire dal 1973 si ricorre nuovamente alle PSO in Teatri precedentemente già attivati: l’UNEF II. Quest’ultima si concluderà nel 1979 con il raggiungimento dei suoi scopi fondamentali del mandato ricevuto. ww w. Un’altra operazione che costituì una svolta fu l’UNTAC 12, poiché il suo mandato si estendeva anche ad operazioni in materia elettorale. Da questo periodo in poi vi saranno una serie di operazioni che rafforzeranno sempre di più il ruolo delle PSO nel contesto geopolitico mondiale 13. Mentre fino al 1987 gli interventi sono stati attivati in situazioni di crisi prevalentemente internazionali, la prassi più recente mostra la loro utilizzazione in situazioni, ormai più ricorrenti, di guerre civili, nel caso in cui, come spesso accade, queste presentino ripercussioni internazionali o siano di interesse internazionale. Nel corso degli anni ’90, il Consiglio di Sicurezza ha dato avvio ad alcune operazioni di Peace Keeping, definite di terza generazione, il cui mandato è stato concepito, e successivamente ampliato, per 10 Enunciate nel “Summary Study” del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n°186 del 4 marzo 1964. 12 United Nation Transitional Authority in Cambogia – UNTAC, stabilita con Risoluzione n°435 del 29 settembre 1978. 13 Come ad esempio l’operazione UNAVEM I, II e III in Angola, l’ONUSAL in in El Salvador e l’ONUMOZ in Mozambico. 11 ricomprendervi anche l’uso della forza, al fine di disarmare le parti in conflitto, proteggere personale o installazioni della Nazioni Unite, prevenire attacchi contro zone di sicurezza o d’interdizione d’area 14. ww w. os di fe .o rg Analizzando la prassi applicata delle Nazioni Unite, si può notare che alcune delle precedenti operazioni di Peace Keeping erano state caratterizzate da un certo grado di uso della forza. Nel caso dell’UNEF II, le direttive contenute nel rapporto del Segretario generale approvato dal Consiglio di Sicurezza 15 stabilivano che non sarebbe stata usata la forza eccetto che per legittima difesa. Nella nozione di legittima difesa era inclusa la reazione ad ogni tentativo di impedire con mezzi coercitivi alla forza di espletare le sue funzioni secondo il mandato assegnato. Nel caso della Forza delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), i termini di riferimento e le direttive sancivano la stessa nozione ampia di legittima difesa. Quanto all’operazione delle Nazioni Unite in Congo, coloro che nell’ambito del Segretario generale guidavano l’operato dell’ONUC nella prima fase, ribadirono che i contingenti militari delle Nazioni Unite non erano autorizzati ad usare la forza se non per legittima difesa. Nella seconda fase dell’operazione, il Consiglio di Sicurezza 16 autorizzò l’ONUC, senza fare alcun riferimento al Cap. VII, ad usare in ultima istanza la forza per prevenire l’insorgere di una guerra civile. Inoltre il autorizzò il Segretario Generale ad Consiglio 17 impiegare la forza per portare a termine il ritiro dei mercenari. I principi guida dell’UNFICYP a Cipro ampliarono ulteriormente la nozione di legittima difesa. Mentre, da una parte, questo concetto era limitato alla difesa delle postazioni, delle sedi, dei veicoli delle Nazioni Unite e di altro personale UNFICYP sottoposto ad attacco, d’altra parte esso veniva esteso all’uso delle armi necessario per lo svolgimento delle funzioni della forza, intese a preservare la pace e la sicurezza, prevenire il ripetersi dei combattimenti, contribuire al mantenimento e al ristabilimento della legge e dell’ordine, favorire il ritorno alla normalità. Nei Keeping 14 casi non Al riguardo le risoluzioni n° 814 relativa all’UNPROFOR 15 Con risoluzione n° 16 Con risoluzione n° 17 Con la risoluzione menzionati, le operazioni di Peace erano qualificate come missioni di decisioni più significative sono quelle contenute nelle del 1993 in relazione all’UNOSOM II in Somalia e n° 836 del 1993 nella Ex Iugoslavia. 340 del 25 ottobre 1973 161 del 1961 n° 169 del 24 novembre 1961 combattimento, autorizzate ad usare strumenti coercitivi per adempiere il loro mandato. L’uso della forza è stato autorizzato solo per legittima difesa, ma questa nozione è stata inserita in senso ampio nelle direttive del Segretario Generale, nonché dai mandati del Consiglio di Sicurezza che li hanno incorporati. os di fe .o rg Nell’operazione in Somalia, invece, l’originario coinvolgimento per il mantenimento della pace (UNOSOM I) è mutato in una forma d’imposizione della pace conformemente alla risoluzione del Consiglio di 18 Sicurezza . Con tale risoluzione, il Consiglio ha esteso, infatti, il mandato dell’UNOSOM II al fine di stabilire un ambiente sicuro per le operazioni di assistenza umanitaria in Somalia, includendovi funzioni di combattimento contro le fazioni in lotta, il mantenimento del controllo della armi pesanti delle fazioni, il sequestro di armi non autorizzate, la garanzia di sicurezza di porti e aeroporti per la distribuzione dell’assistenza umanitaria, la protezione del personale e delle installazioni dell’ONU. Come afferma esplicitamente il Segretario Generale in un suo rapporto, l’UNOSOM II non sarebbe stata in grado di svolgere il suo mandato se non le fossero stati accordati poteri coercitivi in base al Cap. VII della Carta. ww w. Nel caso dell’UNOPROFOR 19, invece, la forza era stata istituita il 21 febbraio del 1992 come operazione di Peace Keeping tradizionale 20 con il mandato di creare le condizioni di pace e di sicurezza richieste per negoziare una soluzione globale della crisi jugoslava. Nel corso del tempo il mandato dell’UNOPROFOR è stato ampliato all’uso della forza in primo luogo con la risoluzione n° 758 dell’8 giugno 1992 , senza riferimenti al Cap. VII; in seguito, dalla risoluzione n° 764 del 13 luglio 1992, relativa alla sicurezza dei corridoi tra la città di Sarajevo e l’aeroporto, per garantire la consegna degli aiuti umanitari. Con le successive risoluzioni il Consiglio di Sicurezza ha ulteriormente esteso il mandato e con la risoluzione n° 770 del 13 agosto 1992 ha collocato l’operazione delle Nazioni Unite nel contesto del Cap. VII, invitando gli Stati ad adottare tutte le misure per facilitare l’assistenza umanitaria a Sarajevo e ovunque necessario nel territorio della Bosnia estendendo, quindi, il mandato anche alla protezione dei convogli dei prigionieri 21. Successivamente, la risoluzione n° 836 del 4 giugno 1993 ha segnato un vero punto di svolta. Essa conteneva un tangibile ampliamento del mandato 18 19 20 21 Risoluzione n° 814 del 26 United Nations Protection Con la risoluzione n° 743 Con la Risoluzione n° 776 marzo 1993 Force in Jugoslavia del 1992. del 14 settembre 1992 w. os di fe .o rg della forza, assegnando all’UNPROFOR il compito di assicurare il pieno rispetto delle zone di sicurezza e di impedire gli attacchi contro di esse, di promuovere il ritiro delle unità militari e paramilitari e di occupare alcuni punti chiave sul terreno. Essa conteneva poi il cosiddetto mandato aggiuntivo, che abilitava l’UNPROFOR ad adottare per legittima difesa tutte le misure necessarie, incluso l’uso della forza, in risposta ai bombardamenti contro le zone protette, da qualsiasi parte provenissero, o alle incursioni armate all’interno di esse, o ancora in caso di ogni deliberato impedimento, all’interno o intorno a tali aree, della libertà di movimento dell’UNPROFOR o dei convogli umanitari da essa protetti. E’ evidente che questo genere di operazioni si è collocato al di fuori della legittima difesa, nonostante l’espressa menzione di quest’ultima sia contenuta nella risoluzione 836, per la semplice ragione che l’uso della forza è autorizzato non solo per rispondere ad attacchi armati contro l’UNPROFOR in quanto tale o contro le forze delle Nazioni Unite, ma anche agli attacchi contro le zone di sicurezza, le loro popolazioni e i convogli umanitari protetti. In questo caso non si tratta di legittima difesa in senso ampio, ma di poteri coercitivi fondati sul Cap. VII della Carta. Il Consiglio di sicurezza è invece tornato alla nozione ampia di legittima difesa nella risoluzione n° 871 del 4 ottobre 1993, con la quale ha riconosciuto all’UNPROFOR la possibilità di adottare tutte le misure necessarie di legittima difesa, incluso l’uso della forza, per garantire la propria sicurezza e libertà di movimento in Croazia. ww Nei conflitti tra Stati, il personale impegnato nel Peace-Keeping, è stato incaricato sempre più spesso di proteggere i profughi e di assicurare la distribuzione di beni di prima necessità. Il Peace-Keeping ha presto assunto un carattere multidimensionale, inglobando il Peace-Making, cioè il monitoraggio e la realizzazione degli accordi di pace, la ricostruzione democratica ed economica, l'organizzazione dell'aiuto umanitario e del ritorno dei profughi, l'assistenza nella transizione politica, la supervisione, se non l'organizzazione delle elezioni, il monitoraggio del rispetto dei diritti umani, il disarmo delle fazioni e la raccolta delle armi. Per le missioni di tipo tradizionale, il cui compito principale era quello di aiutare i belligeranti nel mantenimento della pace, le forze messe a disposizione erano prevalentemente di carattere militare e venivano distinte, anche dal punto di vista operativo, dagli osservatori civili. L'evoluzione dei compiti ha determinato un cambiamento anche nella composizione delle forze di pace nel cui ambito è cresciuta considerevolmente la presenza ed il peso dell'elemento civile. È realistico prevedere che, in un mondo sempre più globalizzato e interdipendente, in cui il destino di ogni popolo è legato a quello degli altri, gli interventi di Peace-Keeping acquisteranno un'importanza sempre maggiore. 4. Organizzazione di una missione di Peace Keeping os di fe .o rg Il mandato dell’ONU è normalmente quello che potremmo definire la “fonte primaria”, l’atto che legittima l’intervento ed in seguito al quale il Governo di un determinato Paese fa scaturire l’adesione politica al progetto di intervento. L’O.N.U. emana le sue direttive attraverso una risoluzione e poi un mandato nei confronti delle Nazioni che hanno reso disponibile le loro forze. Da lì in poi, una volta che l’operazione sia resa legale e legittima, inizia il lavoro dei militari. ww w. Il primo approccio riguarda la conoscenza del Teatro operativo. Attualmente le Forze Armate italiane sono impiegate prevalentemente in Libano ed in Afghanistan, nell’ambito di due operazioni di cui si parla e che, per motivi contrastanti, sono spesso agli onori della cronaca. In realtà si tratta di Teatri molto ben conosciuti, per cui è necessario, e in qualche modo ovvio, che ci si prepari accuratamente a casa, contando sull’esperienza maturata. Tale preparazione è mirata allo specifico territorio in cui si è chiamati ad intervenire, mirata alle esigenze della popolazione che in quelle zone abita da secoli e che, di fatto, è “padrona in casa propria”. Mirata, infine, a gestire e contrastare la minaccia che le fazioni degli insorti, antagonisti al Governo eletto, producono quotidianamente nei confronti della forza di stabilizzazione. Tentiamo adesso di seguire, passo per passo, la sequenza di pianificazione di un’operazione militare tesa all’intervento in area di crisi. Come detto tutto inizia con l’ordine superiore, dell’autorità politica, che deriva dal mandato internazionale. È necessario, in primis, iniziare un lavoro molto minuzioso per comprendere in quale realtà ci si debba calare. Il primo approccio riguarda il riconoscimento dell’ambiente operativo: come è fatto, chi ci abita, di quali problemi soffre e quali siano le possibili evoluzioni dello scenario. Subito dopo si considerano le forze antagoniste: chi sono le fazioni in lotta, quali tattiche e tecniche impieghino, come sono armate e quale sia il loro end state, insomma ci si chiede sempre quale sia il fine politico e militare dell’impegno di una specifica fazione in quella data area. w. os di fe .o rg Le sfide poste dall’ambiente operativo sono l’elemento su cui porre la maggiore attenzione; la climatologia influenza le operazioni, così come le caratteristiche del terreno nel quale si dovrà operare. Immaginate cosa significhi trasferire un reparto e consentirgli di lavorare così come fanno le forze anfibie, impiegando le navi per proiettare uomini e mezzi a centinaia di Km di distanza dal territorio nazionale, spesso con limitate capacità di rifornirsi in porti vicini. Pensate, inoltre, quale sia la sfida nel giungere ed operare a terra muovendosi spesso su strade danneggiate dal conflitto e non più percorribili. A tutto questo deve porre rimedio un’attenta pianificazione che è mirata ad evitare errori ed a prevedere quali siano le situazioni peggiori, proprio per non lasciare nulla al caso. In questa fase tutti gli elementi dello staff del Comandante producono dei template che sono funzionali ad ottenere il maggior numero di risposte alle domande più disparate ma che possono essere riassunte, alla maniera anglosassone, con la ricorrente regola delle 5W: Who? What? Where? When? Why? ww Nel Teatro Operativo, una volta che sia definito lo scenario, è necessario conoscere gli attori e quale sia la loro parte. Nelle aree di crisi c’è una costante latitanza di istituzioni. I Governi legittimi, coloro i quali dovrebbero detenere il monopolio della forza (per impiegarla al fine di garantire e tutelare i diritti civili), sono spesso assenti o succubi di altri centri di potere che intendono mantenere alto il livello della destabilizzazione. Ecco che l’opera dei militari si rende necessaria per coprire il vuoto lasciato dalle istituzioni locali. Ai militari si affiancano le Organizzazioni Internazionali, che hanno il preciso compito di supportare la popolazione e di finalizzare le progettualità tese a riportare normali condizioni di vita sociale come l’istituzione dei Governi provvisori (ricordo che in Kosovo le Nazioni Unite amministrano la regione, attraverso l’UNMIK, fin dal 1999) o per porre rimedio alle situazioni di degenerazione della sicurezza (esemplare è l’opera di organizzazioni come la UN Mine Action Center che, in tutti i Teatri mondiali, coordina lo sminamento e la bonifica per consentire il reimpiego dei terreni e delle vie di comunicazione) o, infine, per impostare un piano di riorganizzazione sanitaria come fa la World Health Organization, altra agenzia ONU e soccorrere i rifugiati ed i profughi (UNHCR). w. os di fe .o rg Per quanto attiene le Organizzazioni Internazionali, tra le varie presenti sul territorio, sono da evidenziare la moltitudine di Organizzazioni Non Governative (ONG) che operano nei Teatri in vari campi economici, culturali, sanitari e sociali. Molto spesso con queste Organizzazioni si imposta un comune lavoro di coordinamento per il quale i militari offrono cornici di sicurezza o adeguato supporto in termini di uomini, mezzi e know how (a questo proposito è bene ricordare che in ogni divisa batte un cuore e c’è un cervello e che, molto spesso, i militari posseggono professionalità inusitate ed assolutamente pregiate nei Teatri operativi, sia dal punto di vista tecnologico, sia sotto il profilo della progettazione e dello studio delle problematiche). Altre volte il rapporto con le ONG non è così semplice. Molto spesso alcune di queste organizzazioni sono troppo politicizzate o, addirittura, non si può escludere che possano essere il paravento di gruppi terroristici che, sotto la veste del benefattore, nascondono intenzioni poco o per niente pacifiche. Il principale attore del Teatro, il protagonista è, comunque e sempre, il cittadino di quel Paese, il soggetto e l’oggetto della missione. ww È difficile comprendere la miriade di stati d’animo e di situazioni in cui ci si potrà imbattere. Il denominatore comune rimane quel senso di inquietudine che accomuna la speranza e la paura, la miseria ed il dolore, la gioia di un insperato ritorno alla vita (come nel caso dei musulmani di Bosnia e Kosovo, salvati dall’intervento militare della NATO) e l’insicurezza del futuro. Tutto questo va spiegato e fatto comprendere ai militari che prendono parte alle missioni. Deve essere percepito ed interiorizzato il concetto che, ovunque si vada, si è ospiti a casa altrui, in un contesto in cui la parola d’ordine è IMPARZIALITÀ. Imparziali rispetto alle posizioni politiche, alle risse etniche od ai conflitti religiosi. Imparziali per rispetto e per conoscenza di altre precedenti situazioni che la Storia ci ha insegnato e la cui lezione deve essere sempre viva, nei cuori e nelle menti. Imparziali per professione e per mandato. Questa è la prima lezione impartita ai nostri militari, qualunque sia il nome del Paese in cui si andrà ad operare. ww w. os di fe .o rg Un altro aspetto che curiamo particolarmente è la conoscenza da parte del nostro personale della cultura locale, la sociologia e le abitudini dei padroni di casa. È sempre opportuno, esattamente come chiunque di noi farebbe se invitato a casa altrui, evitare comportamenti offensivi o fuori luogo. Non si tratta di relativismo ma di semplice savoir faire. È bene che tutti sappiano come comportarsi e come facilitare un processo di accettazione che serve a massimizzare la sicurezza e l’opportunità di ben concludere la missione assegnata, possibilmente senza incidenti. Questo aspetto è stato recentemente applicato anche dagli statunitensi che, nell’ambito delle Counter Insurgency Operations hanno sviluppato la cosi detta “dottrina Petraeus”. Si tratta, in pratica, di un modus operandi che prevede la vicinanza alle persone, nel rispetto della diversità e della reciproca tolleranza. Il tentativo di conquistare cuori e menti deve essere reale e, comunque, deve andare di pari passo con la tutela della sicurezza dei militari che, in alcuni Teatri, sono chiaramente esposti alla minaccia. Ovviamente il processo di pianificazione che conduce all’operazione vera e propria ha degli aspetti tecnico-militari di assoluta rilevanza per il buon esito delle operazioni. La conoscenza dei compiti, a qualsiasi livello sia inteso, dalla Brigata alla semplice squadra e l’interiorizzazione delle singole attribuzioni che riguardano il lavoro di ogni militare, dal Comandante al più giovane dei militari impegnati, è un aspetto tecnico-professionale le cui basi e la cui essenza risiede in una parola: addestramento. L’addestramento è un momento lungo, vivo, con un preciso inizio e senza fine: non si smette mai di imparare. Le situazioni, tutte le situazioni, sono mutevoli e danno adito al cambiamento, anche delle metodologie addestrative ed al riguardo dell’impiego di mezzi, materiali e personale. L’aggiornamento sull’impiego dei mezzi e dei materiali in dotazione è un aspetto fondamentale, altrettanto importante è la comprensione e l’interiorizzazione delle norme che regolano il comportamento dei militari nel corso delle operazioni: le Regole d’ingaggio. Le regole di ingaggio (Rules of Engagement) definiscono esattamente i limiti d’impiego dei contingenti militari, le circostanze e le modalità in cui la forza può essere impiegata. Giusto per fornire un elemento iniziale di valutazione da parte vostra vi dirò che, genericamente, è autorizzato l’uso della forza minima, per autodifesa, per rispondere ad una minaccia diretta. Il concetto italiano di “minaccia diretta” è forse il più restrittivo tra quello delle forze NATO, in pratica, per usare un’iperbole, non è sufficiente che qualche malintenzionato punti un’arma perché io sia autorizzato a difendermi. Il malintenzionato, per essere giudicato tale se dopo aver puntato l'arma manifesti un chiaro atto ostile. Le regole di ingaggio sono vitali per la riuscita di qualunque operazione e non sono standard ma selezionate ed autorizzate, di volta in volta. In seguito ritorneremo sull'argomento per approfondirne gli aspetti delle ROE, in funzione dello scenario operativo. os di fe .o rg Riassumendo, qualsiasi uso della forza, che non sia autodifesa, deve essere autorizzato esplicitamente dal mandato. L’uso non necessario, eccessivo o irrazionale della forza produce effetti negativi sull’imparzialità e sulla credibilità della missione, provoca una diminuzione del consenso e potrebbe portare ad un aumento diffuso del livello di violenza in tutta l’area della missione. Ciò pregiudica il raggiungimento degli obiettivi finali portando, in certi casi, al fallimento della missione. Pertanto, le conseguenze negative del ricorso alla forza saranno tanto più contenute quanto più sarà evidente e/o dimostrabile che la risposta è collegata e circoscritta all’eliminazione di una minaccia diretta contro il Contingente. w. Le alternative all’uso della forza, su cui si deve insistere e su cui si lavora in sede di addestramento possono essere così riassunte: ww la dissuasione. La semplice presenza di unità dotate di armamento pesante è a volte sufficiente a dare dimostrazione della elevata capacità di combattimento di cui dispone il Contingente; minaccia dell'uso della forza. Mentre nella dissuasione la possibilità e la capacità del ricorso alla forza da parte del Contingente sono percepite in modo implicito, in alcune situazioni può rendersi necessario “rafforzare” il messaggio mediante una esplicita minaccia di utilizzare una determinata capacità di combattimento; uso non letale della forza. Per “uso non letale della forza” si intende l’applicazione della forza militare in modo tale da conseguire gli scopi previsti nell’ambito della missione, agendo con il massimo riguardo per la salvaguardia della vita umana, delle cose e dell’ambiente. L’impiego non letale della forza non implica l’esclusione totale della possibilità di perdite in vite umane o di danni alle cose o all’ambiente, ma allarga il campo delle opzioni per l’uso della forza, conseguendo risultati di particolare valenza in campo militare, politico, diplomatico, psicologico e umanitario, attraverso l’implementazione di nuove tecnologie (ad esempio armi non letali) o l’utilizzo di quelle esistenti con elevata precisione e a ragion veduta. Per quanto attiene specificatamente alle armi non letali (Non Lethal Weapons - NLW), la loro disponibilità nelle Peace Support Operations: w. os di fe .o rg permette al Contingente di impostare la propria azione in conformità al tipo di minaccia, alle regole d’ingaggio ed al mandato ricevuto, mediante la gradualità, la proporzionalità e la selettività nel ricorso alla forza; incrementa indirettamente la sicurezza delle proprie forze. La disponibilità di sole armi letali, infatti, può paralizzare o limitare l’operato del Contingente impedendogli di reagire alle offese per evitare di innescare un’escalation della violenza; incrementa le capacità di svolgere efficacemente la missione, soprattutto in settori quali la sorveglianza di linee di demarcazione, il controllo della folla, la neutralizzazione di combattenti o soggetti ostili mescolati tra la folla, ecc.; favorisce il mantenimento del