energia dai rifiuti
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energia dai rifiuti di W. Merzagora Utilizzo energetico dei rifiuti solidi urbani La situazione italiana L a presente relazione si propone di riassumere l’attuale “stato dell’arte” delle tecnologie disponibili per il recupero energetico dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU), delle cosiddette Frazioni Secche Combustibili o Sovvalli (FSC) e/o dei Combustibili Derivati dai Rifiuti (CDR), in accordo con le disposizione normative dei Decreti Legislativi 133/05 e 152/06, nonché di fornire il quadro nazionale della loro evoluzione storica e tecnica. A tale scopo vengono di seguito descritte le tre principali tecnologie di termotrattamento dei RSU: combustione, pirolisi e gassificazione; di queste, le tecnologie di combustione dei rifiuti sono ritenute le più affidabili, in relazione alle ampie esperienze operative che hanno consentito di individuare e applicare gli accorgimenti e i sistemi più idonei per limitarne l’impatto ambientale e contenerne nel contempo, entro limiti accettabili, i costi di esercizio. La pirolisi e la gassificazione, delle quali si faranno solo dei cenni, sono state oggetto in passato, di alcuni importanti impianti dimostrativi, con risultati tecnico-economici del tutto insoddisfacenti; in particolare, di tali tecnologie non sono state definite compiutamente l’economicità e l’affidabilità tecnica ed ambientale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento di RSU e/o di CDR. Processi termochimici Lo scopo primario dei processi di termotrattamento è quello di ottenere la parziale o completa ossidazione delle sostanze organiche contenute nei materiali sottoposti a tali trattamenti; i parametri tecnologici per il controllo di tali processi sono essenzialmente tre: la temperatura, il tempo di residenza dei materiali e dei fumi nel forno/reattore e la quantità di aria utilizzata per il processo. La combustione è il processo più semplice e per il quale si hanno più esperienze realizzative; esso consiste, come è noto, nella completa ossidazione del materiale combustibile che brucia in presenza dell’ossigeno contenuto nell’aria, che agisce da comburente. Il processo è fortemente esotermico e si svolge a temperature comprese tra 1.000 e 1.500 °C, con una quantità d’aria in eccesso rispetto a quella teoricamente necessaria: il rapporto stechiometrico si aggira su valori dell’ordine di 6-6,5 kg di aria per kg di RSU. La combustione di RSU, FSC o CDR, allo stato attuale della tecnica, rappresenta pertanto una razionale soluzione in quanto presenta i seguenti vantaggi: - notevole flessibilità d’impiego; - limitato fabbisogno di aree d’impianto; - produzione di scorie e ceneri corrispondenti a meno del 10% del volume che i rifiuti occuperebbero in discarica; - produzione di energia, sia termica che elettrica, il cui valore economico può arrivare a coprire oltre la metà dei costi di esercizio dell’intero impianto. Dott. Walter Merzagora, Direttivo Itabia (Italian Biomass Association). La Termotecnica • Dicembre 2008 Gli altri processi termochimici, quali la pirolisi e la gassificazione, si differenziano dalla combustione in quanto avvengono in assenza o in difetto di aria. La pirolisi consiste in una decomposizione chimica-fisica della materia organica per azione del calore, in assenza di ossigeno o di altri ossidanti e può avvenire a temperature comprese tra i 300 e i 900 °C; essa, a differenza della combustione, dà luogo ad una reazione endotermica e, in conseguenza di ciò, necessita di calore per poter distillare tutte le componenti volatili presenti nella materia organica. I principali prodotti ottenibili sono una frazione gassosa, con pci variabile da 1.000 a 3.000 kcal/Nm3, costituita prevalentemente da idrogeno, metano, monossido di carbonio e anidride carbonica; una frazione liquida, contenente catrame e acqua con sostanze organiche in essa solubili (acido acetico, acetone, metanolo ecc.); un residuo solido (charcoal), costituito da una sostanza carboniosa contenente tutti i materiali inerti presenti nel materiale originario pirolizzato. La gassificazione è invece un processo termochimico che si svolge in atmosfera carente di ossigeno che consente un’ossidazione parziale del combustibile, il quale viene trasformato in un gas combustibile, composto essenzialmente da idrogeno (H2) e da monossido di carbonio (CO), detto gas di sintesi o “syngas”. Questo processo trae origine da quelli di carbonizzazione-gassificazione del legno e del carbon fossile, per i quali rappresenta già da tempo un’applicazione