La mitologia che parliamo - EUM

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La mitologia che parliamo - EUM
11/03/14
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La mitologia che parliamo
Personaggi ed episodi mitologici nell'italiano corrente
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Il libro si rivolge a studenti e persone interessate a un utilizzo corretto e
consapevole della lingua italiana. Si articola in un’introduzione e una serie di
lemmi. L’introduzione è dedicata ai veicoli (letteratura, arte, scuola, mass
media, ecc.) che hanno favorito la diffusione dei modi di dire mitologici.
Nei singoli lemmi si presentano i fatti / i personaggi evocati nei singoli modi di
dire, il periodo storico d’ingresso di questi nella lingua italiana, i significati usuali.
A conclusione dei singoli lemmi, è posta in evidenza una breve silloge di modi
di dire in uso nei più diffusi giornali italiani.
Arricchiscono il volume i disegni di Faliero Tamburi: ricavati dalle grandi
opere d’arte, evidenziano il collegamento, per altro in costante evoluzione,
tra mitologia, arte e lingua.
Innocenzo Mazzini, già ordinario di storia della lingua latina ha seguíto, nella
sua ricerca, tre filoni: storia della lingua latina, storia della medicina antica,
presenza dell’antico nel contemporaneo. Ha pubblicato una decina di volumi
e un centinaio di articoli in riviste scientifiche e di carattere divulgativo,
italiane ed estere.
Tra i volumi più recenti: La Medicina dei Greci e dei Romani, voll. I e II, Roma 1997
(Jouvence); Storia della lingua latina e del suo contesto, voll. I e II, Roma 2007 e 2010
(Salerno Editrice); Letteratura e medicina nel mondo antico, Roma 2011 (Casa editrice
Università La Sapienza).
eum edizioni università di macerata
In copertina:
Atlante Farnese
€ 16,00
ISBN
978-88-6056-385-9
Innocenzo Mazzini
1
Innocenzo Mazzini
Illustrazioni
Faliero Tamburi
eum > mitologia > lingua italiana
La mitologia che parliamo
imiti_rev2.pdf
La mitologia
che parliamo
Personaggi ed episodi mitologici
nell'italiano corrente
eum > mitologia > lingua italiana
Innocenzo Mazzini
La mitologia che parliamo
Personaggi ed episodi mitologici nell’italiano corrente
con illustrazioni di Faliero Tamburi
eum
In copertina: Atlante Farnese
isbn 978-88-6056-385-9
Prima edizione: marzo 2014
©2014 eum edizioni università di macerata
Centro Direzionale, via Carducci 63/a – 62100 Macerata
[email protected]
http://eum.unimc.it
Indice
7 Premessa
9 Introduzione
Miti e modi di dire
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Achille
Adone
Amazzone
Amore / Cupido / Eros
Apollo
Argo
Arianna
Arpia
Baccante / Menade
Bacco / Dioniso
Cassandra
Centauro
Cerbero
Chimera
Ciclopi
Circe
Dedalo
Dioscuri
Discordia
Edipo
Egida
Egeria
Ercole
Fenice (Araba Fenice)
Fortuna
Furia / e
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Ganimede
Giganti
Icaro
Labirinto
Mentore
Mida
Morfeo
Musa
Narciso
Nemesi
Nesso
Olimpo
Pandora
Penelope
Pigmalione
Priapo
Procuste
Prometeo
Proteo
Satiro
Scilla e Cariddi
Sfinge
Sibilla
Sirene
Sisifo
Tantalo
Titani
Troia
Venere
79 Piccolo glossario mitologico
81 Bibliografia essenziale
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LA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
PREMESSA
L’autore del presente volume si propone
tre obiettivi:
1. aiutare il parlante comune a percepire
il senso di parole e modi di dire correnti
(non sempre colloquiali), connessi esplicitamente a personaggi e avvenimenti
mitologici. Esistono anche modi di dire
che alludono a fatti e personaggi della
mitologia antica senza richiamarli esplicitamente; di questi solo un rapido cenno
nel punto 6 dell’introduzione;
2. fornire cenni essenziali su fatti, personaggi e storie mitici evocati nelle varie
locuzioni;
3. permettere al profano di intravedere,
nella sua lingua d’uso, la presenza viva
dell’antico e di prendere coscienza della
ricchezza culturale di cui è erede.
In funzione di questi tre obiettivi, il libro
è diviso in tre parti: introduzione, lemmi
ordinati alfabeticamente, piccolo glossario. Una bibliografia essenziale conclude
il volume.
Nell’introduzione si risponde ad alcuni
quesiti che possono venire spontanei
in merito alle dinamiche di formazione,
evoluzione e trasmissione delle locuzioni
correlate al mondo mitologico antico.
I lemmi sono ordinati alfabeticamente in
base al nome del personaggio o fatto mitologico e si articolano come segue: modi
di dire e/o singole forme correnti, presentazione essenziale del personaggio o fatto mitico, ingresso nella lingua letteraria
e nella lingua corrente delle varie locuzioni, mini raccolta di frasi recenti tratte
da quotidiani e riviste di larga diffusione.
I disegni di Faliero Tamburi che corredano
quasi tutti i lemmi sono ispirati a dipinti
o sculture di grandi artisti, dall’antichità
ai nostri giorni. Essi, oltre ad abbellire il
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
volume, rendono evidente al lettore sia la
massiccia presenza della mitologia antica nella storia dell’arte occidentale, sia il
contributo dell’arte alla formazione e al
perdurare dei singoli modi di dire.
Nel mini glossario si forniscono essenziali definizioni di personaggi e concetti
mitologici, le cui caratteristiche possono
non essere evidenti nel contesto in cui
ricorrono.
L’autore si è posto un preciso limite: segnalare, decodificandoli, solo quei modi
di dire e forme linguistiche correlati alla
mitologia greco-romana, in uso nella lingua corrente. Per lingua corrente si intende, in questo caso, quella in uso presso i
quotidiani e le riviste di più larga diffusione nazionale, quali l'Avvenire, il Corriere della sera, l’Espresso, il Giornale, la
Repubblica, l’Unità, La Stampa, ecc. Non
sono state prese in considerazione quelle
locuzioni o modi di dire che sono in uso
esclusivamente nei vari linguaggi tecnici,
per es. quelli della medicina, dell’astrologia e della fisica.
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INTRODUZIONE
Chi legge i vari lemmi può rimanere colpito da una serie di fatti e porsi i seguenti interrogativi: quali sono stati e sono i
veicoli della mitologia, e quindi dei modi
di dire ad essa collegati, nella memoria e
nell’immaginario dell’Occidente? Perché
alcuni modi di dire si diffondono già a
partire dall’antichità, mentre altri si formano e si diffondono in epoche successive? Come si spiegano le grandissime trasformazioni che la fisionomia o i caratteri
dei personaggi/fatti mitologici finiscono
per subire nelle varie locuzioni correnti?
