Maredolce e il Castello Arabo - Parco della Favorita Palermo

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Maredolce e il Castello Arabo - Parco della Favorita Palermo
“Est pabulum animo rum contemplatio naturae.” (È pascolo dell’animo la contemplazione della natura)
Cicerone
Estate 2010
[email protected] - www.ilgiornaledeiparchi.it
Direttore: Arturo Abbadessa
Anno I - N° 2
Maredolce
e il Castello Arabo
di Arturo Abbadessa
Lo sapevate che a Palermo si trova
uno dei più bei parchi della Sicilia?
Incredibile! Pare che circa il 90 percento dei Palermitani sotto i 40 anni
non conosca l’esistenza del 2° più
grande parco della loro città: il Parco “Maredolce” con il Castello della
Fawwarah”. Il Castello fu costruito nel
periodo arabo tra il X e l’XI sec., e fu la
residenza dell’emiro kalbita Gia’far II,
che governò Palermo dal 998 fino al
1019. Abd al-Rahaman, intellettuale
arabo vissuto nel XII sec., ci ha lasciato la seguente descrizione:
Il castello Maredolce era, in origine,
un “qasr”, ovvero una sorta di cittadel-
Il giardino islamico
di Muhammad Al daire
I giardini mettono in risalto la
bellezza della natura, mostrano
la grandezza del Creatore, e trasmettono piaceri dell’anima, perciò i Musulmani sono stati attratti
da quest’arte.
I giardini islamici non sono solo
caratterizzati dalla loro bellezza
e dalla magnificenza del loro design, ma anche dalla privacy.
La privacy è la caratteristica più
importante dei giardini in epoca
islamica, infatti sono stati recintati da alti muri o slanciate palme,
seguiti da cipressi che hanno la
funzione di purificare l’aria provenite dal Sahara. Il clima e la
quantità di adombramento richiesto avevano un ruolo molto
importante nel determinare la
scelta delle piante, come l’esempio dei salici nei giardini di Samarcanda per idratare l’aria dopo
la purificazione, come, lo notifica
ALEstakhri se non fosse per i salici, l’aria sarebbe inquinata, fatto
dovuto alla congestione degli
edifici della città.
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la, probabilmente provvista di mura
di cinta. Questo qasr comprendeva
vari edifici, tra cui l’odierno palazzo
della Fawwarah, la sala termale e la
peschiera di Maredolce. Oggi, poco rimane del qasr. La peschiera non esiste
più; la sala termale non è più identificabile, il palazzo è stato restaurat0
in parte, il resto è rimasto in stato di
colpevole abbandono.
Descritto con grande ammirazione
dai cronisti del tempo, il complesso
di Maredolce può essere considerato
come il risultato della cultura islamica che trionfa in Sicilia tra la fine del X
secolo e l’inizio del XI, grazie all’emiro
kalbita Gia’far (998-1024), il costruttore del palazzo della Fawwarah.
Il Castello Maredolce segue un disegno di grande purezza islamica in cui
il palazzo con le sue compatte masse
murarie, la pianta che si articola attorno ad un cortile centrale, le finestre
a feritoria e, soprattutto, la presenza
dell’acqua e dei giardini, risponde
pienamente agli stilemi costruttivi tipicamente fatimiti.
I Normanni,durante i due secoli di
dominazione in Sicilia (1071-1189),
risentirono del fascino dell’arte isla-
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mica e della meraviglia dei giardini
coranici a tal punto che, su modello di quel che videro nel parco della
Fawwarah, realizzarono altri giardini
fuori le mura della città di Palermo,
come il parco della Zisa ed il parco di
Altofonte.
La presenza dei giardini e dell’acqua
all’interno di Maredolce era riferibile
alla volontà di riprodurre il giardino
del Paradiso coranico, caratterizzato da varie specie arboree, numerosi
percorsi d’acqua ed animali esotici.
I giardini di Maredolce accoglievano diverse specie di piante da frutto,
come la palma da dattero, gli agrumi
e gli ulivi, secondo il tipico modello
dei giardini-munya delle terre occidentali d’Ifriqiya e di Spagna. Più specificamente, il parco della Fawwarah
potrebbe essere un esempio di agdal
maghrebino, termine di origine berbera che indica grandi giardini adibiti
a frutteti, irrigati da bacini d’acqua.
L’acqua è un elemento distintivo del
giardino islamico: forza vitale per le
piante, essa è soprattutto il simbolo
della purificazione del corpo e dello
spirito dell’uomo. Non a caso, il palazzo del Castello di Maredolce è stato
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Un’altra caratteristica principale dei giardini islamici è la forma
geometria e i ruscelli d’acqua.