consolidata a livello industriale. L’ossidazione può avvenire sia con la presenza di aria (gas d’aria), sia con acqua (gas d’acqua); con il primo metodo si ha una parziale combustione del materiale organico che avviene con quantità di aria modesta, intorno ai 2-2,5 kg per kg di sostanza secca, ottenendo il cosiddetto “gas povero” (1.100-1.300 kcal/Nm3). Nel secondo caso si porta a contatto il vapore d’acqua e il materiale organico rovente, ad una temperatura di poco superiore ai 1.000 °C: si produce in questo modo un gas con una percentuale di idrogeno e di monossido di carbonio quasi uguale; il gas che si ottiene ha un potere calorifico medio che si aggira sui 2.500 kcal/Nm3. Tecnologie disponibili Tecnologie di pirolisi La pirolisi ha trovato valide applicazioni in alcuni settori, per es. nella produzione di carbone vegetale (carbonella), nel trattamento di pneumatici usati, nella pirodepurazione di cavi elettrici e circuiti stampati ecc. Per contro, nel trattamento dei RSU, la tecnologia non ha mai raggiunto livelli soddisfacenti di affidabilità tecnico-economica; infatti, alcuni impianti dimostrativi realizzati negli USA (Baltimora) e in Giappone (Funabashi), per trattare RSU e rifiuti assimilabili, dopo alcuni anni di difficile esercizio, sono stati fermati e sostituiti con più affidabili forni d’incenerimento, nel primo caso a griglia e nel secondo a letto fluido. 25 energia dai rifiuti Termovalorizzatori in funzione/costruzione al 31/10/08 Regione Comune (Provincia) Capacità nominale (n.lineext/d) Rifiuti trattati Tecnologia di combustione (1) Trattamento di depurazione fumi (2) Potenza elettrica (MWe) Sito Internet informativo PIEMONTE Mergozzo (VB) 2 x 60 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+CR+BF+WET 5 conservco.it Vercelli (VC) 3 x 75 RSU ACG - DBA (D) BF+WET 4 tmt-vercelli.it Torino (TO) (In costruzione (#)) 3 x 540 RSU A/WCG - Von Roll (CH) DeNOx+ESP+BF 65 trm.to.it LOMBARDIA Bergamo (BG) 1 x 200 CDR BFB - EPI (USA) 1BF+CR+2BF+DeNOx 11,5 a2a.eu Brescia (BS) 3 x 750 RSU (+BIO) ACG - Martin (D) CR + BF 84,4 a2a.eu Busto Arsizio (VA) 2 x 200 RSU ACG - W+E (CH) DRY+WET+DeNOx 9,2 accam.it (In revamping) 1x120+1x150 RSU ACG - De Bartolomeis (I) ESP+CR+BF+WET+DeNOx 6 acsm.it Corteolona (PV) 1 x 180 CDR BFB - Kvaerner (S) DeNOx + CR + BF 8,7 ecoenergia.it Cremona (CR) 2 x 125 RSU (Sovvalli) ACG - Steinmüeller (D) CR+BF+WET 6 aemcremona.it Dalmine (BG) 2 x 200 CDR WCG - Noyvallesina (I) ESP+CR+BF+DeNOx 15,6 readalmine.it Desio (MI) 2 x 120 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+ESP+CR+BF 5,7 csrdesio.it Parona Lomellina (PV) 1x 620 + 1x580 CDR CFB - FW (USA) DeNOx+CR+BF 38 lomellinaenergia.it amsa.it Como, loc.La Guzza Milano - Silla 2 3 x 485 RSU (Sovvalli) A/WCG - ABB W+E (CH) ESP+BF+DeNOx 59 Sesto San Giovanni (MI) 3 x 80 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+ESP+WET+BF 5,5 coresesto.it Trezzo sull’Adda (MI) 2 x 300 RSU WCG - W+E (CH) DeNOx+CR+BF+WET 20,2 termotrezzo.it Valmadrera (LC) (In revamping) 1 x 120+ 1x160 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+CR+BF+WET 10,5 sileaspa.it 1x150 + 1x200 RSU ACG - DBA/Lentjes (D) BF+WET+DeNOx 6,05 eco-center.it 3 x 204 RSU A/WCG - W+E (CH) BF+WET+DeNOx 14,9 acegas.mediatech.it TRENTINO ALTO ADIGE Bolzano FRIULI Trieste VENETO Padova 2 x 150 RSU ACG - Von Roll (I) DeNOx+CR+ESP/BF+WET 6,6 acegas.mediatech.it Padova-(III linea in costruzione) 1 x 300 RSU WCG - Martin (D) 1BF+CR+2BF+DeNOx 7 acegas.mediatech.it Schio (VI) 1 x 36+60+100 RSU ACG - DBA (D) DeNOx+ESP+CR+BF 6,9 altovicentinoambiente.it Venezia, loc. Fusina 1 x 150 RSU (Sovvalli) ACG - W+E (CH) DeNOx+CR+BF+WET 2,15 ecoprogettovenezia.it Verona (Forni fermi dal 2006) 2 x 100 CDR BFB - Thyssen (D) DeNOx+CR+BF 21,8 agsm.it EMILIA ROMAGNA Granarolo dell’Emilia (BO) 2 x 300 RSU A/WCG - Von Roll (CH) CR+BF+WET+DeNOx 22 feafrullo.it Coriano (RN) (In revamping) 2 x 280 RSU ACG - Von Roll (CH) ESP+CR+BF+DeNOx 15,7 gruppohera.it Ferrara, loc. Canal Bianco 2 x 215 RSU ACG - De Bartolomeis (I) CR+BF+DeNOx 12,9 gruppohera.it Forlì 1 x 380 RSU ACG - Von Roll (CH) CR+BF+DeNOx 10,6 gruppohera.it Modena 2 x 140+1x 250 RSU ACG - Von Roll (CH) ESP+BF+DeNOx 32 gruppohera.it Piacenza 2 x 180 RSU ACG - Martin (D) DeNOx+ESP+BF 11,6 tecnoborgo.com Ravenna 1 x 150 CDR BFB - EPI (USA) DeNOx+ BF+WET 6,5 gruppohera.it Reggio nell’Emilia 2 x 100 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+ESP+BF 4,3 agac.it Tecnologie di gassificazione La gassificazione è una tecnologia ampiamente applicata in campo energetico per produrre combustibili gassosi, a partire dal carbon