Perché lo stesso nome proprio mitologico nelle varie locuzioni talora viene
scritto con la maiuscola, talora no? I vari
modi di dire mitologici sono propri della
lingua italiana o sono comuni anche alle
altre lingue occidentali? Esistono modi di
dire riconducibili alla mitologia antica e
tuttavia non evidenti in quanto tali? Esistono insomma locuzioni mitologiche
implicite? Cerchiamo delle risposte.
1. VEICOLI DELLA MITOLOGIA E DEI
VARI MODI DI DIRE AD ESSA CORRELATI
I veicoli attraverso cui la mitologia antica
e di conseguenza i modi di dire ad essa
correlati arrivano, permangono e si diffondono (seppure a livelli socioculturali
non uniformi) nella memoria e nell’immaginario collettivo dell’Occidente sono,
essenzialmente, i seguenti: la letteratura, la scuola, le arti figurative, i linguaggi
scientifici, i mass media contemporanei.
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
1.1. Letteratura
Un modo di dire è, per natura sua, uno
strumento atto a fornire carica espressiva ed efficacia all’esposizione di un concetto, alla descrizione di una realtà, alla
esplicitazione di un sentimento. Ogni
utente della lingua, ogni parlante, può
creare modi di dire espressivi, e di fatto
li crea facendo ricorso a ciò che, nella sua
esperienza di vita e di cultura, più lo colpisce e meglio conosce.
Il mondo della mitologia è stato, da sempre, un settore privilegiato dagli autori di
opere letterarie: in esso hanno attinto e
formato locuzioni per esprimere, in maniera efficace, pregnante e in qualche
modo insolita, sentimenti, fatti, situazioni; da esso hanno tratto soggetti di
tragedie, poemi, racconti. Va detto che
l’autore di opere letterarie del passato,
ha finito per attingere al mondo mitologico, non solo perché esso era parte integrante della sua formazione e dunque
del suo bagaglio culturale, ma anche per
compiacere il suo pubblico, ristretto e, a
sua volta, di formazione prevalentemente umanistica, almeno fino alla seconda
metà dell’Ottocento. Facciamo una rapida rassegna dell’interesse dei letterati
per la mitologia a partire dalla seconda
metà del Quattrocento.
Quattrocento-Cinquecento
Gli intellettuali dell’Umanesimo e del Rinascimento si accostano con entusiasmo
e ammirazione alla mitologia, nel quadro
della riscoperta del mondo antico, visto
come espressione e simbolo di gioia,
godimento della vita, esaltazione della
natura e del bello. In questa direzione
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scrivono canti, poemetti, rappresentazioni teatrali, fanno traduzioni. A titolo
di esempio alcune produzioni a soggetto
mitologico: Giovanni Rucellai (1403-1481):
Oreste (tragedia); Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico (1449-1492): Canzone di
Bacco e Arianna (canto carnascialesco);
Angelo Ambrogini detto il Poliziano (14541494): Orfeo (rappresentazione di un
tema mitologico in uno schema popolare religioso); Bernardo Tasso (1493-1569):
Piramo e Tisbe, Ero e Leandro (poemetti);
Luigi Alamanni (1495-1556): La favola di
Narciso, Antigone (tragedia); Giambattista Giraldi detto anche Cinzio Giraldi
(1504-1573): Ercole (poema); Giovanni
Andrea dell’Anguillara (1517-1572): traduzione delle Metamorfosi di Ovidio, Edipo
(tragedia); Annibal Caro (1507-1566): traduzione dell’Eneide di Virgilio. Risalgono
alla varia produzione letteraria del periodo, tra gli altri, i modi di dire legati ai miti
delle amazzoni, del filo di Arianna, dei ciclopi, del labirinto, e altri ancora.
Seicento
Nel Seicento l’utilizzo letterario del soggetto mitologico subisce una certa frenata, forse anche a causa del rigore imposto
dalla riforma cattolica, ma non si può dire
sia assente. Tra la varia produzione di argomento mitologico in questo periodo
possiamo menzionare Ottavio Rinuccini
(1562-1621): Dafne, Euridice, Arianna, Narciso (melodrammi); Giambattista Marino
(1569-1625): Adone (poema), Egloghe boscherecce (mito di Apollo e Dafne); Francesco Redi (1626-1698): Bacco in Toscana;
William Shakespeare (1564-1616): Venere
e Adone (poemetto); Pedro Calderón de la
Barca (1600-1681): La estatua del Prometeo (commedia).
Secondo Settecento e Ottocento
Come è noto, le letterature italiana ed
europea di fine Settecento e Ottocento
sono prima neoclassiche poi romantiche,
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e in quanto tali diffondono e privilegiano
miti diversi.
La fine del Settecento e il primo Ottocento si caratterizzano per un culto entusiastico dell’antico, occasionato da una serie
di fatti: le scoperte archeologiche (per es.
l’identificazione dell’Afrodite Cnidia di
Prassitele, da parte di Ennio Quirino Visconti (1751-1818); la nascita della filologia
classica e della critica testuale (per es. le
scoperte di opere di Cicerone e Frontone
da parte di Angelo Mai (1782-1854); la politica napoleonica che vede nel mondo
romano un modello.
L’importanza e il significato dei miti vengono esaltati in saggi come Il sermone
sulla mitologia di Vincenzo Monti (17541828); vengono eseguite traduzioni che
otterranno larga diffusione anche a livello scolastico, come quella dell’Odissea da
parte di Ippolito Pindemonte (1753-1828),
o quella dell’Iliade da parte del Monti e di
Melchiorre Cesarotti (1730-1808).
Il Romanticismo, se per un verso rifiuta
gli ideali di armonia, grazia, equilibrio,
conservazione, propri del Neoclassicismo, per un altro nella esaltazione
dell’individualismo, della ribellione, del
primitivo, del continuo progresso, predilige quei miti che meglio rappresentano i
suoi ideali, così quelli di Ercole, Prometeo,
Tantalo, Sisifo, i titani, i satiri.