La forma geometrica ha un
grande significato spirituale.
I giardini islamici in generale
hanno un’esistenza e simbolismo molto forte, sono stati
menzionati nel Corano (l’inizio
della creazione è stato in un
giardino e il Creatore è il primo
“Seminatore”).
Il Corano, per la descrizione dei
colori, suoni, odori, ombre, alberi,
fiori, ruscelli è una fonte d’ispirazione per i progettisti dei giardini
islamici e per le loro idee.
All’inizio, i giardini erano luoghi per la meditazione spirituale,
e nei secoli successivi divennero
un teatro di storie d’amore e di
sentimenti, fino a rappresentare
in epoca Moghul in India sotto il
dominio islamico, una manifestazione di ricchezza e potere e
un monumento per la vita dopo
la morte.
Nonostante la vasta area geografica e culturale, che occupava
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dedicato ad una sorgente, la Fawwarah: come l’acqua che zampilla dalla
sorgente, il palazzo era il principio
vitale dell’intero complesso. Il palazzo
della Fawwarah dominava il territorio
circostante e, nel contempo, s’inseriva
armoniosamente nella vegetazione
come un’allegoria della sorgente che
si dirama tra i sentieri della natura.
Oggi, noi vorremmo rivedere il meraviglioso castello dell’emiro Gia’far,
il suo illustre palazzo, i giardini del
paradiso e le limpide acque di Maredolce. Nell’attesa che il nostro sogno
si realizzi, continueremo ad immaginare il “paradiso” ad occhi chiusi,
sperando, però, di riaprirli presto e di
poter dire:
Evviva la trionfante reggia, che
splende di incantevole bellezza, con
il suo castello egregiamente edificato, dalle forme eleganti, dalle eccelse
logge, con le sue belve e le copiose acque e le sorgenti (degne) del paradiso!
L’area originariamente si estendeva dal mare fino alle pendici del
Monte Grifone. Dell’originario Parco
Maredolce è rimasto il Castello: da
una parte, soffocato da una antropizzazione selvaggia, quasi a cancellare la sua esistenza e a sfregiare la
sua magnifica struttura, confinante
con il quartiere Brancaccio, cresciuto
nel dopoguerra disordinatamente,
senza un piano regolatore; dall’altra
parte, un mandarineto in una “nostalgica atmosfera” che confina con
l’Autostrada A19.
Il Parco non si trova distante decine di chilometri da Palermo, bensì
in uno dei più grandi quartieri della
Capitale, alle spalle della Stazione
Centrale, attraversato tutti i giorni da
decine di treni, ma senza una stazione metropolitana, che se ci fosse le
darebbe maggiore dignità e potrebbe collegarlo in pochi minuti con
l’Aeroporto.
Questa sua posizione così centrale
rende questa storia ancor più incredibile e singolare. Di chi è la colpa:
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dei Palermitani, dei Politici, della Burocrazia o delle Istituzioni?
Non è nostra intenzione fare un
processo su chi è responsabile, perché il nostro compito è portare a conoscenza dell’opinione pubblica le
notizie. Questa notizia è frutto di una
nostra inchiesta. Spetta ai Cittadini di
questa città, se ne avranno voglia, il
compito di esprimere la loro opinione e dare dei giudizi.
Molti problemi di oggi nascono
dal fatto che i Politici locali hanno
rinunciato agli strumenti di indagine
e alla stretta collaborazione con gli
Intellettuali locali. Colpa senza dubbio delle ideologie. In un saggio su
José Ortega y Gasset, Gonzalo Alvarez Garcìa ci dice che “Tutte le grandi
epoche storiche sono scaturite dalla
leale, franca e stretta collaborazione
tra l’intellettuale vero e il vero politico. Questa nostra non è una grande
epoca storica”.
Mi domando pure, dove sono stati
tutto questo tempo i nostri “Ambientalisti”, i “Verdi”, difensori della natura? Alla fine di una storia di degrado
come questa troveremo, forse prima
o poi, un ente nazionale o internazionale che rivendicherà il diritto di
gestire questo straordinario Parco
reso celebre dagli Arabi, perché noi,
nel frattempo, avremmo dimostrato
di essere stati incapaci di tutelarlo. È
successo con il Parco della Favorita,
affidato ai Rangers d’Italia; è successo
con la Kolymbetra ad Agrigento, affidato al F.A.I., e così per tanti altri siti
siciliani. Ce n’è abbastanza per provare vergogna. Mi domando allora a che
cosa ci è servita l’”Autonomia”?
Se questo Parco fosse ben curato
farebbe da motore di sviluppo per
il “Rinascimento” di tutta l’aria circostante, ed invece si fa poco o nulla
per avviare un processo virtuoso che
coinvolga i “Residenti”.
