Il Caro Estinto - Adriano Di Gregorio

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Il Caro Estinto - Adriano Di Gregorio
Adriano Di Gregorio
Il Caro Estinto
E' notte fonda e la casa è avvolta nel silenzio. In una stanza dorme una vecchia signora e nell'altra il suo
unico figlio, un bamboccione di 50 anni che prende ancora la paghetta da sua madre. All'improvviso si sente
squillare il telefono. La donna si alza e va nella stanza del figlio.
“Carmelo, hai sentito?”.
L'uomo non risponde e lei insiste.
“Carmelo hai sentito il telefono?”.
L'uomo farfuglia qualcosa e nel frattempo il telefono suona nuovamente.
“Hai sentito ora? Sbrigati, vai a rispondere”.
“Vacci tu e lasciami dormire”.
“La sai che non sento bene. E poi potrebbe arrivare qualche notizia dallo zio ... capisci!”.
A quel punto Carmelo balza dal letto in un attimo, butta via l'orsacchiotto con il quale dorme e va a
rispondere.
“Pronto? Sì ... sì capisco. Quando è successo? Arriviamo subito!”.
Ad ogni parola che pronunciava, Carmelo guardava sua madre, che a mani giunte pareva pregare.
Carmelo chiude il telefono, guarda la mamma e con un filo di voce dice: “E' morto lo zio Pippo!”.
“Ahhhh che grande tragedia”, esclama Immacolata, facendo un balzo per aria ed abbracciando
entusiasta il figlio, “Vatti a vestire ed andiamo subito dal povero zio”.
“Ma non possiamo andarci più tardi?”.
“Ma allora sei proprio cretino. Non capisci?”, disse la donna dando una scoppola al figlio. “E' da
trent'anni che faccio la serva per quel vecchio taccagno ed ora che è arrivato il giorno di prenderci ciò che ci
spetta, non ci andiamo?”.
I due si preparano e proprio davanti la porta, la madre esclama: “Cretino, ma che ti sei messo anche il
profumo?”.
“Solo un po'”.
“Ti pare che stiamo andando ad una festa? In lutto stretto siamo. E poi che esci con 'sta faccia?”.
“Questa ho”.
“E oggi non va bene. Occhi lucidi e faccia stanca ci vuole”.
Le sedie sono messe tutte in cerchio ed al centro c'è la bara. Tutto intorno musi lunghi e un sottile vocio
si diffonde per tutta la sala. Lo stanzone era pienissimo di gente e si poteva entrare a stento.
Carmelo ed Immacolata sembrano inconsolabili. Dall'altro lato c'era una bella donna che piangeva più
forte di tutti gli altri.
“Però non mi aspettavo tutte queste persone”, disse Immacolata al figlio, appena entrò in casa.
“Vuol dire che lo zio era voluto bene!”.
“Cretino, chissà cosa sono venuti a fare; forse il vecchiaccio aveva promesso qualcosa”.
“Ma che dici?”.
“Lascia perdere, tanto parlare con te è come parlare col muro”, disse la madre, mentre si faceva largo
tra la folla.
“E certo che a quella là il piano non è riuscito”, sussurrò una donna all'uomo che aveva accanto.
“E quale piano?”.
“E come quale piano? Non lo sai che si stavano sposando? Per mangiarci le case, no”
“Ecco perché piange”.
“U signuri fu! Vediamo se fa ancora la signora”.
“E 'sta gran casa a chi va?”.
“Che ad Immacolata, no”, esclamò una donna che si è inserita nella discussione.
“Questo è da vedere”, rispose acida un'altra donna. “Stasera ci sarà da ridere”.
Dall'altro lato della sala due uomini in piedi discutono fitto fitto: “Ma alla fine si è saputo che gli è
venuto?”.
“Ma ti pare che si è capito? Non fumava, non beveva e non andava a donne”.
“Faccio bene io che fumo, bevo e vado a donne”.
“Almeno è morto prima di pagare l'Imu. Non gli ha dato questa soddisfazione alla Stato”.
“Si ma ora qualcuno lo deve pagare”.
“E chi si prende tutto 'sto gran palazzo”.
Uno dei due fa una smorfia, come se stesse cominciando a ridere, ma poi ritorna serio ed afflitto.
Nel frattempo nella sala entra una donna: “Ciao Immacolata, ti ho portato qualcosa da mangiare, così
non ti prendi l'incomodo nemmeno di cucinare”.
“Ma che cucinare? Non ho cuore di fare niente. Sapessi che peso che mi sento qua dentro”.
“E che non ti capisco?”.
“E certo ... avrà la nausea per tutto quello che si è mangiata per festeggiare”, sussurrò una donna
all'orecchio del marito.
“Secondo me avrà poco da festeggiare. Ci sarà da ridere”, rispose un uomo che era seduto accanto alla
donna.
All'improvviso suonano alla porta e Carmelo va a rispondere.
“Ah ... ti sei scomodato anche tu, cugino caro”, disse acido Carmelo appena aprì la porta.