consenso, principio vitale nelle Peace Support Operations, in quanto abbassa il livello di violenza offrendo opzioni all’uso letale della forza. ww Affrontando più dettagliatamente gli assetti messi in campo per un’operazione di Supporto alla Pace si deve considerare che, la pianificazione della composizione e dell'equipaggiamento del Contingente e la decisione di impiegare armamenti "pesanti" (ad esempio veicoli corazzati o artiglierie), deve tenere conto di aspetti quali il grado di sicurezza che si vuole conferire alle forze incaricate della missione, il segnale che, più o meno esplicitamente, si vuole trasmettere con tali armamenti e gli obiettivi che il mandato si prefigge. In alcuni casi, i citati aspetti appaiono in contrasto tra di loro: infatti, una forza pesantemente equipaggiata, e quindi potenzialmente in grado di portare a termine operazioni di intensità elevata, potrebbe essere percepita come una minaccia o una provocazione. Per contro, un Contingente dotato di armamento leggero e non in grado di fronteggiare efficacemente le eventuali violazioni del mandato, vedrebbe compromessa la sua credibilità e sarebbe esposto a rischi non necessari che potrebbero, in prospettiva, os di fe .o rg mettere in pericolo anche il compimento stesso della missione. Tutto questo è la base dell’operazione militare in se. Gli aspetti propriamente tecnici, che riguardano l’accuratezza della pianificazione sotto qualsiasi profilo, dalla consistenza ed aggiornamento dei database geografici alla definizione del sostegno logistico, dal supporto medico alla cooperazione civile-militare, dalle telecomunicazioni alle operazioni di bonifica del territorio, dai rapporti istituzionali alla gestione dei media. Tutto questo fa parte dello studio senza fine, aperto alla mutevolezza ambientale quale presupposto necessario al buon esito delle operazioni, secondo una cultura della ricerca della stabilizzazione e della Pace che la forza militare deve avere quale fine principale. Non soldati di Pace ma soldati per la Pace, con un bagaglio culturale ed individuale le cui basi ed i cui presupposti sono frutto di anni di istruzione ed esperienza in tutti gli scenari mondiali. w. 5. - Le informazioni per il controllo del territorio ww Il successo di un’operazione di Peace Keeping è strettamente legato al consenso e alla cooperazione delle autorità politiche, delle autorità militari e da parte della popolazione civile. E' necessario conoscere a fondo le motivazioni delle parti coinvolte nel conflitto, il loro background storico, la loro cultura e lo sviluppo del conflitto. Questo può essere raggiunto ponendo la massima attenzione allo Human Intelligence (HUMINT), cioè a quella branca dell’intelligence che si occupa di relazioni umane dirette. Le informazioni intelligence possono essere acquisite mediante l’utilizzo di fonti aperte, come ad esempio l’interazione quotidiana con la popolazione civile. Altre informazioni possono pervenire dall’osservazione deliberata o da operazioni di sorveglianza, coperte o scoperte. La sicurezza dei team osservatori dipenderà molto dalla loro imparzialità ed essere notevolmente incrementata con un comportamento credibile e professionale. Durante la fase preparatoria dell’immissione di una forza in un teatro operativo i Comandanti e i propri staff devono analizzare con cura i dettagli del loro mandato. Quando rischierati sul territorio è necessario che sia stabilito con priorità un sistema dicollegamento sicuro ed efficace tra il governo ospite, la forza di Peace Keeping e le parti in disputa. Ogni militare deve essere costantemente aggiornato sulla situazione in atto, sia per non esporsi come un bersaglio sia per proteggere chi è con lui. 6. - Operazione Leonte os di fe .o rg A seguito della cessazione delle ostilità tra lo Stato di Israele e il movimento Hizballah, il Governo Italiano, con il Decreto Legge del 28 agosto 2006, ha disposto l’invio di una Early Entry Force nazionale, denominata Joint Landing Force Libano (JLF-L) quale contributo nazionale alla missione di peacekeeping nel sud di predetto Stato, per l’attuazione della risoluzione 1701 del 11 agosto 06 dell’ONU. L'operazione, in ambito nazionale, è stata denominata Leonte (vecchio nome del fiume Litani). w. La JLF-L a guida Marina è partita con brevissimo preavviso alla fine del mese di agosto. La sua composizione era basata sui Reparti della costituenda Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare, che includeva i seguenti assetti: ww comando e staff della Forza da Sbarco della Marina Militare; distaccamento di polizia militare CC Tuscanica; Reggimento San Marco con personale di staff, aliquota della compagnia Operazioni Speciali, Battaglione di manovra Grado e Battaglione logistico Golametto (Logistica di aderenza); una Compagnia fucilieri del Reggimento Lagunari Serenissima alle dipendenze operative di battaglione Grado; una Compagnia del 7° Reggimento NBC Cremona; una Compagnia 3° Reggimento Genio con Plotone EOD/IEDD e Plotone di supporto allo schieramento. Al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi fissati dalla UNSCR 1701, la missione assegnata era quella di: concorrere al potenziamento iniziale della capacità militare di UNIFIL; contribuire alla creazione di condizioni di pace e di sicurezza in concorso con l’esercito libanese; os di fe .o rg avviare le condizioni logistico-organizzative necessarie per la successiva immissione della Follow on Force (FOF), sotto la guida della Brigata Pozzuolo del Friuli w. L'area di operazioni assegnata al Contingente Nazionale consisteva nella cosiddetta "sacca di Tiro", una porzione di territorio che, dal fiume Litani, si estende verso sud per circa 20 km mentre dalla costa si estende verso est per circa 15 km. ww I reparti della JLF-L e i mezzi/materiali sono stati trasportati da una FormazioneNavale denominata Joint Amphibious Task Force costituita da nave Garibaldi (sede comando) tre navi anfibie San Giorgio - San Giusto – San Marco, una unità di scorta, nave Fenice e da una unità mercantile, partita da Porto Marghera ed impiegata per il trasporto dei mezzi dell'Esercito del Genio ed alcuni mezzi della Compagnia NBC. Il personale ed i mezzi imbarcati sul Garibaldi e sulle navi anfibie sono stati sbarcati il 2 e 3 settembre nel porto di Naqoura e sulla spiaggia a sud di Tiro. I mezzi del Genio/NBC sono sbarcati il 3 settembre nel porto di Beirut ed il personale, a meno di una piccola aliquota imbarcata sull’unità mercantile, è giunto con aereo dell'Aeronautica Militare C130 nell’aeroporto della stessa capitale. rg .o os di fe Nave San Marco, subito dopo aver sbarcato uomini e mezzi, è rientrata in Italia per effettuare il successivo 6 settembre, nel porto di Naqoura, una secondo sbarco di personale mezzi/materiali. ww w. Il totale del personale schierato sul terreno è stato di 1000 unità (tra cui 8 donne) e sono stati sbarcati 320 mezzi (di cui 60 nel porto di Beirut). La JLF-L non poteva essere composta da più di 1000 uomini sul terreno poiché, sommando a tale contingente i circa 1500 uomini facenti parte degli equipaggi delle Unità navali, il totale del Contingente Nazionale è salito a 2500 militari, corrispondente al numero massimo previsto e finanziato dal Governo Italiano. Le operazioni iniziali comprendenti l’arrivo in zona e le attività preliminari per l’acquisizione della Full Operational Capability (FOC) certificata da UNIFIL sono state condotte in 5 fasi: fase 1: inserzione di un nucleo di contatto, a mezzo elicottero, presso il Quartier Generale di UNIFIL di Naqoura allo scopo di coordinare le fasi di sbarco e costituire una prima cellula di collegamento con il Comando di UNIFIL; fase 2: sbarco del contingente iniziato il giorno 02 settembre. A seguito delle condizioni del mare non permissive per l'attività con mezzi di superficie sulla spiaggia, l'operazione è stata limitata nell’area di Tiro rg per la sola componente mezzi anfibi tipo AAV7 ed elicotteri e più al sud nel porto di Naqoura, normalmente impiegato da UNIFIL, per mezzi e materiali. I tempi di sbarco sono stati superiori a quanto programmato poiché le operazioni sono state interrotte al tramonto del 2 settembre e riprese, e concluse, il giorno successivo per il divieto, imposto dalle autorità locali e da UNIFIL, di movimento notturno dei convogli su strada; fase 3: trasferimento dei convogli sbarcati nell'area di Tiro e Naqoura e di Beirut alle basi ONU n° 9-1 e n° 9-10 in località Jabal Maroun (circa 20 Km ad est di Tiro). fase 4: montaggio del campo base iniziale della JLF-L nelle basi 9-1 e 9-10 con la messa in opera di circa 90 tende sufficienti ad alloggiare 1000 uomini e relative componenti logistiche; fase 5: dal 04 al 11 settembre training ed attività conoscitiva del territorio con le Forze di UNIFIL già operanti in area. os di fe .o Il 12 settembre il Contingente Italiano è passato sotto il Controllo Operativo di UNIFIL e sono iniziate le attività nell’area di responsabilità assegnata (sacca di Tiro). I compiti assegnati prevedevano: ww w. ricognizioni nell’Area Operativa assegnata e monitoraggio e sorveglianza in accordo con la risoluzione ONU 1701; collegamento con unità della 12^ brigata dell'Esercito libanese; force protection delle basi assegnate; distribuzione aiuti umanitari a municipalità locali; assistenza sanitaria alla popolazione; assistenza alle Forze armate libanesi; mappatura BCRN dell’area di operazioni, con priorità nelle zone di dispiegamento del contingente; attività EOD nell’area di responsabilità, con priorità nelle zone di dispiegamento del contingente. rg .o os di fe ww w. Lo sforzo principale, ad inizio operazione, è stato orientato alla ricerca e successiva acquisizione delle aree nelle quali dislocare le Forze. Non è stato semplice operare in una Nazione martoriata da una guerra appena finita, con strutture economico sociali fortemente danneggiate ed in un territorio in cui allestire un campo partendo dal nulla - era problematico non solo per il largo uso di “cluster bombs” lanciate durante il conflitto, ma anche per: la difficoltà nel trovare basi già pronte e/o terreni liberi per allestire i campi base; una, iniziale, non adeguata organizzazione logistica di UNIFIL; una suddivisione dei Reparti sul terreno in piccole aliquote che ha comportato un incremento sensibile dei costi per la preparazione delle aree, un aumento dello sforzo logistico per il sostegno delle truppe ed un maggiore onere per le misure di Force Protection. Nonostante quanto premesso, l’attività logistico/amministrativa messa in atto ha consentito di stipulare 34 scritture private, 202 procedure acquisitive in economia, di riallestire completamente 3 basi di UNIFIL e di avviare l’approntamento di ulteriori 3 aree, per una spesa complessiva di 1.084.938 per le attività iniziali di approntamento logistico, acquisizione di materiali e stipula di contratti e ulteriori acquisti per 1.652.854 euro per esigenze le ulteriori esigenze iniziali della Pozzuolo del Friuli. Inoltre, a termine missione è stata inoltre effettuata la cessione di materiale di dotazione alla Brigata Pozzuolo del Friuli per un importo complessivo pari ad euro 114.519,44. Predette basi hanno richiesto notevole impegno per la loro preparazione, a fronte delle scarse risorse umane e dei mezzi disponibili, ad esempio: ww w. os di fe .o rg il quartier generale, situato nella ex base Ghanese di Tibnine (impiegata dal 17/9/06), sebbene dotato di palazzine, officine, locali adibiti a deposito, bagni in strutture fisse, ha richiesto ingenti lavori di ripristino poiché è stato lasciato in completo stato di abbandono con notevoli danni alle strutture ed un generale degrado ambientale; la base di Ma’araka, situata in cima ad una collina a 300 mt di quota ed a 2 Km dalla città omonima, con una estensione di 320.000 mq, ha richiesto notevoli lavori di preparazione iniziale quali lo sbancamento di ampie aree del terreno, la necessità di bonifica di due piccole discariche comunali poste a 500 mt di distanza, il miglioramento della via di accesso alla base, il ripristino di un piccolo edificio a due livelli, la realizzazione di una piazzola elicotteri e le predisposizioni per acqua,energia elettrica, impianti di smaltimento acque chiare, nere e meteoriche, ecc. In tale area, benché resa disponibile sin dal 12 settembre per motivi correlati alle discariche, i lavori di bonifica sono iniziati giorno 19 ed il trasferimento, del Battaglione Grado e della componente Genio, si è concluso il 28/9/06; le basi di Chama di 260.000 mq (resa disponibile dal 23/9/06) e di Zibquin di 29.500 mq (impiegata dal 17/10/06), costituite da mere aree agricole, hanno richiesto notevoli lavori iniziali per lo sbancamento del terreno e per le predisposizioni per acqua, energia elettrica, impianti di smaltimento acque chiare, nere e meteoriche, ecc... . Tale attività è stata ostacolata da abbondanti precipitazioni; la base del battaglione cinese (impiegata dal 17/9/06), benché ben organizzata e funzionale, ha comunque comportato la fornitura di viveri ed alcuni servizi per la Compagnia lagunari, inizialmente non preventivati. Oltre ai campi base ed alle aree cui sopra, per tutto il periodo è continuata la ricerca e l’approntamento di nuovi siti nell’area di Tiro e nell’area di previsto schieramento del secondo battaglione italiano della JTF-L - a sud di Tiro e sino alla linea blu – sempre allo scopo di approntare le future basi operative. L’individuazione di nuove aree vedeva coinvolti i proprietari dei terreni, le autorità locali, l’esercito libanese e la sezione amministrativo/logistica di UNIFIL. Anche la scelta dei siti risultava, altresì, complicata a causa della particolare morfologia/orografia del terreno largamente coltivato e per la presenza di numerosi ordigni esplosivi rilasciati durante il conflitto. Poiché l'impiego operativo ordinato da UNIFIL prevedeva il dispiegamento sul territorio delle unità a livello compagnia e plotone, la logistica è stata fortemente impegnata. L’approvvigionamento dei viveri è avvenuto stoccando gli stessi nel centro di rifornimento, posto presso il comando della JLF-L, e successivamente distribuito ai reparti dipendenti distaccati nelle varie zone del territorio. os di fe .o rg Nel corso dell’operazione è stata ricercata ogni occasione per svolgere attività di pianificazione congiunta con mezzi e personale delle Forze armate libanesi. I rapporti sono sempre stati di collaborazione piena ed il livello di coinvolgimento da entrambe le parti è stato totale, in linea con quanto richiesto dalla UNSCR 1701 e da UNIFIL, in termini di assistenza e supporto alle FF.AA. libanesi per consentire loro di avere priorità nell’esercizio dell’autorità sul territorio. ww w. I rapporti con le autorità politico–religiose locali libanesi si sono sempre svolti in un clima di cordialita` e reciproco rispetto. Sono state effettuate numerose visite/incontri con i sindaci delle municipalità territorialmente all’interno dell’area di responsabilità (Tiro, Ma’ araka, Jowuayah, Tibnine, Harris, Shama, etc.) allo scopo di: chiarire/risolvere problematiche logistiche relative all'occupazione delle aree di attendamento; illustrare e dirimere eventuali problematiche relative all'impatto della condotta delle operazioni sulle comunità locali; accrescere i legami di amicizia e reciproco rispetto. La JLF-L ha operato in un contesto prevalentemente filo "Hizballah" o filo "Amal". I cosiddetti Armed Elements, dizione con la quale si indica la parte armata di suddetti gruppi, non hanno influito sullo svolgimento della missione. Sin dagli approcci iniziali con gli apparati ONU, è stato chiaro che l'attività di intelligence, comunemente intesa, non era applicabile al contesto UNIFIL. L'attività condotta è stata quindi mirata alla force protection delle installazioni e del personale che operava sul terreno. L'attività CIMIC ha consentito l'acquisizione di essenziali ww w. os di fe .o rg elementi informativi sia attraverso il diretto collegamento con le autorità e l'ambiente civile locale, sia attraverso la collaborazione con le organizzazioni non governative (ONG) italiane presenti in teatro, con cui in breve tempo, grazie anche all'ottima organizzazione dell'Ambasciata Italiana a Beirut, si è riusciti a tessere una buona rete di rapporti che hanno consentito di ottenere utili riscontri sulla situazione afferente il territorio libanese. Per i motivi sopra accennati, la postura del personale e delle operazioni sul territorio sono sempre stati programmati in modo da rendere palese, alle autorità politiche, militari e alla popolazione libanese, il profilo di Forza di pace/interposizione equidistante dai contendenti e tendente a sottolineare la sovranità del Governo libanese e delle sue FF.AA. rg .o os di fe Dal 01 novembre la JLF-L ha assunto il comando del settore Ovest dell'Area Operativa alle cui dipendenze sono state poste le seguenti componenti: w. il Contingente Italiano avente come unità di manovra il Battaglione Grado del Reggimento San Marco (circa 1000 uomini) un battaglione francese (circa 900 militari) un battaglione ghanese (circa 800 militari) il Comando ww Il contingente del settore Ovest sotto italiano era quindi composto da 2700 unità. Dal 8 novembre il comando del settore Ovest di UNIFIL è stato ceduto alla Brigata Pozzuolo del Friuli (Joint Task Force - Libano/ JLF-L) L’attività descritta appare dimostrare ampiamente il lavoro svolto dal personale della JLF Libano ed è stata messa in atto, e portata al termine, in soli 68 giorni tra cui: 2 giorni impiegati per lo sbarco 10 giorni di training presso UNIFIL che ha visto coinvolto personale chiave; 29 giorni di RAMADAN che hanno influito sul reperimento in tempi brevi di molte forniture; 8 giorni di pioggia torrenziale che hanno rallentato i lavori per la preparazione dei campi base; 10 giorni di festività; 5 visite di personalità politiche e militari italiani di alto profilo (Presidente del Consiglio, Ministro della Difesa, Ambasciatore Italiano in Libano, Capo di Stato Maggiore della Difesa, Sottosegretario per la Difesa accompagnato dal Capo di Stato Maggiore della Marina). In sintesi, l’attività svolta è stata ragguardevole e può riassumersi in cifre come segue: 1. sorveglianza/sicurezza: nr. nr. nr. nr. 1833 pattuglie diurne; 700 pattuglie notturne; 442 static points diurni; 244 static points notturni. os di fe 2. attività del genio: .o rg 260.000 m2 sottoposti a controllo EOD; 450 km di viabilità ricogniti; 18.000 m3 di terreno movimentato. nr. nr. nr. nr. nr. nr. nr. 261 cluster bombs; 6 bombe d’aereo (2.000-1.000-500 lb); 7 razzi (107-122 mm.); 4 bombe da mortaio; 4 granate da 155 mm.; 2 bombe a mano; 191 munizioni di piccolo calibro. ww w. 3. attività EOD (ordigni rinvenuti e distrutti): 4. attività NBC: 800 km di viabilità ricogniti; nr. 40 rivelazioni CBRN; nr. 24 attività di campionamento, trattamento ed analisi biologica e chimica; nr. 116 rivelazioni strumentali (mappatura ambientale); nr. 13 bonifiche sanitarie. 5. supporto umanitario: nr. 150 prestazioni mediche a civili libanesi presso l’infermeria della JLF-L; materiale scolastico donato alle municipalità. 6. sforzi logistici: 270.000 km percorsi; 158.419 litri di carburante impiegato; 184.800 litri di carburante rifornito. 7. attività amministrativa: .o rg nr 34 scritture private; nr 202 procedure acquisitive in economia. os di fe 7. Rapporti con i Media w. I giornalisti in un’area d’operazioni hanno un compito talvolta altamente competitivo e spesso pericoloso. Il loro task prioritario non è solo quello di scrivere una storia migliore dei propri colleghi, ma anche di scriverla prima di loro. Vi sono vari principi che regolano la loro attività in Teatro. Anzitutto, la libertà di cui essi devono godere: non è necessario fornire ai giornalisti argomenti non veritieri o parziali, poiché è nell’interesse delle forze militari che la stampa possa avere libero accesso alle informazioni per esporre all’attenzione pubblica gli atti di terrorismo perpetrati, gli atti di violenza o le intimidazioni ai civili. Inoltre, come ogni cittadino, il giornalista gode del diritto di parlare a chiunque, visitare i luoghi che preferisce e fotografare ogni cosa che vuole, a patto che questo non interferisca con il bisogno di force protection del contingente (ingresso in aree riservate o interferenza in operazioni con il rischio di mettere a repentaglio la missione e la sicurezza delle forze militari). ww I Comandi hanno appropriate regole per i contatti tra le proprie forze e i giornalisti, in modo da evitare disguidi o equivoci che potrebbero avere un forte impatto sull’assolvimento del compito. I giornalisti, dal canto loro, devono essere accreditati e trasparenti. La loro presenza deve, quindi, essere autorizzata e devono rispettare determinate regole. 8. - Cooperazione Civile - militare (CIMIC) 22 Storicamente la cooperazione tra civili e militari è sempre esistita, ma nel campo delle PSO essa assume un ruolo preponderante. E’ compito del CIMIC quello di aumentare la credibilità delle forze sul terreno, promuovere il consenso e la cooperazione dell’operazione e convincere le parti in causa che i loro migliori interessi giacciono nella pace. Nel breve termine il compito del CIMIC è quello di coordinare pienamente tutte le attività che vedono coinvolti civili e militari nel supporto alle operazioni di aiuto umanitario o, più in generale, a tutte le operazioni di supporto all’operazione. ww w. os di fe .o rg Nel lungo termine il compito diviene meno tattico e più strategico .Esso si trasforma, nel concorso ai processi di indipendenza e stabilità autosufficienti dello Stato interessato, processi direttamente connessi con l’end-state della missione del contingente. Proprio per questo motivo le interazioni tra civili-militari giocano un ruolo significativo nel processo di pianificazione di un Comandante, per meglio identificare i tasks e i limiti da imporre in Teatro. Soprattutto a livello tattico è determinante l’importanza del CIMIC. Un altro requisito essenziale per poter adeguatamente lavorare è quello della coordinazione. Infatti, le agenzie civili hanno generalmente mandati permanenti e la loro agenda può essere decisamente diversa da quella dei militari. I tasks civili e militari designati per supportare il programma di sviluppo civile provvedono al collegamento tra sicurezza, stabilità e Peace-Building e, mentre una PSO si muove verso il suo end-state, la tipologia di aiuti cambierà da humanitarian relief 23 a sviluppo della ricostruzione e della struttura pubblica. All’interno delle linee guida e delle priorità stabilite per l’intero programma di aiuto, i progetti in supporto alla comunità locale possono essere condotti indipendentemente dai militari, ma anche e soprattutto in congiunzione con le agenzie civili in supporto. I progetti di CIMIC possono coprire un ampio raggio d’azione all’interno delle comunità locali e, quando possibile, devono essere controllati dalle autorità del posto. 