Intervento dell`Amb. Ragaglini in merito alla revisione della

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Rappresentanza Permanente d'Italia all'ONU
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General Assembly - Informal meeting on the 2010 review of the Peacebuilding Commission - Statement by the
Permanent Representative of Italy H.E. Ambassador Cesare Maria Ragaglini (February 17, 2010)
17/02/2010
Signor Presidente, La Peace Building Commission (PBC) e’ forse l’organo con la mission piu’ ambiziosa dell’intera
architettura ONU: costruire la pace e la stabilita’ in un Paese emerso da un conflitto. A cinque anni dalla sua
istituzione, tuttavia, la domanda che dobbiamo porci e’ se la sua posizione, i suoi mezzi e la sua “leverage” nell’ambito
del sistema siano adeguati per eseguire il mandato affidatole.
L’Italia concorda su quanto sottolineato dal Rappresentante dell’Unione Europea e richiamato da diverse delegazioni.
In particolare, la PBC dovra’ concentrarsi su un numero piu’ limitato di aspetti essenziali per la stabilizzazione di un
Paese, tra cui il rafforzamento della sicurezza, dello stato di diritto e della pubblica amministrazione; dovra’ rilanciare
il coinvolgimento delle Autorita’ nazionali, “titolare” legittimo del processo di sviluppo e di stabilizzazione; dovra’
coinvolgere sempre piu le Istituzioni Finanziarie internazionali. Ma occorre avere il coraggio di andare oltre. Signor
Presidente, esiste un consenso generale sul ruolo “ponte” che la PBC deve svolgere tra sicurezza e sviluppo; tra
conflitto e stabilizzazione; tra crisi e normalita’. Esiste anche un comune sentire sulla necessita’ di considerare
peacekeeping e peacebuilding, fin dall’inizio, come facce di una stessa medaglia. Il dibattito su transizione ed exit
strategies svoltosi in Consiglio di Sicurezza la settimana scorsa ha registrato, con grande efficacia e tempismo, tali
indicazioni. L’obiettivo di una missione di pace, superata la fase di conflitto, e’ quello di creare le condizioni di
sicurezza per la ripresa di un Paese. Ma tale ripresa non si regge su un intervento separato, ex post, di elementi civili
(quali, ad esempio, esperti di diritto e pubblica amministrazione, addestratori di forze di polizia). Tali elementi
dovrebbero integrare fin dall’inizio la strategia, l’avvio, ilmonitoraggio di una missione di pace. Come assicurare e
favorire a livello strategico e per tempo tale approccio integrato? L’Italia crede che la risposta politica a tale
interrogativo risieda in uno status rafforzato della PBC nel quadro dell’architettura istituzionale delle Nazioni Unite e,
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in particolare, nei suoi rapporti con il Consiglio di Sicurezza. Occorre identificare procedure e meccanismi per cui, pur
nel rispetto dei rispettivi ruoli, il coinvolgimento della PBC nella definizione, esecuzione e revisione dei mandati di
una missione di pace venga “istituzionalizzato”. Nella consapevolezza dell’impossibilita’ di rendere “vincolante” il
parere della PBC, dovremmo essere coerenti con la sua mission e prevederne almeno un “obbligo” di consultazione
ogni qual volta il destino di una missione di pace sia in esame. Signor Presidente, il processo di riesame avviato oggi in
Assemblea Generale sul futuro della Peace Building Commission e’ un’occasione che non possiamo lasciarci sfuggire.
Il mandato della PBC e’ legittimo, ambizioso e molto, molto difficile da eseguire. Per renderlo realistico (e meno
retorico), occorre coerenza, trasparenza e determinazione, da parte dell’intera membership. Grazie.
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