In questo quadro si comprende la notevole e per altro diversificata presenza del
mito nella produzione letteraria. Alcuni
esempi: Pietro Metastasio (1698-1782):
Achille a Sciro, Issipile (melodrammi);
François-Marie Arouet detto Voltaire
(1694-1778): Pandora (operetta); Johann
Wolfgang von Goethe (1749-1832): Prometeo, Satiro, Pandora (opere teatrali),
Prometeo (inno); Vittorio Alfieri (17491803): Mirra, Antigone, Alcesti, Oreste
(tragedie); Heinrich von Kleist (17771811): Pentesilea (tragedia); Mary Shelley
(1797-1851): Frankenstein or the modern
Prometheus; George Gordon Byron (17781824), Prometheus (canto); Edmée DeleLA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
becque (1880-1951): Mort de Prométhée
(poema).
In questo contesto culturale e letterario
si diffondono le varie locuzioni legate a
Cassandra, Cerbero, Discordia, Mentore,
Prometeo, Proteo, satiri, Sibilla, Sisifo,
Tantalo, titani.
Novecento
Nel primo Novecento continua il culto
dell’antico e quindi del mito, anche a causa di nuove motivazioni politiche, in particolare in Italia; qui il regime fascista fa del
ritorno all’antico, in particolare della romanità, una sorta di bandiera nazionale.
Nel secondo Novecento, precisamente
dopo la seconda guerra mondiale, da un
lato continua la produzione che si richiama al mito, dall’altro questo spesso viene
reinterpretato e attualizzato; sovente si
assiste ad un mito modernizzato e insieme contestato, in nome degli ideali del
femminismo, del socialismo, dell’ateismo, vd. alcuni scritti di Hélène Cixous o
di Albert Camus. E tuttavia anche questo
mito “rovesciato” tiene vivo il ricordo di
eroi, personaggi e dei, e dunque alimenta
la vitalità dei modi di dire, di cui si impadroniscono anche i mass media. Questi
ultimi, data la loro grande capacità di penetrazione universale, rendono la locuzione ispirata al mito, per la prima volta,
veramente di massa (vd. sotto).
Tra la varia letteratura di ispirazione
mitologica di questo periodo si può ricordare la seguente: George Bernard
Shaw (1856-1950): Pigmalione (commedia); Jean Cocteau (1889-1963): Oedipus
rex (libretto per opera); Cesare Pavese
(1908-1950): Dialoghi con Leucò (sono
protagonisti tanti personaggi mitologici,
come Ercole, Edipo, Circe, Calipso, Ulisse,
ecc.); Wystan Hugh Auden (1907-1973):
Scudo di Achille (raccolta di versi); Alberto Savinio (1891-1952): La morte di Niobe
(tragedia), Achille innamorato (raccolta di
novelle); Albert Camus (1913-1960): ProPERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
meteo agli inferi (saggio), Il mito di Sisifo
(riflessione filosofica); Riccardo Bacchelli
(1891-1985): L’Afrodite: un romanzo d’amore (romanzo); Hélène Cixous (1937-):
Le nom d’Oedipe. Chant du corps interdit
(libretto per opera); Luigi Malerba (19272008): Itaca per sempre (romanzo).
In questa fase la letteratura eredita, ovviamente, i modi di dire del secolo precedente, ma accanto ad essi ne introduce e
diffonde vari altri come quelli legati ad
Achille, Edipo, Narciso, Olimpo, Pigmalione, Procuste.
Osservazioni conclusive
Al termine di questa sezione dedicata al
veicolo letteratura, merita riepilogare alcuni caratteri, in diacronia, del rapporto
mito e letteratura.
a. I miti affascinano sempre i letterati occidentali, ma non tutti allo stesso modo e
in tutte le età. Così a fronte del mito di
Prometeo, particolarmente valorizzato
quasi senza soluzione di continuità e insieme rielaborato dal medioevo all’epoca contemporanea, altri come quello di
Pigmalione vengono scoperti solo in una
determinata epoca, nel Novecento.
b. I miti che sopravvivono e coinvolgono
l’immaginario dell’Occidente per secoli
finiscono per subire gli influssi, o meglio
le interpretazioni più diverse, in accordo con le varie ideologie o tendenze politiche e culturali proprie delle diverse
epoche. A titolo di esempio ritorniamo a
Prometeo: di lui, protettore degli uomini,
nel medioevo si sottolinea le somiglianze
con Cristo; nei secoli XIV-XVI, sulla scorta
della interpretazione del Boccaccio (Le genealogie degli dei), si esaltano la sapienza
e la conoscenza; nel Seicento, Prometeo
diventa uno studioso, un filosofo, un
astrologo (Calderon De La Barca); nel Settecento, in linea con gli ideali illuministici, è un eroe della libertà e della giustizia
nella battaglia contro gli dei (Voltaire);
nella seconda metà dello stesso secolo, in
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linea con i nascenti sentimenti romantici
è visto come demiurgo, quasi un simbolo
di spirito demoniaco, di forza della natura
(Goethe); nell’Ottocento rappresenta il
liberatore dell’umanità, martire per essa,
ma insieme anche pentito del suo stesso
operato, e persino malfattore (Shelley,
Byron, Delebeque); nel Novecento Prometeo, pur sempre benefattore dell’umanità, non ha donato a lei solo la tecnica,
il progresso scientifico, ma anche le arti
ugualmente necessarie per la sopravvivenza dell’uomo (Camus, Pavese).
c. A partire dal Seicento, la mitologia costituisce fonte di ispirazione e fornisce
spunti per le più diverse tematiche in
tutte le letterature occidentali, non solo
quella italiana.
1.2. La scuola
Il passaggio dei modi di dire mitologici
dall’uso letterario a quello corrente non
avviene senza mediazione della scuola,
soprattutto dall’unità d’Italia in poi. Tutte
le riforme scolastiche, dall’unità d’Italia,
in concreto sia la riforma del Casati (1860)
che quella del Gentile (1924), riservano un
posto di primissimo piano allo studio delle lettere antiche, greco e latino, soprattutto nel liceo classico. Il liceo classico è la
scuola della futura classe dirigente e delle
professioni più prestigiose, come quelle
dell’avvocatura e della medicina.
I poemi omerici, la tragedia greca, l’Eneide di Virgilio, le Metamorfosi di Ovidio,
fanno parte integrante dei programmi di
studio, diventano patrimonio assimilato
da generazioni e generazioni di studenti
dell’Ottocento e del Novecento. Grazie
alla familiarità con i classici greci e latini
acquisita nella scuola umanistica, i grandi scrittori del periodo introducono nella
loro produzione letteraria modi di dire
mitologici. Grazie alla stessa familiarità
centinaia di migliaia di professionisti si
appropriano delle locuzioni mitologiche,
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le rendono correnti nel linguaggio dei ceti
colti. I ceti culturalmente inferiori, a loro
volta, anche a causa del diffuso e naturale fenomeno dell’imitazione verso l’alto,
tendono in qualche misura ad impadronirsene, non raramente banalizzandole e
snaturandone il senso originario.