“E certo che mi sono scomodato anch'io. E che credevi? Era anche mio zio”.
“E bravo ... ed all'improvviso te ne sei ricordato ora”, esclamò Immacolata che nel frattempo si era
intromessa nella discussione.
“Io sono sempre stato vicino allo zio e l'ho fatto in maniera del tutto disinteressata”, esclamò l'uomo
mentre dalla sala si sentì una risata.
“Comunque ... posso entrare?”, esclamò l'uomo mentre spostò Immacolata con la mano ed entrò in
casa.
La donna, mentre lo seguiva da dietro, urlò: “Ma quello che abbiamo fatto noi per lo zio, non l'ha fatto
nessuno”.
“E no! Questo non te lo lascio dire!”, esclamò una donna che si era appena alzata per controbattere.
“Mio figlio gli portava sempre l'acqua fin dentro casa”.
“Poverino!” rispose un'altra donna. “E per questo nobile gesto cosa vorresti?”.
Il tono della voce delle due donne cominciava a salire sempre più ed a quel punto interviene
Immacolata.
“E no! Adesso basta! Un po' di rispetto per il povero zio”, disse asciugandosi le lacrime dagli occhi. “E
poi non tollero certe scene in casa mia”.
“Casa tua? E questo è tutto da vedere”, disse l'altro cugino.
“Appunto ... questo è da vedere”, risposero in coro le altre donne che si stavano azzuffando.
“E poi la legge parla chiaro”, aggiunse l'altro cugino, tirando fuori dalla tasca della giacca un foglio di
carta. “E qua è tutto scritto chiaro”.
“E perché qua no?”, esclamò a voce alta un uomo che fino ad allora era stato zitto.
“E no? Non facciamo scherzi! Anch'io ho un testamento che parla chiaro”, disse un'altra donna.
“Anch'io”.
“E pure io”.
“Guarda un po' quel vecchio pazzo si divertiva a fare testamenti. Ecco perché quando metteva piede in
piazza era servito e riverito da tutti. È da anni ormai che non paga i caffè e le paste”.
“Se è per quello non pagava nemmeno i giornali”, esclamò il giornalaio.
“E nemmeno il pane”, disse un altro uomo.
“Bonu va!”.
Nel frattempo suonano alla porta; Carmelo va ad aprire e trova altre persone che sventolano pezzi di
carta.
“Vecchio maledetto”, sussurra l'uomo tra i denti.
A quel punto interviene Immacolata. “Facciamo un po' d'ordine”, disse la donna a voce alta. “Innanzi
tutto spostiamoci in un'altra stanza. Chi ha il testamento scritto di pugno si mette nella prima stanza, chi ce
l'ha scritto a macchina, si metta nell'altra. Io nel frattempo chiamo l'avvocato”.
La donna nel frattempo passa davanti alla bara e si ferma un attimo: “Meno male che sei morto, sennò
ti ammazzavo io”, sussurra tra i denti.
La stanza si svuota in un attimo e con la bara rimangono solo la giovane donna che faceva le pulizie ed
un vecchio che ride a crepapelle, il quale, avvicinandosi alla bara, sussurra: “Caro Pippo, speriamo che ti stai
godendo la scena. Nei hai combinate tante in vita, ma come quelli che ti riescono da morto mai”.
Dopo quasi un'ora arriva l'avvocato. L'uomo era morto di sonno e fortemente irritato per l'orario, ma
Immacolata gli ha promesso una generosa parcella.
“Allora, mi spiegate qual è il problema”, disse acido l'uomo.
Appena l'uomo smette di parlare, tutti gli altri parlano insieme e si fa un frastuono incredibile. A quel
punto l'avvocato urla: “Così non va bene! O parlate uno alla volta o vado via!”.
“Zitti tutti! Parlo io”, disse Immacolata. “Il vecchio malefico si è preso gioco di noi ed ha scritto una
carrettata di testamenti. Come facciamo a capire qual è quello valido?”.
“Allora – urlò l'avvocato – quelli che hanno un testamento privo di firma oppure che presenta la firma
non a penna, lo possono strappare ed andare a casa”.
E già quattro persone, spingendo gli altri, se ne vanno senza nemmeno dire una parola; solo una
esclama: “Questo lo vedremo!”.
“I testamenti scritti a penna direttamente dalla vittima, sono sempre più credibili rispetto agli altri”,
continua l'avvocato.
Nel frattempo se ne vanno altre persone.
“Tra quelli scritti e firmati a penna, vale di più quello scritto in presenza di testimoni”.
“Tié”, esclama il cugino. “Io avevo due testimoni”.
“Anch'io ho un testimone”, disse Immacolata.
“E chi? Tuo figlio?”.
“E certo!”.
“Quello non conta. Lo sanno tutti che è incapace di intendere e volere”, disse ridendo il cugino.
A quel punto Carmelo si alza in piedi e cerca di colpire il cugino.
“Basta! E che siamo degli animali? O vi calmate o me ne vado subito”.