22 Allied Tactical Publication 3-4-1-1(ATP 3-4-1-1), NATO Peace Support Operations, Techniques and Procedures, Agosto 2001, cap 3, sect. II, par. 0307, pag.3-5 ed inoltre MC 411. 23 Lett. Aiuti umanitari. 9. - Le Regole di Ingaggio (ROE) ww w. os di fe .o rg Abbiamo già parlato delle ROE ma ritengo sia necessario approfondire questo argomento. Come abbiamo già visto, le Regole d'Ingaggio costituiscono l'anello applicativo di tutta la catena decisionale politico-militare che viene generata ogni qualvolta il nostro Paese interviene in missioni internazionali sotto l'egida dell'ONU, della NATO, dell'UE o di coalizioni; esse sintetizzano tutti i principi e le norme di diritto internazionale e dell'ordinamento nazionale che possono adattarsi agli specifici scenari e situazioni che ogni singola missione può prefigurare. A partire dagli anni '50, in pieno confronto bipolare, le ROE divennero un corpus normativo separato nei documenti di pianificazione militare, con le problematiche ed i correttivi giuridici utilizzati in un delicato equilibrio, che riflette anche le differenti visioni nazionali di politica e diritto. Le successive operazioni reali hanno creato un notevole background di esperienza recepita dalla odierna dottrina, ma sfide sempre nuove spostano in continuazione la frontiera applicativa in mare, in cielo ed in terra. Frutto di un iter storico, prima che giuridico, dell'impiego controllato, reale o potenziale della forza militare, esse influiscono pesantemente sul consenso generale all'intervento militare stesso, evidenziando anche la reale natura della missione e coinvolgendo, pur se in fasi diverse, tutta la catena gerarchica operativa. In termini generali, esse rappresentano quel complesso di norme etiche, legali e procedurali che costituiscono un codice di condotta che specifica, circostanze e limiti dell'uso della forza, definite da ogni Stato, Alleanza, Coalizione, che devono essere applicate dal personale militare in una determinata missione in Teatro d'operazioni. Ciò che è importante evidenziare, parlando di ROE, è che si tratta oggi, in particolare, di uno strumento ideale, oltre che necessario, nella gestione delle crisi. Nell'ampia panoplia di missioni, come abbiamo già sottolineato, sono dunque quelle chiamate Military Operations Other Than War (MOOTW) le più interessanti ai fini di una moderna dottrina, anche alla luce degli interventi effettuati dal nostro Paese, che possono includere Crisis Response Operations (CROs), Peace-Keeping e Peace-Support Operations (PKO e PSO), operazioni umanitarie ed anche le Non-Combatants Evacuation Operations (NEO). In questi contesti, definibili "conflitti a bassa intensità", le ROE costituiscono uno strumento, primariamente politico–militare, che limitano o autorizzano l’uso della forza nel rispetto del diritto internazionale e della legge sui conflitti armati, nonché delle leggi e regolamenti nazionali in vigore. La pianificazione militare deve rispettare precisi requisiti di chiarezza ed eliminare ambiguità, per evitare quei rischi di escalation che si generano soprattutto nelle situazioni di crisi. Le ROE oggi applicate, pur avendo la loro genesi nel diritto dei conflitti armati, le cui radici moderne risiedono principalmente nelle Convenzioni dell'Aja del 1907 ed in quelle di Ginevra del 1949, hanno avuto un sensibile impulso con il crescere della tensione politica della guerra fredda, nei primi anni '50, per controllare il rischio di escalation generabile dalle armi di distruzione di massa e per la crescente presenza dei media sui Teatri di crisi, che aumentava la sensibilità alle responsabilità politiche dell'uso della forza attraverso le varie forme di comunicazione. ww w. os di fe .o rg La figura sotto riportata illustra le aree e le valutazioni che interagiscono nella definizione delle ROE. Nel 1958 le ROE furono applicate anche dalle forze terrestri statunitensi, in Libano, poi nella Repubblica Dominicana nel 1965-66, quindi nel conflitto vietnamita, che costituì un grande banco di prova e di lezioni apprese per la parziale efficacia, quando non pericolosità di regole eccessivamente restrittive, volte a scongiurare un intervento cinese e sovietico nel conflitto. Da allora, tuttavia, i cambiamenti sono stati notevoli, in particolare con l'inclusione del diritto implicito all'autodifesa singola, delle forze amiche componenti della missione e del suo mandato, diritto che definisce sia l'autorità, che l'obbligo, dell'uso dei mezzi necessari all'autoprotezione di forze e cittadini (per alcuni Paesi, anche beni patrimoniali), che per l'estensione di regole a carattere interforze per il tempo di pace. L’esperienza sul “campo” ha portato migliorare la formulazione della ROE. negli anni a .o rg Per esempio, la missione in Libano del 1982/84 era nata come missione di Peace Keeping e divenne successivamente una missione Peace Enforcing che richiese regole ben più robuste; e forze erano state impegnate infatti con regole eccessivamente restrittive, autorizzate solo a rispondere al fuoco. In particolare, alcune forze multinazionali terrestri, vennero irretite in un conflitto crescente, in cui non riuscirono a mantenere l'imparzialità tra i belligeranti, mentre il profilo della missione cambiava. Furono promulgate, in conseguenza, nuove definizioni di "atti ostili", che in seguito sarebbero state adattate ad aree e situazioni diverse. ww w. os di fe Nell'intervento statunitense in Somalia, circa dieci anni dopo, nonostante una separazione di poteri interni ancora più marcata che in Libano (si contavano ben 16 fazioni armate su base tribale) e senza un vero potere centrale, l'operazione "Restore Hope" di Peace Enforcement si svolse sotto mandato U.N. cap. VIl che includeva ROE adeguate e flessibili che prevedevano anche l'uso potenziale anticipato della forza letale sulla base di una dimostrazione di atto ostile, definito come la minaccia di un uso imminente della forza. Le escalation verificatesi in molti Teatri hanno anche frequentemente spostato il baricentro delle ROE verso i confini del diritto dei conflitti armati, inducendo una crescente applicazione di National caveats, cioè di condizioni poste dai Governi dei Paesi partecipanti alle coalizioni, in base a valutazioni politiche, giuridiche o militari, tali tuttavia da ridurre spesso e considerevolmente la più che opportuna uniformità di questi strumenti regolatori. Questa tendenza degli interventi ad uscire dai profili inizialmente considerati e predisposti, verificatasi sempre più frequentemente a partire dagli anni '90, ha creato una nuova fenomenologia, normalmente complessa da gestire, entrata nel gergo strategico come “mission creep”. Questa costringe ad una totale riconfigurazione delle ROE, e non solo ad una loro rimodulazione, rimettendo in moto tutti i processi politici, militari e legali affinché l'azione risulti più efficace. Fu la Bosnia che riacutizzò questa nozione di mission creep, quando alle truppe delle Nazioni Unite, con un mandato di Peace Keeping, fu chiesto di proteggere aree di sicurezza per musulmani dall'aggressione serba, senza che queste forze fossero preparate adeguatamente per questo nuovo compito; se avessero accettato seriamente questo nuovo ruolo sarebbero state esposte ad un grave rischio, se avessero rinunciato, ne sarebbe conseguito un discredito politico oltre ad una tragedia etnica. os di fe .o rg Gli eventi succedutisi dagli anni '90 hanno messo ancor più in evidenza l'importanza, per i Comandi militari, di compiti chiari ed aggiornati entro i quali esprimere le proprie valutazioni tattiche nei Teatri, sì da evitare le crescenti costanti interferenze politiche, nelle fasi più critiche, una volta che un corpo modulabile di ROE sia stato studiato e messo a punto. Come credo appaia chiaro, a parte il campo specifico in cui vengono applicate ROE in caso di conflitto aperto, queste, per essere bilanciate ai fini della loro efficacia politica, militare e legale, richiedono nella fase di formulazione una elevata esperienza strategica che investe il sentire politico, l'esperienza passata, la conoscenza della natura della specifica missione, il sistema di comando e controllo. ww w. Per comprendere meglio le cause della ambiguità che possono costituire il punto più sensibile delle regole di ingaggio si riporta di seguito uno schema esemplificativo che può essere utile per meglio comprendere quanto sino ad ora rappresentato. Come si vede la politica affronta il perché, cosa, dove, quando, la forza deve essere usata. Gli ordini operativi, trattano come, dove, quando e le ROE sono confinate solo nel quando la forza è impiegabile e, solo allora, in che misura. L'ambiguità nasce proprio dal fatto che tutte e tre le aree devono trattare il "quando" la forza deve essere implementata con le limitazioni da imporre. os di fe .o rg Dal punto di vista decisionale, il processo di definizione ed implementazione delle ROE, concordate a livello ONU/OSCE/multinazionale, viene successivamente discusso in ogni nazione a livello militare e Autorità politica. Dall'esame e confronto con le proprie leggi, determinazioni parlamentari, in caso di necessità, sono applicati dei caveats, che possono essere solo a carattere restrittivo e che sono causa della frequente disuniformità delle ROE perché riflettono diversificati approcci politici ad una stessa missione. Dopo l'approvazione politica il documento diviene strumento del Comandante operativo per modulare gli ordini in funzione del sopravvenire di cambi di situazione, ma sempre e solo nell'ambito della missione. ww w. Questa problematica si è riproposta anche durante la recente missione United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), ridefinita dalla risoluzione 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, specchio anche storico, oltre che politico, della diversa visione delle Nazioni partecipanti. Ad esempio, dalla lettura della Carta delle Nazioni Unite pare evincersi che l'autodifesa sia solo reattiva, ma il problema è che il costo politico e militare di ricevere il primo colpo è valutato spesso inaccettabile, per cui oggi molti studiosi sostengono che la terminologia qui usata non esclude necessariamente un'autodifesa preventiva, che rappresenta il problema giuridico più ostico e meritevole di un breve inciso. L'autodifesa preventiva e' infatti approvata da alcune Nazioni, soprattutto in base al preesistente diritto consuetudinario che faceva leva sul termine "implicito", ad essa connesso; poiché al contempo l'autodifesa può autorizzare l'uso della forza sia per contrasto che per una minaccia immediata o imminente, vengono conseguentemente coinvolte le definizioni, di "atto ostile" e di "intento ostile" con valenza anche politica, soprattutto nelle operazioni PSO. Una volta concluso comunque l'iter politico-militare, le ROE divengono parte integrante del processo di pianificazione che le vede oggi inserite in piani operativi interforze, detti "piani di contingenza", frutto della elaborazione nell'ambito degli organi di vertice della Difesa. La pianificazione è il processo più importante nella stesura delle ROE affinché risultino fattore vincente in Teatro nel supportare l'azione valutativa dei Comandanti, non surrogabile dalle ROE stesse. La varietà e la complessità crescenti delle crisi ha fatto sì che la tendenza attuale sia quella di definire un catalogo di regole di ingaggio generali, da applicare con la procedura del veto, aggiungendo regole richieste da situazioni particolari, da applicare con il criterio del "positive command"; si assume, di fatto, in questo modo, che una "escalation graduata" di eventi potrà dare il tempo per sviluppare ROE specifiche più adeguate. ww w. os di fe .o rg Senza ROE adeguate, i leader politici sono dunque esposti ad un potenziale insuccesso. Oltre all'incidenza delle decisioni politiche che scaturiscono dal diritto internazionale, dei fattori tecnologici, della dottrina operativa, risultano influire altri fattori sulle decisioni verso l'uso della forza per autodifesa; tra questi la storia di crisi analoghe che sono nel bagaglio conoscitivo di ciascun Comandante, il livello di ostilità esistente nel Teatro e le tensioni internazionali presenti, la pressione politica dell'opinione pubblica, la maggiore o minore affidabilità informativa, oltre a fattori di leadership personale. Un'ultima notazione riguarda quell'area internazionale che pone in relazione le ROE alla dottrina dei conflitti armati che non è, normalmente, applicabile in tempo di pace; mi riferisco in particolare a quelle iniziative volte a prevenire future potenziali attività illegali o atti volti alla soluzione di crisi, anche in presenza di avvenute e talora ripetute violazioni del diritto internazionale, o manifesta volontà di un Paese di non recedere da posizioni internazionalmente sanzionate. La figura seguente illustra chiaramente la relazione esistente tra ROE e diritto dei conflitti armati. rg .o Conclusioni os di fe 10. ww w. Le sfide internazionali alla pace e alla sicurezza sono sempre più complesse e interdipendenti, abbiamo bisogno di affrontarle attraverso approcci coordinati tra tutti gli attori internazionali, costruendo partenariati solidi e coalizioni ampie. Nell’evoluzione dell'attuale capacità di far fronte alle ambientali costituisce un rilevanza prioritaria per L’abilità consiste nel prevedere scenari operativi per essere gestirli con successo. contesto geopolitico, la più impreviste turbolenze fattore critico di qualsiasi organizzazione. ed anticipare i possibili pronti ad affrontarli e Nel mondo ci sono attualmente diverse situazioni di conflitti che presentano costi enormi dal punto di vista umano e sociale: vittime civili; flussi di rifugiati; separazione di famiglie; dal punto di vista ambientale e sanitario: diffusione di malattie; degrado ambientale; dal punto di vista economico: distruzione di abitazioni, infrastrutture; blocco del processo di sviluppo. Lo scoppio di un conflitto armato è una sconfitta per il diritto internazionale, il ricorso alla guerra come mezzo di soluzione di controversie implica il fallimento delle norme di convivenza pacifica. ww w. os di fe .o rg Le esperienze di questi anni hanno messo in luce che nell’intervento militare in Teatri internazionali, si deve abbinare un convinto sostegno dei diritti umani e dell'azione militare insieme ad una sapiente e mirata tessitura politica e diplomatica. In questa relazione sta il vero contributo che ogni nazione può portare alle Nazioni Unite nell'ambito del complesso set normativo internazionale, dove all'esercizio della forza e della deterrenza militare si unisce inscindibilmente una forza più antica di esercizio di civiltà. Purtroppo, molte volte appare un'utopia pensare di poter dirimere ogni questione e ogni conflitto grazie ad un tavolo negoziale, eppure la strada da percorrere non può che essere questa. A patto di soddisfare l’unica fondamentale condizione che riguarda la possibilità, per la Comunità internazionale, di far rispettare le proprie leggi e la capacità di intervenire per fermare le violazioni delle proprie regole. In altre parole, occorre riorganizzare e potenziare l’ONU poiché oggi l’opinione pubblica, non essendo più abituata a perdite di personale militare a seguito do scontri a fuoco, non accetta più i massacri e lo sterminio di vite umane che hanno caratterizzato la storia dell’uomo e pretende per i suoi militari, impiegati in operazioni, efficaci misure di sicurezza. È tempo di ripensare alle parole del presidente Kennedy: "In fondo, ben pochi degli importanti problemi del nostro tempo sono stati risolti ricorrendo al solo potere militare". ELENCO DEGLI ALLEGATI: Allegato A = Operazioni Internazionali in corso Allegato B = Operazioni Nazionali in corso Allegato C = Operazioni Internazionali concluse ww w. os di fe .o rg Allegato B = Operazioni Nazionali concluse Allegato A Operazioni Internazionali in corso 1) Afghanistan – Afghanistan) EUPOL (European Union Police Mission in – ISAF (International Security Assistence w. 2) Afghanistan Force) os di fe .o rg L'Unione europea ha lanciato la missione di polizia dell'UE in Afghanistan (EUPOL Afghanistan) nel giugno 2007. La missione consta di uno staff internazionale di ufficiali di polizia esperti provenienti dagli Stati membri dell'Unione Europea e del Canada, Croazia, Nuova Zelanda e Norvegia. EUPOL si occupa della formazione della polizia nazionale afgana. Inoltre, in stretta collaborazione con i partner internazionali, ha compiti di consulenza nei confronti del ministero degli Interni afghano su problemi attinenti le regioni e le province. Il quartier generale è a Kabul, mentre le unità operano a livello regionale e provinciale. Il capo della missione è il Brigadiere Generale Savolainen Jukka. ww A seguito degli sviluppi della situazione politicomilitare in Afghanistan, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato in data 20 dicembre 2001 la Risoluzione n. 1386 con la quale ha autorizzato il dispiegamento nella città di Kabul aree limitrofe, sotto il Cap. VII delle Nazioni Unite, di una Forza denominata International ed della Carta multinazionale Security Assistance Force (ISAF), con il compito di assistere le istituzioni politiche provvisorie afgane a mantenere un ambiente a mantenere un ambiente sicuro, nel quadro degli Accordi di Bonn del 5 dicembre 2001. di L'11 agosto responsabilità 2003 della è avvenuta l'assunzione condotta dell'operazione da parte della NATO per la 4 agosto leadership il Comando al comando vecchio. NATO. Nell'ambito della rotazione dei Comandi condotta di ISAF, l'Italia, a partire dal 2005 e per nove mesi, ha avuto la dell'ISAF VIII, schierando in Afghanistan NRDC-IT (NATO Rapid Deployable Corps-Italy) del Generale di Corpo d'Armata Mauro Del Dal 4 febbraio 2007 la leadership di ISAF X è stata assunta da comandi "composite", formato da personale di staff proveniente dagli Standing HQ della NATO (NRDC e ARRC) nonché da personale delle Nazioni che contribuiscono all'operazione. L'ISAF, che opera sulla base di un Military Technical Agreement (MTA) siglato dalle Autorità provvisorie afgane, comprende al momento militari appartenenti a 38 Nazioni. w. os di fe .o rg Dal comandante di ISAF attualmente dipendono i 5 Comandi Regionali North, West, South, East e Capital, oltre ad assetti aerei, elicotteri, forze di riserva, forze speciali ed unità di supporto. Inoltre, nell'ambito di ciascun Comando Regionale operano più Provincial Reconstruction Team (PRT), organizzazioni miste militari e civili idonee a creare un ambiente stabile attraverso un processo di ricostruzione socio-economica, mediante il supporto alle attività di ricostruzione condotte dalle organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nella regione. Attualmente il Comando di ISAF è affidato al Gen. (US) David H. Petraeus. In base a quanto previsto dal piano di Operazioni, la missione in o o o o ww Afghanistan è caratterizzata da 5 fasi: fase 1: Analisi e preparazione; fase 2: Espansione, suddivisa, a sua volta, in 4 tempi: 1° Stage: Area Nord; 2° Stage: Area Ovest; 3° Stage: Area Sud; 4° Stage: Area Est; fase 3: Stabilizzazione; fase 4: Transizione (in atto); fase 5: Rischieramento. È previsto che ISAF mantenga un costante coordinamento operativo con la struttura di Comando e Controllo già costituita per "Enduring Freedom" 3) Albania – DIE (Delegazione Italiana Esperti) La Delegazione Italiana Esperti (DIE) è stata istituita il 28 agosto 1997, al termine della missione "Alba", nel quadro di protocollo d'intesa firmato dai Ministri della Difesa italiano e albanese. Svolge in Albania attività interforze di cooperazione bilaterale e un os di fe .o rg fornisce supporto alle Forze Armate albanesi per l'adeguamento delle relative strutture a modelli NATO, mediante attività di tipo concettuale, addestrativo e logistico. Il supporto viene assicurato definendo nel dettaglio le priorità di intervento, insieme ad esperti albanesi, finalizzando i vari progetti e coordinando le azioni/attività connesse all'invio degli aiuti e tutte le esigenze che coinvolgono le strutture nazionali della Difesa. 4) Bosnia Erzigovina – EUPM ( European Union Police Mission) ww w. La missione (European Union Police Mission) è iniziata nel gennaio 2003, in sostituzione la preesistente forza di polizia internazionale delle Nazioni Unite (United Nations Mission in Bosnia-Herzegovina International Police Task Force - UNMIBH-IPTF). L'EUPM ha garantito, pertanto, la continuità delle attività iniziate dalla missione delle Nazioni Unite ed il sostegno dell'Unione Europea, ai fini della piena realizzazione dello stato di diritto in BosniaErzegovina. Il Quartiere Generale della missione è ubicato a Sarajevo mentre le cellule di controllo operano all'interno delle varie strutture della Polizia della Bosnia-Erzegovina, (centri di pubblica sicurezza, circoscrizioni, agenzia statale di protezione delle informazioni, servizi nazionali di frontiera). Le attività, condotte sotto l'egida dell'Unione Europea, sono state aperte anche alla partecipazione di paesi terzi. 