fossile o da altri composti carboniosi di origine vegetale (legno, torba, scisti bituminosi ecc.). Altre recenti applicazioni industriali di questa tecnologia sono quelle riguardanti il trattamento dei catrami di raffineria, denominati “tars”, utilizzati per produrre “syngas” a scopi energetici; ne sono esempi, in Italia, le centrali di gassificazione dei “tars” con recupero energetico, dell’API di Falconara Marittima (AN), della raffineria SARAS di Sarroch (CA) e di quella dell’ISAB di Priolo (SR). Per il trattamento dei rifiuti, la gassificazione ha visto l’impegno di parecchie società, alcune delle quali hanno anche avviato e realizzato importanti progetti dimostrativi. A Crèteil, in Francia, fu costruito all’inizio degli anni Ottanta, con tecnologia Andco-Torrax, uno dei primi impianti di gassificazione di RSU che ha funzionato per circa 10 26 anni, per poi essere sostituito da un forno a griglia convenzionale. A metà degli anni Novanta, in Germania sono stati realizzati altri due grossi impianti di gassificazione dalle società tedesche Siemens (impianto di Fürth, da 100.000 t/a di RSU) e Noell Energie und Umwelttechnik (impianto di Northeim, da 116.000 t/a di RSU, residui industriali e fanghi); tuttavia entrambi questi impianti hanno incontrato serie difficoltà di ordine tecnico ed economico, per cui attualmente sono fuori esercizio. Un’altra esperienza riguardante la gassificazione ad alta temperatura è stata quella della società Thermoselect che, dopo aver realizzato in Italia un impianto pilota a Verbania, ha proposto e realizzato a Karlsruhe (D) un impianto industriale da 225.000 t/a di RSU, il quale, dopo alterne e negative condizioni di esercizio, è stato chiuso nel corso del 2005. Altre esperienze, con esiti negativi, sono state realizzate anche in Italia; in particolare, sono stati costruiti, agli inizi degli anni Novanta, due impianti di gassifi- La Termotecnica • Dicembre 2008 energia dai rifiuti Regione Comune (Provincia) Capacità nominale (n.lineext/d) Rifiuti trattati Tecnologia di combustione (1) Trattamento di depurazione fumi (2) Potenza elettrica (MWe) Sito Internet informativo TOSCANA Arezzo, loc. San Zeno 1 x 120 RSU ACG - Volund (DK) DeNOx+CR+BF 2,9 aisaspa.com Castelnuovo di G. (LU) 1 x 36 RSU ACG - Fonsar (I) CR + BF 0,5 severa.it Livorno 2 x 90 RSU (Sovvalli) WCG - Nöell (D) DeNOx+CR+BF 6,7 aamps.livorno.it Montale (PT) (In revamping) 2 x 60 RSU RK - Tecnitalia (I) DeNOx+ESP+CR+BF 4,8 cis.pt.it Pisa, loc. Ospedaletto 2 x 100 RSU ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+CR+BF+WET 4,5 geofor.it Pietrasanta, loc.Falascaia LU) 2 x 120 CDR BFB - Kvaerner (S) DeNOx+CR+BF+WET 5,7 termoversilia.it Poggibonsi (SI) 2 x 30 RSU (Sovvalli) ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+CR+BF - sienambiente.it Poggibonsi-(III linea in costruzione) 1 x 170 RSU (Sovvalli) WCG - De Bartolomeis (I) CR+BF+DeNOx 8,4 sienambiente.it Rufina (FI) 1 x 30 RSU ACG - n.d. DeNOx + CR + BF Assente aerspa.it Scarlino (GR) (In revamping) 1 x 96+2 x 144 CDR (+BIO) BFB - Ex-Dorr Oliver (USA) DeNOx+WET1+ESP+WET2 19,5 provincia.grosseto.it 1 x 70 RSU (Sovvalli) ACG - DBA (D) CR+ESP+BF+WET 1,2 cosmari.sinp.net 2 x 75 RSU (Sovvalli) WCG - Lurgi (D) CR+BF+WET 2,5 asmterni.it MARCHE Tolentino (MC) UMBRIA Terni LAZIO Colleferro Mobilsevice Srl (Roma) 1 x 300 CDR WCG - Lurgi (D) CR+BF+DeNOx 13,5 consorziogaia.it Colleferro E.P. Sistemi SpA (Roma) 1 x 300 CDR WCG - Lurgi (D) CR+BF+DeNOx 13,5 consorziogaia.it San Vittore del Lazio (FR) 1 x 300 CDR WCG - Lurgi (D) CR+BF+DeNOx 13,5 aceaspa.it 3 x 650 CDR (Decl.a FSC) WCG - DBA (D) CR+1BF+2 BF+DeNOx 106 impregilo.it Taranto, Com. Statte (In ristruttur.) 2 x 100 RSU ACG - Von Roll (CH) DeNOx+ESP+BF+WET 3,5 amiutaranto.it Massafra (TA) 1 x 300 CDR BFB - EPI (USA) DeNOx+CR+BF 12,25 appiaenergy.com Modugno (BA) (In costruzione) 1 x 300 CDR BFB - EPI (USA) DeNOx+CR+BF 12,25 euroenergygroup.com CAMPANIA Acerra (NA) (In costruzione) PUGLIA BASILICATA Melfi (PZ) 1 x 100 RSU ACG - DBA (D) CR + BF + WET + DeNOx 4 fenicespa.com Potenza (In revamping) 2 x 50 RSU (Sovvalli) ACG - De Bartolomeis (I) DeNOx+WET+CR+BF 1,2 veoliaes.it 2 x 190 CDR BFB - Kvaerner (S) CR+BF+DeNOx 17 tecspa.it 2 x 100 RSU ACG - Fonsar (I) CR+BF+WET Assente messinambiente.it CALABRIA Gioia Tauro (RC) SICILIA Messina, loc. Pace SARDEGNA Cagliari, loc. Capoterra 2 x 160 RSU (Sovvalli) ACG - W+E (CH) DeNOx+CR+BF 9,4 tecnocasic.it Cagliari (III linea) 1 x 180 RSU (Sovvalli) ACG - Kawasaki (J) CR+BF+DeNOx 4,5 tecnocasic.it Macomer, loc.Tossilo (NU) 2 x 72 CDR BFB - Ebara (J) CR+BF+DeNOx 2 tossilo.it