Dopo un attimo si ristabilisce il silenzio e l'avvocato riprende a parlare.
“E comunque quella scritta davanti a testimoni può essere superata solo da quella scritta davanti ad un
notaio”.
“Ah Ah! Ma allora il mio è la migliore di tutti. Ora non esulti più. E ora vattene da casa. E se non ti sta
bene ci vediamo in tribunale.
“Questo è sicuro. Ci vediamo in tribunale”.
La sala del notaio era piena di gente; i più fortunati avevano trovato posto in prima fila. Gli altri erano
rimasti in piedi con i loro avvocati.
All'improvviso entra il notaio e subito si fa silenzio.
“Buongiorno a tutti. Ho fatto convocare tutti voi, perché ci sono state moltissime richieste di
chiarimenti in merito a questa successione testamentaria. Quindi, per far luce, è necessario che ci siate tutti”.
“Signor notaro ... parlasse facile, perché io già mi sono confonduto”, urla un vecchio in fondo alla
sala”.
“Insomma ... sarò chiarissimo”, replica il notaio. “Nessun testamento in mano vostra è valido”.
“Ma chi sta dicendo. Ma chi è pazzo!”, urla Immacolata.
“Avanti cerchiamone un altro, un po' meglio”, dice Carmelo.
Stanno quasi per andarsene, ma l'avvocato dei due li blocca per un braccio e sussurra: “Aspetti ...stiamo
a sentire”.
Immacolata si rimette a sedere, nel gran chiasso generale.
“Scusate ... fate silenzio oppure interrompo la seduta”, urla il notaio.
Si fa silenzio ed il notaio riprende a parlare.
“Alcun testamento è valido solamente perché qualche giorno prima di morire, il povero Giuseppe ...”.
“Povero? Su gran curnutazzu!”.
“Signori, vi prego. Abbiate almeno rispetto per i morti”, sospira il notaio e poi riprende a parlare.
“Dicevo ... il povero Giuseppe, in mia presenza ha espresso le sue ultime volontà ed ha espressamente
annullato tutto ciò che aveva precedentemente già disposto”.
“Cettina ... e chi voli diri. Non l'ho capito”, sussurra un uomo alla moglie.
La moglie alza le spalle e non risponde. Dal fondo della sala il vecchietto di prima urla nuovamente:
“Signor avvocato ... ma che allora lo fa apposta. Qua non stiamo capendo niente”.
“Ma come non state capendo”, ribatte il notaio.
“Tu stai capendo qualche cosa?”, chiede il vecchietto ad un amico.
“Niente!”
“E tu ci sta capendo?”.
“Manco 'na parola”.
“Un attimo di attenzione. Mi spiego meglio”, dice il notaio.
“Se ricomincia come prima, sta volta ci tiru 'na scappa”, esclama il vecchio.
“Tre giorni prima di morire il signor Giuseppe è venuto a fare testamento e mi ha detto che tutti i
testamenti che aveva fatto prima non erano validi”.
“E allora perché li ha fatto”, urla Immacolata.
“E questo non possiamo saperlo”, risponde il notaio.
“Accussì ... per prenderci per il culo”.
“Signori ... l'unico testamento valido è in mano mia ed ora mi appresto a leggerlo con voi”.
“Vadda che a casa sa pigghia iddu”, esclama il vecchietto.
“Ma che dice? Piuttosto, può stare zitto per favore, perché non mi fa sentire niente”.
Il notaio comincia a leggere.
“Le proprietà del signor Giuseppe Messina ammontano ad un palazzetto nel centro del paese, ad un
paio di conti correnti”.
“E faceva la vita di pezzente”, esclama una donna.
“Secondo l'articolo 243 del codice ...”
“Notaio .. pietà! Ci dica a chi vanno le cose e ce ne andiamo”.
“Allora per farla breve ... la casa va alla signora Immacolata ...”
“Ahhhhh lo sapevo! Grazie zietto”, e manda un bacio verso il cielo.
“Un attimo” continua il notaio, “ma ci sono due condizioni. Alla signora Immacolata va solo la nuda
proprietà, perché l'usufrutto va alla signora Ielena Kurtic, senza il permesso della quale la casa non può essere
venduta”.
“E che vuol dire?, chiede Carmelo.
“Cretino ... vuol dire che se quella non schiatta non la possiamo vendere”.
“Ah va beh ... e allora”.
“Si, ma c'è dell'altro”, dice il notaio.
“E peggio di quello che ci può essere”, dice Immacolata.
“Che ci sono deve carichi pendenti sull'immobile del valore di 12.376 euro”.
“E quest'altra cosa che vuol dire”, sussurra Carmelo.
“Cretino ... che se non paghiamo non possiamo avere una casa che non potremmo mai avere”.
“E i conti correnti?”, chiede un uomo.
“I conti correnti, del valore di 6 euro e 43 centesimi vanno all'altro cugino”.
Lo spettacolo si chiude fra le risate generali.