5) Repubblica di Cipro – UNFICYP (United Nations Peacekeeping force in Cyprus) os di fe .o rg Alla fine del 2004, con il termine dell'operazione "Joint Forge" in Bosnia Erzegovina ed il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), l'Alleanza Atlantica ha raggruppato tutte le attività NATO nell'area balcanica in un unico contesto. Il 5 aprile 2005 iniziava, pertanto, l'Operazione "Joint Enterprise" che comprende le attività della KFOR (Kosovo) e i NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo. Il NATO HQ Sarajevo, retto da un Senior Military Representative (SMR), è alle dirette dipendenze del Joint Force Command Naples (JFC Naples) e provvede al supporto delleAutorità bosniache ed ai coordinamenti tra queste ultime e la NATO. ww w. 6) Repubblica di Cipro - UNFICYP (United Nations Peacekeeping force in Cyprus) La Repubblica di Cipro ottenne l'indipendenza dalla Gran Bretagna il 16 agosto 1960, e divenne membro dell'ONU un mese più tardi. La Costituzione, in vigore dal giorno dell'indipendenza, fu concepita in modo da bilanciare gli interessi delle due comunità etniche presenti sull'isola: quella greco-cipriota, che rappresenta la maggioranza della popolazione, e quella turco-cipriota. Fin dall'entrata in vigore della Costituzione, comunque, l'osservanza di quanto in essa stabilito, con la supervisione della Grecia, della Turchia e della Gran Bretagna, ha da subito incontrato grandi difficoltà che sono sfociate in varie crisi; la tensione accumulata tra le due comunità sfociò in una serie di episodi di violenza che culminarono nel dicembre del 1963. Il 15 febbraio del 1964, dopo il fallimento di tutti i tentativi di ristabilire la pace sull'isola, i Rappresentanti ONU della Gran Bretagna e di Cipro chiesero al Consiglio di Sicurezza di porre in essere azioni immediate; il 4 marzo 1964, con la Risoluzione n. 186 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, veniva istituita la missione UNFICYP (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus) che divenne operativa il 27 marzo 1964. rg Il mandato di UNFICYP, nell'ottica di preservare la pace e la sicurezza internazionale,consisteva originariamente nel porre in essere tutte quelle azioni atte a prevenire il ritorno alle violenze e, se necessario, contribuire al mantenimento ed al ripristino della legge e dell'ordine al fine di restaurare le normali condizioni di vita sull'isola. Successivamente, il 15 luglio 1974, un tentativo di colpo di Stato da parte dei Greco-Ciprioti, appoggiati dal governo di Atene per annettere Cipro alla Grecia, provocò la reazione del Governo di Ankara che, per proteggere la minoranza Turco-Cipriota, inviò le proprie truppe per occupare la parte Nord di Cipro. w. os di fe .o Il Consiglio di Sicurezza chiese alle parti in conflitto di cessare il fuoco (che di fatto entrò in vigore il 16 agosto 1974) e posò le basi per le negoziazioni tra la Grecia, la Turchia e la Gran Bretagna. A seguito di tali accadimenti, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite estendeva il mandato della Forza di UNFICYP in modo da vigilare sull'applicazione del cessate il fuoco, controllando una Buffer Zone estesa per una lunghezza di 180 Km ed una ampiezza variabile da 20 metri a circa 7 Km che, di fatto, separa il Nord (Turco) dal Sud (Greco) e divide in due la città di Nicosia. di UNFICYP è attualmente ww La componente militare suddivisa in 3 settori: settore 1 (Ovest), di competenza del contingente argentino; settore 2 (Centrale) di responsabilità del contingente britannico; settore 4 (Est) di responsabilità del contingente sloveno/ungherese. Il pre-esistente settore 3, gestito dal Canada fino al 1993, è stato assorbito dai settori 2 e 4 nel momento in cui i Canadesi hanno ritirato il loro contributo. Oltre ai 3 contingenti citati, la missione comprende anche una componente MRF (Mobile Force Reserve) forniti da Argentina, UK, Slovacchia ed Ungheria, e da una componente di polizia (UNPOL) forniti da Australia, Bosnia, Croazia, India, Irlanda, Olanda e Italia, organizzata in sette comandi di polizia ubicati in prossimità della zona cuscinetto con il compito di cooperare con la polizia locale e garantire il primo contatto tra la popolazione e la forza UNFICYP. Il Quartier Generale della Forza è situato nella città di Nicosia. 7) Congo - EUPOL RD CONGO - European Union Police Mission in the Democratic Republic of the Congo rg Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la Risoluzione n° 1493 del 28 luglio 2003, ha espresso soddisfazione circa la promulgazione, avvenuta il 4 aprile 2003, della Costituzione di Transizione per la Repubblica Democratica del Congo e della formazione di un Governo di transizione a partire dal 30 giugno 2003. os di fe .o In tale Risoluzione le Nazioni vennero invitate a supportare il processo di stabilizzazione e di mantenimento della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo mediante la costituzione e l'addestramento di una "Integrated Police Unit" (IPU) congolese, e venne concordata un'assistenza da parte della missione ONU MONUC (United Nations Organisation Mission in the Democratic Republic of Congo). ww w. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ed il Presidente del Consiglio della Unione Europea (UE), nella dichiarazione congiunta del 29 settembre 2003, nell'esprimere soddisfazione circa la cooperazione esistente tra l'ONU e la UE in materia di gestione (militare e civile) delle crisi, valutarono le modalità per la costituzione della IPU a Kinshasa atta a provvedere alla sicurezza del Governo di transizione e delle Istituzioni. Il 15 dicembre 2003, il Comitato Politico e di Sicurezza della UE decise di supportare la costituzione della IPU attraverso tre fasi: ristrutturazione del centro di addestramento delle forze di polizia congolesi e fornitura di equipaggiamenti di base, addestramento del personale e supervisione delle attività della IPU al termine dell'addestramento. Il 1° ottobre 2004 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell'estendere l'impiegodella missione MONUC fino al 31 marzo 2005, decise di supportare il Governo di transizione congolese fino a che la IPU non fosse in grado di assumere il controllo e la responsabilità di assistenza al Governo di transizione finalizzata al mantenimento dell'ordine. A seguito della Azione Comune del Consiglio della UE del 9 dicembre 2004, venne deciso lo schieramento di una Missione di Polizia a guida UE nella Repubblica Democratica del Congo (DRC), denominata EUPOL KINSHASA. La missione, condotta sotto l'egida dell'Unione Europea, è stata inquadrata negli sforzi che l'UE sta compiendo per ristabilire la sicurezza ed il rispetto delle leggi nella Repubblica Democratica del Congo, in stretta collaborazione con la missione ONU MONUC e, a seguito di specifica richiesta del governo congolese, di contribuire ad assicurare la protezione delle istituzioni statali e a rinforzare l'apparato di sicurezza interno del Congo mediante la costituzione della IPU. os di fe .o rg La missione, avviata il 30 aprile 2005 e conclusa il 30 giugno 2007, si è configurata come Missione di rafforzamento delle strutture di pianificazione e di gestione delle capacità esecutive della polizia locale, con compiti di addestramento della IPU (circa 1.000 u.) e, al termine di questo, di monitoraggio, supervisione e consulenza della stessa. Alla missione hanno contribuito, oltre all'Italia, le seguenti Nazioni: Portogallo, Francia, Belgio, Svezia, Svizzera, Turchia, Olanda, Canada ed è aperta al contributo dei Paesi membri e candidati della UE nonché ai Paesi terzi. ww w. In seguito alla promulgazione, il 18 febbraio 2006, della Costituzione della RDC, le elezioni del 2006 hanno segnato la fine del processo di transizione consentendo la formazione nel 2007 di un governo il cui programma prevede, in particolare, una riforma globale del settore della sicurezza (SSR), l'elaborazione di un concetto nazionale e azioni prioritarie di riforma nei settori della Polizia, delle forze armate e della giustizia. In tale contesto, l'UE ha mostrato un sostegno costante al processo di transizione nella RDC ed alla SSR, anche mediante l'avvio di tre operazioni nell'ambito della politica estera di sicurezza comune (PESC), denominate EUSEC RD CONGO, EUPOL KINSHASA, e l'operazione EUFOR RD CONGO. Il 14 maggio 2007 il Consiglio ha approvato un concetto operativo relativo ad una missione di polizia condotta nell'ambito della politica europea in materia di sicurezza e difesa (PESD) sulla SRR e la sua interfaccia con la giustizia nella RDC, denominata EUPOL RD CONGO. Inoltre, il Consiglio della UE ha approvato il proseguimento della missione EUSEC RD CONGO di consulenza e di assistenza per la SSR nella RDC, anche nell'eventualità che, oltre alle sinergie che devono essere sviluppate da entrambe, le due missioni di ventino missione unica. Con l'Azione Comune n. 405 del 12 giugno 2007, il Consiglio della UE ha istituito la missione EUPOL RD CONGO, in luogo della precedente missione EUPOL KINSHASA. Il Capo della missione dipende dal Rappresentante Speciale della UE. rg 8) Egitto - MFO (Multinational Force and Observers) os di fe .o La Multinational Force and Observers (MFO) è un'organizzazione internazionale indipendente w. per il mantenimento della pace tra la Repubblica Araba d'Egitto e lo Stato d'Israele, sancita dal Trattato di Pace firmato il 26 marzo 1979 presso la Casa Bianca tra i leader di Egitto e Israele, alla presenza del Presidente statunitense Carter in qualità di garante. La MFO fa capo ad un Direttore Generale. ww Questi esercita la sua autorità per mezzo del suo staff presso il Quartiere Generale a Roma, attraverso i suoi Rappresentanti a Il Cairo e a Tel Aviv e per mezzo del Comandante della Forza (Force Commander). Quest'ultimo dispone, a sua volta, di uno staff militare dislocato in Egitto, nella penisola del Sinai. L'incarico di Force Commander è ricoperto dal 1º marzo 2010 dal Maggiore Generale neozelandese W.J. (Warren) Whitingn. La MFO è insediata nella fascia orientale della Penisola del Sinai e consta di due basi principali: una a nord (North Camp) situata nei pressi della città di El Gorah, a circa 45 km dal mare e circa 35 km dal confine Israeliano, ed una a sud (South Camp) situata direttamente sul mare presso la città di Sharm el Sheikh. 9) E.A.U. Al Bateen - T.F.A. (Task Force Air) La Task Force Air (TFA), è ubicata sul sedime aeroportuale di Al Bateen, ospite dell'Aeronautica Militare emiratina, nell'omonimo quartiere periferico a sud della città di Abu Dhabi (EAU). Il Reparto nasce come Reparto Operativo Autonomo nel settembre 2002, con il nome di "Nucleo Aeroportuale Interforze" (NAI), per il supporto all'impegno nazionale nella missione "Enduring Freedom". os di fe .o rg Nel 2003 è stato ridenominato "7° Reparto Operativo Autonomo" e successivamente, nel 2006, ha cambiato ancora appellativo in "Reparto Distaccato della 46^ Brigata Aerea", pochi mesi prima di assumere l'attuale denominazione. La TFA attualmente è impegnata nel sostegno alle operazioni ISAF (International Security Assistance Force) in Afghanistan e NTM-I (NATO Training Mission in Iraq). w. 10) Fyrom - NATO HQ Skopje ww Sin dall'ingresso delle forze della NATO in Kosovo (giugno 1999), la FYROM è stata utilizzata quale zona delle retrovie di KFOR, ospitando il comando responsabile dei rifornimenti (KFOR REAR) e le principali strutture di sostegno logistico, rappresentate dall'importante scalo aereo di Skopje e dai trasporti via terra provenienti dalla Grecia. Nel corso del 2001, le autorità governative della FYROM (Former Yugoslav Republic of Macedonia) chiesero alla NATO un contributo di forze per il processo di raccolta e distruzione delle armi spontaneamente riconsegnate dall'NLA (National Liberation Army). Per assolvere la missione, fu costituita una Task Force Harvest a guida NATO (circa 4500 uomini) alla quale contribuirono Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Olanda, Spagna e Turchia. L'operazione - denominata "Essential Harvest" - iniziò il 26 agosto e si concluse con il conseguimento della missione il 27 settembre 2001. Successivamente, su esplicita richiesta del Presidente della Repubblica Macedone, la NATO avviva l'operazione "Amber Fox", finalizzata a sostenere gli osservatori internazionali dell'OSCE e dell'UE (circa 200 Unità) operanti sul territorio macedone. Tale operazione, iniziata il 27 settembre 2001, sotto la guida tedesca, divenne operativa il 14 ottobre 2001. La missione ed i principali compiti furono distribuiti sui seguenti cinque livelli di supporto agli osservatori internazionali: ww w. os di fe .o rg il livello 1 prevedeva di fornire agli osservatori informazioni debitamente filtrate; nel livello 2 era previsto che il Comando della Task Force Fox organizzasse e rendesse disponibili dei team di collegamento con gli osservatori per assicurare una presenza itinerante; il livello 3 prevedeva un supporto di emergenza in situazioni di pericolo per la vita umana consistente in MEDEVAC (aerea o terrestre) e/o nell'intervento di team EOD, da attuare in modo tempestivo per estrarre il personale osservatore da campi minati o in situazioni similari; nel livello 4 era previsto l'impiego di una forza militare a livello battaglione da dislocare in specifiche località con ambiente incerto e capace di condurre simultaneamente due limitate operazioni di estrazione; il livello 5 costituiva un livello di supporto agli osservatori internazionali da usare per situazioni eccezionali; esso prevedeva il dispiegamento di forze speciali per il recupero di ostaggi da trasferire eventualmente al di fuori della Macedonia. L'operazione "Amber Fox" si concluse il 15 dicembre 2002, dando inizio ad una nuova operazione - denominata "Allied Harmony" (OPLAN 10418 di SHAPE) che meglio si adattasse alla ristrutturazione operata dalla NATO nel teatro dei Balcani. Successivamente all'operazione "Allied Harmony", dal 1° aprile al 15 dicembre 2003, l'Unione Europea ha condotto in Macedonia una analoga operazione denominata CONCORDIA. A partire da dicembre 2003, il Consiglio dell'Unione Europea (UE), su invito delle Autorità della FYROM, ha istituito una missione di polizia della UE (EUPOL) denominata "PROXIMA", la quale si svolge sotto la responsabilità del Rappresentante Speciale dalla UE in FYROM. Di tale missione facevano parte 5 Carabinieri italiani. Il 17 giugno 2002, in seguito alla ristrutturazione voluta da SHAPE, si compì la trasformazione ordinativa- organica di KFOR REAR e del Comando di "Amber Fox" in NATO HQ Skopje (NHQS). Alla fine del 2004, con il termine dell'operazione "Joint Forge" in Bosnia Erzegovina, ed il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), l'Alleanza Atlantica ha raggruppato tutte le attività NATO nell'area balcanica in un unico contesto. Il 5 aprile 2005 iniziava, pertanto, l'Operazione "Joint Enterprise" che comprende le attività della KFOR (Kosovo) e dei NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo. .o rg Il NATO HQ Skopje, retto da un Senior Military Representative (SMR), è alle dirette dipendenze del Joint Force Command Naples (JFC Naples) e provvede al supporto delle Autorità bosniache ed ai coordinamenti tra queste ultime e la NATO. os di fe 11) Hebron - TIPH 2 (Temporary International Presence in the city of Hebron) ww w. La Missione, regolata da quanto disposto dall'art. 14 dell'Agreement on the Temporary International Presence in the city of Hebron, è stata voluta dal Governo d'Israele e dall'Autorità Nazionale Palestinese, firmatari dell'Accordo Interinale sulla West Bank e sulla Striscia di Gaza del 28 settembre 1995. Tale accordo prevedeva oltre al ripiegamento dell'esercito israeliano (I.D.F.) da una parte della città di Hebron anche la presenza temporanea di una forza di osservatori internazionali. Alla missione partecipano Danimarca, Italia, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia. A seguito del perdurare della situazione di tensione, dopo gli scontri avvenuti lo scorso 8 febbraio a Hebron, il 10 febbraio 2006, per motivi di sicurezza, veniva rimpatriata momentaneamente parte del personale e la restante parte del Contingente veniva rischierato in Gerusalemme. Successivamente, il 26 giugno 2006, il personale italiano del Contingente rientrava ad Hebron. Successivamente, nella seconda decade di luglio, riprendeva l'attività di pattugliamento diurno in Hebron. 12) India/Pakistan - UNMOGIP (United Observer Group in India and Pakistan) Nations Military Il gruppo degli osservatori militari appartenente alla missione UNMOGIP è stato costituito nel gennaio 1949 in seguito all'approvazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 39 del gennaio 1948, che creava la United Nations Commission for India and Pakistan (UNCIP), per supervisionare il cessate il fuoco tra Pakistan ed India nello Stato di Jammu e Kashmir. w. os di fe .o rg A seguito dell'accordo del 1972 tra India e Pakistan che definì una linea di controllo nel Kashmir, l'India dichiarò che il mandato di UNMOGIP era decaduto. Siccome il Pakistan non concordò con questa posizione, il Segretario Generale delle Nazioni Unite dichiarò che la cessazione del mandato di UNMOGIP sarebbe stata decisa soltanto mediante una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. A causa della mancanza di una tale decisione, il mandato di UNMOGIP è stato mantenuto con le medesime funzioni a tempo indeterminato. ww 13) Kosovo - EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) La missione European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo) nasce con un’azione comune adottata dal Consiglio per gli Affari Generali dell’Unione Europea del 4 febbraio 2008. Ha preso ufficialmente il via il 9 dicembre 2008 (IOCInitial Operation Capability declaretiondichiarazione della capacità operativa iniziale), nell’ambito dei principi della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite. La missione ha dichiarato il raggiungimento della FOC (Final Operation Capability) il giorno 6 aprile 2009 ed ha carattere tecnico, il cui scopo è quello di offrire assistenza alle istituzioni locali attraverso un’azione di “MMA- Monitoring, Mentoring and Advising”. Il Comando ha sede in Pristina e l’Italia partecipa alla missione sin dall’inizio (9 dicembre 2008). 14) Kosovo - KFOR - Joint Enterprise os di fe .o rg KFOR è iniziata all'alba del 12 giugno 1999. Il contingente italiano entrava in Kosovo alla mezzanotte dello stesso giorno e raggiungeva Pec il mattino del 14 giugno. In precedenza le truppe NATO erano schierate nella FYROM (da dicembre 1998) per assicurare, nell'ambito dell'operazione "Joint (Determined) Guarantor" (sotto comando dell'Ace Rapid Reaction Corps): - in un primo tempo, l'evacuazione osservatori OSCE dal Kosovo; in emergenza degli successivamente, il supporto alle organizzazioni umanitarie per l'assistenza ai profughi usciti dal Kosovo. ww w. Dal settembre 1999 e fino alla costituzione del NATO HEADQUARTERS TIRANA (NHQT nel giugno 2002) alla KFOR risaliva anche la responsabilità dell'operazione NATO in Albania denominata COMMUNICATION ZONE WEST" (COMMZ-W) a guida italiana. Alla fine del 2004, in occasione del termine dell'operazione "Joint Forge" in Bosnia Erzegovina, con il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), le autorità NATO decisero di raggruppare tutte le operazioni condotte dalla NATO nell'area balcanica in un unico contesto operativo (definito dalla Joint Operation Area), dando origine il 5 aprile 2005 all'Operazione "Joint Enterprise" che comprendeva le attività di KFOR, l'interazione NATO-UE, e i NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo. Dal maggio 2006 è stata avviata la ristrutturazione delle forze che ha visto la trasformazione delle forze militari internazionali in Kosovo da 4 Multinational Brigades a 5 Multinational Task Forces. Dal 10 gennaio 2010, pur rimanendo inalterati missione e compiti, il livello ordinativo delle Multinational Task Forces è stato ridotto a Multinational Battle Groups (MNBGs) su base Reggimento. In relazione agli sviluppi di situazione connessi con la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, proclamata unilateralmente il 17 febbraio 2008, e la successiva entrata in vigore della relativa Costituzione il 15 giugno 2008, la presenza delle forze NATO è stata incrementata. In virtù della graduale cessione di responsabilità e attraverso la graduale riduzione delle forze in Teatro, all’operazione “Joint Enterprise” in Kosovo partecipano attualmente 31 Paesi, con un impegno complessivo di forze che oggi ammonta a circa 5500 unità. os di fe .o rg Il dispositivo di KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di cui uno a conduzione italiana, ed una consistente riserva nella quale è inserito il Reggimento Carabinieri MSU. Allo stesso modo sono stati costituiti degli organismi denominati JRD’s (Joint Regional Detachment) con il compito di monitorare e fare da collegamento con tutti gli attori civili del Paese (Comuni, istituzioni, popolazioni….). - UNIFIL (United Nations Interim Force in ww 15) Libano Lebanon) w. Attualmente i JRD’s presenti in Kosovo sono 5. La missione UNIFIL è nata con la Risoluzione 425 adottata in data 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell'invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive Risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. A seguito di un attacco alle Israeli Defence Force (IDF), avvenuto il 12 luglio 2006, a Sud della Blue Line nelle vicinanze del villaggio israeliano di Zar'it, da parte di elementi Hezbollah, vennero uccisi otto soldati israeliani mentre altri sei vennero feriti e due catturati da dette milizie. Al rifiuto della richiesta di rilascio, Israele iniziò una campagna militare in Libano mirata ad annientare le milizie di Hezbollah ed altri elementi armati; in conseguenza di ciò, milizie Hezbollah condussero degli attacchi contro infrastrutture civili israeliane nel Nord di Israele. L'escalation delle ostilità portò le IDF a condurre una vasta campagna militare nel Nord della Blue Line contro le milizie armate di Hezbollah. Le ostilità continuarono per 34 giorni durante i quali venne svolta una intensa attività diplomatica internazionale tesa al conseguimento di una tregua/cessate il fuoco per la successiva creazione di stabili condizioni di pace, che è culminata con la Risoluzione n. 1701 dell'11 agosto 2006 con la quale si sanciva la cessazione delle ostilità a partire dal 14 agosto 2006. ww w. os di fe .o rg Dall'inizio del cessate il fuoco, le IDF continuarono ad occupare larghi tratti dell'Area di Operazioni (AO) di UNIFIL mentre gli Hezbollah e gli elementi armati rimasero nel Sud del Libano. Durante i giorni di conflitto, inoltre, i contingenti di UNIFIL di India e Ghana continuarono ad occupare le proprie postazioni nella AO mentre, dal 24 luglio 2006, i 4 posti di osservazione vennero abbandonati dagli osservatori ONU. 16) Libia - Operazioni a supporto del Paese Nel quadro della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 2022, e delle precedenti in essa richiamate, sono state avviate delle attività di cooperazione nel campo della Difesa allo scopo di supportare la ricostruzione del Paese libico. Tali iniziative, eminentemente di assistenza, supporto e formazione, vengono condotte su specifica richiesta delle autorità libiche e sono autorizzate, sul piano nazionale, dal decreto legge del 29/12/2011 n. 215. 