N. impianti Capac. tot. RSU/CDR TIPO MWe installati 54 22.272 t/d 6.960.000 t/y funz.medio 7.500 h/a 37 Imp.RSU 15.034 t/d (67,5%) 17 Imp. CDR 7.238 t/d (32,5%) ACG: 34 impianti (63%) 804,6 totali: WCG: 9 impianti (16,5%) BFB: 9 impianti (16,5%) CFB: 1 impianto (2%) RK: 1 impianto (2%) LEGENDA (1): LEGENDA (2): ACG = Air Cooled Grate (Griglia raffreddata ad aria) WCG = Water Cooled Grate (Griglia raffreddata ad acqua) BFB = Bubbling Fluidized Bed (Letto fluido bollente) CFB = Circulating Fluidized Bed (Letto fluido circolante) RK = Rotary Kiln (Tamburo rotante) WET = Scrubber (Colonna di lavaggio) ESP = Electrostatic Precipitator (Filtro elettrostatico) cazione del CDR che hanno funzionato entrambi per alcuni anni in modo intermittente ed insoddisfacente. L’impianto di Greve in Chianti risulta attualmente fuori esercizio, mentre quello realizzato nell’Isola d’Elba è stato definitivamente dismesso nel 2002 e in seguito demolito. Tuttavia, è in corso, presso il sito di Malagrotta nel Comune di Roma, la realizzazione di un gassificatore della potenzialità di circa 500 t/d di CDR. La Termotecnica • Dicembre 2008 BF = Bag Filter (Filtro a maniche) CR = Chemical Reactor o Venturi (Reattore chimico) DeNOx = NH3 o SCR (Rimozione ossidi di azoto) (#) Gara aggiudicata l’11/03/08 27 energia dai rifiuti Tecnologie di combustione Le attuali tecnologie di combustione utilizzano impianti di termovalorizzazione con forni di diversa tipologia; per quanto riguarda la combustione di biomasse, RSU, FSC e/o CDR, i forni normalmente utilizzati sono i seguenti: • Forni a griglia, del tipo a gradini o a rulli, adatti per RSU “tal quali”, rimanenti dalla raccolta differenziata, o per loro frazioni combustibili (FSC e CDR); questi forni hanno avuto una diffusa applicazione, in conseguenza della notevole flessibilità d’esercizio e dell’ottimo grado di affidabilità. • Forni a letto fluido, di tipo “bollente” o “circolante”, adatti in particolar modo per biomasse e/o frazioni dei RSU a più elevato potere calorifico (CDR, residui gommosi, plastiche, scarti di cartiera, ecc.). • Forni a tamburo rotante, utilizzati soprattutto per RSU indifferenziati; questo tipo di forno ha avuto limitate applicazioni sia per i costi di investimento e di esercizio, sia per ragioni tecniche collegate al basso rendimento di combustione. Combustione in forni a griglia I forni a griglia, ampiamente utilizzati in tutto il mondo nella combustione di rifiuti urbani e assimilabili, possono essere impiegati anche per bruciare CDR, purché si tenga conto delle diverse caratteristiche di quest’ultimo rispetto ai RSU tal quali: - un potere calorifico più elevato, in genere compreso tra 12.500 e 16.500 kJ/kg; - un contenuto inferiore di inerti o scorie, pari al 10-15%; - una minore densità in mucchio, almeno per le forme di CDR più leggere, quale il “fluff” (50-100 kg/m3); il RSU ha infatti una densità di 150-300 kg/m3. Un tipo di griglia che si è rilevata adatta anche all’impiego di CDR è quella raffreddata ad acqua, nella quale ciascun gradino di questo tipo di griglia è costituito da un unico barrotto, profondo quanto la larghezza dell’intera griglia, percorso al suo interno da acqua di raffreddamento. Combustione in forni a letto fluido La combustione in forni a letto fluido per la produzione di energia elettrica, fu introdotta in Gran Bretagna alla fine degli anni Cinquanta e il suo impiego nella termodistruzione dei rifiuti rappresenta lo sviluppo più recente. In particolare, per la combustione di biomasse e/o CDR, presenta i seguenti vantaggi rispetto agli inceneritori a griglia: - migliore miscelazione delle fasi solida e gassosa, con conseguente aumento dell’efficienza di combustione, definita dal rapporto (CO2CO)/CO2 nei fumi; - possibilità di effettuare una combustione a più stadi: l’aria secondaria, iniettata al di sopra del letto (free-board), ha infatti la funzione di portare a compimento la combustione delle sostanze volatili; - basse emissioni di NOx dovute alle minori temperature con cui opera il letto fluido; - elevata permanenza nel letto dei materiali da incenerire, con conseguente riduzione delle emissioni di sostanze microinquinanti, come diossine e furani. La combustione in forno a letto fluido può essere del tipo “bollente” o “circolante”; inoltre essa può essere “a pressione atmosferica” o “pressurizzata”. La scelta tra la versione “bollente” e quella “circolante” deve essere fatta tenendo presente che la prima è di più semplice realizzazione e gestione e che la seconda, a fronte di una maggiore complessità impiantistica, consente migliori prestazioni in termini di efficienza di combustione e di neutralizzazione dell’acido cloridrico e dell’anidride solforosa, grazie al tempo di residenza più lungo, alla più fine granulometria del calcare e alla maggiore turbolenza del letto. 