1.3. I mass media
I mass media contribuiscono in modo
decisivo alla diffusione del modo di dire.
Hanno la possibilità, sovente, di legare
le singole locuzioni ad avvenimenti di
attualità coinvolgenti, ed è soprattutto
grazie a questi che la locuzione mitologica si fissa nella memoria. Un uomo
politico di primo piano che si fa notare
per la sua senescente sessuomania, e
alimenta vari gossips di natura sessuale,
può indurre un giornalista, che descrive
i fatti relativi, a richiamare, nel contesto
narrativo, personaggi mitici come i satiri, Adone, Circe, Priapo, Venere e fare uso
di modi di dire ed espressioni ispirati ad
essi. A questo punto il lettore recupera o
apprende nuove espressioni e le rimette
in circolazione con i suoi partners.
La stessa cosa accade, ma ad un livello di
interesse e di pubblico diverso, quando
un giornalista recensisce un evento culturale, come un film, una rappresentazione teatrale, un’opera letteraria, tanto
più e soprattutto ove il soggetto dell’evento sia di carattere mitologico.
In tutti i mass media si fa uso di modi di
dire mitologici e tuttavia non in tutti nella stessa misura: a determinare il ricorso
più o meno esteso a locuzioni mitologiche sono le tematiche privilegiate, il pubblico, il livello culturale della trasmissione o del giornale.
1.4. Le arti figurative
I pittori e gli scultori non creano né diffondono modi di dire di ispirazione miLA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
tologica, e tuttavia mantengono vivo il
ricordo del mito, suscitano il desiderio di
sapere in coloro che osservano e ammirano le loro opere. Le storie mitiche costituiscono soggetti artistici, se si esclude
l’antichità, a partire dalla seconda metà
del Quattrocento.
Tra i pittori che più spesso hanno realizzato soggetti mitologici possiamo ricordare Antonio Pollaiolo (1431-1498), Sandro
Botticelli (1444/5-1510), Piero Di Cosimo
(1461-1521), Raffaello Sanzio (1483-1520),
Tiziano Vecellio (1480/5-1576), Antonio
Allegri detto il Correggio (1489-1534), Annibale Carracci (1560-1609), Jan Brueghel
il Vecchio (1568-1625), Michelangelo
Merisi (o Amerighi) detto il Caravaggio
(1571-1610), Guido Reni (1575-1642), Peter
Paul Rubens (1577-1640), Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (15911666), Nicolas Poussin (1594-1665), Diego
Rodríguez de Silva y Velázquez (15991660), Harmenszoon van Rijn Rembrandt
(1606-1669), Luca Giordano (1632-1705),
Giambattista Tiepolo (1696-1770), Johann Heinrich Füssli (1741-1825), Antonio
Canova (1757-1822), Arnold Böcklin (18271901), Gustave Moreau (1826-1898), John
William Waterhouse (1849-1917), Giorgio
De Chirico (1888-1978), e tanti altri.
Tra gli scultori vanno menzionati, almeno
i seguenti: Agostino di Duccio (1418-1481),
Michelangelo Buonarroti (1475-1564),
Benvenuto Cellini (1500-1571), Giambologna o Jean de Boulogne (1529-1608),
Bartolomeo Ammannati (1511-1592), Gian
Lorenzo Bernini (1598-1680), NicolasSébastien Adam (1705-1778), Antonio Canova (1757-1822).
Come si può dedurre da questi elenchi,
anche se del tutto incompleti, è soprattutto nei secoli XVI-XIX che pittori e scultori
affrontano temi mitologici, e lo fanno, in
grande parte, su commissione di nobili
ed ecclesiastici di alto rango che vogliono
abbellire i loro palazzi, fare sfoggio di una
cultura classica (non sempre posseduta),
indulgere comunque alla moda dei tempi.
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
La produzione mitologica delle arti visive non scompare ma diminuisce, sul
piano quantitativo, in modo consistente
nel secolo XX, per una serie di ragioni: il
predominio dell’io nell’arte, il calo dell’interesse per il mondo antico da parte dei
committenti, e ciò soprattutto a partire
dagli anni sessanta del secolo scorso.
Tra i miti raccontati dalle arti figurative,
hanno la netta prevalenza, almeno fino al
sec. XVIII quelli di Venere e Bacco. Nei secoli XIX e XX pur persistendo la presenza di
miti che inneggiano al bello, al divertente,
all’amore, sembrano entrare nell’interesse
di pittori e scultori anche i miti che in qualche modo esaltano la ribellione, l’anticonformismo, l’umano, i sentimenti. Protagonisti più frequenti sembrano diventare i
titani, i ciclopi, Prometeo, ma anche Pandora, Penelope, Narciso.
1.5. Letteratura scientifica
È soprattutto nei secoli XVII-XX che le
varie scienze fanno ricorso a personaggi
mitologici per designare piante, animali,
macchine, patologie, fenomeni meteorologici e altro. Contribuiscono a questa
tendenza la formazione essenzialmente
classica degli uomini di scienza, la tradizione greca e latina del linguaggio scientifico. Alcuni esempi per varie branche del
sapere. Astronomia: Egeria = asteroide
scoperto nella metà dell’Ottocento; Penelope = pianeta scoperto nella seconda
metà dell’Ottocento. Botanica: Fenice =
una pianta ornamentale (Phoenix dactylifera); Musa = una pianta del genere delle
palme d’Egitto (Musa ensete); Medicina:
Ciclopia = mostruosità di feti che hanno
un solo occhio nella fronte; Labirinto =
una parte dell’orecchio. Zoologia: Argo =
una farfalla dalle ali turchine con macchie
che assomigliano ad un occhio; Ciclope
= un genere di crostacei branchiopodi la
cui testa si distingue per un solo grande
occhio; Satiro = una scimmia caudata;
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Sfinge = un genere di farfalle crepuscolari. Ingegneria aerospaziale: Apollo = il
modulo lunare. Meterologia: Caronte, Minosse, ecc. = condizioni metereologiche
particolari (denominazioni entrate nell’uso nel 2013). Informatica: cavallo di Troia
= un programma che effettua operazioni
all’insaputa dell’utente.
Alcuni nomi sono particolarmente fortunati e spaziano tra le più diverse scienze:
un esempio può essere Proteo, che diventa
un pesce, un batterio, un programma informatico e, non soddisfatto, si trasforma
anche in un’associazione culturale, un centro commerciale, un programma economico, una rivista scientifica, un’azienda di
prodotti antincendio, un progetto economico, un club speleologico e altro.