17) Malta - MICCD (Missione Italiana di Collaborazione nel Campo della Difesa) os di fe .o rg La cooperazione tra le Forze Armate italiane e la Repubblica Maltese ebbe inizio il 1° agosto del 1973, su richiesta del governo Maltese (quando l'isola non aveva ancora conseguito la piena indipendenza), con la costituzione della MICTM (Missione Italiana di Cooperazione Tecnica e Militare), in applicazione al "progetto di cooperazione speciale" nel quadro dell'accordo Italo-Maltese di cooperazione Scientifica e Tecnica firmato a Valletta il 28 luglio1967. ww w. I suoi compiti erano l'addestramento del "Pioneer Corps" per lavori di pubblica utilità, il miglioramento dei collegamenti telefonici e telegrafici sia interni sia internazionali ed il riordino del sistema di manutenzione e riparazione dei veicoli di proprietà dello Stato. Il 28 marzo 1979 la Missione fu ritirata su richiesta del Governo Maltese. Nel 1981 i due Governi sottoscrissero un nuovo accordo e vennero istituiti due organismi: la DIATM (Delegazione Italiana di Assistenza Tecnico Militare) e la MICTM (Missione Italiana di Cooperazione Tecnica a Malta). Al primo fu affidato il compito di addestrare i volontari da inserire sia nelle due componenti delle F.A. maltesi (Task Force & Armed Forces of Malta) sia nella Polizia e di collaborare con la MICTM alla realizzazione dei lavori di genio civile. L'attività di DIATM e MICTM venne sospesa tra il dicembre del 1984 ed il settembre 1985, fatta eccezione per il servizio S.A.R. che fu svolto ininterrottamente. Il 14 luglio 1988 fu firmato un Memorandum di Intesa tra il Ministero degli Esteri maltese e il Ministero della Difesa italiano con la istituzione della MIATM (Missione Italiana di Assistenza Tecnico Militare). Il contributo italiano alla Repubblica maltese nell'ambito della missione si sviluppava in due aree principali. La prima, a marcata connotazione AM, per collaborare al servizio di Ricerca e Soccorso (S.A.R.) maltese, inclusa la formazione dei piloti e degli aerosoccorritori. La seconda, orientata soprattutto all’addestramento sia di base che avanzato di aliquote del personale delle Forze Armate, nonché all'addestramento tecnico-militare di componenti della Polizia. A tale scopo, per la formazione degli Ufficiali e Sottufficiali maltesi, l'Italia offriva la disponibilità di 5/6 posti (normalmente a titolo gratuito) nei corsi di istruzione ovvero di "affiancamento pratico" presso le Scuole militari e i maggiori centri di addestramento delle F.A.. w. os di fe .o rg Il 25 giugno 2009, l’Italia ha ratificato un nuovo “Accordo d’Intesa” che prevede una diversa modalità di cooperazione tra i due Paesi. Il 1° dicembre 2011, dopo un biennio di transizione, è stata costituita la Missione Italiana di Collaborazione nel Campo della Difesa (MICCD). Il passaggio dalla forma di assistenza tecnico-militare a quella di collaborazione nel settore della difesa, ha modificato radicalmente lo sforzo militare italiano ed i termini della cooperazione. La presenza dei militari italiani a Malta, ad eccezione dell’AM che ha mantenuto compiti e consistenza del passato, è stata contratta e ridisegnata per consentire la sola disponibilità a domicilio di specialisti nei settori Land/Navy/CP-CG/Air in grado di fornire consulenza alle AFM ed elaborare i progetti di cooperazione da sviluppare poi in Italia, ovvero a Malta, a cura degli SM interessati. Nations Mission for the ww 18) Marocco - MINURSO (United Referendum in Western Sahara) MINURSO è stata istituita con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 690 in data 29 aprile 1991, a seguito delle "proposte di accordo" accettate in data 30 agosto 1988 dal Marocco e dal Fronte POLISARIO (Frente Popular para la Liberacion de Saguia el-Hamra y de Rio de Oro). Per attuare il piano di pace approvato dal Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale si avvale di un proprio Rappresentante Speciale, attualmente il diplomatico olandese Peter Van Walsum, pienamente responsabile di tutti gli aspetti riguardanti il referendum che consentirebbe alla popolazione del Sahara Occidentale di scegliere tra l'indipendenza e l'integrazione con il Marocco. 19) Mediterraneo - Active Endeavour e Forze Navali NATO Le unità navali della Marina Militare Italiana partecipano, a rotazione, ai gruppi navali posti sotto comando e controllo NATO. Tali gruppi sono lo SNMG1 (Standing NATO Maritime Group 1) e lo SNMG2 (Standing NATO Maritime Group 2), composti da Fregate/Caccia cui vengono assegnati compiti di pattugliamento e sorveglianza aero-marittima. Lo SNMCMG2 (Standing NATO Mine Counter Measure Group 2) è gruppo navale di intervento rapido specializzato nelle attività di contromisure mine. os di fe .o rg In seguito all'attacco terroristico negli USA dell'11 settembre 2001, il Consiglio Atlantico della NATO ha approvato la dislocazione nel Mediterraneo Orientale di una Forza Navale (Task Force Endeavour) quale visibile dimostrazione dell'implementazione dell'Art. 5 del Trattato NATO, allo scopo di dimostrare la solidarietà della NATO e la risolutezza dell'Alleanza nel sostenere la campagna contro il terrorismo internazionale. ww w. L'obiettivo di "Active Endeavour" è quello di mantenere nel Mediterraneo una presenza credibile in chiave antiterroristica, dimostrando la risolutezza della NATO nella deterrenza, difesa e protezione contro le attività terroristiche. L'operazione sta coinvolgendo Nazioni Partner e Paesi del Dialogo Mediterraneo con contributi diversi e soluzioni ad hoc. L'Italia, in particolare, si è adoperata per il pieno coinvolgimento dei Paesi del Dialogo Mediterraneo, delle Nazioni rivierasche e di altri. 20) Middle East - UNTSO (United Nations Truce Supervision Organization) UNTSO è la più vecchia missione di peacekeeping delle Nazioni Unite. Disposta con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 50 in data 29 maggio 1948 e successive modifiche, la missione effettua sia il controllo del rispetto del trattato di tregua, concluso separatamente tra Israele, Egitto, Giordania e Siria nel 1949, sia il controllo del cessate il fuoco nell'area del Canale di Suez e le alture del Golan conseguente la guerra arabo-israeliana del giugno 1967. os di fe .o rg L'UNTSO opera in quattro dei cinque Paesi storicamente interessati al conflitto mediorientale (Israele, Egitto, Siria e Libano) ma i suoi contatti coinvolgono anche il quinto Paese la Giordania. Grazie agli accordi di pace tra Israele ed Egitto prima (1979) e la Giordania poi (1994), nonché all’attuale situazione "di stallo" militare in Libano e Siria, UNTSO è una missione numericamente contenuta: al momento è composta da circa 150 Ufficiali osservatori appartenenti a 23 Paesi. La missione è articolata su un comando situato Gerusalemme (Israele) e quattro differenti Out Stations: w. OGL (Gruppo Osservatori in Libano) a Naqoura (Libano); OGG-T (Gruppo Osservatori Golan) a Tiberiade (Israele); OGG-D (Gruppo Osservatori Golan) a Damasco (Siria); OGE (Gruppo Osservatori Egitto) a Ismalia (Egitto). Gli osservatori italiani sono normalmente distribuiti negli Out Stations del Libano, Israele e Siria. A seguito della crisi tra Libano ed Israele, tutto il personale di UNTSO è stato ritirato dalle 4 Patrol Bases e, in particolare il personale italiano è tutto concentrato presso Naqoura. ww a 21) Acque Somalia - Atalanta/Ocean contrasto alla pirateria) Shield (attività di os di fe .o rg La situazione economico – sociale in Somalia ha favorito l'insediamento di attività illegali difficilmente contrastabili, tra cui gli atti di pirateria a danno del commercio marittimo, incluse le navi del World Food Program (WFP) dell'ONU. A seguito dei numerosi appelli da parte del WFP e della International Maritime Organisation (IMO), l'ONU ha promosso nel 2008 numerose Risoluzioni contro la pirateria somala. In questa cornice l'Unione Europea ha lanciato nel dicembre 2008 la missione Atalanta. ww w. Anche la NATO contribuisce agli sforzi internazionali per combattere la pirateria al largo del Corno d'Africa attraverso l’operazione Ocean Shield. L’intervento è iniziato il 17 agosto 2009 dopo che il Consiglio Nord Atlantico ha approvato la missione. L'Operazione si basa sull'esperienza della precedente missione NATO di contrasto alla pirateria: Allied Protector, ed è caratterizzata dall'adozione di un approccio più globale alle iniziative di contrasto alla pirateria. L'obiettivo principale è quello di condurre operazioni di contrasto alla pirateria in mare ed allo stesso tempo ad assistere gli Stati regionali che ne fanno richiesta a sviluppare capacità di contrasto alla pirateria. Questo aspetto dell'operazione integra gli sforzi delle organizzazioni internazionali esistenti e le forze che operano nella zona per una sicurezza marittima duratura nel Corno d'Africa. Gli SNMGs sono gruppi navali posti sotto comando e controllo NATO a cui vengono assegnati compiti di pattugliamento e sorveglianza aero-marittima in aree di crisi. rg 22) Palestina/Egitto - EU BAM Rafah (EU Border Assistance Mission on the Gaza - Egypt Border - Crossing - Rafah) ww w. os di fe .o L'Unione Europea, nel quadro del "Palestinian Civil Police Development Programme" (2005 2008) condotto dall'EU COPPS (EU Coordination Office for Palestinian Police Support), ha avviato una missione di assistenza delle Autorità palestinesi nella gestione del valico confinario di Rafah (Rafah Crossing Point - RCP) nella Striscia di Gaza e l'Egitto denominata EUBAM Rafah (EU Border Assistance Mission on the Gaza-Egypt Border-Crossing - Rafah). Tale nuovo impegno europeo scaturisce da un'intesa siglata il 15 novembre 2005 dall'Autorità Palestinese ed Israele, che comprende due accordi denominati "Agreement on Movement and Access" e "Agreed Principles for Rafaj Crossing", al momento applicabile solo al "Rafah Crossing Point" (RFC, sul confine Gaza-Egitto) ma suscettibile in futuro di applicazione a tutti gli accessi alla Striscia e da e per la West Bank. La missione non presenta carattere esecutivo né di "law enforcement", ma consiste esclusivamente in un "third party monitoring role". L'apertura del valico, il primo gestito dall'Autorità Nazionale Palestinese, ha avuto una sua gradualità dal 25 novembre 2005, con un'iniziale apertura di 4 ore al giorno e che tenevano conto di quelle che erano le condizioni della sicurezza. Il personale della missione non è armato ed è ospitato nella vicina città di Askelon, in Israele. Dal 14 marzo 2006, europea in Gaza attuava, il Comandante per motivi di della missione sicurezza e su disposizione delle autorità israeliane, la temporanea sospensione dell'attività di controllo del valico di Rafah, limitazioni (imposte da Israele) al movimento dei monitors ed il trasferimento del personale presso Ashkelon (Israele). Il 25 agosto 2006, dopo alcune settimane veniva riaperto il valico di Rafah. di chiusura, Il 9 maggio 2007 veniva determinata la sospensione delle attività di monitoraggio del valico. .o rg Il 9 giugno 2007 su ordine delle Autorità israeliane veniva chiuso il valico. os di fe 23) Uganda - EUTM Somalia (European Union Training Mission to contribute to the training of Somali security forces) ww w. Tra le iniziative assunte dalla comunità internazionale per la stabilizzazione del Corno d'Africa, con particolare riguardo alla situazione della Somalia e alle relative implicazioni a livello regionale, nel gennaio 2010 il Consiglio Europeo ha approvato l'invio di una missione militare per contribuire all'addestramento delle Forze di sicurezza somale, denominata European Union Training Mission to contribute to the training of Somali security forces (EUTM Somalia). La missione, è schierata in Uganda, con il Mission HeadQuarters (MHQ) presso la capitale Kampala, una base addestrativa (Training Camp) a Bihanga (250 km a ovest di Kampala) ed un ufficio di collegamento a Nairobi, in Kenia. 24) Darfur - UNAMID (African Union/United Nations Hybrid operation in Darfur) La risoluzione 1769 del luglio 2007 del Consiglio 31 di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha autorizzato, sulla base di quanto previsto dal Capitolo VII, la costituzione di una missione ibrida dell'Unione Africana e delle Nazioni Unite denominata UNAMID (African Union/United Nations Hybrid operation in Darfur) per sostenere il processo di pace nella regione. Il Force Headquarters della missione è ubicato ad Al Fasher in Sudan. 25) SIRIA - UNSMIS (UNITED NATIONS SUPERVISION MISSION IN SYRIA) os di fe .o rg A seguito delle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità siriane, unitamente a qualsiasi oltraggio ai diritti umani ad opera di gruppi armati, il Consiglio di Sicurezza ha adottato, all’unanimità, la Risoluzione 2042, con la previsione dell’invio in Siria di un Advanced Team di 30 osservatori in vista del dispiegamento nel Paese di una successiva e più ampia missione di monitoraggio. ww w. Il 18 aprile è stato siglato un Accordo Tecnico tra Siria e Nazioni Unite per disciplinare rapporti, responsabilità e procedure per il funzionamento dell’Advanced Team. Il 21 aprile il Consiglio di Sicurezza ha approvato la Risoluzione 2043 che prevede l’invio di Osservatori in Siria, per un periodo iniziale di 90 giorni, per monitorare il rispetto del cessate il fuoco e l' applicazione del piano Annan accettato dal regime Siriano. La missione denominata UNSMIS (United Nations Supervision Mission in Syria) è composta inizialmente fino a 300 membri tra militari disarmati e civili. Il Consiglio dei Ministri ha autorizzato, in data 8 maggio, una missione di pace di militari italiani in Siria nel ruolo di “osservatori delle Nazioni Unite”, per un massimo di 17 unità. MISSIONI/ATTIVITA’ INTERNAZIONALI DAL 01.01.2012 AL 31.12.2012 – SITUAZIONE AL 15.05.2012 ww w. os di fe .o rg Totale personale impiegato: 6.924 militari (25 attività in 27 Paesi/Aree) (●) Missioni autorizzate dalla legge n. 13 del 24 febbraio 2012: − in neretto i livelli medi di personale previsti per l’intero anno. Totale 6.529 militari − tra parentesi gli effettivi presenti ed aggiornati a fine mese. Totale 6.743 militari. ww w. os di fe .o rg (▲) Missioni non comprese nel provvedimento e personale presente aggiornato a fine mese. Totale 181 militari. Allegato B Operazione Nazionali in corso rg 1) Operazione Strade Pulite ww w. os di fe .o L'Operazione "Strade Pulite" è autorizzata dall'articolo 2, commi 7 e 7-bis, del decreto-legge 23 maggio 2008, n.90 "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123. Le attività svolte dalle Forze Armate in tale ambito fanno capo al Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri preposto alla soluzione dell'emergenza rifiuti nella regione Campania. Per la parte di competenza del Ministero della Difesa il Comando Operativo di vertice Interforze (COI) pianifica e coordina l'Operazione mentre la gestione diretta è assicurata per il tramite del 2° Comando delle Forze Operative di Difesa (dipendente dal Comando delle Forze Operative Terrestri dell'Esercito). Dal 29 novembre 2010 è stato autorizzato il concorso di una Task Force di livello Reggimento, 160 militari e circa 100 mezzi dell'Esercito, portando il dispositivo utilizzato per l'operazione a circa 400 unità. 2) Operazione Gran Sasso ww w. os di fe .o rg La partecipazione delle Forze Armate alle operazioni in soccorso alla popolazione abruzzese è iniziata, sin dalle prime ore dell'emergenza, con l'impiego dei reparti dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri dislocati nella regione. Sono immediatamente intervenuti squadre e mezzi specialistici per la ricognizione ed il primo soccorso tratti dal 9° Reggimento alpini e dal 33° Reggimento di artiglieria terrestre "Acqui" con sede a L'Aquila, dal 123° Reggimento con sede a Chieti e dal Comando regionale CC "Abruzzo". Nel prosieguo dell'emergenza si sono aggiunti assetti specialistici terrestri ed aerei di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri, provenienti da tutto il territorio nazionale. Il 31 marzo 2010 si è conclusa la fase concorsuale del personale delle Forze Armate impegnato per il supporto nelle zone colpite dal sisma. Il 1° aprile 2010, con l'Operazione "Aquila" ha avuto inizio il concorso delle Forze Armate al Commissario delegato (Presidente della Regione Abruzzo) per lo sgombero e il trasporto in specifici siti di stoccaggio delle macerie site all'interno del capoluogo abruzzese. L'attività è svolta in stretta collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile. I concorsi delle Forze Armate in casi di pubbliche calamità consistono nell'impiego di personale, mezzi e materiali in compiti che siano uguali od affini a quelli normalmente svolti. Il ruolo delle Forze Armate è da considerarsi complementare a quello svolto dalla Protezione Civile e dagli altri Dicasteri istituzionalmente preposti ai diversi settori di intervento. La tipologia di impegni è regolata da specifiche disposizioni legislative e direttive del Ministero della Difesa e degli SM della Difesa e di FA, che definiscono procedure, modalità operative, dipendenze e limiti dell'impegno. 3) Operazione Strade Sicure L'Operazione "Strade Sicure", iniziata 2008, è prevista dalla Legge 24 luglio il 4 agosto .o rg 2008, n. 125 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" e dal DL del 1° luglio luglio 2009 n. 78. os di fe Le attività svolte in tale ambito fanno capo ai prefetti di province comprendenti aree metropolitane e/o aree densamente popolate, designati dal Ministero dell'Interno. Il Comando Operativo di vertice Interforze pianifica e coordina l'Operazione interfoze (COI) ww w. mentre la gestione diretta è assicurata per il tramite dei Comandi delle Forze Operative di Difesa dell'Esercito (1° FOD di Vittorio Veneto e 2° FOD di San Giorgio a Cremano), con il concorso di personale di Aeronautica e Marina. Allegato C Operazioni Internazionali Concluse rg 1) Afghanistan ENDURING FREEDOM Task Force NIBBIO L'Operazione "NIBBIO" può essere a ragione considerata una delle più complesse e rischiose missioni compiute dalle Forze Armate Italiane dalla 2^ seconda Guerra Mondiale. La difficoltà deriva innanzitutto dalla notevole distanza del Teatro operativo dalla Madrepatria (circa 6000 Km), che ha imposto un onerosissimo piano di trasporti via aerea, con un impegno complessivo di 96 voli militari e 37 voli civili, per garantire il dispiegamento, il rientro ed il regolare flusso di rifornimento del nostro Contingente. .o 2) Afghanistan - ISAF Operazione Sparviero os di fe Il 5 dicembre 2001 a Bonn i rappresentanti delle diverse etnie afgane firmano la risoluzione 1383, successivamente ratificata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Venne così legittimata la costituzione di una forza multinazionale di pace, l'ISAF, allo scopo di assistere le Autorità Transitorie Afgane nel delicato processo di democratizzazione del paese. ww w. L'obiettivo più arduo è stato quello di creare le condizioni di sicurezza necessarie per il regolare svolgimento delle prime elezioni libere nella storia dell'Afghanistan, straziato da un quarto di secolo di guerre e repressioni. La prima "tornata" elettorale delle presidenziali si è regolarmente svolta il giorno 9 ottobre 2004, concludendosi con l'elezione al 1° turno del già presidente ad interim Hamid Karzai. 3) Africa Occidentale UNOWA Per molti anni, vaste parti dell'Africa occidentale hanno vissuto situazioni di instabilità e di conflitto. Come risultato, la regione ospita un grande numero di operazioni di pace delle Nazioni Unite, nonché attività di sviluppo ed a carattere umanitario. In particolare, il Segretario Generale delle Nazioni Unite - d'accordo con il Consiglio di Sicurezza - ha costituito UNOWA (United Nations Office for West Africa), quale innovativa risposta alle pressanti richieste dei leader degli ECOWAS (Economic Community of West African States) per dare risposta, con un approccio regionale, alle notevoli minacce alla pace ed alla sicurezza nell'area. Questa iniziativa rappresenta un primo tentativo delle Nazioni Unite di decentralizzare le sue attività politiche regionali, e di avviare un'azione nel campo della prevenzione dei conflitti e della costruzione della pace, in modo più ravvicinato alle realtà ed alle esigenze locali. Nel luglio 2002, il Segretario Generale ha nominato Mr. Ahmedou Ould-Abdallah quale suo Rappresentante si è insediato a Speciale. Dakar Nel febbraio 2003, UNOWA os di fe .o rg (Senegal), con lo scopo di sviluppare un approccio regionale integrato delle Nazioni Unite relativamente alla prevenzione e gestione dei conflitti, nonché per promuovere la pace, la sicurezza e lo sviluppo nell'Africa occidentale. ww w. 4) Albania ALBANIA 2- 28° GRUPPO NAVALE In ottemperanza alle direttive governative, intese ad arginare il fenomeno dell’emigrazione clandestina dai porti e dalle coste albanesi verso il territorio italiano e nell’ambito degli accordi bilaterali intercorsi tra il Governo Italiano ed il Governo Albanese, a decorrere dal 15 aprile 1997 e fino al 25 febbraio 2009 è stato costituito il 28° gruppo Navale operante nelle acque territoriali dell’Albania. Il 24 e 25 febbraio 2009 è stato celebrato lo scioglimento del Gruppo Navale dopo dodici anni di attività. 5) Albania - ALBIT L'Operazione ALBIT si inserisce nel più ampio quadro degli accordi bilaterali fra Italia e Albania sottoscritti a Roma il 28 agosto 1997. In particolare, al fine di dare corso al progetto denominato "Scuola di Volo di Valona", finalizzato al miglioramento della capacità logistica ed operativa della Scuola di Volo, attraverso interventi mirati al recupero e riadattamento dell'infrastruttura e della striscia di atterraggio del comprensorio aeroportuale di PISH-PORO, si è reso necessario avviare un'Operazione a carattere esclusivamente nazionale (Operazione ALBIT), che prevede la presenza di un Reparto dell'Aeronautica Militare Italiana a Valona per l'esecuzione del progetto in argomento. rg 6) Albania - NATO HQ TIRANA Alla fine del 2004, con il termine dell'operazione "Joint Forge" in Bosnia Erzegovina, ed il passaggio delle responsabilità delle operazioni militari dalle forze NATO (SFOR) a quelle della Unione Europea (EUFOR), l'Alleanza Atlantica ha raggruppato tutte le attività NATO nell'area balcanica in un unico contesto. Il 5 aprile 2005 iniziava, pertanto, l'Operazione "Joint Enterprise" che comprende le attività della KFOR (Kosovo) e dei NATO HQ di Skopje, Tirana e Sarajevo. Il NATO HQ Tirana, retto da un Senior Military Representative (SMR), era alle dirette dipendenze del Joint Force Command Naples (JFC Naples) e provvedeva al supporto delle Autorità albanesi ed ai coordinamenti tra queste ultime e la NATO. Dall'aprile 2009, con l'ingresso dell'Albania nell'Alleanza Atlantica, il NATO HQ di Tirana è stato riconfigurato come MAIL-T (Military Accession and Integration, Liaison Team). ww w. os di fe .o 7) Balcani - EUMM La Missione Europea di Osservazione (EUMM) fu istituita - inizialmente con la denominazione di ECMM (European Community Monitoring Mission) dalla Comunità Europea nel 1991, in seguito all'Accordo di Brioni del 7 luglio 1991. Dal 1° gennaio 2001, la Missione fu denominata EUMM (European Union Monitoring Mission) e rappresentava lo strumento di Politica Estera e di Sicurezza dell'Unione Europea nei Balcani, alle dipendenze del Consiglio dell'Unione Europea, attraverso Segretario Generale/Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). La Missione aveva sede a Sarajevo ed fu schierata in Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Serbia, Montenegro e Kosovo (FRY) e Macedonia (FYROM). Il Capo Missione, del rango di Ambasciatore, risiedeva a Sarajevo restando in carica per tre anni. Il 18 ottobre 2006, con la chiusura degli Uffici a Sarajevo e il previsto rientro del personale, terminava la partecipazione italiana nella missione. 