28 Schema di funzionamento del termovalorizzatore di Brescia By-courtesy of A2A SpA-Direzione tecnica Un tipico impianto di combustione, con forno a griglia è costituito essenzialmente da: • fossa per la raccolta dei rifiuti; • carroponte con benna per il caricamento; • tramoggia di carico; • griglia (di vario tipo); • camera di combustione; • bruciatori per l’innesco della combustione; • caldaia di recupero calore e produzione di vapore; • ciclo termico e gruppo turboalternatore; • sistema di depurazione dei fumi e di raccolta delle polveri; • sistema di raffreddamento, scarico e stoccaggio delle scorie. Il forno con i suoi accessori (soprattutto la griglia di combustione, in genere coperta da licenze e brevetti esclusivi) caratterizza la tecnologia di termovalorizzazione. Scelta tra forno a griglia e forno a letto fluido La scelta tra forno a griglia e forno a letto fluido deve essere fatta tenendo presente che: - il forno a griglia può smaltire, oltre a biomasse e CDR, anche sovvalli ed RSU grezzi, mentre il forno a letto fluido non può smaltire questi ultimi; - le caratteristiche del CDR, avente più alti poteri calorifici e basso contenuto di scorie, mettono a dura prova la resistenza all’usura delle griglie; la sostituzione dei barrotti sarà quindi più frequente e le ore di fermata più numerose che nel caso di combustione di RSU tal quali; - il forno a letto fluido può vantare un’efficienza di combustione superiore, una minore produzione di fumi (dovuta al minor eccesso d’aria di combustione) ed una minore produzione di NOx. Recupero energetico e depurazione dei fumi La normativa vigente e la convenienza economica suggeriscono l’adozione di sistemi di recupero energetico, il quale può essere ottenuto mediante: - produzione di sola energia termica (vapore); - produzione di sola energia elettrica; - cogenerazione di energia termica ed elettrica. Dalla combustione di una tonnellata di CDR, con potere calorifico inferiore di 12,5-16,5 MJ/kg si possono produrre 4-5 t di vapore o 9001.200 kWh di energia elettrica. La caldaia di recupero ha la duplice funzione di recuperare energia e di raffreddare i fumi a livelli di temperatura tali da poterli immettere negli usuali sistemi di depolverazione. La Termotecnica • Dicembre 2008 energia dai rifiuti Per assicurare la combustione di tutte le materie combustibili, nei forni a griglia occorre operare con eccessi d’aria dell’ordine del 50-100% in funzione del pci. L’eccesso d’aria va contenuto al minimo per non ridurre la temperatura di combustione ed accrescere il volume dei fumi da raffreddare, depurare ed evacuare in atmosfera, con inevitabili perdite di rendimento; nei forni a letto fluido gli eccessi d’aria si riducono a valori del 30-40%. Per quanto riguarda la depurazione dei fumi, vengono adottati processi di abbattimento di due tipi sostanzialmente diversi: a “secco o semisecco” e ad “umido”. Il primo processo prevede l’adozione di apparecchiature (reattori chimici o Venturi) poste a monte dei depolveratori (filtri elettrostatici o a maniche) e non dà luogo a scarichi liquidi dall’impianto; il secondo processo prevede invece l’installazione di colonne di lavaggio (“scrubbers”) poste a valle dei depolveratori e comporta lo scarico continuo di una certa quantità di reflui. Nel caso degli impianti funzionanti a secco o semisecco, i sali da eliminare sono allo stato solido secco e vengono raccolti dai depolveratori, insieme con le polveri prodotte dalla combustione, mentre negli impianti funzionanti ad umido, i sali si trovano in soluzione nel liquido di lavaggio, che dev’essere inviato direttamente alla depurazione. Dalla combustione con forni a griglia dei rifiuti indifferenziati o di FSC si formano delle scorie, che rappresentano il 20-25% in peso dei rifiuti stessi e ceneri pari a circa il 5%; qualora si alimentino, a dei forni a letto fluido, frazioni plastiche selezionate o CDR, tali percentuali diventano rispettivamente pari al 10-15% e a circa il 3%. Dall’incenerimento alla termovalorizzazione Le prime realizzazioni per la combustione di RSU consistevano in semplici combustori a griglia di “tipo adiabatico” (ossia con pareti protette da materiali refrattari ed isolanti), denominati forni di incenerimento, dotati solo occasionalmente di recupero termico mediante caldaia di tipo verticale, generalmente a vapore saturo. Il vapore surriscaldato