Le scienze cui appartengono gli esempi appena citati e tanti altri ancora non
hanno prodotto modi di dire correnti;
possono solo aver favorito e favorire curiosità, conoscenza e memoria di fatti e
personaggi mitologici. La psicanalisi, al
contrario, nata, come scienza, all’inizio
del Novecento, ha prodotto espressioni e
definizioni che, a loro volta, hanno finito
per divenire modi di dire molto diffusi.
Il linguaggio mitologico della psicanalisi
entra nel parlare corrente grazie a fattori
come la estrema diffusione del disagio
psicologico ai nostri giorni, e l’interesse
per le problematiche psicanalitiche da
parte di romanzieri, poeti e persone colte
in genere. Oggi sono estremamente diffusi modi di dire e forme di origine mitologica, in uso nel linguaggio psicanalitico
come: complesso di Edipo, edipico, complesso di Narciso, narcisista, narcisisticamente, e via dicendo.
1.6. Denominazioni varie
Un numero considerevole di enti, istituzioni, organizzazioni, esercizi commerciali, fabbriche, produzioni, progetti, associazioni culturali, piazze, vie, prende
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il nome da personaggi mitologici. Per la
stragrande maggioranza di essi la denominazione da fatti e personaggi mitologici svolge chiaramente un ruolo propagandistico e pubblicitario, diventa quasi
una carta di presentazione. Gli utilizzatori di queste denominazioni mitologiche suppongono, o sperano di ottenere
un ritorno sul piano della pubblicità e
dell’immagine. Una sorta di garanzia di
qualità del vino può costituire la denominazione di Bacco per enoteche o tenute
coltivate a vigneto; una garanzia di tranquillità il nome Morfeo per alberghi; una
conferma della grandiosità dell’impresa
il nome di Ercole per un progetto politico
che vuole collegare tramite infrastrutture l’Africa all’Europa; un invito a lottare e
quasi un punto di orgoglio la denominazione di Amazzone per un’associazione
impegnata nella lotta contro il cancro al
seno; una garanzia di sostegno e aiuto in
favore degli utenti il nome Prometeo, per
una società di distribuzione di prodotti
energetici.
A fronte di denominazioni trasparenti,
positive e/o beneauguranti, vi sono altre
denominazioni per cui ci si può domandare fino a che punto l’inventore della
denominazione sia stato a conoscenza
del fatto mitico, e fino a che punto si sia
reso conto dell’impatto ambiguo, se non
negativo che una certa denominazione
avrebbe potuto avere sull’utente, cliente
informato di mitologia. Alcuni esempi:
un’associazione culturale denominata
Cassandra lascia trasparire una funzione
nefasta, quella cioè di prevedere sciagure, forse non nelle intenzioni dei soci; non
molto bene augurante per un’associazione onlus che forma guardie ittiche il
nome di Icaro, un personaggio che – come
si sa – muore annegato; un’organizzazione che fornisce informazioni sulla qualità dei prodotti alimentari non lascia ben
sperare sulla efficacia delle sue informazioni se prende il suo nome da Mida, il re
che rischia di morire di fame perché tutto
LA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
quanto tocca diventa oro; una fabbrica di
gioielli per donna, che si denomina Pandora, se per un verso può attirare le clienti
che pensano alla bellezza del personaggio, certo allontana eventuali acquirenti
maschi che vogliono fare un dono ai loro
amori, se solo ricordano che Pandora portò agli uomini solo sventure.
Il nome mitologico assegnato a enti o
prodotti, aldilà delle reazioni emotive o
inconsce, anche di opposta natura che
può suscitare, certamente rievoca e richiama alla memoria il personaggio o
l’avvenimento, suscita curiosità di sapere
in colui che non sa e, in qualche misura,
contribuisce alla diffusione del modo di
dire ad esso legato.
2. EPOCHE DI DIFFUSIONE DEI SINGOLI MODI DI DIRE
Come si può dedurre da quanto già scritto a proposito dei veicoli letteratura, arti
figurative, scuola, mass media, è evidente che un certo modo di dire si collega
allo spirito di un’epoca e all’atmosfera
culturale, e tende a conservarsi fino a
quando il contesto che lo ha prodotto
in qualche modo perdura. In concreto
possono trovare facile diffusione ancora
oggi, in un’epoca di crescente scristianizzazione della società occidentale, di
individualismo e di sessuomania quei
modi di dire legati alla mitologia antica,
insieme capaci di evocare bellezza, piaceri materiali della vita, tipici dell’Umanesimo e Rinascimento, o quelli legati allo
spirito ribelle, all’esaltazione dell’individuo tipici dell’epoca romantica.
Cadono al contrario in disuso le locuzioni di origine medievale o piuttosto il loro
significato, legate alla spiritualità del
periodo così, per es., nessuno oggi lega
l’Araba Fenice all’idea della resurrezione
e della rinascita nel mondo ultraterreno,
ma solo in questo mondo; nessuno conPERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
nette il labirinto con il percorso faticoso
dell’anima verso il cielo, ma solo con il
groviglio dei sentimenti, con la inestricabilità di problemi umani e terreni; nessuno vede più in un personaggio come il
re Mida l’incarnazione del peccato e della esecrabile sete dell’oro, ma piuttosto
solo un personaggio ricco e di successo,
non necessariamente condannabile sul
piano morale.
Ovviamente i modi di dire in linea con
l’atmosfera culturale di un’epoca vivono
e sono espressivi fino a che persiste l’atmosfera stessa.
Ci sono modi di dire legati soprattutto
a fatti contingenti (per es. gossips), che
emozionano l’opinione pubblica, i quali
sono effimeri: con i fatti in questione si
diffondono rapidamente e con essi, altrettanto rapidamente, finiscono nel dimenticatoio collettivo (vd. sopra 1.3.).
3. TRAVISAMENTO, TRASFORMAZIONE, NEL MODO DI DIRE, DEL FATTO O PERSONAGGIO MITOLOGICI
Nel modo di dire i fatti, i personaggi mitici solitamente diventano un concetto, un
sentimento, uno stato d’animo, una categoria sociale, una professione, una realtà
materiale del tutto diversi, così per es. il
letto di Procuste diviene soprattutto una
condizione psicologica, o morale; il tallone
di Achille un punto debole di varia natura;
il filo di Arianna una traccia di varia natura
(vd. i singoli lemmi).
La cosa si verifica perché, con il passare
del tempo, ciò che rimane nel ricordo dello scrivente o del parlante, non è tanto il
personaggio o il fatto in sé, ma la/le sua/e
azione/i, il/i suo/i comportamento/i. In
effetti ciò che rimane nella nostra memoria è ciò che di più colpisce la nostra
emotività, non una figura lontanissima
nel tempo e priva di una sua fisionomia.