8) Bosnia Erzegovina European Union Force "Althea" - EUFOR Althea L'Operazione EUFOR "Althea" aveva inizio il 2 dicembre 2004 su mandato delle Nazioni Unite (UNSCR 1551 del 9 lug. 2004), in sostituzione dell'Operazione della NATO "Joint Forge".Nelle prime fasi l'operazione contava circa 6.000 militari, una consistenza che si è progressivamente ridotta con il generale e costante miglioramento del livello di sicurezza e della capacità delle Autorità locali di operare per il mantenimento delle condizioni di pace e stabilità. Dal dicembre 2005 al dicembre 2006 e dal dicembre 2008 al .o rg dicembre 2009, il comando dell'Operazione ALTHEA è stato ricoperto dall'Italia con i Generali di Divisione dell'Esercito Gian Marco Chiarini e Stefano Castagnotto. Nel febbraio 2007 è stata decisa una progressiva riduzione di EUFOR e la chiusura della struttura territoriale basata sulle Multi National Task Forces (MNTFs). Nel novembre 2009 è stato siglato con le controparti locali un "Protocollo di Intesa" per regolare il controllo delle importazioni, esportazioni, transito e il trasporto interno di armi ed equipaggiamenti militari, munizioni, tecnologia duale e materiale nucleare da e per la Bosnia. Tale accordo aveva segnato la cessione di responsabilità, alle autorità bosniache, dell'ultima delle funzioni esecutive derivanti dagli "Accordi di Pace" di Dayton, rimaste sotto il controllo diretto di EUFOR. Il 21 dicembre 2010, con il rientro in Patria dell'ultima aliquota di personale militare, terminava la partecipazione italiana alla missione. ww w. os di fe 9) Bosnia Erzegovina JOINT FORGE (SFOR) La Stabilization Force (SFOR) costituisce lo strumento militare utilizzato dalle Nazioni NATO e del Partenariato per la Pace (Partnership for Peace PfP) per garantire quella cornice di sicurezza necessaria a favorire la normalizzazione della Bosnia-Herzegovina (BiH) tale forze hanno operato prima nell'ambito dell'Op. denominata "JOINT GUARD" e successivamente nella "JOINT FORGE". L'Italia ha contribuito ad entrambe le operazioni con un contributo complessivo di circa 2200 uomini inquadrati, principalmente, nella Brigata Multi Nazionale Nord (BMN-N). Il 15 marzo 2000 è stato completato il processo di ristrutturazione e riorganizzazione di SFOR, noto come "Opzione 2" di SFOR, che, nelle sue linee generali, ha portato ad una riduzione delle Forze dalle 28.000 unità alle attuali 20.000 circa. L'organizzazione del Teatro rimane basata sulla suddivisione dello stesso in tre settori divisionali: settore della Divisione multinazionale Nord (DMN-N); settore della Divisione Multinazionale Sud Est (DMN-SE) il cui Comando da gennaio 2003 è affidato a rotazione ai Paesi che la costituiscono, sotto il cui comando agisce il personale del Contingente Nazionale; settore della Divisione multinazionale Nord Ovest (DMN-SW). A loro volta, le Divisioni, precedentemente organizzate su Unità di Manovra a livello di Brigata, sono state organizzate su Battle Groups (BG), a livello Reggimento. La missione è rimasta sostanzialmente invariata, si concretizza nel mantenimento di una credibile capacità di deterrenza e di progressiva stabilizzazione dell'area con l'obiettivo finale di consolidare a pace ww w. os di fe .o rg e rimuovere la necessità di una presenza militare della NATO in BiH. In tale quadro, SFOR continuerà ad assicurare una adeguata presenza militare in BiH per impedire una eventuale recrudescenza delle ostilità e per contribuire alla realizzazione di un ambiente sicuro. La riduzione numerica delle forze in Teatro ha posto la necessità di conferire alle stesse un adeguato grado di flessibilità e mobilità che dovrà essere acquisito e mantenuto consentendo ai Battle Groups di operare, seppure su basi di contingenza, al di fuori dei rispettivi settori di responsabilità. Su questo tema l'Italia si è dichiarata, nelle Sedi di Bruxelles, disponibile a condividere il principio purché la NATO delineasse in anticipo possibili ipotesi d'impiego delle Forze al di fuori delle rispettive AOR. All'operazione contribuiscono 18 Paesi appartenenti alla NATO e 17 Paesi non-NATO. Il 9 luglio 2004 l'ONU approva la Risoluzione 1551 che, nell'autorizzare la prosecuzione di SFOR per ulteriori sei mesi, accoglie la decisione della NATO di concludere SFOR entro la fine del 2004 e la decisione dell'UE di avviare in Bosnia, da dicembre 2004, una missione a guida UE comprensiva anche di una componente militare. Il 15 luglio 2004 viene reso noto che dopo il termine di SFOR, la NATO manterrà una presenza militare nel Paese con una "Military Liaison and Advisory Mission - NATO HQ Sarajevo", con specifiche competenze quali l'assistenza per la riforma della difesa e per la preparazione per la potenziale adesione del Paese al programma PfP e che la missione a guida UE si chiamerà "ALTHEA". L'11 ottobre 2004 la UE approva la pianificazione operativa di "ALTHEA" e rende noto che "ALTHEA" succederà a SFOR il 2 dicembre 2004. 10) Bosnia Erzegovina - UNMIBH (IPTF) I combattimenti in Bosnia Erzegovina terminarono l'11 ottobre 1995. Da tale data fino al 20 dicembre 1995, il cessate il fuoco fu monitorato dalle forze della missione UNPROFOR (United Nations Protection Force), istituita per consentire i negoziati di pace di Dayton (Ohio, USA). Il 21 novembre 1995 fu siglato a Dayton l'accordo di pace per la Bosnia Erzegovina. L'8 e 9 dicembre 1995 fu nominato, nell'ambito della Conferenza di Londra, l'Alto Rappresentante per l'implementazione dell'accordo di pace in Bosnia Erzegovina. Il 14 dicembre 1995, l'accordo di pace fu firmato a Parigi dalla Repubblica della Bosnia Erzegovina, dalla ww w. os di fe .o rg Repubblica della Croazia e dalla Repubblica Federale della Jugoslavia. Con la firma di tale accordo, i tre Stati balcanici recepivano l'obbligo di condurre relazioni reciproche in linea con i dettami della Carta delle Nazioni Unite, nel pieno rispetto della medesima sovranità di ciascuno di loro entro i propri confini. Conseguentemente, le forze di UNPROFOR furono ritirate per consentire il dispiegamento di una forza di implementazione multinazionale a guida NATO, denominata IFOR (Implementation Force). Oltre alle nomina dell'Alto Rappresentante per l'implementazione dell'accordo di pace in Bosnia Erzegovina, le parti in causa richiesero alle Nazioni Unite la costituzione di una Forza Internazionale di Polizia per garantire il rispetto delle leggi e l'addestramento del personale di polizia locale. Il 20 dicembre 1995 IFOR sostituì UNPROFOR (IFOR fu a sua volta sostituito nel dicembre 1996 da SFOR Stabilization Force attualmente operante), mentre il 21 dicembre 1995 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 1035 decise la costituzione della IPTF (United Nations International Police Task Force) unito ad un ufficio civile delle Nazioni Unite denominato UNMIBH (United Nations Mission in Bosnia and Herzegovina). Nell'ambito degli accordi di Dayton, è stata stabilita, con l'adozione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1035 del 21 dicembre 2001, la costituzione di una forza ONU denominata IPTF con compiti di Polizia Internazionale e giurisdizione in Bosnia Erzegovina. Secondo la prassi ONU, i gruppi d'osservatori sono rigorosamente di composizione multinazionale ed operano disarmati. Il 12 luglio 2002, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato, all'unanimità, la risoluzione n. 1423 che estende il mandato della Missione sino al 31 giugno 2002. 11) Congo - EUSEC RD CONGO (European Union Security Sector Reform Mission in the Democratic Republic of the Congo) Dopo lo svolgimento positivo delle prime elezioni democratiche nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), l’Unione Europea (UE) ha continuato a supportare tale Paese in modo globale e coerente. In seguito ad un invito ufficiale del governo della RDC in data 26 aprile 2005, il Consiglio della UE ha adottato, il 2 maggio 2005, l’Azione Comune 2005/355/PESC relativa all’avvio di rg una missione di consulenza e di assistenza dell’Unione Europea per la riforma del settore della sicurezza nella RDC, denominata "EUSEC RD Congo". Essa era strutturata su un Ufficio con sede a Kinshasa nel quale opera il Capo della Missione (Head of Mission - HOM) ed il personale di staff, nonché un gruppo di esperti dell’UE assegnati, con differenti funzioni, nei posti chiave in seno all’Amministrazione congolese. Il Capo della missione operava in stretta coordinazione con la missione EUPOL RD Congo (anch’essa a guida UE), allo scopo di assicurare una sinergia delle attività dell’UE nella RDC. Alla missione hanno partecipato 36 unità appartenenti a 9 Stati membri dell’UE, così ripartiti: 9 Advisor a livello strategico dislocati a Kinshasa; 27 consiglieri di cui 14 dislocati a Kinshasa e 13 presso gli Stati Maggiori delle Brigate integrate. ww w. os di fe .o 12) Ciad EUROPEAN UNION FORCE "CIAD/RCA" Operazione "Nicole" - Task Force "Ippocrate" La missione EUFOR TCHAD/RCA è stata istituita sulla base della Risoluzione 1778, del 25 settembre 2007, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La forza militare, a guida europea, di circa 3400 unità è stata schierata in supporto alla missione delle Nazioni Unite MINURCAT nella Repubblica Centro Africana (RCA) e nella Repubblica del Ciad. Il controllo politico e la direzione strategica della missione sono stati esercitati dal Political and Security Committee (PSC) dell'UE. L'Operation Headquarters (OHQ) ha operato da Mont Valerien (Francia Parigi) mentre il Force Headquarters (FHQ) da Abechè (Ciad). L'Italia partecipa alla missione, denominata "Nicole", con un dispositivo sanitario nazionale interforze e relativi supporti (Task Force "Ippocrate") e con personale di Staff, nell'ambito dei suddetti Headquarters. EUROFOR TCHAD/RCA si è conclusa il 15 marzo 2009 trasferendo le proprie attribuzioni all'ONU (MINURCAT). 13) Congo - EUFOR RD CONGO A seguito dell'adozione da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU della Risoluzione nr. 1671 del 25 aprile 2006, il Consiglio dell'Unione Europea aveva definito il quadro dell'operazione militare dell'Unione Europea (UE) denominata EUFOR RD Congo. L'operazione assicurava il sostegno della missione di osservazione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (United Nations Organization Mission in the Democratic Republic of the Congo - MONUC) w. os di fe Congo - EUPOL KINSHASA Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la Risoluzione n° 1493 del 28 luglio 2003, esprimeva soddisfazione circa la promulgazione, avvenuta il 4 aprile 2003, della Costituzione di Transizione per la Repubblica Democratica del Congo e della formazione di un Governo di transizione a partire dal 30 giugno 2003. In tale Risoluzione le Nazioni venivano invitate a supportare il processo di stabilizzazione e di mantenimento della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo mediante la costituzione e l'addestramento di una "Integrated Police Unit" (IPU) congolese, nonché fu concordata un'assistenza da parte della missione ONU MONUC (United Nations Organisation Mission in the Democratic Republic of Congo). Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ed il Presidente del Consiglio della Unione Europea (UE), nella dichiarazione congiunta del 29 settembre 2003, nell'esprimere soddisfazione circa la cooperazione esistente tra l'ONU e la UE in materia di gestione (militare e civile) delle crisi, hanno valutato le modalità per la costituzione della IPU a Kinshasa atta a provvedere alla sicurezza del Governo di transizione e delle Istituzioni. Il 15 dicembre 2003, il Comitato Politico e di Sicurezza della UE decideva di supportare la costituzione della IPU attraverso tre fasi: ristrutturazione del centro di addestramento delle forze di polizia congolesi e fornitura di ww 14) .o rg durante il processo elettorale denominata EUFOR RD Congo. Tale operazione, che intendeva garantire il regolare svolgimento delle operazioni elettorali e delle fasi immediatamente successive alla proclamazione dei risultati, doveva avere una durata preventivata non superiore ai 4 mesi e si doveva avvalere di una forza di circa 2800 unità, forniti da Francia, Germania (che assicurò il Comando dell'operazione), Italia, Polonia, Paesi Bassi, Spagna e Svezia. I militari della UE affiancarono i 17.000 caschi blu dell'ONU presenti da tempo in Congo con la missione MONUC. In particolare, la missione disponeva di un Comando Operativo con sede a Postdam (GE), schierava una Forza di deterrenza (EUFOR) con un Comando delle Forze a Kinshasa (RDC) ed una Forza "on call" in Gabon. Inoltre, una Forza in riserva strategica in Europa era disponibile (on call) a un eventuale impiego in supporto. Il 30 novembre 2006 terminavano le attività operative della missione e iniziavano le operazioni, che durarono fino al 15 dicembre, per il redeployment del personale, dei mezzi e delle attrezzature impiegate. ww w. os di fe .o rg equipaggiamenti di base, addestramento del personale e supervisione delle attività della IPU al termine dell'addestramento. Il 1° ottobre 2004 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell'estendere l'impiego della missione MONUC fino al 31 marzo 2005, decideva di supportare il Governo di transizione congolese fino a che la IPU non fosse in grado di assumere il controllo e la responsabilità di assistenza al Governo di transizione finalizzata al mantenimento dell'ordine. A seguito della Azione Comune del Consiglio della UE del 9 dicembre 2004, fu deciso lo schieramento di una Missione di Polizia a guida UE nella Repubblica Democratica del Congo (DRC), denominata EUPOL KINSHASA. La missione, condotta sotto l'egida dell'Unione Europea, si inquadrava negli sforzi che l'UE stava compiendo per ristabilire la sicurezza ed il rispetto delle leggi nella Repubblica Democratica del Congo, in stretta collaborazione con la missione ONU MONUC, e, a seguito di specifica richiesta del governo congolese, di contribuire ad assicurare la protezione delle istituzioni statali e a rinforzare l'apparato di sicurezza interno del Congo mediante la costituzione della IPU. La missione, avviata il 30 aprile 2005 e conclusa il 30 giugno 2007, si configurava come Missione di rafforzamento delle strutture di pianificazione e di gestione delle capacità esecutive della polizia locale, con compiti di addestramento della IPU (circa 1.000 u.) e, al termine di questo, di monitoraggio, supervisione e consulenza della stessa. Alla missione contribuivano, oltre all'Italia, le seguenti Nazioni: Portogallo, Francia, Belgio, Svezia, Svizzera, Turchia, Olanda, Canada ed era aperta al contributo dei Paesi membri e candidati della UE nonché ai Paesi terzi. Il responsabile della Polizia e Capo della missione dipendeva dal Rappresentante Speciale della UE. A far data dal 30 giugno 2007, la missione EUPOL KINSHASA ha terminato le attività ed è stata sostituita dalla missione EUPOL RD CONGO. 15) Congo- MONUC Il personale appartenente alla missione effettua il monitoraggio dell'attuazione del cessate il fuoco, secondo quanto previsto dagli accordi di Lusaka del 10 luglio 1999, e l'effettuazione delle indagini sulle violazioni allo stesso. Il gruppo d'osservatori e le forze delle Nazioni Unite operano in Congo dalla fine del 1999, a seguito dell'approvazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1279 in data 30 novembre 1999. Nell'ambito della missione, l'Italia ha fornito il vice personale di Staff. Comandante ed ha partecipato con Corno d'Africa - MARE SICURO A seguito del verificarsi, nella seconda metà del mese di luglio 2005, di atti di pirateria al largo delle coste somale a danno di mercantili italiani, fu deciso l’impiego nell’area marittima del Corno d’Africa di una unità navale a livello Pattugliatore di Squadra classe Soldati, quale strumento di deterrenza e protezione del naviglio mercantile transitante nell’area. L’impiego dello strumento militare per l’attività in parola prevedeva le seguenti opzioni di intervento: una prima, a carattere preventivo, consistente nella presenza di una unità d’altura al largo della costa somala, durante i transiti del naviglio mercantile nazionale, con compiti di sorveglianza e dissuasione nei confronti di eventuali atti di pirateria, in stretto coordinamento con i Comandi/unità alleate e della Coalizione operanti nell’ambito dell’Operazione "Enduring Freedom"; una seconda di carattere offensivo, come reazione immediata ad un eventuale sequestro, tesa ad assicurare la presenza nell’area di una piattaforma mobile quale base operativa navale per il dispositivo di Forze Speciali, mantenuto in approntamento in Patria, in caso di eventuali azioni nei confronti di naviglio nazionale sotto sequestro. Etiopia – Eritrea - UNMEE Allo scopo di supportare le operazioni di peacekeeping, conseguenti all'accordo di Algeri firmato il 18 giugno 2000 tra Etiopia ed Eritrea per la cessazione delle ostilità iniziate nel maggio 1998 per una disputa sui confini tra i due Paesi, in data 31 luglio 2000 il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1312, con la quale viene autorizzata la costituzione della United Nations Mission in Ethiopia and Eritrea (UNMEE). Nel suo rapporto del giugno 2000 al Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale descrisse l'accordo come il primo ed essenziale passo verso il ristabilirsi della pace fra i due Paesi. Egli informò il Consiglio sulla sua intenzione di inviare un "appropriato" numero di ufficiali di collegamento, cui avrebbe fatto seguito l'invio di un gruppo di osservatori militari. Fu quindi previsto l'invio graduale di 100 osservatori militari delle Nazioni Unite nel corso dei successivi due mesi, in attesa dell'istituzione dell'operazione di peacekeeping ww 17) w. os di fe .o rg 16) rg .o os di fe w. ww delle Nazioni Unite. Il 31 luglio 2000, il Consiglio di Sicurezza, con la risoluzione 1312, decise di istituire la "United Nations Mission in Ethiopia and Eritrea" (UNMEE), consistente in un centinaio di osservatori militari e un certo numero di personale civile di supporto, in previsione della costituzione dell'operazione di peacekeeping, subordinata ad una successiva autorizzazione del Consiglio di Sicurezza stesso. A tale gruppo di osservatori fu affidato il compito di: stabilire e mantenere il collegamento tra le parti in conflitto; visitare i Comandi e siti militari dei due Paesi in tutta l'area di operazione, come richiesto dal Segretario Generale; stabilire ed attuare la procedura per la verifica della cessazione delle ostilità; preparare l'insediamento della Commissione Militare di Coordinamento (Military Coordination Commission) prevista dall'accordo di cessazione delle ostilità firmato il 18 giugno 2000; fornire assistenza nella pianificazione dell'operazione di peacekeeping. Al Segretario Generale fu chiesto di continuare la pianificazione dell'operazione di peacekeeping ed iniziare l'adozione di misure amministrative per la sua costituzione, attesa una successiva autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Riferendo al Consiglio di Sicurezza in data 9 agosto 2000, il Segretario Generale illustrò il mandato della missione allargata e, allo scopo di controllare il rispetto del cessate il fuoco e la demarcazione dei confini tra Etiopia ed Eritrea, raccomandò l'impiego di 4.200 militari, inclusi 220 osservatori militari, tre battaglioni di fanteria e le necessarie unità di supporto. Il rapporto, basato sulle conclusioni della missione di ricognizione delle Nazioni Unite nella regione, raccomandava che, a causa dele scarse infrastrutture e la difficile situazione morfologica del terreno, fossero impiegati aerei ed elicotteri, come pure forze terrestri ed autoblinde. UNMEE doveva comprendere una componente politica, militare, di pubblica informazione, di sminamento e amministrativa, nonché disporre di un meccanismo per il coordinamento delle sue attività con quelle della comunità umanitaria. In ciascuno dei due Paesi in conflitto doveva insediarsi un Rappresentante Speciale a capo del team delle Nazioni Unite, in modo da mantenere stretti contatti con le Autorità politiche e militari di Etiopia ed Eritrea. 