veniva inviato ad un turbogruppo a vapore. Il trattamento fumi utilizzava dei semplici sistemi con elettrofiltri o con “scrubber” ad umido. Si è in seguito assistito alla nascita di tipologie impiantistiche complesse, denominate di “trattamento integrato dei RSU”, alle quali vengono conferiti i RSU tal quali e, attraverso un processo di preselezione meccanica, si producono tre flussi: parte inerte e ferrosa, frazione organica, frazione combustibile (FSC o sovvallo) che variamente trattata e raffinata, può essere trasformata nel cosiddetto CDR,a condizione che rispetti le norme tecniche UNI 9903. Il trattamento fumi diventava più completo: infatti, venivano adottate linee di depurazione di tipo multi-stadio, con reattori chimici, filtri a maniche e anche con sistemi per la rimozione degli ossidi di azoto (NOx), di tipo termico (iniezione di urea o NH3) o di tipo catalitico (SCR). I cicli termici erano più curati e portavano a sostanziali incrementi dei rendimenti energetici. Pertanto, l’ultimo periodo è stato contrassegnato dall’uso del termine “termovalorizzazione” per indicare che RSU, FSC e CDR potevano venire utilizzati come combustibili al fine di generare energia elettrica e/o calore per teleriscaldamento. luppava l’idea secondo la quale il modo igienicamente più corretto per eliminare i rifiuti urbani fosse quello di bruciarli in impianti appositamente realizzati, denominati inceneritori; all’inizio l’obiettivo da realizzare era quello di eliminare i rifiuti in ambito locale, in modo da ridurre la dipendenza dalle discariche ed evitare costosi trasporti verso le stesse. Ciò avveniva con l’installazione tra il 1971 ed il 1975 di piccoli inceneritori quali, ad esempio, quelli di Livigno, località montana di accesso disagevole specie nei mesi invernali, Chioggia, Eraclea, Cividale del Friuli, Salsomaggiore, Altopascio, Castellaneta e altri ancora. Tra il 1962 ed 1977 in tutta Italia furono installati oltre 100 impianti, che rispondevano all’esigenza di eliminare localmente i rifiuti urbani, ma già a metà degli anni Settanta si era presa coscienza della convenienza di sfruttare anche il contenuto termico dei rifiuti ed alcuni inceneritori venivano pertanto dotati di caldaie per la produzione di vapore e di gruppi turbo-generatori per la produzione di energia elettrica. Con la prima crisi petrolifera del 1973, il rinnovato interesse allo sfruttamento di ogni risorsa energetica, alternativa ai combustibili fossili, aveva indotto a prendere in considerazione il contributo seppur marginale, ma con certe prospettive di sviluppo, che potevano dare i RSU, che dovevano, quindi, essere inceneriti non più al solo scopo di ridurne lo smaltimento nelle discariche, ma anche per produrre energia elettrica e/o termica. Gli anni del declino impiantistico Nel 1976 a Seveso un incidente nell’impianto chimico della società svizzera Icmesa provocava la fuoriuscita di ingenti quantitativi di diossine. A livello mondiale l’incidente aveva come conseguenza una presa di coscienza dei pericoli che potevano comportare immissioni di diossine in atmosfera, con conseguente ricerca di ogni possibile fonte di produzione di tali microinquinanti che, seppur in quantitativi ridotti, venivano rilevati anche nelle emissioni gassose di alcuni inceneritori. A livello tecnico e legislativo si individuarono le opportune soluzioni per scongiurare il pericolo di emissione di microinquinanti organici, quali le diossine ed i furani, dando precise prescrizioni progettuali per assicurare nei combustori condizioni dei gas (temperatura, tempo di residenza e turbolenza) tali da impedirne la formazione, imponendo nel contempo la realizzazione di complessi sistemi di depurazione dei fumi e fissando restrittive limitazioni ai contenuti delle sostanze potenzialmente pericolose. Dal 1982 al 1990 solo 3 impianti furono oggetto di ristrutturazione ed il solo nuovo impianto di termovalorizzazione realizzato fu quello della Provincia Autonoma di Bolzano, al quale nel 1995 venne poi aggiunta una seconda linea di combustione. Solo tra il 1991 ed il 2000 è stato possibile procedere alla ristrutturazione di vecchi impianti per adeguarli alle nuove prescrizioni: 16 vecchi impianti furono pertanto rimodernati e dotati di sezioni per la produzione di energia e di adeguati sistemi di depurazione dei fumi ed alcuni di essi vennero anche potenziati con l’aggiunta di nuove linee di combustione. I nuovi impianti di termovalorizzazione I primi inceneritori italiani La storia degli impianti che utilizzano i RSU per produrre energia in Italia è lunga ed ha subito alterne