Quando poi si dimentica anche la storia
15
mitologica legata al personaggio o fatto
e resta solo la metaforizzazione astratta
del suo nome, si arriva all’uso di modi di
dire del tutto slegati dalla storia mitologica, se non addirittura ad accoppiamenti impossibili tra storia mitologica e
il contesto in cui facciamo uso del modo
di dire, come ad es. quando il tallone di
Achille finisce per trovarsi sulle spalle di
un certo personaggio, quando il re Mida
può diventare anche una regina, quando
sull’Olimpo possono salire non solo persone o essere viventi, ma persino una città, quando la tela di Penelope può diventare un edificio, o una legge (vd. esempi
in calce ai singoli lemmi).
Il fenomeno in questione diventa sempre più frequente ai nostri giorni essenzialmente per due motivi: a. il veicolo di
diffusione del modo di dire è costituito,
a differenza del passato, sempre più dai
mass media e sempre meno dalla letteratura e dalla scuola; b. l’approdo del modo
di dire e la sua ricezione (appunto grazie
ai mass media) nella lingua corrente di
persone totalmente prive di conoscenze
antichistiche ed in specie mitologiche.
Ovviamente il medesimo fenomeno di
travisamento o, se si preferisce, di “reinterpretazione” del fatto o personaggio
mitologico si verifica anche nella storia
dell’arte e della letteratura, anche se, in
questi ambiti, per motivi forse più profondi, e comunque più consapevoli. Alcuni esempi per la storia dell’arte: l’Icaro di
Ivo Batocco (1944-) che precipita dal cielo
in realtà appare identificarsi piuttosto in
quel personaggio in abiti moderni, seduto a terra, che in aria triste porta il peso
del suo fallimento morale; ll labirinto di
André Masson (1896-1987) non è più una
costruzione complessa, e pur sempre in
qualche modo geometrica, ma piuttosto
il disordine interiore e l’insieme dei contorcimenti psichici dell’uomo moderno; la
Penelope di Max Klinger (1857-1920) non è
la donna che con amore e pazienza infinita attende suo marito, ma una moderna
16
intellettuale interessata a tematiche naturalistiche.
Per esempi nella storia della letteratura
vd. sopra 1.1.
4. OSCILLAZIONI NELLA GRAFIA DEI
NOMI PROPRI MITOLOGICI
Dagli esempi giornalistici riportati in coda
ai singoli lemmi, si noterà come nomi
propri quali Adone, Proteo, sirena, Olimpo, Troia nelle varie locuzioni in cui ricorrono talora sono scritti con la maiuscola,
talora no. La minuscola potrebbe avere
una sua accettabile ragione, là dove il
nome proprio, preceduto da un articolo
indeterminativo, finisce quasi per divenire un nome comune, come nell’espressione ‘credersi un adone’. La stessa cosa
dicasi a proposito di quelle divinità che
hanno finito per perdere totalmente nel
linguaggio comune e persino in quello
letterario la loro identità divina, per divenire nomi comuni: Furia, Discordia, Fortuna. In altri casi riesce difficile trovare una
ragione grammaticalmente valida, e si è
tentati di pensare piuttosto all’ignoranza
dello scrivente/parlante, privo di un minimo di cultura antichistica.
5. DIFFUSIONE DEI MODI DI DIRE
MITOLOGICI NELLE PRINCIPALI LINGUE OCCIDENTALI
La comunanza degli studi classici in tutta
l’Europa occidentale, la comune formazione classicheggiante dei ceti colti e dirigenti, la diffusione generalizzata delle
stesse correnti artistiche e letterarie, le
numerose traduzioni di classici in tutte le
principali lingue europee, ed altri fattori
ancora hanno determinato una grande
comunanza di modi di dire e di forme di
ispirazione mitologica. Alcuni esempi tra i
numerosissimi che si potrebbero addurre,
LA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
nelle principali lingue dell’Europa occidentale, in particolare spagnolo, francese,
inglese, tedesco: tallone di Achille = punto debole: sp. talòn de Aquiles, fr. talon
d’Achille, ingl. Achilles’ heel, ted. Achillesferse; apollineo = bello, elegante, opposto
di dionisiaco ecc.: sp. apolìneo, fr. apollinien, ingl. apollonian, ted. apollinisch; filo
di Arianna = traccia, percorso: sp. hilo de
Ariana, fr. fil d’Arianne, ted. Ariadnefaden;
arpia = persona avida, cattiva: sp. arpìa, fr.
arpie; ingl. harpy, ted. Arpye; Cerbero = severo: sp. cerbero, fr. cerbère, ingl. cerberus,
ted. Zerberus; furia = agitazione: sp. furia,
fr. furie, ingl. fury, ted. Furie; Mentore =
guida, consigliere: sp. mentor, fr. mentor,
ingl. mentor, ted. Mentor.
6. LOCUZIONI IMPLICITE
La notorietà di taluni personaggi o fatti mitologici da un lato, la diffusione dei
modi di dire che esplicitamente li richiamano, come la grande confidenza dei
parlanti colti con essi, possono aver contribuito alla formazione e diffusione di locuzioni idiomatiche chiaramente evocatrici di un fatto o personaggio mitologico,
pur non apertamente menzionato.
Espressioni, come ‘fulminare con lo
sguardo’ o ‘tuonare dall’alto’, a significare atteggiamenti di stigmatizzazione
o di rimprovero da parte di persona che
si ritiene superiore, possono evocare l’atteggiamento di Giove che punisce e spaventa con fulmini e tuoni.
‘Avere cento occhi’, ‘non bastano cento
occhi’, nel senso di essere o dover essere
molto vigili, ricordano in qualche modo il
mito di Argo, fatto uccidere da Giunone
(vd. alla voce Argo).
La locuzione ‘risorgere dalle proprie ceneri’ nel senso di riemergere dopo una
sventura o dopo un dissesto economico
richiama il mito della Araba Fenice (vd.
alla voce Araba Fenice).
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
Il modo di dire ‘restare impietriti dal dolore’ nel senso di rimanere immobile senza reazioni difronte a un grande dolore
probabilmente deriva dal mito di Niobe,
la donna che si vanta di aver superato Latona per aver messo al mondo 6 figlie e
6 figli. La sua arroganza viene punita da
Apollo e Diana, con l’uccisione dei figli.
Lei, madre terrena, distrutta da immenso
dolore, è trasformata in pietra da Giove,
che in qualche modo ha pietà di lei.