(Estratto di un articolo pubblicato su “Sicilia Tempo” nel novembre
2007).
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l’impero islamico, i giardini hanno certe caratteristiche comuni.
Il Giardino del Palazzo di Alhambra, che è stato istituito nel
XIII sec. in Spagna e il giardino
Taj Mahal istituito nel XVI sec. in
India, non solo hanno in comune
la forma e i dettagli, ma condividono un’unità spirituale.
Nonostante la diversità geografica e le differenze tra le varie
etnie, tra l’India e l’Andalusia e
nonostante il passare del tempo e tutte le circostanze avvenute, anni di prosperità ed altri
di fame, sono ancora due monumenti spirituali esprimono
l’amore travolgente e la passione per la vita.
E non manca né la tecnologia
né la rappresentazione cosmica
come lo testimonia il sistema
idrico della fontana dei leoni che
alimenta il Palazzo di Alhamba
Nel sistema idrico della fontana retta da dodici leoni, l’acqua
usciva dalla bocca del primo leone alla prima ora e dalla bocca
del secondo alla seconda ora e
cosi via fino alla dodicesima ora
l’acqua zampillava dalla bocca di
tutti i dodici leoni.
E così, la Fontana è stata una
parte splendida del giardino
islamico, con una funzione pratica, e valore estetico, e qualche
volta - anche - un’invenzione
scientifica.
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CULTURA
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BOOK GALLERY
Collana
Stupor Mundi
diretta da
Filippo Maria Provitina
Prezzo: € 12,50, pagg.: 152
A
L’
Michele Amari
Amari era il tipo della nostra razza. Io non ho conosciuto un uomo che fosse più completamente siciliano di lui. Fermo, attivo,
altero, acuto, schietto e franco, sino alla rudezza, egli riassumeva tutte le nostre qualità. Le nostre virtù, e se vuolsi ancora i nostri
difetti, egli lì ebbe tutti. Era Siciliano non solo di sangue e di carattere, ma di cuore. La vocazione storica nacque in lui come un atto
di patriottismo.
La storia del Vespro Siciliano fu da lui dettata come una lezione di storia patria, per insegnarci che le grandi insurrezioni si compiono per virtù di popolo concorde, e non per isforzo di congiure e di sette. E la lezione fruttò; giacché, poco dopo, per atto unanime di
popolo, ebbe luogo la celebre disfida del 12 gennaio 1848, e la siciliana rivoluzione.
E la Storia dei Musulmani, come la Biblioteca Araba-Sicula, non furono per lui che la rivelazione di un altro periodo di civiltà siciliana,
la Musulmana.
Profondamente attaccato a questa sua terra natia, Egli non iscrisse una pagina di storia che siciliana non fosse. Eppure è tanta l’importanza che negli annali del Mondo ha la storia di quest’Isola, di questa piccola regina del Mediterraneo, tanto era l’acume della sua
mente, la profondità dei suoi studi e la novità dei loro risultati, che Egli ne ottenne quale scrittore di storia il primato in Italia, e l’alta
considerazione della dotta Europa.
Andrea Guarneri
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Parchi News
Estate 2010
“Una delle più sensibili specole della nostra coscienza è la poesia”.
“Prendere coscienza della crisi; opporre, cioè, alla crisi della coscienza
la coscienza della crisi è, pensiamo, il nostro dovere…”
Giuseppe Zagarrio
Poeta (1921 - 1994) Ravanusa, Sicilia.
Presentazione
I Poeti arabo-siculi di questa nostra
Collana vissero in un periodo di transizione, a cavallo tra la fine dell’anno
1000 e l’inizio del II millennio. Alcuni
di loro continuarono a vivere nell’Isola anche dopo la fine dell’Impero
Arabo, grazie alla benevolenza dello
“Stupor Mundi” del Medioevo, Federico II, Imperatore del Sacro Romano
Impero, al tempo in cui la Sicilia non
solo era un crocevia di culture, ma
anche una terra di straordinaria bellezza, al tal punto che è entrata nella
storia la sua celebre frase: “Dio non
Prefazione
La conoscenza da sola non è sufficiente a costituire un agente di
trasformazione storica, ma rimane
sempre di grande importanza per il
progresso umano. È necessario che
tutte le persone, le associazioni e
le organizzazioni umanitarie si impegnino seriamente nel campo del
sapere umano, nella scienza, nella comprensione degli altri popoli,
nella conoscenza della loro civiltà,
nelle loro storie e nel contributo allo
sviluppo di tutti gli aspetti della vita
umana.