18) ww w. os di fe .o rg Gli uffici di Addis Abeba e di Asmara dovevano essere affiancati dagli uffici decentrati di Mendefera (Eritrea Occidentale) e di Mekele (Etiopia Settentrionale). Inizialmente limitato al monitoraggio della cessazione delle ostilità e del ridispiegamento delle forze delle due parti, il mandato di UNMEE è stato esteso con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1430 del 14 agosto 2002 per includervi l'assistenza alla Commissione internazionale per la delimitazione dei confini tra Etiopia ed Eritrea. Dopo successive proroghe del mandato di UNMEE, con la Risoluzione n. 1560 del 14 settembre 2004, il Consiglio di Sicurezza ha ridotto il contingente (un battaglione - dei tre schierati sul confine - in meno, oltre ad una riduzione del 30% del personale del Quartier Generale). Alla missione contribuirono 40 Nazioni. Al tempo stesso, le parti continuarono i negoziati al fine di raggiungere una completa risoluzione pacifica del conflitto. I colloqui, favoriti dal Presidente dell'Algeria Bouteflika, si conclusero il 12 dicembre 2000 ad Algeri con un completo accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea. In tale accordo di pace, le parti accettarono di terminare permanentemente le ostilità militari tra di loro e di astenersi dal minacciare od usare la forza per risolvere le loro controversie. L'accordo prevede, tra l'altro, la costituzione di una "commissione neutrale sui confini" allo scopo di delimitare e marcare il confine del trattato coloniale, nonché la creazione di una "commissione neutrale sui reclami" che decida sulle rivendicazioni di entrambe le parti. La partecipazione italiana alla missione terminò nel dicembre 2005. Fyrom - ALLIED HARMONY Nel corso del 2001, le autorità governative della FYROM (Former Yugoslav Republic of Macedonia) chiesero alla NATO un contributo di forze per il processo di raccolta e distruzione delle armi spontaneamente riconsegnate dall'NLA (National Liberation Army). Per assolvere la missione, fu costituita una Task Force Harvest a guida NATO (circa 4500 uomini) alla quale hanno contribuirono Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Olanda, Spagna e Turchia. L'operazione - denominata "Essential Harvest" - iniziò il 26 agosto e si concluse con il conseguimento della missione il 27 settembre 2001. Successivamente, la comunità internazionale diede avvio ad una attività di monitoraggio in FYROM condotta da Osservatori Internazionali appartenenti all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ed all'Unione ww w. os di fe .o rg Europea (UE). Tali osservatori, nel numero massimo di 200 unità, svolgono la loro attività in piccoli gruppi dislocati sull'intero territorio macedone. La loro sicurezza è assicurata dalle Autorità della stessa FYROM. In tale ambito la NATO, accogliendo una specifica richiesta del Presidente della Repubblica Macedone, decise di sostenere l'attività degli osservatori internazionali. A tale riguardo, il North Atlantic Council (NAC), in data 26 settembre 2001, approvò l'OPLAN 10417, con cui fu autorizzata una nuova operazione in FYROM denominata "Amber Fox", distinta dalla precedente operazione "Essential Harvest" ed indipendente dall'operazione "Joint Guardian" (KFOR). L'operazione "Amber Fox" iniziò il 27 settembre 2001 e la Task Force Fox, a guida tedesca, divenne operativa il 14 ottobre 2001. La missione ed i principali compiti furono distribuiti sui seguenti cinque livelli di supporto agli osservatori internazionali: il livello 1 prevedeva di fornire agli osservatori informazioni debitamente filtrate; nel livello 2 era previsto che il Comando della Task Force Fox organizzasse e rendesse disponibili dei team di collegamento con gli osservatori per assicurare una presenza itinerante; il livello 3 prevedeva un supporto di emergenza in situazioni di pericolo per la vita umana consistente in MEDEVAC (aerea o terrestre) e/o nell'intervento di team EOD, da attuare in modo tempestivo per estrarre il personale osservatore da campi minati o in situazioni similari; nel livello 4 era previsto l'impiego di una forza militare a livello battaglione da dislocare in specifiche località con ambiente incerto e capace di condurre simultaneamente due limitate operazioni di estrazione; il livello 5 costituiva un livello di supporto agli osservatori internazionali da usare per situazioni eccezionali; esso prevede il dispiegamento di forze speciali per il recupero di ostaggi da trasferire eventualmente al di fuori della Macedonia. Il 17 giugno 2002, in seguito alla ristrutturazione voluta da SHAPE, si compì la trasformazione ordinativa-organica di KFOR REAR e del Comando di "Amber Fox" in NATO HQ Skopjie (NHQS). L'operazione "Amber Fox" si è conclusa il 15 dicembre 2002, dando inizio ad una nuova operazione - denominata "Allied Harmony" (OPLAN 10418 di SHAPE) che meglio si adattasse alla ristrutturazione operata dalla NATO nel teatro dei Balcani. Il Comandante del NHQS svolge le funzioni di NATO SMR (Senior Military Representative), alle dirette dipendenze del CINCSOUTH (Joint Force Commander per i Balcani) e da lui dipendono tutte le attività della NATO in FYROM; inoltre, in qualità di rappresentante della NATO in Macedonia, mantiene i contatti con tutte le autorità Nazionali, Internazionali e non governative che operano sul territorio, allo scopo di conseguire la massima sinergia negli sforzi condotti dall'Alleanza nel Paese. L'operazione "Allied Harmony" si è conclusa il 31 marzo 2003; in pari data ha avuto inizio la prima operazione militare dell'Unione europea: l'operazione "Concordia". Fyrom - CONCORDIA Nella Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), è in corso una missione di monitoraggio internazionale condotta dalla European Union Monitoring Mission (EUMM). Tale missione, costituita per decisione congiunta dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e dell'Unione Europea (EU), prevede l'impiego di osservatori internazionali che svolgono la loro attività in piccoli gruppi dislocati sull'intero territorio della FYROM. In data 17 gennaio 2003, il Governo della FYROM ha invitato l'Unione Europea ad assumere la responsabilità della operazione NATO "Allied Harmony" in corso in Macedonia, mantenendo invariati compiti e dimensioni del contingente. La EU ha accolto l'invito ed ha autorizzato l'avvio di una operazione in FYROM che assuma i compiti operativi e di monitoraggio già svolti dalla NATO. Tale operazione, in base all'accordo "Berlin Plus", ricorre ad alcune capacità ed assetti della NATO, pur facendo capo ad una linea di dipendenza autonoma. A tale riguardo, presso il Supreme Headquarters of Allied Powers in Europe (SHAPE) è stato appositamente costituito un EU Operation Headquarters (EU OHQ). A seguito della richiesta del Presidente della Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM) di procrastinare il termine dell'Operazione "Concordia" al 15 dicembre 2003 (inizialmente il mandato terminava il 30 settembre), l'Unione Europea ha accettato la proposta di EUROFOR (coalizione formata da quattro Paesi: FR, IT, PO e SP) di subentrare alla Francia quale Leader nel Force Headquarters (FHQ) di stanza a Skopjie. In relazione al passaggio di responsabilità del Comando dell'Operazione in teatro, tutto il personale francese appartenente allo Stato Maggiore dell'Operazione sarà sostituito con personale dell'EUROFOR. ww w. os di fe .o rg 19) Georgia - EUMM L'Unione Europea, in seguito all'Azione Comune del Consiglio UE n.736 del 15 settembre 2008, aveva disposto il dispiegamento in Georgia, nelle zone adiacenti l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, di una missione denominata European Union Monitoring Mission (EUMM) con HQ a Tbilisi, finalizzata a garantire il monitoraggio di quanto previsto dagli accordi UE - Russia del 12 agosto e dell'8 settembre 2008. L'EUMM ha operato in stretto coordinamento con le missioni già attivate nel Paese dall'OSCE e dall'ONU (United Nations Observer Mission in Georgia UNOMG). Il totale del personale della missione, iniziata il 1° ottobre 2008, ammontava a 320 effettivi di 26 Paesi membri dell'Unione Europea. ww 21) w. os di fe .o rg 20) Fyrom EUPAT - European Union Police Mission (EUPOL) PROXIMA A seguito della Azione Comune del Consiglio della UE n. 681 del 29 settembre 2003, ispirata dalla fact-finding mission congiunta Segretariato - Commissione del 22-30 luglio 2003 decisa dal Comitato Politico e di Sicurezza (COPS), fu deciso lo schieramento di una Missione di Polizia, a guida UE, nella ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (FYROM). La missione, avviata il 14 dicembre 2005 e facendo seguito alla missione EUPOL PROXIMA iniziata 15 dicembre 2003 e che a sua volta era succeduta all'operazione militare "Concordia", si configurava come Missione di dare ulteriore rafforzamento delle strutture di pianificazione e di gestione delle capacità esecutive della polizia locale, con compiti di monitoraggio, di supervisione e di consulenza. Permaneva, infatti, la necessità di un intervento internazionale che favorisse il consolidamento delle Istituzioni della ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (FYROM) deputate alla sicurezza. Nell'ambito degli impegni assunti dalla UE in FYROM, la Missione assicurava il coordinamento e la complementarità dei propri sforzi con i programmi di istitution-building dell'OSCE. La missione, condotta sotto l'egida dell'Unione Europea era aperta anche alla partecipazione di Paesi terzi. Il contingente internazionale era costituito, complessivamente, da circa 30 unità. 22) Haiti - Operazione Caravella La missione venne autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la con la risoluzione n. 1542 del 30 aprile 2004, per fornire un aiuto al Governo di transizione rg nazionale haitiano nel mantenimento dell'ordine e della legge nel paese, per consentire libere e democratiche elezioni, proteggere il personale delle Nazioni Unite, promuovere e garantire i diritti umani. In seguito al violento sisma del 12 gennaio 2010, con la Risoluzione n. 1908 del 19 gennaio 2010, è stata incrementata la consistenza della missione per contribuire alla ricostruzione ed alla stabilità del Paese. Il 13 gennaio 2010, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato deliberato lo stato d'emergenza, al fine di predisporre e partecipare con tempestività agli interventi di aiuto alle popolazioni della Repubblica di Haiti da parte dell'Italia. In tale quadro è stata autorizzata, in un primo momento l'operazione "White Crane" e, successivamente, la partecipazione nazionale alla MINUSTAH, con l'operazione "Caravella". Iraq - ANTICA BABILONIA Nel quadro della lotta internazionale al terrorismo, nel marzo 2003, una coalizione guidata dagli USA aveva intrapreso l'Operazione "Iraqi Freedom" in Iraq per il rovesciamento del regime di Saddam Hussein. A seguito della sconfitta della capacità militare irachena, il 1° maggio 2003 iniziò la fase "post conflitto" (IV Fase dell'operazione "Iraqi Freedom"), che si poneva come obiettivo la creazione delle condizioni indispensabili allo sviluppo politico, sociale ed economico dell'Iraq. A questo scopo era stato costituito un comitato, a guida USA, denominato Ufficio per la Ricostruzione e l'Assistenza Umanitaria (ORHA - Office for Reconstruction and Humanitarian Assistance). Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 22 maggio 2003 aveva approvato la Risoluzione n. 1483 con la quale sollecitava la Comunità Internazionale a contribuire alla stabilità ed alla sicurezza del Paese iracheno. Successivamente veniva costituita la CPA (Coalition Provisional Authority) Autorità Provvisoria della Coalizione che, oltre ad assorbire parte delle funzioni del ORHA, aveva il compito di fornire il necessario supporto finalizzato alla creazione di un nuovo Governo iracheno. La CPA cessava il suo incarico il 28 giugno 2004 con il trasferimento dei poteri al Governo ad interim iracheno. Sulla base di quanto dichiarato dal Ministro Frattini durante l'audizione del 15 aprile 2003 al Parlamento della Repubblica, e dell'intervento, alle Commissioni Esteri e Difesa del Senato e della Camera riunite in seduta congiunta, del Ministro della Difesa, On. Martino, il 14 maggio 2003, veniva messo a punto un piano operativo di emergenza, da una Task ww w. os di fe .o 23) ww w. os di fe .o rg Force interministeriale appositamente costituita e coordinata dal Ministero Affari Esteri, con l'apporto della Difesa e di altri Ministeri. Il 16 ottobre 2003, il Consiglio di Sicurezza approvava all'unanimità la risoluzione (1511 sull'Iraq del 16 ottobre 2003) che gettava le basi per una partecipazione internazionale e delle Nazioni Unite alla ricostruzione politica ed economica dell'Iraq e al mantenimento della sicurezza. Tale risoluzione, adottata ai sensi del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite, si concentrava su tre aree principali: la leadership irachena e il passaggio dei poteri dall'Autorità Provvisoria della Coalizione al popolo iracheno; il mantenimento di condizioni di sicurezza a opera di una forza multinazionale sotto comando unificato; la partecipazione internazionale e delle Nazioni Unite al finanziamento dei progetti di ricostruzione e di ripresa. Essa contemplava tra l'altro che "il conseguimento della sicurezza e della stabilità è fondamentale per riuscire a portare a termine con successo il processo politico" e per far si che le Nazioni Unite lavorassero nel Paese, la risoluzione autorizzava una "forza multinazionale sotto comando unificato a prendere tutti i provvedimenti necessari per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq". La risoluzione disponeva, altresì, che l'Autorità Provvisoria della Coalizione "restituisca, prima possibile, le responsabilità e l'autorità di Governo alla popolazione dell'Iraq" e chiedeva all'Autorità, al Consiglio di Governo iracheno e al Segretario Generale delle Nazioni Unite di tenere informato il Consiglio di Sicurezza sui progressi compiuti. Il 01 marzo 2004 il Consiglio di Governo iracheno approvava la Legge Amministrativa Transitoria, che stabiliva alcuni principi fondamentali che dovevano guidare il processo costituzionale in Iraq. Il documento fu firmato il giorno 8 marzo successivo. Il 01 giugno 2004 si insediava a Baghdad il nuovo Governo Interinale iracheno. L'8 giugno 2004 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvava all'unanimità la Risoluzione 1546 con la quale restituiva, a partire dalla fine di giugno 2004, la sovranità nazionale al popolo iracheno, e su richiesta del Governo provvisorio, rinnovava o l'autorizzazione alla presenza di una Forza Multinazionale. Il 28 giugno 2004 aveva luogo a Baghdad il passaggio di poteri tra la Coalizione ed il nuovo Governo Interinale iracheno. ww w. os di fe .o rg Il 23 novembre 2004 si svolgeva a Sharm El Sheik (Egitto) la Conferenza Internazionale sull'Iraq. Il 30 gennaio 2005 si svolgono le elezioni per l'Assemblea Nazionale Transitoria irachena. Il 16 marzo 2005 si riuniva per la prima volta l'Assemblea Nazionale Transitoria irachena. Il 15 dicembre 2005 si svolgevano le elezioni parlamentari. Allo scopo di dare seguito alle decisioni delle Autorità di Governo nazionale e nelle more delle decretazioni del Sig. Ministro della Difesa relative al processo di disimpegno del Contingente nazionale dalla provincia di Dhi Qar, fu disposto il redeployment graduale della IT JTF entro la fine dell'autunno 2006 e, contestualmente, fu avviato il processo di transizione che portò al trasferimento della responsabilità della provincia alle Autorità locali. In tale quadro, il trasferimento alle autorità irachene della responsabilità della sicurezza della provincia ha avuto inizio con l'Annuncement Day avvenuto il 31 agosto 2006 e, dopo un periodo di transizione, realizzato il 21 settembre 2006. Successivamente l'impegno operativo della IT JTF proseguìo fino al 31 ottobre 2006 con una fase di Operational OverWatch finalizzata a supportare il governo provinciale in caso di necessità soprattutto nelle fasi iniziali di gestione. Il 6 novembre 2006 il Comandante della IT JTF consegnava la base italiana di "Camp Mittica" all'esercito iracheno. In attesa del definitivo rientro in Patria il personale del Contingente si trasferì presso un altro campo italiano, denominato "Little Italy", dislocato nell'ambito della base aerea di Tallil, sempre nell'area di Nassiriyah. Le complesse attività logistiche, iniziate il 23 settembre 2006, che consentirono il rientro in Patria di personale, mezzi e materiali continuarono fino al 30 novembre 2006. Il 1° dicembre 2006, alla presenza del Ministro della Difesa e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, si svolgeva la Cerimonia dell'ammaina bandiera che concludeva l'impegno italiano ad An Nassiriyah. 24) Iraq - Kuwait UNIKOM Il 2 agosto 1990, l'Iraq invase ed occupò militarmente il Kuwait. Lo stesso giorno, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottò la risoluzione n. 660, condannando l'invasione e chiedendo all'Iraq l'immediato ed incondizionato ritiro delle sue forze. Successivamente, il Consiglio di Sicurezza adottò altre risoluzioni 25) ww w. os di fe .o rg per riportare la situazione allo stato iniziale. Infine, con la risoluzione n. 678/1990, per ristabilire la pace e la sicurezza nell'area, venne autorizzato l'uso della forza se, entro il 15 gennaio 1991, l'Iraq non si fosse attenuto a tutte le risoluzioni relative all'occupazione del Kuwait. Il 16 gennaio 1991, le forze armate degli Stati cooperanti con il Governo del Kuwait iniziarono il bombardamento aereo dell'Iraq e, successivamente, il 24 febbraio 1991, iniziò l'offensiva terrestre denominata "Desert Storm". Il 28 febbraio 1991, dopo la liberazione di Kuwait City e il ritiro dal Kuwait delle forze militari irachene, le operazioni offensive furono sospese. Il 3 aprile 1991, il Consiglio emanò la risoluzione n. 687 con la quale fu stabilito il cessate il fuoco e le condizioni per ristabilire la pace. La Missione, istituita con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 689 del 9 aprile 1991, a seguito al ritiro delle forze armate irachene dal territorio del Kuwait, ha il compito di monitorizzare e controllare la fascia smilitarizzata (c.d. DMZ) creata lungo il confine fra l'Iraq ed il Kuwait. Inoltre, è stato deciso che le caratteristiche di questa missione sarebbero state rivisitate ogni 6 mesi, ma senza prendere ogni volta una decisione precisa sul termine della stessa, che sarebbe stato valutato, di volta in volta, a seconda delle condizioni di sicurezza della zona. Il 3 luglio 2003, con la Risoluzione 1490, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha stabilito il termine della missione al 6 ottobre 2003. L'Italia partecipa alla Missione con 1 osservatore militare. La sede del Quartier Generale di UNIKOM è ad Umm Qasr, nell'Iraq meridionale, al confine con il Kuwait. Iraq - NTM La Nato Training Mission Iraq (NTM-I) si è insediata sul suolo iracheno il 14 agosto 2004 in seguito alla richiesta del locale Governo interinale di provvedere all’addestramento, all'assistenza negli equipaggiamenti e all'assistenza tecnica alle Iraqi Security Forces, supportando il Paese nello sviluppo di un settore della sicurezza improntato ai principi di efficacia, stabilità e democrazia. Il lavoro del personale NATO, focalizzato nell'addestramento e nel "mentoring" del personale di staff, è stato mirato allo sviluppo di una robusta e duratura leadership sia a livello strategico che operativo. La NTM-I, inoltre, ha organizzato l'addestramento di personale locale presso le strutture della NATO. La NTM-I è stata supportata e finanziata da tutte le 28 nazioni componenti la w. KOSOVO - UNMIK Il 10 giugno 1999 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 1244 con la quale si autorizzava UNMIK ad iniziare il lungo processo di costruzione della pace, della democrazia, della stabilità e dall'autogoverno nella travagliata provincia del Kosovo. Per conseguire tale obiettivo, UNMIK operò quale amministrazione di transizione per la regione del Kosovo. La sede della Missione era a Pristina. UNMIK fu una missione unica nel suo genere, poiché gestiva le attività di altre organizzazioni non-ONU sotto la completa giurisdizione dell'ONU. La missione era composta sostanzialmente da quattro componenti (cosiddetti Pillar): Pillar I: assistenza umanitaria (sotto la guida di UNHCR, l'Ufficio dell'Alto Commissario per i rifugiati) che si è conclusa alla fine di giugno 2000, a cui ha fatto seguito la componente di polizia e giustizia (sotto la diretta responsabilità delle Nazioni Unite) istituita nel maggio 2001; Pillar II: amministrazione civile (sotto la guida delle Nazioni Unite); Pillar III: sviluppo delle istituzioni democratiche (sotto la guida dell'OSCE, ww 26) os di fe .o rg NATO. Il personale di staff in teatro è stato fornito da 14 Paesi: Albania, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Gran Bretagna, Italia, Lituania, Olanda, Polonia, Romania, Stati Uniti, Turchia, Ungheria ed Ucraina (quest’ultima, membro di “Partnership for Peace”). La missione ha avuto il proprio Quartier Generale nella International Zone (IZ) a Baghdad, presso la Union III Forward Operating Base. Lo staff del Quartier Generale ha operato nelle differenti sedi delle ISF all'interno della IZ per svolgere i compiti di addestramento e di "mentoring". Altre aree di attività sono state: Camp Dublin, dove i carabinieri italiani hanno addestrato la Iraqi Federal Police e la Oil Police; Taji, località situata a circa 30 km di distanza a nord-ovest di Bagdad, dove personale dell'NTM-I ha fornito supporto permanente allo staff della scuola di fanteria per sottufficiali. La NTM-I, il cui contributo è stato pubblicamente riconosciuto, ed apprezzato, dalle autorità irachene, è stata un indiscutibile successo, al quale l’Italia ha contribuito in maniera fondamentale, e che ha permesso alle forze di sicurezza dell’Iraq di operare con autosufficienza e competenza, e di disporre della necessaria base per la creazione e lo sviluppo di forze di sicurezza professionali. l'Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa); Pillar IV: ricostruzione e sviluppo economico (sotto la guida dell'Unione Europea). La missione così strutturata ha permesso di iniziare lo sviluppo delle istituzioni democratiche in Kosovo e gettare le basi a medio e lungo termine per la ricostruzione economica e sociale anche durante la fase di assistenza umanitaria ed emergenza aiuti. Il 29 gennaio 2009, a seguito del termine dell'attività operativa della Missione UNMIK, il personale nazionale impiegato faceva rientro in Patria. La sede della missione rimaneva comunque aperta per motivi di opportunità politica, legati al riconoscimento ufficiale di EULEX. Libia - Unified Protector L’intervento delle forze armate italiane nell’operazione Odissey Down prima ed Unified Protector dopo, trova le fondamenta nelle risoluzioni 1970 e 1973 delle Nazioni Unite approvate dopo i gravi scontri tra le forze di polizia e la popolazione in Libia. La rivolta in Libia sorge sulla scia dei tumulti già accaduti nel mondo arabo e nord – africano: la così detta “primavera araba”. Gli scontri suscitano l’immediato dissenso della comunità internazionale al punto che l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America decidono di applicare sanzioni al governo libico. Le Nazioni Unite si esprimono ufficialmente il 26 Febbraio emanando la risoluzione 1970 che impone l’embargo verso la Libia per interrompere l’importazione delle armi che potrebbero essere utilizzate per reprimere la rivolta. Il progressivo degradarsi della situazione, il susseguirsi di scontri e di vittime tra civili e militari libici spinge le Nazioni Unite ad emanare il 17 Marzo una ulteriore risoluzione: la 1973, in cui viene disposto al Governo libico il cessate il fuoco immediato, viene proclamata una zona d’interdizione al volo sopra la Libia e autorizzato l’impiego di tutti i mezzi necessari per proteggere la popolazione. Alla prima fase dell’intervento denominata Odissey Down interviene anche l’Italia mettendo a disposizione aerei e alcune basi aeree. Il 28 Marzo, la coalizione dei volenterosi impegnata nella Operazione Odissey Down viene inquadrata sotto il Comando NATO e prende la denominazione di Unified Protector. Il comando della operazione passa al Generale Canadese Charles Bouchard che dal JFC (Joint Force Command) di base a Napoli controlla le operazioni navali ed aeree. ww w. os di fe .o rg 27) Le unità della SNMG2 (Standing NATO Marittime Group 2) comandate dal Contrammiraglio Gualtiero Mattesi si schierano nelle acque antistanti la Libia con il compito di far rispettare l’embargo. Gli aerei della NATO, comandati dal Generale Ralph J. Jodice decollano dalle basi messe a disposizione dall’Italia per imporre la No – Fly Zone . L’operazione “Unified Protector”, protrattasi per circa sette mesi, ha avuto termine, in aderenza a quanto sancito dal Consiglio Atlantico, alle 23.59 del 31 ottobre. Mare Arabico - ENDURING FREEDOM A seguito degli attacchi terroristici del 11 settembre 2001 una Coalizione Multinazionale diede avvio ad una campagna contro il terrorismo internazionale, che prese il nome di Operazione “Enduring Freedom” (OEF). L’Operazione, supportata dalle risoluzioni ONU nr. 1368, 1373 e 1386 del 2001, si prefiggeva lo scopo di disarticolare e distruggere l’organizzazione terroristica AL QA’IDA, interdire l’accesso e l’utilizzo, da parte di gruppi terroristici, di Weapons of Mass Destruction (WMD), scoraggiare determinati Paesi a continuare a sostenere, in modo diretto o indiretto, il terrorismo internazionale. L’operazione militare era parte della guerra globale che impegnava la grande coalizione nella lotta contro il terrorismo, denominata Global