Le espressioni ‘mettere le ali ai piedi’ o
‘avere le ali ai piedi’, nel senso di essere molto veloci nascono probabilmente
dalla iconografia, già antica di Mercurio,
messaggero degli dei, rappresentato con
due alette ai piedi.
Modi di dire come ‘restare di sasso’, nel
senso di rimanere fortemente colpiti da
qualche cosa di impressionante o ‘avere
un serpente (o diavolo) per capello’ nel
senso di essere arrabbiati, chiaramente
alludono a Medusa, una delle tre gorgoni
che, rappresentata con serpenti in luogo
dei capelli, pietrifica chiunque la guardi.
Gli esempi potrebbero continuare. Chiaramente queste locuzioni mitologiche
implicite sono percepite, in quanto tali,
solo dal parlante in possesso di conoscenze mitologiche, e solo costui riesce ad avvertirne tutta la portata espressiva.
Caravaggio (1571-1610): testa di Medusa
17
MITI E MODI DI DIRE
ACHILLE
TAG_ avere, colpire, considerare, essere, scoprire (il) tallone di achille
Antonio Borel (1743-1810): Teti immerge
Achille nello Stige
Achille può essere definito il vero protagonista del poema omerico Iliade (s.
VIII a. C.). Egli incarna il guerriero ideale: bello, coraggioso, orgoglioso, fedele
alle amicizie. È figlio di un mortale, Peleo, re dei Mirmidoni, e di una dea marina, Teti. Nella guerra contro Troia è il
più forte, la sua presenza è decisiva per
le sorti della battaglia. La madre conosce il destino del figlio e sa che morirà in
battaglia. Nell’illusione di proteggerlo
lo immerge, appena nato, nella acque
del fiume Stige. In questo modo lo rende invulnerabile in tutto il corpo, non
nel tallone con cui lo regge. Sarà Paride guerriero Troiano, fratello di Ettore,
ad uccidere Achille, colpendolo con una
freccia nell’unico punto vulnerabile, il
tallone. Questa parte anatomica del
corpo di Achille ha finito per diventarne
la più celebre e più nota, dunque l’unica
imperitura.
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
Il modo di dire tallone di Achille, come
equivalente di ‘punto debole’, sembra
diffondersi nella lingua letteraria, e poi
in quella corrente, solo nella seconda
metà del Novecento, a partire dall’uso
fattone dal romanziere Emilio De Marchi
(1851-1901).
Oggi tallone di Achille è espressione
estremamente usuale in tutti i giornali e
nei vari livelli della lingua corrente.
La sua diffusione ha finito per impallidire
il ricordo della sua origine, determinarne
l’entrata in contesti del tutto impropri o
impossibili, al punto che possono diventare tallone di Achille una parte anatomica del tutto diversa, una zona geografica,
una pratica, un sistema, un metodo, un
settore industriale.
“
“Il Nord America resta invece il tallone
d’Achille di Iveco” (la Repubblica, 30.12.‘10);
“L’eroe (Valentino Rossi) col tallone d’Achille
riposizionato nella spalla non promette
niente” (la Repubblica, 12.01.‘11); “l’Rc auto
può considerarsi il tallone d’Achille del
sistema” (l’Unità, 09.06.‘10); “Nervosismo che
invece continua a essere il tallone d’Achille di
Massimiliano Blardone” (l’Unità, 18.03.‘10).
21
FORTUNA
TAG_
avere, cercare, fare, portare fortuna; essere baciato dalla fortuna; la fortuna
è cieca; alloggio, colpo, rifugio di fortuna; la ruota della fortuna; prendere la
fortuna per i capelli; fortuna! buona fortuna! che fortuna! per fortuna!
Guido Reni (1575-1642): Cupido tira la Fortuna
per i capelli
Fortuna per gli antichi è una dea, cui vengono dedicati molti templi e assegnati
gli attributi più diversi, a seconda che sia
invocata dalle varie categorie sociali, politiche, dalle singole famiglie o persone;
in sostanza tutti cercano di rendersela
propizia, dato che ha il potere di governare in positivo o in negativo le sorti di
tutti e ciascuno. È una dea più potente
degli stessi dei, quasi come il destino o il
fato, ma in qualche modo a differenza di
questo può anche cambiare.
I Greci la chiamano Tyche, la considerano
figlia di Oceano e di Teti, all’origine, dunque, in qualche modo è una divinità marina, espressione della somma precarietà
e imprevedibilità, per gli antichi, del percorso in mare. Dato che può determinare
il bene e il male, dato che il suo operare
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
è imprevedibile, viene rappresentata con
attributi differenti: il timone della vita
in mano, gli occhi bendati, la palla della
mobilità, la ruota, il corno dell’abbondanza, il globo ai suoi piedi. Espressioni e
modi di dire legati alla dea Fortuna (come
quelli riportati nel lemma ed altri) sono
diffusi in tutte le epoche della cultura
occidentale, nonostante contrastino con
la concezione cristiana, provvidenziale e
non casuale, della vita e del mondo.
Nella società contemporanea ampiamente scristianizzata, sessuomane e capitalista, i modi di dire legati alla dea si
moltiplicano e, insieme, per un verso si
banalizzano, per un altro si specializzano,
evidenziando i valori contemporanei. Il
senso negativo di Fortuna, cioè la ‘sfortuna’, di fatto sta uscendo dal termine, per
entrare in un neologismo recente, frutto
della sessuomania dei nostri giorni, la
‘sfiga’, letteralmente ‘senza figa’.
I vari modi di dire correnti connessi con la
fortuna sono numerosissimi: tutti esprimono l’idea di uno stato, una condizione,
un avvenimento positivi o relativamente
positivi (ricchezza, successo, promozione,
vincita al totocalcio, un personaggio che
ci aiuta, addirittura un male meno grave
del temuto), legati per lo più a circostanze casuali.
“
“Baciato dalla fortuna Gaetano, vigile urbano
a Parma, gioca” (la Repubblica, 20.10.‘11);
“L’imperatore Rodolfo II… spese una fortuna
per la costruzione della cittadella di Casale
Monferrato” (la Repubblica, 10.02.‘12); “Il primo
ha una fortuna personale stimata in 100 milioni
di euro” (la Repubblica, 08.02.‘12); “Totti è una
45
Già nell’antichità la sua figura costituisce
il modello della moglie casta e fedele.
L’espressione tela di Penelope, nel senso
di lavoro ed opera che non hanno mai
fine, entra nell’uso letterario italiano già
dal Cinquecento, ma si diffonde nell’uso
parlato essenzialmente nel secolo scorso.