La storia ci ha insegnato che le civiltà umane sono passate in varie
fasi: una fase di sviluppo e di prosperità; un’altra di depressione e recessione e alcune civiltà sono passate è
non sono più presenti ai nostri giorni, e con la successione delle epoche,
avrebbe scelto la Palestina se avesse
potuto vedere il mio Regno di Sicilia”.
La poesia per gli Arabi è la più importante tra le Arti; è la più alta fonte
di espressione. Questi Poeti, orgogliosi e fieri delle proprie tradizioni,
sono ambasciatori dello “spirito arabo”. Amore, Bellezza, Passione e Dolore spesso si intrecciano, si fondono
e vengono esaltati con armonia e
grazia, come in tutte le poesie, in un
“sogno all’ombra della ragione”.
Vi presentiamo questa speciale
selezione di poesie ricca di umanità
per riportare alla memoria dei contemporanei un frammento prezioso
tutte le civiltà si sono sovrapposte tra
loro e non vi è più una civiltà figlia di
se stessa e non vi sono società civili ed altre incivili, ma vi sono società
con le loro credenze, usi e tradizioni
proprie.
Siamo alle soglie del 3° millennio, lo
sviluppo della tecnologia e il nuovo
progetto della globalizzazione hanno portato le razze e le civiltà ad avvicinarsi le une alle altre ed è diventato
un dovere di tutti di cooperare e di
collaborare per superare gli ostacoli
e contribuire al miglioramento e allo
sviluppo della vita umana. La cooperazione non deve limitarsi ai confini
materiali, ma si deve estendere alla
sfera dei valori dell’etica, delle opere
caritatevoli e della riconoscenza. La
cooperazione è un principio di tutte
le religioni divine compreso l’Islam,
infatti è una delle sue virtù. Dio altissimo dice nel Corano: “cooperate tra
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di ciò che resta della cultura araba
nell’Isola, che per secoli si unì alla nostra nel rispetto reciproco, in un connubio di straordinaria fertilità, quando la Sicilia era un faro di cultura tra
i due mondi.
L’eredità culturale che appartiene
alla Storia di entrambi i Popoli è un
patrimonio comune che gli Intellettuali del nostro tempo, dell’una e
dell’altra sponda del Mediterraneo,
hanno a disposizione per costruire
insieme un futuro di Pace e di Prosperità alle soglie del III millennio.
L’Editore
di voi nelle opere buone e nella devozione; e non cooperate nel peccato e
nella trasgressione”.
Muhammad Al daire
Muhammad Al daire è nato a Al
mazar Al Shmaliah in Giordania
dove ha conseguito la maturità
scientifica, si è trasferito in Italia
a Perugia per studiare la lingua
italiana, ha poi conseguito la laurea in Architettura all’Università
degli Studi di Palermo, dove si è
specializzato in Arte Islamica in
Sicilia. Vive ed opera a Palermo ed
è appassionato della Lingua e della Cultura Araba ed Islamica e ne
svolge attività di divulgazione.
Natura
Parchi News
Estate 2010
La Regina della Notte
Il suo nome latino è Cestrum Nocturnum, ma nel nostro paese è largamente conosciuto come gelsomino notturno. È una pianta ad arbusto delle Oleacee, rampicante, dell’America tropicale, dell’Arcipelago Americano e dell’Estremo Oriente. Produce fiorellini profumatissimi che si schiudono la notte. Il nome inglese è
Night Blooming Jasmine.
Nei paesi del Mediterraneo è più diffuso un altro tipo di gelsomino, meno profumato che mantiene la sua efflorescenza alcuni giorni. Nelle notti d’estate chi
possiede questa pianta può assistere e godere delle meraviglie che offre la natura. All’alba i petali si chiudono. Cicerone diceva: “È pascolo dell’animo la contemplazione della natura”. Contemplando la natura ci rendiamo conto dell’esistenza
del “Creatore”.
Se dovete fare un regalo ad una persona cara ricordate di comprare questa pianta. E quando andate nel vostro fioraio di fiducia chiedete “La Regina della Notte”.
Se non la conosce con questo nome dite pure “Il Gelsomino Notturno”.
Un grande poeta italiano del Novecento gli ha dedicato una poesia.
Arturo Abbadessa
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Il Gelsomino Notturno
di Giovanni Pascoli
E s’aprono i fiori notturni,
Nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
Le farfalle crepuscolari.
Un’ape tardiva sussurra
Trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
Va col suo pigolio di stelle.
Da un pezzo si tacquero i gridi
Là sola una bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi.
Come gli occhi sotto le ciglia.
Per tutta la notte s’esala
L’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento…
Dai calici aperti si esala
L’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.
È l’alba: si chiudono i petali
Un poco gualciti; si cova;
dentro l’urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.
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