War Against Terrorism (GWAT). Circa lo sviluppo dell’operazione era stato reso noto che era previsto ed fu più volte detto che la campagna afghana dovesse comportare un impegno lungo. Era previsto che l’operazione si articolasse in fasi successive: 1. la prima fase, che prevedeva lo schieramento delle forze navali ed aeree e l’ingresso di forze speciali, e la seconda, che prevedeva una campagna aerea contro obiettivi talebani e di Al Qaeda, attività umanitarie, il supporto all’Alleanza del Nord e la capitolazione del regime dei Talebani, sono state completate; 2. al rientro del Contingente nazionale era in atto la terza fase, che prevedeva l’impiego di unità di terra, la definitiva pacificazione e stabilizzazione del Paese, la definizione, d’intesa con gli altri Paesi della coalizione, degli strumenti necessari a prevenire il riemergere del terrorismo e a supportare le operazioni umanitarie, l’addestramento dell’Afghan National Army. Circa le attività volte a neutralizzare le sacche di terrorismo ancora presenti, le possibili basi logistiche ed i centri di reclutamento, la fase, dopo un ww w. os di fe .o rg 28) 29) ww w. os di fe .o rg periodo iniziale di intensi combattimenti, stava evolvendo in operazioni di interdizione di area per la completa bonifica del territorio. Queste operazioni condotte mediante pattugliamenti, posti di blocco ed eliminazione delle residue presenze di Al Qaida, sulla base dell’attività di “intelligence”; 3. nel frattempo era già in atto, in alcune aree, una quarta fase dell’operazione, volta alla stabilizzazione e ricostruzione del Paese e caratterizzata da un più spiccato orientamento umanitario. Presso USCENTCOM, era stato attivato il Coalition Coordination Centre (CCC - Centro di Coordinamento della Coalizione) con compiti di collegamento e coordinamento tra i Paesi della Coalizione e l’Alto comando USA. Qui era presente un Team interforze nazionale (Italian Joint Cell – ITJC) con a capo un Generale di Brigata (Italian Senior Military Representation – IT SNR). All’operazione contribuivano 70 Paesi dei quali 27, tra cui l’Italia, avevano offerto “pacchetti di forze” da impiegare, per la condotta dell’operazione militare vera e propria. Il 26.10.2004 l'Ambasciatore USA in Italia, Mel Sembler, insigniva otto piloti di velivolo AV8B Harrier con l'onorificenza statunitense "Air Medal". Il conferimento era stato decretato dal Presidente Bush "per le efficaci e meritorie attività aeree svolte da bordo di Nave Garibaldi in appoggio alla coalizione internazionale nell'operazione "Enduring Freedom" in Afghanistan nel periodo gennaio - febbraio 2002". Dal 28 giugno al 3 dicembre 2006 l’Italia ebbe la leadership della Task Force 152 che con il Gruppo Navale italiano fu al Comando del Contrammiraglio Emilio FOLZER. PaKistan - Operazione Indus La missione denominata "Operazione Indus" (dal nome del maggiore fiume pakistano, l'Indo, sulle cui rive si sviluppò la prima civiltà indiana a partire dal terzo millennio avanti Cristo) si inseriva nel quadro degli aiuti forniti dall'Alleanza Atlantica alle popolazioni del Pakistan, colpite dal violento sisma che ha interessato il sud-est asiatico l'8 ottobre 2005, in uno sforzo operativo e logistico che ha visto l'Italia tra i Paesi membri maggiormente impegnati. La NATO ha immediatamente mobilitato in favore del Paese asiatico diversi assetti della sua Forza di Reazione, tra cui 2 velivoli da trasporto C130J dell'Aeronautica Militare Italiana (già impiegati dalla NATO in occasione dell'emergenza Katrina nel sud degli Stati Uniti) per contribuire al coordinamento (Euro Atlantic Disaster Response Coordination Center) ed all'invio dei diversi rg aiuti nazionali nella regione colpita dal sisma. Il Joint Command NATO di Lisbona coordinava l'intervento di contingenti militari sul terreno per avviare la seconda fase di aiuti che prevedeva il supporto alla ricostruzione delle infrastrutture di base. L'Italia ha avuto dunque l'onere delle operazioni di soccorso e ricostruzione nell'area di Bagh, città di 100.000 abitanti, situata circa 100 km a nord-est di Islamabad, nel Kashmir pakistano, completamente rasa al suolo dal sisma. Un primo team di militari giungeva in Pakistan il 20 novembre, per la ricognizione dei luoghi e per favorire l'arrivo del resto del contingente. Le unità operative iniziarono ad affluire, per via aerea, nei giorni successivi, in concomitanza con l'arrivo presso il porto di Karachi dei loro mezzi imbarcati a Civitavecchia. Come annunciato dalla NATO il 16 gennaio 2006, la missione terminava il 1° febbraio 2006. Sudan PROCESSO DI PACE IN SUDAN Il Governo del Sudan ed il Movimento di Liberazione Popolare attivo nel sud del Paese - Sudan People's Liberation Movement/Army (SPLM/A) - da oltre due decenni in conflitto tra loro, nel periodo 18-20 luglio 2002 si sono incontrati a Machakos, in Kenya, sotto gli auspici dell'Autorità Intergovernativa sullo Sviluppo, denominata Intergovernmental Authority on Development (IGAD), organizzazione regionale africana promotrice di un processo di pace per il Sudan. Al Meeting hanno anche partecipato gli Stati Uniti d'America, il Regno Unito, la Norvegia e l'Italia, ammessi al processo di pace come osservatori. In quella sede, le due Parti hanno concordato di operare insieme per portare a soluzione il conflitto che aveva causato incalcolabili sofferenze alla popolazione di tutto lo Stato, in particolare nel Sud, e gravi conseguenze negative sull'economia del Paese. Convinte, dall'evidenza della situazione sul campo, di non avere i mezzi per risolvere la questione con le armi, le due Parti si sono dichiarate disposte a ricercare una soluzione pacifica che fosse di soddisfazione per entrambe. A tal fine, le Parti hanno concordato con l'IGAD di dare il via a continue sessioni negoziali che affrontassero una dopo l'altra tutte le maggiori problematiche riferibili alla natura giuridica del nuovo Stato, alle religioni islamica (al nord) e cristiana (al sud), al diritto all'autodetermnazione del popolo del Sudan meridionale, alla ripartizione della ricchezza (Wealth Sharing) e del potere (Power Sharing) e al rispetto dei diritti umani, ww w. os di fe .o 30) 31) Sudan - UNMIS os di fe .o rg spesso calpestati da entrambe le Parti nei lunghi anni del conflitto. Da allora, i colloqui hanno registrato un sostanziale progresso e sono stati raggiunti rilevanti risultati, grazie soprattutto all'efficace azione negoziatrice dell'IGAD. Il 15 ottobre 2002 le parti hanno firmato un Memorandum Of Understanding (MOU) di base con il quale si sono accordate su un "cessate il fuoco" per assicurare al negoziato un clima sereno e collaborativo. Successivamente, il Governo del Sudan ed il SPLM/A hanno siglato il 18 ottobre 2002 un MOU sulle forme del futuro governo ed il 4 febbraio 2003 è stato sottoscritto un comunicato congiunto in cui si rafforza la volontà di rispettare il cessate-il-fuoco, nonché un Addendum al citato MOU di base ove si istituisce, quale strumento operativo per il negoziato, un Verification and MonitoringTeam (VMT) - basato sul pre-esistente Civilian Protection Monitoring Team (CPTM) - autorizzato a visitare ogni area nella quale si lamenti un'avvenuta violazione della cessazione delle ostilità commessa sul territorio da una delle due Parti, per effettuare investigazioni sulle responsabilità. ww w. Missione di peace-keeping autorizzata dalla risoluzione ONU nr. 1590 in SUDAN con l'impiego della Multinational Standby Force High readness Brigade - Shirbrig per "dare sostanza all'accordo di pace firmato a Nairobi nel gennaio 2005 tra il governo sudanese e il "Sudan People's Liberation Movement/Army". La Shirbrig è una Brigata multinazionale nata nel 1997, con sede vicino Copenaghen, che costituisce lo strumento operativo di pronto impiego dell'ONU. In 9 gennaio 2005 il Governo Sudanese e il Movimento Popolare per la Liberazione del Sudan (Sudan People's Liberation Movement/Army SPLM/A) hanno firmato a Nairobi in Kenia un accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement - CPA) che stabilisce le norme per la divisione del potere tra il Nord ed il Sud del Sudan, il raggiungimento di una spinta autonomia del Sud tra 6 anni (2011), la spartizione delle risorse naturali, la sicurezza del Paese ed il ritiro delle truppe appartenenti alle parti contrapposte dalle aree di occupazione. Accordo che pone fine ad una guerra, iniziata negli anni 80, che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di persone. A seguito del mancato rispetto degli accordi previsti dal CPA, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha emanato il 24 marzo 2005 la Risoluzione 1590 che prevede, tra l'altro, l'impiego di una forza militare multinazionale, su base Shirbrig, autorizzata ad avviare la missione UNMIS "United Nation Mission in Sudan". UNMIS costituisce una classica missione multinazionale ex Capitolo VI della Carta delle nazioni Unite, basata sul consenso delle parti e finalizzata ad aiutare le stesse nell'attuazione dell'accordo di pace (CPA). Nell'ambito della missione è previsto l'impiego di 10mila uomini (di cui 750 Osservatori e 715 Military Police), con il Comando della spedizione dislocato nella capitale Khartoum dove sono stati schierati anche i militari italiani. Il 5 luglio, con il rientro in Patria del personale, terminava la partecipazione italiana alla missione. Somalia AMISOM (African Mission in Somalia) Alla caduta del regime dittatoriale di Siad Barre nel 1991, sono seguiti quindici anni di disordini in tutta la Somalia ed i numerosi pretendenti alla guida del Paese si sono combattuti senza però riuscire a controllare l'intero territorio. La lotta per il potere contrappose diversi gruppi tribali, in un crescendo di violenza accompagnato peraltro da una terribile carestia. Gli anni di disordini hanno reso la Somalia un Paese ingovernabile e senza controllo; tale situazione di completo disordine portò la popolazione ad una povertà estrema alla mercé delle milizie dei vari warlords che imperversarono per anni in gran parte del sud del Paese (zona fertile ed agricola della Somalia). I "signori della guerra" peraltro costrinsero al ritiro i caschi blu dell'ONU nel 1995 ed il fallimento della missione UNOSOM. La fine degli anni '90 fu caratterizzata da intensi scambi diplomatici che portarono agli accordi fra ventisei fazioni (1997), alla Conferenza di pace di Gibuti (2000), ed alla Conferenza di pace di Mbagathi (2002). Nel 2004 il processo di pacificazione in Somalia sembrava avviarsi ad una conclusione; in questo senso vennero eletti dalla IGAD (Intergovernmental Authority on Development, l'organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d'Africa) un parlamento federale e furono nominati un Presidente "ad interim" (Abdullah Yusuf) ed un Governo, il Governo Federale di Transizione (Primo Ministro Mohamed Geddi). Queste deboli istituzioni tuttavia non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese, anche a causa della presenza dei "warlords" di Mogadiscio, contrari alla formazione di un governo di transizione. ww w. os di fe .o rg 32) ww w. os di fe .o rg Nell'estate del 2006 giunse una nuova crisi; le milizie controllate dalle Corti islamiche cacciarono da Mogadiscio, con l'appoggio della popolazione civile, i "warlords" e presero il controllo della parte centro-meridionale del Paese. Per contrastare la loro avanzata e impedire il rovesciamento del governo provvisorio somalo, internazionalmente riconosciuto, l'esercito etiope accorse in aiuto dell'esercito governativo somalo, sostenuto anche da Uganda, Yemen e Kenya, che però si rifugiò a Baidoa (a circa 250 chilometri da Mogadiscio) perdendo, di fatto, il controllo della Capitale. A tale riguardo, venne condotta, senza risultati, una intensa attività diplomatica sotto la mediazione di IGAD, Lega araba e ONU, per cercare di raggiungere un accordo tra le Corti islamiche ed il governo provvisorio. Nell'impossibilità di trovare una soluzione al problema della Somalia, il 6 dicembre 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò la Risoluzione 1725, che diede il via libera formale allo schieramento in Somalia di una forza internazionale regionale, denominata IGASOM (sotto gli auspici dell'IGAD), con il compito di "monitorare e mantenere la sicurezza a Baidoa". Pochi giorni dopo si acuirono gli scontri tra le milizie delle Corti islamiche e le truppe fedeli al governo provvisorio di Baidoa. Alla fine di dicembre 2006, le truppe etiopi, intervenute pesantemente a sostegno del governo, entrarono nella capitale somala dopo pochi ma violentissimi giorni di guerra. A seguito della sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche (dic.2006-gen. 2007), la Comunità Internazionale iniziò a pensare ad una presenza militare in Somalia, sotto il mandato delle Nazioni Unite, aperta anche alla partecipazione di altre Nazioni africane non necessariamente legate all'IGAD; in tal senso, il 19 gennaio 2007 il Consiglio di Sicurezza dell'Unione Africana (UA) si espresse favorevolmente circa il dispiegamento di una forza militare di pace in Somalia per un periodo di iniziale di 6 mesi. A tale nuova missione, denominata AMISOM (African Mission to Somalia), la cui fase operativa ha avuto inizio il 12 febbraio 2007, partecipano circa 8.000 u. appartenenti a 6 Paesi (Burundi, Ghana, Malawi, Nigeria, Tanzania ed Uganda). Tale missione è stata successivamente autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la Risoluzione 1744 del 21 febbraio 2007, per un periodo iniziale di 6 mesi. Nei primi giorni di marzo 2007, giunsero a Mogadiscio le truppe ugandesi della missione AMISOM, incaricate di controllare la capitale e contrastare il ritorno delle milizie islamiche. Era atteso per i mesi successivi l'arrivo nel Paese del resto dei "caschi verdi" (con truppe provenienti da Nigeria, Ghana, Malawi e Burundi) componenti le forze di pacificazione. Nonostante l'arrivo delle truppe ugandesi, gli scontri aumentarono di intensità (anche contro gli stessi "caschi verdi"). La situazione a Mogadiscio precipitò nel caos come non accadeva da anni, con il perdurare di violenti scontri tra truppe etiopi, governo di transizione e nuovamente i signori della guerra da un lato e milizie islamiche dall'altro. Si registrarono migliaia di morti e feriti e circa 400.000 sfollati dalla capitale. ww w. os di fe .o rg 33) Sudan AMIS II (Unione Europea in supporto della African Mission in Sudan) Le origini del conflitto nel Darfur vanno ricercate nel quadro delle tradizionali tensioni interetniche tra le tribù africane dei Fur, Zaghawa e Masalit - a carattere stanziale e agro-pastorale - e le tribù nomadi di origine araba, in un ambito di risorse naturali profondamente scarse. Tali fattori storici e tradizionali si inseriscono nel contesto conseguente al processo di pace tra il Nord-arabo ed il Sud-africano del Sudan dopo circa 40 anni di guerra civile, con un riassetto e riequilibrio di poteri da cui il Darfur è rimasto sostanzialmente escluso. In tale scenario, nel febbraio 2003, 3 gruppi a base etnica africana hanno costituito 2 diverse formazioni ribelli - il Sudan Liberation Movement/Army (SLM/A) ed il Justice and Equality Movement (JEM) - ricorrendo alle armi per protestare contro l'esclusione dai negoziati di pace in corso tra Nord e Sud, le insufficienti risorse destinate dal Governo centrale al Darfur e la mancata protezione dei villaggi africani dalle razzie delle tribù nomadi. Il Governo di Khartoum ha risposto armando e sostenendo militarmente le milizie Janjaweed (bande di cammellieri d'origine araba) contro le tribù di etnia africana. La guerra civile che ne è scaturita ha prodotto la più grave crisi umanitaria dal 1998, caratterizzata da una persistente violazione dei diritti umani delle popolazioni civili. Nel frattempo, nel resto del Sudan si sono registrati importanti progressi nel processo di pace tra il Governo di Khartoum ed il principale gruppo ribelle del Sudan meridionale, il Sudan People's Liberation Army (SPLA). A Nairobi, in Kenia, il 9 gennaio 2005 è stato infatti firmato uno storico accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement CPA), che pone le basi per la risoluzione del conflitto tra il Nord ed il Sud del Paese; conflitto che se si esclude il periodo tra il 1972 e il 1983 - ww w. os di fe .o rg si è protratto fin dall'indipendenza del Sudan, nel 1956. Gli accordi di pace, però, non hanno interessato il Darfur, dove la situazione umanitaria è rimasta drammatica. Il 24 marzo 2005, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato una Risoluzione con cui ha istituito la Missione di pace ONU in Sudan (UNMIS). Nel Darfur, la firma dell'Accordo Umanitario sul Cessate il Fuoco (Humanitarian Ceasefire Agreement HCFA) fra le due parti in lotta, in data 8 aprile 2004, ha rappresentato un momento decisivo nel decorso del conflitto in atto da anni nella regione. Questo accordo, infatti, ha consentito lo schieramento, a partire dall'estate del 2004, di un Contingente dell'Unione Africana (UA), costituito da unità militari di Nigeria, Ruanda, Kenia, Sudafrica, Gambia e Senegal, nell'ambito della cosiddetta "Missione dell'Unione Africana in Sudan" (AMIS), che dispone anche di osservatori, elementi di polizia e personale civile. Dopo il suo avvio, già dall'autunno successivo, l'Operazione è stata potenziata, assumendo la denominazione ufficiale di AMIS II e costituendo la DITF (Darfur Integrated Task Force). Essa si articola su di un Comando della Missione (Mission HQ) sito a Khartoum, un Comando della Forza (Force HQ) ubicato a El Fasher, nel Darfur, ed 8 Comandi di settore di livello battaglione ripartiti sul territorio della regione (El Fasher, Tine, Kutum, Kabkabiya, Nyala, El Daein, ElGeneina, Zallinge). A tutt'oggi, AMIS II schiera circa 2.500 uomini, di cui 2.100 militari (450 dei quali sono Osservatori), 250 agenti di polizia ed il resto personale civile di supporto. Il mandato della Forza AU è di controllare il cessate il fuoco e di proteggere gli Osservatori. Essa, infatti, non dispone né dell'autorizzazione, né di assetti in numero sufficiente per poter proteggere la popolazione civile, fatti salvi gli interventi in caso di constatazione di una minaccia imminente per le vite umane. Il Consiglio per la Pace e la Sicurezza dell'UA, a conclusione della riunione ad Addis Abeba, ha deciso di sostenere il trasferimento della Missione UA in SUDAN (AMIS) sotto l'egida di una missione dell'ONU. L'UA ha ritenuto, inoltre, di estendere fino al 30 giugno 2007 il mandato dell'AMIS in DARFUR. L'Unione Europea (UE) contribuisce ad AMIS II con finanziamenti e personale impiegato in qualità di osservatore, nell'ambito della Cease Fire Commission (presieduta da un membro dell'Unione Africana) o degli staff di pianificazione dell'UA nel contesto della Darfur Integrated Task Force (DITF). In particolare, l'Unione Europea contribuisce con un rappresentante nella Cease Fire Commission, in qualità di Vice-Chairman, oltre ad Ufficiali osservatori di Danimarca, rg Francia, Irlanda, Italia, Olanda, Svezia e Regno Unito, oltre ad esperti militari e di polizia provenienti da Austria, Danimarca, Francia, Italia, Olanda, Svezia e Regno Unito. L'assistenza tecnica dell'UE si è concretizzata altresì nel supporto all'Unione Africana nello sviluppo del suo Centro di situazione, nonché nell'addestramento/preparazione del personale di determinati Paesi contributori. A seguito di specifica richiesta dell'Unione Africana alla NATO di supporto logistico alle operazioni nel Darfur, dal mese di luglio 2005 l'Alleanza Atlantica ha deciso di offrire il proprio contributo in termini di trasporto aereo per la rotazione delle forze militari dell'UA impiegate in teatro. La NATO ha, inoltre, fornito il proprio contributo in termini di addestramento degli Ufficiali di staff dell'UA nella gestione di un HQ e nella gestione delle informazioni relative all'operazione. Sudan UNMIS Operazione Nilo Missione di peace-keeping autorizzata dalla risoluzione ONU nr. 1590 in SUDAN con l'impiego della Multinational Standby Force High readness Brigade - Shirbrig per "dare sostanza all'accordo di pace firmato a Nairobi nel gennaio 2005 tra il governo sudanese e il 'udanese People Liberation Army". La Shirbrig è una Brigata multinazionale nata nel 1997, con sede vicino Copenaghen, che costituisce lo strumento operativo di pronto impiego dell'ONU. In 9 gennaio 2005 il Governo Sudanese e il Movimento Popolare per la Liberazione del Sudan (Sudan People's Liberation Movement/Army SPLM/A) hanno firmato a Nairobi in Kenia un accordo di pace (Comprehensive Peace Agreement - CPA) che stabilisce le norme per la divisione del potere tra il Nord ed il Sud del Sudan, il raggiungimento di una spinta autonomia del Sud tra 6 anni (2011), la spartizione delle risorse naturali, la sicurezza del Paese ed il ritiro delle truppe appartenenti alle parti contrapposte dalle aree di occupazione. Accordo che pone fine ad una guerra, iniziata negli anni 80, che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di persone. A seguito del mancato rispetto degli accordi previsti dal CPA, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha emanato il 24 marzo 2005 la Risoluzione 1590 che prevede, tra l'altro, l'impiego di una forza militare multinazionale, su base Shirbrig, autorizzata ad avviare la missione UNMIS "United Nation Mission in Sudan". UNMIS costituisce una classica missione multinazionale ex Capitolo VI della Carta ww w. os di fe .o 34) ww w. os di fe .o rg delle nazioni Unite, basata sul consenso delle parti e finalizzata ad aiutare le stesse nell'attuazione dell'accordo di pace (CPA). Nell'ambito della missione è previsto l'impiego di 10mila uomini (di cui 750 Osservatori e 715 Military Police), con il Comando della spedizione dislocato nella capitale Khartoum dove sono stati schierati anche i militari italiani. Allegato D Operazioni nazionali concluse 1) Operazione Giotto 2009 ww w. os di fe .o rg L'Operazione "Giotto 2009" è stata prevista nell'ambito del Decreto PCM del 21/9/2007, dell'Ordinanza PCM n.3629 del 20/11/2007 e successivi provvedimenti, tra cui il Decreto del PCM del 23/4/2009 che portò la sede del vertice G8 da La Maddalena a L'Aquila. Le attività svolte per la "Giotto 2009", quale contributo delle Forze Armate alla realizzazione del dispositivo di sicurezza del Summit, sono state coordinate dal Centro Decisionale Interministeriale di Coppito (AQ), tramite il Comandante del Comando Operativo di vertice Interforze (COI), Generale C.A. Giuseppe Valotto, in qualità di rappresentante della Difesa. La condotta dell'operazione è stata assicurata per il tramite di un comando campale, agli ordini del Generale D.A. Tommaso Ferro (COMFOR), schierato a L'Aquila all'interno della caserma "F. Rossi", sede del 9° Reggimento alpini. La "Giotto 2009" si è conclusa il giorno 11 luglio 2009, a conclusione del Summit.