La tela di Penelope, oggi può significare
tutto fuorché un tessuto, può essere un
edificio che non arriva mai a completamento, una legge che subisce infiniti ritocchi, un programma politico che non si
attua mai, una ricerca che non arriva mai
ad una conclusione, un accordo che non
viene mai sottoscritto, un trasferimento
che rimane nelle intenzioni e tanto altro.
“
“Se ce lo avesse chiesto, Fazio avrebbe saputo
anche che il trasferimento del Santa Chiara è
una tela di Penelope con sprechi e polemiche”
(la Repubblica, 09.12.‘10); “Questa non è una
sede universitaria, ma la tela di Penelope,
costruiscono e dopo pochi mesi cade a pezzi
e la devono disfare” (la Repubblica, 07.12.‘10);
“Afferma (Michel Jouvet) che il sogno
non è altro che il restauro notturno della
personalità, una specie di tela di Penelope che
il nostro cervello (attenzione: non la nostra
psiche) ricostruisce ogni notte” (La Stampa,
17.04.‘93); “Ma questa Finanziaria cos’è, la
tela di Penelope?” (La Stampa, 20.09.‘03).
PIGMALIONE
TAG_
essere, divenire, fare (il) pigmalione di qualcuno/a
Edward Burne-Jones (1833-1898): Pigmalione
bacia la statua di Venere che prende vita
60
Pigmalione è il re di Cipro. Scolpisce in
avorio la statua di Venere e se ne innamora al punto che desidera sposarla. La
distende sul suo letto e prega intensamente Venere affinché dia vita a quella
statua che la rappresenta. La dea lo esaudisce: la statua diviene una donna vera,
che dà a Pigmalione un figlio, Pafo.
I modi di dire legati al personaggio mitologico si diffondono a partire dalla prima
metà del secolo scorso grazie al successo di una commedia di George Bernard
Shaw, intitolata appunto Pygmalion, in
cui si narra di un professore che riesce a
trasformare una fioraia in una giovane
raffinata e amabile.
Oggi vengono definiti pigmalioni soprattutto coloro che scoprono e coltivano
giovani e ragazzi dotati per imporsi nel
mondo del teatro, del cinema e delle arti,
ma non mancano esempi di pigmalioni
“
LA MITOLOGIA CHE PARLIAMO
che scoprono calciatori, o addirittura criminali.
“Leone deve molto al critico Philippe Daverio,
moderno pigmalione, che nell’estate 2006 lo
«scoprì» facendone un’icona dell’arte moderna
e allestendo una sua personale” (la Repubblica,
03.10.‘10); “Galliani ostenta il suo allenatore
con l’orgoglio del pigmalione” (la Repubblica,
06.12.‘10); “A un certo punto della sua vita, una
delle voci di Napoli, Aurelio Fierro, diventa il
suo Pigmalione” (la Repubblica, 04.09.‘11); “La
prima cosa che fa Roberta, che è al settimo
cielo, è avvertire il suo pigmalione Lele Mora”
(la Repubblica, 19.01.‘12); “Ed è proprio Vincenzo
che gli fa da pigmalione nel mondo insidioso
della malavita, che dei bambini ha bisogno
come del pane” (La Stampa, 18.09.‘92); “Così
Greta, in preda ad un’invincibile malia, torna
a scrivere al suo pigmalione lettere di dolorosa
passione, ricevendone fluviali professioni
d’amore” (La Stampa, 12.06.‘06).
PRIAPO
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essere (un) priapo; atteggiamento, comportamento priapico; priapismo
Affresco pompeiano (I sec. d. C.): Priapo con
cesto di frutta
PERSONAGGI ED EPISODI MITOLOGICI NELL’ITALIANO CORRENTE
Priapo è figlio di Dioniso, il dio del vino, e
di Venere, la dea dell’amore. Viene rappresentato con requisiti fallici sproporzionatamente grandi rispetto al corpo. La
sua mostruosità sarebbe il risultato della
vendetta di Giunone, che in questo modo
avrebbe voluto punire Venere per i suoi
amori. È considerato protettore dei giardini, degli orti, dei greggi, da cui tiene lontani predatori e ladri e di cui simboleggia
e favorisce la fertilità. Già nell’antichità
dal suo nome veniva denominata la patologia del priapismo, consistente in una
perenne e dolorosa erezione.
Nel medioevo, in quanto protettore dei
campi e dio della fecondità della terra,
viene sostituito dalla croce. A partire dal
Cinquecento ritorna nella letteratura nel
contesto di tematiche erotiche.
Oggi il suo nome e i derivati ricorrono in
contesti erotici e/o satirici, non necessariamente letterari, a designare persone
“affamate di sesso” e sfrenatezze sessua-
61
11/03/14
17:57
La mitologia che parliamo
Personaggi ed episodi mitologici nell'italiano corrente
C
M
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CM
MY
CY
CMY
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Il libro si rivolge a studenti e persone interessate a un utilizzo corretto e
consapevole della lingua italiana. Si articola in un’introduzione e una serie di
lemmi. L’introduzione è dedicata ai veicoli (letteratura, arte, scuola, mass
media, ecc.) che hanno favorito la diffusione dei modi di dire mitologici.
Nei singoli lemmi si presentano i fatti / i personaggi evocati nei singoli modi di
dire, il periodo storico d’ingresso di questi nella lingua italiana, i significati usuali.
A conclusione dei singoli lemmi, è posta in evidenza una breve silloge di modi
di dire in uso nei più diffusi giornali italiani.
Arricchiscono il volume i disegni di Faliero Tamburi: ricavati dalle grandi
opere d’arte, evidenziano il collegamento, per altro in costante evoluzione,
tra mitologia, arte e lingua.
Innocenzo Mazzini, già ordinario di storia della lingua latina ha seguíto, nella
sua ricerca, tre filoni: storia della lingua latina, storia della medicina antica,
presenza dell’antico nel contemporaneo. Ha pubblicato una decina di volumi
e un centinaio di articoli in riviste scientifiche e di carattere divulgativo,
italiane ed estere.
Tra i volumi più recenti: La Medicina dei Greci e dei Romani, voll. I e II, Roma 1997
(Jouvence); Storia della lingua latina e del suo contesto, voll. I e II, Roma 2007 e 2010
(Salerno Editrice); Letteratura e medicina nel mondo antico, Roma 2011 (Casa editrice
Università La Sapienza).
eum edizioni università di macerata
In copertina:
Atlante Farnese
€ 16,00
ISBN
978-88-6056-385-9
Innocenzo Mazzini
1
Innocenzo Mazzini
Illustrazioni
Faliero Tamburi
eum > mitologia > lingua italiana
La mitologia che parliamo
imiti_rev2.pdf
La mitologia
che parliamo
Personaggi ed episodi mitologici
nell'italiano corrente