vicissitudini; essa inizia con la realizzazione di due impianti di incenerimento dei RSU e si può far decorrere dal 1962, quando entrarono in servizio gli impianti di Padova e di Lucca. In seguito, verso la fine degli anni Sessanta, in Italia si svi- La Termotecnica • Dicembre 2008 Dopo il periodo di stasi, a partire da metà degli anni 1990 si riusciva a portare a termine la realizzazione di vecchi progetti di termovalorizzazione dei RSU, la cui costruzione aveva subito vicissitudini varie, sospensioni e ritardi. L’inizio del nuovo corso, che ha visto la realizzazione di impianti di moderna concezione, può essere fatto coincidere con l’entrata in esercizio, nel 1998, delle prime due linee del termovalorizzatore di Brescia. Si tratta di un impianto che, dopo l’aggiunta del- 29 energia dai rifiuti do il loro notevole contributo alle emissioni di ossidi di azoto e di polveri. Le realizzazioni dei nuovi impianti, che prevedono generalmente forni a griglia o a letto fluido e sezioni combustore-generatore di vapore tra loro integrate, assicurano la possibilità di trattare RSU, FSC o CDR con rendimenti energetici elevati e, quindi, con consistente produzione di energia elettrica e/o termica. L’attuale situazione italiana Foto del termovalorizzatore con forno a griglia di Brescia By-courtesy of A2A SpA-Direzione tecnica la terza linea ed il potenziamento completato nel 2004, è in grado di trattare circa 1.500 t/giorno di RSU, nelle prime due linee e circa 850 t/giorno di biomasse, nella terza linea, con un recupero energetico tale da giustificare l’installazione di una sezione di produzione di energia elettrica da 84,4 MW e di consentire altresì l’alimentazione della rete di teleriscaldamento urbano (District Heating). Dopo quello di Brescia, nel 2000 è entrato in funzione il termovalorizzatore di Milano-Silla 2, in località Figino, progettato anch’esso per trattare circa 1.500 t/giorno di RSU, con produzione di energia elettrica tramite un turbogruppo da 59 MW e alimentazione della rete di teleriscaldamento cittadino. La ripresa dell’attività realizzativa di nuovi termovalorizzatori in alcune regioni italiane, dopo il lungo periodo di totale ostracismo, è stata resa possibile grazie ad un nuovo atteggiamento dell’opinione pubblica divenuta cosciente dei vantaggi, sia socio-economici che ambientali, derivanti dai criteri progettuali seguiti per i nuovi impianti. Inoltre, l’alimentazione di reti di teleriscaldamento urbano, utilizzando il calore prodotto dal processo di combustione, ha permesso di sostituire molti singoli impianti di riscaldamento domestico, eliminan- Foto del termovalorizzatore con forno a letto fluido Massafra (TA) By-courtesy of Appia Energy Srl 30 Gli impianti di termovalorizzazione sono da considerare, a tutti gli effetti, delle vere e proprie centrali termoelettriche che utilizzano i RSU, rimanenti dalle RD o adeguatamente pretrattati (CDR), come combustibili sostitutivi di quelli di origine fossile. In particolare, la politica dell’Unione Europea prevede il superamento della discarica come principale strumento per lo smaltimento dei rifiuti, puntando molto di più sul riutilizzo di materie secondarie e sul recupero energetico dei residui altrimenti non riciclabili. Infatti, attualmente, in Europa sono attivi più di 400 impianti di termovalorizzazione che trattano ogni anno circa 50 milioni di tonnellate di RSU; questo sistema di gestione è molto diffuso anche al di fuori dell’Europa, come in Usa, Canada, Giappone e nel sud-est asiatico (Hong-Kong e Singapore). I paesi europei più “virtuosi” sono Francia e Germania, ma anche Svezia, Danimarca e Olanda si pongono tra le prime nazioni, con tassi di termovalorizzazione compresi tra il 55% e il 60% dei rifiuti da loro prodotti. Il Rapporto Rifiuti 2007 dell’APAT riporta in maniera puntuale la realtà della situazione italiana, riferita all’anno 2006, dalla quale emerge che a fronte di una produzione nazionale di RSU in crescita, pari a 32,5 milioni di tonnellate nel 2006 (oltre il 2,7% in più rispetto al 2005) ed una positiva diffusione della raccolta differenziata (25,8% della produzione totale dei rifiuti urbani, contro il 24,2% rilevato nel 2005), in Italia la discarica si conferma la modalità di gestione dei rifiuti urbani più diffusa (47,9%). Il ricorso alle altre forme di gestione appare in generale abbastanza stabile: la combustione, rispetto al 10,1% del 2006, vede crescere la potenzialità dei rifiuti termotrattati, che salirà, con i nuovi impianti in costruzione, a circa il 20% dei RSU prodotti a livello nazionale. Nel 2006, in base ai dati APAT, in Italia erano operativi 50 impianti di termovalorizzazione, 48 dei quali attivi a pieno regime; circa il 60% di questi risultava localizzato al Nord (29) e oltre il 70% degli impianti delle regioni settentrionali veniva localizzato in due sole regioni, Lombardia (13) ed Emilia Romagna (8). Al Centro risultavano operativi 13 impianti, dei quali 8 in Toscana; meno dotato il Sud che contava 8 impianti: 2 in Puglia, 2 in Basilicata, 1 in Calabria, 1 in Sicilia e 2 in Sardegna. Gli impianti dotati di cicli cogenerativi risultavano 8 (Bolzano, Cremona, Milano, Brescia, Ferrara, Reggio Emilia, Granarolo dell’Emilia e Forlì), con la produzione sia di energia elettrica sia di quella termica, i quali avevano trattato 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti recuperando 1,3 milioni di MWh di energia elettrica e circa 689.000 MWh di energia termica. Inoltre, 38 impianti presentavano sistemi per il solo recupero energetico elettrico e avevano trattato oltre 2,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e CDR, con un recupero di 1,6 milioni di MWh di energia elettrica; in totale, nel 2006, venivano recuperati circa 2,9 milioni di MWh di energia elettrica e circa 689.000 MWh di energia termi- La Termotecnica • Dicembre 2008 energia dai rifiuti ca. Sempre nel 2006, secondo il Rapporto APAT, ammontavano a circa 4,5 milioni di tonnellate i rifiuti inviati agli impianti dedicati di termotrattamento, così suddivisi: 3,3 milioni di tonnellate risultavano RSU, 687.000 tonnellate CDR, circa 500.000 tonnellate altri rifiuti speciali e 52.000 tonnellate di rifiuti sanitari. Con l’aggiornamento delle informazioni, raccolte alla data della presente relazione, in Italia risultano in esercizio, in fase di adeguamento e/o collaudo e in costruzione, 54 impianti di termovalorizzazione di RSU, FSC, CDR e anche di biomasse, per un totale complessivo di oltre 100 linee di combustione, aventi una capacità di trattamento pari a circa 22.000 t/d e un recupero energetico complessivo pari a oltre 800 MWe. Tuttavia, tale capacità di trattamento non rappresenta l’effettiva quantità di rifiuti trattabili ogni giorno dai suddetti 54 impianti, in quanto bisogna tener presente i reali fattori di utilizzo di ogni singolo impianto, i quali possono dipendere, principalmente, dalle variazioni stagionali quali-quantitative dei RSU raccolti e dalle fermate dei forni per manutenzioni varie. La localizzazione geografica, le principali caratteristiche tecniche e i siti informativi Internet degli impianti italiani sono riportate nella Tabella precedente. Considerazioni finali e prospettive future In conclusione, si può evidenziare il fatto che il sistema integrato italiano di trattamento dei RSU appare ancora inadeguato ed insufficiente; in particolare, risulta ancora arretrata la dotazione di moderni termovalorizzatori in molte regioni italiane del centro-sud; anche grandi città come Genova, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e Catania sono tuttora prive di tali indispensabili strutture, necessarie per gestire efficacemente l’intero processo di gestione dei RSU, a partire dalla raccolta differenziata di materiali riciclabili, per poi completare il ciclo dello smaltimento mediante il recupero energetico delle frazioni combustibili rimanenti. In Campania i notevoli ritardi nella realizzazione dei due grandi termovalorizzatori previsti, per un totale di 5 linee da 650 ton/giorno ciascuna, hanno portato a crisi ambientali, poi sfociate nella gravissima emergenza igienico-sanitaria dei mesi passati. Anche in Sicilia tardano a partire i lavori di costruzione dei 4 termovalorizzatori previsti, (Augusta, Siracusa, Palermo, Catania) per Rendering del nuovo termovalorizzatore di Torino La Termotecnica • Dicembre 2008 un totale di 11 linee di combustione, progettate per trattare circa 5.000 ton/giorno di RSU. Per quanto riguarda il 2009, nel Lazio è in programma il potenziamento dell’impianto di S.Vittore del Lazio con una seconda linea; sempre per il prossimo anno sono stati pianificati il potenziamento e la ristrutturazione di altri impianti e dovrebbero essere completati i lavori per la costruzione e l’entrata in esercizio del “famoso” termovalorizzatore di Acerra, in Campania. Infine, è dello scorso 11 marzo la notizia dell’assegnazione dell’appalto per la realizzazione del nuovo impianto di termovalorizzazione a servizio dell’area sud della città e della provincia di Torino, da parte della società di scopo TRM SpA di Torino. Bibliografia [1] APAT, Rapporto Rifiuti 2007, Roma. 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